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PDL 3915

XIV LEGISLATURA

CAMERA DEI DEPUTATI

   N. 3915



 

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PROPOSTA DI LEGGE

d'iniziativa dei deputati

CORDONI, AGOSTINI, INNOCENTI, GASPERONI, MARTELLA

Disposizioni in materia di definizione delle controversie attinenti ai licenziamenti e ai trasferimenti

Presentata il 16 aprile 2003


      

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Onorevoli Colleghi! - La presente proposta di legge contiene norme essenzialmente di diritto processuale, miranti ad assicurare una «corsia preferenziale» alle controversie più delicate ed importanti, quelle di licenziamento e di trasferimento. Si fornisce così una risposta appropriata a una critica, non priva di suggestione, spesso formulata dai sostenitori della necessità di superamento della stabilità reale del posto di lavoro prevista dall'articolo 18 dello Statuto dei lavoratori (legge n. 300 del 1970), quella per cui, stante la lunghezza dei processi, una reintegra disposta a lunga distanza di tempo dal licenziamento (magari dopo diversi gradi di giudizio) risulterebbe, in concreto, impossibile, per i mutamenti intanto avvenuti nella struttura aziendale, non sarebbe desiderata neanche dal lavoratore e porrebbe sul datore di lavoro - colpevole, magari, di aver messo in atto un licenziamento azzardato, ma non del tutto privo di ragioni - un peso economico quasi insostenibile, a titolo di risarcimento delle retribuzioni perdute dal lavoratore lungo l'arco temporale che ha portato alla sentenza di reintegra.
      Il problema, che pure non va esagerato nella sua ricorrenza concreta, è comunque esistente, ma non si risolve abrogando la tutela reale di reintegrazione, bensì introducendo strumenti procedurali che assicurino la decisione sulla questione centrale dell'emanazione o meno dell'ordine di reintegra in tempi brevissimi.
      Questo strumento è costituito dalla previsione di un procedimento caratterizzato da fasi di accertamento in senso tecnico «sommario», il che non significa affatto
 

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privo di garanzie di contraddittorio, ma caratterizzato dalla circostanza che il provvedimento immediato, emesso dal giudice in tempi accelerati, si stabilizza e diviene inoppugnabile se non reclamato entro un termine stabilito.
      All'accertamento sommario, il giudice deve fare ricorso in via normale, secondo la previsione dell'articolo 2 e seguenti della presente proposta di legge, se la controversia non appare di particolare complessità, e sempre che non sia lo stesso lavoratore a chiedere che si proceda con rito ordinario.
      L'ordinanza di reintegrazione (o di rigetto del ricorso) eventualmente emessa dal tribunale è opponibile entro trenta giorni avanti alla corte d'appello, che decide anch'essa con ordinanza, che diviene definitiva ove, in un termine anch'esso di trenta giorni, non venga opposta con ricorso ordinario avanti alla stessa corte d'appello, la quale decide, allora, con sentenza, ovviamente impugnabile per cassazione.
      Va sottolineato che lo scopo di garantire una grande celerità alle controversie in materia di licenziamento impone anche al lavoratore degli oneri di tempestività. Viene introdotto dall'articolo 7, infatti, un termine di decadenza di centoventi giorni dal licenziamento per la proposizione dello stesso ricorso giudiziale, il quale, invece, è oggi proponibile, una volta inviata entro sessanta giorni una semplice lettera raccomandata di impugnazione, in qualsiasi momento nei cinque anni successivi.
      Completano il quadro importanti previsioni dirette a garantire, oltre che la speditezza della controversia, l'effettivo rispetto dell'eventuale ordine di reintegrazione.
      Viene dichiarato non più necessario, nelle controversie di licenziamento e di trasferimento, il preventivo tentativo obbligatorio di conciliazione (articolo 6) e viene prevista una pena pecuniaria privata per l'eventuale ritardo del datore di lavoro nell'attuazione dell'ordine di reintegrazione (articolo 4).
 

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PROPOSTA DI LEGGE

Art. 1.
(Ambito di applicazione).

      1. La disciplina di cui alla presente legge si applica:

          a) alle controversie aventi ad oggetto l'impugnativa di licenziamenti, anche qualora presuppongano la risoluzione di questioni relative alla qualificazione del rapporto di lavoro, ovvero alla legittimità del termine apposto al contratto;

          b) alle controversie in materia di trasferimenti di cui all'articolo 2103 del codice civile.

Art. 2.
(Procedimento sommario e ordinario).

      1. Con riguardo alle controversie di cui all'articolo 1, la domanda si propone con ricorso al tribunale in funzione di giudice del lavoro.
      2. Il giudice, convocate le parti, omessa ogni formalità non essenziale al contraddittorio, procede, nel modo che ritiene più idoneo allo scopo urgente del procedimento, all'acquisizione ed alla valutazione degli elementi di prova relativi ai fatti allegati e provvede con ordinanza all'accoglimento o al rigetto della domanda.
      3. Ove la domanda sia proposta ai sensi degli articoli 414 e seguenti del codice di procedura civile, il giudice, anche d'ufficio, dispone con ordinanza che la causa prosegua ai sensi del comma 2.
      4. Il giudice adito in via sommaria, ove rilevi che la causa deve essere trattata secondo le forme ordinarie, dispone con ordinanza il mutamento di rito per la prosecuzione del processo ai sensi degli articoli 414 e seguenti del codice di procedura civile.

 

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      5. Nelle controversie in materia di licenziamento l'onere della prova relativa al numero dei dipendenti occupati dal datore di lavoro grava su quest'ultimo. Resta fermo quanto previsto dall'articolo 5 della legge 15 luglio 1966, n. 604.

Art. 3.
(Reclamabilità dell'ordinanza).

      1. L'ordinanza di cui al comma 2 dell'articolo 2 è reclamabile innanzi alla sezione lavoro della corte d'appello entro il termine perentorio di trenta giorni dalla comunicazione alle parti dell'ordinanza stessa. La mancata proposizione del reclamo rende immutabile l'ordinanza.
      2. Al giudizio di reclamo si applica il comma 2 dell'articolo 2. L'ordinanza della corte d'appello è opponibile, entro il termine perentorio di trenta giorni dalla comunicazione, innanzi alla stessa corte d'appello nelle forme di cui all'articolo 414 e seguenti del codice di procedura civile. La mancata proposizione dell'opposizione rende immutabile l'ordinanza.

Art. 4.
(Penale per il ritardo nella reintegrazione).

      1. Il giudice con l'ordinanza o la sentenza di condanna alla reintegrazione del lavoratore nel posto di lavoro, determina la somma dovuta dal datore di lavoro per l'eventuale ritardo nell'esecuzione del provvedimento, entro il limite massimo di quattro retribuzioni globali di fatto giornaliere e il limite minimo di due retribuzioni globali di fatto giornaliere per ogni giorno di ritardo, tenuto conto delle dimensioni dell'organizzazione produttiva.
      2. Il lavoratore può chiedere, con ricorso al giudice che ha ordinato la reintegrazione, la liquidazione della somma dovuta. L'onere della prova dell'effettiva reintegrazione grava sul datore di lavoro. Il giudice provvede nelle forme di cui al primo comma dell'articolo 669-sexies del codice di procedura civile e decide con

 

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ordinanza con la quale liquida le spese del procedimento; il provvedimento è immediatamente esecutivo e contro lo stesso è ammesso reclamo ai sensi dell'articolo 669-terdecies del codice di procedura civile.
      3. Le somme corrisposte o ancora da corrispondere al lavoratore ai sensi dei commi 1 e 2 sono irripetibili dal datore di lavoro in caso di riforma del provvedimento con cui è stata ordinata la reintegrazione. In tale caso il lavoratore trattiene solo la somma corrispondente alla retribuzione per il periodo intercorso tra il provvedimento di condanna alla reintegrazione ed il provvedimento di riforma. Le ulteriori somme percepite o da percepire sono devolute al Fondo per l'occupazione, di cui all'articolo 1, comma 7, del decreto-legge 20 maggio 1993, n. 148, convertito, con modificazioni, dalla legge 19 luglio 1993, n. 236.
      4. In caso di riforma del provvedimento dichiarativo dell'illegittimità del trasferimento, il lavoratore è tenuto a restituire le somme già percepite ai sensi dei commi 1 e 2.

Art. 5.
(Modifiche all'articolo 18 della legge 20 maggio 1970, n. 300).

      1. All'articolo 18 della legge 20 maggio 1970, n. 300, e successive modificazioni, sono apportate le seguenti modificazioni:

          a) al primo comma, dopo le parole: «il giudice con» sono inserite le seguenti: «l'ordinanza o»;

          b) al quarto comma, dopo le parole: «il giudice con» sono inserite le seguenti: «l'ordinanza o»;

          c) al quinto comma, dopo la parola: «deposito» sono inserite le seguenti: «dell'ordinanza o»;

          d) al sesto comma, dopo le parole: «La sentenza» sono inserite le seguenti: «o l'ordinanza»;

 

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          e) al decimo comma, dopo le parole: «non ottempera» sono inserite le seguenti: «all'ordinanza o».

Art. 6.
(Inapplicabilità del tentativo obbligatorio di conciliazione).

      1. Alle controversie instaurate ai sensi degli articoli 1 e 2 della presente legge non si applica l'articolo 410 del codice di procedura civile.
      2. L'articolo 5 della legge 11 maggio 1990, n. 108, è abrogato.

Art. 7.
(Termine di decadenza e priorità delle controversie).

      1. L'articolo 6 della legge 15 luglio 1968, n. 604, è sostituito dal seguente:

      «Art. 6. - 1. Il licenziamento deve essere impugnato a pena di decadenza entro centoventi giorni dalla ricezione della sua comunicazione, ovvero dalla comunicazione dei motivi ove non contestuale, con ricorso depositato nella cancelleria del tribunale in funzione di giudice del lavoro.
      2. Il termine di cui al comma 1 decorre da ogni altro atto o fatto che manifesti l'inequivoca intenzione del datore di lavoro di porre fine al rapporto di lavoro.
      3. Le controversie, sommarie o ordinarie, relative ai licenziamenti devono essere trattate dal giudice con priorità, con la sola eccezione dei procedimenti cautelari e di quelli previsti dall'articolo 28 della legge 20 maggio 1970, n. 300, e successive modificazioni.
      4. L'inosservanza, senza giustificato motivo, delle disposizioni di cui al comma 3 costituisce illecito disciplinare».


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