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PDL 5824

XIV LEGISLATURA

CAMERA DEI DEPUTATI

   N. 5824



 

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PROPOSTA DI LEGGE

d'iniziativa del deputato ONNIS

Modifiche al codice penale in materia di delitti
contro il sentimento religioso

Presentata il 4 maggio 2005


      

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Onorevoli Colleghi! - La Corte costituzionale, con la sentenza n. 168 del 2005, depositata il 29 aprile 2005, ha dichiarato costituzionalmente illegittimo l'articolo 403, primo e secondo comma, del codice penale, ritenuto in contrasto con gli articoli 3 e 8, primo comma, della Costituzione «nella parte in cui prevede, per le offese alla religione cattolica mediante vilipendio di chi la professa o di un ministro del culto, la pena della reclusione rispettivamente fino a due anni e da uno a tre anni, anziché la pena diminuita stabilita dall'articolo 406 dello stesso codice».
      Come testualmente si osserva nella motivazione della sentenza sopra citata, la Consulta, «nell'ultimo decennio» è stata «ripetutamente chiamata a pronunciarsi sulla tutela penale del sentimento religioso», prendendo in considerazione, di volta in volta, «le fattispecie incriminatici previste dagli articoli 402, 404 e 405 del codice penale» e in tali occasioni «accogliendo, in riferimento agli articoli 3 e 8 della Costituzione, le questioni di legittimità costituzionale sollevate per disparità di trattamento tra la religione cattolica e le altre religioni».
      Sono pertanto enucleabili, in materia, i fondamentali princìpi di eguaglianza dinanzi alla legge senza distinzione di religione (articolo 3 della Costituzione) e di «laicità o non-confessionalità dello Stato (...) che implica (...) equidistanza e imparzialità verso tutte le religioni, secondo quanto disposto dall'articolo 8 della Costituzione ove è appunto sancita l'eguale libertà di tutte le confessioni religiose davanti alla legge».
      Tale principio di non-confessionalità dello Stato, del resto, aveva già trovato esplicito riconoscimento nell'accordo del 18 febbraio 1984, tra l'Italia e la Santa Sede («Modifiche al concordato lateranense»), ratificato con la legge 25 marzo 1985,
 

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n. 121, ove, al punto 1 del Protocollo addizionale, si stabiliva: «Si considera non più in vigore il principio, originariamente richiamato dai Patti lateranensi, della religione cattolica come sola religione dello Stato italiano».
      Facendo coerente applicazione dei princìpi appena richiamati, la Corte costituzionale, nel corso degli anni, ha dichiarato l'illegittimità costituzionale degli articoli 402 (sentenza n. 508 del 2000, che eliminava tale norma dall'ordinamento, in quanto «il rispetto della riserva assoluta di legge in materia penale non avrebbe consentito di estendere ai culti ammessi la tutela predisposta dalla norma censurata solo nei confronti della religione cattolica»), 403 (sentenza n. 168 del 2005, citata), 404 (sentenza n. 329 del 1997, che dichiarava l'illegittimità del primo comma di tale norma, «nella parte in cui prevede la pena della reclusione da uno a tre anni, anziché la pena diminuita prevista dall'articolo 406 del codice penale per i medesimi fatti commessi nei confronti di un culto ammesso nello Stato») e 405 del codice penale (sentenza n. 327 del 2002, che ha dichiarato l'illegittimità di tale norma «nella parte in cui per tali fatti prevede pene più gravi, anziché le pene diminuite stabilite dall'articolo 406 del codice penale per gli stessi fatti commessi contro gli altri culti»).
      Il sistema attualmente vigente, all'esito dei suindicati interventi della Corte costituzionale, non prevede dunque alcuna tutela penale contro i fatti già descritti dall'articolo 402 del codice penale (che puniva «chiunque pubblicamente vilipende la religione dello Stato») e sanziona con le pene più lievi, stabilite dall'articolo 406 dello stesso codice, le fattispecie delineate dalle altre norme indicate (articoli 403, 404 e 405).
      Com'è stato autorevolmente osservato, appare dunque necessario intervenire con urgenza per rivisitare, aggiornare e rendere intrinsecamente coerenti le norme incriminatici poste a tutela del sentimento religioso. Deve infatti considerarsi che, nell'attuale contesto sociale, ormai multietnico, il rispetto delle diverse forme di culto si pone quale condizione essenziale e imprescindibile per assicurare la dignità della persona e la pacifica coesistenza tra culture e tradizioni anche profondamente differenziate. Non sembra dunque possibile rinunziare alla tutela penale del sentimento religioso, né può in alcun modo attenuarsi il trattamento sanzionatorio riservato alle condotte che offendono quel bene giuridico.
      Innanzi tutto non appare plausibile che - per effetto della dichiarazione di illegittimità costituzionale che ha colpito l'articolo 402 del codice penale - sfugga alla sanzione penale chi pubblicamente vilipende la religione cattolica o le altre confessioni religiose, mentre la stessa offesa resta punibile se commessa mediante vilipendio delle persone o delle cose (articoli 403, 404 e 406 del codice penale).
      L'articolo 1 della presente proposta di legge riformula dunque l'articolo 402 del codice penale, accogliendo i rilievi della Consulta, in modo da rendere compatibile la norma incriminatrice con i princìpi costituzionali di uguaglianza (articolo 3 della Costituzione) e di non-confessionalità dello Stato (articolo 8 della Costituzione).
      Inoltre, si è ritenuto che la sanzione più congrua per i comportamenti incriminati dagli articoli 403, 404 e 405 del codice penale sia quella (ormai inapplicabile) prevista da tali norme, prima che fossero dichiarate costituzionalmente illegittime.
      Pertanto - agli articoli 2, 3 e 4 - si propone di sostituire gli articoli citati, escludendo dal testo il richiamo, ormai inattuale, alla «religione dello Stato», inserendovi, invece, il riferimento alle altre confessioni religiose, ormai trattate alla stessa stregua della religione cattolica, e riportando in vigore le pene cancellate dagli interventi della Corte costituzionale.
      All'articolo 5, infine, si propone di abrogare l'articolo 406 del codice penale che, ove le norme precedenti fossero modificate nel senso che si auspica, resterebbe privo di qualunque ambito applicativo.
 

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PROPOSTA DI LEGGE

Art. 1.

      1. L'articolo 402 del codice penale è sostituito dal seguente:

      «Art. 402. (Vilipendio della religione cattolica o di un'altra confessione religiosa). - Chiunque pubblicamente vilipende la religione cattolica o un'altra confessione religiosa è punito con la reclusione fino a un anno».

Art. 2.

      1. L'articolo 403 del codice penale è sostituito dal seguente:

      «Art. 403. (Offese alla religione cattolica o a un'altra confessione religiosa mediante vilipendio di persone). - Chiunque pubblicamente offende la religione cattolica, o un'altra confessione religiosa, mediante vilipendio di chi la professa, è punito con la reclusione fino a due anni.
      Si applica la reclusione da uno a tre anni a chi offende la religione cattolica, o un'altra confessione religiosa, mediante vilipendio di un ministro del relativo culto».

Art. 3.

      1. L'articolo 404 del codice penale è sostituito dal seguente:

      «Art. 404. (Offese alla religione cattolica o a un'altra confessione religiosa mediante vilipendio di cose). - Chiunque, in un luogo destinato al culto o in un luogo pubblico o aperto al pubblico, offende la religione cattolica, o un'altra confessione religiosa, mediante vilipendio di cose che formino oggetto di culto o siano consacrate al culto o siano destinate necessariamente

 

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all'esercizio del culto, è punito con la reclusione da uno a tre anni.
      La stessa pena di cui al primo comma si applica a chi commette il fatto in occasione di funzioni religiose, compiute in luogo privato da un ministro del culto cattolico o di un'altra confessione religiosa».

Art. 4.

      1. L'articolo 405 del codice penale è sostituito dal seguente:

      «Art. 405. (Turbamento di funzioni religiose). - Chiunque impedisce o turba l'esercizio di funzioni, cerimonie o pratiche religiose, le quali si compiano con l'assistenza di un ministro del culto o in un luogo destinato al culto o in un luogo pubblico o aperto al pubblico, è punito con la reclusione fino a due anni.
      Se concorrono fatti di violenza alle persone o di minaccia, si applica la reclusione da uno a tre anni».

Art. 5.

      1. L'articolo 406 del codice penale è abrogato.


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