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PDL 5214

XIV LEGISLATURA

CAMERA DEI DEPUTATI

   N. 5214



 

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PROPOSTA DI LEGGE

d'iniziativa del deputato MANINETTI

Incentivi all'occupazione dei dirigenti nel Mezzogiorno

Presentata il 31 luglio 2004


      

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Onorevoli Colleghi! - Nelle imprese del sud mancano dirigenti. Tale fenomeno, assolutamente incontrovertibile, affonda le sue radici in una mentalità e in un ambito economico-sociale che valorizza la figura imprenditoriale e non tiene in debito conto il valore aggiunto che può portare, in un contesto aziendale, la figura del dirigente.
      La mancanza di una cultura manageriale, anche dovuta alle caratteristiche del nostro tessuto produttivo nel sud, improntato al «nanismo», ovvero costituito da molte piccole aziende a carattere familiare, si può superare solo offrendo adeguati incentivi alle imprese, incentivi che inducano queste ultime ad investire sulla professionalità e sull'esperienza dei dirigenti.
      La presente proposta di legge introduce, quindi, specifiche misure per il potenziamento delle figure manageriali nel Mezzogiorno. È certamente una scelta vincente quella di puntare sulla qualità, sulla valorizzazione del capitale umano, indispensabile per farci confrontare in maniera vincente con i Paesi più avanzati d'Europa. L'economia del Mezzogiorno, e di conseguenza quella dell'intero Paese, non potrà crescere in modo equilibrato e costante se nelle imprese non aumenta il numero dei manager e se nella pubblica amministrazione non si diffonde la cultura manageriale.
      Negli anni più recenti l'economia del sud ha dato segni di vitalità, anche relativamente al resto del Paese, che si sono protratti fino al 2002, sia pure in progressiva decelerazione, a causa del brusco rallentamento del tasso di crescita dell'economia internazionale e di conseguenza anche di quella nazionale.
      Il prodotto interno lordo del Mezzogiorno è cresciuto di mezzo punto percentuale più di quello dell'Italia, sia nel 2001 (2,2 contro 1,6), sia nel 2002 (1,1 contro 0,5), in due anni diversi tra loro: il primo di crescita ancora apprezzabile, il
 

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secondo di stagnazione dell'economia. Quindi, nel biennio 2001-2002 ci si trovava di fronte ad una novità dello sviluppo economico italiano recente: in un contesto di crescita generale modesta, il Mezzogiorno si è sviluppato più delle altre aree del Paese.
      Secondo le più recenti informazioni di contabilità regionale diffuse dall'Istituto nazionale di statistica (ISTAT), il tasso di crescita, pari allo 0,8 per cento, conseguito dall'economia meridionale nel 2003 è risultato pari al doppio rispetto al dato medio nazionale e si colloca all'interno di una più ampia fase economica in cui il Mezzogiorno ha evidenziato una tendenza alla riduzione del divario con il centro-nord.
      Per quanto riguarda l'occupazione, nel 2002 l'incremento occupazionale è stato dell'1,5 per cento al sud e solo dello 0,9 per cento nel centro-nord. A gennaio 2004, rispetto all'anno prima, nel sud gli occupati sono aumentati dello 0,8 per cento (+ 47.000 unità). Il terziario ha confermato la sua dinamica espansiva nel meridione (+ 1,8 per cento), rispetto ai settori dell'agricoltura (-1,1 per cento) e dell'industria (-1,5 per cento) che hanno, quindi, manifestato una ulteriore significativa contrazione.
      D'altronde, le prospettive di sviluppo economico del Mezzogiorno non possono che essere nella crescita delle attività terziarie e dei servizi.
      La crescita dell'occupazione costituisce pertanto uno degli aspetti più significativi dell'andamento dell'economia meridionale nel corso dell'ultimo triennio.
      Oggi è importante che questi risultati, per essere consolidati, vengano adeguatamente sostenuti ed incoraggiati con continuità di impegno e con strategie di medio periodo dalle scelte di politica economica del nostro Paese, che devono puntare decisamente all'unificazione economica e sociale, unico e vero presupposto per la competitività.
      Infatti, il gap che si frappone tra Mezzogiorno e resto d'Italia è ancora molto evidente e sempre più intollerabile. È ancora persistente la profonda spaccatura nelle caratteristiche socio economiche delle due grandi ripartizioni del Paese.
      Disoccupazione e povertà risultano concentrate in misura elevata nel Mezzogiorno. Nonostante i miglioramenti degli ultimi anni, i dati più recenti confermano il carattere dualistico del mercato del lavoro italiano. Secondo la rilevazione trimestrale sulle forze lavoro condotta dall'Istat, nel mese di gennaio 2004, il tasso di disoccupazione nazionale si è attestato all'8,7 per cento. Tale tasso di disoccupazione è pari al 4,2 per cento nel nord-ovest, al 3,6 per cento nel nord-est, mentre è pari al 17,8 per cento nel Mezzogiorno.
      Passiamo in rassegna le caratteristiche della componente manageriale nel Mezzogiorno:

          1. I manager italiani sono accentrati nel Centro-nord. La ripartizione tra regioni evidenzia nettamente una fortissima distribuzione geografica di manager e alte professionalità nel nord rispetto al centro-sud ed alle regioni del sud in particolare. Le migrazioni dei lavoratori non diminuiscono ed il flusso continua ad essere in uscita dal sud verso le regioni del nord Italia: è il nord-est ad assorbire ben 34.000 unità delle 150/200 mila, tra diplomati e laureati, che ogni anno lasciano le regioni del Mezzogiorno per motivi di lavoro (dati del Ministero del lavoro e delle politiche sociali, 2002). L'abbandono più consistente si registra proprio in Sicilia, Puglia e Campania, fanalini di coda nella classifica di Banca d'Italia sulla ricchezza pro-capite. Le più recenti indagini statistiche sui dirigenti d'azienda in Italia dimostrano chiaramente che questi sono concentrati lì dove è più strutturato il sistema produttivo: circa il 95 per cento del totale dei dirigenti italiani dipendono da aziende del centro-nord e soltanto il 5 per cento da aziende presenti nell'area meridionale. In teoria, il sottodimensionamento evidente dell'universo dirigenziale nel Mezzogiorno potrebbe anche risultare solo apparente nel momento in cui risultasse adeguato rispetto al tessuto aziendale. Nella realtà, invece, l'insufficienza numerica della componente manageriale rappresenta una delle gravi carenze di sistema di cui ha

 

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sofferto e soffre il Mezzogiorno e che condiziona le prospettive di sviluppo economico del territorio.

          2. La coincidenza tra imprenditore e manager è eccessiva. Nel Mezzogiorno, più che altrove, si ha una fortissima coincidenza tra la figura imprenditoriale e quella manageriale all'interno delle aziende, prevalentemente di piccola e piccolissima dimensione. Da una recente indagine condotta dal Censis è emerso che nel Mezzogiorno la figura dell'imprenditore coincide con quella del manager d'azienda nell'82 per cento dei casi. Questa situazione, indubbiamente anomala in una realtà economica in crescita, è la dimostrazione di come tenda ancora a prevalere una struttura aziendale dove è ancora molto limitata, troppo, la divisione dei poteri e delle responsabilità nella gestione e direzione delle attività d'impresa. Tutto si concentra sulla figura dell'imprenditore, che non sempre è portatore di una cultura manageriale all'altezza delle sfide ed in grado di reggere la competizione sempre più agguerrita sui mercati. Sono necessarie competenze professionali adeguate per misurarsi con successo in un complesso mercato globale che accentua la concorrenza ed è caratterizzato da una accresciuta complessità normativa. Oltretutto, vi è poca disponibilità da parte della proprietà aziendale, e si ha ancora meno disponibilità di tempo, ad investire maggiormente sul continuo aggiornamento ed ampliamento delle competenze che potrebbero aumentare le chance di crescita dell'azienda. La carenza di formazione manageriale-organizzativa che coinvolge gli stessi imprenditori determina all'interno delle imprese difficoltà di apprendimento e rallenta, di fatto, l'innovazione del sistema produttivo. Da questo si rinnova l'importanza delle politiche tese a valorizzare le competenze e la formazione professionale non solo in funzione della capacità competitiva delle singole aziende, ma come fattore di crescita e sviluppo per la società locale.

          3. Le aziende senza manager vanno in crisi nei passaggi generazionali. Il tema della coincidenza imprenditore-manager si riconnette, poi, direttamente, alla delicatissima fase del passaggio generazionale in azienda. È ovvio che andranno incontro a molte difficoltà quelle aziende che, al momento del difficile passaggio generazionale negli assetti proprietari, non avranno la fortuna, sempre più rara, di un ricambio adeguato, oppure non avranno provveduto per tempo all'affiancamento dei vertici aziendali con una o più figure manageriali. Varie indagini, condotte a livello nazionale, documentano come solo il 20-25 per cento delle imprese italiane sopravviva alla fase del passaggio da una generazione all'altra. Lo sviluppo economico non può essere disgiunto dalla disponibilità di capitale umano coinvolto nel processo idoneamente formato, anche con riferimento alla componente manageriale.

          4. Resta troppo basso il numero di assunzioni di manager al sud. Le regioni meridionali continuano ad attestarsi nella parte bassa della graduatoria relativa alle previsioni di assunzioni di figure manageriali in rapporto ai dipendenti presenti nelle imprese, ben al di sotto della media nazionale. Questa situazione che si protrae non può non mettere una pesante ipoteca sulla qualità dei processi di sviluppo delle economie del Mezzogiorno, soprattutto se l'alternativa praticata è quella di fare svolgere funzioni manageriali ai collaboratori senza riconoscere loro lo status contrattuale del dirigente.

      Alla luce di queste considerazioni, la presente proposta di legge mira a porre rimedio ai problemi esposti.
      L'articolo 1 estende l'ambito di applicazione della legge 7 agosto 1997, n. 266, limitatamente alle imprese del Mezzogiorno. Attualmente la citata legge n. 266 del 1997, all'articolo 20, prevede incentivi al reimpiego di personale con qualifica dirigenziale e sostegno alla piccola impresa. Alle imprese che occupano meno di 250 dipendenti e che assumono, anche con contratto a termine, dirigenti privi di occupazione, è concesso un contributo pari al 50 per cento della contribuzione previdenziale

 

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dovuta per una durata non superiore a dodici mesi. Ad oggi hanno usufruito di tale agevolazione più di mille dirigenti in tutta Italia, ma solo il 10 per cento nelle regioni del sud.
      Occorre rafforzare la valenza della citata legge n. 266 del 1997, estendendo gli sgravi dei contributi previdenziali, posti a carico delle imprese, non solo a quelle che assumono dirigenti in mobilità, così come previsto dalla legge, ma anche a tutte le imprese dell'area del Mezzogiorno che nominino per la prima volta un dirigente.
      Si intende, in tale modo, premiare quelle imprese che vogliono potenziare qualitativamente il proprio vertice.
      Inoltre, riteniamo necessario estendere anche la durata temporale di tale agevolazione, almeno fino a tre anni.
      L'articolo 2 prevede la corresponsione di un bonus per le società di somministrazione che impiegano staff di dirigenti con contratto a tempo determinato. Si è evidenziato come nei fatti, al sud, l'azienda sia gestita dall'imprenditore-proprietario e dal professionista, avvocato o commercialista che lo coadiuva negli aspetti tecnici.
      Ad avviso del proponente, come si è detto, si tratta di un evidente limite culturale, mentre invece, per venire incontro alle piccole aziende e aiutarle a superare resistenze culturali e difficoltà oggettive, si deve prevedere l'utilizzo di consorzi di dirigenti o staff manageriali con contratti a tempo determinato.
      La presente proposta di legge intende valorizzare e incentivare lo strumento dello staff leasing reso possibile dalla legge 14 febbraio 2003, n. 30, e dagli articoli 20 e seguenti del decreto legislativo n. 276 del 2003, attuativo della medesima legge.
      Nel caso dello staff leasing il rapporto di lavoro è trilaterale: impresa di somministrazione, impresa utilizzatrice e gruppo di dirigenti che forniscono la propria prestazione professionale.
      Ebbene, l'articolo 2 della presente proposta di legge incentiva le società di somministrazione ad assumere dirigenti per collocarli nelle aziende al fine di migliorare le prestazioni di queste ultime o per creare le condizioni del loro decollo sul mercato.
      Siamo certi, infatti, che l'apporto di staff di dirigenti qualificati possa migliorare le performance aziendali sui mercati, in special modo se si tratta di gruppi di dirigenti che, in virtù del rapporto di lavoro a somministrazione, hanno acquisito diverse esperienze nell'ambito dello stesso mercato locale o settoriale.
      Le prestazioni dello staff nelle aziende saranno configurate in un rapporto di lavoro a tempo determinato tra i dirigenti e la società di somministrazione. Per ciascun dirigente la società riceverà un contributo una tantum di 5.000 euro.
      Sì è voluto prefigurare un incentivo in capo alle società di somministrazione perché si ritiene che il loro ruolo nella fase iniziale sia fondamentale. Se il vero problema delle aziende del sud è quello del costo del lavoro del dirigente, occorre offrire incentivi alle imprese di lavoro temporaneo che «presteranno» personale dirigenziale alle aziende promuovendo e valorizzando tale figura di importanza centrale.
      L'articolo 3 introduce un incentivo diretto alle imprese che abbiano già utilizzato gli staff dirigenziali di cui all'articolo 2, qualora, successivamente, assumano i dirigenti in via definitiva.
      Si è voluta prevedere l'ipotesi di una piena integrazione del gruppo, o di parte di esso, nella compagine aziendale. Si auspica, infatti, che, dopo un periodo iniziale in cui il gruppo di dirigenti si inserisce per un periodo limitato al vertice dell'azienda come supporto qualificato all'attività imprenditoriale, segua poi la decisione, da parte della proprietà, di vincolare a sé il gruppo o una parte di esso, inserendolo a pieno titolo nel proprio organico.
      L'articolo 4 prevede l'emanazione di disposizioni di normazione secondaria che attuino quanto previsto dagli articoli precedenti.
      L'articolo 5 indica la copertura finanziaria.
      Per quel che riguarda la copertura degli oneri derivanti dalla modifica della
 

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citata legge n. 266 del 1987 e dalla previsione del bonus per le società di somministrazione, la spesa annua sarà pari a 200.000 euro per il 2004 e a 500.000 euro per ciascuno degli anni 2005 e 2006.
      Ai fini del calcolo dell'incremento delle assunzioni dei dirigenti ai sensi degli articoli 1, 2 e 3, e quindi in applicazione di tutte le misure previste dalla presente proposta di legge, si è ritenuto opportuno basarsi sull'esperienza storica della applicazione dell'unico strumento già esistente nel sud, ovvero l'attuazione della citata legge n. 266 del 1997, che ha determinato un incremento di meno di 20 dirigenti all'anno nel Mezzogiorno.
      Nel dettaglio, per la quantificazione degli oneri di cui all'articolo 1 si è calcolato il 50 per cento della contribuzione rispetto ad una retribuzione media di un dirigente nel sud che è pari a circa 73.000 euro annui.
      Il 50 per cento della contribuzione (che in totale ammonta a 28.337) è pari a circa 14.000 euro; quindi 14.000 per 20 dirigenti aggiuntivi all'anno = 280.000 euro all'anno.
      Circa gli oneri derivanti dall'applicazione dell'articolo 2, va detto che per una azienda del commercio il costo del lavoro di un dirigente è pari a circa 119.000 euro annui; al netto della retribuzione è di circa 45.000 euro.
      Perché l'assegno sia congruo deve indicare almeno un importo di 5.000 euro.
      Ipotizzando un incremento delle assunzioni di dirigenti pari a 30 unità all'anno, si ottiene: 5.000 euro per 30 dirigenti all'anno = 150.000 euro.
      La quantificazione complessiva degli oneri derivanti dall'articolo 1 e dall'articolo 2 (280.000 euro + 150.000 euro) ammonta quindi a 430.000 euro. Per il 2004, essendo l'anno finanziario già in corso, si prevede uno stanziamento più ridotto rispetto a quello necessario, pari a euro 200.000; tale importo viene ovviamente aumentato per gli anni successivi.
      Per la copertura di tali oneri la presente proposta di legge indica l'utilizzo del Fondo per l'occupazione di cui al decreto-legge n. 148 del 1993, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 236 del 1993.
      Per la quantificazione degli oneri di cui all'articolo 3 va previsto un credito di 2.000 euro per ciascuna assunzione di dirigente a tempo indeterminato da parte dell'azienda utilizzatrice.
      Ipotizzando, anche in questo caso, un incremento delle assunzioni di dirigenti pari a 30 unità all'anno, si ottiene: 2.000 euro per 30 dirigenti = 60.000 euro per il primo anno di applicazione (65.000 per i successivi anni di applicazione).
      Per la copertura degli oneri si utilizzano le risorse del Fondo per le aree sottoutilizzate istituito dalla legge finanziaria 2003 per la copertura dei crediti d'imposta nel Mezzogiorno.
 

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PROPOSTA DI LEGGE

Art. 1.
(Modifica alla legge 7 agosto 1997, n. 266).

      1. All'articolo 20 della legge 7 agosto 1997, n. 266, dopo il comma 2 è inserito il seguente:

      «2-bis. Nelle regioni di cui all'obiettivo 1 del regolamento (CE) n. 1260/1999 del Consiglio, del 21 giugno 1999, alle imprese che occupano meno di 250 dipendenti e ai consorzi tra di esse, è concesso un contributo per l'assunzione a tempo indeterminato di dirigenti privi di occupazione o per la nomina di dirigenti, pari al 50 per cento della contribuzione complessiva dovuta agli istituti di previdenza per una durata non superiore a trentasei mesi, con le medesime modalità di cui al comma 2».

Art. 2.
(Incentivi per le società
di somministrazione).

      1. Nelle regioni di cui all'obiettivo 1 del regolamento (CE) n. 1260/1999 del Consiglio, del 21 giugno 1999, alle società di somministrazione che assumono, nel periodo compreso tra il 1o gennaio 2005 e il 31 dicembre 2007, con contratto a tempo determinato della durata minima di sei mesi, almeno tre dirigenti, ai sensi del capo I del titolo III del decreto legislativo 10 settembre 2003, n. 276, è riconosciuto un contributo pari a 5.000 euro per ciascun dirigente.

Art. 3.
(Credito d'imposta).

      1. Alle imprese che hanno utilizzato personale dirigenziale ai sensi dell'articolo 2, aventi sede nelle aree di cui all'obiettivo 1 del regolamento (CE) n. 1260/1999 del

 

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Consiglio, del 21 giugno 1999, che assumono a tempo indeterminato nel periodo compreso tra il 1o gennaio 2005 e il 31 dicembre 2007 il medesimo personale utilizzato, è concesso, se l'assunzione dà luogo ad un incremento della base occupazionale, un credito d'imposta di 2.000 euro per ciascun dirigente per i periodi d'imposta in corso al 1o gennaio 2005, al 1o gennaio 2006 e al 1o gennaio 2007.
      2. Il credito d'imposta non è cumulabile con il contributo di cui all'articolo 63 della legge 27 dicembre 2002, n. 289, ed è cumulabile con il contributo di cui al comma 2-bis dell'articolo 20 della legge 7 agosto 1997, n. 266, introdotto dall'articolo 1 della presente legge.

Art. 4.
(Modalità applicative).

      1. Entro sei mesi dalla data di entrata in vigore della presente legge, il Ministro del lavoro e delle politiche sociali emana, di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze, un decreto volto a disciplinare le necessarie modalità di applicazione degli articoli 2 e 3.

Art. 5.
(Copertura finanziaria).

      1. Per le finalità di cui agli articoli 1 e 2, è autorizzata la spesa di 200.000 euro per l'anno 2004 e di 500.000 euro per ciascuno degli anni 2005 e 2006. Ai relativi oneri si provvede mediante corrispondente riduzione delle risorse del Fondo per l'occupazione di cui all'articolo 1 del decreto-legge 20 maggio 1993, n. 148, convertito, con modificazioni, dalla legge 19 luglio 1993, n. 236.
      2. Per le finalità di cui all'articolo 3 è autorizzata la spesa di 60.000 euro per l'anno 2005 e di 65.000 euro per ciascuno degli anni 2006 e 2007. Al relativo onere si provvede mediante corrispondente riduzione delle risorse del Fondo per le aree sottoutilizzate di cui all'articolo 61 della legge 27 dicembre 2002, n. 289.


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