XIV LEGISLATURA
PROGETTO DI LEGGE - N. 1139
Onorevoli Colleghi! - La proposta di legge in esame,
che ripropone il testo approvato nella XIII legislatura alla
Camera dei deputati, reca una organica disciplina del settore
erboristico e regolamenta, in particolare, le fasi della
produzione, della commercializzazione, sia all'ingrosso sia al
dettaglio, e della importazione dei prodotti erboristici.
Per prodotto erboristico si intende generalmente il
prodotto costituito da piante officinali o da parti di esse,
singole o da miscelare, trattate in modo da conservarne
proprietà e princìpi attivi. Le caratteristiche e l'efficacia
di alcune piante officinali sono conosciute fin dall'antichità
e sono state oggetto di approfonditi studi che ne hanno
evidenziato le molteplicità di impiego in campo farmaceutico,
cosmetico e alimentare. Le piante officinali costituiscono
quindi i principali componenti dei prodotti qualificati come
erboristici.
L'attuale carenza di disciplina ostacola notevolmente lo
sviluppo del comparto, mettendo in difficoltà, ormai da
decenni, gli operatori del settore, sia nella produzione, sia
nella vendita, sia nell'importazione, soprattutto di piante
esotiche, di prodotti a volte venduti senza problemi in altri
Paesi dell'Unione europea, a causa della mancanza di ogni
certezza sulla qualificazione e quindi sulla disciplina da
adottare.
E' quanto mai necessario un intervento atteso da ormai
troppo tempo per dare una disciplina organica, chiarendo cosa
sia il prodotto erboristico; come debba essere presentato;
quali canali di vendita siano consentiti, in particolare dopo
l'entrata in vigore della nuova legislazione sul commercio che
non ha previsto canali specifici per l'erboristeria (decreto
legislativo 31 marzo 1998, e 114). L'intervento normativo in
oggetto si pone a tutto vantaggio dell'ordine e della
certezza, per evitare che al vuoto legislativo si
sostituiscano, in questo come in altri campi, iniziative pure
encomiabili di autoregolamentazione, come, per esempio, il
protocollo sottoscritto dalla Federazione erboristi italiani e
dall'Associazione consumatori e utenti che, se sono di stimolo
per l'articolato legislativo, sono pur sempre una presa d'atto
da parte dei cittadini dell'incapacità dei loro rappresentanti
di offrire norme certe e necessarie.
Nonostante il vuoto legislativo, in Italia l'erboristeria
si è comunque molto sviluppata negli ultimi decenni: esistono
attualmente oltre 3 mila punti vendita, più di 400 aziende
produttrici, importatrici, distributrici e molte aziende
agricole impegnate nella coltivazione di erbe officinali, con
un giro d'affari che supera i 300 miliardi di lire all'anno.
Tale espansione risulta conseguente ad un'accresciuta
richiesta da parte dei consumatori, i quali hanno scoperto la
fitoterapia come medicina complementare ben in ritardo
comunque rispetto ad altri Paesi quali USA, Canada, Svizzera,
Inghilterra e Francia. Il ritardo nello sviluppo di questo
settore è sicuramente dovuto anche alle carenze e alle
incertezze create da una legislazione del tutto superata e
inadeguata alla situazione attuale. Attualmente l'Italia, dopo
essere stata nel passato la culla dell'erboristeria grazie
alla tradizione secolare e al clima che consente la produzione
spontanea e coltivata di erbe di alta qualità e ricche di
princìpi attivi, è divenuta, infatti, una delle più grandi
importatrici di erbe officinali, aggravando di decine di
miliardi di lire il saldo negativo della bilancia
agroalimentare.
Il diffondersi delle cure erboristiche negli ultimi
decenni è dovuto ad una serie di concause di difficile
individuazione, anche se sicuramente non è estranea una
crescente diffidenza per l'abuso di farmaci di sintesi anche
per patologie considerate minori, e i limiti di questi
evidenziati. Una maggiore ecologia anche nella cura, così come
la necessità di riscoprire un rapporto più equilibrato con la
natura, sono sicuramente tra i motivi di successo
dell'erboristeria, assieme agli studi dedicati negli ultimi
decenni da eminenti studiosi, da Belaiche con la sua imponente
opera di fitoterapia a Valnet, fino agli studi che il centro
di ricerche dell'Organizzazione mondiale delle sanità (OMS)
sta conducendo con l'intento di studiare i princìpi attivi e
l'azione delle piante officinali per ridare dignità
scientifica a conoscenze empiriche da sempre utilizzate nelle
varie culture popolari e tradizionali. Non si può però tacere
il pericolo derivante da un'acritica accettazione di tutto ciò
che è naturale o supposto tale e che vede nel prodotto
erboristico una garanzia assoluta di salute, attribuendo
talvolta all'erboristeria proprietà che non ha e non può
avere. Questa tendenza non ha reso certo un buon servizio a
chi intende occuparsi e utilizzare la fitoterapia seriamente e
per quel che può offrire. Il vuoto legislativo è tanto più
grave in quanto sempre più vasta è l'espansione della domanda
da parte dei consumatori.
Il legislatore ha il dovere di disciplinare in maniera
corretta e corrispondente alla realtà del Paese un settore
così consistente, che fa ormai parte integrante degli usi e
della cultura di tanta parte della popolazione,
disciplinandola, regolandola e controllandola con un ruolo e
uno spazio propri, anche per evitare i conflitti con la
farmaceutica.
Il rapporto con la normativa vigente.
La normativa vigente in materia di erboristeria è ancora
sostanzialmente dettata dalla legge 6 gennaio 1931, n. 99, e
dall'elenco delle piante officinali contenuto nel regio
decreto 26 maggio 1932, n. 772, che elenca 54 piante da
considerare officinali, nonché da due provvedimenti che
disciplinano la raccolta e la vendita della camomilla e della
digitale.
I provvedimenti citati prevedono che chi raccoglie piante
officinali deve essere in possesso di una specifica
autorizzazione e che chi le utilizza per effettuare
preparazioni deve avere un diploma rilasciato da scuole di
erboristeria istituite presso le facoltà di farmacia. La
durata dei corsi non può essere superiore ad un mese.
Si tratta, evidentemente, come già evidenziato, di una
normativa non organica e insufficiente a regolamentare un
settore che, oggigiorno, conosce una significativa espansione
per una miriade di motivi: una maggior attenzione alla salute,
una riscoperta della necessità di vivere "secondo natura", il
riconoscimento dei rischi e dei problemi legati all'abuso dei
farmaci per la cura di patologie anche lievi, una maggiore
sensibilità all'autogestione della salute e, non ultimo, il
lavoro di erboristi seri e preparati, i quali però, in questi
decenni, in carenza di una normativa sufficiente e di tutela
hanno dovuto subire anche la concorrenza sleale di ciarlatani
e millantatori di tutti i tipi a volte amplificati dall'uso
disinvolto e ingannevole del mezzo televisivo.
Dopo oltre un quarantennio di assoluto abbandono normativo
del settore, una circolare del Ministero della sanità del 1981
testimonia l'emergere di nuove problematiche dovute alla
riscoperta dell'erboristeria da parte di vasti strati della
popolazione italiana, così come avvenuto in quasi tutti i
Paesi occidentali che dall'inizio del secolo avevano pian
piano abbandonato le loro tradizioni erboristiche. Tale
circolare richiama all'applicazione delle norme vigenti,
sottolineando la necessità di registrazione per la messa in
vendita dei prodotti a base di piante medicinali. Ribadendo
l'esclusiva vendita al farmacista in farmacia, assoggetta
implicitamente alla normativa sui farmaci tutti i prodotti a
base di piante tossiche riportate in apposito elenco. In altro
allegato sono invece elencate le piante acquisite dalla
tradizione popolare nell'uso domestico, vendibili al di fuori
della farmacia. Sono espressamente vietati agli erboristi la
miscelazione, anche su prescrizione medica, e qualsiasi
suggerimento ai clienti circa i rimedi a base di erbe. Il
contenuto della circolare di fatto delegittimava di ogni
ragione d'essere la figura dell'erborista, ridotta al rango di
un semplice commerciante, e metteva in discussione il concetto
stesso di rimedio erboristico.
Il contenuto della circolare veniva però ben presto messo
in discussione dalla sentenza n. 712 del 13 maggio 1981 della
Corte di cassazione, che affermava che anche erbe di sicuro
effetto terapeutico potevano essere vendute dagli erboristi,
purché in confezioni prive di posologia e di indicazioni
terapeutiche e consentiva all'erborista suggerimenti orali
circa l'uso e i benefìci delle piante.
Così mentre secondo la citata circolare del Ministero
della sanità deve considerarsi medicinale anche la droga
vegetale allo stato sfuso, purché impiegata per raggiungere
effetti terapeutici, per la Cassazione, il riferimento alle
caratteristiche intrinseche della droga non è sufficiente, in
mancanza di requisiti di ordine formale, a classificare un
prodotto come farmaco.
Quanto alla possibilità da parte dell'erborista di
miscelare le erbe e di offrire suggerimenti orali circa il
loro uso, la giurisprudenza è oscillante a testimonianza
dell'incertezza nell'interpretazione delle norme e della
difficoltà di definizione di un settore che non può continuare
ad essere definito solo al negativo.
A seguito delle vicende che hanno segnato l'applicazione
della circolare del 1981, presso il Ministero della sanità è
stato istituito un gruppo di studio che elaborò un elenco nel
quale le droghe vegetali venivano divise in 4 classi, la prima
ad esclusivo uso dei farmacisti, alto potere tossico e
farmacologico; la seconda di prodotti farmacologicamente
attivi vendibili anche in erboristeria; la terza di droghe
prive di pericolosità vendibili in erboristeria; la quarta di
droghe vendibili da tutti in quanto di tipo alimentare.
Il lavoro della commissione ministeriale ha consentito al
legislatore di focalizzare punti principali meritevoli di
disciplina:
a) riqualificazione professionale dell'erborista;
questione, tuttavia, risolta dall'istituzione del diploma
universitario in tecniche erboristiche;
b) individuazione di competenze specifiche e di un
ruolo professionale ben definito dell'erborista, derivanti dal
diploma universitario medesimo;
c) controllo dei requisiti delle piante
vendibili;
d) confezionamento ed etichettatura dei prodotti
in armonia con le direttive comunitarie (a tale proposito
giova ricordare che il decreto legislativo 29 maggio 1991, n.
178, recante recepimento delle direttive della Comunità
economica europea in materia di specialità medicinali, prevede
l'autorizzazione alla produzione, all'importazione, alla messa
in commercio per ogni sostanza presentata come avente
proprietà curative o profilattiche delle malattie o
somministrata per ripristinare, correggere, modificare
funzioni organiche).
Una serie di decreti-legge adottati a decorrere dal 1993,
ma mai convertiti, prevedeva l'obbligo di autorizzazione
ministeriale per la pubblicità dei prodotti erboristici.
Il 6 giugno 1995 il Ministro dell'università e della
ricerca scientifica e tecnologica ha emanato un decreto
(pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 41 del 19
febbraio 1996) recante modificazioni all'ordinamento didattico
universitario relativamente al corso di diploma universitario
in tecniche erboristiche, che istituisce presso le facoltà di
farmacia e agraria un corso di studi triennale a numero chiuso
e frequenza obbligatoria con 1.500 ore di attività didattica
complessiva, comprendente insegnamenti dell'area chimica,
botanica, biochimica, coltivazione e difesa delle piante
officinali, tecnologie di trasformazione e conservazione,
analisi delle piante, farmacognosia, uso nella cosmesi e
nell'alimentazione, economia e organizzazione aziendale,
legislazione.
L'istituzione del diploma universitario colma uno dei
problemi aperti, dando base scientifica solida a chi intende
intraprendere una professione che, lo si evince proprio dal
piano di studi previsto, non è certo quella di un semplice
commerciante.
I lavori parlamentari.
Il riordino del comparto erboristico è stato affrontato a
decorrere dalla IX legislatura, senza mai arrivare a risultati
positivi a causa dello scioglimento anticipato delle Camere e,
soprattutto, dei contrasti in seno alla Commissione di merito
derivanti dalle contrapposizioni tra le categorie e dalla
difficoltà di conciliare concezioni diverse.
Nella X legislatura erano state presentate cinque proposte
di legge discusse a decorrere dal marzo 1991. Nel gennaio 1992
un testo unificato predisposto dal Comitato ristretto è stato
adottato come testo base ed è stata avviata la procedura per
il trasferimento dello stesso alla sede legislativa. Il
Governo ha dato l'assenso al trasferimento ed è stato espresso
il parere favorevole da parte dell'XI Commissione (lavoro
pubblico e privato) della Camera dei deputati. La fine della
legislatura ha poi impedito la conclusione dell'iter.
Nella XI legislatura, delle cinque proposte di legge
presentate due riproponevano, con modeste variazioni, il testo
elaborato nella legislatura precedente, tenendo conto anche
dei contributi delle audizioni informali. La Commissione si
era riproposta, alla luce della esperienza precedente, un
sollecito lavoro partendo dalle convergenze raggiunte nella X
legislatura, ma, ancora una volta, lo scioglimento anticipato
delle Camere ha infranto i sogni di efficienza dei
parlamentari e le aspettative di tutta una categoria di
lavoratori e di consumatori.
Nella XII legislatura sono state presentate sei proposte
di legge, alcune delle quali corrispondenti al risultato dei
precedenti lavori parlamentari, altre di diversa e originale
concezione, il cui esame è stato avviato il 26 aprile 1995.
Ancora una volta era stato formato un Comitato ristretto,
ancora una volta erano state effettuate numerose audizioni
informali per ascoltare e valutare le posizioni e gli
interessi delle varie categorie interessate alla nuova legge.
Il Comitato ristretto ha continuato il proprio lavoro sul
testo unificato che non è mai stato ufficialmente presentato
alla Commissione.
Nella XIII legislatura, all'esame delle Commissioni sono
state sottoposte tre proposte di legge, alcune delle quali
riprendono i testi delle precedenti legislature e sottolineano
sostanzialmente la necessità di:
1) dare maggior ordine al mercato del settore, definendo
l'area delle piante e dei prodotti derivati vendibili nelle
erboristerie, riservando alla farmacia le piante e i loro
derivati tossici, disciplinando la trasformazione, la vendita,
la promozione della coltivazione e della ricerca nel settore
delle piante officinali con la previsione di elenchi di piante
non vendibili ed elenchi di piante vendibili in erboristeria e
l'istituzione di una commissione con compiti di controllo del
settore e di aggiornamento periodico degli elenchi;
2) valorizzare le professionalità e le competenze
acquisite con il riordino dell'ordinamento degli studi dei
soggetti che si occupano di erboristeria;
3) offrire maggiori garanzie e informazioni ai
consumatori, in armonia con le direttive comunitarie.
Un altro aspetto comune era la definizione dei soggetti
addetti e della loro qualificazione professionale, per offrire
in ogni caso serietà e professionalità alla ricerca di una
maggiore tutela del consumatore, con la tutela delle
situazioni e il riconoscimento delle professionalità
acquisite, per consentire il passaggio non traumatico dalla
vigente lacunosa normativa ad una più organica e puntuale sul
piano della preparazione professionale.
Nella attuale legislatura sono state sinora presentate tre
proposte di legge che riprendono i provvedimenti già esaminati
nella scorsa legislatura.
Gli articoli della proposta di legge.
La proposta di legge in esame disciplina, come stabilito
dall'articolo 1, le attività di lavorazione, trasformazione,
confezionamento e commercializzazione delle piante e dei loro
derivati per uso erboristico e la produzione dei prodotti
erboristici. L'articolo 2 definisce i prodotti erboristici e
l'uso erboristico degli stessi, delimitando in tale modo
l'ambito di applicazione del provvedimento: è difatti esclusa
la possibilità di assoggettare alla nuova disciplina prodotti
utilizzati a scopo alimentare, cosmetico o terapeutico che,
conseguentemente, ancorché derivati dalle piante oggetto della
nuova disciplina, sono regolati dalla relativa normativa di
settore. L'articolo 3 reca una delle disposizioni più
controverse dell'intero provvedimento. Si stabilisce che le
piante, le loro parti, i derivati e gli altri prodotti
naturali da cui ottenere i prodotti erboristici sono
classificati in due tabelle, denominate A e B, la prima delle
quali elenca i prodotti che possono essere venduti
esclusivamente in farmacia mentre la seconda contempla i
prodotti che possono essere venduti o in farmacia o in
erboristeria. Le tabelle sono direttamente allegate alla
legge, ma possono essere modificate con decreto del Ministro
della sanità in base alle indicazioni della commissione
tecnico-scientifica istituita dall'articolo 16. In tale modo
si è voluto evitare, da una parte, che l'inerzia
dell'Amministrazione centrale bloccasse la concreta attuazione
della nuova disciplina e, dall'altra, che il ricorso alla
fonte normativa primaria impedisse il rapido aggiornamento
delle tabelle in base all'evoluzione delle conoscenze.
L'articolo 4 propone interventi per favorire lo sviluppo della
ricerca fitoterapica, anche al fine di stimolare quella
farmaceutica, amplificando l'enorme contributo che le sostanze
vegetali da sempre danno alla farmacologia. Le iniziative di
promozione della ricerca finalizzata sono disciplinate anche
dall'articolo 17. Gli articoli 5, 6 e 7 disciplinano la
produzione e il confezionamento dei prodotti erboristici,
soggetti ad autorizzazione del Ministero della sanità.
Disposizioni particolari sono dettate per le produzioni
artigianali e per quelle svolte da parte dei soggetti già
titolari dell'autorizzazione alla produzione di specialità
medicinali, di prodotti alimentari dietetici o di regime, di
preparati galenici o di materie prime per i farmaci. Gli
articoli 8 e 9 specificano, a tutela dei consumatori, le
indicazioni che devono essere fornite nella vendita dei
prodotti erboristici allo stato sfuso nonché quelle che devono
essere riportate sulle etichette dei prodotti preconfezionati.
Queste ultime devono essere trasmesse al Ministero della
sanità prima dell'immissione in commercio del prodotto stesso
a fini di controllo, secondo le modalità stabilite
dall'articolo 10. L'articolo 11, ferme restando le
disposizioni in materia di commercio, limita l'attività di
vendita dei prodotti erboristici a coloro che sono in possesso
del diploma universitario in tecniche erboristiche o della
laurea in farmacia, in chimica e tecnologie farmaceutiche o,
ancora, del diploma di specializzazione in scienza e tecnica
delle piante officinali e in farmacognosia. Si intende in tale
modo garantire adeguatamente la professionalità degli
operatori a tutela dei consumatori. In diretta connessione a
quanto disposto dall'articolo 11, l'articolo 15 detta le norme
per la riqualificazione professionale di coloro che, alla data
di entrata in vigore della nuova disciplina, esercitano
l'attività di erborista e che risultano in possesso di titoli
non considerati più sufficienti. L'articolo 12 rinvia alle
disposizioni vigenti in materia sanitaria per i controlli
igienico-sanitari, l'articolo 13 assoggetta ad autorizzazione
del Ministero della sanità le importazioni di prodotti
erboristici da Paesi non appartenenti all'Unione europea,
l'articolo 14 prevede che la pubblicità dei prodotti
erboristici si svolge secondo le norme stabilite dal decreto
legislativo n. 74 del 1992.
Gli articoli 18 e 19 dettano i princìpi per la definizione
delle normative regionali di tutela della flora e di
promozione della cultura erboristica. L'articolo 21 reca la
disciplina sanzionatoria, mentre l'articolo 22 dispone
l'abrogazione espressa delle vigenti disposizioni in materia
di erboristeria, precedentemente richiamate.
Si raccomanda, infine, all'Assemblea una rapida
approvazione del provvedimento allo scopo di soddisfare le
aspettative del settore a tutela di una platea di consumatori
sempre più vasta.