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PDL 6238

XIV LEGISLATURA

CAMERA DEI DEPUTATI

   N. 6238



 

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PROPOSTA DI LEGGE

d'iniziativa del deputato GAMBINI

Disposizioni in materia di detenzione, allevamento e commercio di animali di affezione, da compagnia ed esotici, nonché in materia di benessere degli animali

Presentata il 21 dicembre 2005


      

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Onorevoli Colleghi! - Il settore del commercio degli animali domestici o da compagnia è rappresentato in Italia da oltre 4.300 esercenti di cui 4.000 in sede fissa e 300 ambulanti. Nel 2004 secondo un rapporto stilato dalla Lav (Lega antivivisezione) nelle case degli italiani soggiornavano poco meno di 46 milioni di esemplari. Si ritiene che fra pochi anni il numero degli animali nelle nostre case sarà pari a quello degli umani. Per conseguenza si segnala, nonostante la crisi, un aumento di oltre un milione e mezzo di animali domestici soltanto negli ultimi due anni. Non tutti questi animali sono considerati tradizionalmente domestici. Ai cani (7 milioni), ai gatti (7 milioni e 500 mila), ai pesci rossi (16 milioni) e alle tartarughe d'acqua dolce (1 milione) si affiancano molte altre specie: circa 50 mila iguane, 3 mila tra leoni, pantere, tigri, 10 mila serpenti. Questa passione per gli animali comunque la si voglia considerare ha creato un mercato veramente rilevante se si considera la spesa di quasi 5 miliardi di euro calcolata dall'Eurispes per mantenerli, accudirli, curarli. Tra le spese, quella per i veterinari supera il miliardo e 600 milioni di euro ma ad essa va aggiunta quella per le medicine e gli antiparassitari (oltre 464 milioni di euro). Seguono le spese per il cibo (quasi 1 miliardo di euro) e gli accessori, ovvero gabbie e gabbiette, cucce, acquari: 362 milioni di euro. E ancora: i servizi di toletta e di cura (oltre 100 milioni di euro). Ma c'è anche da considerare il costo in sé degli animali: ogni anno si spendono oltre 250 milioni per acquistare cuccioli. Si tratta di stime che non danno conto del vasto mercato illegale e clandestino, diffuso soprattutto nelle specie esotiche. Come conseguenza di
 

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un tale sviluppo il numero di aziende «made in Italy» produttrici di mangimi per animali da compagnia è a sua volta in crescita, nonostante la crisi della maggior parte dei settori alimentari. È del tutto evidente che nel corso degli ultimi decenni questo settore ha acquisito un'importanza senza precedenti, non solo per l'aspetto commerciale, ma anche per i risvolti sociali di una tale rivoluzione. La vendita di animali assume dunque una nuova rilevanza sia nei suoi aspetti giuridici che etici, e richiede l'adozione di veri e propri codici deontologici volti a sviluppare tra tutti i soggetti coinvolti nella catena commerciale, il massimo rispetto per gli animali dal punto di vista dell'allocazione, dell'alimentazione, dell'igiene e della cura. L'importanza di tale impostazione è evidente se si considerano le notizie di stampa che descrivono troppo spesso casi di sfruttamento, maltrattamento e morte di animali, acquistati quasi sempre in Paesi esotici, che muoiono nel trasporto o, giunti nel nostro Paese, per mancanza di cibo e di cure. La vendita di animali comporta una presa di coscienza seria da parte di tutti i soggetti interessati e un controllo continuo lungo tutta la filiera, soprattutto quando gli animali provengono da mercati extraeuropei. I soggetti coinvolti sono gli importatori, i trasportatori, gli allevatori, i commercianti, gli hobbisti, i veterinari e gli stessi consumatori, che non di rado acquistano animali che non riescono ad accudire in modo adeguato alle loro particolari esigenze. La crescita qualitativa del commercio al dettaglio è fondamentale dunque per evitare che, sia a monte che a valle, si determinino le condizioni per il maltrattamento e, in molti casi, la morte degli animali posti in commercio.
      La presente proposta di legge intende occuparsi in primo luogo di questo aspetto, oltre che di una serie di complesse problematiche che investono il settore. Per quanto riguarda l'aspetto della tutela degli animali che vengono immessi in commercio, la strada maestra è quella di istituire un sistema di certificazione di qualità che realizzi la tutela e la trasparenza, indispensabili quando si tratta di commercio di animali vivi. La certificazione dovrà seguire l'animale dal Paese d'origine o dall'allevamento fino al negozio al dettaglio. Le norme valide per il commercio al dettaglio dovranno valere per tutta la filiera e per gli allevatori che vendono direttamente al pubblico. Sembra inoltre indispensabile dare una maggiore informazione al consumatore riguardo alle caratteristiche fisiche e psichiche degli animali e riguardo ai loro diritti, allo scopo di rendere chiaro che chi acquista un animale non può trattarlo come un oggetto. Si prevedono per questa ragione campagne di informazione nelle quali oltre a diffondere la cultura del rispetto e dell'amore per gli animali, si faccia una precisa differenza tra commercio illegale, bracconaggio e commercio di animali domestici e selvatici. Come nel caso della contraffazione delle merci si prevedono sanzioni sia per chi vende che per chi acquista animali introdotti o venduti illegalmente. Si prevede inoltre la confisca di tali animali, la loro cura, il ricovero in ambienti adatti alla loro specifica specie in accordo con le associazioni animaliste oltre alla possibilità che essi siano affidati a negozi certificati per reperire persone adatte alla loro adozione.
      Al fine di dare un fondamento adeguato al sistema di certificazione che la presente proposta di legge introduce, si prevede che il Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio, di intesa con il Ministro delle politiche agricole e forestali, con il Ministro della salute, con il Ministro delle attività produttive e con la Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano, fissi con decreto, da emanare entro sei mesi dalla data di entrata in vigore della legge, standard minimi di qualità per la detenzione di ogni specie animale di cui è consentita la commercializzazione, individuando il responsabile del benessere di ciascun esemplare in chi lo detiene al momento dell'eventuale controllo: importatore, trasportatore, allevatore, amatore, addestratore, negoziante all'ingrosso e al dettaglio, acquirente,
 

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canili o gattili, pubblici e privati, e centri di recupero.
      Obiettivo non secondario della presente proposta di legge è spingere i negozi al dettaglio a diventare centri specializzati caratterizzati da locali e attrezzature adeguati dal punto di vista dei requisiti igienici, sanitari e veterinari. Per ottenere il marchio che certifica la qualità dell'azienda, quest'ultima dovrà aderire a un codice deontologico stabilito con il citato decreto, alla definizione del quale prenderanno parte le associazioni nazionali maggiormente rappresentative degli operatori commerciali del settore e le associazioni animaliste, oltre ad esperti in medicina veterinaria. L'azienda certificata si impegna a formare i propri addetti attraverso un corso regionale di formazione professionale. I corsi sono rivolti all'intera filiera e si suddividono in corsi di aggiornamento e in corsi per l'accesso al settore. L'esperienza lavorativa nel settore per tre anni consecutivi negli ultimi cinque, per le attività già in essere, varrà da titolo equipollente. Le materie, la durata e le modalità di partecipazione ai corsi regionali sono stabilite con il citato decreto del Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio. Sono previste anche giornate da tenere nelle scuole di ogni ordine e grado e nelle piazze più volte l'anno, in collaborazione con i commercianti del settore, le associazioni animaliste, finalizzate a divulgare la conoscenza dei diritti degli animali e il rispetto nei loro confronti, anche attraverso la comprensione del linguaggio e dell'affettività delle principali specie.
      Una volta certificata l'attività commerciale, il commerciante sarà obbligato a fornire una scheda tecnica dell'esemplare contenente le informazioni necessarie per assicurare il suo benessere: origine, alimentazione, cure ed igiene, riproduzione, ambiente idoneo e così via. Nel caso di cuccioli, la scheda dovrà fornire indicazioni sulle diverse fasi dello sviluppo e della crescita e sulle esigenze vitali specifiche con particolare riguardo alle differenze tra animale selvatico e domestico. Il commerciante certificato si impegna altresì a ritirare l'animale da lui venduto nel caso di rinuncia da parte dell'acquirente e si adopera, anche in collaborazione con associazioni di volontariato, a curarlo nel caso di maltrattamenti e a trovare una nuova collocazione, al fine di ridurre al minimo i casi di morte o di abbandono.
      Il commerciante certificato è obbligato a tenere ogni animale nella migliore condizione per la sua specie a partire dagli spazi che devono essere sufficienti, aerati e illuminati dalla luce naturale. Il rifornimento di cibo e di acqua, le cure e l'igiene devono seguire per ogni specie una tempistica adeguata. Tutti gli accorgimenti devono essere assicurati per impedire la fuga e per garantire la tutela dei terzi da eventuali aggressioni.
      Il commerciante certificato non può acquistare animali venduti illegalmente, vietati o pericolosi e si deve attenere scrupolosamente alla normativa che regolamenta il settore. Nel caso in cui il commerciante venga a conoscenza di animali venduti illegalmente o maltrattati, anche tramite segnalazioni di clienti, è tenuto a fornire agli uffici preposti le informazioni acquisite. Il sistema di certificazione si fonda sulla riqualificazione delle attività esistenti e sulla qualificazione delle nuove iniziative. Il sistema di certificazione ha cadenza biennale e prevede per gli imprenditori che vi aderiscono la possibilità di esporre il marchio di appartenenza all'associazione certificante, la quale attesta la qualità della gestione e la correttezza nei confronti degli animali e degli acquirenti. Il marchio può essere utilizzato nella promozione del negozio o della catena.
      Chi utilizzerà abusivamente il marchio di appartenenza all'associazione nell'insegna, nella pubblicità o in qualsiasi supporto, documento o dichiarazione pubblici, sarà soggetto alla sanzione amministrativa pecuniaria da 500 euro a 3.000 euro, nonché all'eliminazione dei riferimenti alla natura di centro benessere contenuti nella denominazione o negli altri atti o documenti indicati, fino alla sospensione dell'attività.
      Con il citato decreto del Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio si provvede a indicare le associazioni nazionali
 

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del settore che potranno certificare i propri soci. L'esercizio che aderisce alla certificazione espone il codice deontologico in modo visibile all'acquirente. Nel caso di comportamenti illegali o indegni per violazione del codice deontologico, delle norme di cui alla presente proposta di legge e in generale delle norme vigenti in materia di tutela dei diritti degli animali, l'associazione certificante può decidere la cancellazione del titolare dal sistema di certificazione dandone notizia ai colleghi e alla stampa.
      Uno degli aspetti che la presente proposta di legge affronta la tutela dell'animale selvatico/domestico. Si tratta del commercio di quelle specie tradizionalmente selvatiche che, una volta allevate dai cosiddetti «hobbisti», si riproducono in cattività. Grazie a questa attività amatoriale si riduce il commercio illegale dei selvatici ed è per questo che si propone una tutela degli hobbisti attraverso la semplificazione del loro lavoro; a maggior ragione oggi, poiché il regolamento (CE) n. 349/2003 della Commissione, del 25 febbraio 2003, ha vietato l'importazione in Europa di animali derivanti da prelievo selvatico. Una normativa giusta, che ha suscitato perplessità per quanto riguarda alcune specie quali i merli indiani, gli usignoli giapponesi, i cacatua ed altri. Si tratta infatti di specie tutelate dalla Convenzione sul commercio internazionale delle specie animali e vegetali in via di estinzione (CITES), firmata a Washington il 3 marzo 1973, resa esecutiva dalla legge 19 dicembre 1975, n. 874, che all'origine sono, tuttavia, talmente tante e devastanti da essere distrutte dalle popolazioni locali con ogni mezzo per salvaguardare i raccolti agricoli. In questi casi, e solo in questi, sarebbero necessarie deroghe alla normativa comunitaria sui prelievi, prevedendo prelievi controllati finalizzati anche a diminuire le uccisioni in massa delle predette specie. L'allarme, d'altra parte, esiste anche all'interno dell'Unione europea. Sono molte anche in Europa le specie selvatiche a rischio: il 42 per cento dei mammiferi, il 15 per cento degli uccelli, il 45 per cento delle farfalle e dei rettili e il 52 per cento dei pesci d'acqua dolce (notizie ANSA).
      La materia è attualmente regolata dalla citata Convenzione CITES.
      L'Unione europea ha disciplinato la materia con due successivi regolamenti:

          a) il regolamento (CE) n. 338/97 del Consiglio, del 9 dicembre 1996, e successive modificazioni, relativo alla protezione delle specie della flora e della fauna selvatiche mediante il controllo del loro commercio (articolo 3);

          b) il regolamento (CE) n. 1808/2001 della Commissione, del 30 agosto 2001, e successive modificazioni, recante modalità d'applicazione del regolamento (CE) n. 338/97 del Consiglio, e che sostituisce integralmente il regolamento (CE) n. 939/97 della Commissione, del 26 maggio 1997.

      Quanto alla normativa nazionale la legge 7 febbraio 1992, n. 150, prevede:

          1) la definizione degli esemplari;

          2) l'espressione del parere da parte di una Commissione scientifica;

          3) la creazione del registro di detenzione;

          4) l'effettuazione delle certificazioni e dei controlli previsti dalla citata Convenzione CITES e dei citati regolamenti comunitari da parte del Ministero delle politiche agricole e forestali, tramite il Corpo forestale dello Stato.

      Il registro di detenzione degli esemplari di specie animali e vegetali è stato istituito con il decreto del Ministro dell'ambiente, 3 maggio 2001, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 112 del 16 maggio 2001. Successivamente, a seguito dell'esigenza di fornire una più articolata indicazione dei soggetti tenuti alla compilazione del registro, nonché delle difficoltà oggettive riscontrate per il ritiro e la compilazione dello stesso nei termini indicati dal citato decreto del Ministro dell'ambiente 3 maggio 2001, si è reso necessario sostituire il predetto decreto con il decreto del Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio

 

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8 gennaio 2002, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 15 del 18 gennaio 2002. Quest'ultimo decreto istituisce quindi il registro di detenzione di esemplari vivi o morti di specie animali o vegetali e di parti di specie animali e vegetali, incluse negli allegati A e B del regolamento (CE) n. 338/97 del Consiglio, del 9 dicembre 1996, e successive modificazioni.
      Sono tenuti alla compilazione del registro:

          a) le imprese commerciali, le strutture che esercitano attività circense, i giardini zoologici, botanici, le mostre faunistiche;

          b) le istituzioni scientifiche e di ricerca, pubbliche e private;

          c) in generale chiunque utilizzi, detenga o esponga esemplari a scopo di lucro o ponga in essere atti finalizzati allo scambio, alla locazione, alla permuta o alla cessione a fini commerciali di qualsiasi natura e titolo, compreso chiunque ottenga esemplari provenienti da sequestro, confisca o affidamento.

      Il decreto specifica altresì che alcuni soggetti sono esclusi dall'obbligo di tenuta del registro di detenzione:

          a) alcune istituzioni scientifiche e di ricerca pubbliche;

          b) i soggetti detentori di esemplari appartenenti a specie incluse nell'allegato VIII del regolamento (CE) n. 1808/2001 della Commissione, del 30 agosto 2001, e successive modificazioni;

          c) limitatamente agli esemplari morti di specie animali e vegetali ed alle parti di esemplari di specie animali e vegetali, i commercianti al dettaglio e coloro che effettuano lavorazioni per conto terzi.

      I soggetti obbligati alla tenuta del registro devono richiedere il registro di detenzione al servizio di certificazione CITES del Corpo forestale dello Stato competente territorialmente, che provvederà alla vidimazione dello stesso su ogni pagina. In generale le procedure di rilascio, vidimazione, consegna, registrazione sono particolarmente complesse tanto da scoraggiare i piccoli allevatori e da favorire forme di abusivismo. Da qui la necessità di rivedere la normativa recata dal citato decreto del Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio 8 gennaio 2002 che, per alcuni suoi aspetti, rischia di creare più danni che vantaggi alle specie che si intendono tutelare.
      I danni più gravi li ha subiti il settore ornitofilo e in genere gli esemplari elencati nell'allegato B del citato regolamento (CE) n. 338/97, che attualmente esistono in quanto provengono dagli allevamenti, mentre allo stato selvatico sono praticamente estinti. Molti allevatori e commercianti si sono stancati di allevare e di commercializzare questi esemplari a causa della complicazione delle procedure previste dalla normativa CITES che comportano sanzioni pecuniarie e penali rilevanti anche a fronte di errori nella compilazione. Grazie al lavoro e all'impegno di allevatori e di commercianti esistono infatti decine e decine di varietà di canarini domestici. Se in passato si fossero applicate le norme CITES, oggi non esisterebbe questo prezioso patrimonio. Esistono specie minacciate di estinzione nel proprio ambiente naturale (ad esempio i cacatua) che se prelevati e fatti riprodurre in cattività potranno rimanere patrimonio naturale e un giorno forse essere reimmessi nell'ambiente d'origine.
      Ciò vale per tante altre specie, comprese le tartarughe. Le norme restrittive devono rimanere per gli animali allo stato libero (come il canarino selvatico delle Canarie), ma le specie domestiche sono altra cosa e occorre quindi una distinzione nella disciplina legislativa. Consentire agli allevatori ufficiali e ai commercianti di commercializzare questo tipo di esemplari limita sia il bracconaggio che il mercato illegale. Inoltre esistono numerosi allevatori amatoriali di uccellini che stanno abbandonando questa attività perché obbligati alla tenuta del registro CITES anche nel caso in cui effettuino solo scambi. Questi allevatori sono obbligati anche in

 

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caso di cessione a fornire all'acquirente un documento che consente di risalire all'allevamento d'origine. Il paradosso è che dall'anellino apposto sull'esemplare, si può già oggi risalire all'allevatore e che la Federazione ornicoltori italiana possiede un vademecum del Registro nazionale allevatori. Sarebbe quindi sufficiente prevedere che le certificazioni richieste dal citato decreto del Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio 8 gennaio 2002 fossero limitate soltanto ai soggetti sprovvisti di anellino. In pratica la vigente normativa nazionale ha equiparato uccellini e tartarughe che nascono in cattività, nel nostro Paese, a rinoceronti, elefanti, tigri o serpenti. In tale modo molti uccelli da tempo addomesticati si ridurranno drasticamente di numero o scompariranno come è già avvenuto qualche hanno fa con i kakariki, reintrodotti successivamente dagli altri Paesi dell'Unione europea quando sono stati riconosciuti di comune allevamento anche in Italia. Inoltre, la normativa vigente impone di fatto la scelta dei piccoli alloggi, anziché delle voliere, per favorire sia il controllo che l'identificazione dei soggetti, riducendo però lo spazio vitale degli animali.
      Si finirà così, con lo scopo di proteggere le specie selvatiche, per estinguere quelle domestiche. Deve essere ricordato che, secondo il parere dell'Istituto nazionale per la fauna selvatica, dopo la seconda generazione di allevamento, la specie è da considerare domestica, e infatti in Olanda e in Belgio, l'allegato B del citato regolamento (CE) n. 338/97 viene gestito soltanto con l'obbligo dell'inanellamento o del microchip inamovibile.
      Il richiamato decreto del Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio 8 gennaio 2002 ha esentato dalla tenuta del registro esclusivamente i venditori al dettaglio di pelletteria, borsette, cinturini, eccetera di cui all'allegato A del citato regolamento, per cui ad esempio all'obbligo di registrazione è stato assoggettato solo l'importatore di pelli di coccodrillo (specie super protetta), mentre sono stati esentati il contoterzista che effettua la lavorazione e il negozio al dettaglio. In tale modo per questi soggetti è venuto a cessare anche l'assurdo obbligo di raccogliere le generalità degli acquirenti per la corretta compilazione dei registri CITES, mentre per il resto dei dettaglianti tale obbligo sussiste.
      Sono stati inoltre esentati dalla tenuta del registro i dettaglianti che vendono o servono il caviale e i privati che allevano specie protette senza scopo di lucro. Quest'ultima previsione normativa lascia ampi spazi all'instaurarsi di un mercato parallelo e quindi a rapporti commerciali irregolari. Si consideri che qualora il privato decidesse di liberarsi dell'animale allevato o acquistato irregolarmente, agli operatori regolari è precluso l'acquisito proprio in forza della sua provenienza non regolare. È facile comprendere come tali norme facilitino i molti casi di abbandono di animali di ogni genere in un ambiente naturale inadatto alla loro sopravvivenza, causando a volte pericolo anche per gli esseri umani che dovessero incontrarli. La presente proposta di legge ha dunque l'obiettivo di esentare gli allevatori di uccellini e i commercianti al dettaglio dalla compilazione del registro per quanto riguarda gli esemplari elencati nell'allegato B, dei quali ben il 98 per cento è nato in cattività. La proposta di legge intende altresì esentare allevatori e commercianti al dettaglio dalla denuncia delle nascite, lasciando che il controllo avvenga grazie all'applicazione dell'anellino inamovibile con anno di nascita, numero, e così via, o da un microchip, come previsto dall'articolo 6 del regolamento (CE) n. 1808/2001 della Commissione, del 30 agosto 2001, in modo da garantire che l'animale provenga da un allevamento riconosciuto e non dalla cattura allo stato selvatico.
      Anche per le tartarughe è previsto l'obbligo di richiedere un documento CITES come animale domestico, per il quale è indispensabile l'esame del DNA, che nessun allevatore o amatore è disposto a fare, a causa dei costi elevati, quindi gli allevatori chiudono e rimangono soltanto coloro che allevano e vendono clandestinamente questo tipo di animali. Spesso nel nostro Paese norme troppo rigide o troppo estensive impediscono il normale svolgimento
 

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delle attività ufficiali, controllabili da parte degli uffici addetti, favorendo quelle clandestine. È quanto in sostanza la presente proposta di legge intende evitare. Per le Testudo europee si propone la modifica della legge n. 150 del 1992. Sono oltre 5 milioni le testuggini terrestri in cattività nei giardini italiani (suddivise soprattutto fra Testudo hermanni, Testudo marginata e Testudo graeca). Un grande patrimonio che, se ben valorizzato, contribuirebbe alla salvaguardia delle poche migliaia di esemplari rimasti in natura. Purtroppo la legge n. 150 del 1992 blocca di fatto il commercio degli esemplari nati in cattività, incentivando il bracconaggio e il mercato nero. Fino a quando non si faciliterà il rilascio dei certificati CITES per le testuggini nate in cattività, semplificando la procedura ed eliminando l'inutile registro (almeno per gli allevatori), non si soddisferà mai la forte domanda da parte degli appassionati (situazione ideale per bracconieri e per mercanti disonesti). Il fatto stesso che, in Italia, per il rilascio dei certificati CITES venga richiesto anche il pagamento di una tassa è significativo, al contrario negli Stati Uniti gli allevatori vengono incentivati. L'attuale proibizionismo ha drasticamente ridotto il numero delle Testudo marginata sarde, ormai seriamente minacciate di estinzione nel loro habitat (il fenomeno si è accentuato soprattutto negli ultimi 8-9 anni da quando è entrata in vigore la legge n. 150 del 1992). La stessa sorte sta toccando anche le Testudo hermanni. Poter disporre di un elevato numero di esemplari di Testudo nate in cattività, diminuirebbe notevolmente anche le importazioni di tartarughe esotiche di cui al citato allegato B, che molto spesso provengono da Paesi che rilasciano, con grande facilità, certificati molto dubbi. La maggior parte di questi rettili, purtroppo, è destinata a morire in breve tempo, perché sono specie molto difficili da allevare per la difficoltà nel ricreare un adeguato habitat. È dunque necessario e urgente intervenire sulle norme in vigore regolamentando il settore con una disciplina insieme più efficace e semplificata. La presente proposta di legge prevede quindi l'esenzione dal registro carico e scarico e l'obbligo di presentazione all'ufficio CITES di una scheda di allevamento molto semplice con cadenza bimensile per allevatori e commercianti, con il solo obbligo di denuncia delle nascite, dei decessi, del marcaggio con vernice per ceramica e vetri e di compilazione del foglio di cessione al momento della vendita. Questa procedura dovrebbe valere per gli esemplari fino ai cinque anni di età, successivamente si prevede che siano effettuate a ogni esemplare due foto identificative da allegare al documento CITES, prevedendone il rinnovo ogni cinque anni e la vidimazione dell'ufficio CITES. L'ufficio dovrà poi rilasciare, entro 10 giorni, i certificati a tutti gli allevatori che abbiano compilato la scheda di allevamento e regolarmente denunciato le nascite. Tale procedura non prevede alcuna imposta. Attualmente esiste un'imposta di 15,49 euro che colpisce gli allevatori, i quali devono invece essere sostenuti nel fondamentale ruolo di salvaguardia delle specie. Nel caso delle Testudo europee la proposta di legge prevede altresì il rilascio di uno specifico attestato ad ogni allevatore autorizzato, per portare alla luce tutto il sommerso e il relativo fatturato disperso dal 1994.
      L'articolo 7 modifica alcune norme sulla registrazione delle specie animali, innovando le disposizioni di legge in materia di allevamento di testuggini mediterranee. Attualmente il settore è caratterizzato da un eccesso di burocrazia e da costi elevati per il rilascio della certificazione CITES. Tale situazione di fatto scoraggia gli allevatori dal richiedere tale certificazione. Inoltre la classificazione degli allevatori è errata. Non appare corretto infatti, equiparare gli allevatori amatoriali ai commercianti qualora decidano di vendere anche solo qualche esemplare, soprattutto se si consideri il fatto che attualmente gli allevatori sono esclusivamente amatoriali. Si propone dunque di semplificare i moduli per il rilascio dei certificati CITES con i seguenti dati:

          a) identificazione dell'allevatore tramite il nome, il cognome, l'indirizzo e un codice di riconoscimento;

 

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          b) indicazione della specie e dell'eventuale sottospecie nonché della data di nascita dell'esemplare;

          c) dichiarazione che l'esemplare è nato da riproduttori in possesso dell'allevatore;

          d) obbligo per le testuggini di inserire due foto dell'esemplare dopo i cinque anni di età;

          e) inserimento facoltativo del microchip per il riconoscimento dell'esemplare.

      L'indicazione dei genitori non può essere obbligatoria in quanto solo gli allevamenti professionali, con enormi spazi, sono in grado di garantire la sicurezza del riconoscimento della paternità e della maternità. Molto più importante sarebbe impedire l'ibrido tra esemplari delle sottospecie, ad esempio le Testudo hermanni hermanni e le Testudo hermanni boettgeri, peraltro neppure considerate dalla classificazione CITES (importantissimo patrimonio genetico delle specie endemiche). Inoltre, vista l'importanza delle riproduzioni di esemplari a rischio di estinzione secondo diversi organismi internazionali (IUCN, CITES, Unione europea) e nazionali (lo stesso Stato italiano e le regioni) si ritiene che nessuna tassa debba essere corrisposta per l'allevamento e anzi che debba essere previsto un contributo per gli allevatori amatoriali che rispettino le regole di legge, in quanto l'allevatore svolge un'attività che rientra a pieno titolo nell'ambito delle attività agricolo-produttive. Nessun registro di carico deve essere imposto ma il solo rilascio del certificato, specialmente se l'allevatore è amatoriale e riconosciuto. Gli uffici CITES sono generalmente in possesso di tutta la documentazione e di tutte le dichiarazioni di acquisizione, spostamento, nascita. L'attuale obbligatorietà del registro crea molti allevatori amatoriali abusivi. Per questa ragione si prevede la creazione di elenchi regionali di allevatori amatoriali, con il rilascio di un codice per ogni allevamento e di una certificazione di qualità da parte delle associazioni amatoriali di settore quale riconoscimento dell'importanza dell'attività di riproduzione delle specie in via di estinzione, quando questa avvenga secondo le leggi di tutela degli animali.
      Riguardo poi al cibo confezionato per gli animali domestici, si consideri che tali alimenti non possono essere considerati generi di lusso. Il mercato italiano del cosiddetto pet food ha superato il miliardo di euro in termini di fatturato al netto dell'imposta sul valore aggiunto (IVA) (dati Euromonitor 2002). Ad oggi, tale fatturato è coperto per il 50 per cento da produzione interna e per il 50 per cento da produzione importata. Nonostante questo, il mercato dei prodotti destinati all'alimentazione animale resta un mercato ancora immaturo e con ampi margini di crescita come, ad esempio, nel settore dei cani e dei gatti, la cui popolazione ha raggiunto i 15 milioni. Il possesso di un animale domestico rappresenta un fenomeno sempre più esteso e rilevante dal punto di vista sociale; per tale ragione l'articolo 8 sostituisce il numero 91) della parte III della tabella A allegata al decreto del Presidente della Repubblica 26 ottobre 1972, n. 633, recante «Istituzione e disciplina dell'imposta sul valore aggiunto», al fine di ridurre l'aliquota IVA sul cibo per animali dal 20 al 10 per cento.
      L'articolo 9 reca la copertura finanziaria e l'articolo 10 fissa l'entrata in vigore della legge il giorno successivo a quello della sua pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale.

 

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PROPOSTA DI LEGGE

Art. 1.
(Ambito di applicazione e definizioni).

      1. La presente legge si applica a tutti gli animali di affezione e da compagnia, compresi quelli esotici, nel rispetto delle norme nazionali e internazionali in materia di protezione delle specie.
      2. Ai fini della presente legge:

          a) sono considerati domestici gli animali allevati da almeno due generazioni in condizioni di cattività e che in seguito alla selezione artificiale legata al processo di domesticazione hanno perduto parte dei caratteri morfologici o comportamentali tipici dei soggetti selvatici appartenenti alla stessa specie o hanno acquisito caratteri nuovi e che si inseriscono senza difficoltà e senza sofferenze in un diverso habitat naturale o creato artificialmente;

          b) sono considerati esotici gli animali appartenenti alle specie di mammiferi, uccelli, pesci, rettili, anfibi, insetti, invertebrati e aracnidi, dei quali non esistono popolazioni di natura selvatica sul territorio italiano.

Art. 2.
(Possesso e detenzione di animali).

      1. È responsabile del benessere degli animali posseduti o detenuti chiunque anche transitoriamente ne ha la custodia ed in particolare gli importatori, i trasportatori, gli allevatori, i commercianti all'ingrosso e al dettaglio, gli hobbisti, gli addestratori, i veterinari, pubblici e privati, i consumatori, i pubblici ufficiali e i dipendenti dei canili e dei gattili e di ogni altro ricovero per animali, pubblico o privato.

 

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      2. Il responsabile di cui al comma 1 deve:

          a) garantire una tenuta idonea riguardo all'alimentazione, all'igiene, alla cura, agli spazi minimi vitali che non devono prevedere catene e altri impedimenti gravi al movimento degli animali;

          b) impedire la fuga degli animali in suo possesso, prevenire rischi o incidenti alle persone o ad altri animali, senza creare pericolo, costrizione o sofferenza all'animale;

          c) informare l'acquirente, qualora sia un rivenditore, sulle modalità migliori di tenuta dell'animale, affinché non si verifichino condizioni peggiorative e non idonee nel passaggio dal luogo di vendita alla nuova dimora.

      3. Il possesso e la detenzione, a qualsiasi titolo, degli animali di cui all'articolo 1 devono avvenire nel rispetto della presente legge, della disciplina vigente in ambito locale, regionale, nazionale, dell'Unione europea e della Convenzione sul commercio internazionale delle specie animali e vegetali in via di estinzione (CITES), firmata a Washington il 3 marzo 1973, resa esecutiva dalla legge 19 dicembre 1975, n. 874.
      4. La vigilanza sul possesso e sulla detenzione degli animali di cui all'articolo 1 è svolta dal Corpo forestale dello Stato, dai servizi veterinari delle aziende sanitarie locali e dagli organi di controllo delle province e dei comuni, che possono utilizzare a tale fine anche le associazioni di difesa e tutela degli animali, riconosciute a livello nazionale o regionale. La vigilanza è finalizzata a verificare che gli animali siano detenuti nel rispetto del benessere specifico di ogni specie, delle esigenze di carattere sanitario e della salvaguardia della sicurezza dei terzi.

Art. 3.
(Centri di custodia e recupero).

      1. La regione sostiene o promuove la realizzazione di centri finalizzati al recupero

 

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psicofisico degli animali abbandonati e maltrattati, in particolare per gli animali utilizzati nelle corse clandestine e nei combattimenti. I centri sono gestiti dalle associazioni di tutela degli animali maggiormente rappresentative a livello nazionale o regionale, anche in collaborazione con i commercianti del settore. I centri sono abilitati ad accogliere animali abbandonati, feriti, posti sotto custodia giudiziaria o sequestro cautelativo. Ai centri è fatto divieto di allevare animali per il commercio o immettere in commercio quelli ricoverati nei centri medesimi.
      2. La regione emana, entro sei mesi dalla data di entrata in vigore della presente legge, una direttiva contenente i criteri per la realizzazione ed il funzionamento dei centri di cui al comma 1 e i criteri per l'erogazione dei contributi di cui al comma 3.
      3. La regione provvede alla concessione di contributi per la realizzazione e il funzionamento dei centri di cui al comma 1 nella misura massima del 50 per cento delle spese sostenute per la costruzione, l'ampliamento e la manutenzione delle strutture, l'assistenza veterinaria e il mantenimento degli animali.
      4. La regione finanzia altresì progetti volti alla creazione di canili, gattili e zone di sgambamento per animali e progetti volti all'adozione di animali abbandonati da parte di anziani soli, famiglie e luoghi di cura ove si pratichi la pet therapy. La regione finanzia altresì la costruzione di cimiteri degli animali per ogni comune o gruppo di comuni.

Art. 4.
(Certificazione di qualità).

      1. È istituita la certificazione di qualità per le attività di impresa individuate al comma 1 dell'articolo 2 con la finalità di realizzare la tutela degli animali in tutte le fasi del commercio e la trasparenza delle relative fasi di commercializzazione. La certificazione segue l'animale dal Paese

 

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d'origine o dall'allevamento fino al negozio al dettaglio.
      2. Il Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio, di intesa con il Ministro delle politiche agricole e forestali, con il Ministro della salute, con il Ministro delle attività produttive e con la Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano, fissa con decreto, da emanare entro sei mesi dalla data di entrata in vigore della presente legge, standard minimi di qualità per la detenzione di ogni specie animale di cui è consentita la commercializzazione individuandoli ai sensi dell'articolo 2.
      3. Scopo della certificazione è ottenere il marchio, stabilito con il decreto di cui al comma 2, che certifica la qualità dell'azienda. Le aziende interessate aderiscono a un codice deontologico stabilito con il medesimo decreto, alla definizione del quale prendono parte le associazioni nazionali maggiormente rappresentative degli operatori del settore e le associazioni animaliste, oltre a esperti in medicina veterinaria.
      4. Le attività certificate hanno l'obbligo di fornire una scheda tecnica dell'esemplare contenente le informazioni necessarie per assicurare il suo benessere e in particolare: origine, alimentazione, cure ed igiene, riproduzione, ambiente idoneo a un'adeguata tenuta. Nel caso di cuccioli, la scheda fornisce indicazioni sulle diverse fasi dello sviluppo e della crescita e sulle esigenze vitali specifiche, con particolare riguardo alle differenze tra animale selvatico e domestico.
      5. La certificazione di qualità ha cadenza biennale e prevede per gli imprenditori che vi aderiscono la possibilità di esporre il marchio di appartenenza all'associazione certificante, la quale attesta la qualità della gestione e la correttezza nei confronti degli animali e degli acquirenti. Il marchio può essere utilizzato nella promozione del negozio o della catena.
      6. Con il decreto di cui al comma 2 si provvede altresì a indicare le associazioni nazionali di settore abilitate al rilascio della certificazione di qualità ai propri
 

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soci. L'esercizio che aderisce alla certificazione espone il codice deontologico in modo visibile all'acquirente. Nel caso di comportamenti illegali o indegni per violazione del codice deontologico, delle norme di cui alla presente legge e in generale delle norme vigenti in materia di tutela dei diritti degli animali, l'associazione certificante può decidere la cancellazione del titolare dal sistema di certificazione dandone notizia ai colleghi e alla stampa.
      7. Chiunque utilizza abusivamente il marchio di cui al comma 3 nell'insegna, nella pubblicità o in qualsiasi supporto, documento o dichiarazione pubblici, è soggetto alla sanzione amministrativa pecuniaria da 500 euro a 3.000 euro nonché all'eliminazione del marchio dalla documentazione, dagli atti o dai documenti indicati, fino alla sospensione dell'attività in caso di recidiva.
      8. L'azienda certificata è obbligata a tenere ogni animale nella migliore condizione per la sua specie a partire dagli spazi che devono essere sufficienti, areati e illuminati dalla luce naturale. Il rifornimento di cibo e di acqua, le cure e l'igiene devono seguire per ogni specie una tempistica adeguata. Devono essere assicurati tutti gli accorgimenti idonei ad impedire la fuga ed a garantire la tutela dei terzi da eventuali aggressioni.
      9. L'azienda certificata si impegna a formare i propri addetti attraverso corsi di formazione e di aggiornamento professionale. I corsi, organizzati dalle regioni, sono rivolti all'intera filiera e si suddividono in corsi di aggiornamento e in corsi per l'accesso al settore. Le materie, la durata e le modalità di partecipazione ai corsi regionali sono stabilite con il decreto di cui al comma 2.
      10. L'azienda di commercio al dettaglio certificata si impegna a ritirare l'animale venduto nel caso di rinuncia da parte dell'acquirente e si adopera, anche in collaborazione con associazioni di volontariato e con associazioni animaliste, a curarlo nel caso di maltrattamenti e a trovare una nuova collocazione, al fine di ridurre al minimo i casi di morte o abbandono.
 

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      11. L'azienda certificata non può acquistare animali venduti illegalmente, vietati o pericolosi e deve attenersi scrupolosamente alla normativa vigente che regolamenta il settore. Nel caso il responsabile di cui al comma 1 dell'articolo 2 venga a conoscenza di animali venduti illegalmente o maltrattati, anche tramite segnalazioni di clienti, è tenuto a fornire agli uffici preposti le informazioni acquisite.
      12. Al fine di divulgare la conoscenza dei diritti degli animali e il rispetto nei loro confronti, anche attraverso la comprensione del linguaggio e dell'affettività delle principali specie, le regioni organizzano, in collaborazione con i commercianti del settore e con le associazioni animaliste, giornate di studio da tenere nelle scuole di ogni ordine e grado e nelle piazze.
      13. Al fine di fornire una maggiore informazione al consumatore riguardo alle caratteristiche fisiche e psichiche degli animali e riguardo ai loro diritti, il Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio promuove campagne di informazione nelle quali, oltre a diffondere la cultura del rispetto e dell'amore per gli animali, si fa preciso riferimento alla differenza tra commercio illegale, bracconaggio e commercio legale di animali domestici e selvatici.
      14. Chiunque vende o acquista animali introdotti o venduti illegalmente è punito con la sanzione amministrativa pecuniaria da 1.000 euro a 6.000 euro e con la chiusura dell'attività nel caso di attività d'impresa. Gli animali così commercializzati sono confiscati, curati e ricoverati in ambienti adatti alla loro specifica specie in accordo con le associazioni animaliste. I medesimi animali possono essere affidati dalle autorità preposte ad attività al dettaglio certificate con lo scopo di reperire persone adatte alla loro adozione.

Art. 5.
(Requisiti per l'accesso).

      1. L'esercizio delle attività di cui al comma 1 dell'articolo 2 è consentito a chi

 

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ha frequentato con esito positivo un apposito corso professionale istituito o riconosciuto dalla regione o dalle province autonome di Trento e di Bolzano, che si conclude con il superamento di un esame finale teorico-pratico, per il conseguimento del titolo di attività specializzata nel trasporto, nell'allevamento, nella detenzione e nella vendita di animali domestici ed esotici. In caso di esercizio in forma di società, il requisito professionale è richiesto con riferimento al legale rappresentante o ad altra persona specificamente preposta all'attività. L'esperienza lavorativa nel settore per tre anni consecutivi negli ultimi cinque per le attività già in essere alla data di entrata in vigore della presente legge costituisce titolo equipollente.
      2. Le regioni, entro sei mesi dalla data di entrata in vigore della presente legge, stabiliscono, sentite le associazioni regionali di categoria maggiormente rappresentative, i programmi per lo svolgimento dei corsi di formazione e di specializzazione per l'ottenimento della qualifica di cui al comma 1, nonché di appositi corsi di aggiornamento, la cui frequenza obbligatoria è prevista con cadenza almeno quinquennale.
      3. Per i soggetti che alla data di entrata in vigore della presente legge sono in possesso dei requisiti previsti per l'esercizio delle attività di cui al comma 1 dell'articolo 2, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano stabiliscono appositi corsi integrativi, escludendo l'obbligo di superamento dell'esame teorico-pratico previsto dal comma 1 del presente articolo.

Art. 6.
(Contributi).

      1. Al fine di sostenere l'innovazione e la riqualificazione delle attività commerciali e di dare impulso alla certificazione di qualità di cui all'articolo 4, è istituito un credito d'imposta pari al 50 per cento delle spese di ristrutturazione a valere sul

 

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Fondo unico per gli incentivi alle imprese, di cui all'articolo 52 della legge 23 dicembre 1998, n. 448.
      2. I criteri e le modalità di concessione dell'agevolazione di cui al comma 1 sono stabiliti con decreto del Ministro delle attività produttive da emanare entro due mesi dalla data di entrata in vigore della presente legge, di intesa con la Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano.

Art. 7.
(Modifiche alle norme sulla registrazione delle specie animali).

      1. All'articolo 2, comma 1, del decreto del Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio 8 gennaio 2002, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 15 del 18 gennaio 2002, è aggiunta la seguente lettera:

      «c-bis) limitatamente agli esemplari morti di specie animali e vegetali e alle parti di esemplari di specie animali e vegetali, coloro che esercitano il commercio al dettaglio, in conformità alla definizione di cui all'articolo 4, comma 1, lettera b), del decreto legislativo 31 marzo 1998, n. 114, nonché coloro che effettuano lavorazioni per conto terzi».

      2. All'articolo 3, comma 1, del decreto del Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio 8 gennaio 2002, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 15 del 18 gennaio 2002, la lettera d) è abrogata.
      3. In applicazione dell'articolo 6 del regolamento (CE) n. 1808/2001 della Commissione, del 30 agosto 2001, agli uccelli di cui all'articolo 36, paragrafo 1, del regolamento medesimo si applica esclusivamente la marcatura prevista al paragrafo 5 del medesimo articolo 36 con l'inanellamento o l'apposizione di microchip inamovibili o, per le tartarughe mediterranee, con la marcatura tramite vernice per ceramica ed è escluso l'obbligo di registrazione previsto dall'articolo 5, comma 5-bis, della legge 7 febbraio 1992, n. 150.

 

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      4. Fatti salvi i divieti fissati dalle norme CITES, le autorizzazioni per le attività di trasporto, vendita, addestramento e ricovero degli animali di cui all'articolo 2 sono rilasciate dai comuni e dal servizio veterinario delle aziende sanitarie locali ove è esercitata l'attività ai sensi dell'articolo 5.
      5. Fatti salvi gli obblighi di carico e di scarico, di denuncia delle nascite e della provenienza, fissati dalle norme CITES, è fatto obbligo agli importatori, e in generale a tutta la filiera dell'allevamento e del commercio, di documentare la provenienza di ogni animale nonché di registrare i dati dell'acquirente con chiarezza su bolle, fatture o, nel caso di scontrini, su una scheda riepilogativa anche su supporto informatico.
      6. Nei casi in cui sia possibile senza recare danno fisico all'animale è obbligatorio, per attuare un'azione di controllo continuativo, il marcaggio tramite microchip, con anello inamovibile nel caso di uccelli, con vernice per ceramica nel caso di tartarughe. Con il decreto di cui all'articolo 4, comma 2, si provvede a stabilire le diverse forme di marcaggio obbligatorie. Qualora il marcaggio non possa trovare applicazione, l'importatore adempie al controllo con la denuncia degli animali importati e posti in vendita, l'allevatore con la denuncia delle nascite.
      7. La procedura di cui al comma 6 si applica agli animali fino a cinque anni di età; successivamente sono effettuate a ogni esemplare due foto identificative da allegare al documento CITES, prevedendone il rinnovo ogni cinque anni e la vidimazione dell'ufficio CITES, che, entro dieci giorni, rilascia agli allevatori, che hanno compilato la scheda di allevamento e regolarmente denunciato le nascite, i relativi certificati. Ogni tassa o imposta derivante dalla predetta procedura è soppressa.
      8. Entro sei mesi dalla data di entrata in vigore della presente legge i moduli per il rilascio dei certificati CITES sono semplificati, prevedendo la possibilità di invio telematico, inserendovi esclusivamente i seguenti dati:

          a) identificazione dell'allevatore tramite il nome, il cognome, l'indirizzo e un codice di riconoscimento;

 

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          b) indicazione della specie e dell'eventuale sottospecie, nonché della data di nascita dell'esemplare;

          c) dichiarazione che l'esemplare è nato da riproduttori in possesso dell'allevatore;

          d) obbligo, per le testuggini, di inserire due foto dell'esemplare dopo i cinque anni di età;

          e) inserimento facoltativo del microchip per il riconoscimento dell'esemplare.

      9. Le regioni istituiscono l'elenco regionale degli allevatori amatoriali, rilasciando un codice per ogni allevamento e prevedendo la certificazione di qualità gestita dalle associazioni amatoriali di settore quale riconoscimento dell'importanza dell'attività di riproduzione delle specie in via di estinzione, quando questa avviene in conformità alla normativa vigente sulla tutela degli animali. Le regioni erogano altresì agli allevatori amatoriali in regola con le normative regionali, nazionali e comunitarie, un contributo a fondo perduto commisurato al numero di esemplari riprodotti.
      10. Al fine di responsabilizzare i proprietari, di ridurre i fenomeni dell'abbandono e del randagismo, e di garantire la tracciabilità immediata dell'esemplare, entro un anno dalla data di entrata in vigore della presente legge, è completata l'anagrafe canina con un sistema che consenta al medico veterinario di inserire, oltre ai dati del proprietario e dell'animale, anche i dati sulla sua salute, sul suo carattere e sulla sua dieta abituale.

Art. 8.
(Modifica alla tabella A allegata al decreto del Presidente della Repubblica 26 ottobre 1972, n. 633).

      1. Il numero 91) della parte III della tabella A allegata al decreto del Presidente della Repubblica 26 ottobre 1972, n. 633,

 

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e successive modificazioni, è sostituito dal seguente:

      «91) foraggi melassati o zuccherati; altre preparazioni del genere di quelle utilizzate nell'alimentazione degli animali; alimenti confezionati per animali domestici;».

Art. 9.
(Copertura finanziaria).

      1. All'onere derivante dall'attuazione degli articoli 6 e 8, valutato in 200 milioni di euro per ciascuno degli anni 2006, 2007 e 2008, si provvede mediante corrispondente riduzione dell'autorizzazione di spesa di cui all'articolo 70, comma 2, del decreto legislativo 30 luglio 1999, n. 300, relativa al finanziamento dell'Agenzia delle entrate, come da ultimo determinata dalla tabella C allegata alla legge 30 dicembre 2004, n. 311.

Art. 10.
(Entrata in vigore).

      1. La presente legge entra in vigore il giorno successivo a quello della sua pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale.


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