TESTI ALLEGATI ALL'ORDINE DEL GIORNO
della seduta n. 531 di Giovedì 21 ottobre 2004

MOZIONI SULLE INIZIATIVE PER CONTRIBUIRE AL SOSTEGNO E ALLO SVILUPPO DEL CONTINENTE AFRICANO

La Camera,
premesso che:
il superamento del divario tra il nord ed il sud del mondo rappresenta la grande sfida del ventunesimo secolo e il continente africano è il banco di prova della capacità della comunità internazionale di raccogliere questa sfida;
contrastare le cause profonde dei conflitti, sostenere le azioni di mantenimento della pace, incoraggiare buon governo e politiche sociali atte a realizzare educazione, salute e pari opportunità per tutti, rompere il circolo vizioso della povertà estrema, che condanna ancora oggi centinaia di milioni di persone nel sub-continente a lottare per la sopravvivenza, sono gli obiettivi che si è imposta di perseguire la comunità internazionale adottando, al vertice di Kananaskis (Canada), il piano di azione G8 per l'Africa;
dal 1989, anno che segna la fine della guerra fredda, l'Africa ha, di fatto, perduto interesse strategico sul piano politico e militare per l'Occidente, tanto che gli aiuti in suo favore hanno subito un dimezzamento, passando dai 24,4 miliardi di dollari, percepiti prima del crollo del muro di Berlino, ai circa 12,2 miliardi attuali;
ai problemi di antica data che attanagliano il continente africano si aggiungono oggi le nuove sfide della globalizzazione, dalla quale derivano nuove opportunità, ma anche nuovi pericoli;
negli ultimi anni si è affermata una grande capacità propositiva dell'Africa, che non vuole rassegnarsi a quella percezione quasi simbolica che alberga nell'immaginario collettivo di tutti di «continente vittima di flagelli, epidemie, terrorismo e fanatismo religioso» e che è stata suggellata in quel progetto avanzato dai presidenti di Senegal, Sudafrica, Nigeria ed Algeria al G8 di Genova, meglio noto come Nepad (Nuovo partenariato per lo sviluppo dell'Africa), che rappresenta una richiesta unitaria di collaborazione con i Paesi dell'Occidente;
gli impegni che la comunità internazionale ha mostrato di assumersi con il piano di azione G8 per l'Africa sono stati disattesi all'indomani del vertice canadese, avendo questa stanziato solo 12 miliardi di dollari all'anno per le politiche di sviluppo e solo un miliardo per la cancellazione del debito dei Paesi poveri, contro i 300 miliardi di dollari di debito estero e i 54 miliardi di dollari all'anno che la stessa Banca mondiale ha stimato essere necessari per dimezzare entro il 2015, come previsto dal Nepad, la povertà;
oggi nei mass media l'immagine che la stragrande maggioranza dell'opinione pubblica italiana avverte nei confronti di questo continente è solo quella di disastri, di epidemie, di terrorismo, tutte questioni che derivano da politiche o scelte economiche e sociali molto vicine al nostro modello di sviluppo: pertanto, ridurre l'Africa ad una serie di problemi è solo una visione frutto della «strategia di dominio del nord del mondo», che va scoraggiata perché ostacola qualsiasi sforzo teso a ritrovarne il suo passato storico e la sua profonda ed autentica cultura;
l'Africa è un continente che vuole cambiare e la società civile africana, protagonista di un nuovo fermento democratico e partecipativo, continua a non essere rappresentata ed ascoltata. I Governi occidentali, le istituzioni internazionali ed i mass media privilegiano il dialogo con gli organi ufficiali ed i Governi, anche quando questi ostacolano il reale decollo di vere politiche di sviluppo e soffocano le istanze di democrazia delle popolazioni e delle comunità africane;
è necessario rimuovere quegli ostacoli esterni al continente che rallentano e spesso impediscono autentici processi di emancipazione politica ed economica del continente e della stessa sua società civile;
la gravità della situazione africana è evidenziata da una molteplicità di indicatori;
alcuni dati indicano con estrema chiarezza che 800 milioni di africani vivono in stato di permanente vulnerabilità, dovuta alle loro precarie condizioni di vita, e che 350 milioni di essi sono estremamente poveri e sopravvivono con meno di un euro al giorno, mentre altri 200 milioni sono denutriti;
l'Africa conta 28 milioni di ammalati di aids sul totale complessivo mondiale pari a 40 milioni e, inoltre, l'estrema virulenza della malattia ha ridotto la produttività al 50 per cento, mietendo tra le vittime anche 7 milioni di contadini (potrebbe ucciderne altri 16 milioni entro il 2020 nei soli Paesi dell'Africa subsahariana), con inevitabili e disastrose ripercussioni sulla produzione agricola complessiva, se si pensa che il 70 per cento delle persone attive in Africa è occupata nel settore dell'agricoltura;
la durata media della vita è diminuita a 54 anni e si calcola che già nel 2005 la maggioranza degli africani morirà prima dei 48 anni di vita;
malattia e fame sono fortemente unite nel loro percorso di morte e la salute della popolazione, dunque, diventa un assunto di partenza indispensabile alla definizione di un qualsivoglia modello economico che rilanci il continente africano;
il «Rapporto sulla situazione dell'infanzia nel mondo del 2004» dell'Unicef rivela che il numero delle ragazze escluse ogni anno dal sistema scolastico nell'Africa sub-sahariana è passato dai 20 milioni del 1990 ai 24 milioni del 2002. Eppure è provato che la scolarizzazione delle bambine accelererebbe la crescita dell'economia africana. A Dakar, nell'ambito del World education forum, la comunità internazionale si è impegnata ad eliminare le discriminazioni di genere nell'accesso all'istruzione entro il 2005, come passo fondamentale per raggiungere l'obiettivo dell'istruzione universale entro il 2015, ma solo un Paese ogni cinque in Africa ha raggiunto questo obiettivo anche per l'istruzione elementare;
il rapporto globale sul lavoro minorile dell'Ufficio internazionale del lavoro ha reso noto che solo nell'Africa sub-sahariana circa 25 milioni di bambini subiscono varie forme di schiavitù, mediante il coinvolgimento in attività illecite, come la prostituzione, la pornografia, lo spaccio di droga e l'addestramento alla guerra per la partecipazione a conflitti armati;
la condizione della donna in Africa è drammaticamente difficile. Su di lei ricadono le conseguenze di strutture sociali e sanitarie inadeguate ed insufficienti, che la espongono, in particolar modo, ai gravi rischi legati alle malattie sessualmente trasmissibili ed al parto. Inoltre, alle cause legate alla povertà, si accompagnano spesso retaggi culturali, tabù e restrizioni religiose, che espongono le donne, già dalla primissima infanzia, ad abusi fisici, come la mutilazione dei genitali, e psicologici. Questa sistematica violazione all'integrità fisica delle donne è un attentato alla loro capacità di generare la vita e, quindi, di favorire l'amore e la pace, la convivenza e la solidarietà sociale;
nel continente africano, inoltre, mancano l'acqua corrente e le infrastrutture, dai trasporti alle telecomunicazioni, e l'80 per cento dell'energia viene prodotta con sterco e paraffina;
dal punto di vista economico oggi l'Africa offre solo il 2 per cento delle esportazioni mondiali ed attira solo l'1 per cento degli investimenti privati, dati che denunciano come i Paesi africani vivono ai margini del sistema degli scambi commerciali e dei flussi di investimento internazionali, ed a tale marginalizzazione commerciale si accompagna una altrettanto evidente marginalizzazione finanziaria, ossia l'impossibilità concreta di attrarre i flussi finanziari internazionali;
le politiche protezionistiche adottate fino ad oggi dai Governi dei Paesi occidentali industrializzati (Stati Uniti ed Unione europea), che attraverso sussidi pubblici erogati ai loro produttori per favorire lo smaltimento delle eccedenze agricole consentono la vendita dei prodotti al di sotto del costo di produzione ed al di sotto dei prezzi mondiali di mercato (cosiddetto dumping), hanno, di fatto, tarpato le ali allo sviluppo delle agricolture del terzo mondo;
in base ai dati del rapporto sullo sviluppo umano del 2002, gli effetti del dumping praticato da Stati Uniti ed Unione europea si traducono in 100 miliardi di dollari l'anno di perdite per mancati introiti da parte dei Paesi in via di sviluppo: una somma pari al doppio dell'intero ammontare dei fondi stanziati per la cooperazione allo sviluppo;
non si può pensare di affrontare i problemi dell'Africa prescindendo dall'analisi di decenni di politiche neoliberali di aggiustamento macroeconomico, di colonialismo del passato e di neocolonialismo;
le occupazioni militari, nel corso della colonizzazione, hanno comportato il quasi totale sradicamento dell'organizzazione politica e sociale dei territori africani occupati. Le nuove forme di colonialismo attuate da Francia e Stati Uniti, attraverso il tentativo di esportare la loro idea di democrazia universale applicata, impediscono, di fatto, a quei territori di avviare un reale processo di democratizzazione;
il nostro Paese è oggi chiamato a nuove e più incisive forme di dialogo e di partenariato e, stante la sua posizione geografica che lo colloca quale Stato-ponte fra l'Europa ed il continente africano, ha la grande opportunità di poter contribuire positivamente nel rilancio e nel sostegno allo sforzo politico ed economico dell'Africa;

impegna il Governo:

a dare piena attuazione alla legge n. 209 del 2000, azzerando il debito dei Paesi più poveri, che rappresenta una delle forme di saccheggio del terzo mondo da parte dei Paesi dell'Occidente, poiché gli interessi pagati costituiscono da soli il rimborso di due o tre volte il prestito che quei Paesi hanno ricevuto;
a promuovere, in sede internazionale, una procedura di arbitrato per il debito da affidare ad un organismo indipendente, diverso dal Fondo monetario internazionale;
a riconoscere ai Paesi africani il diritto di proteggere i loro mercati ed i loro prodotti, al fine di favorire le loro produzioni locali, impegnandosi concretamente perché si interrompa quella spirale perversa innescata dalle sovvenzioni governative che destabilizza i mercati africani (dumping) e perché si promuova concretamente un'agricoltura sostenibile;
ad adoperarsi affinché siano interrotti l'uso e l'importazione delle cosiddette risorse «insanguinate» dall'Africa (diamanti, petroli, legname, coltan ed altro), anche attraverso l'adozione di strumenti di certificazione certi e sicuri;
a promuovere la conclusione di un trattato internazionale volto alla riduzione della vendita e dell'uso illegale di armi, che definisca standard minimi nel commercio degli armamenti ed il rafforzamento del controllo sulle esportazioni delle armi e sulle attività dei produttori e degli intermediari;
al rispetto da parte dell'Italia degli impegni assunti in sede di Millenium round con la sottoscrizione delle quote di aiuto per l'Africa, attraverso la destinazione di risorse finanziarie adeguate;
a rilanciare l'impegno italiano nel settore della cooperazione allo sviluppo, anche stanziando lo 0,7 per cento del prodotto interno lordo;
a non far perdere al nostro Paese il ruolo guida nella gestione del fondo globale alla lotta all'aids, anche contribuendo in misura adeguata al suo finanziamento;
a ridefinire ruoli e politiche delle rappresentanze italiane all'interno della Banca mondiale e del Fondo monetario internazionale secondo criteri di buon governo e trasparenza, che consentano un controllo democratico vero sui processi decisionali di queste istituzioni.
(1-00351) «Maura Cossutta, Vertone, Rizzo, Armando Cossutta, Diliberto, Bellillo, Nesi, Pistone, Sgobio, Boato, Tidei, Trupia, Carbonella, Giovanni Bianchi, Benvenuto, Burtone, Battaglia, Grandi, Bellini, Marcora, Zanella, Giulietti, Rotundo, Pisa, Diana, Folena».
(30 marzo 2004)

La Camera,
premesso che:
l'Africa è un continente che vive profonde lacerazioni e rischia una deriva sempre più negativa: impoverimento, conflitti, esclusione dalle politiche di crescita in ambito internazionale. Crescono politiche neocoloniali e di privatizzazione delle risorse, in particolare nell'Africa sub-sahariana;
come riportato dal rapporto sullo sviluppo umano elaborato dall'Undp (Programma delle Nazioni Unite per lo sviluppo) per il 2003, nell'ultimo decennio 54 Paesi in via di sviluppo hanno registrato una riduzione del proprio reddito medio, la povertà affligge un miliardo di esseri umani, nell'ultimo decennio tredici milioni di bambini sono morti a causa di malattie diarroiche, ogni anno oltre mezzo milione di donne - una per ogni minuto del giorno - muore durante la gravidanza e il parto, più di 800 milioni di persone soffrono la malnutrizione e tale situazione affligge prevalentemente il continente africano;
sono anni che la comunità internazionale non orienta un impegno straordinario e si rischia una frattura tra il nord e sud e la rottura dei processi democratici, che pure si sono avviati nel periodo post coloniale;
le politiche della Banca mondiale e del Fondo monetario internazionale hanno costituito negli anni passati un vincolo rigido ed hanno imposto, a diversi Paesi, politiche di contenimento della spesa e di rientro del debito che hanno dato pessimi risultati;
si delinea, quindi, un quadro di problemi che vanno affrontati con urgenza: debito, conflitti, desertificazione e abbandono delle campagne, congestionamento delle aree urbane sono parte rilevante dei fattori che destabilizzano e «debilitano» l'intero continente;
l'Unione africana, che nasce dalla riforma dell'Organizzazione per l'unità africana e si caratterizza come soggetto unificante di tutto il continente, e la costituzione del Nepad (Nuovo partenariato per lo sviluppo dell'Africa) possono aiutare a governare le aree di crisi e a dare più dinamismo alle politiche di crescita nelle diverse aree regionali (Corno d'Africa, Africa australe e il Magreb);
in questo scenario nuovo qualche timido segnale si avverte: il ruolo di diversi Paesi africani - alla conferenza dell'Organizzazione mondiale del commercio a Cancun - nel difendere le produzioni agricole e la possibilità di utilizzo dei farmaci contro le patologie endemiche, in modo particolare l'aids. In alcune aree di crisi e di conflitto si costituiscono percorsi negoziali, che hanno per protagonisti i Paesi africani e l'Unione africana. Sono segnali che dovrebbero trovare interlocutori attenti;
l'Unione europea, con il vertice de Il Cairo del 2000, indicò una politica nuova di partenariato e di cooperazione, offuscata dalla ripresa delle politiche bilaterali dei singoli Paesi. Nel contesto attuale si rende ancora più necessaria un'iniziativa dell'Unione europea, volta a rilanciare il dialogo con i Paesi africani e a dare più forza alle iniziative multilaterali;
negli ultimi anni si sono susseguiti vari vertici internazionali che prevedevano l'assunzione di piani straordinari a favore dell'Africa: tali impegni si sono rilevati insufficienti ed in larga misura disattesi;
gli impegni assunti in sede di Millenium round, nel settembre del 2000, sottoscritti da 189 Capi di Stato e di Governo, prevedevano di:
a) sradicare l'estrema povertà e la malnutrizione entro il 2015;
b) garantire l'istruzione primaria a tutti i bambini e a tutte le bambine entro il 2015;
c) promuovere l'equità di genere e combattere le discriminazioni entro il 2015;
d) ridurre di due terzi la mortalità infantile entro il 2015;
e) migliorare la salute riproduttiva entro il 2015;
f) ridurre della metà la diffusione di malattie, quali hiv/aids, malaria ed altre, entro il 2015;
g) assicurare la sostenibilità ambientale entro il 2015;
h) sviluppare una partnership globale a favore dello sviluppo;
tali impegni rischiano di rimanere, ancora una volta, dichiarazioni di buona volontà, piuttosto che iniziative politiche concrete, vista la scarsità di risorse ad esse destinate;
il Governo italiano, a conclusione del summit di Kananaskis in Canada, che ha avuto luogo nel 2002, si era impegnato, in particolare, a promuovere un piano utile allo sviluppo dei Paesi africani che prevedesse: una migliore governance utile alla trasparenza, un più facile accesso ai farmaci essenziali, la realizzazione di gemellaggi tra università, centri di eccellenza e sistemi sanitari regionali, lo sviluppo dell'imprenditoria agricola e la tutela dei diritti della donna, a cominciare da quelli in campo sanitario. Inoltre, a margine di tale assise, il Presidente del Consiglio dei ministri italiano si impegnò ad incrementare l'aiuto italiano allo sviluppo;
in questi ultimi anni i drammi sociali e sanitari che investono il popolo africano sono ben lungi dall'essere almeno attenuati, viste, in particolare, le emergenze sanitarie che investono questo continente: dall'hiv alle malattie intestinali, dall'impossibilità di accesso all'acqua potabile alla drammatica mortalità infantile e delle donne post parto, dall'analfabetismo, che ancora colpisce parte della popolazione africana, all'impossibilità di accesso ai moderni strumenti di comunicazione di massa, indispensabili per lo sviluppo economico-sociale e politico di tali comunità;

impegna il Governo:

a promuovere l'azzeramento del debito dei Paesi poveri, in piena attuazione della legge n. 209 del 2000;
a sostenere l'aiuto pubblico allo sviluppo, adottando iniziative per prevedere stanziamenti adeguati e comunque atti a raggiungere almeno lo 0,33 del prodotto interno lordo del nostro Paese entro il 2006, come sottoscritto alla conferenza di Monterrey, e porsi l'obiettivo dello 0,7 per cento per gli anni successivi;
ad assumere iniziative politico-diplomatiche atte al raggiungimento degli obiettivi del Millennium round;
a promuovere iniziative volte all'interruzione del traffico di armi, come condizione necessaria per evitare i conflitti e consolidare la democrazia;
a sostenere le Nazioni Unite e l'Unione africana nella prevenzione e nella gestione dei conflitti, per la promozione della pace e del dialogo nelle situazioni di crisi;
ad adoperarsi, in seno all'Organizzazione mondiale del commercio, al fine di sviluppare nuove regole commerciali atte a facilitare l'accesso nel mercato dei prodotti africani, in particolare del cotone, ed a contrastare politiche protezionistiche di dumping commerciale,
a potenziare gli strumenti finanziari, quali il fondo globale alla lotta all'aids, e a consentire l'accesso ai farmaci a costi accessibili per i Paesi africani;
a sviluppare progetti a favore della società civile africana, quale strumento utile al controllo ed alla trasparenza delle iniziative di crescita.
(1-00372) «Crucianelli, Fioroni, Sereni, Spini, Calzolaio, Melandri, Realacci, Cabras, Meduri, Ranieri, Reduzzi, Fumagalli, Ruzzante, Boato».
(10 maggio 2004)

La Camera,
premesso che:
la responsabilità primaria per il futuro dell'Africa è nelle mani dell'Africa stessa;
le molteplici e dispendiose iniziative finora disegnate per stimolare lo sviluppo dell'Africa hanno fallito nell'intento di realizzare un adeguato miglioramento della vita di donne, uomini e bambini africani;
nonostante il suo grande potenziale e le sue risorse umane, l'Africa continua a dover affrontare alcune delle più grandi sfide del mondo (conflitti, malattie, povertà, carestie, catastrofi, malgoverno, mancato rispetto dei diritti dell'uomo, emigrazioni di massa);
l'Africa deve essere aiutata a diventare consapevole artefice del proprio sviluppo nell'ambito degli obiettivi del Millenium round, con la necessaria partecipazione della società civile e la valorizzazione del fondamentale ruolo della donna nel continente;
nord e sud, con il partenariato G8-Nepad, cominciano a lavorare assieme su iniziativa degli stessi africani, disposti ad assumersi le loro responsabilità (ownership) e pronti a verificarsi a vicenda (peer-review) sui progressi negli obiettivi che loro stessi si sono posti, condizione per stabilire con l'Occidente una partnership rafforzata (enhanced partnership), che garantisca comunque l'emergenza;
l'iniziativa del Nuovo partenariato per lo sviluppo dell'Africa (Nepad) presa dai leader africani costituisce un'opportunità senza precedenti e una coraggiosa e lungimirante visione dello sviluppo del continente, nella convinzione che la pace, il buon governo e i diritti umani costituiscano il necessario presupposto della ripresa dell'Africa;
il piano di azione per l'Africa deciso nel G8 di Genova e approvato nel vertice di Kananaskis in Canada è la risposta delle maggiori democrazie industrializzate per sostenere l'impegno dei leader africani per consolidare la democrazia e la sana gestione economica e per la promozione della pace, della sicurezza e dello sviluppo incentrato sulla popolazione, nella convinzione che la pace e la sicurezza siano le precondizioni necessarie per lo sviluppo;
l'Unione europea, su iniziativa della presidenza italiana, ha stanziato un fondo di 250 milioni di euro, denominato peace facility, per il finanziamento delle operazioni di pace condotte dall'Unione africana e dalle organizzazioni regionali africani;
l'Italia, in ottemperanza del piano di azione, si è impegnata nella formazione di 70 ufficiali africani all'anno per tre anni nello staff college dell'Onu a Torino;
per migliorare le capacità africane di sostegno alla pace, il G8 si è impegnato nel piano di azione ad aiutare i Paesi africani a costituire, entro il 2010, una brigata africana come stand-by force per operazioni di peace-keeping;
essendo impossibile lo sviluppo in assenza di vera democrazia, di rispetto dei diritti umani e di buon governo, il G8 si è impegnato a sostenere gli obiettivi di governance politica prioritari della Nepad per rafforzare le istituzioni;
essendo la crescita economica una questione centrale per l'obiettivo della Nepad, il piano di azione impegna l'Occidente a stimolare le attività economiche, con particolare attenzione alla sostenibilità e ai costi sociali, ad aiutare l'Africa ad attirare gli investimenti, a permettere al continente un effettivo accesso ai mercati, a favorire joint-venture per produrre valore aggiunto sul posto, a promuovere l'integrazione e il commercio intra-africano e a migliorare l'efficacia dell'aiuto pubblico allo sviluppo (Assistenza ufficiale allo sviluppo - Oda);
alla Conferenza Onu di Monterrey, nel marzo del 2002, i Capi di Stato e di Governo hanno deciso di destinare all'aiuto allo sviluppo un totale di 12 miliardi di dollari entro il 2006, di cui «la meta o più» all'Africa, e l'Italia ha deciso, dopo l'accordo in sede europea a Barcellona, di arrivare allo 0,33 del prodotto interno lordo (attualmente allo 0,19);
essendo l'alleggerimento del debito condizione indispensabile per ridurre la povertà, il G8 si è impegnato ad assistere i Paesi poveri maggiormente indebitati, attraverso l'iniziativa Hipc, che ridurrà di 19 miliardi di dollari il debito di circa 22 Paesi africani che seguono sane politiche economiche e di buon governo;
l'Italia, in particolare, è stato il primo Paese ad impegnarsi a cancellare il 100 per cento dell'intero debito estero dei Paesi Hipc, la maggior parte dei quali sono africani. Tale impegno comporterà la cancellazione di debiti per un totale di 4,5 miliardi di euro, di cui più di 2 miliardi sono già stati cancellati;
nel campo dell'istruzione il G8, con il piano di azione, di fronte agli scarsi progressi dell'iniziativa «Istruzione per tutti» (Efa) decisa a Dakar, si è impegnato a sostenere i Paesi africani nei loro sforzi di migliorare la qualità dell'istruzione a tutti i livelli e la parità di accesso a donne e bambine, a lavorare con i partner africani per aumentare gli aiuti alla ricerca e la capacità dell'istruzione superiore, a favorire i «gemellaggi», a creare opportunità digitali per l'accesso alle tecnologie dell'informazione (Ict);
l'Italia, in particolare con il ministero per l'innovazione e le tecnologie, ha siglato già accordi per l'e-government con il Mozambico, la Nigeria e la Tunisia;
a fronte del persistere di patologie come la malaria e la tubercolosi e dell'esplosione dell'aids dagli effetti devastanti per lo sviluppo, la pace e la sicurezza, il G8, con il piano di azione e con il fondo globale per la salute, si è impegnato ad aiutare l'Africa a combattere gli effetti di tali malattie e a sostenere gli sforzi africani di costruire sistemi sanitari sostenibili e a promuovere la disponibilità di un adeguato approvvigionamento di medicinali, in un modo economicamente accessibile e medicalmente efficace;
l'Italia, fin dalla sua istituzione nel. 2002 decisa dal G8 di Genova, è stato il secondo Paese donatore del Ghf (global health fund), con 100 milioni di euro all'anno;
essendo rurale la stragrande maggioranza della popolazione africana e assumendo l'agricoltura un'importanza centrale, sia per la qualità della vita della maggior parte degli africani, sia per l'economia nazionale di quasi tutti gli Stati africani, il piano di azione G8-Nepad si è impegnato a rendere il sostegno all'agricoltura un'altissima priorità internazionale, in linea con le priorità del partenariato, con una maggiore produzione, efficienza e diversificazione nel settore, con particolare accento sul miglioramento della gestione delle risorse idriche, essendo l'acqua fondamentale per la vita e la sua penuria fonte di minaccia per la pace e la sicurezza regionale;
l'Africa, nonostante la storica iniziativa G8-Nepad, continua ad essere trascurata dai media, se non per le notizie più negative e sensazionalistiche su conflitti, povertà e malattie, con la conseguenza di dare del continente un'immagine totalmente negativa, che scoraggia, oltretutto, gli investimenti, frenandone il potenziale sviluppo;
il processo di istituzione e di consolidamento dell'Unione africana (Ua) si sviluppa con successo, essendo state create negli ultimi mesi le nuove istituzioni pan-africane di governo, quali la Commissione, il Parlamento africano e il Consiglio per la pace e la sicurezza, e avendo l'Unione africana assunto ormai un ruolo guida nella conduzione del dialogo tra Unione europea ed Africa, scaturito dal vertice de Il Cairo dell'aprile 2000, attraverso riunioni delle troike dell'Unione europea e dell'Unione africana e consultazioni dirette tra le Commissioni dell'Unione europea e dell'Unione africana;

impegna il Governo:

ad adoperarsi per l'attuazione effettiva delle otto priorità del piano di azione per l'Africa, il cui secondo rapporto di attuazione è previsto per la presidenza britannica del G8 del 2005;
a rispettare gli impegni economici per l'aiuto pubblico allo sviluppo presi a livello internazionale, sui quali l'Italia sarà chiamata ripetutamente a riferire, a partire dal vertice G8 a presidenza americana di Sea Island nel mese di giugno 2004;
ad aggiornare gli strumenti operativi più adeguati all'azione della cooperazione, per fare fronte con maggiore efficacia e rapidità agli impegni presi con i Paesi in via di sviluppo, con le imprese e con le organizzazioni non governative;
a sollecitare i dirigenti e i funzionari italiani che operano nelle istituzioni economiche multilaterali (Banca mondiale, Fondo monetario internazionale, Banca europea per gli Investimenti, Banca africana di sviluppo) ad una maggiore attenzione verso le iniziative del nostro Paese nei confronti dei Paesi in via di sviluppo;
a realizzare compiutamente il progetto della de-tax, la detassazione dell'1 per cento sui beni non essenziali, per una raccolta di fondi per iniziative etiche, per permettere ai cittadini che lo desiderino di partecipare, con i loro acquisti, al sostegno dei progetti per i Paesi in via di sviluppo;
a sostenere il processo di rafforzamento delle autonome capacità africane per garantire la pace e la sicurezza intrapreso dall'Unione africana, sia bilateralmente (in particolare, attraverso il finanziamento di corsi, gestiti dalle apposite istituzioni Onu, di addestramento nel settore del peacekeeping per il personale militare e di polizia dei Paesi africani), sia promuovendo un'azione politica in sede europea, affinché una parte dei fondi della peace facility venga destinata al rafforzamento politico-istituzionale dell'Unione africana;
alla continuata e puntuale osservanza della normativa nazionale e del codice di condotta dell'Unione europea, che pongono precisi limiti alle esportazioni di materiali di armamento verso Paesi, che, ricevendo dall'Italia aiuti ai sensi della legge n. 49 del 26 febbraio 1987 (Cooperazione allo sviluppo), destinino al proprio bilancio militare risorse eccedenti le esigenze di difesa, nonché alle esportazioni dei materiali in questione che non siano compatibili con la capacità tecnica ed economica del Paese destinatario;
a sostenere politicamente e finanziariamente il processo di consolidamento dell'Unione africana e delle organizzazioni sub-regionali africane, quali motori del necessario processo d'integrazione politica ed economica del continente africano ai diversi livelli;
a promuovere iniziative di comunicazione per una conoscenza adeguata dei processi positivi in atto in Africa da parte di un'opinione pubblica, che una corretta e completa informazione aiuterebbe a partecipare;
ad adoperarsi per il proseguimento del dialogo tra G8 e Nepad, attraverso il gruppo dei rappresentanti personali per l'Africa dei Capi di Stato e di Governo del G8, inaugurato al vertice di Genova dall'allora presidenza italiana del G8, e per il perseguimento degli obiettivi del Millenium round per lo sviluppo dell'Africa.
(1-00373) «Michelini, Landi di Chiavenna, Naro, Rizzi, Craxi, Arnoldi, Azzolini, Baldi, Caligiuri, Deodato, Pacini, Paoletti Tangheroni, Paroli, Rivolta, Santulli».
(10 maggio 2004)

La Camera,
premesso che:
in Africa la comunità internazionale è chiamata ad affrontare una delle sfide più importanti del nuovo millennio;
il continente africano, infatti, è l'anello debole della nuova globalizzazione, portata avanti senza una conduzione politica adeguata che ponga al centro non gli interessi economici del mondo ricco, ma la possibilità di tutti gli esseri del pianeta di uno sviluppo sostenibile;
il destino dell'Africa è immutabile se i Governi continueranno a privilegiare il dialogo e la cooperazione solo con le istituzioni locali, spesso caratterizzate da corruzione e malgoverno, e non daranno spazio ad una società civile impegnata in un duro lavoro di costruzione della partecipazione e della democrazia;
in Africa si consuma quotidianamente una grande tragedia, spesso nascosta agli occhi dei cittadini dei Paesi più industrializzati; oltre la metà della popolazione africana, circa 340 milioni di persone, vive nella miseria più nera, con meno di un dollaro al giorno a disposizione: questo fa sì che tutte le malattie ritornino con incredibile virulenza, dalla lebbra alla malaria, dalla tubercolosi all'aids;
su 48 Paesi classificati dalla Conferenza delle Nazioni Unite sul commercio e sullo sviluppo (Unctad) come poveri, 33 sono in Africa;
sono oltre 25 milioni gli ammalati di aids in Africa, sui 34 milioni al mondo: solo in Kenya, per esempio, ogni giorno oltre 700 persone muoiono di aids e sono soprattutto donne e bambini a farne le spese (infatti, per il 2010 si prevedono oltre 18 milioni di bambini orfani per l'aids);
solo il 58 per cento della popolazione dispone di acqua potabile, ci sono 16 medici ogni 100.000 abitanti e l'aspettativa di vita alla nascita è di 54 anni;
i più esposti ai vari problemi sono donne e bambini,
le donne subiscono enormi problemi legati alle malattie trasmissibili sessualmente ed al parto, aggravate da usanze e restrizioni religiose che le espongono ad abusi fisici e psicologici;
secondo l'Unicef, il più alto tasso di mortalità infantile sotto i 5 anni è in Africa: guidano la tragica classifica la Sierra Leone con 284 bambini su 1000, il Niger con 265 su 1000 e l'Angola con 260 su 1000;
sempre secondo l'Unicef, l'Africa subsahariana presenta il numero più alto di bambini in età scolare che non frequenta la scuola primaria: 41 milioni nel 1990 e 45 milioni nel 2002; in questa regione il numero di bambine che non frequentano la scuola è salito da 20 milioni nel 1990 a 24 milioni nel 2002; dei 300.000 minori di 18 anni «usati» nei conflitti, 120.000 sono in Africa;
la maggioranza dei 21 conflitti censiti nel 2002 dall'Istituto internazionale di ricerca sulla pace di Stoccolma (Sipri) erano nel continente africano, che ha speso nel 2001 il 2,1 per cento del prodotto interno lordo in spese militari;
l'Africa rappresenta solo 1,1 per cento del prodotto mondiale lordo, eppure è il continente più ricco di materie prime;
il continente africano deve pagare un debito che si aggira sui 300 miliardi di dollari, i cui interessi se potessero essere spesi per la lotta alla fame ed alla malattia sarebbe un notevole passo in avanti verso la possibilità di riscatto;
l'Africa per troppo tempo è stata vista solo come un terreno dove portare aiuto come business e non come forma di giustizia e risarcimento: particolarmente preoccupante è la crescente privatizzazione delle risorse;
la percentuale dello stanziamento pubblico allo sviluppo del nostro Paese ammonta allo 0,13 per cento, quindi ben lontano dallo 0,7 per cento, obiettivo minimo indicato dalle Nazioni Unite per ridurre drasticamente la fame nel mondo, ma anche lontano dall'obiettivo dato dal Presidente del Consiglio dei ministri Berlusconi di giungere allo 0,33 per cento entro la fine della legislatura;
negli ultimi anni si sono susseguiti vertici internazionali che hanno preso impegni straordinari a favore dell'Africa, ma che spesso sono rimasti lettera morta;
il nostro Stato deve tornare ad essere un Paese che, con la sua vocazione geografica e morale, deve porsi come ponte fra l'Europa e l'Africa;

impegna il Governo:

ad azzerare il debito dei Paesi più poveri, come previsto dalla legge n. 209 del 2000;
ad attivarsi per dare alla cooperazione italiana adeguati mezzi e risorse per il raggiungimento degli obiettivi che il nostro Paese si è dato a livello internazionale ed a privilegiare il ruolo della società civile locale;
ad intervenire per permettere di produrre e distribuire gratuitamente i vaccini e gli strumenti di prevenzione delle malattie, prima fra tutte l'aids;
a sostenere tramite l'Unione europea una posizione comune in ambito Onu, affinché ci sia un forte impegno per sostenere la soluzione dei vari conflitti africani;
a promuovere a livello internazionale una politica volta a sospendere il traffico di armi, anche leggere verso il continente africano;
a contrastare politiche di dumping e adoperarsi presso l'Organizzazione mondiale del commercio affinché vengano individuate nuove regole commerciali che permettano l'accesso nei mercati mondiali delle produzioni africane;
ad adoperarsi affinché sia adottata una certificazione che garantisca che la provenienza di alcuni prodotti (diamanti, legname, petrolio ed altro) non sia legata a guerre, sfruttamento indiscriminato delle risorse o oltre forme di sottomissione dell'uomo o impoverimento del territorio;
ad assumere iniziative politiche e diplomatiche affinché vengano raggiunti gli obiettivi sottoscritti nel settembre 2000 in sede del Millenium round.
(1-00375) «Cima, Pappaterra, Pecoraro Scanio, Zanella, Cento, Bulgarelli, Lion, Grotto, Albertini, Rocchi, Boato».
(12 maggio 2004)

La Camera,
premesso che:
nel settembre 2000, in occasione del Millenium round svoltosi presso le Nazioni Unite, 189 Capi di Stato e di Governo hanno approvato la Dichiarazione del Millennio, un patto globale tra Paesi ricchi e Paesi poveri fondato sul reciproco impegno a fare tutto il necessario per costruire un mondo più sicuro, più prospero e più equo per tutti entro il 2015;
la dichiarazione ha individuato gli obiettivi da attuare entro il 2015 nell'eliminazione della povertà estrema e della fame, nell'eliminazione delle disparità fra i sessi, nella riduzione della mortalità infantile e maternale, nel contrasto alle malattie che devastano intere regioni del pianeta, nella protezione dell'ambiente, nell'accesso per tutti all'educazione, alle cure sanitarie e all'acqua;
il rispetto degli impegni assunti nella dichiarazione riveste un'importanza cruciale per il continente africano, in cui le gravissime situazioni sociali, economiche e sanitarie impediscono la realizzazione di politiche di sviluppo che la stessa Africa ha dimostrato di voler perseguire attraverso accordi con i Paesi del G8 (Nepad-Nuovo partenariato per lo sviluppo dell'Africa);
nel corso del semestre di presidenza italiana dell'Unione europea (luglio-dicembre 2003), l'Associazione delle organizzazioni non governative italiane, aderendo all'invito contenuto nel Programma delle Nazioni Unite per lo sviluppo (Undp) per una mobilitazione su scala mondiale, ha promosso una campagna nazionale al fine di richiamare le istituzioni e i Governi nazionali ad onorare gli impegni assunti per il raggiungimento degli obiettivi del Millennium round;
dal 27 marzo 2004 al 4 aprile 2004, in occasione del IV forum dell'Alleanza mondiale delle città contro la povertà organizzato dalle Nazioni Unite, dal comune di Roma e dalla Tavola della pace, è stata promossa una vasta campagna di sensibilizzazione per promuovere la realizzazione degli obiettivi di sviluppo entro il 2015, intitolata per l'appunto «No Excuse 2015»;
l'impegno non è irraggiungibile, a patto che ci sia una vera volontà degli Stati e dei Governi di mettere in atto politiche efficaci per lo sviluppo e la lotta alla povertà;
per quel che riguarda l'obiettivo di riduzione della povertà e della fame, i dati del rapporto Unpd indicano che, ancora oggi, oltre 1,2 miliardi di persone, un quinto della popolazione mondiale, sopravvive con meno di un euro al giorno e che il numero di persone che soffrono la fame, se si esclude la Cina, è aumentato. Nel continente africano la situazione è particolarmente grave, in quanto si stima che siano 800 milioni gli africani in stato di precarietà e che, di essi, 350 milioni siano estremamente poveri, mentre altri 200 milioni sono denutriti;
la mancanza di istruzione continua a privare gran parte della popolazione mondiale delle proprie potenzialità e, come indicato dal rapporto, nei Paesi più poveri un bambino su cinque, pur in età per la scuola elementare, non la frequenta. Si stima che siano circa 115 milioni i bambini che non sono in grado di portare a termine un ciclo completo di istruzione primaria;
lo status delle donne, pur in presenza di un miglioramento negli ultimi decenni, continua a risentire di disuguaglianze di genere ancora molto diffuse e, ai tassi correnti, l'uguaglianza di genere, nel solo campo dell'istruzione, non sarà ottenuta fino al 2025, 20 anni dopo l'obiettivo fissato dal Millennium round. In particolare, nell'Africa sub-sahariana il numero delle ragazze escluse ogni anno dal sistema scolastico è passato dai 20 milioni del 1990 ai 24 milioni del 2002;
per quel che riguarda l'obiettivo di ridurre di due terzi, entro il 2015, il tasso di mortalità infantile, bisogna agire, in particolare, nei territori dell'Africa sub-sahariana, dove il tasso di mortalità infantile è il più alto del mondo, con 171 bambini che muoiono ogni mille. Nei medesimi territori si registra, poi, anche il più alto numero di decessi maternali legati a complicazioni insorte con la gravidanza o il parto. Ogni giorno nei Paesi in via di sviluppo muoiono 1.400 donne, oltre mezzo milione ogni anno;
le malattie, quali Hiv/aids, tubercolosi e malaria, hanno avuto l'impatto più devastante sulle politiche di sviluppo, uccidendo milioni di persone e colpendo duramente la capacità lavorativa dei Paesi in via di sviluppo. In Africa sono 28 milioni gli ammalati di aids, pari ai tre quarti dei malati complessivi nel mondo, e si calcola che tale situazione abbia ridotto la produttività dei Paesi africani del 50 per cento;
avere accesso all'acqua è indispensabile, ma essa non si traduce in migliori condizioni di salute se non si accompagna a misure igieniche e servizi di base indispensabili che, ad oggi, mancano, con la conseguenza che negli anni novanta il numero di bambini uccisi dalle malattie legate alle cattive condizioni igieniche dell'acqua è stato superiore a quello delle persone uccise in tutti i conflitti armati, a partire dalla seconda guerra mondiale;
gli obiettivi del Millennium round riconoscono in maniera esplicita che si può eliminare la povertà solo attraverso una «partnership globale per lo sviluppo», che veda tutti i Paesi reciprocamente impegnati rispetto a responsabilità specifiche;
tale ultimo impegno, al contrario di quanto stabilito per gli altri obiettivi, non è accompagnato da scadenze specifiche, anche se riguarda azioni e scelte politiche fondamentali per il raggiungimento stesso degli obiettivi del Millennium round, in particolare per quel che riguarda l'impegno ad incrementare la qualità e la quantità degli aiuti allo sviluppo verso i Paesi più poveri;
in realtà, si tratterebbe di onorare l'impegno preso oltre trent'anni fa e ribadito anche durante la Conferenza di Monterrey del 2002 di destinare lo 0,7 per cento del proprio prodotto interno lordo alla cooperazione internazionale;
l'impegno a perseguire l'obiettivo di un rapporto tra aiuto pubblico allo sviluppo e prodotto interno lordo pari allo 0,7 per cento era stato assunto dal Governo italiano pochi giorni prima della Conferenza di Monterrey, in occasione del Consiglio di Barcellona del marzo 2002. In quella sede l'Italia ha sottoscritto l'impegno dell'Unione europea di perseguire il raggiungimento di aiuto pubblico allo sviluppo pari allo 0,33 per cento del prodotto interno lordo entro il 2006;
gli ultimi dati disponibili della direzione generale per la cooperazione allo sviluppo del ministero degli affari esteri, relativi all'anno 2002, indicano un aumento dell'impegno dell'Italia in aiuto pubblico allo sviluppo, che risulterebbe pari allo 0,20 per cento del prodotto interno lordo, circa 2.300 milioni di euro;
ciononostante, i dati relativi alla legge finanziaria per il 2004 rilevano una tendenza opposta e incoerente con gli impegni assunti a livello internazionale. In tale legge, infatti, lo stanziamento previsionale per l'aiuto pubblico allo sviluppo è ridotto allo 0,16 per cento del prodotto interno lordo;
in particolare, gli aiuti in favore dell'Africa hanno subito, dagli anni novanta ad oggi, un crollo del 50 per cento, passando dai 24,4 miliardi di dollari del 1989 ai 12,2 miliardi attuali;

impegna il Governo:

ad adottare iniziative normative volte ad aumentare progressivamente gli stanziamenti per l'aiuto pubblico allo sviluppo dell'Italia in favore dei Paesi più poveri, al fine di destinarvi lo 0,7 per cento del prodotto interno lordo entro il 2010, e, a tal fine, a rispettare l'impegno, assunto nelle sedi internazionali nel 2002, come obiettivo intermedio di destinare all'aiuto pubblico allo sviluppo lo 0,27 per cento e lo 0,33 per cento del prodotto interno lordo, rispettivamente per gli anni 2005 e 2006;
a rispettare gli impegni presi dall'Italia nel Millenium round di destinare adeguate risorse finanziarie all'Africa.
(1-00380) «Realacci, Sereni, Arrighi, Parolo, Mosella, Lupi, Boato, Camo, Intini, D'Agrò, Pappaterra, Cima, Grotto, Nesi, Mazzuca Poggiolini, Pistone, Annunziata, Banti, Giovanni Bianchi, Bimbi, Burtone, Cardinale, Carra, Fanfani, Fioroni, Fistarol, Lusetti, Maccanico, Marcora, Meduri, Monaco, Morgando, Pistelli, Reduzzi, Ruggeri, Folena, Maurandi, Rotundo, Calzolaio, Tidei, Vigni, Abbondanzieri, Labate, Adduce, Grignaffini, Albonetti, Cialente, Tolotti, Crisci, Cennamo, Preda, Carboni, Angioni, Zanotti, Lucà, Panattoni, Piglionica, Gasperoni, Duca, Alberta De Simone, Battaglia, Capitelli, Paola Mariani, Crucianelli, Trupia, Giulietti, Grillini, Zunino, Cordoni, Lumia, Di Serio D'Antona, Ottone, Bellini, Melandri, Motta, Raffaella Mariani, Grandi, Diana, Mazzarello, Lucidi, Benvenuto, De Brasi, Vianello, Bonito, Siniscalchi, Tocci, Sandi, Ruzzante, Bielli, Mussi, Carbonella».
(14 giugno 2004)



INTERPELLANZE URGENTI

A)

I sottoscritti chiedono di interpellare il Presidente del Consiglio dei ministri, per sapere - premesso che:
con interpellanza urgente n. 2/01181 era stato sottoposto all'attenzione del Ministro Frattini e denunciato all'opinione pubblica il caso della pubblicazione «L'Europa per le imprese e gli enti locali», realizzata dall'associazione Opps, presentata sul sito www.opps.it, con la riproduzione del testo di un «saluto introduttivo del Ministro degli affari esteri», ed offerta a diversi comuni da persone qualificatesi al telefono come appartenenti alla segreteria del Ministro Frattini, senza menzionare in alcun modo la natura commerciale del prodotto;
in risposta all'interpellanza, nella seduta della Camera dei deputati del 6 maggio 2004, il Sottosegretario Antonione sottolineava che «la notizia del presunto coinvolgimento del Ministro Frattini... è priva di ogni fondamento. Il Ministro Frattini non ha, infatti, mai sottoscritto alcun saluto destinato al cd-rom "L'Europa per le imprese e gli enti locali"». Il Sottosegretario Antonione informava, inoltre, la Camera dei deputati che il Ministro si riservava «di adire le vie legali nei confronti dei responsabili di questa incresciosa vicenda»;
nei giorni successivi alla perentoria smentita del Ministro Frattini, gli interpellanti avevano tuttavia constatato, accedendo al sito internet www.opps.it, che la pubblicazione «L'Europa per le imprese e gli enti locali» continuava ad essere «reclamizzata» a mezzo del presunto «saluto introduttivo del Ministro», il quale si apriva con l'affermazione: «Ben volentieri accolgo la richiesta di un breve saluto introduttivo da inserire nel cd-rom "L'Europa per le imprese e gli enti locali"»;
gli interpellanti avevano, dunque, riproposto la questione all'attenzione del Ministro Frattini e della pubblica opinione, presentando una nuova interpellanza (n. 2-01207);
in risposta a questa seconda interpellanza, nella seduta della Camera dei deputati del 17 giugno 2004, il Sottosegretario Boniver dava notizia che il Ministro Frattini, evidentemente sciogliendo la prudentissima riserva riferita il 6 maggio 2004 alla Camera dei deputati dal Sottosegretario Antonione, in data 7 maggio 2004 aveva «sporto denunzia alle autorità di polizia giudiziaria», che era stata «immediatamente aperta un'indagine» e che «nell'ambito di tale indagine, il giudice per le indagini preliminari del tribunale di Roma... [aveva] emesso un decreto di sequestro preventivo ed... [aveva] oscurato il sito web interessato»;
la vicenda sembrava chiudersi così, tanto più che alcuni giorni dopo un rassicurante comunicato ufficiale dell'Arma dei carabinieri dava notizia che la truffa telematica era stata «sventata grazie alla denuncia tempestivamente presentata dai responsabili del dicastero e alle altrettanto sollecite indagini dei carabinieri del nucleo operativo di via in Selci»;
senonché, risulta agli interpellanti almeno un caso recentissimo dal quale emerge non soltanto che la truffa telematica continua, ma che il «modello» della truffa è rimasto lo stesso;
per quanto consta agli interpellanti, infatti, al prezzo di 80 euro viene offerto, a professionisti del settore, il cd-rom intitolato «Le ispezioni in materia di igiene e sicurezza sul lavoro ed i sistemi di gestioni della sicurezza». Si tratta anche in questo caso di una pubblicazione Opps ed anche in questo caso la presentazione della pubblicazione è affidata alla riproduzione di una lettera di un autorevole esponente del Governo in carica: la copertina interna del cd-rom riproduce, infatti, il testo di una nota del 29 ottobre 2003, a firma del senatore Cesare Cursi, Sottosegretario per la salute con delega in materia di igiene, prevenzione e sicurezza del lavoro, nella quale il Sottosegretario Cursi esprime il «più sentito apprezzamento per l'iniziativa... che condivido pienamente e alla quale va il mio sostegno...»; anche in questo caso infine, la presunta missiva del Sottosegretario Cursi è incorniciata tra stemmi della Repubblica italiana, bandiere dell'Unione europea, loghi di importanti istituzioni;
siccome tra gli stemmi c'è anche quello della Camera dei deputati, gli interpellanti hanno già sottoposto la questione al Presidente della Camera dei deputati, chiedendogli di adottare subito tutti i provvedimenti a tutela dell'onorabilità dell'istituzione parlamentare;
resta il fatto che, a giudizio degli interpellanti, il riproporsi di queste vicende segnala la necessità di una complessiva e attenta riflessione da parte del Governo - ed è questa la ragione per cui si rivolgono oggi al Presidente del Consiglio dei ministri - oltreché un'ancor più incisiva azione repressiva da parte della magistratura e degli organi di polizia giudiziaria -:
se il Presidente del Consiglio dei ministri sia al corrente dei fatti sopra illustrati;
se, come gli interpellanti auspicano sinceramente, dopo aver ribadito in questa sede la falsità della presunta nota del Ministro Frattini citata in premessa, il Presidente del Consiglio dei ministri possa fornire identica assicurazione circa la falsità della presunta nota a firma del Sottosegretario Cursi;
se il Presidente del Consiglio dei ministri non ritenga di dover disporre una verifica complessiva e, se del caso, impartire agli esponenti del proprio Governo specifiche direttive per scongiurare il rischio gravissimo che la loro corrispondenza possa diventare, anche inconsapevolmente, nelle mani di truffatori, strumento, prima che di reclame di prodotti commerciali, di discredito dell'istituzione del Governo.
(2-01344) «Manzini, Rossiello, Preda, Rava, Sandri, Bonito, Adduce, Fumagalli, Siniscalchi, Soda, Rognoni, Carli, Melandri, Maran, Galeazzi, Vianello, Tonino Loddo, Grandi, Raffaldini, Piglionica, Ottone, Nigra, Guerzoni, Nannicini, Motta, Martella, Pisa, Susini, Cialente, Luongo, Maurandi, Coluccini, Crisci, Chianale, Bellini, Sciacca, Albonetti, Amici, Bellillo, Cazzaro, Raffaella Mariani, Abbondanzieri, Grillini, Zunino, Finocchiaro, Gambini, Burlando, Lucà».
(15 ottobre 2004)

B)

I sottoscritti chiedono di interpellare i Ministri del lavoro e delle politiche sociali e dell'economia e delle finanze, per sapere - premesso che:
il personale impiegato con contratto di formazione lavoro, attualmente alle dipendenze dell'Inps della provincia di Vicenza, rappresenta quasi il 10 per cento del totale;
si tratta di 24 giovani che, per la professionalità e le competenze maturate dopo un proficuo ed intenso periodo di formazione, sono ben inseriti nel lavoro di servizio della sede provinciale e delle agenzie presenti in tutto il territorio. La loro mancata conferma porterebbe ad una grave menomazione dell'organico delle sedi di Vicenza e ad un conseguente ritardo nelle prestazioni dei servizi ai cittadini;
l'assunzione con contratto di formazione lavoro è stata effettuata a seguito di procedura concorsuale nel 2001 e, una volta scaduti i termini del contratto, il personale si è visto prorogare gli stessi di anno in anno;
con decreto del Presidente della Repubblica del 25 agosto 2004, pubblicato nella Gazzetta ufficiale n. 225 del 24 settembre 2004, è prevista la possibilità anche per l'Inps di procedere all'assunzione di personale, in deroga al divieto imposto dall'articolo 3 della legge n. 350 del 24 dicembre 2003;
gli interpellanti sono venuti a conoscenza che è intenzione dell'ente assumere la maggior parte delle 190 unità previste dal decreto del Presidente della Repubblica (come pubblicato nella Gazzetta ufficiale n. 225 del 24 settembre 2004) presso la sede centrale. Se così fosse le sedi periferiche si troverebbero a dover gestire nuovamente delle situazioni di emergenza come sopra descritto -:
come il Governo intenda intervenire affinché il personale attualmente impiegato con contratto di formazione lavoro presso l'ente citato rientri nel contigente per cui il decreto del Presidente della Repubblica del 25 agosto 2004 prevede l'assunzione a tempo indeterminato.
(2-01330) «Trupia, D'Agrò, Anna Maria Leone, Rotondi, Rosso, Tabacci, Di Giandomenico, Daniele Galli, Maninetti, Tucci, Leo, Filippo Maria Drago, Mereu, Ranieli, Peretti, Stefani, Didonè, Zanetta, Fumagalli, Grandi, Di Serio D'Antona, Cordoni, Gasperoni, Motta, Mazzarello, Nieddu, Nannicini, Guerzoni, Soda, Grignaffini, Raffaella Mariani, Olivieri, Sabattini, Rossiello, Capitelli, Bogi, Leoni, Ruzzante, Innocenti, Nicola Rossi, Folena, Lumia, Panattoni, Rotundo, Rugghia, Sandi, Duca, Rognoni, Bonito, Mazzoni».
(7 ottobre 2004)

C)

I sottoscritti chiedono di interpellare i Ministri del lavoro e delle politiche sociali e dell'economia e delle finanze, per sapere - premesso che:
l'articolo 54, comma 1, del decreto legislativo n. 276 del 2003, recante «Attuazione delle deleghe in materia di occupazione e mercato del lavoro, di cui alla legge 14 febbraio 2003, n. 30», definisce la figura del «contratto di inserimento», teso a realizzare, mediante un progetto individuale di adattamento delle competenze professionali del lavoratore a un determinato contesto lavorativo, l'inserimento ovvero il reinserimento nel mercato del lavoro di alcune categorie di persone;
tra queste categorie rientrano, individuate al comma 1, lettera e), dello stesso articolo 54, «donne di qualsiasi età residenti in un'area geografica in cui il tasso di occupazione femminile determinato con apposito decreto del Ministro del lavoro e delle politiche sociali, di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze, entro sessanta giorni dalla data di entrata in vigore del presente decreto, sia inferiore almeno del 20 per cento di quello maschile o in cui il tasso di disoccupazione femminile superi del 10 per cento quello maschile»;
il termine di sessanta giorni previsto per l'emanazione del decreto risulta essere stato abbondantemente superato;
il mancato rispetto di tale termine, sebbene non perentorio, fa sì che le donne aventi diritto si trovano, di fatto, escluse dall'applicazione del contratto di inserimento, a vantaggio delle altre categorie immediatamente desumibili dalla norma;
le forme di incentivazione all'assunzione esplicano il loro effetto maggiore proprio nella fase di prima applicazione e, pertanto, le categorie escluse in tale momento perdono gran parte dei positivi effetti dell'istituto;
la categoria gravemente danneggiata dal ritardo è proprio quella delle donne residenti nelle regioni dove esse necessitano di maggior tutela per l'inserimento nel mondo del lavoro, come espresso dallo stesso spirito della norma -:
per quale motivo non sia ancora stato adottato il decreto ministeriale previsto dall'articolo 54, comma 1, lettera e), del decreto legislativo n. 276 del 2003;
quali siano i tempi previsti per l'adozione di tale decreto.
(2-01312) «Cossa, Marras, Boato».
(28 settembre 2004)

D)

I sottoscritti chiedono di interpellare il Ministro dell'interno, per sapere - premesso che:
il centro di permanenza temporanea «S. Anna» di Isola Capo Rizzuto (Crotone), inaugurato nel mese di gennaio 2004, nonostante sia una struttura nuovissima e di recentissima realizzazione, presenta diversi disservizi e problemi igienico-sanitari;
oltre allo stato di disagio e di malessere dei cittadini stranieri che sono ospitati in attesa che siano realizzati i dovuti accertamenti sulla loro identità, vi è anche quello denunciato dai lavoratori di polizia del XII reparto mobile di Reggio Calabria, che prestano la propria attività per le esigenze connesse ai servizi di vigilanza del nuovo centro;
presso il suddetto centro si alternano, con turni di quindici giorni, circa 36 lavoratori investiti del compito primario di effettuare il servizio di controllo dell'intera struttura, in cui sono accolti i cittadini extracomunitari entrati clandestinamente nel nostro Paese ed in attesa dell'espletamento delle pratiche burocratiche che li porteranno ad essere espulsi dal territorio nazionale o a vedersi riconosciuta la possibilità di restarvi;
la precaria situazione logistico-strutturale, che sia gli ospiti che gli agenti devono sopportare, non garantisce gli standard minimi di sicurezza e vivibilità e non consente al personale di operare in condizioni ottimali;
in particolare, i lavoratori del XII reparto mobile di Reggio Calabria presso il centro di permanenza temporanea «S. Anna» hanno denunciato che la palazzina alloggio del personale, che si trova all'interno del centro e, quindi, a diretto contatto con i soggetti da sorvegliare, è priva di servizi antincendio, le strutture ospitanti gli agenti sono prive di collegamenti telefonici con l'esterno, per consumare i pasti i lavoratori sono costretti a raggiungere l'abitato di Crotone, distante circa 15 chilometri, ove c'è stato un self-service convenzionato, le condizioni igieniche all'interno delle palazzine sono pessime (i servizi igienici sono in condizioni disastrose), i riscaldamenti non funzionano a causa del mancato rifornimento del combustibile per la caldaia;
il funzionamento dei centri di permanenza temporanea è disciplinato dagli articoli 21 e 22 del decreto del Presidente della Repubblica 31 agosto 1999, n. 394, recante regolamento di attuazione del testo unico in materia di immigrazione, ai sensi dei quali dovrebbe essere assicurata e garantita, oltre all'assistenza e al rispetto della dignità, anche i servizi sanitari essenziali, nonché la comunicazione con l'esterno;
va, inoltre, evidenziato lo stato di tensione in cui gli agenti di polizia sono costretti ad operare, dal momento che gli extracomunitari ospitati, che hanno raggiunto l'Italia con la speranza di una vita migliore, qualora percepiscano il pericolo di un rimpatrio, potrebbero porre in essere tentativi di aggressione o di fuga, come già accaduto di recente nel centro crotonese e in altri centri di accoglienza;
sono centinaia i clandestini che sbarcano quotidianamente sulle coste siciliane e calabresi e attualmente la procedura prevede che tutti gli stranieri così arrivati sul nostro territorio vengano dislocati, in attesa di una loro identificazione, nei centri di permanenza temporanea, strutture che ormai versano in una situazione di emergenza, dal momento che i livelli massimi di capienza sono stati superati;
ad un aumento delle persone ospitate nel centro corrisponde la necessità di un aumento dell'organico, poiché il personale attualmente impiegato nei centri di accoglienza temporanea non riesce a far fronte alle crescenti esigenze operative -:
quali iniziative intenda adottare per superare lo stato di disagio e di malessere in cui si trova il personale impegnato nei centri di accoglienza temporanea, in particolare quello esistente presso il centro di permanenza temporanea «S. Anna», e consentire ad esso di operare nel rispetto dei più elementari standard di sicurezza;
se non si ritenga di assicurare ai cittadini stranieri ospitati presso i centri, durante il periodo di attesa e di espletamento delle pratiche necessarie, condizioni di vita normali, dignitose e accettabili;
se non sia opportuno provvedere all'adeguamento dell'organico in coerenza con le accresciute esigenze operative, al rafforzamento della dotazione dei mezzi e alla razionalizzazione delle forme di impiego del personale utilizzato per gli accompagnamenti.
(2-01336) «Dorina Bianchi, Volontè».
(12 ottobre 2004)

E)

I sottoscritti chiedono di interpellare i Ministri delle attività produttive e dell'economia e delle finanze, per sapere - premesso che:
con un'intervista rilasciata al settimanale Panorama negli ultimi giorni del mese di agosto 2004, l'amministratore delegato dell'Enel s.p.a. ha dichiarato l'intenzione della società elettrica di abbandonare il progetto di ambientalizzazione predisposto per la centrale Enel di Porto Tolle (Rovigo), individuando nel carbone il nuovo elemento di alimentazione della centrale medesima;
sul progetto di ambientalizzazione della centrale di Porte Tolle si era riscontrato e costruito un largo consenso, che aveva coinvolto le istituzioni locali, dal comune all'amministratore provinciale, alla regione Veneto;
il progetto di ambientalizzazione, dopo oltre due anni, ha concluso recentemente e positivamente il proprio iter di valutazione, ottenendo l'approvazione da parte della commissione «via» presso il ministero dell'ambiente e della tutela del territorio;
proprio le amministrazioni locali polesane avevano accettato il progetto di ambientalizzazione, ponendo come determinante un termine temporale chiaro (2018) per la dismissione dello stabilimento di Porto Tolle, tenendo conto che nell'area del delta del Po e su tutto il territorio del comune di Porto Tolle è stato istituito il Parco regionale del delta del Po e, pertanto, le amministrazioni locali intendono riconvertire l'economia dell'area con attività più coerenti e lineari con la naturale vocazione del territorio -:
se il Governo (anche in qualità di azionista di maggioranza dell'Enel) fosse a conoscenza della decisione del dottor Scaroni;
quali siano le reali motivazioni dell'abbandono del progetto di ambientalizzazione;
quali iniziative intendano assumere o proporre a Enel s.p.a. per un maggior rispetto e coinvolgimento delle istituzioni locali;
quali linee il Governo intenda indicare e seguire al fine di trovare il giusto equilibrio tra domanda energetica nazionale e tutela ambientale, in particolare delle aree destinate a parco.
(2-01329) «Frigato, Boccia».
(7 ottobre 2004)

F)

I sottoscritti chiedono di interpellare il Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio, per sapere - premesso che:
la legge n. 388 del 2000, all'articolo 114, commi 15 e 16, prevede, «al fine di conservare e valorizzare gli antichi siti di escavazione ed i beni di rilevante testimonianza storica, culturale ed ambientale connessi con l'attività estrattiva», l'istituzione con decreto del Ministro interpellato, d'intesa con il Ministro per i beni e le attività culturali e con la regione Toscana, di alcuni parchi archeominerari, tra cui il Parco archeologico delle Alpi Apuane;
le soprintendenze territorialmente competenti caldeggiano da tempo l'istituzione del Parco archeologico delle Alpi Apuane, avendo individuato nell'area interessata ben 28 siti riguardanti cave storiche dismesse, «vie di lizza» ed antichi edifici e laboratori, risalenti a varie epoche, a partire dal I secolo avanti Cristo;
studi recenti, stimolati proprio dall'annuncio dell'istituzione del parco e funzionali alla promozione immediata di azioni di tutela e valorizzazione dei siti e dei beni archeologici, hanno evidenziato l'esistenza di scaglie di lavorazione che, addirittura, precedono la romanizzazione del territorio, suffragando l'ipotesi storica di un impiego dei marmi apuo-versiliesi già in epoca etrusca;
la regione Toscana, con deliberazione n. 23 del 12 febbraio 2003, ha provveduto ad esprimere parere favorevole all'istituzione del Parco archeologico delle Alpi Apuane, sentiti tutti i comuni interessati;
tutte le amministrazioni locali interessate, che comprendono il Parco regionale delle Alpi Apuane, le province di Massa Carrara e di Lucca e i comuni di Carrara, Massa, Fivizzano, Minucciano, Montignoso, Pietrasanta, Seravezza, Stazzema e Vagli di Sotto, hanno aderito con grande favore alla proposta di istituzione del parco, cogliendo in essa un'importante occasione di valorizzazione culturale e turistica dell'area;
il consiglio regionale della Toscana ha approvato all'unanimità, il 5 novembre 2003, la mozione n. 665, con l'intento di sollecitare ogni azione utile ad accelerare l'istituzione del Parco archeologico delle Alpi Apuane;
l'assessore regionale all'ambiente della Toscana, Tommaso Franci, ha scritto il 14 novembre 2003 al Ministro interpellato per conoscere quali imprevisti o problemi stessero ritardando l'istituzione del parco, senza ottenere, ad oggi, alcuna risposta;
l'11 dicembre 2003 gli onorevoli Carlo Carli, Elena Cordoni e Raffaella Mariani hanno presentato un'interrogazione al Ministro interpellato per sollecitare l'emanazione del decreto di istituzione del parco;
il 3 aprile 2004 il Ministro interpellato, in occasione di una visita all'Antro del Corchia, ha annunciato come imminente la firma del decreto istitutivo del Parco archeologico delle Alpi Apuane;
il 6 aprile 2004, nella risposta alla citata interrogazione in Commissione ambiente, territorio e lavori pubblici della Camera dei deputati, il Sottosegretario di Stato per l'ambiente e la tutela del territorio, onorevole Roberto Tortoli, ha formulato una serie di osservazioni al testo della legge n. 388 del 2000, giustificando il ritardo nell'emanazione del decreto con alcune lacune legislative che impedirebbero, di fatto, la costituzione del consorzio gestore del parco, secondo le previsioni del citato articolo 114, ed obbligherebbero il ministero dell'ambiente e della tutela del territorio alla definizione di organismi di gestione provvisoria, non meglio specificati;
sulla base delle medesime disposizioni di legge, il ministero dell'ambiente e della tutela del territorio ha già provveduto, senza rilevare alcuna difficoltà di ordine normativo, ad istituire altri tre parchi archeominerari, di cui uno in Sardegna, il Parco geominerario della Sardegna, e due in Toscana, il Parco tecnologico ed archeologico delle colline metallifere ed il Museo delle miniere dell'Amiata;
in tali atti il ministero dell'ambiente e della tutela del territorio ha individuato procedure per l'individuazione degli organi dei consorzi di gestione del tutto simili a quelle presenti nella bozza di decreto per l'istituzione del Parco archeologico delle Alpi Apuane, già sottoposta all'approvazione degli enti chiamati dalla legge n. 388 del 2000 ad esprimere il loro parere;
secondo gli interpellanti, non esiste alcuna necessità di organismi di gestione provvisoria del Parco archeologico delle Alpi Apuane, poiché il Parco regionale delle Alpi Apuane, già individuato dallo stesso ministero dell'ambiente e della tutela del territorio come naturale depositario dei finanziamenti previsti dalla legge n. 388 del 2000, risulta perfettamente in grado di costituire un efficace riferimento di temporaneo governo dell'area, come peraltro già previsto nella bozza di decreto preparata dal ministero dell'ambiente e della tutela del territorio;
durante il mese di giugno 2004, nella stampa locale, appariva un'intervista del Ministro interpellato, che annunciava il superamento dei problemi e come imminente la firma del decreto -:
se il Ministro interpellato possa confermare quanto dichiarato alla stampa circa il superamento dei problemi e l'imminenza dell'emanazione del decreto attuativo.
(2-01251) «Cordoni, Agostini, Cennamo, Bova, Cabras, Crucianelli, Bielli, Burlando, Leoni, Rognoni, Calzolaio, Visco, Sabattini, Ruzzante, Magnolfi, Pinotti, Finocchiaro, Minniti, Buglio, Galeazzi, De Luca, Diana, Fluvi, Crisci, Chiaromonte, Mazzarello, Michele Ventura, Marone, Maurandi, Motta, Gasperoni, Ottone, Montecchi, Fumagalli».
(22 luglio 2004)