PDL 5311-C 5310-bis-C
XIV LEGISLATURA
CAMERA DEI DEPUTATI
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N. 5311-C
N. 5310-bis-C
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RELAZIONE GENERALE DELLA V COMMISSIONE PERMANENTE
(BILANCIO, TESORO E PROGRAMMAZIONE)
Presentata alla Presidenza il 22 dicembre 2004
(Relatori: GARNERO SANTANCHÈ, per il disegno di legge n. 5311-B;
CROSETTO, per il disegno di legge n. 5310-bis-B)
sul
DISEGNO DI LEGGE
N. 5311-B
APPROVATO DALLA CAMERA DEI DEPUTATI
il 17 novembre 2004 (v. stampato Senato n. 3224)
MODIFICATO DAL SENATO DELLA REPUBBLICA
il 16 dicembre 2004
presentato dal ministro dell'economia e delle finanze
(SINISCALCO)
Bilancio di previsione dello Stato per l'anno finanziario 2005
e bilancio pluriennale per il triennio 2005-2007
Trasmesso dal Presidente del Senato della Repubblica
il 17 dicembre 2004
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e sul
DISEGNO DI LEGGE
N. 5310-bis-B
APPROVATO DALLA CAMERA DEI DEPUTATI
previ stralci, il 17 novembre 2004 (v. stampato Senato n. 3223)
MODIFICATO DAL SENATO DELLA REPUBBLICA
il 16 dicembre 2004
presentato dal ministro dell'economia e delle finanze
(SINISCALCO)
Disposizioni per la formazione del bilancio annuale
e pluriennale dello Stato (legge finanziaria 2005)
Trasmesso dal Presidente del Senato della Repubblica
il 17 dicembre 2004
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INDICE
Relazione al disegno di legge di bilancio 2005-2007 (A.C. 5311-B)
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Testo del disegno di legge n. 5311-B
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Relazione al disegno di legge n. 5310-bis-B (legge finanziaria)
| » 13
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Testo del disegno di legge n. 5310-bis-B
| » 23
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RELAZIONE
AL DISEGNO DI LEGGE N. 5311-B
(BILANCIO)
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Onorevoli Colleghi! - Le modifiche apportate al disegno di legge di bilancio nel corso dell'esame al Senato si limitano all'approvazione di due emendamenti.
Il primo ha interamente rivisto lo stato di previsione del Ministero del lavoro e delle politiche sociali al fine di adeguarne la struttura contabile alla recente riorganizzazione del Ministero, di cui al decreto del Presidente della Repubblica n. 244 del 2004.
Il secondo, intervenendo sull'articolato, ha soppresso il comma 4 dell'articolo 18 che recava una previsione in merito alla composizione della razione viveri in natura e alle integrazioni di vitto e di generi di conforto per gli allievi e i militari di diversi corpi di pubblica sicurezza, nonché della Polizia di Stato.
Un ulteriore emendamento è stato approvato dalla Commissione bilancio della Camera in terza lettura. Si tratta di un emendamento formale, che modifica la denominazione dell'unità previsionale di base 3.2.3.54, in modo da adeguarla alle disposizioni contenute nel comma 268 del disegno di legge finanziaria, che prevede un'estensione delle misure di reindustrializzazione e promozione industriale, affidandone l'attuazione a Sviluppo Italia.
Se le modifiche introdotte direttamente al disegno di legge di bilancio sono senza dubbio limitate, il bilancio che si trova al nostro esame risulta notevolmente diverso da quello approvato dalla Camera in prima lettura in quanto, a seguito dell'approvazione della seconda nota di variazioni, in esso sono stati trasposti tutti gli effetti delle disposizioni introdotte nel disegno di legge finanziaria durante l'esame presso il Senato.
Dalla considerazione di tali effetti emerge che il disegno di legge finanziaria, nel testo modificato nel corso dell'esame parlamentare, determina, rispetto al disegno di legge di bilancio a legislazione vigente presentato dal Governo il 30 settembre scorso, un miglioramento del saldo netto da finanziare pari a 11.643 milioni di euro.
Un risultato altrettanto positivo emerge dal confronto rispetto al saldo aggiornato relativo al 2004, come si determina per effetto dell'assestamento e degli interventi di contenimento della spesa recati dal decreto-legge n. 168/2004.
In questo caso, infatti, il saldo netto da finanziare, che rappresenta il principale saldo del bilancio dello Stato, in quanto corrisponde alla differenza tra le entrate finali e le spese finali, vale a dire tutte le voci di entrata e di spesa, ad esclusione di quelle concernenti l'emissione e il rimborso di titoli di debito, evidenzia un miglioramento pari a 8.285 milioni di euro.
Un secondo indicatore della situazione delle finanze statali, relativo ad un ambito di operazioni più limitato ma indubbiamente rilevante, è costituito dal saldo corrente, che nel caso del bilancio dello Stato assume la denominazione di risparmio pubblico.
Il disegno di legge finanziaria produce un miglioramento del risparmio pubblico pari a 605 milioni di euro, rispetto al bilancio a legislazione vigente per il 2005, e pari a 3.298 milioni di euro rispetto alle previsioni aggiornate per il 2004.
Le cifre richiamate mostrano in modo inequivocabile che non soltanto in termini di indebitamento netto delle amministrazioni pubbliche, ma anche con specifico riferimento al bilancio dello Stato, la
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finanziaria per il 2005 reca un contributo rilevante alla correzione dei saldi, in modo da garantire il conseguimento degli obiettivi programmati.
Da questo dato di fatto emergono due considerazioni.
La prima è che la manovra attuata dal Governo e dalla maggioranza riesce a salvaguardare gli equilibri finanziari, senza rinunciare a operare interventi incisivi a sostegno dello sviluppo, sia sul versante del reddito disponibile e dei consumi che sul versante della produzione e degli investimenti.
A quest'ultimo proposito, occorre ricordare gli interventi sull'IRAP, i finanziamenti destinati al
made in Italy, il fondo rotativo per il sostegno alle imprese istituito presso la Cassa depositi e prestiti, le misure per affrontare finalmente in modo efficace il grave problema dei ritardi nei pagamenti ai fornitori da parte delle amministrazioni statali.
La manovra delineata per il prossimo anno persegue un chiaro disegno di fondo: quello di assicurare la stabilità finanziaria e, al tempo stesso, porre in essere politiche che contribuiscano in modo strutturale alla crescita.
La seconda considerazione, che più strettamente attiene al bilancio dello Stato, riguarda il carattere degli interventi contenuti nella parte correttiva della manovra.
Il miglioramento dei saldi non viene perseguito attraverso misure che penalizzano il sistema economico, ma attraverso un contenimento della spesa di funzionamento delle amministrazioni pubbliche, in particolare per quanto concerne la spesa per beni e servizi che l'amministrazione sostiene nello svolgimento della propria attività.
Anche in relazione alla politica per il personale, la garanzia di adeguate risorse per i rinnovi contrattuali e specifici finanziamenti destinati al rafforzamento delle strutture impegnate a tutela della pubblica sicurezza si accompagnano con le previsioni che per la prima volta introducono serie regole di ridimensionamento, nel tempo, degli organici delle amministrazioni pubbliche.
La manovra al nostro esame, dunque, è una manovra che, per quanto riguarda le misure correttive, viene sostanzialmente effettuata sul bilancio dello Stato e degli altri enti pubblici.
In conclusione, va rilevata l'esigenza che vengano individuate procedure e strumenti idonei a monitorare l'evoluzione dei conti pubblici in modo da valutare l'efficacia delle misure previste.
Le modalità di svolgimento della presente sessione di bilancio inducono a riprendere la riflessione già avviata su una revisione delle procedure di bilancio.
All'interno di questa riflessione uno spazio importante dovrà essere dedicato anche al monitoraggio sull'effettivo andamento dei conti pubblici, che implica un esame delle singole voci del bilancio dello Stato più accurato e puntuale di quello che finora è stato usualmente svolto.
Questo è un compito che il Parlamento, prima di ogni altra istituzione o organismo, è chiamato a svolgere, attraverso un proficuo confronto con il Governo. Sotto questo profilo, gli importanti strumenti di raccolta e di elaborazione dei dati che il Governo e, in particolare, il Ministero dell'economia stanno costruendo, possono offrire il supporto informativo necessario per effettuare un controllo tempestivo e completo sull'andamento del bilancio dello Stato e, più in generale, dei conti pubblici.
Daniela GARNERO SANTANCHÈ,
Relatore
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TESTO
DEL DISEGNO DI LEGGE N. 5311-B
(BILANCIO)
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TESTO
approvato dalla Camera
dei Deputati
| TESTO
modificato dal
Senato della Repubblica
| TESTO
della Commissione
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Art. 1.
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Art. 1.
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Art. 1.
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(Omissis)
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(Omissis)
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L'articolo 1 è stato approvato dalla Commissione nel testo trasmesso dal Senato. Per esso si rinvia allo stampato n. 5311-B.
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Art. 2.
(Stato di previsione del Ministero dell'economia e delle finanze e disposizioni relative).
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Art. 2.
(Stato di previsione del Ministero dell'economia e delle finanze e disposizioni relative).
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Art. 2.
(Stato di previsione del Ministero dell'economia e delle finanze e disposizioni relative).
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1. Sono autorizzati l'impegno e il pagamento delle spese del Ministero dell'economia e delle finanze per l'anno finanziario 2005, in conformità dell'annesso stato di previsione (Tabella n. 2). Per l'anno 2005 è confermata la competenza gestionale degli Uffici a cui afferiscono gli stanziamenti concernenti la gestione transitoria delle spese già attribuite alla Presidenza del Consiglio dei ministri; le competenze relative all' attività di controllo della predetta gestione sono esercitate dall'Ufficio centrale del bilancio presso il Ministero dell'economia e delle finanze.
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Identico.
Per le modifiche apportate alla Tabella n. 2 si vedano la Nota di variazioni (stampato n. 5311-bis) e la Seconda nota di variazioni (stampato n. 5311-ter).
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Identico.
Per le modifiche apportate alla Tabella n. 2 si vedano la Nota di variazioni (stampato n. 5311-bis) e la Seconda nota di variazioni (stampato n. 5311-ter).
Per le ulteriori modifiche apportate dalla Commissione alla Tabella n. 2 si veda a pagina 12.
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2-37. (Omissis)
| 2-37. (Omissis)
| I commi da 2 a 37 dell'articolo 2 sono stati approvati dalla Commissione nel testo trasmesso dal Senato. Per essi si rinvia agli stampati n. 5311-B e n. 5311-B Errata-corrige.
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Pag. 11
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Artt. 3-17.
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Artt. 3-17.
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Artt. 3-17.
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(Omissis)
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(Omissis)
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Gli articoli da 3 a 17 sono stati approvati dalla Commissione nel testo trasmesso dal Senato. Per essi si rinvia agli stampati n. 5311-B e n. 5311-B Errata-corrige.
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Art. 18.
(Disposizioni diverse).
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Art. 18.
(Disposizioni diverse).
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Art. 18.
(Disposizioni diverse).
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1-23. (Omissis)
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1-22. (Omissis)
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I commi da 1 a 22 dell'articolo 18 sono stati approvati dalla Commissione nel testo trasmesso dal Senato. Per essi si rinvia agli stampati n. 5311-B e n. 5311-B Errata-corrige.
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24. Per l'anno finanziario 2005, le unità previsionali di base e le funzioni obiettivo sono individuate, rispettivamente, negli allegati n. 1 e n. 2 alla presente legge.
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23. Identico.
Per le modifiche apportate agli allegati 1 e 2 si vedano la Nota di variazioni (stampato n. 5311-bis) e la Seconda nota di variazioni (stampato n. 5311-ter).
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23. Identico.
Per le modifiche apportate agli allegati 1 e 2 si vedano la Nota di variazioni (stampato n. 5311-bis) e la Seconda nota di variazioni (stampato n. 5311-ter).
Per le ulteriori modifiche apportate dalla Commissione all'Allegato 1 si veda a pagina 12.
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25. (Omissis)
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24. (Omissis)
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Il comma 24 è stato approvato dalla Commissione nel testo trasmesso dal Senato. Per esso si rinvia allo stampato n. 5311-B.
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Art. 19.
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Art. 19.
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Art. 19.
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(Omissis)
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(Omissis)
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L'articolo 19 è stato approvato dalla Commissione nel testo trasmesso dal Senato. Per esso si rinvia allo stampato n. 5311-B. |
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Le tabelle A e B, gli allegati 1 e 2, i quadri generali riassuntivi e le tabelle relative ai singoli stati di previsione sono stati approvati dalla Commissione nel testo trasmesso dal Senato (si veda lo stampato n. 5311-B), con le seguenti modificazioni:
Nello stato di previsione del Ministero dell'economia e delle finanze (Tabella n. 2) - Tesoro - Spese in conto capitale - Investimenti, la denominazione dell'unità previsionale di base 3.2.3.54 «Aree sottoutilizzate» è sostituita dalla seguente: «Aree sottoutilizzate, reindustrializzazione e promozione industriale».
All'Allegato 1, richiamato dall'articolo 18, comma 23, Ministero dell'economia e delle finanze - Tesoro - Spese in conto capitale - Investimenti, le parole: «Aree sottoutilizzate» sono sostituite dalle seguenti: «Aree sottoutilizzate, reindustrializzazione e promozione industriale».
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RELAZIONE
AL DISEGNO DI LEGGE N. 5310-bis-B
(LEGGE FINANZIARIA)
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Onorevoli Colleghi! - Il disegno di legge finanziaria per il 2005 torna al nostro esame in un testo ampiamente modificato dal Senato.
In linea generale, si può osservare che le modificazioni introdotte dall'altro ramo del Parlamento non hanno stravolto l'impianto complessivo del provvedimento, per quanto concerne le scelte di fondo della manovra delineata dal Governo.
Le integrazioni meritano per larga parte pieno apprezzamento, anche se non manca qualche aspetto di criticità.
La prima e certo non irrilevante modifica introdotta dal Senato concerne l'articolo 1 e consiste nel ripristino del valore, originariamente stabilito dal Governo in 50 mila milioni di euro, del livello del saldo netto da finanziare per il 2005. Si è conseguentemente riportato a 245 mila milioni di euro il livello massimo del ricorso al mercato per il medesimo anno. In questo modo si è azzerata la modifica che era stata apportata dalla Camera a seguito dell'approvazione in Assemblea di un emendamento a firma dell'onorevole Boccia. Nello stesso articolo il Senato ha peraltro provveduto ad innalzare da 5.494 a 7.494 milioni di euro l'importo delle regolazioni debitorie per il 2005. L'incremento discende dalla necessità di far fronte all'emersione di maggiori oneri a carico delle regioni per il ripiano dei disavanzi del servizio sanitario nazionale per gli anni 2001, 2002 e 2003.
Lo Stato si è accollato il conseguente onere.
Ciò non toglie che le regioni dovranno, nel prossimo futuro, fare tutto il possibile per ricondurre la spesa sanitaria entro dimensioni sostenibili. Queste considerazioni valgono in particolare per le regioni che si sono dimostrate meno «virtuose» nel controllo della spesa sanitaria.
Il provvedimento al nostro esame rafforza i presidi e gli strumenti a disposizione delle regioni a questo scopo.
Il Senato non ha apportato modifiche di particolare rilievo alle disposizioni volte ad assicurare il contenimento della spesa già contenute nel testo approvato a conclusione dell'esame in prima lettura alla Camera. Su questo aspetto, in effetti, alla Camera era stata effettuata una approfondita istruttoria per arrivare alla conclusione per cui esistono margini non irrilevanti di intervento per correggere gli andamenti tendenziali della spesa pubblica.
Con le regole che vengono delineate si intende realizzare una effettiva politica di contenimento della spesa già nella fase iniziale della previsione degli stanziamenti da iscrivere nel bilancio.
Già in occasione dell'esame in prima lettura abbiamo avuto modo di verificare che la spesa pubblica registra andamenti inerziali che discendono da diversi fattori, alcuni dei quali non appaiono direttamente riconducibili alla volontà del legislatore, dovendosi piuttosto attribuire a comportamenti delle amministrazioni competenti.
In questa legislatura, sono stati introdotte diverse novità allo scopo di fornire utili sistemi di verifica e di correzione da parte delle strutture tecniche competenti, a cominciare dalla Ragioneria generale dello Stato, per un costante monitoraggio delle tendenze che si registrano nell'andamento delle spese, a cominciare dal cosiddetto e assai controverso decreto «taglia-spese». Nei prossimi giorni dovrebbe partire il sistema SIOPE, diretto a rafforzare la strumentazione a disposizione.
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Con questa legge finanziaria si compie un ulteriore e assai importante passo avanti, laddove si stabilisce il principio per cui talune categorie di spesa, vale a dire essenzialmente quelle che non sono interamente determinate da fattore legislativo, non potranno crescere al di sopra di un certo limite.
L'adozione di tale regola ha suscitato perplessità e un diffuso scetticismo da parte delle forze di opposizione.
È evidente che si tratta di una regola che ha in sé alcuni elementi di sperimentazione, i cui esiti concreti dovranno essere attentamente verificati. A tale scopo è essenziale che il Parlamento si attivi e che mantenga una costante interlocuzione con il Governo in modo che quest'ultimo fornisca un periodico aggiornamento dei risultati conseguenti alle regole che vengono introdotte. Spetta, infatti, al Parlamento svolgere questa funzione di controllo nei confronti dei comportamenti concreti dell'esecutivo.
Pur con la dovuta cautela, non si può fare a meno di osservare che la definizione di un limite entro il quale potranno aumentare le spese costituisce un elemento di novità importantissimo sotto il profilo della gestione della finanza pubblica e delle scelte di politica economica.
Con questa decisione il legislatore si riappropria pienamente del governo della spesa, stabilendo una regola semplice ma di notevole impatto volta a richiamare le strutture amministrative ad una più attenta gestione delle risorse assegnate.
Ciò vale tanto più in considerazione del fatto che la previsione del limite alla crescita della spesa è strettamente correlata alle disposizioni, introdotte nel corso dell'esame del Senato, volte a dare attuazione al secondo modulo della riforma fiscale attraverso la riduzione della tassazione gravante sulle persone fisiche e, in parte, anche di quella a carico delle imprese.
Questa parte del disegno di legge finanziaria costituisce l'asse portante della manovra e delle scelte che connotano la strategia economica del Governo e della maggioranza.
Non è un caso che l'intenzione di inserire nella manovra un corposo intervento di riduzione della tassazione sia stata perseguita con tanta insistenza dall'esecutivo, trattandosi di realizzare l'obiettivo più importante negli indirizzi di politica economica e finanziaria di questa maggioranza.
L'impegno profuso al riguardo appare tanto più encomiabile in quanto realizzato in una fase particolarmente critica dell'economia e quando i margini di intervento a disposizione risultano obiettivamente limitati.
Si tratta, ovviamente, di un ulteriore progresso lungo il percorso, già intrapreso negli scorsi anni, di una graduale attenuazione della pressione fiscale.
In coerenza con tale obiettivo, nella composizione degli interventi di carattere correttivo, diretti a concorrere all'obiettivo di ricondurre l'andamento dei saldi entro gli obiettivi stabiliti, nell'ambito della manovra per il prossimo anno, il ricorso alla leva fiscale assume un peso decisamente più contenuto rispetto al passato. Assai più consistente è l'importanza degli interventi, pressoché generalizzati, di contenimento delle spese.
Siamo convinti che questo sia il terreno su cui occorrerà lavorare anche nel prossimo futuro, per verificare se ci siano ulteriori margini di correzione.
Gli elementi informativi che abbiamo potuto acquisire, a cominciare dal dato relativo alla dimensione dei residui, ci inducono, infatti, a credere che nel bilancio dello Stato permangono consistenti spazi di intervento in ragione del sovradimensionamento di alcuni stanziamenti di spesa.
Non possiamo più limitarci a ripete che alle risorse complessivamente stanziate devono corrispondere servizi efficienti resi ai cittadini senza adottare le conseguenti decisioni.
In materia di patto di stabilità interno e di finanza degli enti territoriali, il Senato ha mantenuto sostanzialmente invariata l'impostazione uscita dall'esame in prima lettura svolta alla Camera, il che conferma
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la qualità del lavoro svolto in primo luogo nell'ambito della Commissione bilancio.
In sostanza, si è cercato di coniugare l'esigenza di una efficace corresponsabilizzazione degli enti territoriali ai fini del rispetto degli obiettivi relativi al deficit con lo sforzo di non interferire in misura eccessivamente intrusiva nella sfera delle scelte che devono essere demandate alla autonomia degli stessi enti.
Tra le modifiche apportate merita segnalare in particolare l'inserimento del parametro costituito dalla dimensione territoriale, oltre che dalla popolazione, per quanto concerne la spesa media procapite in relazione alla quale è stabilito il margine di incremento della spesa consentito; la più precisa individuazione delle spese derivanti dagli interventi cofinanziati dall'Unione europea tra quelle che, nell'anno 2005, saranno escluse dalle regole del patto; la parziale riformulazione delle disposizioni volte a confermare il blocco dell'addizionale comunale all'IRPEF e la sospensione delle maggiorazioni delle aliquote IRAP.
A questo ultimo riguardo, vanno ricordate le disposizioni di cui al comma 178, le quali consentono alle regioni di derogare al principio della sospensione degli effetti delle maggiorazioni per far fronte ad eventuali disavanzi che dovessero determinarsi in ordine alla spesa sanitaria. Tale disposizione ha suscitato alcuni equivoci, per cui è bene soffermarsi un attimo sulle ragioni che ne hanno ispirato l'inserimento.
È evidente che essa non intende contraddire l'obiettivo prioritario, cui si è fatto riferimento in precedenza, di procedere, nell'ambito del più generale disegno di riforma tributaria, nel senso di una progressiva e graduale eliminazione dell'IRAP. In questo caso si tratta, piuttosto, di responsabilizzare pienamente le regioni le quali, qualora non riuscissero a riportare la spesa sanitaria entro dimensioni compatibili con gli impegni assunti, dovranno assumersi l'onere di disporre la ripresa della decorrenza delle eventuali maggiorazioni che siano state o possano essere adottate.
È presumibile che le regioni saranno restie ad assumersi, di fronte ai rispettivi cittadini, l'onere di dover contraddire la previsione generale della sospensione della maggiorazione. Ne consegue che la norma intende svolgere una funzione deterrente nei confronti delle regioni poco «virtuose», che verrebbero indotte ad intervenire «a monte» attivando tutti i presidi utili a prevenire l'emersione di disavanzi di ammontare tale da richiedere il ricorso all'aumento della tassazione.
Venendo più puntualmente alle disposizioni volte a dare attuazione al secondo modulo della riforma fiscale, è chiaro che siamo in presenza di un innegabile successo che va ascritto alla tenacia con la quale il Governo, con il pieno sostegno della maggioranza parlamentare, ha perseguito tale obiettivo.
Ciò è stato possibile nel corso dell'esame in seconda lettura al Senato, arrivando alla stesura di disposizioni che consentono di progredire ulteriormente lungo la direzione già intrapresa con la legge finanziaria per il 2002 privilegiando, in particolare, i nuclei familiari.
Questo è il vero tratto centrale degli interventi posti in essere al di là delle polemiche, in verità del tutto strumentali, circa il presunto vantaggio che la riforma assicurerebbe ai percettori di redditi più elevati. Peraltro, si può osservare che una attenuazione del carico fiscale anche sui redditi più consistenti può utilmente concorrere a far emergere nuova base imponibile. È difficile negare che non risponda almeno parzialmente alla verità l'affermazione per cui la previsione di aliquote molto elevate e una eccessiva progressività dell'imposizione diretta induce a sottrarsi all'obbligazione fiscale.
Un secondo e non meno significativo comparto sul quale il Senato è intervenuto integrando il testo del Governo riguarda il pubblico impiego. Come è noto, il testo approvato alla Camera in prima lettura conteneva esclusivamente alcune limitate deroghe al divieto di prorogare contratti a tempo determinato e a stanziare, per il rinnovo dei contratti, un importo pari a 78 milioni di euro per l'anno 2005.
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Per quanto concerne le risorse destinate ai rinnovi contrattuali, nel corso dell'esame al Senato se ne è disposto l'aumento fino a 292 milioni per l'anno 205 e a 396 milioni per l'anno 2006, sulla base delle ipotesi di un incremento medio delle retribuzioni in misura pari al 4,31 per cento.
Si tratta, evidentemente, di un aumento tutt'altro che trascurabile e comunque largamente superiore al tasso di inflazione programmato.
Sono state, quindi, inserite, ai commi 95 e successivi, disposizioni volte a contenere gli incrementi degli organici delle pubbliche amministrazioni. Per agevolare la realizzazione di tale obiettivo, si stabilisce, nel rispetto degli ordinamenti di ciascuna amministrazione, che queste ultime debbano porre in essere le necessarie misure di razionalizzazione e di riorganizzazione degli uffici.
Anche in questo caso, le disposizioni contenute nel disegno di legge finanziaria si connotano per la forte valenza riformatrice.
Viene infatti segnata una chiara soluzione di continuità per quanto concerne l'organizzazione delle amministrazioni pubbliche, finalizzata non soltanto al contenimento della spesa ma anche ad una rideterminazione delle piante organiche che tenga conto dei vantaggi che possono essere assicurati, sotto il profilo delle metodologie di lavoro, dalla disponibilità di tecnologie avanzate.
Anche in questo caso si intacca con coraggio un principio consolidato nell'esperienza del nostro Paese per cui le dotazioni organiche delle pubbliche amministrazioni rispondono più a logiche di tipo sociale, quale il sostengo al reddito, che alle esigenze funzionali di una efficiente organizzazione burocratica.
Le disposizioni in materia di blocco delle assunzioni di cui ai commi da 97 a 107 possono ricondursi ai precedenti costituiti da misure già introdotte in occasione delle manovre finanziarie degli scorsi anni. In sostanza, si stabilisce il principio generale del divieto, per le amministrazioni pubbliche, ad effettuare assunzioni di personale a tempo indeterminato per gli anni 2005, 2006 e 2007, fatta eccezione per le assunzioni già autorizzate e per le necessità indifferibili riconducibili ad esigenze di servizio.
Analogamente agli scorsi anni viene, quindi, costituito un apposito fondo per far fronte agli oneri derivanti dalle assunzioni realizzabili in deroga al principio generale del blocco del
turn over, con una dotazione complessiva pari a 40 milioni di euro per il 2005 a 160 milioni di euro per il 2006 a 280 milioni di euro per il 2007 e a 360 milioni di euro a decorrere dal 2008.
Con riferimento a tali disposizioni, nel corso dell'esame presso la Commissione bilancio è emersa l'esigenza di dar seguito alla sentenza n. 390 del 17 dicembre scorso con la quale la Corte costituzionale ha dichiarato l'illegittimità costituzionale di alcune norme di analogo tenore, accogliendo parzialmente i ricorsi avanzati da alcune regioni, in quanto ritenute lesive dell'autonomia degli enti territoriali.
Si è, quindi, provveduto a riformulare il testo del comma 100, in modo da corrispondere all'indicazione della Corte costituzionale per cui, in materia, si può ammettere un intervento del legislatore nazionale se volto a stabilire criteri e obiettivi, mentre non appare ammissibile il diretto intervento nella scelta, spettante a ciascun ente, della organizzazione della propria struttura amministrativa.
Per quanto concerne le altre disposizioni che possono genericamente ricondursi alla materia del pubblico impiego, va in particolare ricordato che assai controverso è stato l'inserimento nel provvedimento del comma 166, volto a stanziare 160 milioni di euro a favore della regione Calabria per la prosecuzione di interventi di carattere idrogeologico e forestale e per la nomina di un commissario straordinario chiamato a svolgere funzioni di vigilanza sull'impiego di tali risorse.
La previsione della nomina del commissario appare opportuna, trattandosi di un finanziamento consistente che deve contribuire, come peraltro è stato riconosciuto anche da autorevoli esponenti degli
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enti territoriali interessati, ad una più proficua e redditizia gestione del patrimonio forestale e boschivo della Calabria.
Oltre allo stanziamento di due miliardi di euro a titolo di concorso dello Stato ai disavanzi del servizio sanitario per gli anni 2001, 2002, 2003, cui si è già fatto riferimento, il testo trasmesso dal Senato reca ulteriori significative modifiche anche alla normativa concernente la spesa farmaceutica e le modalità attraverso le quali le regioni possono corrispondere all'obbligo di far fronte all'eventuale sfondamento del tetto di spesa con riferimento agli anni 2004 e 2005.
Sono, poi, state introdotte alcune disposizioni dirette ad agevolare la diffusione dell'uso di farmaci generici e ad assicurare un'adeguata informazione del pubblico su tali farmaci. Si tratta, in effetti, di misure che potranno concorrere al contenimento della spesa farmaceutica a carico della finanza pubblica e che presentano l'ulteriore vantaggio di offrire margini di recupero di redditività all'industria del settore, gravata dall'obbligo di concorrere al ripiano della maggiore spesa.
Vengono poi introdotte, ai commi 180 e 181, talune disposizioni in materia di trasformazione a tempo indeterminato del rapporto di lavoro dei professionisti convenzionati e di durata del rapporto di alcune categorie di medici con il servizio sanitario nazionale, da disciplinare sulla base di un accordo con le organizzazioni sindacali maggiormente rappresentative.
Sempre nella logica di concorrere al contenimento e al monitoraggio della spesa sanitaria si è inoltre stabilito, al comma 188, che il ministro dell'economia e delle finanze debba provvedere alla consegna della tessera sanitaria a tutti i soggetti destinatari entro il 31 dicembre del prossimo anno.
Quanto alle altre modifiche apportate dal Senato, va ricordato che alcune di esse erano già state valutate positivamente nell'ambito della Commissione bilancio della Camera. Com'è noto, l'accelerazione impressa alla discussione del provvedimento in Assemblea impedì l'inserimento di ulteriori modifiche rispetto a quelle già apportate dalla Commissione.
Purtroppo, non è stato, invece, possibile inserire al Senato alcune disposizioni aventi un significativo impatto sociale.
Si tratta, per un verso, della modifica del regime relativo alle erogazioni liberali a favore degli enti
no profit e, per altro verso, alla chiusura del contenzioso esistente per quanto concerne il riconoscimento degli indennizzi dovuti ai soggetti danneggiati da vaccinazioni.
Rispondono anche ad istanze emerse proprio in questa Commissione le disposizioni, di cui ai commi da 365 a 369, per quanto concerne l'istituzione di un apposito fondo, presso lo stato di previsione del Ministero dell'economia, con il coinvolgimento della Cassa depositi e prestiti, per i pagamenti dei debiti di fornitura vantati da soggetti privati nei confronti di amministrazioni statali. Il ritardato pagamento di tali debiti determina, in effetti, problemi serissimi, al limite della sopravvivenza, per tante piccole e medie imprese.
Significative modifiche alla legislazione previgente sono state apportate dai commi 284 a 290 per quanto concerne le attività dei giochi. Tra le altre cose, tali disposizioni intendono assicurare l'assegnazione al CONI di risorse adeguate al finanziamento delle attività sportive. Altrettanto significative sono le disposizioni di cui ai commi 291 e 292 per quanto concerne le modifiche prospettate alla disciplina delle scommesse, e ai commi dal 293 al 297, che rimettono all'amministrazione dei monopoli di Stato il compito di individuare e favorire la diffusione di mezzi di pagamento finalizzati alla partecipazione al gioco a distanza.
Si tratta, complessivamente, di norme che intendono garantire un consistente incremento del gettito e che possono contribuire a far emergere attività che attualmente sfuggono al controllo dell'erario e si collocano fuori dalla legalità.
Particolarmente significative, per quanto concerne gli effetti sulla finanza pubblica, sono le disposizioni di cui:
ai commi 298 e 299, in base ai quali si stabilisce una riduzione, con finalità di
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copertura delle disposizioni di carattere tributario, delle spese per consumi intermedi e delle autorizzazioni di spesa di cui alla tabella C;
al comma 300, che dispone l'utilizzo, per un ammontare pari a due miliardi di euro, del fondo per interventi strutturali di politica economica, istituito con il comma 5 dell'articolo 10 del decreto-legge n. 282 del 2004, di cui la Camera ha concluso l'esame nelle scorse giornate, e alimentato dal gettito derivante dal differimento al 2005 della seconda e della terza rata dei pagamenti connessi al condono edilizio;
al comma 302, che riduce in misura variabile per ciascuna annualità i trasferimenti in conto corrente a favore delle Ferrovie dello Stato, di Poste italiane Spa, di Anas e di altre imprese pubbliche con le quali sono stipulati contratti di programma.
Il complesso delle disposizioni da ultime richiamate determina certamente sacrifici per i soggetti destinatari, sacrifici che appaiono tuttavia giustificati in ragione del rilievo che assume l'intervento contenuto nella legge finanziaria di riduzione della pressione fiscale.
È stato, peraltro, da più parti rilevato che tale intervento sarebbe contraddetto da altre disposizioni inserite nel provvedimento che sono dirette ad aumentare taluni tributi, a partire dalla previsione, di cui al comma 303, di un aumento degli importi fissi di alcuni tributi (imposta di registro, tassa di concessione governativa, imposta ipotecaria e catastale, imposta di bollo) in una misura tale da assicurare un maggior gettito pari a 1.120 milioni di euro per ciascuno degli anni 2005 e 2006.
Alla luce di tali misure, si è sostenuto che non sarebbe corretto affermare che con la finanziaria si è proceduto alla riduzione delle imposte in quanto lo stesso provvedimento prevede anche l'aumento di alcune di esse.
L'obiezione pare priva di fondamento in quanto gli interventi di riduzione di imposte, recati ai commi da 352 a 356, per quanto concerne le persone fisiche, hanno una valenza generale mentre le disposizioni precedentemente richiamate riguardano specifiche situazioni e, oltre tutto, si riferiscono in larga parte a tributi in misura fissa i quali richiedono un periodico aggiornamento.
Si deve in particolare osservare, per quanto concerne gli interventi per riduzione della tassazione delle persone fisiche, che essi, aggiungendosi a quelli già attuati con il primo modulo della riforma fiscale con la legge finanziaria per il 2002, assicurano un vantaggio, in termini di minori imposte, di cui può fruire la quasi totalità dei contribuenti e soprattutto la parte più debole della società.
Come già ricordato in precedenza, merita particolare apprezzamento l'attenzione che viene rivolta ai nuclei famigliari e alle esigenze dei contribuenti che non siano autosufficienti. In questo senso, il nuovo modulo riequilibra in misura rilevante la distribuzione del vantaggio fiscale.
Il fatto che le deduzioni siano determinate in misura decrescente in ragione del crescere del reddito di per sé costituisce una chiara smentita dell'affermazione per cui si sarebbero privilegiati i ceti più abbienti. Né si deve trascurare l'effetto di semplificazione e di razionalizzazione che discende dalla rideterminazione degli scaglioni e delle aliquote e che si muove nella direzione prospettata dalla legge di riforma.
Alcuni autorevoli colleghi dell'opposizione hanno sostenuto, nel corso dell'esame del provvedimento in Commissione, che dal dibattito dottrinario non sarebbero emersi orientamenti univoci in ordine alla possibilità di individuare una correlazione diretta tra la riduzione della pressione fiscale e l'aumento dei tassi di sviluppo dell'economia.
È stato inoltre segnalato che la contenuta entità della manovra di riduzione delle imposte non potrà che produrre un modesto impatto sugli andamenti dell'economia reale e per gli stessi destinatari degli sgravi, per cui si tratterebbe di una operazione meramente mediatica.
Entrambe le obiezioni non sembrano fondate.
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Quanto al primo punto, vale a dire agli effetti che la riduzione della tassazione sulle persone fisiche potrà determinare sull'andamento dell'economia, si può osservare che, al di là delle simulazioni accademiche, soltanto a seguito della concreta attuazione delle misure di sgravio contenute nel disegno di legge finanziaria sarà possibile pervenire a conclusioni certe. In ogni caso, la portata degli sgravi non può certo ritenersi irrilevante, trattandosi di una manovra quantificata nell'ordine di circa 16,9 miliardi di euro per il triennio 2005-2007. Né appare corretto affermare che per i soggetti interessati gli effetti sarebbero ininfluenti, quando si consideri che ben 280 mila contribuenti verranno esentati dagli obblighi tributari connessi all'imposta sulle persone fisiche. Va poi considerato che la prospettiva di una ulteriore riduzione della tassazione, che Governo e maggioranza vogliono realizzare il prossimo anno in modo da consolidare la tendenza avviata con questa manovra, può riverberarsi positivamente sul clima generale e, in particolare, innescare una più consistente ripresa della domanda interna.
Quanto al secondo punto, occorre considerare che, al di là degli effetti che la politica di riduzione della pressione fiscale può determinare ai fini dello sviluppo dell'economia, la stessa risponde in primo luogo all'obiettivo di spostare l'asse della politica economica intaccando la strada fino ad ora seguita per cui il livello della tassazione deve inseguire l'andamento della spesa.
Da ultimo, non si deve sottovalutare la portata dell'ulteriore intervento di riduzione dell'IRAP, di cui al comma 350, che risulta chiaramente finalizzata a promuovere l'aumento dell'occupazione attraverso l'assunzione di nuovo personale e a ridurre il peso dell'imposta sul fattore del lavoro. È noto, infatti, che fra le critiche che sono state mosse a questa imposta la più frequente attiene proprio al fatto che essa finisce per penalizzare le imprese meno capitalizzate e che facciano più intenso ricorso al fattore lavoro. Forse si poteva fare un altro sforzo per abbattere ulteriormente questo odioso tributo da cui lo stesso onorevole Visco, che pure ne concepì l'istituzione, sembra recentemente aver preso le distanze.
Sempre in materia fiscale, va apprezzato il lavoro di parziale modifica delle disposizioni sugli studi di settore. Si tratta di correzioni che hanno consentito di rispondere positivamente alle esigenze prospettate dalle categorie interessate, affinché si pervenisse ad un aggiornamento degli studi su base concordata. La valutazione positiva sulle modifiche apportate al Senato discende dalla consapevolezza dell'importanza che nel nostro tessuto produttivo rivestono le piccole e medie imprese ed i professionisti.
In conclusione, il testo del disegno di legge finanziaria, come risultante dalle consistenti modifiche apportate dal Senato, merita una valutazione largamente positiva.
L'approfondito esame svolto in quel ramo del Parlamento ha consentito, infatti, di rispondere positivamente ad una seria di istanze di indiscutibile rilievo che già in parte erano emerse in occasione della prima lettura del provvedimento alla Camera.
In quella sede, tuttavia, tali istanze non avevano potuto trovare adeguata risposta essenzialmente per il fatto che la maggioranza non era ancora pervenuta ad una soddisfacente conclusione per quanto concerne la definizione degli interventi per la riduzione della tassazione.
Non mancano certo alcuni elementi problematici, a partire dal fatto che il testo approvato dal Senato è costituito da un unico articolo composto di ben 580 commi.
In precedenti occasioni, alla Camera, si era scelto di distribuire il testo della legge finanziaria almeno su quattro articoli corrispondenti a raggruppamenti per materia.
Sotto questo aspetto, la legge finanziaria per il 2005 segna un record negativo.
Né deve trascurarsi il fatto che tra le disposizioni inserite dal Senato ve ne sono numerose che non sembrano corrispondenti
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alle regole vigenti sul contenuto proprio della legge finanziaria.
Si continua in una prassi di applicazione debole, mentre alla Camera si era tentato invece di segnare un momento di svolta verso una linea di maggior rigore, anche alla luce delle indicazioni più precise contenute nella circolare emanata lo scorso anno dal Presidente del Senato sulla base di un previo lavoro istruttorio svolto di intesa tra i due rami del Parlamento.
Anche la diversa interpretazione delle regole vigenti emersa quest'anno tra le due Camere consiglia di riprendere al più presto il lavoro, che già è stato avviato lo scorso anno e che ha visto particolarmente impegnata la Commissione bilancio di questo ramo del Parlamento, per l'adeguamento della vigente disciplina contabile al mutato scenario economico e legislativo.
La disciplina della legge finanziaria, come risulta dalle disposizioni della legge n. 468 del 1978 e dalle successive modificazioni della stessa, costituisce il prodotto della stratificazione di successivi interventi che non sono stati di mera «manutenzione», in quanto hanno contrassegnato le diverse stagioni della politica finanziaria del nostro paese.
Le più recenti modifiche hanno ricondotto nell'ambito della legge finanziaria anche gli interventi diretti allo sviluppo e al sostegno dell'economia. Tale scelta appare ragionevole.
L'esperienza degli anni più recenti e lo stesso dibattito in corso a livello continentale sulla eventuale revisione del patto di stabilità, dimostrano, infatti, che risanamento e sviluppo non possono essere disgiunti e che una politica economica che intenda produrre effetti non irrilevanti sugli andamenti dell'economia reale deve poter contare sia sulla leva delle misure correttive che nella possibilità di sostenere la crescita, specie quando si ravvisi il rischio di stagnazione.
Tuttavia l'estensione della legge finanziaria alle norme di spesa a fini di sviluppo si è rivelata una via attraverso la quale si è completata la sua trasformazione in una specie di «super legge ordinaria» a valenza generale con la conseguenza di allentare anche i precisi confini segnati dal divieto di inserimento di norme localistiche e ordinamentali.
L'esperienza di questi ultimi anni conferma definitivamente come non si possa più coltivare l'illusione che la legge finanziaria possa essere una sorta di panacea che risolve tutti i problemi.
È davvero curioso constatare come immancabilmente ogni anno l'avvio della sessione di bilancio alimenti infinite aspettative, il che si traduce nel tentativo, condiviso dai più diversi attori, parlamentari e amministrazioni ministeriali inclusi, senza trascurare, ovviamente, i più vari interessi organizzati, di intervenire nel processo di formazione della legge finanziaria perché in essa siano inserite disposizioni a vantaggio dei propri rappresentati. Salvo passare ad una altrettanto diffusa e quasi inevitabile delusione allorché, una volta divenuta legge, si finisce per constatare che la finanziaria non è stata risolutiva come si sperava ovvero che finisce per premiare solo i microinteressi meglio piazzati nella fase decisiva della stesura finale del testo.
È questo un equivoco che andrebbe risolto una volta per tutte: non vi è legge finanziaria e, più in generale, intervento legislativo che possa far fronte a tutti i problemi di un sistema economico in difficoltà e tantomeno tutti i problemi di minore entità di ordine ordinamentale o finanziario.
Questa consapevolezza deve, tuttavia, indurci ancor di più ad utilizzare al meglio gli strumenti di intervento a disposizione, affidando a ciascuno di essi il ruolo che gli è più consono.
Ne consegue che occorre davvero chiudere l'esperienza della finanziaria come grande contenitore nel quale confluiscono disposizioni di assai diversa valenza, per cui il suo
iter si trasforma immancabilmente in una sorta di psicodramma collettivo, che diventa lo specchio in cui risultano deformati e amplificati i difetti tipici dei processi decisionali del nostro paese, a partire da una attività legislativa che molto spesso non si riesce ad organizzare
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intorno ad assi chiari e ad obiettivi prioritari.
In questo modo risulta notevolmente indebolita quella funzione centrale che la legge finanziaria dovrebbe svolgere nella regolazione dei flussi finanziari e nella definizione del quadro contabile entro il quale devono inserirsi gli interventi legislativi e le misure da adottare per il conseguimento degli obiettivi di politica economica e finanziaria.
Occorre, quindi, domandarsi cosa si può fare per valorizzare questa funzione, che sarebbe tanto più preziosa per porre rimedio alla erraticità e alla casualità, anche per la assenza di una adeguata e ordinata programmazione, che sembra contraddistinguere l'attività legislativa nel nostro paese, tuttora di dimensioni ipertrofiche.
Dobbiamo, in particolare, chiederci se non si possa ipotizzare una diversa articolazione della legge finanziaria che privilegi gli aspetti regolativi riconducibili alle tabelle e ai dati numerici, e che riduca il peso della parte normativa.
In questa prospettiva, la parte normativa sostanziale di maggiore rilevanza politica dovrebbe essere incanalata in appositi provvedimenti collegati a «corsia veloce», mentre per risolvere i problemi di minore portata si potrebbe ricorrere ad appositi strumenti legislativi per i quali potrebbero prefigurarsi procedure più agili eventualmente da definire già nella prossima legge di semplificazione legislativa.
In sostanza, è oramai del tutto chiaro che una soluzione seria ai problemi ripetutamente lamentati non può venire da proposte generiche e da analisi approssimative, che traggono origine da una scarsa informazione sulla legge finanziaria, che purtroppo molto spesso capita di dover sentire ma, piuttosto, da una attenta distinzione dei diversi ed eterogenei contenuti che oggi confluiscono nello stesso strumento e dalla individuazione di differenti procedure decisionali in relazione ai diversi tipi di intervento.
In ogni caso, è bene chiarire che le esigenze che attualmente si affollano intorno alla legge finanziaria traggono tutte origine da problemi reali che non riescono a trovare soluzione in corso d'anno e per la cui definizione si tratta, piuttosto, di trovare la via più appropriata e certa.
È perciò auspicabile che al più presto si possa riprendere il cammino già avviato, in particolare lo scorso anno, con il concorso del Governo e delle diverse forze politiche, in stretto raccordo con il Senato, per tirare le fila della complessa riflessione già svolta, che è stata pienamente confermata dall'esperienza di questa ultima legge finanziaria.
Questa può essere, a giudizio del relatore, l'unica risposta dignitosa, in quanto volta a valorizzare il ruolo e le prerogative del Parlamento, e proficua, dal punto di vista del miglioramento della qualità della legislazione, al disagio assai diffuso che la situazione determinatasi quest'anno ha suscitato.
Da parte del relatore non mancherà l'impegno per lavorare concretamente al fine di portare entro i primi mesi del prossimo anno all'attenzione dell'Assemblea una proposta organica della Commissione bilancio.
Guido CROSETTO, Relatore
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TESTO
DEL DISEGNO DI LEGGE N. 5310-bis-B
(LEGGE FINANZIARIA)
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TESTO
approvato dalla Camera
dei Deputati
| TESTO
modificato dal
Senato della Repubblica
| TESTO
della Commissione
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Artt. 1-16.
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Art. 1.
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Art. 1.
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(Omissis)
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1-99 (Omissis)
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I commi da 1 a 99, con i relativi elenchi, sono stati approvati dalla Commissione nel testo trasmesso dal Senato. Per essi si rinvia pertanto agli stampati n. 5310-bis-B e n. 5310-bis-B Errata-corrige.
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100. Ai fini del concorso delle autonomie regionali e locali al rispetto degli obiettivi di finanza pubblica, con decreti del Presidente del Consiglio dei ministri, da emanare previo accordo tra Governo, regioni e autonomie locali da concludere in sede di Conferenza unificata, per le amministrazioni regionali, gli enti locali di cui all'articolo 2, commi 1 e 2, del testo unico di cui al decreto legislativo 18 agosto 2000, n. 267, e gli enti del Servizio sanitario nazionale, sono fissati criteri e limiti per le assunzioni a tempo indeterminato per il triennio 2005-2007. Per ciascuno degli anni 2005, 2006 e 2007 le assunzioni, previa attivazione delle procedure di mobilità, devono essere contenute, fatta eccezione per il personale infermieristico del Servizio sanitario nazionale, entro percentuali non superiori al 20 per
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100. Ai fini del concorso delle autonomie regionali e locali al rispetto degli obiettivi di finanza pubblica, con decreti del Presidente del Consiglio dei ministri, da emanare previo accordo tra Governo, regioni e autonomie locali da concludere in sede di Conferenza unificata, per le amministrazioni regionali, gli enti locali di cui all'articolo 2, commi 1 e 2, del testo unico di cui al decreto legislativo 18 agosto 2000, n. 267, e gli enti del Servizio sanitario nazionale, sono fissati criteri e limiti per le assunzioni per il triennio 2005-2007, previa attivazione delle procedure di mobilità e fatte salve le assunzioni del personale infermieristico del Servizio sanitario nazionale. Le predette misure devono garantire, per le regioni e le autonomie locali, la realizzazione di economie di spesa lorde non inferiori a 213
Nota: Le parti modificate dal Senato rispetto al testo approvato dalla Camera sono stampate, nella seconda colonna, in neretto; le parti modificate dalla Commissione rispetto al testo trasmesso dal Senato sono stampate, nella terza colonna, in neretto corsivo.
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| cento per l'anno 2005, al 20 per cento per l'anno 2006 ed al 50 per cento per l'anno 2007 delle cessazioni dal servizio verificatesi nel corso dell'anno precedente tenuto conto, in relazione alla tipologia degli enti, della dimensione demografica, dei profili professionali del personale da assumere, della essenzialità dei servizi da garantire e della incidenza delle spese del personale sulle entrate correnti. Fino all'emanazione dei decreti di cui al presente comma trovano applicazione le disposizioni di cui al comma 97. Le province e i comuni che non abbiano rispettato le regole del patto di stabilità interno non possono procedere ad assunzioni di personale a qualsiasi titolo nell'anno successivo a quello del mancato rispetto. I singoli enti in caso di assunzioni di personale devono autocertificare il rispetto delle disposizioni del patto di stabilità interno per l'anno precedente quello nel quale vengono disposte le assunzioni. In ogni caso sono consentite, previa autocertificazione degli enti, le assunzioni connesse al passaggio di funzioni e competenze alle regioni e agli enti locali il cui onere sia coperto dai trasferimenti erariali compensativi della mancata assegnazione di unità di personale. Per le Camere di commercio, industria, artigianato e agricoltura e l'Unioncamere, con decreto del Ministero delle attività produttive, d'intesa con la Presidenza
| milioni di euro per l'anno 2005, a 572 milioni di euro per l'anno 2006, a 850 milioni di euro per l'anno 2007 e a 940 milioni di euro a decorrere dall'anno 2008 e, per gli enti del Servizio sanitario nazionale, economie di spesa lorde non inferiori a 215 milioni di euro per l'anno 2005, a 579 milioni di euro per l'anno 2006, a 860 milioni di euro per l'anno 2007 e a 949 milioni di euro a decorrere dall'anno 2008. Fino all'emanazione dei decreti di cui al presente comma trovano applicazione le disposizioni di cui al primo periodo del comma 97. Le province e i comuni che non abbiano rispettato le regole del patto di stabilità interno non possono procedere ad assunzioni di personale a qualsiasi titolo nell'anno successivo a quello del mancato rispetto. I singoli enti in caso di assunzioni di personale devono autocertificare il rispetto delle disposizioni del patto di stabilità interno per l'anno precedente quello nel quale vengono disposte le assunzioni. In ogni caso sono consentite, previa autocertificazione degli enti, le assunzioni connesse al passaggio di funzioni e competenze alle regioni e agli enti locali il cui onere sia coperto dai trasferimenti erariali compensativi della mancata assegnazione di unità di personale. Per le Camere di commercio, industria, artigianato e agricoltura e l'Unioncamere, con decreto del Ministero delle attività
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| del Consiglio dei ministri - Dipartimento della funzione pubblica e con il Ministero dell'economia e delle finanze, sono individuati specifici indicatori di equilibrio economico-finanziario, volti a fissare criteri e limiti per le assunzioni a tempo indeterminato, nel rispetto delle percentuali di cui al presente comma.
| produttive, d'intesa con la Presidenza del Consiglio dei ministri - Dipartimento della funzione pubblica e con il Ministero dell'economia e delle finanze, sono individuati specifici indicatori di equilibrio economico-finanziario, volti a fissare criteri e limiti per le assunzioni a tempo indeterminato, nel rispetto delle previsioni di cui al presente comma.
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Artt. 17-44.
(Omissis)
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101-580 (Omissis)
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I commi da 101 a 580, con i relativi elenchi, allegati e tabelle, sono stati approvati dalla Commissione nel testo trasmesso dal Senato. Per essi si rinvia pertanto agli stampati n. 5310-bis-B e n. 5310-bis-B Errata-corrige. | |
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