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CAMERA DEI DEPUTATI
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N. 5462 |
Fonte ISTAT anno 2001
Le ragioni di una situazione così allarmante sono molteplici, tuttavia una seria politica orientata al benessere socio-economico della famiglia sostanziata da concreti atti normativi la può migliorare.
Già molto è stato fatto ma, evidentemente, non a sufficienza per invertire questa tendenza: servizi sociali e educativi, politica dei tempi, affiancamento della famiglia nei suoi compiti peculiari, aiuti economici sono questioni che, seppure già affrontate da atti normativi, devono trovare una adeguata applicazione ed una seria programmazione da parte dei soggetti istituzionali competenti.
C'è però un terreno ancora inesplorato, dove tentare di rendere compatibili tra loro le ragioni della singola azienda, la buona efficienza del sistema economico e la doverosa tutela e sostegno della maternità e della paternità.
Ci si riferisce a quelle situazioni nelle quali la maternità e la paternità possono divenire punti di debolezza nell'organizzazione dell'impresa, soprattutto nelle piccole realtà produttive, che hanno costituito e tuttora rappresentano una parte rilevante del PIL nazionale.
Alcuni istituti normativi sono già riconosciuti dalla legge 8 marzo 2000, n. 53, ove all'articolo 9 «Misure a sostegno della flessibilità di orario» e all'articolo 10 «Sostituzione di lavoratori in astensione», si stabilisce la possibilità di definire accordi contrattuali che prevedono azioni positive per la flessibilità, l'anticipo di un mese per la sostituzione della maternità, lo sgravio contributivo del 50 per cento per le sostituzioni, nelle imprese con meno di venti dipendenti, comprendendo anche il caso di astensione facoltativa fino al compimento di un anno di età del minore.
Tuttavia, ove la legislazione del lavoro non riconosce le stesse tutele ai lavoratori come quelle previste nella media, grande impresa, si verificano spesso situazioni di ricatto e di esclusione per le donne: nelle cronache giornalistiche vengono riportate storie di intimidazione nei confronti delle lavoratrici in età fertile, certo già giuridicamente e penalmente condannabili ma anche facilmente occultabili con artifizi e stratagemmi a carico della parte oggettivamente più debole.
La condanna di comportamenti eticamente e giuridicamente ingiustificabili non deve essere disgiunta dalla concretezza e dalla volontà di contenere questi episodi. È necessario capire quali possono essere i motivi che determinano comportamenti illeciti da parte di alcuni titolari di piccole imprese e rimuoverne le cause, privando di ogni possibile alibi coloro che fanno della negazione di diritti inalienabili, come quelli della maternità e della vita, la condizione per il loro successo economico.
È innegabile che nelle imprese l'aspetto organizzativo rappresenta un fattore importante
Parziale ma significativa è la tabella seguente che riporta il numero delle imprese artigiane del Veneto, i lavoratori dipendenti e la loro presenza media per categoria produttiva:
Fonte: Osservatorio EBAV
Come si può osservare la media dei dipendenti delle imprese artigiane del Veneto è di 4,4 lavoratori per struttura.
Nelle piccole e piccolissime imprese si instaurano rapporti fiduciari diretti, sia tra datore di lavoro e dipendente, che tra quest'ultimo e cliente; in alcuni settori la presenza costante dell'addetto in particolari mansioni frontline è segnale di continuità nella qualità dei servizi o dei beni prodotti.
Quanto più è qualificato il lavoratore tanto più problematica è la sua sostituzione, per cui, oltre alle difficoltà sopra esposte, l'azienda è soggetta ad oneri e costi per la formazione del sostituto, il suo inserimento nel processo produttivo, l'equilibrio dell'équipe ed il mantenimento di un sereno clima aziendale.
Tali problematiche sono vieppiù presenti nelle cooperative sociali, di cui alla legge 8 novembre 1991, n. 381, il cui organico, oltre ad avere spesso professionalità di media alta qualificazione, eroga servizi sociali di interesse collettivo, la cui bontà si misura in qualità, continuità e costanza.
Oltre ai costi interni, sono da considerare anche quelli determinati dalle sofferenze del mercato indotte proprio dalla sostituzione del/la dipendente qualificato/a divenendo problematico il mantenimento della posizione di mercato ottenuta nel tempo attraverso la continuità della qualità dei beni e dei servizi.
Il primo problema, quindi, è rappresentato dall'individuazione dei soggetti titolari delle agevolazioni, che, come rapportato sopra, l'attuale normativa tralascia di citare limitandosi a considerare aziende genericamente al di sotto di cinquanta e venti dipendenti, lasciando nel vago il puntuale riconoscimento dei diritti delle lavoratrici o lavoratori proprio dove più frequentemente sono sottoposti a ricatti e cioè in piccolissime aziende dove, infatti, più si fanno sentire i disagi della sostituzione di lavoratori qualificati.
È, quindi, necessario selezionare le imprese che, nel vasto mondo della produzione di beni e servizi, possono trovare le maggiori difficoltà al presentarsi di gravidanze delle loro dipendenti, quelle che fra tutte le tipologie di impresa, in qualsiasi forma giuridica costituite, abbiano non più di cinque dipendenti a tempo indeterminato, a professionisti, anche in forma associata, fino a tre dipendenti ed alle cooperative sociali, di cui alla legge 8 novembre 1991, n. 381, senza vincoli di organico.
È innegabile che tutte le situazione di disagio descritte poc'anzi si concentrino soprattutto nelle imprese di queste dimensioni; inoltre, tali agevolazioni non costituiscono un pesante aggravio dei conti pubblici, mantenendo l'equilibrio definito con il patto di stabilità ed il trattato di Maastricht, anche per l'effetto positivo indotto dall'eventuale mantenimento in servizio della sostituta/o favorito dalla integrazione presentata.
Nel merito delle agevolazioni, la proposta di integrazione del testo unico di cui al decreto legislativo n. 151 del 2001 interviene sui tempi di assunzione delle sostitute/i anticipandoli fino a tre mesi dalla data di inizio dell'astensione obbligatoria e riconoscendo sgravi contributivi del 100 per cento sui salari delle sostitute/i, per il periodo di astensione obbligatoria della lavoratrice in gravidanza.
1. La presente legge definisce le agevolazioni da riconoscere alle piccole imprese fino a cinque dipendenti, in qualsiasi forma giuridica costituite, ai professionisti anche in forma associata fino a tre dipendenti e alle società cooperative sociali di cui alla legge 8 novembre 1991, n. 381, e successive modificazioni, senza limiti di dipendenti e di soci lavoratori. Le agevolazioni sono volte a ridurre le difficoltà organizzative derivanti da sopraggiunti stati di maternità delle proprie dipendenti e per congedi di paternità o parentali dei dipendenti, che possono riflettersi sugli standard qualitativi e quantitativi delle prestazioni erogate o dei prodotti offerti, compromettendo la propria posizione sul mercato.
2. Sono fatte salve le disposizioni previste dal testo unico di cui al decreto legislativo 26 marzo 2001, n. 151, e successive modificazioni.
1. Le agevolazioni si applicano alle imprese e alle cooperative sociali di cui all'articolo 1 della presente legge che abbiano da uno a più dipendenti o soci lavoratori con contratto di lavoro a tempo indeterminato, in congedo per maternità o per paternità oppure dipendenti genitori o soci lavoratori genitori, sempre con contratto a tempo indeterminato, che usufruiscano dei periodi di congedo parentale previsti dal testo unico di cui al decreto legislativo 26 marzo 2001, n. 151, e successive
1. Il limite temporale di cui al comma 2 dell'articolo 4 del testo unico di cui al decreto legislativo 26 marzo 2001, n. 151, e successive modificazioni, per la sostituzione di personale qualificato viene in ogni caso ampliato fino a novanta giorni nei casi di astensione obbligatoria per maternità; negli altri casi la sostituzione può essere anticipata per un periodo comunque non superiore alla durata del congedo ed in ogni caso per non più di novanta giorni.
2. Nei casi previsti all'articolo 2 della presente legge, lo sgravio contributivo di cui al primo periodo del comma 3 dell'articolo 4 del testo unico di cui al decreto legislativo 26 marzo 2001, n. 151, viene elevato al 100 per cento, sia a favore del datore di lavoro che del lavoratore assunto in sostituzione, qualora il rapporto si mantenga per tutta la durata dell'astensione obbligatoria o, nel caso di congedi di maternità, paternità e parentali, se la durata degli stessi è di almeno due mesi continuativi nell'anno. Il beneficio è riconosciuto e conguagliato nella retribuzione relativa all'ultimo mese di sostituzione.
3. Nel caso le parti interessate, datore di lavoro, sostituito e sostituto, concordino un periodo di sostituzione di almeno dodici mesi, inclusi quelli che precedono l'astensione obbligatoria, all'indennità spettante nel periodo di astensione facoltativa a carico dell'Istituto nazionale della previdenza sociale si aggiunge una indennità di pari valore, ovvero del 30 per cento, a carico del datore di lavoro. Quest'ultimo, a valere quale contributo di formazione professionale del sostituto lavoratore, beneficia di un credito d'imposta di pari importo, ovvero del 30 per cento, da utilizzare nella dichiarazione dei redditi relativa al periodo in cui si manifesta il requisito temporale del dodicesimo
1. È facoltà delle regioni e delle province autonome di Trento e di Bolzano definire, nell'ambito dell'autonomia impositiva decentrata, analoghi provvedimenti di sostegno alla piccola impresa, nel rispetto dei princìpi contenuti nella presente legge.
1. Al fine di conferire organicità e sistematicità alle norme in materia di tutela e sostegno della maternità e della paternità, entro sei mesi dalla data di entrata in vigore della presente legge, il Governo è delegato ad apportare le
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