TESTI ALLEGATI ALL'ORDINE DEL GIORNO
della seduta n. 170 di Giovedì 4 luglio 2002

INTERPELLANZE URGENTI

A)

I sottoscritti chiedono di interpellare il Ministro dell'interno, per sapere - premesso che:
nella città di Potenza da sei mesi manca la figura del prefetto, dopo l'andata in pensione del dottor Fusco;
la cosa crea non pochi problemi sia in considerazione della rilevanza che il capoluogo di regione riveste nell'ambito del contesto territoriale, sia in considerazione della entrata in vigore della riforma delle strutture prefettizie;
nonostante l'egregio lavoro svolto dal vicario facente funzioni, si avverte come oramai improcrastinabile l'esigenza della nomina del nuovo prefetto;
dall'emergenza idrica alla protezione civile, soprattutto nel periodo estivo,
l'importanza del prefetto è di assoluta rilevanza;
importantissime funzioni a garanzia dell'ordine pubblico non possono essere esercitate appieno a causa della mancata nomina del prefetto titolare;
appare del tutto ingiustificato il ritardo con cui il Governo non ha ancora provveduto alla nomina del nuovo prefetto -:
quali iniziative intenda porre in essere il Ministro interpellato, affinché provveda con urgenza alla nomina del prefetto di Potenza.
(2-00396)
«Molinari, Lettieri, Potenza, Boccia, Acquarone, Annunziata, Banti, Bimbi, Bottino, Camo, Carra, Ciani, Cusumano, De Franciscis, Fusillo, Gambale, Gentiloni Silveri, Giachetti, Iannuzzi, Ladu, Santino Adamo Loddo, Tonino Loddo, Lusetti, Mantini, Meduri, Merlo, Morgando, Reduzzi, Squeglia, Stradiotto, Giovanni Bianchi, Ruggeri».
(26 giugno 2002)

B)

I sottoscritti chiedono di interpellare il Presidente del Consiglio dei ministri e il Ministro della salute, per sapere - premesso che:
il percorso per le riforme statutarie dell'associazione italiana della Croce rossa è stato caratterizzato fin dall'inizio da momenti di incomprensione con il Governo e da un'invadenza lesiva dell'autonomia della Croce rossa italiana;
si è dovuto attendere oltre un anno per avere le controdeduzioni sul testo del nuovo statuto della Croce rossa italiana, approvato a febbraio del 2001 dall'assemblea generale dell'associazione;
il Governo ha determinato, di fatto, il blocco delle elezioni degli organi statutari, a poche ore dal programmato avvio delle procedure, e ha provveduto, il 17 maggio 2002, all'invio di un nuovo statuto di elaborazione governativa, che tuttavia l'assemblea generale, aderendo ad un invito del ministero della salute, ha approvato il 1o giugno 2002;
ad oggi, non sono riscontrabili passi in avanti nell'iter di approvazione definitiva dello statuto da parte del Governo, la cui scadenza è prevista per il 30 giugno 2002, con l'inevitabile conseguenza di aprire la strada al commissariamento dell'associazione;
questa ipotesi risulta lesiva del principio di indipendenza propria di ogni società nazionale di croce rossa e impedisce che la guida dell'associazione possa essere affidata ai soci attivi della stessa, attraverso democratiche elezioni;
la Croce rossa italiana ha sollecitato il Governo ad adottare ogni urgente misura per evitare una paralisi istituzionale che mortificherebbe l'associazione e i suoi oltre 120.000 soci;
gli interpellanti non vorrebbero che il ritardo, da parte del Governo, nella approvazione dello statuto fosse dettato da logiche di parte, aventi come unico obiettivo l'«occupazione» politica della Croce rossa italiana -:
quali iniziative il Governo intenda adottare con la massima urgenza affinché lo statuto dell'associazione, proposto dallo stesso Governo, venga approvato il più rapidamente possibile, preservando l'autonomia della Croce rossa italiana ed evitando una pericolosa paralisi istituzionale.
(2-00400)
«Castagnetti, Colasio, Marcora, Carbonella, Volpini, Burtone, Loiero, Ruggieri, Piscitello, Milana, Letta, Tuccillo, Ruta, Rusconi, Pisicchio, Sinisi, Villari, Pasetto, Fanfani, Luigi Pepe, Pistelli, Realacci, Tanoni, Vernetti, Soro, Cardinale, Marini, Fistarol, Duilio, Santagata, Gerardo Bianco, Maccanico».
(27 giugno 2002)

C)

I sottoscritti chiedono di interpellare il Ministro della salute, per sapere - premesso che:
il 18 maggio 2002 il consiglio nazionale della Federazione nazionale degli ordini dei medici chirurghi e odontoiatri (Fnomceo), massimo organo di garanzia della professione medica presso i cittadini e presso lo Stato, riunitosi a Terni ha approvato un documento recante le linee guida della Fnomceo su medicine e pratiche non convenzionali;
tale documento, che tiene esplicitamente conto della risoluzione n. 75 del Parlamento europeo del 29 maggio 1997 (lo «Statuto delle medicine non convenzionali») e della risoluzione n. 1206 del Consiglio d'Europa del 4 novembre 1999 sullo stato delle medicine non convenzionali nell'Unione europea, ribadisce «la necessità di assicurare ai cittadini il più elevato livello di sicurezza e l'informazione più corretta alla luce del crescente ricorso negli ultimi anni a tali metodi di cura nelle società industrializzate»;
le citate «linee guida», nel richiedere «al Parlamento un intervento legislativo urgente ed indifferibile che porti all'approvazione di una normativa specifica sulle medicine e sulle pratiche non convenzionali», sulla base delle risoluzioni citate, nonché sulla base della maggiore frequenza di ricorso ad alcune di esse da parte dei cittadini, oltre che degli indirizzi medici non convenzionali affermatisi in Europa negli ultimi decenni, individuano come rilevanti da un punto di vista sociale in Italia nove tipi di medicine e pratiche non convenzionali: agopuntura, fitoterapia, medicina ayurvedica, medicina antroposofica, medicina omeopatica, medicina tradizionale cinese, omotossicologia, osteopatia e chiropratica;
nel triennio 1997-99, a quanto risulta da studi condotti dall'Istituto superiore di sanità e dall'Istat, in Italia circa 9 milioni di persone, pari al 15,6 per cento della popolazione, hanno fatto ricorso ad almeno una terapia non convenzionale, principalmente all'omeopatia, ed è pertanto comprensibilmente forte l'aspettativa di interventi di garanzia sui requisiti di professionalità dei medici e sulle caratteristiche delle medicine non convenzionali richiesti alle autorità competenti, anzitutto Parlamento e Governo, da parte dell'opinione pubblica;
il decreto legislativo n. 185 del 1995, con il quale si è data attuazione in Italia alla direttiva n. 73/1992/CE in materia di medicinali omeopatici, prevede che il Ministro della salute, sentita la commissione di studio sui medicinali omeopatici, prevista dall'articolo 6, definisca le norme particolari per le prove farmacologiche, tossicologiche e cliniche da effettuarsi su questi medicinali per ottenere l'autorizzazione ad essere immessi in commercio;
a sette anni dalla pubblicazione del decreto legislativo n. 185 del 1995, avvenuta il 22 maggio 1995 sulla Gazzetta Ufficiale n. 117, e nonostante i numerosi atti di indirizzo politico che il Parlamento ha rivolto al Governo nella XIII legislatura, il ministero della salute non ha ancora emanato gli indispensabili decreti ministeriali contenenti una specifica normativa di riferimento per il commercio dei medicinali omeopatici nel nostro Paese, che non sono scomparsi dal mercato solo grazie alle reiterate proroghe dell'autorizzazione per i soli farmaci presenti in Italia alla data di entrata in vigore del decreto legislativo n. 185 del 1995 (giugno 1995);
la commissione di studio istituita con decreto ministeriale 19 maggio 1999 ha terminato i lavori e trasmesso al ministero le sue conclusioni nel maggio 2001;
l'assenza di una normativa chiara di riferimento sui farmaci, unita all'assenza di una legislazione quadro sulle terapie non convenzionali, alla quale però il Parlamento ha appena iniziato a lavorare, favorisce fenomeni di interessata denigrazione qualunquista che contribuiscono ad ingenerare confusione ed incertezze presso i cittadini utenti, negando nel nostro Paese la libertà di cura e la libertà di scelta terapeutica -:
per quali ragioni il ministero della salute tardi ad assolvere agli obblighi di legge che impongono agli Stati membri dell'Unione europea di stabilire norme specifiche e chiare per il commercio di medicinali omeopatici, mantenendo così una situazione di pericolosa incertezza normativa che discrimina e penalizza gravemente le persone che scelgono di curarsi in Italia con le terapie non convenzionali riconosciute in molti Paesi europei e che danneggia altresì i medici prescrittori e le aziende produttrici di farmaci, che non possono investire nella ricerca di nuovi rimedi né avere certezze sul commercio futuro dei medicinali attualmente presenti sul mercato, la cui autorizzazione ad essere venduti durerà fino al 31 dicembre 2003.
(2-00403)
«Boato, Pecoraro Scanio, Zanella».
(1o luglio 2002)

D)

I sottoscritti chiedono di interpellare il Ministro della giustizia, per sapere - premesso che:
in data 1o luglio 2002, entrerà in vigore il decreto del Presidente della Repubblica 30 maggio 2002, n. 115, recante l'istituzione del testo unico delle disposizioni legislative e regolamentari in materia di spese di giustizia;
in particolare, l'articolo 299 del citato provvedimento legislativo, nel razionalizzare la materia, finisce per abrogare tout court la legge n. 217 del 1990, come modificata di recente dalla legge n. 134 del 2001 (legge sul cosiddetto gratuito patrocinio in favore dei non abbienti), ed in particolare l'articolo 13, comma 6, ultimo periodo del decreto-legge 15 gennaio 1991, n. 8, convertito dalla legge 15 marzo 1991, n. 82, come modificata dalla legge n. 45 del 2001, che aveva esteso ai difensori di soggetti sottoposti a programma speciale di protezione le stesse modalità di pagamento previste dalla legge sul cosiddetto gratuito patrocinio;
peraltro, all'articolo 82 della citata novella viene disposto che «nel caso in cui il difensore nominato dall'interessato sia iscritto in un elenco degli avvocati di un distretto della Corte d'appello diverso da quello in cui ha sede il magistrato competente a conoscere del merito, non sono dovute le spese e le indennità di trasferta previste dalla tariffa professionale»;
il successivo articolo 15 sancisce, infine, che «le spese al difensore di persona ammessa al programma di protezione sono liquidate dal magistrato nella misura e con le modalità previste dal surriferito articolo 82»;
alla luce della citata novella, inevitabilmente i difensori di testimoni e di collaboratori di giustizia non potranno più patrocinare i propri assistiti fuori dal proprio foro, qualora la vicenda processuale sia incardinata in un territorio estraneo al distretto di Corte d'appello di appartenenza;
in particolare, non potranno più assicurare la presenza del difensore agli interrogatori in carcere dei dichiaranti, in quanto le sezioni ove questi siano reclusi, sono situate in località sovente diverse dal distretto di Corte d'appello in cui ha sede il magistrato competente a conoscere del procedimento;
inoltre, gli avvocati appartenenti a distretti diversi da quello di Roma non potranno più assicurare la loro partecipazione alle udienze relative ai benefici penitenziari ex articolo n. 354 del 1975, atteso che la legge n. 82 del 1991 prevede, per tutti i soggetti sottoposti a speciale programma di protezione, la competenza funzionale speciale del solo tribunale di sorveglianza di Roma;
infine, i difensori non potranno più assistere i loro clienti in tutte le vicende processuali che condurranno i loro assistiti ad essere videocollegati da siti protetti, diversi dal foro di appartenenza;
tali conseguenze - che sono solo alcune di quelle che verranno a determinarsi successivamente all'entrata in vigore del richiamato disposto normativo - di fatto paiono incidere sulla libertà di scelta del difensore, nonché sulla concreta possibilità di garantire l'effettivo svolgimento di tutta una serie di maxi-processi, che inevitabilmente potrebbero paralizzarsi con il venir meno di difensori disposti ad assumere tali mandati difensivi, per i quali non risultano più assicurate neanche le condizioni per la ripetizione delle spese vive sostenute fuori foro;
peraltro, la normativa, nell'estendere la disciplina del cosiddetto gratuito per non abbienti ai difensori dei soggetti sottoposti a misure tutorie, finisce per gravare il bilancio del ministero della giustizia dei costi per l'assistenza legale di tali soggetti, che, di contro, la legge n. 82 del 1991 ha inteso espressamente imputare sui fondi appartenenti al bilancio del ministero dell'interno e che sono erogati per il tramite del servizio centrale di protezione -:
quali iniziative, anche normative, intenda adottare per far fronte alla situazione denunciata in premessa.
(2-00405)
«Nespoli, Franz, Carrara, Migliori, Giorgio Conte, Menia, Lisi, Lo Presti, Trantino, Anedda, Catanoso, Fatuzzo, Scalia, Raisi, Saia, Antonio Pepe, Cardiello, Fragalà, Cirielli, Cola, Gironda Veraldi, Mazzocchi, Strano, Ascierto, Briguglio, Geraci, Cristaldi, Taglialatela, La Grua, Foti».
(1o luglio 2002)

E)

I sottoscritti chiedono di interpellare il Ministro del lavoro e delle politiche sociali, per sapere - premesso che:
da notizie apparse su vari organi di stampa nei giorni scorsi, si è appreso che, con un dispaccio ministeriale, IV divisione, n. 959 dell'11 giugno 2002, sarebbe stata richiesta da parte della direzione centrale del ministero del lavoro e delle politiche sociali alle sue articolazioni periferiche la rilevazione dei dati sulle adesioni allo sciopero generale di quattro ore, articolato su base regionale, indetto dalla Cgil dal 20 giugno all'11 luglio 2002;
la direzione regionale del lavoro di Milano, settore politiche del lavoro, con comunicazione del 19 giugno 2002, prot. 8198, indirizzata alle proprie direzioni provinciali del lavoro, a seguito della suddetta comunicazione del ministero del lavoro e delle politiche sociali, ha richiesto di raccogliere i dati concernenti le adesioni allo sciopero della Cgil, invitando inoltre le sedi provinciali a rilevare, nel proprio ambito territoriale di competenza, gli elementi di conoscenza necessari, individuando le fonti utili alla rilevazione, oltre nell'organizzazione sindacale interessata, anche nelle pubbliche amministrazioni competenti, nelle sedi Inps e nelle prefetture locali;
nella stessa comunicazione della direzione regionale del lavoro di Milano, nel paragrafo relativo al contenuto dei dati richiesti, si specifica che, oltre al numero dei lavoratori subordinati che hanno aderito allo sciopero, dovrà essere rilevato il dato di sintesi consistente nella percentuale di adesione rapportata al totale dei lavoratori interessati ed eventuali dati analitici, se disponibili;
si è inoltre appreso, da fonti sindacali, che a Pero (Milano), in occasione dello sciopero generale regionale indetto dalla Cgil, i carabinieri avrebbero richiesto alle aziende private i dati percentuali di partecipazione allo sciopero -:
se non ritenga gravemente lesivi del dettato costituzionale i comportamenti messi in atto per accertare i dati di adesione allo sciopero generale. Non solo, infatti, la Costituzione all'articolo 40 garantisce il pieno esercizio del diritto di sciopero, ma all'articolo 39 chiarisce che l'organizzazione sindacale è libera. Inoltre all'articolo 35, la Costituzione afferma che la Repubblica tutela il lavoro, mentre il comportamento che ha ispirato queste iniziative sembra essere non compatibile con questo dettato;
se non ritenga che l'utilizzazione di tutte le strutture periferiche del ministero del lavoro e politiche sociali, per il coinvolgimento anche di organi e apparati preposti all'ordine pubblico, alla sicurezza e alla prevenzione e repressione dei reati, per la sua analiticità, costituiscono pesante e illegittima interferenza nelle relazioni sindacali e sia incompatibile con la funzione costituzionale propria del ministero del lavoro e delle politiche sociali;
se l'attività di rilevazione dei dati relativi all'adesione dei lavoratori ad azioni di sciopero sia già stata svolta in occasioni precedenti, inerenti scioperi proclamati unitariamente o singolarmente anche da altri sindacati diversi dalla Cgil;
se il riferimento alla raccolta di «dati analitici» non corrisponda in realtà alla richiesta di un elenco che contenga i nominativi degli scioperanti, con evidente atto lesivo della legge n. 675 del 1996 sul diritto alla privacy;
se non ritenga necessario chiarire quale sia l'uso effettivo che di questi dati vuole essere fatto;
quali garanzie vengano poste per certificare la correttezza dei dati rilevati come rispondenti alla reale situazione di partecipazione allo sciopero;
se risponda al vero che, all'azione di raccolta delle suddette rilevazioni, siano state impiegate anche unità appartenenti alle forze dell'ordine, distogliendole dai compiti istituzionali assegnati loro, quali la lotta alla criminalità e la tutela dell'ordine pubblico, ambito nel quale sicuramente non rientra l'esercizio del diritto di sciopero, che è anzi un diritto garantito dall'articolo 40 della Costituzione;
chi abbia autorizzato i carabinieri di Pero (Milano) ad andare a rilevare i dati sulla partecipazione allo sciopero nelle aziende dell'hinterland milanese, così come sembra essere stato confermato da loro stessi, interpellati da una radio milanese;
se infine l'azione di rilevazione delle adesioni richiesta dal ministero del lavoro e delle politiche sociali e l'eventuale partecipazione alle operazioni di raccolta dei dati da parte di rappresentanti delle forze dell'ordine sia stata organizzata di concerto con il ministero dell'interno.
(2-00402)
«Gasperoni, Grandi, Adduce, Bielli, Bindi, Buffo, Calzolaio, Carboni, Cennamo, Cordoni, Maura Cossutta, Crucianelli, Dameri, De Brasi, Diana, Duca, Duilio, Filippeschi, Fluvi, Folena, Fumagalli, Galeazzi, Giulietti, Guerzoni, Innocenti, Leoni, Paola Mariani, Melandri, Mussi, Nannicini, Nieddu, Nigra, Panattoni, Pennacchi, Quartiani, Ranieri, Rugghia, Ruzzante, Sandi, Sciacca, Sedioli, Soda, Michele Ventura».
(1o luglio 2002)

F)

I sottoscritti chiedono di interpellare il Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, per sapere - premesso che:
è stata più volte evidenziata l'urgenza di realizzare il passante autostradale di Mestre-Venezia per risolvere una grande emergenza nazionale;
il Presidente del Consiglio dei ministri Silvio Berlusconi e il presidente della regione Veneto Gian Carlo Galan avevano affermato che nel mese di agosto del 2002 si sarebbero aperti i cantieri per la realizzazione del passante;
esistono due progetti, distinti e non complementari, per la realizzazione del passante autostradale o di un tunnel sotto la città di Mestre;
il Presidente dell'Anas e il Ministro interpellato hanno richiesto al consorzio concessionario della progettazione e della realizzazione del passante autostradale la contestuale progettazione e realizzazione delle due infrastrutture;
conseguentemente, le istituzioni comunitarie hanno contestato l'affidamento diretto, senza gara, a tale consorzio;
tali notizie hanno destato forte preoccupazione nelle istituzioni locali, nelle associazioni imprenditoriali e nell'opinione pubblica nazionale e locale -:
quale procedura intenda adottare il Governo per favorire una celere realizzazione del passante di Mestre-Venezia.
(2-00395)
«Vianello, Bogi, Agostini, Zani, Fumagalli, Montecchi, Angioni, Sabattini, Bonito, Paola Mariani, Grandi, Rossiello, Rava, Bandoli, Buglio, Burlando, Calzolaio, Carboni, Cazzaro, Galeazzi, Giulietti, Kessler, Lolli, Lucidi, Lumia, Mariotti, Marone, Martella, Pisa, Ranieri, Abbondanzieri, Carli, Dameri, De Brasi, Fluvi, Mancini, Raffaella Mariani, Nannicini, Nigra, Olivieri, Ottone, Panattoni, Preda, Quartiani, Ruzzante, Sandri, Siniscalchi, Tolotti, Vigni, Zunino».
(25 giugno 2002)

G)

I sottoscritti chiedono di interpellare i Ministri delle infrastrutture e dei trasporti e dell'interno, per sapere - premesso che:
i collegamenti da e verso le isole Eolie, attualmente svolti dalla società Siremar, a causa dell'insufficienza e dell'inadeguatezza del naviglio impegnato, stanno arrecando gravissimi disagi ai cittadini residenti, ai villeggianti, agli operatori economici, turistici ed alberghieri, mettendo a repentaglio l'incolumità dei passeggeri e creando gravi danni all'immagine delle isole nel mondo;
la situazione degli aliscafi è preoccupante, in quanto:
a) i due natanti più capienti ed affidabili, Giorgione e Masaccio, sono in manutenzione e la loro riammissione in linea non sembra vicina;
b) gli altri aliscafi, ad eccezione del solo Tiziano, sono in attività da oltre venti anni. Il loro prevedibile stato di usura pone seri problemi sotto il profilo dell'affidabilità e della sicurezza;
c) il cosiddetto 5o aliscafo, malgrado l'ingente somma impiegata per il suo acquisto dalla Caremar, è costantemente in avaria;
con riferimento alle navi, inoltre, si ravvisa che:
a) la Carpaccio è in cantiere e il suo rientro pare avverrà ad agosto 2002 inoltrato, mentre gli orari ne prevedevano la sua utilizzazione sulla linea Eolie-Napoli e viceversa già dal 1o luglio 2002;
b) la Bellini, nonostante la Tirrenia abbia ceduto la nave veloce «Isola di Vulcano» alla Caremar, è in rimessaggio a sua volta -:
quali siano i motivi che non hanno consentito di disporre, secondo un corretto programma di manutenzione, delle navi di proprietà della compagnia Siremar nel periodo di maggior affluenza turistica dell'arcipelago eoliano;
quali siano le ragioni per cui si è sostituita la nave Carpaccio, in utilizzo sulla rotta da e verso le isole a Napoli, dotata di cabine e quindi in grado di poter ospitare passeggeri per lunghe percorrenze, con la nave «Isola di Stromboli», dotata solo di saloni con poltrone;
quali provvedimenti il Governo intenda assumere per addivenire a una soluzione definitiva dell'annoso problema dei collegamenti da e per le isole Eolie.
(2-00407)
«Antonio Leone, Fallica, Stagno d'Alcontres, Gazzara, D'Alia, Germanà, Naro».
(2 luglio 2002)

H)

I sottoscritti chiedono di interpellare il Presidente del Consiglio dei ministri e il Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, per sapere - premesso che:
il consiglio comunale di Bergamo ha chiesto al competente ministero delle infrastrutture e trasporti di poter collocare, all'ingresso del territorio comunale, dei cartelli stradali a carattere turistico riportanti il nome del comune in lingua italiana ed in dialetto locale;
gli uffici del medesimo ministero, ritenendo che la collocazione dei suddetti cartelli violi il principio dell'uniformità della segnaletica stradale sia sul piano nazionale che su quello internazionale, ha negato l'autorizzazione alla collocazione dei medesimi cartelli;
in particolare, si ritiene che venga violato l'articolo 8 della convenzione di Vienna, ratificata con la legge 5 luglio 1995, n. 308, il quale nello specifico stabilisce che le iscrizioni indicate sui segnali stradali vengano fatte nella lingua nazionale o in più lingue nazionali;
il diniego espresso dagli uffici del ministero delle infrastrutture e dei trasporti non tiene conto assolutamente delle decisioni di politica generale, che sono state prese a livello europeo e nazionale, sulla valorizzazione delle identità locali e delle lingue locali;
a livello europeo, esiste la risoluzione del 14 settembre 1988, n. 192, del Consiglio d'Europa sulla tutela e sulla promozione delle culture e delle parlate locali, mentre, a livello nazionale, molte leggi regionali, di regioni che non sono a statuto speciale, tra le finalità da perseguire indicano proprio la tutela e la valorizzazione dei dialetti di origine locale;
attualmente è in discussione presso il Senato della Repubblica l'atto Senato n. 1286 (già approvato in prima deliberazione dalla Camera dei deputati il 26 marzo 2002), che modifica l'articolo 12 della Costituzione, prevedendo, specificatamente, quale compito della Repubblica la valorizzazione degli idiomi locali, tra i quali, non vi è il minimo dubbio, rientra il dialetto che comunque origina da una lingua;
il 4 ottobre 1999, la pretura circondariale di Bergamo, sezione distaccata di Clusone, intervenendo su un caso specifico riguardante due comuni della provincia di Bergamo, ha pronunciato una sentenza, con la quale ha affermato che la collocazione di segnali stradali turistici, i quali riportano l'indicazione dei nomi dei comuni stessi in dialetto bergamasco, non viola alcuna disposizione del codice della strada o del suo regolamento, in quanto, laddove, il comma 5 dell'articolo 125 del decreto del Presidente della Repubblica 16 dicembre 1992, n. 495, come modificato dal decreto del Presidente della Repubblica 16 settembre 1996, n. 910, prescrive che «nessun cartello può contenere iscrizioni in più di due lingue», al termine «lingua» si deve dare un significato in senso lato ovvero si debba intendere come linguaggio -:
quali iniziative si intendano intraprendere al fine di consentire la collocazione di segnali stradali a carattere turistico con iscrizioni sia in lingua italiana che in lingua locale, rendendo così attuativo il processo federalista avviato, nonché il programma di Governo teso proprio alla valorizzazione delle tradizioni locali.
(2-00410)
«Cè, Stucchi, Lussana, Sergio Rossi, Martinelli, Gibelli, Caparini, Ballaman, Parolo, Guido Dussin, Guido Giuseppe Rossi, Rizzi, Luciano Dussin, Francesca Martini, Bricolo, Polledri, Ercole, Vascon, Fontanini, Didonè, Dario Galli, Pagliarini».
(2 luglio 2002)

I)

I sottoscritti chiedono di interpellare il Ministro dell'economia e delle finanze, per sapere - premesso che:
i termini della legge 137 del 29 marzo 2001, già scaduti il 2 novembre 2001, erano stati prorogati dal Governo con il decreto-legge 23 novembre 2001, n. 411, fino al 31 maggio 2002;
il 31 maggio 2002 è perciò definitivamente scaduto il termine per presentare la conferma alla richiesta di indennizzo per i beni abbandonati, in base a quanto previsto dalla legge n. 137 del 2001;
la proroga si era resa necessaria perché solo una parte degli aventi diritto era riuscita a completare le pratiche presso l'ufficio decimo del ministero dell'economia e delle finanze;
secondo la legge n. 137 del 2001, gli indennizzi ammontano a 400 miliardi di vecchie lire, suddivisi in tre anni: 140 miliardi di lire nel 2001, 170 miliardi di lire nel 2002 e 90 miliardi di lire nel 2003, più altri 40 miliardi di lire all'anno a partire dal 2004, fino ad esaurimento della liquidazione degli indennizzi stessi;
il calcolo e l'erogazione dei fondi sono stati assegnati agli uffici del ministero dell'economia e delle finanze;
la quantificazione definitiva, però, è soggetta al numero delle domande e alla verifica delle stesse e soltanto in questo caso si potrà avere un quadro generale per formulare una quantificazione certa;
sempre in base alla legge 137 del 2001, hanno diritto a presentare la domanda anche coloro che hanno presentato in precedenza domande per ottenere un indennizzo;
la legge 137 del 2001 non ammette nuove domande -:
quante siano le domande presentate al ministero dell'economia e delle finanze e se sia possibile chiarire in modo certo la procedura per ottenere tale indennizzo, viste le difficoltà registrate dagli aventi diritto, e se, infine, il Governo non intenda rifinanziare la legge per arrivare ad un indennizzo ritenuto definitivo.
(2-00388) «Illy, Damiani, Boato».
(25 giugno 2002)

L)

I sottoscritti chiedono di interpellare il Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca, per sapere - premesso che:
il Governo, a tutt'oggi, non ha ancora reso noto il contigente per le immissioni in ruolo dei docenti e del personale Ata che dovranno essere effettuate dal 1o settembre 2002;
senza tali immissioni non si garantisce la continuità nelle classi, l'assunzione a tempo indeterminato dei numerosi docenti abilitati presenti nelle graduatorie permanenti e si alimenta ulteriormente il precariato;
tale ritardo è accompagnato da voci molto allarmanti circa le reali intenzioni del Governo rispetto a tale questione -:
quando sarà emanato il decreto relativo alle immissioni in ruolo dei docenti e del personale Ata per il 1o settembre 2002 e quanti dei circa 80.000 posti vacanti potranno essere coperti da nomine a tempo indeterminato dal 1o settembre 2002.
(2-00401)
«Capitelli, Sasso, Angioni, Bandoli, Roberto Barbieri, Bettini, Bogi, Bolognesi, Cabras, Carli, Cazzaro, Giacco, Lolli, Lucà, Lucidi, Magnolfi, Raffaella Mariani, Olivieri, Ottone, Petrella, Piglionica, Preda, Rava, Rossiello, Sabattini, Sandri, Sereni, Stramaccioni, Tolotti, Vigni, Zanotti, Carboni, Duca, Fumagalli, Paola Mariani, Sandi, Sedioli, Abbondanzieri».
(1o luglio 2002)

I sottoscritti chiedono di interpellare il Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca, per sapere - premesso che:
la legge finanziaria per il 2000 prevedeva per il 2002-2003, 30.000 contratti a tempo indeterminato nella scuola, per il 2002 il ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca aveva previsto l'immissione in ruolo almeno per la copertura del turn-over, stimato intorno alle 21.000 nuove assunzioni, dato questo certamente al ribasso, se confrontato con le indicazioni della legge di bilancio del 2000;
fonti di organizzazioni sindacali denunciano l'intenzione del Governo di decurtare del 73 per cento quel dato, prevedendo dal 1o settembre 2002, solo 8-9.000 immissioni in ruolo, a fronte di circa 80.000 posti vacanti, 20.000 per il personale Ata, 60.000 relativi al personale docente;
a tali allarmanti dati, si aggiunga il ritardo del Governo, che, a tutt'oggi, non ha ancora reso noto il contingente per le immissioni in ruolo che dovranno essere effettuate dal 1o settembre 2002;
l'assenza di tali immissioni non garantirebbe la continuità delle classi e i tagli del Governo, se confermati, alimenterebbero il precariato in un quadro già di profonda incertezza, vanificando nei fatti la legge 124 del 1999, che doveva servire a sanare la situazione del precariato -:
quali siano le reali intenzioni del Governo circa i tempi di emanazione del decreto relativo alle immissioni in ruolo dei docenti e del personale Ata per il 1o settembre 2002 e quante nomine a tempo indeterminato saranno previste a fronte dei posti attualmente vacanti.
(2-00409)«Titti De Simone, Giordano».
(2 luglio 2002)