XIV LEGISLATURA
PROGETTO DI LEGGE - N. 2072
Onorevoli Colleghi! - Dopo l'attacco terroristico
dell'11 settembre, assieme alla necessità di una risposta
ferma a quella che appare essere oggi la principale minaccia
alla sicurezza dell'umanità, è cresciuta la consapevolezza di
un ripensamento profondo degli stessi princìpi e sistemi che
governano le dinamiche economiche, civili e politiche a
livello internazionale. Dovremo essere capaci di costruire, su
nuove basi di eguaglianza, di estensione della democrazia e
dei diritti, di più equa distribuzione delle ricchezze e delle
risorse, le fondamenta ed i presupposti comuni di questa era
planetaria nella quale i destini dei popoli e delle nazioni
sono sempre più complementari.
L'Italia da tempo ha scelto, con determinazione, il tema
dei diritti umani quale identità della propria politica
nazionale ed estera attraverso un impegno, sostenuto in forma
unitaria da tutto il Parlamento, che ha conseguito risultati
importanti anche in sede di organismi internazionali. Uno dei
terreni sui quali il nostro Paese si è esposto con una
proiezione di alto profilo è stato e rimane quello della
abolizione della pena di morte nel mondo. Un impegno che
l'Italia sta portando avanti da oltre un decennio,
riscontrando oggi un consenso crescente che ci ha fatto uscire
dalla pur nobile solitudine dei primi anni novanta, quando il
tema della pena di morte non apparteneva ancora alla sfera dei
diritti della persona e la possibilità di una decisione o
votazione in merito era fermamente respinta da alcuni dei
Paesi del Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite e non
solo da loro, come inaccettabile ingerenza negli affari
interni dei singoli Paesi. Oggi questa impostazione può essere
considerata in via di superamento, essendosi aperta la strada
ad una concezione del "diritto internazionale" che supera la
soglia, un tempo invalicabile, della sovranità del singolo
Stato per andare verso il nuovo orizzonte del riconoscimento e
della tutela internazionale dei diritti umani.
L'impegno generoso del nostro Paese è stato riconosciuto
con l'assunzione di questa linea di pensiero da parte
dell'intera Unione europea. Dopo due approvazioni consecutive
della risoluzione per l'abolizione della pena di morte e per
l'adozione di una moratoria delle esecuzioni presentata
dall'Italia nel 1997 e nel 1998 alla Commissione per i diritti
umani dell'ONU, l'Unione europea ha assunto la posizione
italiana e presentato all'unanimità la risoluzione in sede di
Assemblea generale delle Nazioni Unite. La decisione è
maturata anche in conseguenza del successo che la risoluzione
aveva registrato in sede di Commissione per i diritti umani,
con un numero molto alto di "cosponsor" (77) e il più
basso livello di voti contrari della storia (11). Come noto,
la risoluzione fu formalmente presentata dall'Unione europea
per la trattazione in occasione della sessione autunnale
dell'Assemblea generale delle Nazioni Unite nel 1999. Ma, come
i colleghi ricordano, in quella occasione la battaglia
registrò una battuta d'arresto poiché, di fronte alla
possibilità di uno snaturamento dei princìpi e della sostanza
della risoluzione, la Presidenza finlandese di turno
dell'Unione europea, in accordo con gli altri Paesi europei,
decise di non sottoporre la risoluzione al voto e di
sospenderne la trattazione. Ci furono, anche nel nostro Paese,
valutazioni differenziate rispetto alla decisione del ritiro,
tra quanti condivisero quella scelta per impedire lo
snaturamento dei contenuti della mozione e chi invece riteneva
che la mediazione proposta, pur se non esattamente conforme ai
princìpi ed alle intenzioni dei presentatori, rappresentava
comunque un passo avanti. Ma ciò che conta è che questa
determinazione comune dell'Italia e dell'Unione europea si è
ormai consolidata e, anche in ambito ONU, la trattazione della
risoluzione è solo sospesa in attesa delle condizioni che ne
consentano l'approvazione.
Questo rallentamento non deve farci dimenticare i
risultati concreti ottenuti in questi anni dal nostro Paese,
anche con una azione di lobby, appropriata ed efficace,
e grazie all'insostituibile impegno di associazioni come
"Amnesty International" e "Nessuno tocchi Caino". Con
l'approvazione della risoluzione presentata dall'Italia alla
Commissione per i diritti umani dell'ONU, per la prima volta
la pena di morte, politicamente e giuridicamente, viene
riconosciuta come "(...) pratica contro i diritti umani
universalmente riconosciuti". Dopo quel voto l'abolizione
della pena di morte non è più un impegno dei movimenti e dei
cittadini abolizionisti ma un punto di vista della comunità
internazionale. Il Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite,
del quale fanno parte Paesi mantenitori come Cina e USA, ha
escluso la pena di morte dallo Statuto dei tribunali
internazionali istituiti per giudicare i crimini commessi in
Ruanda e nella ex Jugoslavia. Analogamente la Conferenza
plenipotenziaria dell'ONU riunita a Roma nel luglio 1998 ha
approvato lo Statuto del Tribunale penale internazionale
escludendo la pena di morte anche per i crimini contro
l'umanità. Crediamo sia di grande valore il fatto che la pena
di morte sia stata cancellata definitivamente dal diritto
delle organizzazioni internazionali anche se, pur essendo in
questi anni aumentati i Paesi che hanno cancellato, "de
jure o de facto", la pena di morte, le esecuzioni
sono paradossalmente aumentate nei Paesi mantenitori, in Cina,
negli USA e nella maggior parte dei Paesi islamici. Per
questo, per la responsabilità che ci siamo assunti, per i
risultati ottenuti, l'impegno che abbiamo profuso in questi
anni deve essere mantenuto, sempre più qualificato ed esteso,
fino alla definitiva cancellazione della pena di morte dagli
ordinamenti delle nazioni del mondo.
In questo senso si muove la presente proposta di modifica
all'articolo 27 della Costituzione. Il suddetto articolo,
infatti, nella prima parte del quarto comma esclude la pena
capitale dal nostro ordinamento ("Non è ammessa la pena di
morte"), mentre nella seconda ne autorizza l'uso "nei casi
previsti dalle leggi militari di guerra". Tanto è bastato alla
Corte di cassazione per affermare che il nostro ordinamento
non è in assoluto contrario alla pena di morte. Nella massima
della sentenza 9 maggio 1977, I sezione, della Cassazione
penale, infatti, si legge: "La norma dell'articolo 2 della
Costituzione, sul riconoscimento dei diritti inviolabili
dell'uomo, non pone il divieto assoluto della pena di morte
che è ammessa dall'articolo 27". L'obiettivo della presente
proposta di modifica costituzionale è, dunque, la soppressione
della frase: "se non nei casi previsti dalle leggi militari di
guerra", lasciando così nel testo costituzionale la inequivoca
e fondamentale dichiarazione di principio: "Non è ammessa la
pena di morte". Come alcuni colleghi ricorderanno, una analoga
proposta (atto Camera n. 3484) fu dal primo firmatario della
presente proposta di legge costituzionale sottoposta alla
attenzione del Parlamento nella passata legislatura; fu
accolta con favore ma non riuscì a completare l'iter
prima della conclusione della legislatura stessa. La proposta
fu infatti discussa dalla Camera dei deputati nella seduta del
14 aprile 1999 ed approvata quasi alla unanimità, con 362 voti
favorevoli, 4 astenuti e un solo voto contrario. Una proposta
che venne significativamente sostenuta dalla firma di
centocinquanta deputati appartenenti a tutti i gruppi
parlamentari e la cui approvazione fu salutata con grande
soddisfazione dalle associazioni abolizioniste e per la tutela
dei diritti umani. In una dichiarazione pubblica Amnesty
International parlò di "un evento di grande importanza, un
segnale per tutto il mondo". Quel primo passaggio
istituzionale, seppur incompleto, fu salutato da tutti come un
momento storico, come l'atto fondamentale con il quale il
nostro Paese sarebbe entrato di diritto tra i Paesi totalmente
abolizionisti rafforzando la battaglia del nostro Parlamento
per una moratoria delle esecuzioni capitali nella prospettiva
della definitiva cancellazione della pena di morte nel mondo.
Nel riproporre oggi la proposta di legge costituzionale con
l'auspicio che questa legislatura sia quella che sancirà il
carattere totalmente abolizionista del nostro Paese, c'è
quindi non solo la volontà di riaffermare una scelta, ma anche
la convinzione che la approvazione definitiva della modifica
costituzionale proposta aumenterà la legittimità e
l'autorevolezza di un impegno che il nostro Parlamento e il
nostro Paese hanno intrapreso a tutela dei diritti umani e del
rispetto della vita ovunque nel mondo.