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PDL 5156

XIV LEGISLATURA

CAMERA DEI DEPUTATI

   N. 5156



 

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PROPOSTA DI LEGGE

d'iniziativa dei deputati

MINNITI, LUMIA

Disposizioni in favore delle comunità aggredite
dalla criminalità organizzata

Presentata il 16 luglio 2004


      

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Onorevoli Colleghi! - Nell'ordinamento giuridico italiano le previsioni normative di risarcimento e di tutela, apprestate in relazione ai delitti di criminalità organizzata, seguono normalmente una prospettiva individuale e guardano, in specie, alle situazioni soggettive delle singole vittime dei reati.
      La sede di questa tutela è individuata di regola nell'ambito del procedimento penale, anche se vi sono forme di sostegno che si realizzano al di fuori del processo, come accade, ad esempio, in relazione a specifiche attività illecite realizzate in danno di determinate categorie (racket delle estorsioni, usura, eccetera).
      E anche in questi casi si tratta di provvidenze concesse direttamente ai privati cittadini in conseguenza del danno subìto per l'altrui fatto illecito.
      Non è stata invece finora sufficientemente considerata dal legislatore la dimensione collettiva degli effetti dannosi arrecati alle comunità locali dall'attività delittuosa di associazioni criminali di stampo mafioso, in specie di quelle storicamente radicate in determinati territori.
      Sotto questo profilo, va osservato che l'ordinamento offre all'ente esponenziale della comunità - ad esempio un'amministrazione comunale - di costituirsi parte civile nel procedimento penale contro il singolo autore del delitto o contro i singoli componenti l'associazione criminale. Ma è del tutto evidente l'inadeguatezza di un siffatto percorso, peraltro limitato a una prospettiva civilistica di risarcimento del danno, ma ben lontana - anche giuridicamente - dalla possibilità di considerare gli effetti, indiretti ma devastanti, che al
 

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tessuto economico e sociale di quel territorio arreca l'azione delle organizzazioni criminali.
      Anche gli interventi normativi a livello europeo, in particolare la decisione quadro 2001/220/GAI del 15 marzo 2001 adottata dal Consiglio dell'Unione europea, si muovono nella medesima direzione - individualistica, per così dire - laddove individua uno standard minimo di diritti che ciascun Paese membro deve garantire «alle singole vittime del reato».
      L'approccio europeo a tematiche di questo tipo, se pure ha costituito l'occasione per avviare nel nostro Paese una elaborazione normativa (come ad esempio, la proposta di legge atto Camera n. 3368, recante «Legge quadro per l'assistenza, il sostegno e la tutela delle vittime dei reati» che permetta di realizzare un assetto istituzionale della materia all'interno di uno spazio giuridico comune, non ha, tuttavia, preso in esame «la dimensione collettiva del danno» che sul piano economico, sociale e culturale deriva alle comunità locali dalle attività delittuose della criminalità organizzata e di stampo mafioso.
      L'Italia, com'è noto, ha adottato, finora, misure e forme di assistenza, di sostegno e di informazione a favore di determinate vittime.
      Nell'attuale assetto legislativo è infatti rinvenibile una pluralità di disposizioni emanate a tutela delle vittime di alcuni specifici reati, peraltro prive di meccanismi di coordinamento (Fondo di solidarietà per le vittime di richieste estorsive e di usura, istituito dal regolamento di cui al decreto del Presidente della Repubblica 16 agosto 1999, n. 455, ai sensi dell'articolo 21 della legge 23 febbraio 1999, n. 44; Fondo per le vittime del terrorismo e della criminalità organizzata, previsto dal regolamento di cui al decreto del Presidente della Repubblica 28 luglio 1999, n. 510, in attuazione delle norme previste dalla legge 20 ottobre 1990, n. 302; Fondo di rotazione per la solidarietà alle vittime dei reati di tipo mafioso, istituito dalla legge 22 dicembre 1999, n. 512, e relativo regolamento di attuazione di cui al decreto del Presidente della Repubblica 28 maggio 2001, n. 284; Fondo di garanzia per le vittime della caccia; Fondo di garanzia per le vittime della strada).
      Si tratta sempre di provvidenze elargite, a determinate condizioni, nella prospettiva di reintegrare il patrimonio e le risorse economiche del singolo, anche per consentire, ove necessario, la ripresa delle iniziative economiche frustrate dall'azione criminale.
      Tali previsioni legislative non affrontano dunque la necessità di un intervento dello Stato finalizzato ad incentivare lo sviluppo di iniziative di ordine sociale, economico e culturale che, specie nelle zone e nei comuni di tradizionale insediamento criminale, non hanno modo di dispiegarsi, proprio a motivo della vessazione e della oppressione delle organizzazioni criminali.
      E infatti, le caratteristiche dell'agire mafioso, com'è pacificamente dimostrato dall'esperienza storica di questi decenni, trascendono la dimensione individuale degli interessi economici e patrimoniali oggetto delle aggressioni.
      Di norma, l'offesa al singolo soggetto si iscrive nel piano di un'attività criminale che supera la dimensione strettamente privata come si evince dagli obiettivi perseguiti dalle organizzazioni criminali, specie di tipo mafioso: dal condizionamento delle amministrazioni, all'orientamento illecito del voto, al controllo dei servizi pubblici, alla penetrazione nell'economia e nella finanza, eccetera.
      Gli effetti dannosi che da quell'azione derivano sul piano economico, culturale e sociale sono di tutta evidenza: gli imprenditori non investono, i giovani facilmente vengono avviluppati nella trama delle attività illecite, gli enti locali sono appesantiti da una presenza mafiosa invasiva, si affermano modelli culturali distorti.
      La produzione normativa antimafia dell'ultimo ventennio dimostra la piena consapevolezza di siffatte caratteristiche del fenomeno.
      L'aspetto prevalente della legislazione di settore, tuttavia, è quello repressivo: sia nella prospettiva individuale, sia nella considerazione collettiva degli effetti delle
 

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consorterie criminali organizzate. Valga per tutti, a questo riguardo, il riferimento alla normativa sullo scioglimento degli enti locali per infiltrazione e per condizionamento mafiosi.
      Ma nonostante l'efficacia dei dispositivi della repressione giudiziaria e di polizia è innegabile che, ancora oggi, la battaglia per la definitiva sconfitta delle mafie è lontana da un approdo definitivo.
      I positivi risultati del contrasto giudiziario, infatti, non possono assicurare, se non in modo indiretto e mediato, effetti benefici e mitigatori del danno «sociale» determinato dall'aggressione mafiosa.
      Da qui la necessità di una rivisitazione critica delle scelte compiute, per allargare il raggio di intervento della normativa antimafia e ricomprendere iniziative volte direttamente e specificamente al sostegno delle comunità aggredite dalla criminalità organizzata.
      Si tratta di avviare un progetto integrato, in grado di aggiungere alla dimensione repressivo-giudiziaria, percorsi ulteriori capaci di offrire alle comunità vessate più direttamente dall'azione criminale, strumenti e risorse capaci di incidere fortemente sul loro tessuto economico-sociale.
      Per fare questo è necessario che all'azione repressiva se ne affianchi una propositiva e attiva nel recupero delle energie sociali e culturali minate nel loro sviluppo dall'oppressione criminale.
      Sul piano strettamente normativo e sul piano politico, occorre dare rilevanza e riconoscimento giuridico alle situazioni di danno arrecato alle comunità di determinate aree geografiche in conseguenza dell'azione delittuosa di associazioni caratterizzate dai requisiti di cui all'articolo 416-bis del codice penale.
      In questa prospettiva, in realtà, si muove, con tutti i suoi ben noti limiti, la legislazione in materia di destinazione sociale dei beni confiscati alle organizzazioni criminali: ma è del tutto evidente che si tratta di interventi del tutto inadeguati a reintegrare i danni arrecati a quella comunità dal crimine organizzato.
      E tuttavia, laddove effettivamente realizzata, la destinazione sociale dei beni conserva un grande valore simbolico e di risarcimento della comunità, seppure in una chiave del tutto differente, come ben si comprende, da quella nella quale si muove la presente proposta di legge.
      Da qui la necessità di un progetto di interventi in favore delle realtà territoriali vessate dal crimine organizzato, con l'obiettivo di reintegrare le risorse e le energie che non si dispiegano a causa dell'azione mafiosa.
      Nasce da queste considerazioni l'idea di istituire un Fondo nazionale per le comunità locali aggredite dalla criminalità organizzata, attraverso il quale approntare strumenti di intervento e risorse finanziarie che consentano di avviare nelle realtà territoriali che subiscono o abbiano subito gli effetti deleteri della persistente azione di associazioni mafiose, progetti di recupero delle condizioni di agibilità dell'iniziativa economica, culturale e civile.
      La presente proposta di legge, dopo aver delimitato l'ambito di applicazione della legge (articolo 1, comma 1), provvede a definire la nozione di «comunità locale aggredita dalla criminalità organizzata» (articolo 1, commi 2 e 3). Viene poi precisato il carattere sussidiario delle previsioni, rispetto alle forme di tutela e di sostegno già individuate a qualunque titolo dall'ordinamento vigente (articolo 2).
      All'articolo 3 sono quindi indicate le finalità della legge, di cui si è ampiamente detto; sono poi definiti gli strumenti per la realizzazione degli obiettivi, incentrati sulla istituzione del Fondo nazionale per gli interventi in favore delle comunità locali vittime della criminalità organizzata (articolo 4) con l'indicazione delle relative fonti di finanziamento.
      La proposta di legge individua (articolo 5) i soggetti - pubblici e privati - legittimati ad accedere al Fondo e definisce le modalità e l'ampio ventaglio dei settori delle iniziative.
      Agli articoli 7, 8 e 9 la proposta di legge definisce i soggetti cui è affidata la gestione del Fondo: a livello periferico, sono istituiti gli uffici locali presso le prefetture, uffici territoriali del Governo, con funzioni
 

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di istruttoria delle pratiche e di informazione e sostegno in favore dei destinatari della legge oltreché di controllo e vigilanza sulla realizzazione dei progetti; a livello centrale è prevista la costituzione, presso il Ministero dell'interno, di un Comitato nazionale del quale sono definiti composizione e compiti.
      La definizione delle procedure e dei criteri per l'attuazione della legge è affidata a un regolamento da adottare entro sei mesi dalla data di entrata in vigore della stessa legge (articolo 10).
      Attese le finalità della normativa, che interviene con caratteri di novità nel settore del contrasto alla criminalità organizzata e mafiosa, si prevede (articolo 11) che il Ministro dell'interno riferisca al Parlamento con relazione annuale sullo stato di attuazione della legge.
 

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PROPOSTA DI LEGGE

Art. 1.
(Ambito di applicazione).

      1. La presente legge si applica alle comunità locali aggredite dalla criminalità organizzata, nei limiti e alle condizioni stabiliti dalla medesima legge.
      2. Per comunità locale aggredita dalla criminalità organizzata si intende quella i cui enti esponenziali hanno subìto un procedimento ai sensi della legge 19 marzo 1990, n. 55, e successive modificazioni, sia nel caso in cui vi è stato lo scioglimento dell'ente per infiltrazione mafiosa, sia nel caso in cui non si è pervenuti a tale determinazione ma risultano tentate le infiltrazioni o i condizionamenti.
      3. Si considerano altresì aggrediti dalla criminalità organizzata gli enti nel cui ambito territoriale sono insediati gruppi di persone sottoposte dall'autorità giudiziaria a procedimento penale per il delitto di cui all'articolo 416-bis del codice penale, all'articolo 74 del testo unico di cui al decreto del Presidente della Repubblica 9 ottobre 1990, n. 309, per associazione a delinquere finalizzata a delitti di estorsione, di rapina o di usura.

Art. 2.
(Carattere sussidiario).

      1. Gli interventi di tutela e gli incentivi previsti dalla presente legge hanno carattere sussidiario nei confronti delle disposizioni di legge vigenti statali o regionali che recano provvidenze in favore di singoli, di associazioni o di enti pubblici e privati in relazione a danni da reato ovvero in favore di vittime della criminalità organizzata.

 

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Art. 3.
(Finalità).

      1. Lo Stato, le regioni e le autonomie locali promuovono, organizzano e curano forme di intervento economico a sostegno delle iniziative di soggetti pubblici e privati, singoli o associati, volte a favorire nei territori delle comunità locali aggredite dalla criminalità organizzata, opere e attività di ordine economico, sociale e culturale finalizzate, in particolare, a favorire opportunità occupazionali nonché a migliorare le condizioni di vita sociale e l'offerta di formazione culturale.

Art. 4.
(Strumenti).

      1. Per realizzare le finalità di cui all'articolo 3 è istituito presso il Ministero dell'interno il Fondo nazionale per gli interventi in favore delle comunità locali vittime della criminalità organizzata, di seguito denominato «Fondo».
      2. Il Fondo è alimentato:

          a) da un contributo fisso dello Stato;

          b) da una quota dei proventi dei beni confiscati alle organizzazioni criminali fissata annualmente con decreto del Ministro dell'interno, di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze e con il Ministro della giustizia;

          c) da una quota degli introiti relativi alla pena pecuniaria della multa inflitta per delitti di criminalità organizzata, fissata annualmente con decreto del Ministro dell'interno, di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze e con il Ministro della giustizia.

Art. 5.
(Soggetti e iniziative).

      1. Al Fondo possono accedere, nei limiti delle disponibilità annuali dello

 

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stesso, i comuni, le province, le associazioni e i privati appartenenti alle comunità locali di cui all'articolo 1, mediante presentazione di progetti finalizzati alla realizzazione delle attività di cui all'articolo 3, in particolare nei settori dell'industria, del commercio, dell'artigianato, della formazione professionale nonché della promozione culturale, sociale e sportiva finalizzata all'educazione alla legalità.

Art. 6.
(Condizioni di accesso).

      1. I progetti di cui all'articolo 5, presentati all'ufficio territoriale del Governo competente per territorio, devono contenere, insieme ai dati di ordine economico e finanziario, l'illustrazione delle risultanze di fatto e documentali che comprovano la sussistenza delle condizioni di cui all'articolo 1. Ove i fatti non risultino da sentenza irrevocabile di condanna, la condizione della presenza mafiosa nella comunità locale cui si riferisce il progetto può risultare da autonoma attività istruttoria svolta dal prefetto a seguito della presentazione del progetto.

Art. 7.
(Uffici locali).

      1. Presso ogni prefettura - Ufficio territoriale del Governo è istituito un ufficio locale per le comunità vittime della criminalità organizzata, di seguito denominato «ufficio locale».
      2. All'ufficio locale sono attribuiti i seguenti compiti:

          a) curare l'informazione in merito agli interventi disposti dalla presente legge a favore delle comunità locali aggredite dalla criminalità organizzata stabilendo, con cadenza annuale, idonee forme di flessibilità;

          b) curare l'istruttoria delle domande di accesso al Fondo, se necessario predisponendo e allestendo appositi servizi;

 

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          c) vigilare sulla esecuzione dei progetti finanziati dal Comitato nazionale di cui all'articolo 8, avvalendosi della collaborazione degli enti locali competenti per territorio.

Art. 8.
(Comitato nazionale).

      1. Presso il Ministero dell'interno è istituito il Comitato nazionale per la gestione del Fondo, di seguito denominato «Comitato».
      2. Il Comitato assicura la gestione del Fondo, direttamente o avvalendosi della Concessionaria servizi assicurativi pubblici - CONSAP spa, cura la promozione delle finalità della presente legge, assicura l'assistenza ai soggetti pubblici e privati legittimati alla presentazione dei progetti previsti dall'articolo 5, fornisce assistenza ai comuni oggetto di aggressione da parte della criminalità organizzata e svolge gli altri compiti previsti dall'articolo 9.

Art. 9.
(Composizione e funzioni del Comitato).

      1. Il Comitato è composto da:

          a) il Ministro dell'interno o un suo delegato;

          b) il Ministro dell'economia e delle finanze o un suo delegato;

          c) il Ministro della giustizia o un suo delegato;

          d) un rappresentante delle associazioni delle vittime della criminalità organizzata maggiormente rappresentative a livello nazionale;

          e) un rappresentante del Consiglio nazionale dell'economia e del lavoro.

 

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      2. Il Comitato delibera sulle domande di finanziamento dei progetti presentati ai sensi dell'articolo 5 e vigila sulla esecuzione degli stessi, avvalendosi degli uffici locali.
      3. Il Comitato riferisce al Ministro dell'interno con relazione semestrale, in ordine alle pratiche di finanziamento dei progetti di cui al comma 1 e, più in generale, sullo stato di attuazione degli interventi previsti dalla presente legge, proponendo soluzioni atte a garantire la trasparenza delle attività e la rapidità nella realizzazione delle iniziative.

Art. 10.
(Regolamento di attuazione).

      1. Entro sei mesi dalla data di entrata in vigore della presente legge, il Ministro dell'interno, di concerto con i Ministri della giustizia e dell'economia e delle finanze, adotta, ai sensi dell'articolo 17, comma 3, della legge 23 agosto 1988, n. 400, il relativo regolamento di attuazione.

Art. 11.
(Relazione al Parlamento).

      1. Il Ministro dell'interno riferisce al Parlamento, con relazione annuale, sullo stato di attuazione della presente legge.        


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