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PDL 1798-E-bis

XIV LEGISLATURA


CAMERA DEI DEPUTATI

   N. 1798-E-bis



 

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RELAZIONE DELLA VIII COMMISSIONE PERMANENTE
(AMBIENTE, TERRITORIO E LAVORI PUBBLICI)

presentata alla Presidenza il 18 novembre 2004

(Relatore di minoranza: VIANELLO)

sul

DISEGNO DI LEGGE

APPROVATO DALLA CAMERA DEI DEPUTATI
il 2 ottobre 2002 (v. stampato Senato n. 1753)

MODIFICATO DAL SENATO DELLA REPUBBLICA
il 14 maggio 2003 (v. stampato Camera n. 1798-B)

NUOVAMENTE MODIFICATO DALLA CAMERA DEI DEPUTATI
il 15 ottobre 2003 (v. stampato Senato n. 1753-B)

NUOVAMENTE MODIFICATO DAL SENATO DELLA REPUBBLICA
il 14 ottobre 2004

presentato dal ministro dell'ambiente e della tutela del territorio
(MATTEOLI)

di concerto con il ministro delle attività produttive
(MARZANO)

con il ministro delle infrastrutture e dei trasporti
(LUNARDI)

 

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con il ministro delle politiche agricole e forestali
(ALEMANNO)

con il ministro dell'economia e delle finanze
(TREMONTI)

con il ministro della giustizia
(CASTELLI)

con il ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca
(MORATTI)

con il ministro per la funzione pubblica
(FRATTINI)

con il ministro per gli affari regionali
(LA LOGGIA)

con il ministro per le politiche comunitarie
(BUTTIGLIONE)

e con il ministro per l'innovazione e le tecnologie
(STANCA)

Delega al Governo per il riordino, il coordinamento e l'integrazione della legislazione in materia ambientale e misure di diretta applicazione

Trasmesso dal Presidente del Senato della Repubblica il 16 ottobre 2004
 

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Onorevoli Colleghi! - Il 19 ottobre 2001 il Governo ha presentato il disegno di legge n. 1798 dal titolo «Delega al Governo per il riordino, il coordinamento e l'integrazione della legislazione in materia ambientale».
      Il disegno di legge, cosa inusuale per una «legge delega», da allora è stato sottoposto a quattro esami dalle Assemblee della Camera e del Senato.
      Il decreto torna ora in quinta lettura alla Camera.
      È il segno che l'ambizioso programma del Governo di centrodestra di riscrivere la legislazione nazionale vigente in materia ambientale è fallito.
      È la dimostrazione palese che la richiesta del centrosinistra di provvedere ad una rilettura, anche critica, da parte di Camera e Senato di ogni singola legge vigente avrebbe garantito un sicuro adeguamento ed ammodernamento della legislazione in materia anche alla luce delle novità introdotte nel tempo dalla giurisprudenza comunitaria.
      Tuttavia, nel corso di questi anni, il Governo di centrodestra è intervenuto attraverso singoli provvedimenti che hanno contribuito a rendere inorganica e confusa la legislazione in materia di acqua, di rifiuti, di energia, di valutazione di impatto ambientale, senza peraltro aver ottenuto risultati tangibili.
      In particolare, possiamo ricordare le procedure previste per la valutazione di impatto ambientale alla quale devono essere sottoposte le opere strategiche di interesse nazionale (legge n. 443/2001), le modalità previste per lo smaltimento dei rifiuti nucleari, il tentativo maldestro di ridefinire la nozione di rifiuto.
      Si tratta in gran parte di provvedimenti sui quali sono in atto procedure di infrazione o si è già pronunciata la Corte di Giustizia Europea, in quanto il Governo italiano ha emanato norme contrastanti con la giurisprudenza comunitaria.
      Possiamo quindi affermare senza timore di smentita che in questi tre anni il Governo di centrodestra ha attuato anche in materia ambientale una politica contro l'Europa.
      Si inseriscono inoltre in una politica più generale attuata dal Governo incentrata sulla decisione di «fare cassa» attraverso la politica dei condoni.
      Il condono edilizio, che peraltro ha dato scarsi risultati dal punto di vista finanziario, rappresenta il segno culturale più evidente di una politica irrispettosa dell'ambiente del territorio, dei beni culturali.
      Il testo all'attenzione dell'Assemblea è il frutto della quarta lettura avvenuta al Senato.
      Tale testo contiene dopo la quarta lettura, a seguito di un maxi emendamento del Governo, norme (dal comma 32 al comma 39) che prefigurano, anche modificando il «codice Urbani» recentemente approvato, un vero e proprio condono edilizio e paesaggistico.
      Appare grave che venga usata la nota vicenda di Punta Perotti nel comune di Bari (commi 32, 33, 34) per giustificare misure che, se approvate, determinerebbero la possibilità di condonare da un punto di vista edilizio e paesistico abusi verificatisi nelle aree vincolate del Paese.
      Appare tanto più pretestuosa la scelta di intervenire, attraverso lo strumento legislativo, nella demolizione del complesso di Punta Perotti, nel momento in cui il contenzioso in atto, che vede parte attiva la stessa magistratura, appare tutt'altro che risolto. Le norme proposte sicuramente complicheranno lo stato di cose esistenti.
 

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      Avevamo avuto modo, nelle precedenti relazioni di minoranza, di criticare la scelta del Governo di usare lo strumento della «Delega ambientale» per aggiungere una parte di norme di immediate applicazione.
      Eventualmente, le materie trattate dovevano essere oggetto di specifici provvedimenti legislativi.
      Nel provvedimento alla nostra attenzione le misure in materia di condono appaiono perciò ancora più gravi.
      La demolizione degli edifici di Punta Perotti è il pretesto per poter condonare nelle aree vincolate.
      Questa è la novità, grave, alla nostra attenzione.
      Abbiamo infatti già fatto rilevare come i nuovi commi introdotti dal maxi emendamento alla «Delega ambientale» costituiscano una sorta di vero e proprio condono edilizio-paesaggistico.
      I nuovi commi 32-39 disegnano una sanatoria degli effetti penali, amministrativi, e di conseguenza anche civilistici (l'alienabilità delle costruzioni abusive), dei lavori edilizi e delle trasformazioni di ogni genere compiuti in violazione delle norme di tutela paesistica prevista dalle «leggi Bottai» del 1939, dalla legge «Galasso», dalla legge n. 394/91 e dal recente codice dei beni culturali e paesaggistici («Codice Urbani»).
      Ciò è ancor più grave poiché sono interessate al condono le aree di maggior pregio ambientale in tutto il territorio nazionale, aree tutelate dai principi fondamentali dettati dall'articolo 9 della Costituzione. Si tratta di aree che costituiscono la vera ricchezza materiale ed immateriale del nostro Paese.
      La nuova sanatoria è disciplinata attraverso un'articolazione in due regimi:

          1) le violazioni compiute fino al 30 settembre 2004;

          2) le violazioni presenti e future. Questa seconda parte innesca un meccanismo condonatorio a regime. Si tratta di una sorta di incitamento all'abuso.

      La sanatoria per le violazioni già compiute non ha limiti, né di tipologia, né di materiali utilizzati, né di volumi. Richiede solo il pagamento di una sanzione pecuniaria maggiorata e di una sanzione pecuniaria aggiuntiva da 3.000 a 50.000 euro e richiede un atto atipico, inesistente nella legislazione, «l'accertamento di compatibilità paesaggistica».
      È evidente che tale norma si propone di dichiarare compatibili col paesaggio opere realizzate in violazione delle norme di tutela del paesaggio stesso (vedi comma 37).
      Invece, la normativa per le sanatorie presenti e future prevede sì un parere vincolante della Soprintendenza ed esclude nuovi volumi e nuove superfici utili, ma non esclude, ad esempio, i cambi di destinazione d'uso. Viene inoltre previsto che la rimessione in pristino da parte del trasgressore, prima che intervenga la condanna, estingue il reato.
      Abbiamo elencato sinteticamente alcuni aspetti della sanatoria che il Governo di centro-destra propone all'approvazione del Parlamento.
      Il dibattito in Commissione ha fatto emergere diverse interpretazioni delle norme in oggetto da parte degli stessi parlamentari del centro-destra, dimostrando come il testo alla nostra attenzione sia confuso, di difficile interpretazione, occasione di infiniti contenziosi.
      Appare perciò quantomeno bizzarro che tali norme contro l'ambiente e la tutela costituzionale del paesaggio siano contenute in una «Delega Ambientale», che aveva come propria finalità il miglioramento della legislazione ambientale.
      Nel merito del contenuto della «Delega Ambientale» vera e propria, pur nella consapevolezza che il Senato non ha apportato alcuna modifica al relativo testo, ribadiamo, come in altre occasioni, alcune considerazioni.
      Riconosciamo la necessità di intervenire organicamente, anche attraverso lo strumento della delega, sulla legislazione ambientale.
      Si creano tuttavia due problemi:

          a) il segno politico e programmatico di tale intervento;

          b) la constatazione che non tutta la legislazione ambientale va riscritta radicalmente.

 

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      Riteniamo si debba riordinare e coordinare, mediante la redazione di testi unici, la disciplina legislativa in materia di:

          1) gestione dei rifiuti, a partire dalla ridefinizione del termine di rifiuto;

          2) tutela delle acque dall'inquinamento e gestione delle risorse idriche, soprattutto al fine di rafforzare la convinzione che l'acqua è un bene pubblico indisponibile, a differenza della gestione del ciclo idrico integrato che può essere affidata ad opportuni processi di liberalizzazione, anche al fine di reperire risorse finanziarie (pubbliche e private) per realizzare gli ingenti investimenti dei quali abbisogna il nostro Paese;

          3) difesa del suolo e lotta alla desertificazione;

          4) gestione delle aree protette;

          5) tutela dell'aria e riduzione delle emissioni in atmosfera, procedendo sollecitamente a rispettare gli impegni che il nostro Paese si è assunto al momento della sottoscrizione del Protocollo di Kyoto.

      Altre tematiche andrebbero invece diversamente disciplinate, integrate e ridefinite:

          1) tutela risarcitoria contro i danni all'ambiente e reati ambientali e bonifica dei siti inquinati; si tratta di definire una legislazione che, anche applicando modelli sperimentati in altri Paesi occidentali, aiuti il processo di recupero del territorio, dia certezza alla magistratura, e alle istituzioni locali nella lotta all'abusivismo e ad ogni attentato contro i beni ambientali;

          2) procedure per la valutazione di impatto ambientale (VIA), per la autorizzazione ambientale integrata (IPPC) e per la valutazione ambientale strategica (VAS), recependo le normative comunitarie in materia. Va sottolineato come l'Italia sia inadempiente in materia ed oggetto di numerose procedure di infrazione comunitaria per l'applicazione della valutazione di impatto ambientale;

          3) tutela del mare e dell'ambiente marino nazionale;

          4) strumenti economici, fiscali e finanziari per la tutela dell'ambiente e per lo sviluppo sostenibile.

      Nella redazione dei testi unici, o delle nuove leggi si ritiene che debbano essere seguiti i seguenti criteri e princìpi direttivi generali:

          a) garantire la salvaguardia, la tutela e il miglioramento della qualità dell'ambiente; la protezione della salute umana; l'utilizzazione accorta e razionale delle risorse naturali; la promozione sul piano internazionale delle norme destinate a risolvere i problemi dell'ambiente a livello locale, regionale, nazionale, comunitario e mondiale, come indicato dall'articolo 174 del trattato dell'Unione europea;

          b) coordinamento, con l'invarianza del gettito, delle misure e degli interventi che prevedono incentivi e disincentivi, finanziari o fiscali, volti a sostenere, ai fini della compatibilità ambientale, l'introduzione e l'adozione delle migliori tecnologie disponibili, così come definite dalla direttiva 96/61/CE, tese a rendere più efficienti le azioni di tutela dell'ambiente, a sostenere accordi volontari tra amministrazioni ed imprese finalizzati alla tutela ambientale al risparmio e all'efficienza energetica, nonché agevolare fiscalmente l'emissione di titoli finalizzati alla raccolta di risorse finanziarie da utilizzare per la tutela dell'ambiente;

          c) piena e coerente attuazione delle direttive comunitarie, al fine di garantire elevati livelli di tutela dell'ambiente e di contribuire in tale modo alla stessa competitività dei sistemi territoriali e delle imprese, evitando fenomeni di distorsione della concorrenza;

          d) applicazione dei seguenti principi: il principio di prevenzione, tendente ad evitare la creazione di inquinanti o danni ambientali; il principio di precauzione, affinché, di fronte a pericoli di danni gravi o irreparabili, la mancanza di piena cer

 

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tezza scientifica non impedisca l'adozione di misure efficaci per la prevenzione dei rischi; il principio di correzione e riduzione, per quanto possibile, degli inquinamenti e dei danni ambientali che si siano già verificati; il principio «chi inquina paga», fermi restando gli interventi pubblici diretti a promuovere il risanamento ambientale e l'adozione di nuove tecnologie;

          e) previsione di misure che assicurino la tempestività e l'efficacia dei piani e dei programmi di tutela ambientale, nonché dei controlli e dei monitoraggi ambientali, anche attraverso la valorizzazione delle funzioni svolte dal sistema delle agenzie, con particolare riferimento al controllo preventivo;

          f) garanzia di una più efficace tutela in materia ambientale, anche mediante il coordinamento e l'integrazione della disciplina del sistema sanzionatorio, amministrativo e penale, fermi restando i limiti di pena e l'entità delle sanzioni amministrative già stabiliti dalla legge;

          g) semplificazione, anche mediante l'emanazione di regolamenti, ai sensi dell'articolo 17, comma 2, della legge 23 agosto 1988, n. 400, delle procedure relative agli obblighi di dichiarazione, di comunicazione, di documenti o di codificazione in materia ambientale;

          h) riaffermazione e valorizzazione del ruolo delle regioni, sia in termini legislativi che amministrativi, adeguando le disposizioni legislative a quanto previsto dall'articolo 117 della Costituzione e tenendo conto della interconnessione della normativa in materia di tutela dell'ambiente con la normativa in materia di governo del territorio, alla valorizzazione del controllo preventivo del sistema agenziale, nonché alla promozione delle componenti ambientali nella formazione e nella ricerca;

          i) adozione di strumenti economici volti ad incentivare l'adesione delle imprese, con particolare riferimento a quelle piccole o medie, ai sistemi di certificazione ambientale secondo le norme EMAS o in base al Regolamento 761/2001/CE, del Parlamento Europeo e del Consiglio, del 19 marzo 2001 e ad estendere il ricorso ad accordi volontari; introdurre agevolazioni amministrative negli iter autorizzativi e di controllo per le imprese certificate secondo le predette norme EMAS o in base al citato Regolamento 761/2001/CE, prevedendo, ove possibile, il ricorso all'autocertificazione.

      Andrebbero inoltre rispettati i seguenti principi e criteri specifici:

          a) in applicazione delle direttive comunitarie in materia, arrivare ad una definizione certa del termine «rifiuto»; nelle attività di gestione dei rifiuti deve essere garantita una elevata protezione dell'ambiente e della salute umana nonché l'efficienza nei controlli al fine di contrastare l'elusione e la violazione degli obblighi di smaltimento; la gestione dei rifiuti deve conformarsi ai princìpi di responsabilità condivisa di tutti i soggetti coinvolti, dalla produzione, alla distribuzione, all'utilizzo e al consumo di beni da cui originano i rifiuti; deve essere favorita, in via prioritaria, la prevenzione e la riduzione della produzione e della pericolosità dei rifiuti, nonché perseguita la riduzione dello smaltimento finale, in particolare modo l'uso della discarica, potenziando le attività di riutilizzo, di riciclaggio e di recupero di materia ed energia dai rifiuti; lo smaltimento deve essere effettuato in impianti che garantiscano un alto grado di protezione dell'ambiente e della salute umana; deve essere realizzata l'autosufficienza nello smaltimento dei rifiuti urbani in ambiti territoriali ottimali e dei rifiuti speciali a livello nazionale; deve essere promosso, nelle operazioni di recupero e smaltimento, l'uso delle migliori tecnologie a disposizione e la specializzazione tecnologica degli impianti; al fine di favorire la prevenzione ed il recupero dei rifiuti possono essere impiegati strumenti economici e fiscali ovvero stipulati specifici accordi e contratti di programma tra le autorità competenti e i soggetti economici interes

 

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sati prevedendo agevolazioni amministrative, fiscali ed economiche; bisogna assicurare l'unitarietà della gestione dei rifiuti urbani all'interno degli ambiti territoriali da attuarsi anche a mezzo di più soggetti operativi per sub-ambiti o per specializzazioni di servizio; garantire l'applicazione omogenea sul territorio nazionale della tassa sullo smaltimento e della tariffa sui rifiuti urbani, anche mediante la revisione dell'istituto per quanto riguarda le modalità di affidamento della riscossione da parte degli enti locali; rafforzare gli strumenti di informazione alla cittadinanza, anche al fine di incentivare la raccolta differenziata;

          b) accelerare le procedure per la bonifica ed il riuso dei siti contaminati: allo scopo, lo Stato deve destinare le necessarie risorse finanziarie, incentivando inoltre il ricorso a risorse finanziarie e private; particolare attenzione va destinata agli interventi per la messa in sicurezza e la bonifica dei siti contaminati da amianto; va istituito un fondo nazionale di sicurezza, finanziato mediante un'imposta a carico dei fabbricanti di prodotti chimici, petroliferi e potenzialmente inquinanti e, comunque, delle imprese che producono rifiuti tossici, commisurata alla pericolosità dei prodotti ed all'adozione da parte delle imprese medesime delle migliori tecnologie per la riduzione dell'impatto ambientale, da utilizzare per la bonifica dei siti contaminati da aziende non più operanti o da soggetti ignoti;

          c) dare piena attuazione alla gestione del ciclo idrico integrato, semplificando i procedimenti, anche mediante l'emanazione di regolamenti, ai sensi dell'articolo 17, comma 2, della legge 23 agosto 1988, n. 400, al fine di renderli rispondenti alle finalità ed agli obiettivi fondamentali definiti dalla legge 5 gennaio 1994, n. 36 e dalla direttiva 2000/60/CE; promuovere il risparmio idrico favorendo l'introduzione e la diffusione delle migliori tecnologie per l'uso e il riutilizzo della risorsa, anche attraverso l'incentivazione delle doppie condutture e degli acquedotti industriali; pianificare, programmare ed attuare interventi diretti a garantire la tutela e il risanamento dei corpi idrici superficiali e sotterranei, previa ricognizione degli stessi, al fine di renderli rispondenti alle finalità e agli obiettivi del decreto legislativo 11 maggio 1999, n. 152; accelerare la piena attuazione della gestione del ciclo idrico integrato a livello di ambito territoriale ottimale nel rispetto dei princìpi di regolazione e vigilanza definiti a livello statale e regionale, come previsto dalla legge n. 36 del 1994 e dalla direttiva 2000/60/CE, semplificando i procedimenti e precisando i poteri sostitutivi; prevedere, nella costruzione e sostituzione di nuovi impianti di trasporto e distribuzione dell'acqua, l'obbligo di utilizzo di sistemi anticorrosivi di protezione delle condotte, sia interni che esterni; favorire il ricorso alla finanza di progetto per la costruzione di nuovi impianti;

          d) mantenere l'impianto normativo delineato dalla legge 183 del 1989 nel rispetto dei seguenti criteri: mantenere l'unitarietà fisica dei bacini idrografici prevedendo, nel contempo, il conferimento di maggiori compiti e funzioni alle regioni e agli enti locali; superare la distinzione dei livelli delle Autorità di bacino prevedendo un modello organizzativo-istituzionale unico di autorità che tra l'altro assicuri uniformità di criteri e di metodologie di intervento sull'intero territorio nazionale; garantire una adeguata autonomia finanziaria delle Autorità di bacino; ricondurre il procedimento di formazione del piano di bacino all'interno dell'Autorità di bacino consolidando le capacità prescrittive di queste e potenziando la fase di partecipazione degli enti locali, delle regioni e dei diretti interessati alla formazione del piano medesimo; prevedere modalità uniformi per l'analisi del rischio idrogeologico; potenziare i meccanismi volti ad assicurare un'adeguata conoscenza geologica del territorio; inserire tra i compiti dell'Autorità di bacino il rilascio delle concessioni di derivazione delle acque pubbliche, tenendo in particolare conto di quanto previsto dall'articolo 2, comma 15 e dall'articolo 3 della direttiva 2000/60/CE del Parlamento europeo e del Consiglio

 

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che istituisce un quadro per l'azione comunitaria in materia di acque; rafforzare gli strumenti di informazione alla cittadinanza dando particolare rilevanza al ruolo svolto dal volontariato; confermare i principi e le finalità della legge n. 183 del 1989, adeguando la normativa anche secondo le proposte contenute nel documento conclusivo della indagine conoscitiva sulla difesa del suolo approvato nel corso della XIII legislatura; rimuovere gli ostacoli che rallentano il conseguimento della piena operatività degli organi amministrativi e tecnici preposti alla tutela ed al risanamento del suolo e del sottosuolo superando la sovrapposizione tra i diversi piani settoriali di rilievo ambientale e coordinandoli con i piani urbanistici; valorizzare il ruolo e le competenze degli organismi a composizione mista statale e regionale; adeguare la disciplina sostanziale e procedurale dell'attività di pianificazione, programmazione ed attuazione di interventi di risanamento idrogeologico del territorio e della messa in sicurezza delle situazioni a rischio; adeguare la disciplina sostanziale e procedurale della normativa e delle iniziative finalizzate a combattere la desertificazione, anche mediante l'individuazione di programmi utili a garantire maggiore disponibilità della risorsa idrica ed il riuso della stessa; semplificare il procedimento di adozione ed approvazione degli strumenti di pianificazione con la garanzia della partecipazione di tutti i soggetti istituzionali coinvolti e la certezza dei tempi di conclusione dell'iter procedimentale; garantire l'attuazione del Piano nazionale per la lotta alla siccità e alla desertificazione e delle attività previste dalle deliberazioni del CIPE del 21 dicembre 1999 e del 3 maggio 2001;

          e) confermare i princìpi e le finalità della legge n. 394 del 1991; estendere la percentuale di territorio e di ambienti marini sottoposti a tutela, conservazione e valorizzazione ambientale ai sensi della legge 6 dicembre 1991, n. 394 e della legge 31 dicembre 1982, n. 979, mediante inserimento di ulteriori aree, terrestri e marine, di particolare pregio; articolare le misure di salvaguardia in relazione alle linee fondamentali della Carta della Natura, classificando le aree protette sulla base dei princìpi e delle finalità stabiliti dalla legge n. 394 del 1991 e valorizzare le specificità delle diverse situazioni territoriali; favorire lo sviluppo di forme di autofinanziamento tenendo in considerazione le diverse situazioni geografiche, territoriali e ambientali delle aree protette; favorire l'uso efficiente ed efficace delle risorse assegnate alle aree protette dallo Stato, dalle regioni e dagli enti locali; favorire la conclusione di accordi di programma con le organizzazioni del terzo settore, dell'industria, artigianato, agricoltura e commercio, finalizzati alla conservazione e alla valorizzazione del patrimonio naturale delle aree e allo sviluppo di attività economiche compatibili con le finalità istitutive dei parchi;

          f) per quanto riguarda la disciplina delle ipotesi di danno ambientale:

              1) conferma del principio generale della risarcibilità del danno ambientale, intesa come stabile e significativo deterioramento di una o più componenti ambientali o di interi ecosistemi;

              2) adozione di un regime generale di responsabilità basata sulla colpa;

              3) individuazione specifica delle attività alle quali si applichi un regime speciale fondato sulla responsabilità oggettiva per rischio aggravato, secondo la convenzione di Lugano sulla responsabilità per attività pericolose, sottoscritta dall'Italia in data 21 giugno 1993;

              4) previsione del carattere prioritario del ripristino della situazione anteriore all'illecito, salvo il risarcimento per il mancato godimento fino a data del ripristino; qualora il ripristino della situazione anteriore non sia tecnicamente o economicamente conveniente, il risarcimento, su motivata richiesta dei soggetti di cui al punto 5), sarà commisurato al costo degli interventi necessari ai fini della riduzione delle conseguenze dell'evento nonché ai costi del ripristino e del mancato godimento fino alla data di ripristino; qualora

 

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il ripristino non sia tecnicamente possibile, il risarcimento potrà essere commisurato alla prestazione di risorse naturali equivalenti a quelle danneggiate;

              5) attribuzione dell'azione per danno ambientale allo Stato ed agli enti territoriali e, limitatamente all'azione di ripristino, alle associazioni ambientaliste che rispondano a requisiti di stabile ed adeguata rappresentanza degli interessi collettivi e diffusi coinvolti;

              6) previsione dell'azione interdittiva dell'attività illecita in caso di danno continuativo o di minaccia di grave danno:

              7) previsione del principio di solidarietà nel caso di concorso nell'evento di danno di una pluralità di soggetti, salvi i casi di prova liberatoria da parte del concorrente in ordine al contributo alla causazione ed alla misura parziale del danno singolarmente prodotto;

              8) attribuzione dell'ammontare del risarcimento al fondo di cui al punto 11) e, comunque, previsione di un vincolo di destinazione per la realizzazione delle opere di risanamento relative all'evento dannoso per il quale è stato ottenuto il risarcimento;

              9) definizione dei criteri per l'agevolazione della prova del nesso di causalità tra evento e danno;

              10) previsione di forme di assicurazione obbligatoria ovvero di prestazione di garanzie finanziarie equivalenti come condizione per ottenere o mantenere un'autorizzazione all'esercizio di attività potenzialmente pericolose o dannose per l'ambiente;

              11) previsione di un fondo collettivo di indennizzo per danni non imputabili a soggetti individuati o, in concreto, non risarciti; il fondo è alimentato dallo Stato e dai settori interessati; al fondo affluiranno, con vincolo di destinazione, i risarcimenti derivanti dalle azioni per danno ambientale;

          g) completare il recepimento delle direttive 85/337/CE e 96/11/CE in materia di VIA e recepire la direttiva 2001/42/CE in materia di valutazione ambientale strategica; semplificare, anche mediante l'emanazione di regolamenti, ai sensi dell'articolo 17, comma 2, della legge 23 agosto 1988, n. 400, le procedure di VIA; anticipare le procedure di VIA alla prima presentazione del progetto dell'intervento da concludersi con valutazione specifica sul progetto definitivo; introdurre un sistema di controlli idoneo ad accertare l'effettivo rispetto delle prescrizioni impartite in sede di valutazione; garantire il completamento delle procedure in tempi certi, fermi restando i termini per la presentazione di istanze, osservazioni o pareri sull'opera soggetta a valutazione da parte di enti pubblici o singoli cittadini, ai sensi dell'articolo 6 della legge n. 349 dell'8 luglio 1986; introdurre meccanismi di coordinamento tra la procedura di VIA e quella di VAS; prevedere l'estensione della procedura di autorizzazione ambientale integrata ai nuovi impianti lasciando impregiudicate le disposizioni della direttiva 85/377/CE e del decreto del Presidente del Consiglio dei ministri 27 dicembre 1988, individuando nel Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio l'autorità competente per il rilascio dell'autorizzazione unica ed identificando i provvedimenti autorizzatori assorbiti da detta autorizzazione; adottare misure di coordinamento tra le procedure di VIA e quelle di autorizzazione ambientale integrata nel caso di impianti sottoposti ad entrambe le procedure, al fine di evitare duplicazioni e sovrapposizioni; accorpare in un unico provvedimento di autorizzazione le diverse autorizzazioni ambientali, nel caso di impianti non rientranti nel campo di applicazione della direttiva 96/61/CE del Consiglio del 24 settembre 1996, ma sottoposti a più di una autorizzazione ambientale settoriale;

          h) estendere l'uso di strumenti economici, finanziari e fiscali che incentivino e sostengano la disponibilità degli operatori economici ad attuare comportamenti e ad utilizzare tecnologie e processi produttivi che garantiscano una migliore tutela dell'ambiente; gli strumenti economici,

 

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finanziari e fiscali devono essere, ove possibile, coordinati con le misure adottate dalla Unione Europea; l'utilizzazione degli strumenti economici deve avere come obiettivo un rapporto equilibrato e virtuoso tra la tutela dell'ambiente e la competitività delle imprese; nel caso di nuove imposte con finalità ambientali, il gettito deve essere preferibilmente destinato ad attività di ripristino ambientale o di incentivazione delle migliori tecnologie disponibili, e deve comunque essere rispettato il principio della neutralità fiscale, per cui il carico fiscale complessivo non può essere aggravato; nella adozione di strumenti economici, particolare attenzione va indirizzata a soluzioni concertate e ad accordi volontari tra amministrazioni e imprese, nonché ad incentivare l'adesione delle imprese ai sistemi di certificazione ambientale, con particolare riferimento al Regolamento europeo EMAS; agevolare fiscalmente l'emissione di titoli finalizzati alla raccolta di risorse finanziarie da utilizzare per la tutela ambientale; gli effetti economici e ambientali derivanti dall'utilizzazione degli strumenti economici devono essere adeguatamente controllati.

      Pur rispettando il diritto del Governo a chiedere e ad esercitare la delega ad operare su queste materia, si ritiene, tuttavia, che non vada «espropriato» il ruolo del Parlamento, nonché del sistema delle autonomie locali.
      Si ripropone pertanto, anche in questa sede, la questione circa l'opportunità di istituire una Commissione parlamentare, composta da venti senatori e venti deputati, nominati rispettivamente dai Presidenti del Senato della Repubblica e della Camera dei deputati, su designazione dei gruppi parlamentari. Tale Commissione dovrebbe avere il compito di seguire, assieme ai soggetti delegati dal Governo, la costruzione e l'iter dei provvedimenti che il Governo stesso intende adottare in virtù della delega.
      In particolare, detta Commissione dovrebbe:

          a) esprimere i pareri previsti dalla legge;

          b) verificare periodicamente lo stato di attuazione delle riforme previste dalla legge e riferirne alle Camere.

      Onorevoli colleghi, per queste ragioni, ancorché solo accennate, non proponiamo un testo alternativo, ma la non approvazione del provvedimento all'esame dell'Assemblea.

Michele VIANELLO, Relatore di minoranza.




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