Doc. XVII-bis n. 10


Pag. 5

Obiettivo dell'indagine

La Commissione parlamentare di controllo sull'attività degli enti gestori di forme obbligatorie di previdenza e assistenza sociale ha deliberato, nella seduta del 14 giugno 2005, lo svolgimento di un'indagine conoscitiva sull'efficienza organizzativa e finanziaria del sistema previdenziale pubblico e privato avente una duplice finalità: da un lato, approfondire il sistema di gestione e funzionamento degli enti pubblici, effettuando una verifica sul cosiddetto modello o sistema duale, che prevede la separazione tra compiti propriamente gestionali (spettanti ai consigli di amministrazione) e funzioni di indirizzo e vigilanza (di competenza dei Comitati di indirizzo e vigilanza - CIV); dall'altro, verificare nel medio-lungo periodo la sostenibilità finanziaria delle Casse privatizzate al fine di valutarne l'equilibrio delle singole gestioni.
Relativamente al primo aspetto la Commissione ha proceduto ad una verifica circa il corretto funzionamento di tale modello organizzativo previsto dal decreto legislativo n. 479 del 30 giugno 1994 ed ha valutato altresì l'opportunità di un suo eventuale ripensamento, essendosi ravvisata da più parti quale elemento di criticità la mancanza di una corretta distinzione tra funzione di indirizzo generale e vigilanza e funzione di gestione. Viceversa, una univoca definizione delle due funzioni, che ne consenta una netta distinzione, varrebbe a colmare quello che attualmente risulta essere ritenuto un vuoto normativo, ovviando sul piano funzionale al rischio di sovrapposizioni e conflitti tra organi.
Relativamente al secondo aspetto, la Commissione ha ritenuto opportuno approfondire talune preoccupazioni legate alla sostenibilità economico-finanziaria degli enti privatizzati nel medio-lungo periodo, verificando, da un lato, la necessità di procedere a misure correttive che tengano conto delle peculiarità dei singoli enti, e dall'altro, effettuando un monitoraggio sull'andamento temporale del rapporto tra iscritti e pensionati per talune categorie professionali anche in relazione all'evoluzione del mercato del lavoro.
Per meglio illustrare i risultati emersi nel corso dell'indagine si è ritenuto opportuno distinguere all'interno della struttura del presente documento i due ambiti di approfondimento. Lo stesso si articolerà quindi nelle seguenti due parti:
il sistema duale;
la sostenibilità finanziaria del sistema previdenziale privato.

IL SISTEMA DUALE

a) Il sistema duale negli enti previdenziali: aspetti generali ed esigenza di un approfondimento.

In ambito previdenziale la distinzione tra organi di indirizzo generale e organi di gestione è stata prospettata dall'articolo 1, commi


Pag. 6

32 e 33, lettera b), della legge 24 dicembre 1993, n. 537, «Interventi correttivi di finanza pubblica», tra i principi e criteri direttivi della delega per la riforma degli enti pubblici di previdenza e assistenza.
In virtù di tale nuovo disegno normativo - la cui concreta attuazione ha avuto luogo con l'articolo 3 del decreto legislativo 30 giugno 1994, n. 479, «Attuazione della delega conferita dall'articolo 1, comma 32, della legge 24 dicembre 1993, n. 537, in materia di riordino e soppressione di enti pubblici di previdenza e assistenza» - si è avuta per gli Enti previdenziali pubblici la nascita di un modello di governance fondato sulla netta separazione tra le funzioni di indirizzo e vigilanza e quelle di gestione - secondo appunto il cosiddetto «sistema duale» - con l'attribuzione delle prime al Consiglio di Indirizzo e Vigilanza (CIV) e delle seconde al Consiglio di Amministrazione e al Direttore Generale. In tale nuovo assetto completano il quadro di vertice le figure del Presidente dell'ente e il Collegio dei revisori dei conti, cui sono affidati, rispettivamente, funzioni di rappresentanza legale dell'ente e funzioni di controllo e verifica contabile.
In particolare al Consiglio di Indirizzo e Vigilanza, che ha costituito un elemento organizzativo nuovo rispetto alla tradizionale struttura degli Enti previdenziali, viene rimessa, secondo quanto stabilito dall'articolo 3 del decreto legislativo n. 479 del 1994, l'individuazione delle linee di indirizzo generale dell'ente e, in questo ambito, «prefigura gli obiettivi strategici pluriennali» approvando i bilanci preventivi e consuntivi ed i piani di investimento - la cui predisposizione è di competenza del Consiglio di Amministrazione - con compiti, altresì, di vigilanza sulla loro attuazione. Nella sua composizione il CIV è espressione di tutte le categorie sociali ed economiche interessate nei singoli segmenti della previdenza, essendo composto pariteticamente da rappresentanti dei lavoratori e dei datori di lavoro.
Muovendo da alcune risultanze già emerse nel corso dell'indagine conoscitiva sulla gestione delle forme obbligatorie di previdenza e di assistenza sociale da parte degli enti preposti e sulle prospettive di riforma nazionale e comunitaria della disciplina relativa - svolta dalla Commissione dal febbraio 2002 al giugno 2003 - in cui erano stati evidenziati alcuni limiti nel funzionamento dell'attuale sistema, e che avevano avviato una riflessione sulla possibilità di introdurre interventi correttivi che, pur tendenti a mantenere l'attuale assetto organizzativo, potessero conseguire l'obiettivo di un miglior coordinamento tra i due organi - consiglio di amministrazione e CIV - la Commissione ha quindi ritenuto opportuno procedere ad un ulteriore approfondimento della questione attraverso lo svolgimento di una serie di audizioni dei cui principali profili problematici emersi si intende dare conto nelle pagine che seguono.

b) Un bilancio sul sistema duale: le ipotesi di riforma e le prospettive di miglioramento.

I profili più strettamente giuridici relativi al modello duale sono stati affrontati nel corso dell'audizione - svoltasi il 27 luglio 2005 - del professor Pasquale Sandulli, ordinario di diritto del lavoro presso la Facoltà di economia e commercio dell'Università degli studi di Roma


Pag. 7

«La Sapienza», a giudizio del quale il dualismo presente nella struttura degli enti previdenziali pubblici può essere indicato come il risultato della convergenza di «due linee di scelta politica»: quella del principio di partecipazione delle parti sociali alla gestione e all'amministrazione degli enti - che trova la sua principale espressione nell'articolo 3, secondo comma, della Costituzione - e quella del criterio della separazione delle funzioni di indirizzo e di gestione, di cui alla legge n. 421 del 1992, «Delega al Governo per la razionalizzazione e la revisione delle discipline in materia di sanità, di pubblico impiego, di previdenza e di finanza territoriale», nonché alla serie di provvedimenti attuativi, a partire dal decreto legislativo n. 29 del 1993.
Dovendosi considerare i punti sopra espressi «sufficientemente stabili e fermi», è stata ritenuta difficile una scelta che prefiguri un superamento dell'attuale sistema, ritenendosi invece di porre la questione in termini di evoluzione e perfezionamento dello stesso, anche con riferimento alla circostanza che la «logica dualistica» presiede ormai anche il nuovo assetto del diritto societario.
Relativamente alle problematiche emergenti dall'assetto attuale, l'opinione espressa dal professor Sandulli è come sul piano organizzativo queste riguardino le modalità di composizione degli organi.
In particolare, per quanto concerne il Consiglio di amministrazione, di nomina governativa, un problema evidenziato riguarda l'individuazione dei requisiti di professionalità necessari alla nomina, ritenendosi che gli stessi siano insufficientemente delineati nel decreto legislativo n. 479 del 1994. Tale decreto prevede infatti all'articolo 3, comma 5, che i «componenti del consiglio sono scelti tra persone dotate di riconosciuta competenza e professionalità e di indiscussa moralità ed indipendenza». A tale riguardo è stato osservato come il criterio della professionalità ivi previsto, esaurendosi in una sorta di autocertificazione, comprovato da apposito curriculum da pubblicare nella Gazzetta Ufficiale venga «troppo sbrigativamente delineato», lasciandosi in tal modo ampi margini ad una valutazione discrezionale del Governo.
Per quanto riguarda il Consiglio di indirizzo e vigilanza, l'attuale articolazione, che prevede una ripartizione della composizione, metà riservata a soggetti designati dalle confederazioni maggiormente rappresentative e metà al criterio della ulteriore spartizione fra rappresentanti dei datori di lavoro e dei lavoratori autonomi, viene ritenuta suscettibile di una riconsiderazione, potendosi pensare nella composizione dello stesso ad una sorta di geometria variabile che, volta per volta, attraverso opportune procedure di consultazione fra le parti sociali determini delle modificazioni nella composizione «capaci di adeguarsi alle variazioni della struttura della società civile».
Relativamente ai profili delle competenze è stato considerato in particolare in termini problematici il riparto di competenze nella messa a punto del bilancio preventivo e consuntivo; risulta in effetti noto come - ancorché nel decreto legislativo si parli in termini testuali di approvazione da parte del CN e di predisposizione da parte del Consiglio di amministrazione - nella realtà dei fatti si rende necessario individuare una linea di separazione del potenziale conflitto tra i due organi.

Pag. 8


Il contributo interpretativo offerto dal professor Sandulli parte con il distinguere la fase dell'approvazione del bilancio consuntivo da quella di approvazione del bilancio preventivo, ed ha evidenziato come nella fase del consuntivo - ove non può che operare la vigilanza, mentre la funzione di indirizzo è ormai esaurita perché per definizione essa si applica a scelte riferite al futuro - poiché non è plausibile immaginare che il CIV debba analizzare il consuntivo nelle singole poste per verificare la regolarità degli atti amministrativi (essendo lo stesso compito specifico del Collegio sindacale), solo in presenza di uno scostamento significativo (prescindendo dalla componente variabile determinata dall'intervento del legislatore o dell'azione governativa) dell'azione del Consiglio di amministrazione rispetto alle linee generali fissate dal CIV si potrebbe ipotizzare una mancata approvazione del consuntivo, circostanza che assumerebbe in tal caso «una rilevanza propriamente politica»; mentre l'approvazione del Bilancio consuntivo, in presenza delle ipotesi di correttezza della registrazione amministrativa e di congruità del consuntivo rispetto all'indirizzo originario, assume sostanzialmente il carattere di atto dovuto.
Totalmente diverso è il ragionamento con riferimento al bilancio preventivo, ove la competenza del CIV, che in questo caso è prevalentemente una competenza di indirizzo, può ben interferire sull'azione del Consiglio di amministrazione e quindi, nel caso di eventuale contrasto con le ipotesi di indirizzo generale formulate, si potrebbe pervenire ad un'ipotesi di reiezione del bilancio preventivo, potendosi determinare una crisi funzionale dell'ente che, a giudizio del professor Sandulli, non escluderebbe un'ipotesi di commissariamento.
Un ulteriore punto di attenzione messo in evidenza nel corso della citata audizione dal professor Sandulli riguarda la facoltà riconosciuta ad entrambi gli organi di emanare regolamenti interni, circostanza ritenuta suscettibile di creare, in mancanza di un adeguato coordinamento, ulteriori ipotesi di sovrapposizioni funzionali.
Il punto di vista delle associazioni sindacali è stato espresso nel corso dell'audizione - svoltasi il 27 settembre 2005 - dei segretari confederali di CGIL, CISL, UIL e del vice segretario confederale della UGL. È stata rilevata una certa convergenza di opinioni circa quelle che sono ritenute le criticità attualmente presenti nell'assetto duale, pur essendosi sottolineato come qualunque riflessione volta a modificarne il quadro attuale debba partire dall'esigenza di confermare l'importanza del ruolo delle parti sociali, con riferimento non solo alle rappresentanze dei lavoratori e dei pensionati ma anche alle rappresentanze del sistema delle imprese.
Si è altresì sottolineato come nell'andamento delle relazioni interne tra i vari organi degli enti abbiano influito anche alcuni fattori esterni che sono stati giudicati lesivi della possibilità di esercitare in autonomia la mission assegnata agli stessi; il riferimento è rivolto in particolare al rapporto tra gli enti medesimi e i ministeri vigilanti, soprattutto ove il ruolo di controllo esercitato dai ministeri abbia una manifestazione ex ante rispetto alle decisioni assunte dagli enti, diventando motivo di forte ingerenza sull'autonomia degli enti stessi. In tal senso è stato sostenuto come ciò, oltre a determinare problemi rispetto all'uso delle risorse e all'assunzione di decisioni, con lesione

Pag. 9

dell'autonomia istituzionalmente riconosciuta agli stessi, possa comportare anche una profonda alterazione del sistema duale, vanificando - o quanto meno tendendo a farlo - le disposizioni di indirizzo e vigilanza emanate dai CIV, ma allo stesso tempo depotenziando il ruolo di altri organi, come il Consiglio di Amministrazione.
È stato inoltre ritenuto che, in riferimento alla funzionalità interna dei Consigli di Indirizzo e Vigilanza, una criticità da evidenziare - oltre a quella nota con gli organi gestionali - riguardi un difetto di relazione con i livelli territoriali, non rispondendo questi ultimi al sistema duale, in quanto, essendo stati istituiti con la legge n. 88 del 1989 e non essendo stati coinvolti nei successivi provvedimenti legislativi di riforma citati, non sembrano avere un preciso ruolo rispetto alle funzioni svolte dai CIV a livello nazionale.
Per converso è stato invece ritenuto che la presenza delle parti sociali ad ogni livello territoriale, ai fini di un efficiente funzionamento del sistema, dovrebbe avere un filo conduttore incentrato su un ruolo di indirizzo e vigilanza; da ciò consegue che esso pertanto dovrebbe estendersi anche alle relazioni di tipo territoriale.
Analoga convergenza di opinioni si è registrata da parte dei Presidenti dei CIV dell'INPS, INPDAP, INAIL, IPOST, IPSEMA e ENPALS, avendo gli stessi espresso un giudizio in termini di «validità di fondo» dell'attuale sistema duale (pur in presenza di talune criticità), così come risulta dalla documentazione fatta pervenire alla Commissione su richiesta della stessa - di cui è stata resa comunicazione nella seduta del 15 dicembre 2005 - ed i cui contenuti essenziali hanno avuto una ulteriore illustrazione nel corso dell'audizione svolta il 5 ottobre 2005. In particolare la validità del modello duale viene ritenuta tale soprattutto perché ribadisce «la coessenzialità del ruolo svolto dalle parti sociali». Non si è mancato tuttavia di evidenziare elementi di criticità la cui soluzione - secondo quanto affermato - «non può che essere affidata al legislatore».
Sotto tale aspetto un primo punto critico viene visto nell'affievolimento dell'autonomia funzionale degli enti previdenziali di fronte alla funzione vigilante dei ministeri del lavoro e delle politiche sociali e dell'economia e delle finanze. Tale affievolimento - considerato causa di un vuoto normativo, posto che il nodo dell'autonomia non sarebbe stato affrontato dal decreto legislativo n. 479 del 1994 - si sarebbe verificato - come sostenuto - sul piano propriamente gestionale a causa di un intervento amministrativo del Ministero del lavoro e del Ministero dell'economia e delle finanze nella formazione delle scelte gestionali e nei processi organizzativi degli enti. È stato in altri termini ribadito quanto già sostenuto dalle organizzazioni sindacali, essendosi voluto contestare uno stravolgimento della funzione vigilante assegnata legislativamente ai ministeri e che - ritenuta legittima quando viene esercitata come controllo sugli atti in relazione all'osservanza dei disposti legislativi - quando si imperni di fatto su interventi ex ante invece che ex post (gli esempi riportati riguardano il controllo preventivo dei contenuti delle circolari amministrative da parte del Ministero del lavoro o la nomina di una Commissione mista Ministero/INAIL sugli investimenti dell'Istituto), andrebbe ad incidere profondamente sul principio di autonomia degli Enti.

Pag. 10


Un secondo punto critico evidenziato concerne quello che è stato definito «un problema di esigibilità delle linee di indirizzo del CIV», con particolare riferimento al potere deliberativo in materia di bilanci, circostanza che richiederebbe di rendere più preciso il rapporto con gli organi di gestione. In difetto di ciò è stato evidenziato come, in caso di parere negativo del CIV rispetto a quello del Consiglio di Amministrazione, il potere di vigilanza del Ministero del lavoro si trasformi, nei fatti, in potere «arbitrale» - così come riportato nel documento consegnato alla Commissione e come ribadito dal Presidente dell'INPS, Franco Lotito, nel corso del suo intervento - andando ad inficiare la portata della disposizione normativa che invece attribuisce al CIV il potere di approvare in via definitiva i documenti di bilancio. In virtù di ciò si riterrebbe opportuno riconoscere ai Ministeri vigilanti una facoltà di intervento correttivo esclusivamente nel caso di inadempienze legislative presenti nei bilanci stessi.
Nella logica del sistema duale è stata inoltre evidenziata una «asimmetria» tra il carattere monistico dell'organo di indirizzo e vigilanza ed il carattere plurimo degli organi propriamente di gestione, proponendosi al riguardo una semplificazione del sistema stesso attraverso la riduzione a due soli organi: il CIV e un organo di gestione.
Precedentemente all'audizione dei Presidenti dei CIV la Commissione aveva avuto modo di acquisire anche il parere della Confederazione italiana dirigenti e alte professionalità (CIDA) i cui rappresentanti - auditi nel corso della seduta del 28 settembre 2005 - pur ritenendo necessario il mantenimento di una distinzione tra la funzione di indirizzo con la partecipazione delle parti sociali e la funzione di gestione, hanno tenuto a rilevare come - dal loro punto di vista - nella realtà tra i due organi si realizzi un intreccio di compiti di indirizzo, pianificazione, regolazione interna che finisce col comprimere la funzione di gestione, che spetta propriamente ai dirigenti. È stato in particolare lamentato, anche a causa di carenze normative, uno «sdoppiamento della funzione di indirizzo», presentandosi da parte dei ministeri vigilanti una rilevante attività di direzione politica, che si sostanzia - come sostenuto - non solo in sede di iniziativa legislativa, ma anche in interventi sul patrimonio, finanziario ed immobiliare, nel controllo preventivo delle circolari, nella nomina del CdA e conseguentemente nell'orientamento delle funzioni di questo. In virtù di ciò l'indicazione fornita dalla CIDA riguarda la necessità di riunificare la funzione di indirizzo (definita nella situazione attuale a «schema obliquo», secondo l'espressione utilizzata dal Presidente della CIDA-Funzione pubblica Antonio Zucaro), raccordando l'intervento politico dei ministeri, ritenuto ineliminabile per la complessità politica, le dimensioni finanziarie e la delicatezza sociale del sistema previdenziale, con la necessità che le parti sociali, dirette rappresentanti dei contribuenti e degli utenti del sistema medesimo, contribuiscano sostanzialmente ad indirizzare le attività degli enti.
Opinioni variamente articolate sono emerse nel corso dell'audizione dei Presidenti degli enti previdenziali pubblici, svoltasi il 26 ottobre 2005. A giudizio del Presidente dell'INPDAP, Marco Staderini, le sovrapposizioni attualmente presenti tra le funzioni di indirizzo e vigilanza, da una parte, e di gestione dall'altra, risiedono anche nel

Pag. 11

numero eccessivo degli organi di vertice, rappresentati dalle figure del presidente, del consiglio di amministrazione, del direttore generale e dal CIV.
È stato in particolare evidenziato come la figura del presidente, che svolge una funzione di rappresentanza dell'istituto senza avere la capacità di indirizzo, risulti una «figura ibrida», che fa da cuscinetto tra l'organo di indirizzo e quello di gestione. Per tale ragione l'ipotesi di semplificazione del sistema proposta potrebbe consistere nel mantenimento dei due organi: CIV e consiglio di amministrazione, ma rendendo il secondo molto più simile a quello di una società per azioni con la presenza di un presidente del consiglio di amministrazione (che non corrisponde al ruolo attualmente svolto dal presidente dell'ente previdenziale) e un consiglio che affiderebbe a un suo componente la responsabilità di gestione tipica del direttore generale o amministratore delegato di una S.p.A. In questo modo l'intero consiglio, per il tramite di un amministratore delegato, avrebbe la gestione dell'istituto, mentre il CIV continuerebbe a svolgere una funzione di indirizzo e di valutazione dei risultati.
Per una funzione di raccordo più stringente di quella attuale il presidente del CIV potrebbe far parte o addirittura presiedere il consiglio di amministrazione; in tal modo, le attività di indirizzo e di valutazione troverebbero un rapporto con l'organo di gestione per il tramite della figura del presidente.
In una prospettiva di superamento del sistema duale la soluzione proposta dal Presidente dell'IPSEMA, Antonio Parlato, prevede la costituzione di un consiglio di amministrazione di nove componenti (otto consiglieri, più il presidente), rappresentativo anche delle parti sociali, prevedendosi altresì che tra gli otto consiglieri cinque vadano a costituire l'assemblea, mentre due affiancherebbero l'amministratore delegato con compiti di vice e con precise deleghe.
L'auspicio per un superamento del sistema duale - considerato funzionante «per caso» - con la conseguente riduzione dei passaggi decisionali è stato espresso anche da parte del Presidente dell'INPS, Gian Paolo Sassi, anche sulla base del fatto che - secondo il parere espresso - la mancata definizione delle competenze e la sovrapposizione delle funzioni danno luogo a quella che viene definita una «inevitabile invadenza» da parte dei ministeri vigilanti. È stata peraltro rimarcata anche da parte del Presidente dell'INPS l'esigenza di preservare - sostenendosi la necessità di presenza forte ed assunzione di rilievo - la rappresentanza delle parti sociali all'interno degli enti, per le quali d'altra parte, nel sistema attuale, se ne è voluta evidenziare l'esclusione nel «governo diretto della tecnostruttura».
Relativamente alle funzioni del CIV, si è evidenziata da parte del Presidente dell'INAIL, Vincenzo Mungari, l'assenza di una previsione normativa che consenta poteri autoritativi e di intervento nei confronti dell'organo di gestione in caso di mancato rispetto degli indirizzi dettati. Da ciò consegue che, nell'attuale situazione, «solo per la via di una intesa e di una condivisione delle azioni e degli obiettivi con gli altri organi, e segnatamente con il consiglio di amministrazione, si possa dare effettività alle deliberazioni del CIV». Da tale premessa discende anche per il Presidente Mungari la preferenza per l'opzione

Pag. 12

di una semplificazione organizzativa dell'attuale sistema, che nella finalità di «coinvolgere responsabilmente le parti sociali nella gestione e nell'amministrazione dell'ente» possa prevedere, secondo l'ipotesi formulata, l'esistenza di un consiglio di amministrazione, articolato in due organi derivati: un comitato esecutivo e un amministratore delegato che opererebbero sulla base di apposite deleghe statutariamente fissate, ab origine, da parte del consiglio di amministrazione.
Una valutazione positiva sul funzionamento del modello duale è stata riportata dal Presidente dell'IPOST, Giovanni Ialongo, anche in virtù della specifica peculiarità dell'ente in questione (peculiarità ricordata e condivisa in precedente audizione anche dal Presidente del CIV dell'IPOST, Angelo Agricola), che vede - secondo quanto stabilito dal decreto ministeriale n. 523 del 18 dicembre 1997 - la presenza del Presidente dell'Istituto all'interno del CIV in qualità di componente; circostanza da cui - secondo quanto ritenuto - conseguirebbe una maggiore efficienza nel funzionamento del sistema.
Il punto di vista del Governo è stato espresso attraverso l'audizione, svoltasi il 16 novembre 2005, del sottosegretario di Stato per il lavoro e le politiche sociali, Alberto Brambilla. In termini generali, le problematiche poste dal sottosegretario Brambilla con riferimento all'universo previdenziale pubblico hanno riguardato la constatazione di una certa carenza nell'organizzazione amministrativa degli enti pubblici previdenziali per ciò che concerne la dislocazione logistica e territoriale, anche con riferimento alla mancata attuazione del cosiddetto sportello unico previdenziale. Anche relativamente alla pianificazione interna è stata lamentata una eccessiva complessità dell'organizzazione; in tal senso un riferimento specifico è stato fatto al numero eccessivo - quantificabile nell'ordine di oltre venti unità - di direzioni generali presenti nell'INPS. È stato infatti ritenuto dallo stesso come con troppe direzioni generali il sistema venga reso ingestibile, laddove in base ad un processo di divisionalizzazione l'INPS dovrebbe avere non più di cinque divisioni, ovvero quella delle entrate, quella delle uscite, quella del bilancio, quella dei casellari e quella della pianificazione delle risorse umane. Anche relativamente al sistema duale sono stati colti da parte del sottosegretario Brambilla elementi di scarsa efficienza che ne dovrebbero suggerire - come affermato - una rimodulazione. In tal senso il suggerimento proposto è quello di un CIV unificato, che raccolga e operi tra tutti gli enti con il vantaggio di poter favorire in una prospettiva di medio termine l'unificazione delle sedi, dei programmi informatici, delle sinergie, nonché l'armonizzazione delle regole.

LA SOSTENIBILITÀ FINANZIARIA DEL SISTEMA PREVIDENZIALE PRIVATO

L'approfondimento del problema della sostenibilità finanziaria di medio-lungo periodo delle casse ex lege 509/94 è stato condotto dalla Commissione attraverso l'audizione di:
esperti della materia, come il professor Massimo Angrisani, ordinario di matematica finanziaria presso la facoltà di Economia e commercio dell'Università degli studi di Roma «La Sapienza»;


Pag. 13


associazioni dei giovani professionisti, soggetti più direttamente interessati al futuro della previdenza delle Casse privatizzate;
i responsabili delle Casse che hanno riferito sulla salute degli enti gestiti e sui risultati attesi delle riforme poste in essere.

Prima di illustrare le principali evidenze emerse nel corso dell'indagine conoscitiva, si ritiene opportuno contestualizzare la problematica, circoscrivendo correttamente l'ambito di analisi alle sole casse privatizzate con il decreto legislativo n. 509 del 1994. Le casse, infatti, istituite con il decreto legislativo n. 103 del 1996 e, come tali nate già private, rispetto alle Casse privatizzate presentano una situazione opposta: sono infatti, diversamente da queste ultime, caratterizzate da una sostenibilità finanziaria a cui si contrappone, però, un problema di adeguatezza delle prestazioni erogate.
In ordine alle casse ex decreto legislativo n. 509 del 1994, già dalla prima relazione a conclusione dei lavori della Commissione (cfr. Doc. XVI-bis n. 3), si è precisato come i dati, sia pur confortanti, commentati nell'analisi dei singoli bilanci degli enti non dovessero distrarre dall'attenzione sulla sostenibilità di medio-lungo periodo. Con questo si intendeva sottolineare che, se indubbiamente i principali indici di sostenibilità, quali i rapporti iscritti/pensionati ed entrate contributive/pensioni, soprattutto se confrontati con il comparto pubblico, risultavano positivi era altrettanto vero che, per molte Casse, gli stessi presentavano un preoccupante trend decrescente.
Tali dati, tra l'altro, devono essere letti tenendo debitamente in considerazione che trattasi prevalentemente di Casse la cui gestione è a ripartizione: alle pensioni correnti si fa fronte in larga misura con i contributi correnti. Questo significa che esse devono assicurare all'iscritto - che non vede accantonati, come nel sistema a capitalizzazione, i suoi contributi per la sua prestazione, essendo questi utilizzati, in buona parte, per pagare le pensioni correnti - il pagamento della sua pensione, quando sarà il suo turno, in un'ottica di sostanziale stabilità, nel corso del tempo, del rapporto tra contributi e prestazioni, in virtù dell'equità intergenerazionale.
I sistemi previdenziali a ripartizione si fondano, infatti, su un «patto tacito tra generazioni». Il problema è capire se tale patto sia un'utopia o una realtà. Per molte Casse, infatti, già nel medio periodo i contributi versati non basteranno ad erogare le pensioni e le spese inizieranno ad erodere il patrimonio fino all'azzeramento dello stesso.
È proprio questo l'interrogativo cui si è cercato di dare una risposta nel corso dell'indagine conoscitiva svolta dalla Commissione e di cui, di seguito, si riportano le principali evidenze emerse dall'audizione degli esperti della materia.
Il professor Angrisani, nel suo intervento, dopo aver chiarito i termini della questione, ha evidenziato come il principio dell'equità tra le generazioni, sulla cui base si fondano i sistemi a ripartizione, sia stato in generale poco rispettato dalle Casse.
Da una parte, vi sono state Casse che, a fronte di un significativo incremento della propria platea di assicurati e, quindi, nell'immediato, di una forte crescita delle entrate contributive, hanno ritenuto di poter


Pag. 14

«elargire» prestazioni di importi significativi. Rientrano in questa categoria a titolo esemplificativo la Cassa Forense, la Cassa Ingegneri e Architetti, che hanno entrambe superato ampiamente i 100 mila iscritti (partendo dieci anni prima da un numero pari alla metà), ma anche la Cassa commercialisti e quella dei veterinari, anche se queste ultime con ordini di grandezza inferiori (nel caso della cassa commercialisti 40 mila iscritti e veterinari 22 mila).
Dall'altra, vi sono Casse che hanno visto progressivamente ridurre il numero dei loro iscritti. Eloquente il caso della Cassa Ragionieri rispetto alla Cassa Commercialisti, come quello della Cassa Geometri rispetto alla Cassa Ingegneri ed Architetti.
È chiaro come per queste Casse è ancora più evidente il problema di garantire nel medio periodo il pagamento delle pensioni correnti con i contributi correnti, proprio per un rapporto iscritti/pensionati che fa registrare un trend decrescente.
Il contesto sopra illustrato, ad avviso del professor Angrisani, è sintomatico dell'inadeguatezza degli attuali sistemi di controllo previsti dalla legge. Scarsamente significativi sono, infatti, sia il controllo con un orizzonte temporale a 15 anni per valutare lo stato di salute delle Casse, sia il controllo relativo alla riserva legale, cioè le 5 annualità di prestazioni accantonate. Con particolare riferimento alla riserva, si evidenzia tra l'altro che, quando è stata istituita, la stessa faceva riferimento a 5 annualità di prestazioni in essere; poi, evidentemente per ragioni contingenti, queste 5 annualità sono state riportate addirittura alle prestazioni esistenti all'epoca della privatizzazione, e, in presenza di tale requisito, l'equilibrio della gestione risulta garantito.
L'inadeguatezza degli attuali controlli appare in modo evidente dall'analisi dei bilanci tecnici attuariali che per molte Casse, pur superando tutti gli attuali controlli, evidenziano un'erosione del patrimonio nel medio periodo.
Alle osservazioni formulate dal professor Angrisani si sono aggiunte le preoccupazioni manifestate dai giovani professionisti, che hanno evidenziato le difficoltà che avranno le casse a pagare loro una pensione adeguata. I giovani dovranno, con i loro contributi, garantire al tempo stesso la «solidarietà» ai professionisti in pensione e creare un montante per garantirsi la propria pensione. È una situazione paradossale in cui i giovani devono provvedere, in parte, alle loro future pensioni e, per altra parte, a colmare quel debito attuariale e latente che il sistema retributivo ha creato.
Tale consapevolezza è emersa chiaramente nel corso dell'audizione del presidente dell'Unione nazionale giovani ragionieri commercialisti, Massimo Lusuriello, il quale ha riferito in ordine alla riforma epocale che ha interessato la Cassa dei ragionieri con il passaggio da un sistema di previdenza basato sulla ripartizione retributiva ad uno fondato sulla ripartizione contributiva.
La necessità di tale riforma appare evidente ove si consideri un semplice dato: nel 1992 le uscite per prestazioni corrispondevano a circa il 19 per cento dei contributi incassati; nel 2003 le uscite per pensioni hanno eroso il 62 per cento delle entrate.
A fronte della riforma i giovani professionisti richiedono però alle Casse un maggior controllo degli investimenti nel settore mobiliare, che

Pag. 15

non devono assolutamente mettere a rischio il patrimonio necessario al pagamento delle pensioni nonché una maggiore attenzione ai costi di gestione. La sostenibilità, come la Commissione ha avuto modo di evidenziare anche nel corso delle audizioni con i responsabili degli Enti, non consiste solamente nel gestire al meglio i contributi e le prestazioni, ma anche nel gestire bene l'ente, sia in termini di contenimento delle spese, sia di efficacia nella gestione del patrimonio.
Anche il presidente dell'Unione nazionale giovani dottori commercialisti, Marco Piemonte, nel corso dell'audizione, ha sottolineato come la riforma adottata dalla Cassa commercialisti sia molto gravosa per i giovani professionisti che, ora, devono considerare due aspetti fondamentali: conoscere il livello dei redditi disponibili e capire se sia necessario ricorrere alla previdenza complementare.
Considerato quindi che i giovani devono contribuire anche per ripianare il «debito» latente lasciato in eredità dal precedente sistema, disporranno necessariamente di una pensione esigua che dovrà essere opportunamente integrata per potersi assicurare una vecchiaia dignitosa.
In linea con la generale preoccupazione espressa dai colleghi professionisti è risultato l'intervento del vicepresidente dell'Associazione italiana giovani avvocati, Sergio Russo, il quale ha esposto alla Commissione i principali dati del bilancio tecnico attuariale della Cassa Forense, che evidenziano già nel 2027 un saldo tecnico negativo, vale a dire che il sistema a ripartizione non riuscirà più ad autoalimentarsi. Nel 2037, poi, il patrimonio si esaurirà e non ci sarà nemmeno la possibilità di far riferimento ad esso per erogare le pensioni. Proprio alla luce di tale prospettiva, i giovani avvocati sono in attesa di una riforma strutturale.
Sul versante dei responsabili delle Casse, sono stati sentiti i rappresentanti dell'Associazione degli enti previdenziali privati (AdEPP), della Fondazione Enasarco e dell'Ente nazionale di previdenza per gli addetti e per gli impiegati in agricoltura (ENPAIA). Tutti gli auditi hanno espresso ampia consapevolezza circa l'entità del problema anche se il Presidente dell'AdEPP ha tenuto a precisare che «tutte le proiezioni attuariali sono superiori ai 15 anni previsti dalla legge, e che alcune casse hanno avviato riforme incisive che hanno consentito loro di estendere lo spettro delle rispettive proiezioni attuariali a 30, 40, o addirittura 50 anni».
La trattazione del tema della sostenibilità delle Casse è stata, inoltre, l'occasione per richiamare l'attenzione su alcuni temi particolarmente cari all'AdEPP quali: quello della doppia tassazione, in ordine al quale è stato suggerito di parificare la tassazione delle casse professionali a quella dei fondi pensione, pari all'11,5; nonché il tema della totalizzazione, sul quale attualmente è all'esame del Governo, su iniziativa del Ministro del lavoro e delle politiche sociali e del sottosegretario delegato, la valutazione delle modalità per contenerne la ricaduta negativa sui conti della Casse.
È stata, altresì, sottolineata da più parti la necessità di sviluppare il pilastro della previdenza complementare. Sul punto è stata avanzata la proposta di mettere un'aliquota della contribuzione obbligatoria in un sistema a capitalizzazione che può confluire nella previdenza

Pag. 16

complementare (opting out). Ciò consentirebbe di avviare opportunamente il sistema della contribuzione obbligatoria che altrimenti rischia di non decollare.

CONSIDERAZIONI CONCLUSIVE

Dall'indagine conoscitiva svolta dalla Commissione è emerso, innanzitutto, come, relativamente al sistema duale, la normativa regolante l'attuale modello organizzativo degli enti previdenziali pubblici non tracci, a livello di organi di indirizzo e vigilanza, da un lato, e di gestione, dall'altro, un confine ben delineato delle rispettive funzioni. Si evidenzia quindi l'opportunità di addivenire ad un miglior coordinamento tra i due organi anche attraverso mirati interventi legislativi al fine di limitare al massimo - se non eliminare - le sovrapposizioni e conflitti interorganici, attualmente esistenti.
Nella direzione di una semplificazione del sistema, del conseguimento di una maggiore efficienza dell'azione amministrativa, nonché di una riduzione dei costi di funzionamento degli enti, sembrano muoversi anche le proposte tendenti a ridurre il numero eccessivo sia degli organi di gestione, attualmente rappresentati dal presidente, dal consiglio d'amministrazione e dal direttore generale, sia degli organismi territoriali (per esempio nel 2004 con riferimento all'INPS i componenti di tali organismi hanno raggiunto la cifra di 5.918 unità per una spesa complessiva di 17,2 milioni di euro). Quindi, anche nell'ottica di una riorganizzazione logistica, territoriale e telematica degli enti, sarebbe opportuno considerare l'esigenza di accorpamento delle sedi, così come più volte emerso nei dibattiti in Commissione, anche al fine di un miglioramento dei servizi offerti agli utenti.
A tale riguardo si ricorda, in particolare, come anche da parte dei Presidenti degli enti non siano mancate critiche all'attuale modello gestionale, che determinerebbe una configurazione «ibrida» del ruolo del presidente dell'istituto (secondo la gia riportata espressione utilizzata dal Presidente dell'INPDAP Marco Staderini), nonché una eccessiva condivisione di competenze tra direttore generale e consiglio di amministrazione, tale da dilatare eccessivamente i tempi di passaggio dalla fase decisionale a quella propriamente esecutiva.
In sede di conclusioni, quindi, sulla base di quanto emerso nel corso dell'indagine si intendono fornire al Governo e al legislatore spunti di riflessione nonché raccomandare un ulteriore approfondimento per dare soluzione all'esigenza, più volte evidenziata, se non di una reductio ad unum, di una semplificazione anche degli organi coinvolti nella fase gestionale.
Relativamente ai Consigli di indirizzo e vigilanza (CIV), sembrerebbe opportuno avviare una riflessione sulla riduzione del numero dei componenti (pari a ventiquattro per INPS, INPDAP e INAIL), essendo lo stesso considerato eccessivo.
Si sottolinea inoltre l'utilità di individuare meccanismi che prevedano l'obbligo per l'organo di amministrazione (C.d.a.) di motivare l'eventuale mancato rispetto delle delibere del CIV, e che consentano


Pag. 17

interventi specifici nei confronti dell'organo di gestione in caso di mancato rispetto degli indirizzi dettati.
Ai fini di una razionalizzazione del sistema dei controlli, e prendendo atto delle esigenze manifestate al riguardo, si evidenzia la necessità di precisare opportunamente il sistema dei poteri di vigilanza ministeriale, limitando gli stessi alla verifica circa la legittimità e la coerenza dell'attività degli enti con gli indirizzi politici generali relativi al settore previdenziale, ed evitando quelli che sono stati considerati controlli ex ante sulle linee strategiche, di indirizzo e di utilizzazione delle risorse, per ciò stesso lesivi dell'autonomia istituzionalmente riconosciuta agli enti stessi.
Va peraltro evidenziato come una limitazione di quella che è stata definita «invadenza» dei ministeri vada anche nella direzione di una valorizzazione della dirigenza interna.
Occorre infine sottolineare quella che è risultata essere una indicazione condivisa unanimemente sia dalla Commissione sia dai soggetti auditi, ovvero come qualunque ipotesi di modifica si intenda intraprendere per una rimodulazione in senso migliorativo dell'attuale sistema duale di governance degli enti previdenziali pubblici dovrà preservare il ruolo - sia esso configurato in termini di indirizzo e controllo o di gestione - e la rappresentanza delle parti sociali, essendo gli stessi i principali detentori degli interessi dei lavoratori e dei pensionati e quindi - con riferimento all'universo previdenziale - dei contribuenti e fruitori delle prestazioni. Si ricorda infatti come, nell'ambito delle ipotesi che sono state formulate circa il possibile superamento del sistema duale, la presenza delle parti sociali sia sempre prevista anche nell'ipotesi di istituzione di un unico organo collegiale.
In relazione agli elementi emersi in tema di sostenibilità finanziaria del sistema previdenziale privato, la Commissione ritiene che la questione debba essere affrontata in modo organico, anche considerando tutta una serie di altri aspetti, come quelli richiamati nel relativo capitolo, che, anche se «corollari», possono impattare sulla sostenibilità finanziaria delle Casse.
Probabilmente, pur nel rispetto «doveroso» della natura privata delle Casse, sarebbe auspicabile un intervento politico sul tema, finalizzato ad indicare linee guida di riforma che non possono prescindere dalla necessità di cambiamento del sistema previdenziale dal retributivo al contributivo. In ogni caso, quello che emerge chiaramente è la necessità di rivedere l'attuale sistema dei controlli che risulta del tutto inefficace nella misura in cui Casse la cui sostenibilità finanziaria non è garantita nel medio periodo (come dimostrano i bilanci attuariali) passano senza problemi gli attuali controlli.
È questo il dato più preoccupante cui prontamente occorre dare una risposta. Questo significa estendere ad almeno 40 anni l'arco temporale di controllo per valutare lo stato di salute delle Casse nonché rivedere il controllo relativo alla riserva legale, cioè le 5 annualità di prestazioni accantonate.
L'importanza di «controlli di lungo periodo» non deve però distrarre dalla necessità di un attento monitoraggio sull'attività gestionale degli enti, anno per anno. In tal senso l'attività di controllo

Pag. 18

sui bilanci dei singoli enti svolta dalla Commissione appare essenziale. Come da più parti è stato sottolineato, è infatti fondamentale che i responsabili degli enti siano sottoposti a controlli adeguati sia relativamente alle singole politiche di investimento - che devono essere effettuate nella consapevolezza che trattasi di somme destinate al pagamento delle pensioni - sia relativamente all'efficienza della loro gestione.
Con particolare riferimento alle politiche di investimento:
per quanto riguarda il settore mobiliare, si segnala che l'attuale sistema dei controlli previsti dalla legge per la previdenza obbligatoria riconosce totale autonomia alle Casse nella scelta delle loro politiche di investimento. Sul punto, facendo riferimento a quanto già previsto per la previdenza complementare, si potrebbe definire un asset allocation di massima, indicando dei limiti per categoria/tipologia di investimento nonché istituire un'apposita autorità amministrativa, sul modello COVIP, altamente specializzata e tecnica cui attribuire la funzione di garantire ed assicurare la trasparenza e la correttezza nella gestione e nell'amministrazione del patrimonio mobiliare degli enti. In tal caso andranno chiaramente individuate le procedure e gli strumenti di raccordo, anche permanente, con eventuale modificazione o nuova costituzione di forme di cooperazione strutturali e funzionali, che consentano la collaborazione e l'azione coordinata tra i diversi soggetti deputati al controllo;
in ordine al patrimonio immobiliare, si conferma la validità di tale tipo di investimento che, peraltro, come più volte sottolineato dalla Commissione, deve essere gestito in modo «attivo», all'interno di un processo dinamico di costante valutazione del portafoglio finalizzato a cogliere le opportunità di mercato e a disinvestire gli immobili cui è associata una bassa redditività. Le Casse devono, in altri termini, garantire la «qualità» e la «redditività» dei propri immobili, adottando modalità di gestione in cui le tradizionali fasi di acquisizione, gestione e dismissione interagiscano tra loro, secondo un processo dinamico di complessiva valorizzazione del patrimonio.