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PDL 5941

XIV LEGISLATURA

CAMERA DEI DEPUTATI

   N. 5941



 

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PROPOSTA DI LEGGE

d'iniziativa dei deputati

AGOSTINI, VIGNI, BENVENUTO

Disposizioni per migliorare la sicurezza della
rete autostradale e la qualità del servizio

Presentata il 23 giugno 2005


      

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Onorevoli Colleghi! - Le società concessionarie che gestiscono la rete autostradale italiana operano in un settore caratterizzato da un monopolio naturale, dove, a fronte della certezza della corresponsione di un pedaggio da parte dell'utenza, non vi sono altrettante garanzie di standard minimi e accettabili di qualità, sicurezza ed efficienza nel servizio erogato.
      A un blocco della rete autostradale per la mancanza di regolazione dei flussi o per l'incapacità di fronteggiare eventi atmosferici avversi, non corrisponde alcuna penalità per le concessionarie, che hanno l'esclusivo interesse di far immettere il maggiore numero di automobilisti i quali, anche se costretti a viaggiare «a passo di lumaca», devono comunque corrispondere un pedaggio non commisurato, finora, alla qualità e all'efficienza del servizio alle quali le società concessionarie pubbliche sarebbero obbligate a richiamarsi.
      L'ultimo episodio a danno dell'utenza si è verificato agli inizi di giugno 2005, quando milioni di automobilisti hanno vissuto rientri da incubo sull'intera rete autostradale: dalla Liguria, dove si sono registrati oltre 100 chilometri di coda con velocità medie inferiori a 10 chilometri l'ora, all'Emilia-Romagna con la rete autostradale intasata per centinaia di chilometri senza soluzione di continuità, alla Toscana con prolungate code di decine di chilometri, alle porte delle grandi città, ad esempio a Roma, con 15 chilometri di fila nella località Ponzano Romano sull'autostrada Firenze-Roma, e decine di chilometri sull'autostrada dei Parchi da Pescara a Roma, per non parlare di altre tratte
 

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con cantieri che, nonostante le previste giornate di esodo, hanno contribuito a rallentare il traffico.
      Il ponte dei primi giorni di giugno è stato caratterizzato da un lungo serpentone di auto a cominciare dalle ore antimeridiane, quando automobilisti più previdenti, che si erano messi in viaggio nelle prime ore della mattina del 5 giugno 2005, hanno dovuto subire l'inefficienza del servizio e la totale assenza della regolazione dei flussi, con l'aggravio del sole cocente o della pioggia battente a seconda delle regioni percorse, poiché l'unica finalità delle società concessionarie è quella di incassare il pedaggio: più automobilisti si immettono, meglio è per i conti economici, non importa se per coprire una tratta di 10-20 chilometri si impiegano oltre 2 ore! Ma se è giusto pagare una tariffa a fronte di un servizio reso, è equo corrispondere il prezzo del pedaggio, qualora il tempo di percorrenza risultasse essere doppio o triplo di quello previsto in condizioni di normalità?
      Finora i concessionari della rete autostradale hanno sempre giustificato il pedaggio anche quando l'autostrada è stata una specie di prigione, con utenti impossibilitati a uscire dalla rete per prendere percorsi alternativi: i consumatori hanno l'unico dovere di pagare il biglietto e non possono vantare alcun diritto. Anche quando le società concessionarie devono ammodernare la rete con lavori che impediscono tempi di percorrenza accettabili, sono sempre gli utenti a pagare per gli inevitabili disagi.
      La Commissione europea stima che, ogni giorno, sulle strade urbane e non, sulle autostrade e sulle tangenziali europee si formino code per una lunghezza totale di 7.500 chilometri, mentre la velocità media nelle città è di soli 15 chilometri orari. Ogni anno tre milioni di nuovi veicoli si sommano a quelli già circolanti, in venti anni la distanza media che percorriamo in auto è raddoppiata, ed è destinata a raddoppiare ancora da qui al 2025. Il quadro italiano è ancora peggiore, dato che la nostra rete autostradale è la più intasata d'Europa: 5.809 veicoli per ogni chilometro contro i 3.218 della media continentale. Naturalmente, la maggiore mobilità è allo stesso tempo concausa ed effetto collaterale dell'accelerazione nell'integrazione europea, così come l'organizzazione della settimana su ritmi flessibili è un carattere immodificabile della nostra economia.
      Tuttavia, è utile tenere presenti i costi legati alla congestione stradale. Anche senza parlare delle polveri sottili, i trasporti sono responsabili in Europa del 28 per cento di quelle emissioni di CO2 che con il Protocollo di Kyoto ci siamo impegnati a tagliare da qui al 2012 dell'8 per cento rispetto ai livelli del 1990. Se pare assodato che la congestione pesi per circa il 6 per cento della nostra spesa complessiva in carburante, le stime sui suoi costi complessivi, diretti e indiretti, non si possono proprio dire puntuali, variando da un minimo di 130 miliardi di euro all'anno a un massimo di 270, che sarebbe pari al 4 per cento del prodotto interno lordo europeo. Inoltre, le condizioni delle strade (e la loro congestione) risultano essere tra i fattori esplicativi degli incidenti stradali in quasi un terzo dei casi.
      Tra i motivi della perdita di competitività dell'Italia vengono indicate anche l'insufficienza di infrastrutture e le molte sacche di rendita dei settori protetti. Tuttavia, si continua a investire molto poco nella viabilità ordinaria, dove la congestione è maggiore, e si rafforzano, invece di ridurre, le rendite.
      Uno dei casi più macroscopici di rendita è quello delle autostrade. È sufficiente richiamare qualche dato: nei cinque anni 1999-2003, le concessionarie autostradali hanno incassato 16,7 miliardi di euro da pedaggi (al netto di imposta sul valore aggiunto e fondo di garanzia), ma hanno fatto investimenti per soli 3,7 miliardi. Anche tenendo conto delle spese di gestione, che spesso non assorbono più di un terzo dei ricavi, si tratta pur sempre di un fiume di denaro con cui si sarebbero potute finanziare molte infrastrutture, e che invece è finito in profitti, imposte sul reddito e impieghi finanziari vari. Nel caso
 

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della società Autostrade per l'Italia, ad esempio, insieme ai pedaggi verrà anche rimborsato il debito di quasi 8 miliardi di euro con il quale «Schema 28» ha acquistato, con l'OPA del 2003, un terzo delle azioni (più di quanto incassò l'Istituto per la ricostruzione industriale dalla vendita di tutta la società).
      Gli italiani pagano ogni anno circa 5 miliardi di euro di pedaggi eppure la rete autostradale italiana, in chilometri, è la stessa di trenta anni fa. I pedaggi autostradali incidono sul costo per chilometro delle automobili all'incirca quanto l'imposta sulla benzina: rispetto a Germania, Inghilterra o altri Paesi dove sono gratuite, chi viaggia in autostrada in Italia subisce una tassazione doppia, e anche questo può avere qualche riflesso sulla competitività.
      Una causa di questa situazione è attribuibile al fatto che le scelte di privatizzazione non sono state accompagnate da adeguati processi di liberalizzazione e da una regolazione capace di tutelare gli interessi degli utenti.
      Un cambiamento di politica potrebbe articolarsi su tre direttrici principali:

          1) creare una autorità indipendente per la supervisione delle concessioni, eliminando così il palese conflitto d'interesse in cui si trova oggi l'Ente nazionale per le strade (ANAS): esso, infatti, partecipa al capitale di concessionarie e al contempo esercita la funzione di regolazione (pur essendo una società per azioni, «privatizzata»);

          2) adottare, man mano che scadono le concessioni (vi sono ventiquattro concessionarie), il sistema detto «unbundling»: si assegnano i singoli servizi (manutenzione, pulizia, esazione) con gare separate e i nuovi investimenti con le normali procedure di appalto, mentre i ricavi da pedaggi affluiscono a un fondo pubblico. In questa direzione sta andando, ad esempio, la Germania, dove l'esazione dei pedaggi sui mezzi pesanti è affidata a una società privata, i ricavi affluiscono a un fondo pubblico, mentre la manutenzione di singoli tratti è spesso affidata con gare a società private. Solo con molteplici gare per appalti e per servizi diversi si possono cogliere appieno i vantaggi della concorrenza;

          3) adeguare progressivamente i pedaggi in funzione della congestione, per migliorare l'utilizzo della rete, rescindendo il legame tra pedaggio pagato e introito del concessionario, mediante un sistema di imposte e di sussidi come era stato suggerito nel Piano generale dei trasporti.

      L'obiettivo è duplice. Da una parte ridurre le rendite dei concessionari recuperando risorse per maggiori investimenti, non solo per le autostrade ma anche per la viabilità ordinaria dove si registra il maggiore livello di congestione e per il riequilibro modale. E, dall'altra, migliorare l'utilizzo della rete esistente.

      La presente iniziativa legislativa - sollecitata dalle associazioni dei consumatori, in particolare dall'ADUSBEF e dalla Federconsumatori - articola in modo puntuale la problematica della qualità del servizio autostradale, che non è mai stata definita, lasciando nell'indeterminatezza uno degli aspetti più importanti del rapporto concessorio, la effettiva verifica sulla tutela degli interessi del cittadino-utente, che non solo usufruisce di un servizio pubblico essenziale (senza il quale è a rischio la stessa libertà di circolazione), ma paga per questo servizio tariffe non certo irrisorie.
      Questa lacuna inconcepibile della normativa vigente, che esclude completamente la tutela di uno dei soggetti essenziali del rapporto di concessione (amministrazione, privato-concessionario, utente) deriva dalla combinazione di due fattori:

          1) l'interesse delle concessionarie a realizzare super profitti (ben superiori a quella giusta remunerazione del rischio su cui si basa l'investimento di capitali privati);

          2) l'inerzia dei poteri pubblici.

      Il comma 3 dell'articolo 21 del decreto-legge n. 355 del 2003, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 47 del 2004,

 

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prevedeva che, entro il giugno dello scorso anno 2004, il Ministero delle infrastrutture e dei trasporti sottoponesse al Comitato interministeriale per la programmazione economica (CIPE) una proposta relativa agli standard di qualità dei servizi autostradali. Dopo oltre un anno da quella scadenza, nulla è ancora stato fatto dal Ministero. Siamo quindi già di fronte a una inadempienza, che ha vanificato un primo intervento del legislatore.
      Ma, nel frattempo, anche i gestori della rete autostradale non hanno fatto nulla per ridurre la congestione. In particolare, le società concessionarie devono rispondere dei gravi disagi causati da una gestione inadeguata dei lavori in corso e di quelli che si verificano ai caselli per i rallentamenti delle operazioni di pagamento, determinati da politiche di riduzione indiscriminata dei costi.
      Esistono quindi elementi più che sufficienti per non riconoscere, almeno per l'anno 2005, alcun miglioramento del fattore di qualità quale componente della tariffa.
      La presente proposta di legge intende provvedere, mediante una delibera del CIPE, a una nuova determinazione dell'indicatore di qualità del servizio autostradale ai fini dell'adeguamento tariffario. I criteri per tale determinazione consistono in un indicatore di congestione e in un indicatore di qualità ambientale. Con la medesima delibera del CIPE sono determinate le soglie al di sotto delle quali non è riconosciuto il coefficiente di qualità in sede di determinazione delle tariffe.
      Inoltre, si prevede che, fino a quando queste nuove norme rimarranno lettera morta, si rinnovi la sanzione economica già prevista per il 2005.
      Si stabilisce poi che 1'ANAS eserciti in modo incisivo le funzioni di vigilanza attribuitegli dalla legge in materia di qualità del servizio, presentando una relazione annuale al CIPE.
      Si dispone, inoltre, sull'attività del Centro di coordinamento nazionale in materia di viabilità, istituito nel gennaio 2005 (anche qui dopo oltre un anno di assoluta inerzia da parte del Ministro delle infrastrutture e dei trasporti e solo a seguito dell'ennesimo blocco invernale della rete autostradale determinato dalla neve).
      Si introduce il principio del diritto alla esenzione dal pedaggio nelle ipotesi in cui l'inerzia dei gestori della rete autostradale - sia nel prevenire, sia nell'affrontare le situazioni di criticità - sia la causa di un grave disagio degli utenti tale da configurarsi come vero e proprio disservizio, equivalente alla mancata erogazione del servizio.
      Anche in questo caso, la proposta di legge evidenzia la generale disapplicazione di una norma - il decreto del Presidente del Consiglio dei ministri 30 dicembre 1998, pubblicato nel supplemento ordinario alla Gazzetta Ufficiale n. 26 del 2 febbraio 1999, recante la cosiddetta «Carta della mobilità» - che già prevede che le carte dei servizi dei concessionari autostradali, in quanto strumenti di autoregolamentazione, debbano comunque dichiarare i casi in cui è previsto il rimborso della tariffa. Tale norma non risulta, ad oggi, essere applicata dalle principali concessionarie autostradali.
 

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PROPOSTA DI LEGGE

Art. 1.
(Indicatore di qualità del servizio autostradale per la rete affidata in concessione).

      1. Il comma 3 dell'articolo 21 del decreto-legge 24 dicembre 2003, n. 355, convertito, con modificazioni, dalla legge 27 febbraio 2004, n. 47, è sostituito dai seguenti:

      «3. Con delibera del CIPE, sentiti il Centro di coordinamento nazionale in materia di viabilità di cui al decreto del Ministro dell'interno 27 gennaio 2005, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 26 del 2 febbraio 2005, e il Nucleo di attuazione e regolazione dei servizi di pubblica utilità, di cui alla delibera CIPE 24 aprile 1996, pubblicata nella Gazzetta Ufficiale n. 118 del 22 maggio 1996, sono definiti, entro tre mesi dalla data di entrata in vigore della presente disposizione, i seguenti criteri per la determinazione dell'indicatore di qualità del sevizio autostradale, ai fini dell'adeguamento tariffario:

          a) indicatore di congestione, basato su:

              1) articolazione dell'indicatore in base alle cause della congestione: forza maggiore, esodo, lavori sulla rete, operazioni al casello;

              2) determinazione, per ciascuno degli indicatori di cui al numero 1), di soglie massime di intensità di traffico e di tempi medi di percorrenza della rete autostradale, per giorni dell'anno, nonché delle relative modalità di rilevazione;

              3) previsione di adeguamento della rete autostradale attraverso la predisposizione, da parte delle società concessionarie,

 

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in prossimità delle tratte più frequentate, di vie di fuga da rendere temporaneamente agibili per consentire il rapido deflusso dei mezzi eventualmente bloccati;

              4) definizione degli obblighi a carico delle società concessionarie di installazione di appositi rilevatori di traffico in prossimità dei caselli a più alto rischio di congestione;

          b) indicatore di qualità ambientale, basato su:

              1) determinazione di soglie massime di inquinamento acustico e di valori medi massimi consentiti, su base giornaliera e annua;

              2) definizione degli obblighi a carico delle società concessionarie di installazione di rilevatori acustici nelle aree soggette a più elevato rischio di congestione e di inquinamento acustico;

              3) definizione delle modalità di effettuazione delle rilevazioni da parte delle agenzie regionali per la protezione dell'ambiente;

              4) previsione delle modalità di intervento in caso di superamento delle soglie massime consentite ai sensi del numero 1), anche attraverso l'obbligo a carico delle società concessionarie di installazione di barriere antirumore e di altri dispositivi di riduzione dell'inquinamento acustico.
      3-bis. La delibera del CIPE di cui al comma 3 determina le soglie minime al di sotto delle quali non può essere riconosciuto, in sede di determinazione delle tariffe, il coefficiente di qualità di cui alla delibera CIPE 24 aprile 1996, pubblicata nella Gazzetta Ufficiale n. 118 del 22 maggio 1996.
      3-ter. L'ANAS presenta annualmente al CIPE una relazione sull'attuazione delle disposizioni di cui ai commi 3 e 3-bis.
      3-quater. Per l'anno 2005, e comunque fino all'attuazione delle disposizioni di cui ai commi 3 e 3-bis, non possono essere riconosciuti miglioramenti del coefficiente di qualità».

 

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Art. 2.
(Misure per fronteggiare le
criticità da congestione).

      1. Con decreto del Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, di concerto con il Ministro dell'interno, su proposta del Centro di coordinamento nazionale in materia di viabilità di cui al decreto del Ministro dell'interno 27 gennaio 2005, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 26 del 2 febbraio 2005, e sentito il Nucleo di attuazione e regolazione dei servizi di pubblica utilità di cui alla delibera CIPE 24 aprile 1996, pubblicata nella Gazzetta Ufficiale n. 118 del 22 maggio 1996, da emanare entro due mesi dalla data di entrata in vigore della presente legge, sono determinate, per l'intera rete autostradale, soglie di allarme del traffico veicolare e soglie di criticità, quale parametro per l'attivazione di interventi straordinari e coordinati, differentemente graduati, ivi incluse la chiusura dei caselli di ingresso e l'apertura di vie di fuga appositamente predisposte dai gestori delle infrastrutture.
      2. Il Centro di coordinamento di cui al comma 1 definisce, entro i due mesi successivi alla data di emanazione del decreto di cui al medesimo comma 1, le linee guida per gli interventi coordinati di tutti i soggetti a vario titolo responsabili, da effettuare, rispettivamente, al raggiungimento delle soglie di allarme e delle soglie di criticità.
      3. Qualora, per motivi diversi da causa di forza maggiore, siano raggiunti i livelli di criticità di cui al comma 1, su tratte autostradali soggette a pedaggio, gli utenti del servizio sono esonerati da qualunque obbligo di pagamento, secondo modalità determinate dalle carte dei servizi, adottate dai gestori delle infrastrutture autostradali ai sensi del decreto del Presidente del Consiglio dei ministri 30 dicembre 1998, pubblicato nel supplemento ordinario alla Gazzetta Ufficiale n. 26 del 2 febbraio 1999.


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