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PDL 4238

XIV LEGISLATURA

CAMERA DEI DEPUTATI

   N. 4238



 

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PROPOSTA DI LEGGE

d'iniziativa del deputato MANTINI

Modifiche alla disciplina relativa alle società cooperative

Presentata il 30 luglio 2003


      

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Onorevoli Colleghi! - Il Governo ha emanato il decreto legislativo 17 gennaio 2003, n. 6, recante «Riforma organica della disciplina delle società di capitali e società cooperative, in attuazione della legge 3 ottobre 2001, n. 366».
      Il provvedimento, come noto, ha interessato una vasta parte del codice civile: in particolare dall'articolo 2325 all'articolo 2548 con l'aggiunta di alcune disposizioni per l'attuazione e transitorie.
      La citata legge n. 366 del 2001 (articolo 5, comma 3) interessa tutte le società italiane ma esclude dalla riforma pochissime cooperative: le banche popolari, le banche di credito cooperativo ed i consorzi agrari. La norma di esclusione è ripetuta nell'articolo 9 del citato decreto legislativo che ha introdotto l'articolo 223-terdecies delle disposizioni di attuazione e transitorie del codice civile.
      Tale norma non è attuale perché toglie a queste imprese la possibilità di usufruire di una moderna disciplina societaria relegandole ad una normativa vecchia di oltre sessanta anni senza alcuna apprezzabile ragione.
      Alle cooperative escluse dalla riforma continuano infatti ad applicarsi le norme vigenti alla data di entrata in vigore della legge 3 ottobre 2001, n. 366, e cioè quasi tutti gli articoli del codice civile.
      Tale disciplina è palesemente penalizzante: costringe, infatti, queste imprese ad essere disciplinate da norme desuete - tenute in vita artificialmente soltanto per esse - mentre la totalità delle cooperative è regolata da norme completamente riscritte.
      I casi sono due: o la disciplina introdotta dalla riforma è peggiore della precedente, e allora non si comprende perché applicarla allo sterminato mondo delle cooperative italiane, oppure è migliore, e allora è opportuno applicarla anche alle poche cooperative escluse.
      Anche sotto il profilo della concorrenza e della modernizzazione dei mercati è
 

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irrazionale mantenere una doppia normativa. Ed infatti le cooperative non ritenute meritevoli della nuova disciplina sono normali imprese, presenti sul mercato come tutte le altre. La loro esclusione dalla riforma può far pensare che esse siano destinate a vegetare in una zona d'ombra del sistema economico, magari per approfittare di protezione o di qualche agevolazione. Una simile interpretazione è ingenerosa e non rispondente al vero.
      Infatti le banche popolari, attualmente in numero di 40, non hanno mai avuto agevolazioni e non c'è motivo per negare ad esse la facoltà di adottare i nuovi istituti di governo e di controllo societario introdotti dalla riforma (sistema dualistico di cultura tedesco e sistema monistico modellato sul mondo anglosassone) che potranno avere benefici effetti sulla gestione.
      Esse potranno, in ogni modo, preferire di mantenere gli istituti tradizionali italiani già collaudati.
      Per quanto riguarda le banche di credito cooperativo, attualmente in numero di 460, esse sono state le prime ad essere interessate da un principio cardine della riforma: l'esercizio del credito prevalentemente a favore dei soci (articolo 35 del testo unico delle leggi in materia bancaria e creditizia, di cui al decreto legislativo 1o settembre 1993, n. 385).
      Proprio ora che la riforma estende questo principio alla totalità delle cooperative a mutualità prevalente le banche di credito cooperativo verrebbero tenute in disparte; l'esperienza, da esse maturata in questi anni, dovrebbe, invece, porle davanti a tutte le altre, a testa alta.
      Occorre evidenziare un altro importante aspetto che concerne le banche di credito cooperativo. La riforma regola la possibilità di perdere la qualifica di cooperativa a mutualità prevalente (articolo 2545-octies del codice civile); se tale possibilità fosse consentita, esse sarebbero comprese nella specie di cooperative diverse da quelle a mutualità prevalente. Tale situazione permetterebbe loro di modificare lo statuto per assumere la veste di banca popolare.
      Il suddetto cambiamento potrebbe interessare quelle banche che hanno raggiunto una dimensione rilevante; sarebbe realizzato con l'autorizzazione dell'organo che governa le banche, in altre parole la Banca d'Italia, che valuterebbe - con i propri strumenti collaudati - che tale cambiamento non contrasti con una sana e prudente gestione.
      Infine i consorzi agrari, attualmente in numero di 70, sono costituiti in forma di società cooperativa perfettamente uguale a tutte le altre cooperative (la legge 28 ottobre 1999, n. 410, ha abrogato, come noto, qualunque titolo speciale). La deroga alla riforma del diritto societario, prevista per essi, non può avere il sapore di una protezione o di una zona franca, mentre tutte le altre cooperative non hanno privilegi. Una simile interpretazione sarebbe ingiusta per queste cooperative che non devono fare altro che il loro mestiere (vale a dire, in prevalenza, la fornitura di servizi agli agricoltori), sono orgogliose della loro conquistata natura privatistica e sono interessate all'integrazione con il restante mondo cooperativo senza arcaici status speciali.
      Occorre infine rilevare che la riforma del diritto societario, impostata nella precedente legislatura e largamente condivisa tra tutte le forze parlamentari, corrisponde alle esigenze di tutte le società, anche cooperative (articolo 5, comma 2, lettera f), della legge 3 ottobre 2001, n. 366).
      Occorre quindi che il legislatore apra anche alle cooperative escluse la possibilità di accedere alla riforma, abolendo semplicemente gli articoli che impediscono l'accesso delle predette cooperative alla riforma societaria.
 

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PROPOSTA DI LEGGE

Art. 1.

      1. Il comma 3 dell'articolo 5 della legge 3 ottobre 2001, n. 366, è abrogato.
      2. L'articolo 223-terdecies delle disposizioni per l'attuazione del codice civile e disposizioni transitorie, introdotto dall'articolo 9, comma 2, lettera b), del decreto legislativo 17 gennaio 2003, n. 6, è abrogato.
      3. La presente legge entra in vigore il 1o gennaio 2007.


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