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CAMERA DEI DEPUTATI
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N. 4697 |
Onorevoli Colleghi! - Dai più recenti dati dell'Istituto nazionale di statistica risulta che in Italia vivono, al proprio domicilio, circa 2 milioni e 700 mila persone, in età superiore ai sei anni, definite disabili a causa di limitazioni nell'espletamento delle attività nella vita quotidiana. Si giunge a circa 3 milioni di soggetti disabili se si considerano anche i bambini al di sotto dei sei anni e, soprattutto, i ricoverati in strutture assistenziali o sanitarie.
a) principio della non discriminazione;
b) principio delle pari opportunità;
c) principio delle maggiori gravità;
d) principio della concreta inclusione.
La reale, costante, fattiva applicazione di tali princìpi nel contesto sociale incontra tuttavia - come possono testimoniare i disabili stessi e coloro che a diverso «titolo», ma per comune finalità, sono quotidianamente coinvolti ed impegnati nel settore della disabilità (familiari, cooperative e operatori sociali, organizzazioni di volontariato, eccetera) - una serie di difficoltà, di ritardi, di vincoli burocratici, di carenze di risorse finanziarie e, forse cosa ancora più grave, di ostacoli e pregiudizi derivanti da riserve di ordine culturale.
La presente proposta di legge scaturisce dall'esigenza di superare almeno alcune delle barriere ostative che sono state finora descritte, e in particolare quelle di ordine culturale, proponendosi di incentivare e di favorire la costituzione, peraltro in parte già prevista dalla normativa vigente, di centri e strutture di accoglienza per attività riabilitative, abilitative e assistenziali, a profilo socio-sanitario, per persone con disabilità fisica, psichica e sensoriale, anche presso strutture abitative condominiali - comprensori residenziali, condomini, caseggiati, abitazioni private - che rispettino chiaramente i requisiti strutturali previsti dalla normativa vigente.
La presente proposta di legge pur non intendendo sovrapporsi alla autonoma legislazione regionale, rafforzata anche di recente con la legge costituzionale n. 3 del 2001, offre alle amministrazioni locali, agli organismi senza fini di lucro, a soggetti pubblici e privati attivi nel settore della disabilità, maggiori opportunità per favorire l'insediamento delle suddette strutture di accoglienza e di cura, senza peraltro voler interferire in alcun modo con le linee operative e le modalità gestionali con cui i servizi socio-assistenziali e sanitari vengono erogati a livello territoriale e locale.
D'altro canto con la proposta di legge non si intende modificare o trasformare la disciplina normativa scaturente dalle disposizioni contenute nel libro terzo, titolo VII, capo II, articoli 1117 e seguenti del codice civile, concernenti il condominio degli edifici, in quanto la destinazione ad uso di accoglienza, riabilitativo, abilitativo e socio-assistenziale non intende recare pregiudizio alla gestione delle parti comuni dell'edificio - né, tanto più, ai piani o porzioni di piani di privata proprietà - né alla stabilità e sicurezza del fabbricato, così come non risultano assolutamente menomate la validità e l'efficacia del regolamento di condominio, anche laddove quest'ultimo sia preesistente alla normativa che si intende promuovere.
In altre parole, la destinazione di una parte dell'edificio, che non costituisce oggetto di proprietà comune dei condomini, ad un uso che consenta l'accoglienza di persone in situazione di disabilità, non comporta alcuna variazione rispetto alla normativa vigente in argomento.
Le strutture di accoglienza per i disabili fisici, psichici e sensoriali che si vogliono promuovere con la proposta di legge, devono quindi essere compatibili e integrabili con i diritti concorrenti dei condomini e degli inquilini, e con le reali condizioni e caratteristiche della sede o comunità abitativa complessiva.
A tale fine, in sede di autorizzazione originaria ovvero di cambio di destinazione d'uso, è indispensabile sottoporre l'immobile da adibire a centro di accoglienza a profilo sociosanitario, per persone con disabilità, sia alle verifiche concernenti la presenza dei requisiti di reale funzionalità e affidabilità operativa rispetto all'iniziativa assistenziale da intraprendere, sia alla sussistenza delle condizioni atte a non costituire disagio o limitazione all'utilizzo o al godimento delle parti dell'edificio di uso comune o privato.
Da ultimo sembra evidente che l'autorità preposta alle autorizzazioni, alle verifiche, ai periodici controlli, ai supporti e agli interventi terapeutici, organizzativi e logistici, debba risultare l'azienda sanitaria locale competente per territorio.
1. Le regioni, le province e i comuni riconoscono, incentivano e sostengono la realizzazione e la diffusione presso strutture abitative condominiali di centri e strutture di accoglienza per attività riabilitative, abilitative e assistenziali, a profilo socio-sanitario, per persone con disabilità fisica, psichica e sensoriale, di seguito denominati «centri di accoglienza».
2. Al fine di cui al comma 1 gli enti locali individuano e predispongono gli interventi più adatti per favorire l'istituzione e il sostegno dei centri di accoglienza.
1. Nell'ambito di strutture abitative condominiali, di complessi costituiti da due o più fabbricati indipendenti, di caseggiati composti da più edifici, nonché di edifici i cui piani o porzioni di piani sono suddivisi tra diversi proprietari, le regioni, le province e i comuni predispongono interventi volti a fornire e ad incentivare l'istituzione e l'insediamento, per iniziativa di soggetti pubblici o privati attivi nel settore della disabilità, di autonomi centri di accoglienza.
2. Fatti salvi i prescritti obblighi di legge, la domanda di autorizzazione, da parte di soggetti pubblici o privati attivi nel settore della disabilità, ad adibire l'immobile, o parte di esso, a centro di accoglienza, è presentata ai competenti uffici delle aziende sanitarie locali, a cura del titolare dell'immobile o di colui che vanta su di esso diritti reali.
3. La richiesta di autorizzazione, di cui al comma 2, deve indicare:
a) la persona o l'ente titolare dell'immobile e la natura del relativo titolo,
b) l'ubicazione, lo stato, le proprietà e le caratteristiche dell'immobile o della parte o porzione di immobile che si intende adibire stabilmente a centro di accoglienza;
c) il genere di struttura che si vuole attivare e la tipologia dei servizi socio-sanitari erogati;
d) l'eventuale sussistenza di rapporti di servizio con enti pubblici o soggetti privati attivi nel settore della disabilità;
e) le modalità di effettuazione degli interventi terapeutici, assistenziali, riabilitativi e abilitativi, che sono garantiti dal centro di accoglienza, compatibilmente con i vincoli e con i limiti derivanti dalla situazione abitativa in cui il centro viene ad inserirsi.
4. Alla richiesta di autorizzazione deve essere altresì allegata, in copia, la documentazione che attesta lo stato del richiedente relativamente al titolo sull'immobile, allo statuto istitutivo dell'ente o dell'associazione assistenziale, alle autorizzazioni all'esercizio di attività terapeutica, riabilitativa e abilitativa, nonché le condizioni dell'immobile relativamente al cambio di destinazione d'uso specifico, al nulla osta e alle certificazioni di affidabilità e di sicurezza dell'immobile in ragione della particolare destinazione d'uso. Alla richiesta di autorizzazione devono essere altresì allegate le planimetrie e le descrizioni del progetto.
5. L'azienda sanitaria locale rilascia l'autorizzazione sulla base dei dati ad essa resi noti e della documentazione presentata, ai sensi dei commi 3 e 4, anche a seguito di un controllo che consenta di verificare la effettiva qualità e proprietà delle prestazioni che si intendono erogare presso il centro di accoglienza, nonché la compatibilità della struttura con il preesistente contesto edilizio e abitativo.
1. La presente legge entra in vigore il giorno successivo a quello della sua pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale.
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