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PDL 6283

XIV LEGISLATURA

CAMERA DEI DEPUTATI

   N. 6283



 

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PROPOSTA DI LEGGE

d'iniziativa del deputato PISAPIA

Modifica dell'articolo 68 della legge 26 luglio 1975, n. 354, in materia di funzioni della magistratura di sorveglianza

Presentata il 19 gennaio 2006


      

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Onorevoli Colleghi! - Nell'ambito di una generale revisione dell'ordinamento penitenziario, di cui alla legge 26 luglio 1975, n. 354, diventa necessario anche un intervento normativo rispetto alle disposizioni che riguardano la magistratura di sorveglianza al fine di valorizzarne la specificità della funzione, anche, se non soprattutto, in quanto profondamente diversi sono il processo penale di cognizione e quello dell'intervento giurisdizionale di sorveglianza. Il primo, infatti, riguarda i fatti e il loro svolgimento, il secondo la persona condannata, lo sviluppo del suo percorso carcerario e del suo reinserimento sociale.
      Se è evidente, infatti, che il magistrato di sorveglianza deve conoscere il reato per cui vi è stata condanna, la storia giudiziaria della persona, nonché la sua storia personale e la sua situazione sociale e familiare, è altrettanto evidente che - dopo avere preso atto di tali elementi - la valutazione deve basarsi soprattutto sullo sviluppo del suo percorso penitenziario e sulla attualità o meno della pericolosità sociale. Giudizio tutt'altro che semplice - come sottolineato dal dottor Alessandro Margara, nel suo progetto di riforma dell'ordinamento penitenziario (dal quale prende spunto la presente proposta di legge) - in quanto forte è il rischio di ricadere nel pregiudizio, quando la valutazione della gravità dei reati commessi produce la convinzione che la pericolosità espressa in passato non possa essere venuta meno.
 

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      Tutto ciò non può che rafforzare la necessità di una «specificità» della magistratura di sorveglianza proprio in quanto «specifica» è la sua funzione che, conseguentemente, necessita di peculiari risorse e di un'apposita preparazione per essere svolta.
      Si è posto il problema se la specificità della formazione e della preparazione della magistratura di sorveglianza possa turbare l'oggettività del suo operare, compromettendo la neutralità che si richiede a un organo giudiziario, ovvero la terzietà che dovrebbe essere propria dello stesso. Ma, in relazione a queste perplessità, è necessario sottolineare la profonda differenza fra il ruolo del giudice della cognizione e quello del giudice di sorveglianza, proprio sulla base della diversità di funzione e di ruolo: per il primo, ogni occasione di preventiva conoscenza del caso deve essere esclusa; per il secondo, la struttura organizzativa del suo lavoro e degli uffici in cui opera è in funzione del formarsi di tale conoscenza e della utilizzazione della stessa nel corso degli interventi che gli vengono successivamente richiesti. Non solo le decisioni monocratiche dovranno essere adottate dal giudice che ha seguito la detenzione delle persone interessate (e ciò avverrà attraverso la funzione di sorveglianza generica sugli istituti penitenziari e attraverso gli interventi specifici sulle persone con i permessi e quanto altro), ma le decisioni collegiali dovranno vedere la partecipazione di quello stesso giudice, che potrà portare nel collegio il valore, e non l'inconveniente, della sua conoscenza relativa alla situazione personale dell'interessato.
      Il fatto è che la magistratura di sorveglianza, indubbiamente con la indipendenza e con l'oggettività della sua funzione giurisdizionale (anche se non sempre, ma per lo più giurisdizionalizzata), è dentro la dinamica del processo riabilitativo che anima la esecuzione penale; una dinamica necessaria. Se si teme che questo possa «compromettere» il giudice, turbarne la terzietà, si deve essere consapevoli che questo equivale puramente e semplicemente al rifiuto della funzione. La tentazione c'è, e si esprime nella richiesta di anticipare la determinazione delle modalità esecutive della pena al momento stesso della sentenza. Ma ciò, come si è detto, equivale a negare la flessibilità della esecuzione della pena nella fase della esecuzione, che è, invece, la chiara indicazione della giurisprudenza costituzionale.
      Questo timore relativo alla flessibilità della esecuzione della pena (che ha anche animato, ad esempio, i due progetti noti, Pagliaro e Grosso, di legge delega per un nuovo codice penale, non arrivati, comunque, alla sede legislativa) deriva dalla convinzione che la flessibilità produca una eccessiva discrezionalità e una incontrollabile incertezza della pena. Di qui la convinzione che sia preferibile anticipare, alla fase di cognizione e alla sentenza di condanna, la determinazione delle modalità di esecuzione della pena. Ma, a prescindere dal fatto che, in tale modo, non si tiene conto delle indicrezioni della giurisprudenza costituzionale sulla flessibilità, si trascura inoltre che la anticipazione alla sentenza della determinazione delle modalità esecutiva sposta a tale fase il lamentato inconveniente della discrezionalità e, poi fa decidere modalità esecutive in ordine a persone e a situazioni sostanzialmente sconosciute: cosi che, dove si è provato a progettare concretamente questo, si è previsto un intervento successivo della magistratura di sorveglianza, fatta sopravvivere soltanto per la determinazione in concreto di quelle modalità esecutive determinate (al buio) in sentenza. Nonostante sia prossima la fine della legislatura, il proponente ritiene quindi di sottoporre all'attenzione del Parlamento la presente proposta di legge al fine di avviare sin da ora una riflessione su un tema particolarmente delicato, qual è quello del riconoscimento della specificità delle funzioni della magistratura di sorveglianza, che ben potrà essere ripreso nella legislatura a venire al fine di ridurre la discrezionalità e le ricadute sulla incertezza della pena, che talvolta possono aver accompagnato le decisioni dei giudici di sorveglianza, con ciò offrendo solidità applicativa alla giurisprudenza costituzionale in tema di flessibilità.
 

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PROPOSTA DI LEGGE

Art. 1.

      1. L'articolo 68 della legge 26 luglio 1975, n. 354, e successive modificazioni, è sostituito dal seguente:

      «Art. 68. - (Uffici di sorveglianza). 1. Gli uffici di sorveglianza sono costituiti nelle sedi di cui alla tabella A allegata alla presente legge e hanno giurisdizione sulle circoscrizioni dei tribunali in essa indicati.
      2. Agli uffici di sorveglianza, per l'esercizio delle funzioni rispettivamente elencate negli articoli 69, 70 e 70-bis, sono assegnati magistrati di cassazione, di appello e di tribunale, nonché personale del ruolo delle cancellerie e delle segreterie giudiziarie e personale esecutivo e subalterno. Nella assegnazione dei magistrati si tiene conto della specifica preparazione in materia penitenziaria, acquisita sia con la frequenza di corsi di formazione e di studio relativi alla stessa, sia con l'attività giudiziaria svolta presso gli uffici e i tribunali di sorveglianza, sia con attività istituzionali o di fatto svolte presso istituti o centri di servizio sociale penitenziari.
      3. Con decreto del presidente della corte di appello può essere temporaneamente destinato a esercitare le funzioni del magistrato di sorveglianza mancante o impedito un giudice avente la qualifica di magistrato di cassazione, di appello o di tribunale.
      4. I magistrati che esercitano funzioni di sorveglianza non devono essere adibiti ad altre funzioni giudiziarie.
      5. Entro tre mesi dalla data di entrata in vigore della presente disposizione, sono definiti nelle sedi competenti, previa verifica dell'effettivo carico di lavoro, gli organici dei magistrati e del personale degli uffici di sorveglianza. Tali organici sono sottoposti a revisione periodica: entro tre

 

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anni, la prima volta, e ogni cinque anni successivamente.
      6. Gli organici degli uffici del magistrato di sorveglianza sono calcolati in relazione al numero delle persone detenute o internate e al numero delle persone sottoposte a misura alternativa nel territorio di competenza, nonché alle altre incombenze sottoposte a materia di misure di sicurezza e nelle altre materie di competenza di tali uffici.
      7. Gli organici dei tribunali di sorveglianza sono calcolati in relazione al numero delle procedure iscritte annualmente presso gli stessi. In riferimento agli organici così calcolati e con adeguata organizzazione del lavoro, annualmente devono essere definite un numero di procedure corrispondenti a quelle registrate.
      8. Negli uffici di sorveglianza del capoluogo del distretto di corte di appello o della sezione distaccata di corte di appello, sono definiti organici del personale distinti per il tribunale di sorveglianza e per l'ufficio del magistrato di sorveglianza».


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