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PDL 192

XIV LEGISLATURA

CAMERA DEI DEPUTATI

   N. 192



 

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PROPOSTA DI LEGGE

d'iniziativa del deputato CIMA

Disposizioni per la conversione dell'industria produttrice
di materiali di armamento

Presentata il 30 maggio 2001


      

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Onorevoli Colleghi! - L'amministrazione statunitense fin dal 1992 ha deciso una riduzione del bilancio della difesa, stabilendo una diminuzione dei fondi iniziale del 7 per cento.
      È stato solo il primo passo di un declino generalizzato delle spese militari della massima potenza militare dell'Occidente.
      La tendenza avrà immediate ripercussioni sull'industria statunitense produttrice di armamenti, con la chiusura di intere linee di produzione ed il conseguente licenziamento di migliaia di lavoratori.
      Inoltre molti dei programmi, in stadio avanzato di realizzazione, verranno trasformati in veri e propri «esercizi di ricerca tecnologica e fattibilità»: si arriverà sino allo stadio prototipico, ma non si passerà alla produzione di serie. Con questa impostazione si manterrà il know how e la supremazia tecnologica, ovviamente a discapito delle «tute blu».
      Dall'esempio statunitense emerge chiaramente la stretta relazione tra stanziamenti per la difesa armata e situazione occupazionale e tecnologica dell'industria produttrice di armamenti.
      C'è chi obietta che tale situazione non è comparabile con quella italiana: gli USA fino al 1992 hanno investito ingentissime risorse in armamenti, procedendo ad un completo rinnovamento dei sistemi d'arma in dotazione alle forze armate statunitensi, mentre i vertici militari italiani lamentano una obsolescenza accentuata dei mezzi in dotazione, giungendo a chiedere, nel documento sul nuovo modello di difesa, investimenti straordinari per 40.000 miliardi di lire.
      L'industria produttrice di armamenti italiana sta attraversando un periodo di
 

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profonda crisi e di tentativi di ristrutturazione.
      Il venire meno dei mercati del terzo mondo, tradizionale sbocco dell'export dell'industria bellica italiana, la più che dimostrata incapacità di sfondare sui mercati occidentali e di reggere la concorrenza dei grandi gruppi europei e statunitensi sono fatti che sono sotto gli occhi di tutti e che risultano dalle analisi delle industrie del settore.
      Le risposte date dalle aziende sono state contraddittorie, ma comunque sostenute da consistenti parti del mondo politico italiano.
      Si è tentata da un lato la strada degli accorpamenti e delle sinergie tra aziende (a questo proposito è emblematico il caso della creazione della Alenia, nata dall'unione tra Selenia ed Aeritalia), che hanno portato come conseguenza immediata ad una grave crisi occupazionale nelle aziende interessate, con la riduzione di migliaia di posti di lavoro.
      Altre aziende hanno scelto invece la via basata sul considerare i soggetti in esse occupati come variabile dipendente dalle esigenze produttive dell'azienda, che pervicacemente insiste in produzioni a carattere preminentemente militare.
      A tal fine è emblematico il caso dell'Aermacchi, che dal settembre 1990 alla primavera del 1992 si è «liberata» di oltre 600 dipendenti, a fronte di una situazione occupazionale che al 31 dicembre 1990, registrava 2.704 occupati.
      La riduzione occupazionale dell'Aermacchi si accompagna alle seguenti scelte strategiche aziendali:

          a) la scelta di investire in progetti civili (Dornier 328) che assicurino anche alleanze per produzioni nel settore militare. Le timide conversioni al civile sono quindi non alternative, ma funzionali alla continuazione della produzione militare;

          b) la ricerca e lo sviluppo rimangono incentrati sul militare, mentre si trascurano investimenti in ricerche nel settore civile che potrebbero aprire nuovi interessanti mercati (velivolo propulso ad idrogeno chimico, settore spazio).

      Il caso Aermacchi, rapidamente sopra esposto, dimostra come, in una situazione caratterizzata da una riduzione della tensione e dall'estinzione dei blocchi politico-militari che hanno caratterizzato il dopoguerra, l'industria bellica continui a puntare su produzioni a carattere militare a patto che:

          vengano garantiti sostegni dal mondo politico ed istituzionale che diano segnali chiari, in termini di investimenti e risorse economiche, dell'interesse pubblico alla continuazione di produzioni militari;

          si possa agire sulla variabile occupazionale per raddrizzare la difficile situazione economica a livello aziendale;

          si continui ad avere risorse per investire nel consolidato settore militare, evitando quindi di lanciarsi in ricerche e produzioni a carattere civile che in tempi medi potrebbero risultare concorrenziali rispetto al militare, giungendo sino a rendere inevitabile una diversa allocazione delle risorse interne aziendali.

      Da quanto detto finora risulta evidente che la conversione dell'industria produttrice di armamenti è un problema soprattutto di carattere politico.
      È lo Stato, che fornisce le risorse economiche per la ricerca e lo sviluppo, che decide quale importanza dare, sia in termini politici che economici, alla difesa militare, che risulta essere il principale acquirente della «merce» armi, che può dare alcuni importanti segnali della sua volontà di elaborare una strategia che miri a mettere a fuoco soluzioni alternative di utilizzazione delle risorse destinate agli armamenti e a fare in modo che queste soluzioni vengano correttamente applicate.
      Il «disarmo strutturale», implicito in una prospettiva di conversione dell'industria bellica, contiene aspetti e problematiche che mettono in discussione la sicurezza nazionale e internazionale. Ne consegue che la conversione non può

 

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venire considerata indipendentemente dall'insieme delle relazioni internazionali.
      Anche tali assunti confermano l'importanza della volontà politica dello Stato e del suo desiderio di assumere misure concrete di riduzione degli armamenti e di disarmo, idonee a consolidare la sicurezza internazionale.
      Ciò nonostante riconoscere l'aspetto politico della conversione non deve condurre a trascurare gli aspetti economici, tecnologici ed occupazionali. Piani concreti ed esperienze reali di conversione favoriranno la credibilità della «corsa al disarmo», ridurranno le tensioni internazionali, convinceranno le opinioni pubbliche ed i nostri potenziali avversari o controparti della possibilità reale di ridurre gli armamenti.
      Sono appunto gli aspetti economici, tecnologici ed occupazionali che vengono affrontati dalla presente proposta di legge.
      All'articolo 1 si individua la necessità della predisposizione di un piano decennale di conversione, individuando i settori produttivi su cui intervenire e gli interventi di riqualificazione del personale.
      L'articolo 2 istituisce un'apposita Commissione per la conversione dell'industria di materiali di armamento, con il compito di entrare nel dettaglio del piano decennale, sia a livello di azienda che di periodo temporale, oltre a realizzare un osservatorio permanente dell'attività produttiva impegnata nella costruzione di materiali di armamento.
      L'articolo 3 stabilisce le risorse finanziarie necessarie per la conversione, mentre l'articolo 4 specifica le misure protettive a favore degli occupati nel settore, sia nel caso che compiano scelte di «obiezione alla produzione militare» sia nel caso in cui si rendano necessarie misure di cassa integrazione a protezione del salario.
      L'articolo 5 istituisce presso la Presidenza del Consiglio dei ministri un'apposita Commissione per la conversione civile delle strutture militari e per il disarmo.
      L'articolo 6, infine, stabilisce i tempi e i modi per la presentazione al Parlamento di una relazione inerente alle risorse impiegate per la difesa ed alle possibilità di passaggio ad un modello di difesa sempre meno aggressivo ed armato.
 

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PROPOSTA DI LEGGE

Art. 1.
(Disposizioni generali).

      1. Il Presidente del Consiglio dei ministri, sentiti i Ministri dell'industria, del commercio e dell'artigianato, della difesa, del commercio con l'estero e dell'università e della ricerca scientifica e tecnologica, entro sei mesi dalla data di entrata in vigore della presente legge, con proprio decreto, dispone un piano decennale per la conversione dell'industria produttrice di materiali di armamento al fine di:

          a) contribuire alla conversione dalle produzioni di armamenti a produzioni civili garantendo continuità occupazionale;

          b) contribuire alla conversione delle aziende e dei settori produttivi di armamenti colpiti da eventuali divieti di esportazione.

      2. Il piano di conversione di cui al comma 1 deve contenere:

          a) l'individuazione dei settori e delle produzioni civili che, per criteri di priorità nelle scelte strategiche di sviluppo del Paese e per possibilità di attivazione con i minori costi e con i massimi risultati, possono sostituire corrispondenti produzioni di materiali di armamento;

          b) la quantificazione annuale delle risorse necessarie per tali riconversioni e la stima annuale degli investimenti previsti;

          c) gli interventi di riqualificazione del personale reimpiegabile nelle nuove attività e quelli di collocazione in altra attività del personale eventualmente non reimpiegabile.

 

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Art. 2.
(Commissione per la conversione
dell'industria di materiali di armamento).

      1. Presso la Presidenza del Consiglio dei ministri è istituita la Commissione per la conversione dell'industria di materiali di armamento.
      2. La Commissione di cui al comma 1 è composta da un rappresentante per ciascuno dei Ministeri dell'industria, del commercio e dell'artigianato, del commercio con l'estero, dell'università e della ricerca scientifica e tecnologica, del lavoro e della previdenza sociale, da tre rappresentanti delle organizzazioni sindacali, da tre rappresentanti delle organizzazioni imprenditoriali e da due esperti nominati dai Presidenti della Camera dei deputati e del Senato della Repubblica, d'intesa tra loro.
      3. Le modalità di organizzazione e di funzionamento della Commissione di cui al comma 1 sono stabilite dal Presidente del Consiglio dei ministri, con proprio decreto, entro tre mesi dalla data di entrata in vigore della presente legge.
      4. La Commissione di cui al comma 1 provvede a:

          a) realizzare un osservatorio permanente sulla struttura dell'attività produttiva impegnata nella costruzione di materiali di armamento;

          b) predisporre piani per la conversione con particolare riferimento agli indirizzi, alle metodologie, alle possibilità economiche e tecniche più adeguate per ciascun tipo di produzione di materiali di armamento al fine di consentire, con il minore costo possibile e con la più alta possibilità di sbocchi di mercato, il passaggio a produzioni civili;

          c) elaborare programmi per la riorganizzazione, la riqualificazione ed il reimpiego del personale in attività di produzione non militare;

          d) fornire supporto tecnico, informativo e di indirizzo alle regioni, agli enti

 

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locali e alle aziende interessati a piani o interventi di conversione dell'industria di materiali di armamento.

Art. 3.
(Fondo per la conversione).

      1. Entro tre mesi dalla data di entrata in vigore della presente legge, è istituito con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri, sentiti i Ministri dell'industria, del commercio e dell'artigianato, della difesa, dell'università e della ricerca scientifica e tecnologica, il Fondo per la conversione dell'industria produttrice di materiali di armamento, di seguito denominato «Fondo».
      2. Il Fondo è istituito presso la Presidenza del Consiglio dei ministri e può finanziare mutui agevolati, contributi sugli interessi e contributi diretti alle imprese per l'attuazione di piani di conversione, parziale o totale, da produzione di materiali di armamento ad altro tipo di produzioni.
      3. Il Fondo è alimentato con un contributo dell'1 per cento del fatturato annuo della produzione. Le modalità di versamento di tale contributo sono fissate dal Presidente del Consiglio dei ministri, con proprio decreto, entro tre mesi dalla data di entrata in vigore della presente legge.

Art. 4.
(Misure per gli addetti).

      1. Gli addetti a imprese impegnate nella produzione di materiali di armamento che dichiarino all'azienda in cui sono impiegati e alla competente direzione provinciale del lavoro, per motivi di coscienza, di non volere più proseguire nella loro attività nelle predette produzioni, qualora non fosse possibile trovare un impiego in altro settore produttivo della stessa azienda, e in aziende dello stesso gruppo, hanno il diritto alla corresponsione del trattamento di integrazione salariale.

 

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      2. I lavoratori di cui al presente articolo sono ammessi, con priorità, ai corsi di formazione e riqualificazione professionale di cui alla legge 21 dicembre 1978, n. 845, e successive modificazioni, e ai benefìci di cui all'articolo 17 della legge 27 febbraio 1985, n. 49, e successive modificazioni.
      3. La retribuzione dei lavoratori che, sulla base del piano di conversione di cui all'articolo 1, si vengano a trovare parzialmente o totalmente inattivi in conseguenza del processo di conversione, è coperta da apposito trattamento di integrazione salariale fino ad un loro reimpiego.

Art. 5.
(Commissione per la conversione civile
delle strutture militari e per il disarmo).

      1. Presso la Presidenza del Consiglio dei ministri è istituita la Commissione per la conversione civile delle strutture militari e per il disarmo, presieduta da un rappresentante del Presidente del Consiglio dei ministri e composta da: un rappresentante designato dal Ministro degli affari esteri, uno designato dal Ministro della difesa, uno designato dai Presidenti della Camera dei deputati e del Senato della Repubblica d'intesa tra loro, uno designato rispettivamente dagli stati maggiori dell'esercito, della marina e dell'aeronautica; della Commissione fanno altresì parte tre rappresentanti indicati dalle associazioni maggiormente impegnate sui problemi della pace.
      2. Le modalità di organizzazione e di funzionamento della Commissione di cui al comma 1 sono stabilite dal Presidente del Consiglio dei ministri, con proprio decreto, entro tre mesi dalla data di entrata in vigore della presente legge.
      3. La Commissione cui al comma 1 può avvalersi di collaborazioni internazionali e di ricerche condotte da strutture universitarie o da altri enti pubblici.

 

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Art. 6.
(Relazione annuale).

      1. Ogni anno, a decorrere dal 1 gennaio 2002, la Commissione per la conversione civile delle strutture militari e per il disarmo presenta al Parlamento una propria relazione sui seguenti argomenti:

          a) analisi dettagliata delle spese nazionali per la difesa in rapporto alla spesa complessiva dello Stato per l'anno corrispondente;

          b) analisi dei programmi di ricerca, sviluppo, produzione ed acquisizione dei sistemi d'arma che interessano sia la marina che l'aeronautica che l'esercito;

          c) valutazione dell'efficacia e dell'efficienza della spesa e individuazione di ogni possibile intervento teso a comprimere e ridurre le spese per materiali di armamento;

          d) analisi del modello di difesa nazionale e individuazione dei possibili interventi tesi ad assicurare ad esso un carattere chiaramente ed esclusivamente difensivo;

          e) studio sulle possibilità di sviluppo in Italia di forme di difesa civile non violenta capaci di consentire una riduzione dello strumento militare o una sua riconversione parziale nella prospettiva del disarmo.

      2. Ogni commissario, nel caso in cui non condivida uno o più punti della relazione della Commissione, può presentare una propria relazione di minoranza.


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