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PDL 5465

XIV LEGISLATURA

CAMERA DEI DEPUTATI

   N. 5465



 

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PROPOSTA DI LEGGE

d'iniziativa dei deputati

DAMIANI, COLLAVINI, FRANZ, LENNA, MARAN, MENIA,
MORETTI, ROMOLI, ROSATO, SARO

Disposizioni per favorire l'assistenza domiciliare ai cittadini anziani e disabili

Presentata il 29 novembre 2004


      

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Onorevoli Colleghi! - Il 1o ottobre 2004 il consiglio della regione autonoma Friuli Venezia Giulia ha approvato con voto unanime il provvedimento legislativo che stabilisce «Interventi per la qualificazione e il sostegno dell'attività di assistenza familiare». Con tale provvedimento la regione Friuli Venezia Giulia ha scritto una pagina ispirata al valore della solidarietà: ed è di speciale significato e auspicio che alla sua redazione abbiano concorso tutte le forze politiche rappresentate nel consiglio.
      Pressoché unanime è stata anche la decisione, contestualmente assunta, di proporre - i partiti di maggioranza assieme a quelli di opposizione, in un clima di operosa concordia - un provvedimento legislativo teso a recare modifiche alle norme attualmente in vigore in materia di immigrazione e al testo unico delle imposte sui redditi, di cui al decreto del Presidente della Repubblica 22 dicembre 1986, n. 917.
      La regione Friuli Venezia Giulia per prima nel Paese ha affrontato il delicato nodo utilizzando nella misura più ampia la propria potestà legislativa. Ma è stato giustamente sottolineato come siano necessari urgenti interventi nelle materie di competenza statale così che essi forniscano soluzioni corrette e soddisfacenti ai pesanti problemi che affliggono oggi le famig1ie con a carico persone non autosufficienti.
      In tale senso, sulla base dell'articolo 26 dello statuto della regione autonoma Friuli Venezia Giulia, a firma dei rappresentanti di quasi tutte le forze politiche presenti nell'assemblea elettiva, è stato predisposto
 

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un progetto di legge; e ora, animati dallo stesso spirito, noi parlamentari eletti in quella regione ci onoriamo di firmare tutti assieme, deputati di maggioranza e di opposizione, una proposta di legge che lo ricalca fedelmente.
      La figura la cui presenza nel nostro Paese e la cui attività lavorativa si vuole normare su più adeguati parametri, è quella dell'assistente familiare, meglio conosciuta nel linguaggio comune come «badante». Come è stato opportunamente rilevato nel corso del dibattito che ha preceduto il provvedimento di competenza regionale, tale termine corrisponde al «participio presente del verbo badare», che ha tra i suoi significati anche quello di attenzione prestata a chi ne ha bisogno, quindi di assistenza e cura. La fragilità delle persone anziane, dei disabili, di chi è temporaneamente o permanentemente privo di autonomia, richiede prestazioni di particolare delicatezza e generalmente insostituibili, a pena di compromettere lo stesso diritto alla vita dell'assistito.
      Condividendolo senza riserve, i deputati proponenti si affidano al testo illustrativo predisposto dai consiglieri della regione autonoma Friuli Venezia Giulia e lo fanno proprio.
      «Come noto, l'attività di assistenza familiare in Italia, in questi ultimi anni, è stata caratterizzata da una diffusa presenza di donne extracomunitarie provenienti da molti Paesi dell'est europeo, della regione balcanica e dei territori dell'ex Unione Sovietica. Si stima che le donne straniere presenti oggi in Italia per svolgere tale attività lavorativa siano circa 400.000. Si tratta quindi di un fenomeno con un significativo rilievo sociale, che è stato interessato dall'applicazione delle più recenti disposizioni legislative nazionali, la legge 30 luglio 2002, n. 189, ed il decreto-legge 9 settembre 2002, n. 195, convertito, con modificazioni, dalla legge 9 ottobre 2002, n. 222, relative all'emersione del lavoro irregolare nelle famiglie e nelle imprese private prestato da lavoratori extracomunitari privi del permesso di soggiorno. Per beneficiare di tali norme sono state presentate alle competenti prefetture-uffici territoriali del Governo ben 679.000 domande di regolarizzazione.
      Il fenomeno assume poi particolare rilevanza dal punto di vista del sistema dei servizi sociali poiché le donne extracomunitarie assicurano prestazioni lavorative che, per le loro caratteristiche e per le modalità di svolgimento temporale, non vedono, in genere, la disponibilità di donne italiane. Si tratta, quindi, di risorse umane importanti e talvolta indispensabili per il mantenimento dei livelli di assistenza, in particolare di quelli per le persone non autosufficienti.
      Per tale ragione, numerose sono state le iniziative di regioni (Veneto, Liguria Emilia Romagna, Toscana, Marche e Friuli Venezia Giulia), di province e di comuni (Reggio Emilia, Parma, Arezzo, Roma, Siena, eccetera) per assicurare un organico inserimento di tali attività nella rete locale dei servizi, con interventi finalizzati all'acquisizione delle necessarie capacità linguistiche e delle elementari abilità per un'assistenza continua alle persone. Non mancano, per tali finalità, neppure le iniziative formative effettuate, nell'ambito di rapporti e cooperazioni internazionali, direttamente nei Paesi di origine delle donne.
      Tali iniziative, che rientrano appieno nell'ambito delle potestà di cui sono titolari le regioni e le autonomie locali, risultano opportune anche per evitare, in particolare, che le donne richiedenti la regolarizzazione manifestino, subito dopo averla ottenuta, l'intendimento di svolgere altre attività lavorative, con un impegno orario meno pesante, facendo così venir meno preziosi supporti assistenziali, non sostituibili in genere dalle strutture residenziali di accoglienza.
      In tali situazioni si sono molto spesso registrati fenomeni di reperimento ulteriore di risorse umane extracomunitarie ottenute mediante canali d'ingresso non ufficiali nel nostro Paese e con una necessitata complicità delle famiglie, in netto contrasto con tutte le norme relative all'emersione delle irregolarità poste in essere dal legislatore nazionale.
      Quanto più sopra illustrato può ritenersi oggi una situazione generalizzata,
 

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anche se, per la sua natura, con una quantificazione incerta numericamente. Essa non è superabile senza un adeguato intervento legislativo che nel contempo consenta una ulteriore e trasparente regolarizzazione delle presenze irregolari, stimabile in qualche decina di migliaia di casi, e ponga in essere ulteriori strumenti per il governo del fenomeno stesso nell'ambito dei flussi di accesso.
      Rendere, poi, il peso economico dell'assistenza familiare meno oneroso per le famiglie, con la deducibilità delle spese per gli oneri previdenziali e assistenziali, sarebbe un intervento oltremodo opportuno in quanto favorirebbe indirettamente l'emersione del lavoro irregolare.
      Tali finalità sono perseguibili soltanto con specifiche norme di legge ovvero con atti aventi valore di legge, da assumere da parte del Governo, che si propone di promuovere e sollecitare con l'approvazione del presente progetto di legge elaborato ai sensi dell'articolo 26, primo comma, dello statuto.
      Con l'articolo 1 viene fissato un nuovo termine per la presentazione delle dichiarazioni di emersione del lavoro irregolare secondo le procedure già previste dall'articolo 33 della legge 30 luglio 2002, n. 189, in materia di immigrazione ed asilo. La norma novella testualmente il comma 1 di tale articolo e trattasi di contenuto peculiare di legge ordinaria.
      Con l'articolo 2 si intende promuovere la modificazione all'articolo 27 del testo unico di cui al decreto legislativo 25 luglio 1998, n. 286, concernente la disciplina dell'immigrazione, con l'introduzione di una ulteriore fattispecie di ingresso per lavoro nel nostro Paese in deroga alle quote previste dalla medesima normativa. Il personale da impegnare in attività di assistenza, beneficiario di tale possibilità, deve avere seguito una specifica attività di formazione nel Paese di origine. Per tali lavoratori viene prevista la medesima disciplina oggi in vigore per gli infermieri professionali assunti presso strutture sanitarie pubbliche e private, possibilità introdotta dal comma 1 dell'articolo 22 della legge 30 luglio 2002, n. 189.
      Con l'articolo 3, invece, si intende promuovere la modificazione all'articolo 10 del testo unico delle imposte sui redditi, di cui al decreto del Presidente della Repubblica 22 dicembre 1986, n. 917. Si propone di introdurre la totale deducibilità dei contributi previdenziali ed assistenziali versati per gli addetti all'assistenza a domicilio in favore di persone anziane o disabili in condizione di non autosufficienza o di ridotta autosufficienza. Il beneficio opera in favore delle persone obbligate di cui all'articolo 433 del codice civile, se fiscalmente a carico. Le spese sostenute devono essere relative a personale qualificato. La disposizione attualmente in vigore prevede la deduzione sino ad un importo annuo massimo di circa 1.800 euro».
 

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PROPOSTA DI LEGGE

Art. 1.
(Riapertura dei termini per la dichiarazione di emersione di lavoro irregolare).

      1. Chiunque, nei tre mesi antecedenti la data di entrata in vigore della presente legge, ha occupato alle proprie dipendenze persone di origine extracomunitaria, adibendole ad attività di assistenza a favore di anziani o disabili in situazione di non autosufficienza o di ridotta autosufficienza, a rischio di istituzionalizzazione, può denunciare, entro due mesi dalla data di entrata in vigore della presente legge, la sussistenza del rapporto di lavoro alla prefettura-ufficio territoriale del Governo competente per territorio mediante presentazione della dichiarazione di emersione nelle forme e secondo le modalità previste dall'articolo 33 della legge 30 luglio 2002, n. 189, e successive modificazioni.
      2. Ai fini della ricevibilità, alla dichiarazione di emersione di cui al comma 1 è allegata la certificazione medica della situazione di non autosufficienza o di ridotta autosufficienza del soggetto al quale è prestata assistenza ai sensi del medesimo comma 1.
      3. Per quanto non diversamente disposto dal presente articolo, trova applicazione l'articolo 33 della legge 30 luglio 2002, n. 189, e successive modificazioni.

Art. 2.
(Ingresso per attività
di assistenza familiare).

      1. Dopo la lettera r-bis) del comma 1 dell'articolo 27 del testo unico delle disposizioni concernenti la disciplina dell'immigrazione e norme sulla condizione dello straniero, di cui al decreto legislativo

 

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25 luglio 1998, n. 286, è aggiunta la seguente:
          «r-ter) personale da impiegare in attività di assistenza a favore di anziani o disabili in situazione di non autosufficienza o di ridotta autosufficienza, a rischio di istituzionalizzazione, accertata dalle autorità mediche competenti, che abbiano seguito una specifica attività di formazione nel Paese d'origine».

Art. 3.
(Deducibilità degli oneri previdenziali e assistenziali connessi all'attività di assistenza familiare).

      1. Al comma 2 dell'articolo 10 del testo unico delle imposte sui redditi, di cui al decreto del Presidente della Repubblica 22 dicembre 1986, n. 917, e successive modificazioni, in materia di oneri deducibili, le parole: «e all'assistenza personale o familiare» sono soppresse.
      2. Dopo il comma 2 dell'articolo 10 del testo unico di cui al decreto del Presidente della Repubblica 22 dicembre 1986, n. 917, come da ultimo modificato dal comma 1 del presente articolo, in materia di oneri deducibili, è inserito il seguente:
          «2-bis. Sono interamente deducibili i contributi previdenziali e assistenziali versati per gli addetti all'attività di assistenza a domicilio a favore di persone anziane o disabili in situazione di non autosufficienza o di ridotta autosufficienza, a rischio di istituzionalizzazione, accertata dalle autorità mediche competenti. Tale disposizione si applica anche relativamente alle persone di cui all'articolo 433 del codice civile, se fiscalmente a carico. Gli addetti all'attività di assistenza devono avere frequentato appositi programmi di formazione, organizzati anche a livello locale».


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