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PDL 4226

XIV LEGISLATURA

CAMERA DEI DEPUTATI

   N. 4226



 

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PROPOSTA DI LEGGE

d'iniziativa del deputato VILLARI

Modifiche alla disciplina relativa alle società cooperative

Presentata il 29 luglio 2003


      

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Onorevoli Colleghi! - Il Governo ha adottato il decreto legislativo 17 gennaio 2003, n. 6, recante: «Riforma organica della disciplina delle società di capitali e società cooperative, in attuazione della legge 3 ottobre 2001, n. 366».
      Il provvedimento ha interessato una vasta parte del codice civile. Esso è stato riscritto dall'articolo 2325 all'articolo 2548 e sono stati introdotti degli articoli delle disposizioni per l'attuazione e transitorie, di cui al regio decreto n. 318 del 1942.
      La legge n. 366 del 2001 (articolo 5, comma 3) interessa tutte le società italiane ma esclude dalla riforma pochissime cooperative: le banche popolari, le banche di credito cooperativo ed i consorzi agrari.
      La norma di esclusione è stata ripetuta nell'articolo 9 del citato decreto n. 6 del 2003 che ha introdotto l'articolo 223-terdecies, secondo comma, delle disposizioni per l'attuazione e transitorie del codice civile.
      Tale norma non è attuale perché toglie a queste imprese la possibilità di usufruire di una moderna disciplina societaria realizzata sessanta anni dopo quella precedente, che risale al codice civile del 1942.
      Alle cooperative escluse dalla riforma continuano ad applicarsi le norme vigenti alla data di entrata in vigore della legge n. 366 del 2001 e cioè quasi tutti gli articoli del codice civile completamente riscritti e conservati per esse nella versione di sessanta anni fa.
      Tale norma è penalizzante; costringe, infatti, queste imprese ad essere disciplinate da norme desuete - tenute in vita artificialmente soltanto per esse - mentre la totalità delle cooperative ha norme completamente riscritte.
      I casi sono due: o la riforma è peggiore della precedente, e allora non si comprende perché applicarla allo sterminato mondo delle cooperative italiane, oppure è migliore della precedente, e allora è opportuno
 

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applicarla anche alle poche cooperative escluse.
      Valga il vero. Le nuove norme sono necessarie e sufficienti per regolare tutte le cooperative. Inutile, pertanto, tenere in vita le norme vigenti al 23 ottobre 2001. Irrazionale mantenere una doppia normativa.
      Le cooperative, che non sono ritenute meritevoli della nuova disciplina, sono normali imprese, presenti sul mercato come tutte le altre.
      L'esclusione di queste cooperative dalla riforma può far pensare che esse siano destinate a vegetare in una zona d'ombra del sistema economico, magari ad approfittare di protezione o di qualche agevolazione.
      Una simile interpretazione è ingenerosa e, se fosse adombrata, sarebbe respinta dalle imprese interessate che non si sentono certo appartenenti a categorie sotto tutela.
      Procedendo nell'analisi, per quanto riguarda le banche popolari, che attualmente sono in numero di 40, non hanno mai avuto agevolazioni e non c'è motivo per negare ad esse la facoltà di adottare i nuovi istituti di governo e di controllo societario introdotti dalla riforma (sistema dualistico di cultura tedesca o sistema monistico modellato sul mondo anglosassone) che potranno avere benefici effetti sulla gestione.
      Esse potranno, in ogni modo, preferire di mantenere gli istituti tradizionali italiani collaudati.
      Riguardo alle banche di credito cooperativo, che attualmente sono in numero di 460, esse sono state le prime ad essere interessate da un principio cardine della riforma: quello di esercitare il credito prevalentemente a favore dei soci (articolo 35 del decreto legislativo 1o settembre 1993, n. 385).
      Proprio ora che la riforma estende questo principio alla totalità delle cooperative a mutualità prevalente, le banche di credito cooperativo verrebbero tenute in disparte; l'esperienza, da esse maturata in questi anni, dovrebbe porle davanti a tutte le altre a testa alta.
      C'è un altro importante aspetto che concerne le banche di credito cooperativo. La riforma regola la possibilità di perdere la qualifica di cooperativa a mutualità prevalente (articolo 2545-octies del codice civile).
      Se tale possibilità fosse consentita, esse sarebbero comprese nella specie di cooperative diverse da quelle a mutualità prevalente. Tale situazione permetterebbe di modificare lo statuto per assumere la veste di banca popolare.
      Il suddetto cambiamento potrebbe interessare quelle banche che hanno raggiunto una dimensione rilevante; sarebbe realizzato con l'autorizzazione dell'organo che governa le banche, in altre parole la Banca d'Italia, che valuterebbe - con i propri strumenti collaudati - che tale cambiamento non contrasti con una sana e prudente gestione.
      Infine i consorzi agrari, che attualmente sono in numero di 70. Essi sono costituiti in forma di società cooperativa perfettamente uguale a tutte le altre cooperative (la legge 28 ottobre 1999, n. 410, ha tolto qualunque titolo speciale).
      La deroga alla riforma del diritto societario, prevista per essi, non può avere il sapore di una protezione o di una zona franca, mentre tutte le altre cooperative non hanno privilegi.
      Una simile interpretazione sarebbe ingiusta per queste cooperative che non vogliono fare altro che il loro mestiere (vale a dire la fornitura di servizi agli agricoltori), sono orgogliose della loro conquistata natura privatistica e sono interessate all'integrazione con il restante mondo cooperativo, senza invocare status speciali.
      La riforma del diritto societario corrisponde alle esigenze di tutte le società, anche cooperative.
      Occorre quindi che il legislatore apra anche alle cooperative escluse la possibilità di accedere alla riforma, abolendo semplicemente gli articoli che impediscono l'accesso delle predette cooperative alla riforma societaria.
      L'entrata in vigore della legge coinciderà con quella della riforma.
 

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PROPOSTA DI LEGGE

Art. 1.
(Abrogazioni).

      1. Il comma 3 dell'articolo 5 della legge 3 ottobre 2001, n. 366, è abrogato.
      2. L'articolo 223-terdecies delle disposizioni per l'attuazione del codice civile e disposizioni transitorie, introdotto dall'articolo 9, comma 2, lettera b), del decreto legislativo 17 gennaio 2003, n. 6, è abrogato.

Art. 2.
(Entrata in vigore).

      1. La presente legge entra in vigore il 1o gennaio 2004.


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