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PDL 4796

XIV LEGISLATURA

CAMERA DEI DEPUTATI

   N. 4796




 

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PROPOSTA DI LEGGE

d'iniziativa dei deputati

ADDUCE, ABBONDANZIERI, BOCCIA, CARRA, DI SERIO D'ANTONA, DUCA, GALEAZZI, INNOCENTI, LETTIERI, LUONGO, MARAN, RAFFAELLA MARIANI, MARONE, MARTELLA, MOLINARI, MOTTA, OSTILLIO, PIGLIONICA, PISTONE, POTENZA, ROCCHI, TRUPIA, VENDOLA, VIANELLO, VIGNI

Istituzione di una Commissione parlamentare di inchiesta sulle procedure e sui criteri di individuazione del sito di Scanzano Ionico per il deposito delle scorie radioattive

Presentata il 9 marzo 2004


      

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Onorevoli Colleghi! - Il decreto-legge 14 novembre 2003, n. 314, individuava in origine nel territorio di Scanzano Ionico, in provincia di Matera - piana metapontina del Golfo di Taranto - il sito nel quale localizzare il deposito nazionale delle scorie radioattive.
      A seguito della grande mobilitazione di protesta delle popolazioni locali e del dettagliato lavoro della Commissione ambiente, territorio e lavori pubblici della Camera dei deputati, il Governo, con proprio emendamento in data 27 novembre 2003, decise di modificare il decreto e sopprimere la previsione dell'ubicazione del sito a Scanzano Ionico.
      Resta il fatto che il provvedimento fu adottato in aperta violazione del principio costituzionale di leale collaborazione tra amministrazione centrale e amministrazioni locali, nonché, nello specifico, in violazione dei contenuti e delle procedure di consultazione e di informazione previsti dall'ordinanza del Presidente del Consiglio dei ministri n. 3267 del 7 marzo 2003 (relativa alla gestione dei rifiuti radioattivi), posto che né le istituzioni locali, né la Conferenza per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano sono state chiamate preventivamente a pronunciarsi sulla scelta del sito; né colmano tale carenza le affermazioni di alcuni Ministri di aver coinvolto taluni amministratori locali.
      Non va sottaciuto, inoltre, che la decisione presa dal Governo era in netta
 

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contraddizione anche con quanto previsto dal cosiddetto «disegno di legge Marzano» sul riordino del settore energetico (atto Senato n. 2421), già approvato dalla Camera dei deputati e all'esame della Commissione industria, commercio, turismo del Senato della Repubblica. In particolare, la decisione era in contrasto con l'articolo 30, comma 3, lettera d), del citato disegno di legge, laddove si prevede che la localizzazione del deposito nazionale dei rifiuti radioattivi sia effettuata dal Ministro delle attività produttive, d'intesa con i Ministri dell'ambiente e della tutela del territorio e della salute, e con la regione interessata, sentiti gli enti locali coinvolti, entro diciotto mesi dalla data di entrata in vigore della legge medesima.
      Ma l'elenco delle colpevoli omissioni e incongruenze non finisce qui. Non furono tenute in alcun conto le conclusioni a cui era giunto dopo anni di ricerche ed approfondimenti il «Gruppo di lavoro sulle condizioni per la gestione in sicurezza dei rifiuti radioattivi» nominato sulla base dell'accordo sottoscritto da Governo, regioni e province autonome il 4 novembre 1999 per svolgere l'attività istruttoria sulla gestione in sicurezza dei rifiuti radioattivi.
      Allo stesso modo non furono prese in considerazione le proposte riguardanti le iniziative di informazione, gli strumenti di confronto e di coinvolgimento delle popolazioni e degli enti locali, né furono adottate procedure per la scelta del sito dove realizzare il deposito che evidenziassero gli strumenti di raccordo idonei a favorire la collaborazione e l'azione coordinata tra i diversi livelli di governo e di amministrazione.
      Aggiungasi che, d'altra parte, il Governo non tenne conto neppure delle conclusioni dello stesso gruppo di lavoro della Società gestione impianti nucleari (SOGIN spa), che nel giugno 2003 indicava tra i siti da escludere in ogni caso quelli soggetti al rischio di inondazione (il sito di Scanzano si trova a poche centinaia di metri dal mare Ionio); e che la inadeguatezza del sito individuato per i gravi rischi di alluvioni, di inondazioni e di erosione della costa, che provoca un arretramento della linea valutata nell'ordine di 2,5 metri all'anno, è stata dimostrata anche dagli studi effettuati dall'Istituto di ricerca per la protezione idrogeologica (IRPI) del Consiglio nazionale delle ricerche, condotti con il finanziamento dell'Unione europea proprio sull'area della Piana di Metaponto.
      Va ricordato che la decisione del Governo risulta in contrasto con le conclusioni dell'indagine condotta dalla Commissione ambiente, territorio e lavori pubblici della Camera dei deputati, nelle quali è esclusa in modo netto la ubicazione del sito unico nazionale delle scorie radioattive nelle regioni nelle quali già esistono preesistenze nucleari come in Basilicata.
      Non è, infine, privo di rilevanza il fatto che il Governo abbia proceduto senza il parere della Conferenza dei presidenti delle regioni e delle province autonome di Trento e di Bolzano, che della decisione di ubicare il sito nucleare a Scanzano Ionico non è stata nemmeno informata.
      Nella seduta di giovedì 27 novembre 2003 il Consiglio dei ministri ha approvato alcuni emendamenti al citato decreto-legge n. 314 del 2003 al fine, soprattutto, di espungere dal predetto provvedimento l'indicazione di Scanzano Ionico quale sito unico nazionale destinato ad ospitare tutti i rifiuti radioattivi esistenti nel nostro Paese. Ebbene, fonti di stampa hanno riferito che, al termine del predetto Consiglio dei ministri, il Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio avrebbe dichiarato: «Scanzano era stato scelto con il consenso degli amministratori locali, che poi hanno fatto i furbi» («La Repubblica» del 28 novembre 2003).
      La questione assume a questo punto colorazioni alquanto ambigue e torbide. In merito a questo tema delle relazioni tra ambienti governativi e poteri locali, il settimanale «Panorama» del 21 novembre 2003 in un articolo riguardante la scelta di Scanzano Ionico dal titolo «Le mediazioni di Carlo Jean, il sì del sindaco a Berlusconi, poi, inatteso, il voltafaccia del primo cittadino. Segreti e retroscena sull'affaire delle scorie nucleari in Basilicata», riferisce di una telefonata tra il sindaco di Scanzano Ionico e il Presidente del Consiglio dei
 

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ministri, Silvio Berlusconi, nel corso della quale l'Altieri avrebbe testualmente detto: «Presidente, stia tranquillo, faremo una discarica di eccellenza», circostanza quest'ultima, peraltro, smentita da un comunicato dell'ufficio stampa di Palazzo Chigi.
      Il «The Guardian-Review», poi, precisa in un articolo del 22 novembre 2003 che il «sindaco di Scanzano Ionico, Mario Altieri, esprime una serie di pensieri contraddittori. Dapprima dichiara che il sito è una condanna a morte per la città di 7.000 persone, in seguito dichiara che i suoi cittadini non sanno quanto ciò sia buono perché lo Stato pagherà 25.000 euro di affitto annuale per l'area sotterranea». Il sindaco poi prosegue sostenendo «Ma non posso dirlo alla gente, perché mi mangerebbero».
      Mette conto di aggiungere, per completare il contesto e lo sfondo dell'affaire, che nel corso dell'audizione del 2 dicembre 2003 davanti alla Commissione parlamentare d'inchiesta sul ciclo dei rifiuti e sulle attività illecite ad esso connesse, il generale Jean, presidente della SOGIN spa ha sostenuto che alla decisione di individuare Scanzano Ionico come sito per l'ubicazione del deposito nazionale delle scorie nucleari e radioattive si era giunti dopo alcuni colloqui avuti con il Ministro Matteoli e che si potevano utilizzare studi risalenti ad alcuni decenni precedenti effettuati da società dell'ENI in Basilicata e segnatamente nelle miniere di salgemma di Scanzano Ionico, senza peraltro ravvisare la necessità di effettuare alcuno studio ed approfondimento.
      Allo studio della SOGIN spa, consegnato alla Commissione ambiente, territorio e lavori pubblici della Camera dei deputati solo in apertura dell'audizione del generale Jean il 25 novembre 2003 sul decreto-legge n. 314 del 2003, sono allegate alcune lettere di esperti (presentati come collaboratori alla elaborazione dello studio. «Abbiamo riunito degli esperti - dichiara il Presidente della SOGIN spa - che sono elencati nella penultima tabella del fascicolo, che hanno collaborato con noi e che hanno fatto una validazione dello studio presentato al Governo. Si tratta del professor Colombo, sismologo dell'università di Genova, del professor Finetti, geologo del sale, del professor Scandone, geologo della zona, del professor Renato Ricci, presidente onorario della Società italiana di fisica, che aveva anche l'esperienza di commissario dell'APAT, quando si chiamava ANPA; del professor Ubertini del CNR, per le catastrofi idrogeologiche») tutte datate posteriormente alla data di emanazione del decreto-legge e che si esprimono in modo generico sullo studio effettuato dando conto di non conoscere, in alcuni casi, neppure i luoghi di cui si tratta. In particolare, due di queste lettere sono fotocopie identiche firmate da due esperti diversi.
      In considerazione di tutto quanto esposto, con l'articolo 1 della proposta di legge si ritiene opportuno istituire, ai sensi dell'articolo 82 della Costituzione, una Commissione parlamentare di inchiesta al fine di indagare su tutta la vicenda e sulle motivazioni che hanno portato alla scelta di Scanzano Ionico quale deposito nazionale per la raccolta, lo smaltimento e lo stoccaggio di scorie radioattive, operata dal Governo con il decreto-legge 14 novembre 2003, n. 314, convertito, con modificazioni, dalla legge 24 dicembre 2003, n. 368.
      L'articolo 2 definisce la composizione e la durata della Commissione.
      L'articolo 3 fissa i poteri e i limiti della Commissione.
      L'articolo 4 stabilisce gli obblighi al segreto dei commissari, del personale e di ogni altra persona addetta alla Commissione.
      L'articolo 5 disciplina l'organizzazione dei lavori della Commissione.
      L'articolo 6 stabilisce l'entrata in vigore della legge.
 

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PROPOSTA DI LEGGE

Art. 1.
(Istituzione e funzioni
della Commissione di inchiesta).

      1. È istituita, ai sensi dell'articolo 82 della Costituzione, una Commissione parlamentare di inchiesta, di seguito denominata «Commissione», al fine di indagare sulla vicenda relativa alla individuazione del sito di Scanzano Ionico, quale deposito nazionale per la raccolta, lo smaltimento e lo stoccaggio di scorie radioattive, operata dal Governo con il decreto-legge 14 novembre 2003, n. 314.
      2. I compiti della Commissione sono:

          a) accertare l'esistenza e la natura degli studi commissionati dal Governo o dei quali lo stesso si è avvalso per giungere alla individuazione del sito di Scanzano Ionico, quale deposito nazionale di rifiuti radioattivi, verificando in particolare se, quando e con quale atto il Governo ha commissionato tali studi e se, quando e con quale atto la Società gestione impianti nucleari (SOGIN spa) ha trasmesso al Governo gli studi eventualmente commissionati;

          b) valutare le motivazioni tecniche ed economiche della scelta di un sito unico geologico in considerazione della riconosciuta scarsità delle scorie di III categoria;

          c) accertare l'attendibilità delle informazioni fornite dalla SOGIN spa attraverso lo «Studio per la localizzazione di un sito di deposito nazionale centralizzato dei rifiuti radioattivi» presentato alla Commissione ambiente, territorio e lavori pubblici della Camera dei deputati dal Commissario delegato per la sicurezza dei materiali nucleari e presidente della SOGIN spa in occasione dell'audizione del 25 novembre 2003, in particolare quelle che si riferiscono alle lettere di diversi professori universitari, tutte inviate in data successiva alla emanazione del decreto-legge 14 novembre 2003,

 

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n. 314, convertito, con modificazioni, dalla legge 24 dicembre 2003, n. 368;

          d) esaminare e valutare la congruità e l'efficacia di tutte le procedure poste in essere e dei parametri assunti per la scelta del sito, anche alla luce dell'esperienza e dei risultati raggiunti in altri Paesi;

          e) esaminare e valutare se le procedure utilizzate abbiano contemplato strumenti di consultazione e di raccordo idonei a favorire la collaborazione e l'azione coordinata tra i diversi livelli di governo e di amministrazione;

          f) verificare quali strumenti di informazione, confronto e coinvolgimento siano stati adottati nei riguardi delle popolazioni e degli enti locali interessati.

Art. 2.
(Composizione e durata della Commissione).

      1. La Commissione è composta da venti senatori e da venti deputati, nominati rispettivamente dal Presidente del Senato della Repubblica e dal Presidente della Camera dei deputati, in proporzione al numero dei componenti dei gruppi parlamentari, comunque assicurando la presenza di un rappresentante per ciascun gruppo esistente in almeno un ramo del Parlamento.
      2. La Commissione, nella prima seduta, elegge il presidente, due vicepresidenti e due segretari.
      3. La Commissione conclude i propri lavori entro quattro mesi dalla data della sua costituzione e presenta al Parlamento, entro i successivi due mesi, la relazione finale sulle indagini da essa svolte.

Art. 3.
(Poteri e limiti della Commissione).

      1. La Commissione procede alle indagini e agli esami con gli stessi poteri e le stesse limitazioni dell'autorità giudiziaria.
      2. La Commissione ha facoltà di acquisire copie di atti e documenti relativi a

 

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procedimenti e inchieste in corso presso l'autorità giudiziaria o altri organismi inquirenti, nonché copie di atti e documenti relativi a indagini e inchieste parlamentari, anche se coperti dal segreto. In tale ultimo caso, la Commissione garantisce il mantenimento del regime di segretezza.
      3. Per i fatti oggetto dell'inchiesta parlamentare non è opponibile alla Commissione il segreto di Stato, né quello d'ufficio, professionale e bancario.
      4. Per le testimonianze rese davanti alla Commissione si applicano le disposizioni degli articoli 366 e 372 del codice penale.
      5. La Commissione stabilisce quali atti e documenti non debbano essere divulgati, anche in relazione ad esigenze attinenti ad altre istruttorie o inchieste in corso. Devono in ogni caso essere coperti dal segreto gli atti e i documenti attinenti a procedimenti giudiziari nella fase delle indagini preliminari.

Art. 4.
(Obbligo del segreto).

      1. I componenti la Commissione, il personale addetto alla stessa ed ogni altra persona che collabora con la Commissione o compie o concorre a compiere atti di inchiesta, oppure ne viene a conoscenza per ragioni di ufficio o di servizio, sono obbligati al segreto per tutto quanto riguarda gli atti e i documenti di cui all'articolo 3, commi 2 e 5.
      2. Salvo che il fatto costituisca più grave reato, la violazione dell'obbligo di cui al comma 1, nonché la diffusione, in tutto o in parte, di atti o documenti funzionali al procedimento di inchiesta dei quali è stata vietata la divulgazione, sono punite ai sensi dell'articolo 326 del codice penale.

Art. 5.
(Organizzazione dei lavori
della Commissione).

      1. La Commissione, prima dell'inizio dei lavori, adotta il proprio regolamento

 

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interno a maggioranza assoluta dei suoi componenti.
      2. Le sedute sono pubbliche; tuttavia, la Commissione può deliberare, a maggioranza semplice, di riunirsi in seduta segreta.
      3. La Commissione può avvalersi direttamente dall'opera di agenti e ufficiali di polizia giudiziaria.
      4. Per l'espletamento delle sue funzioni, la Commissione fruisce di personale, locali e strumenti operativi messi a disposizione dai Presidenti delle Camere, di intesa tra loro.
      5. Le spese per il funzionamento della Commissione sono ripartite in parti uguali tra la Camera dei deputati ed il Senato della Repubblica e sono poste a carico dei rispettivi bilanci interni.

Art. 6.
(Entrata in vigore).

      1. La presente legge entra in vigore il giorno successivo a quello della sua pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale.


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