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PDL 343

XIV LEGISLATURA

CAMERA DEI DEPUTATI

   N. 343



 

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PROPOSTA DI LEGGE

d'iniziativa del deputato BOLOGNESI

Modifiche al decreto-legge 12 settembre 1983, n. 463, convertito, con modificazioni, dalla legge 11 novembre 1983, n. 638, in materia di integrazione al trattamento minimo previdenziale

Presentata il 30 maggio 2001


      

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Onorevoli Colleghi! - L'articolo 6, comma 1, del decreto-legge 12 settembre 1983, n. 463, convertito, con modificazioni, dalla legge 11 novembre 1983, n. 638, come modificato dal decreto legislativo n. 503 del 1992, lega il riconoscimento dell'integrazione al minimo delle pensioni di vecchiaia non solo al reddito personale, ma anche a quello del coniuge.
      Infatti, la predetta disposizione stabilisce che l'integrazione al minimo non spetta «nel caso di persona coniugata, non legalmente ed effettivamente separata, con redditi propri per un importo superiore a quello richiamato al punto a) ovvero con redditi cumulati con quelli del coniuge per un importo superiore a tre volte il trattamento minimo medesimo».
      Tale importo viene calcolato moltiplicando il trattamento minimo per due nel primo caso, per tre nel secondo e successivamente per 13 (articolo 6, comma 1, lettera a)).
      Di conseguenza, l'integrazione non viene corrisposta qualora il reddito complessivo dei due coniugi superi la cifra indicata, anche nel caso in cui la pensionata o il pensionato non possiedano altri redditi. Il cumulo colpisce redditi familiari anche modestissimi e di fatto falcidia la pensione a cui le interessate e gli interessati avrebbero diritto, avendo versato di tasca propria rilevanti contributi volontari per maturare il diritto alla pensione.
      Tale disciplina colpisce soprattutto le donne che sono i soggetti che più usufruiscono delle pensioni integrative. In base ai dati dell'Istituto nazionale della previdenza sociale (INPS), infatti, sono le donne che prendono più aspettative, che accettano
 

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più lavori precari, che abbandonano il lavoro per motivi familiari o per accudire parenti anziani o handicappati.
      Altro aspetto da considerare è che le nuove norme creano una evidente disparità fra quanti hanno avuto la concessione della pensione prima del 1o gennaio 1993 e quanti invece l'hanno ottenuta dopo l'entrata in vigore del citato decreto legislativo, nonostante le regole in base alle quali i soggetti hanno versato i contributi volontari siano state originariamente le stesse. La normativa contenuta nel decreto sarebbe stata comunque negativa anche qualora avesse fatto riferimento al futuro, proprio per il suo richiamo al reddito familiare. Si sa che spesso a fronte di una retribuzione media del marito c'è una moglie che non gode affatto di reddito personale se non una pensione integrata al minimo con i contributi volontari. È per questo che occorre valutare il richiamo al cumulo del reddito familiare come la negazione dell'esistenza della donna in qualità di soggetto di diritti e di doveri nei confronti dello Stato.
 

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PROPOSTA DI LEGGE

Art. 1.

      1. Alla lettera a) del comma 1 dell'articolo 6 del decreto-legge 12 settembre 1983, n. 463, convertito, con modificazioni, dalla legge 11 novembre 1983, n. 638, e successive modificazioni, le parole: «nel caso di persona non coniugata, ovvero coniugata ma legalmente ed effettivamente separata,» sono soppresse.
      2. La lettera b) del comma 1 dell'articolo 6 del citato decreto-legge n. 463 del 1983, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 638 del 1983, e successive modificazioni, è abrogata.


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