Doc. XVII-bis n. 1


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PREMESSA

Sulla base delle risultanze dell'Indagine conoscitiva sull'attuazione della convenzione Europol, svolta nella XIII Legislatura, e a seguito di alcune missioni di studio effettuate dal Comitato all'inizio della corrente Legislatura, appaiono ancora irrisolti alcuni aspetti problematici relativi alla funzione e alle prospettive dell'Europol che inducono ad alcune riflessioni. In particolare, risulta ancora problematico l'attuale sistema di controllo, come evidenziato dalla comunicazione della Commissione europea sul controllo democratico dell'Europol, nonché l'individuazione degli strumenti e delle procedure idonee a realizzare lo sviluppo futuro del quadro giuridico dell'Europol.
Tali problematiche si sostanziano:
nella necessità di una maggiore chiarezza dei controlli vigenti per il tramite dei parlamenti, delle autorità di controllo nazionali, dell'autorità di controllo comune e del consiglio di amministrazione che sono esercitati in maniera indiretta e frammentaria;
nell'opportunità di uno scambio regolare e istituzionalizzato di informazioni fra i membri competenti dei parlamenti nazionali e del parlamento europeo, nonché nella necessità di apportare alcune modifiche alla convenzione Europol al fine di adeguarla all'effettiva crescita dell'Europol istituendo al tempo stesso un meccanismo che permetta ai parlamenti nazionali e al parlamento europeo di esaminare e coordinare i rispettivi ruoli.

In questo quadro il Comitato ha ritenuto di avviare un'indagine conoscitiva allo scopo di approfondire tali tematiche.
L'indagine conoscitiva è stata dunque deliberata l'8 maggio 2002.
Il Comitato ha quindi avviato un'analisi relativa al quadro giuridico e istituzionale nel quale si colloca Europol, ai limiti dello strumento giuridico della convenzione istitutiva, alle ipotesi di realizzazione del controllo democratico, all'ampliamento del mandato e al relativo sviluppo operativo. Sono inoltre stati oggetto d'analisi il sistema informatizzato e in particolare l'aspetto relativo all'esigenza di realizzare l'interazione tra le basi informative dei vari sistemi informatici in materia di giustizia ed affari interni con il Sistema Informativo Schengen e in futuro con il Sistema online dei visti (VIS); il funzionamento dell'Unità nazionale Europol; le nuove forme di cooperazione di polizia nel contrasto alla criminalità transnazionale nonché le prospettive future dell'Europol.
A tal fine è stato predisposto un programma di audizioni e missioni per acquisire elementi di conoscenza diretta in merito alle potenzialità attuali e alle prospettive di sviluppo futuro dell'Europol,


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dalle quali è emerso come l'attuazione di una cooperazione rafforzata e di un coordinamento costante tra i parlamenti degli Stati membri e del Parlamento europeo possa gradualmente migliorare il controllo democratico.
Per ciò che riguarda la base giuridica dell'Europol il Gruppo X «Libertà, sicurezza e giustizia», istituito nell'ambito della Convenzione europea, ha riconosciuto l'urgente necessità di riformare gli strumenti giuridici attualmente disponibili nel terzo pilastro, raccomandando l'abolizione delle convenzioni, soprattutto per il complesso meccanismo procedurale collegato alla loro modifica.
Tuttavia, l'adozione di uno strumento diverso dalla convenzione renderebbe indispensabile una ridefinizione del ruolo dei Parlamenti nazionali nel controllo e nell'indirizzo dell'Europol. Pertanto l'attuale discussione, incentrata in sostanza sulle modalità di attuazione del controllo democratico, dovrà tenere conto anche delle esigenze istituzionali, oltre che delle richieste dell'opinione pubblica, nel caso di un diverso esercizio della sovranità nazionale in un settore così delicato. Peraltro, sia la Convenzione europea che il Parlamento europeo si sono pronunciati positivamente riguardo l'esercizio diretto del controllo democratico da parte degli organi elettivi e ne hanno sottolineato l'urgenza.
Quanto alla realizzazione dello sviluppo futuro dell'Europol, è apparso evidente che il miglioramento della sua efficacia è fondamentale per la cooperazione europea di polizia. Occorre pertanto rafforzare la collaborazione operativa tra le forze di polizia degli Stati membri, potenziando il coordinamento e la collaborazione tra Europol, Eurojust e la Task Force operativa dei capi di polizia.
La creazione di un organismo che sia in grado, attraverso il coinvolgimento di tutti i parlamenti nazionali, di realizzare un più efficace controllo parlamentare sull'Europol, potrebbe contribuire a garantire anche una maggiore funzionalità della Task-Force operativa dei capi di polizia.
In questa ottica potrebbe quindi essere utile affiancare alle riunioni operative che la Task-Force tiene nel corso di ogni presidenza UE riunioni dei parlamenti nazionali, quali organi di controllo e di indirizzo.

Capitolo I
Europol: il quadro giuridico e istituzionale

1. Istituzione

L'istituzione dell'Europol è stata sancita dal Trattato sull'Unione europea (TUE), firmato a Maastricht il 7 febbraio 1992. Europol ha avviato le attività, in modo limitato, il 3 gennaio 1994 sotto forma dell'Unità antidroga Europol (EDU) con sede a l'Aja, Paesi Bassi.
La convenzione che istituisce l'Ufficio europeo di polizia, denominato Europol, è stata firmata a Bruxelles il 26 luglio 1995, ma l'entrata in vigore è stata a lungo bloccata dal mancato accordo tra gli


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Stati membri circa l'organo giurisdizionale competente ad interpretarne le decisioni, infatti soltanto il 26 luglio 1996 la Corte di Giustizia delle Comunità europee ha sottoscritto il Protocollo concernente l'interpretazione in via pregiudiziale della convenzione Europol. Il Protocollo relativo ai privilegi e alle immunità dell'Ufficio europeo di polizia è stato infine firmato il 19 giugno 1997.
La convenzione è entrata in vigore il 1o ottobre 1998 e lo stesso giorno il consiglio di amministrazione Europol ha adottato il proprio regolamento interno.
In seguito a numerosi atti giuridici collegati alla convenzione, la piena attività dell'Europol è iniziata il 1o luglio 1999.

2. Il mandato

Europol persegue il miglioramento della cooperazione di polizia tra gli Stati membri, al fine di contrastare ogni forma grave di criminalità organizzata che operi in due o più Stati membri in settori quali:
traffico illecito di stupefacenti;
traffico illecito di materie radioattive e nucleari;
traffico illecito di veicoli rubati;
reti di immigrazione clandestina;
prevenzione e lotta contro il terrorismo;
tratta degli esseri umani compresa la pornografia che coinvolge i bambini;
contraffazione di banconote e di altri mezzi di pagamento;
riciclaggio di denaro.

In virtù della decisione del Consiglio dell'Unione europea del 6 dicembre 2001, il mandato dell'Europol è stato esteso a partite dal 1 gennaio 2002, alle forme di criminalità internazionale gravi elencate nell'allegato alla convenzione Europol, quali la criminalità ambientale, furti organizzati, commercio illecito di beni culturali, contraffazione e pirateria in materia di prodotti, criminalità informatica, ecc.
L'obiettivo dell'Europol, come stabilito dall'articolo 2 della convenzione, è di migliorare la cooperazione di polizia tra gli Stati membri. L'Ufficio europeo di polizia a tal fine agevola lo scambio di informazioni tra gli ufficiali di collegamento dell'Europol (ELO), distaccati presso Europol dagli Stati membri quali rappresentanti dei rispettivi servizi nazionali, fornisce analisi operative a sostegno delle operazioni degli Stati membri ed elabora rapporti strategici e analisi criminologiche sulla base di informazioni pubbliche e riservate fornite dagli Stati membri, prodotte dall'Europol o raccolte presso altre fonti. Europol inoltre mette a disposizione le proprie competenze e il proprio sostegno tecnico ai fini delle indagini e delle operazioni in atto


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nell'Unione europea, sotto la guida e la responsabilità giuridica dello Stato membro interessato.
Europol sino ad oggi non ha dunque avuto tra i suoi compiti lo svolgimento di attività strettamente operative, concentrandosi nello svolgimento di funzioni di scambio, raccolta ed analisi dei dati provenienti dalle Forze di polizia nazionali ovvero risultanti da sue attività di analisi o originati da Stati terzi con i quali Europol ha siglato accordi di cooperazione. Appare dunque evidente che la peculiarità e la rilevanza delle funzioni dell'Europol sono date dalle attività di intelligence da esso svolte con il sostegno dei sistemi informatici a tal fine utilizzati.

3. La struttura

Organi dell'Europol sono:
il consiglio di amministrazione, composto da un rappresentante di ciascuno Stato membro. La presidenza del consiglio è assunta dal rappresentante dello Stato membro che esercita la presidenza semestrale dell'Unione europea. Riguardo alle attività correnti dell'Europol, l'organo svolge un ruolo di vigilanza e orientamento per l'organizzazione. La convenzione contiene in tal senso, all'articolo 28, un lungo elenco di funzioni ad esso affidate, tra le quali l'adozione di una relazione generale sulle attività svolte dall'Europol nell'anno trascorso. Al suo interno la Commissione europea ha status di osservatore. Attraverso i loro rappresentanti al consiglio di amministrazione, i ministri competenti degli Stati membri sono tenuti continuamente informati del funzionamento dell'Europol. Attualmente il rappresentante italiano nel consiglio d'amministrazione è il Direttore del Servizio per la cooperazione internazionale di polizia;
il direttore, nominato dal consiglio per un periodo di quattro anni, rinnovabile una volta. La nomina del direttore e dei vicedirettori può essere revocata, previo parere del consiglio di amministrazione;
il controllore finanziario, nominato all'unanimità dal consiglio di amministrazione e responsabile di fronte a questo;
il comitato finanziario, composto da un rappresentante di ciascuno Stato membro.

L'organico consta attualmente di 383 addetti appartenenti a tutti gli Stati membri: numero comprensivo anche degli esperti distaccati e degli ufficiali di collegamento di tutti gli Stati membri. L'Italia è presente con 24 unità.
Il bilancio è finanziato dai contributi degli Stati membri e da altre entrate occasionali. I conti, riguardanti tutte le entrate e le spese iscritte nel bilancio e il bilancio stesso degli attivi e passivi dell'Europol, sono sottoposti a revisione annuale. La revisione dei conti viene effettuata da un comitato di controllo composto da tre membri designati dalla Corte dei Conti delle Comunità europee.


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4. Le Unità nazionali

Secondo quanto disposto dalla convenzione ogni Stato membro costituisce o designa un'unità nazionale che è l'unico organo di collegamento fra Europol e i servizi nazionali competenti ed invia all'Europol almeno un ufficiale di collegamento incaricato di difendere gli interessi della sua unità nazionale nell'ambito dell'Europol.

5. Istituzione e funzioni del Comitato parlamentare

La legge 23 marzo 1998, n.93 con la quale è stata ratificata ed eseguita la convenzione Europol, ha attribuito al Comitato parlamentare di controllo sull'attuazione dell'Accordo di Schengen, funzioni di vigilanza sull'Unità nazionale Europol, secondo modalità definite dal Regolamento interno del Comitato, adottato in data 28 luglio 1999. La medesima legge ha altresì previsto che al Comitato sia trasmessa annualmente dal Governo una relazione sull'attuazione della convenzione Europol, senza peraltro indicare specifiche procedure d'esame. La legge 7 giugno 1999, n. 182, che ratifica e dà esecuzione al Protocollo relativo ai privilegi ed alle immunità dell'Europol prevede che detta relazione governativa comprenda anche le informazioni essenziali e le valutazioni del Governo concernenti i privilegi e le immunità di cui beneficia il personale dell'Europol. Ai sensi dell'articolo 5 del Regolamento interno il Comitato ha facoltà di chiedere, informato il ministro competente, l'intervento dei dirigenti assegnati all'Unità nazionale Europol, nonché degli ufficiali distaccati presso Europol al fine di acquisire informazioni e chiarimenti sulla loro attività; può altresì promuovere, informandone i Presidenti delle Camere, incontri con i componenti del consiglio di amministrazione, con il Direttore, con il Controllore finanziario e con i componenti del Comitato finanziario dell'Europol; può infine promuovere, informandone i Presidenti delle Camere, incontri con le competenti Commissioni del Parlamento europeo ovvero con i suoi singoli componenti.

Capitolo II
L'Unità Nazionale italiana Europol (UNE)

1. La struttura

L'unità nazionale Europol è l'unico organo di collegamento tra Europol e le strutture italiane di polizia, nonché l'unico titolare della gestione dei flussi informativi dall'Europol ai servizi sul territorio, e da questi all'Europol.
L'UNE è un organismo interforze, alla cui direzione si alternano a rotazione un dirigente della Polizia di Stato, un ufficiale equiparato dell'Arma dei Carabinieri o uno del corpo della Guardia di Finanza. È articolata in sezioni, dirette da funzionari di Polizia o da ufficiali dell'Arma dei Carabinieri e della Guardia di Finanza, nel grado non


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superiore a tenente colonnello e composte da personale appartenente a tali forze di polizia di qualifica e gradi non direttivi.
L'UNE, istituita con decreto interministeriale il 21 febbraio 1996, aveva in origine una consistenza organica di: 1 dirigente, 3 funzionari/ufficiali, 3 unità di segreteria e 5 operatori, di cui 2 aggregati da altri organismi di polizia. Sin dal suo inizio dispone di 3 ufficiali di collegamento distaccati all'Aja. L'attuale organico è stato incrementato di 4 unità per il quadro degli operatori e di altre 2 per la segreteria.
A seguito del decreto interministeriale 25 ottobre 2000, che ha riordinato la Direzione centrale della Polizia criminale, è stato istituito un apposito Servizio per la Cooperazione internazionale di Polizia, costituito con la fusione in un unico contesto strutturale delle attività del Servizio INTERPOL, dell'UNE e della Divisione S.I.R.E.N.E. Con tale assetto si è voluto assicurare il collegamento con gli organismi internazionali di riferimento e con le diverse forze di polizia italiana, operando il Servizio come «cerniera» con tutte le Amministrazioni a vario titolo impegnate nella cooperazione internazionale (Ministero della Giustizia, Ministero degli Affari Esteri, etc.).

2. I referenti nazionali

L'UNE dialoga, per i reciproci flussi informativi e le attivazioni, oltre che con Europol, tramite i suoi ufficiali di collegamento, con i cosiddetti referenti nazionali che sono il Comando Generale dell'Arma dei Carabinieri, il Comando Generale della Guardia di Finanza, il Servizio centrale operativo della Polizia di Stato, la Direzione centrale per i Servizi antidroga e la Direzione Investigativa Antimafia. Ai referenti è assegnata una competenza principale ma non esclusiva, in ragione dell'attivazione delle competenze per materia, attraverso «il principio della reciprocità informativa e circolarità delle informazioni».
Non tutti i settori del mandato Europol trovano rispondenza nella assegnazione a un referente, soprattutto dopo l'ampliamento delle competenze a cui non è corrisposta alcuna ripartizione.
In linea di massima sono dunque competenti:
Polizia di Stato, per l'immigrazione clandestina, la tratta degli esseri umani, il traffico di autoveicoli rubati, il terrorismo (unitamente all'Arma dei Carabinieri);
Arma dei Carabinieri, per il traffico di materiale nucleare e radioattivo, il terrorismo e la contraffazione monetaria;
Corpo della Guardia di Finanza, per il riciclaggio del denaro ed altri reati finanziari;
Direzione centrale per i servizi antidroga, per il traffico delle sostanze stupefacenti;
Direzione Investigativa Antimafia, per la criminalità organizzata di tipo mafioso.


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3. I progetti operativi

Come sottolineato dal Generale dei Carabinieri Antonio Gagliardo, attuale Direttore dell'UNE, merita sottolineare la costante crescita della centralità del ruolo dell'UNE per lo sviluppo di progetti operativi con supporto d'analisi.
A questo proposito, il Comandante Generale dell'Arma dei Carabinieri, generale Guido Bellini ha ricordato nel corso dell'audizione tenuta dinanzi al Comitato, il progetto operativo denominato Girasole condotto dai Carabinieri del ROS, e riferito ad una rete criminale agente nella tratta di giovani donne provenienti dall'est europeo e finalizzata allo sfruttamento della prostituzione, che è stato guidato dall'Italia coadiuvata dall'impegno di molti paesi. L'operazione ha condotto all'emissione di 89 ordini di arresto. Tra le operazioni più recenti promosse dalla Presidenza spagnola nel settore dell'immigrazione clandestina, sono state segnalate anche quelle denominate RIO I e RIO II, condotte dal Servizio immigrazione della Polizia di Stato e relative ad una attività di monitoraggio nell'ambito aeroportuale dell'Unione europea.

4. L'attività di analisi

I soggetti auditi hanno peraltro identificato alcuni elementi che hanno rallentato lo sviluppo dell'attività di analisi, che costituisce una delle peculiarità istituzionali dell'Europol. Nel passato l'insufficiente raccolta, trasmissione ed immissione di dati ha causato una sorta di «asfissia informativa». Attualmente il volume dello scambio informativo appare in crescita, ma da più parti è stata lamentata la mancanza di una consolidata cultura di operatività congiunta in grado di condividere senza riserve il dato investigativo, ed è stata altresì sottolineata la necessità di una maggiore sensibilizzazione verso una «cultura dell'utilità del dato e della sua condivisione».
Una delle cause di refrattarietà più ricorrente nell'alimentazione dell'attività dei gruppi di analisi sembra essere originata dall'imposizione del segreto istruttorio e dalla conseguente mancata o ritardata autorizzazione delle autorità giudiziarie nazionali, che rende la stessa attività d'analisi povera d'informazioni o con apporto informativo di dati freddi.
Come emerso nel corso dell'audizione tenuta dal Ministro dell'Interno, onorevole Giuseppe Pisanu, dinanzi al Comitato, per quanto attiene allo scambio informativo tra unità nazionale e sede centrale dell'Europol, che ha riguardato in prevalenza i settori degli stupefacenti, dell'immigrazione, e del traffico di esseri umani, è stato rilevato che a fronte di una flessione della richiesta di informazioni registrata nel 2001 rispetto all'anno precedente, nel primo quadrimestre del 2002 si è verificato un significativo incremento di tali richieste. Lo stesso trend si è avuto per le richieste ricevute dalla sede centrale dell'Europol.
Il rappresentante dell'UNE ha inoltre sottolineato la necessità di migliorare le forme di collaborazione istituzionale nello scambio delle


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informazioni tra le unità nazionali dei singoli Stati membri, auspicando che vengano fissati criteri comuni relativamente alla discrezionalità, alla riservatezza e alla condivisione dei dati.
In termini di risultati e relativamente al profilo della operatività, come sottolineato dal Capo della Polizia, prefetto Giovanni De Gennaro, nel corso dell'audizione tenuta dinanzi al Comitato, alla data del 30 ottobre 2002 risultano essere stati immessi nel sistema 8.897 files informativi, relativi a dati riferiti a persone, eventi o elementi patrimoniali. Alla stessa data sono pervenute 8.630 risposte a richieste di informazioni inoltrate al sistema centrale, così come sono state compiute 51 operazioni di polizia alle quali ha partecipato l'Unità nazionale Europol.

Capitolo III
Ampliamento del mandato Europol

A seguito delle decisioni del Consiglio dei ministri GAI del 6 dicembre 2001, il mandato dell'Europol è stato esteso dal 1 gennaio 2002 a tutte le forme del crimine organizzato internazionale indicate nell'allegato alla convenzione. Inoltre, in seguito agli attacchi terroristici dell'11 settembre 2001, una sessione speciale del Consiglio GAI ha istituito in seno all'Europol, per un periodo di sei mesi, rinnovabili, una squadra di specialisti nella lotta al terrorismo. Pertanto gli Stati membri sono stati invitati a designare ufficiali di collegamento provenienti dai servizi di polizia e dai servizi di informazione specializzati in materia.
Ciò nonostante, nel corso dell'indagine conoscitiva è stato più volte sottolineato come l'ampliamento delle competenze dell'Europol appaia ancora un obiettivo da perseguire, anche perché la criminalità organizzata sembra reagire rapidamente ai cambiamenti delle «condizioni di mercato» spostandosi verso nuovi settori criminali e traendo vantaggio dalle condizioni di libera circolazione delle persone, dei beni e dei capitali all'interno dell'Unione. Tale circolarità criminosa presuppone pertanto una risposta coerente ed immediata a livello europeo.

1. Sviluppo delle attività info-investigative

Un progresso rilevante in tale direzione è stato sicuramente raggiunto grazie ad un Atto del Consiglio del 28 novembre 2002 che stabilisce un protocollo recante modifica della convenzione che istituisce un Ufficio europeo di polizia (convenzione Europol) e del protocollo relativo ai privilegi e alle immunità dell'Europol, dei membri e dei suoi organi, dei suoi vicedirettori e agenti Il protocollo, che sarà adottato dagli Stati membri secondo le rispettive norme costituzionali, prevede che Europol possa richiedere alle autorità competenti degli Stati membri di avviare, svolgere o coordinare indagini penali in casi specifici. Qualora le autorità competenti decidano di non dar


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seguito alla richiesta, esse informano Europol della loro decisione a meno che questa non sia riservata per motivi collegati alla sicurezza nazionale o al buon esito di altre indagini in corso.
Il protocollo prevede anche l'inserimento nella convenzione di un articolo relativo alla partecipazione, con funzioni di supporto, degli agenti dell'Europol alle squadre investigative comuni, comprese quelle istituite a norma dell'articolo 1 della decisione quadro del Consiglio del 13 giugno 2002, relativa alle squadre investigative comuni, ovvero ai sensi dell'articolo 13 della convenzione del 29 maggio 2002, relativa all'assistenza giudiziaria in materia penale tra gli Stati membri dell'Unione europea, nella misura in cui tali squadre indagano su reati che rientrano nella competenza dell'Europol. Tale partecipazione, sotto il profilo amministrativo, sarà attuata in base a un accordo tra il direttore dell'Europol e le autorità competenti degli Stati membri che costituiscono la squadra, con il coinvolgimento delle unità nazionali.

2. I nuovi modelli operativi

2.1 Gli accordi
Per quanto riguarda gli accordi in materia di cooperazione di polizia tra Europol e paesi terzi, un risultato di rilievo è stato di recente ottenuto con l'accordo di cooperazione siglato tra Europol e gli Stati Uniti d'America nei settori di lotta alla criminalità organizzata e al terrorismo.
D'altra parte la lotta al terrorismo può essere intrapresa solo attraverso accordi politici, strategici ed operativi da avviare con tutti i paesi. È auspicabile pertanto una sempre maggiore estensione degli ambiti di cooperazione, in quanto essi presentano i vantaggi della reciprocità e della circolarità informativa che sono alla base delle attività investigative su scala internazionale.
In vista dell'allargamento dell'UE, occorrerà inoltre prevedere, prima della data d'ingresso dei paesi candidati, un piano di cooperazione internazionale in materia di polizia, coordinato dall'Europol.

2.2 I tavoli di lavoro
Il ricorso a «tavoli di lavoro» dedicati alla condivisione dei dati significativi in possesso delle Forze di Polizia degli Stati membri, potrebbe essere uno strumento operativo atto ad agevolare il processo di interscambio di informazioni, come ha recentemente dimostrato l'attivazione di un tavolo tecnico nell'ambito dell'Operazione denominata Girasole II, condotta dal ROS in collaborazione con Europol. Sostanzialmente, sotto la guida del ROS, titolare dell'inchiesta, hanno lavorato attorno ad un tavolo tecnico magistrati e forze di polizia appartenenti a 14 diversi Paesi. Ciò ha consentito di sviluppare in tempo reale attività info-investigative e, in un momento successivo, l'azione della polizia giudiziaria attivando le forze di polizia e la


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magistratura di ciascun Paese nel rispetto delle procedure e delle regole previste in ogni singolo Stato.
Tale modalità operativa ha avuto il pregio di realizzare all'interno dell'Europol un momento comune ove analizzare i dati acquisiti e concordare le ulteriori linee di azione, anticipando la costituzione delle cd. squadre miste investigative, composte, in base all'articolo 30 del Trattato dell'Unione Europea, da specialisti dell'Europol e delle Forze di Polizia nazionali. Tuttavia se da una parte lo sviluppo di questo progetto operativo ha consentito di mantenere costantemente aggiornato il quadro generale delle attività investigative in corso, adottando di conseguenza soluzioni operative efficaci e tempestive, dall'altra ha presentato alcuni momenti di criticità, a causa del ritardo con cui gli Stati spesso hanno risposto alle richieste di informazioni avanzate dal ROS.

Capitolo IV
Modifica della convenzione Europol

1. Limiti dello strumento giuridico

L'estensione delle competenze dell'Europol a tutte le forme gravi di criminalità enunciate nella convenzione istitutiva e il bisogno di un'azione di polizia immediata ed efficace a livello europeo, suggeriscono di riformare la convenzione Europol, rendendola idonea a rispondere in modo flessibile e rapido alle aspettative di sicurezza dei cittadini e alle richieste di efficacia dei governi.
Tuttavia, l'obbligo del ricorso allo strumento della ratifica parlamentare da parte di tutti gli Stati membri, rappresenta un limite oggettivo comune a tutte le proposte di modifica finora avanzate. Tali proposte devono inoltre tenere conto della necessità di introdurre un nuovo metodo di valutazione sul futuro dell'Europol anche in vista dell'allargamento dell'UE nonché della possibilità di realizzare un efficace coordinamento tra le banche dati esistenti. Del resto molte delle convenzioni vigenti riflettono esigenze degli Stati membri legate ad un epoca storica, quella degli anni '80 e '90, ove le organizzazioni criminali erano sostanzialmente nazionali con alcune proiezioni fuori confine. Oggi il panorama è radicalmente cambiato, il crimine è un fenomeno ormai globalizzato: occorre dunque adeguarsi globalizzando gli strumenti per la lotta al crimine.
D'altra parte la natura degli strumenti giuridici utilizzati e delle procedure esistenti, proprie del «terzo pilastro», non appare più adeguata alla luce delle conclusioni della riunione straordinaria del Consiglio europeo di Tampere «Giustizia e Affari interni» dell'ottobre 1999 e dopo gli avvenimenti dell'11 settembre 2001.
Se da una parte si rileva che le convenzioni vengono sempre meno utilizzate a causa del procedimento macchinoso previsto per l'entrata in vigore o la loro modifica, e come l'obbligo del principio dell'unanimità del Consiglio dell'Unione europea per l'adozione di gran parte delle decisioni di terzo pilastro causi un'eccessiva lentezza del processo


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decisionale, dall'altra spesso le «decisioni quadro» e le «decisioni» non producono effetti diretti.
Tali problematiche sono allo studio della Convenzione Europea e al riguardo sono state espresse diverse prospettive di riforma tra cui quella relativa alla comunitarizzazione del terzo pilastro attraverso una ridefinizione dell'aspetto esterno dello spazio di libertà, sicurezza e giustizia e degli accordi internazionali a questo correlati.

Capitolo V
Controllo democratico

1. La situazione attuale

Sulla base dell'azione che i Parlamenti nazionali possono svolgere nei confronti dei rappresentanti nazionali componenti il consiglio d'amministrazione e del ruolo che il Parlamento europeo svolge in base all'articolo 34 della convenzione nei confronti dell'attività dell'Europol, si può affermare che oggi il controllo può essere considerato, nella fase attuale di sviluppo della nuova struttura, sufficiente ed adeguato, ma molto frammentario.
È d'altra parte vero che oggi si è anche ampliato il campo di esame dell'Europol rispetto alle forme di criminalità, sulla base della già richiamata decisione del Consiglio dell'Unione europea dei Ministri GAI del 6 dicembre 2001, per cui tutti i reati inclusi nell'allegato dell'Europol rientrano nelle competenze della struttura di controllo europeo. Occorre dunque trovare un equilibrio tra un livello adeguato di controllo parlamentare e la segretezza e la libertà di azione di cui un'organizzazione quale Europol deve disporre per combattere un settore altamente sensibile della lotta contro la criminalità organizzata.
La responsabilità di orientare e vigilare sull'Europol è affidata in prima istanza al consiglio di amministrazione, composto come già detto, dai rappresentanti degli Stati membri. Il consiglio di amministrazione ha come referente il Consiglio dell'Unione europea GAI, i cui membri sono a loro volta sottoposti al controllo dei parlamenti nazionali, in accordo con le legislazioni nazionali.
La convenzione Europol dispone inoltre che la presidenza del Consiglio dell'Unione europea invii annualmente al Parlamento una relazione speciale sui lavori svolti dall'Europol.
Le disposizioni del Trattato di Amsterdam, hanno potenziato il ruolo del Parlamento europeo, l'articolo 41 ha inoltre stabilito che alcuni articoli del Trattato istitutivo della Comunità europea si applichino anche alle disposizioni concernenti la cooperazione di polizia e giudiziaria in materia penale. Tra gli articoli citati vi è il 195 che dispone che il mediatore, nominato dal Parlamento europeo, sia competente per le azioni condotte dalle istituzioni o dagli organi comunitari nell'ambito del terzo pilastro. Il mediatore è stato dunque legittimato a ricevere le denunce riguardanti possibili casi di cattiva amministrazione relativi all'operato dell'Europol.


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Quanto alle modalità di realizzazione di un controllo democratico efficace ed adeguato, nel corso della prima conferenza interparlamentare sull'Europol dell'Unione europea tenutasi all'Aja il 7 e 8 giugno 2001, i deputati nazionali e gli eurodeputati competenti in materia di giustizia ed affari interni, hanno potuto scambiare le loro opinioni al riguardo, giungendo alla conclusione che i Parlamenti nazionali non sono in grado di organizzare, presi singolarmente, una vigilanza sufficiente sulle decisioni del Consiglio dell'Unione europea in materia di polizia e dell'Europol. Pertanto occorrerebbe costituire una rete di collegamento tra i deputati nazionali e gli eurodeputati competenti in materia.

2. La comunicazione della Commissione europea

In merito al controllo democratico dell'Europol si sono peraltro espressi sia la Commissione europea che il Parlamento europeo.
La comunicazione della Commissione al Parlamento europeo e al Consiglio dell'Unione europea sul controllo democratico dell'Europol del 26 febbraio 2002 ha rilevato che il sistema di controllo dell'Europol non può essere considerato, da un punto di vista giuridico, insufficiente.
Ma se da una parte i poteri assegnati a questa istituzione sono ancora limitati rispetto a quelli delle polizie nazionali, dall'altra i poteri di controllo propri dei singoli Parlamenti nazionali vengono esercitati in modo non sempre chiaro e trasparente.
Individuata la principale causa della inefficienza dell'attuale sistema di controllo dell'Europol nella mancanza di un sistema istituzionalizzato e regolare di scambio di informazioni fra i membri competenti dei Parlamenti nazionali e del Parlamento europeo, la Commissione ha proposto di apportare alcune modifiche alla convenzione.
In tal senso, ha ritenuto che la creazione di una Commissione mista composta dai membri delle Commissioni dei Parlamenti nazionali e del Parlamento europeo competenti in materia di polizia, possa costituire un meccanismo in grado di facilitare il collegamento tra i singoli parlamenti nazionali ed il Parlamento europeo, nel rispetto del principio della rappresentatività e della efficacia.

3. La raccomandazione del Parlamento europeo

Il Parlamento europeo, nella raccomandazione al Consiglio dell'Unione europea sul futuro sviluppo dell'Europol e la sua integrazione a pieno titolo nel sistema istituzionale dell'Unione Europea, nel testo approvato il 30 maggio 2002, ha chiesto al Consiglio dell'Unione europea di rafforzare il potere democratico di controllo del Parlamento Europeo sull'Europol sollecitando a tal fine l'adozione di:
disposizioni recanti modifica della convenzione Europol che prevedano un unico rapporto di attività annuale trasmesso sia al


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Consiglio dell'Unione europea che al Parlamento europeo, al quale dovrebbe essere inoltre attribuito il diritto formale di avere uno scambio di opinioni con la Presidenza del Consiglio dell'Unione europea in merito al rapporto stesso;
disposizione recante modifica della convenzione Europol che preveda la riforma del consiglio di amministrazione dell'Europol affinché questo sia composto oltre che da un rappresentante di ciascuno Stato membro, anche da due rappresentanti della Commissione e da due del Parlamento europeo;
disposizione recante modifica della convenzione Europol che preveda che il Parlamento europeo sia coinvolto assieme al Consiglio dell'Unione europea nella procedura di nomina e rimozione del Direttore dell'Europol.

4. Ipotesi di realizzazione

Per realizzare un efficace controllo democratico dell'Europol da parte del Parlamento europeo e dei Parlamenti nazionali occorre, dunque, un controllo più diretto.
In particolare si potrebbe considerare l'opportunità che non solo il Direttore dell'Europol venga sentito dal Parlamento europeo, ma anche, se invitati, i membri del consiglio di amministrazione e/o il suo Presidente di turno.
A livello nazionale potrebbe inoltre rivelarsi di particolare interesse l'istituzionalizzazione di un meccanismo di comunicazione tra il Comitato parlamentare Europol ed il membro nazionale del consiglio di amministrazione.

Capitolo VI
Sistema Informatizzato Europol e protezione dei dati

1. Il sistema informatizzato Europol

Il quadro normativo delineato dalla convenzione Europol prevede che l'Ufficio europeo di polizia agevoli lo scambio di informazioni tra gli Stati membri, fornisca analisi strategiche ed operative a sostegno degli Stati dell'Unione, metta a disposizione le proprie competenze ed il supporto tecnico necessario ai fini delle indagini e delle operazioni compiute dalle Forze di Polizia nazionali sotto la guida e la responsabilità giuridica dello Stato membro.
Per svolgere le sue funzioni la convenzione dispone inoltre che Europol istituisca e gestisca un sistema di informazione informatizzato per consentire l'inserimento, l'accesso e l'analisi dei dati.
Il sistema informatizzato Europol (TECS) si articola in tre sottosistemi: il sistema di informazioni, gli archivi operativi d'analisi ed il sistema indice.
Attualmente i sistemi di analisi e di indice sono parzialmente attivi, mentre quello di informazione (EIS), fulcro e il cuore dell'intero sistema, registra notevoli ritardi.


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I lavori per la costruzione del sistema di informazioni Europol (EIS) sono stati divisi in fasi progressive di realizzazione.
La prima fase è stata centrata esclusivamente sulla memorizzazione dei dati concernenti la contraffazione dell'euro (cd. Versione 0) e prevedeva la consegna entro il 31 dicembre 2001.
La seconda fase (cd. Versione1), diretta alla realizzazione del rimanente sistema che dovrà raccogliere i dati relativi a tutte le materie di competenza dell'Europol con l'utilizzo di un software di traduzione automatica multilingue costruito ad hoc, avrebbe dovuto essere consegnata il 31 dicembre 2002, ma a causa del fallimento di una delle società del consorzio (Sail labs - tedesca), deputata a curare l'aspetto linguistico, il rispetto dei termini fissato è decaduto.
Dopo diversi incontri dei gruppi tecnici, il consiglio di amministrazione dell'Europol, preso atto dei ritardi della fase 1 e dell'impossibilità di mantenere la data del 31 dicembre 2002 per la consegna dell'intero Sistema, ha approvato la nuova strategia e pianificazione dei lavori. Su iniziativa italiana è stata fissata la consegna della Versione0 per l'anno in corso mentre la consegna della versione V1 è stata scaglionata in ulteriori passaggi: il primo (V1.1) prevede la consegna del sistema in lingua inglese con il supporto di un prodotto di traduzione commerciale per il 30 giugno 2003.
Si è poi concordato che, qualora il prodotto consegnato nella data indicata sarà giudicato buono, si potrà procedere all'avvio della successiva fase (V1.2), con la firma di nuove clausole contrattuali con lo stesso Consorzio, per la fornitura del Sistema multilingue.

2. Gli organi preposti alla protezione dei dati

La convenzione Europol dedica un amplissimo spazio alla protezione delle persone con riguardo al trattamento delle loro informazioni personali ponendosi così come esempio della possibilità e del relativo obbligo di svolgere efficaci indagini contro la criminalità pur mantenendo un elevato livello di garanzie per la protezione dei diritti fondamentali della persona.
La responsabilità per la protezione dei dati conservati presso Europol incombe, a norma dell'articolo 23 della convenzione, da una parte allo Stato membro che ha introdotto o trasmesso i dati e dall'altra all'Europol per i dati che sono stati trasmessi da terzi o che rappresentano il risultato di attività di analisi dell'Europol. Il consiglio di amministrazione infatti provvede alla preparazione delle norme di applicazione sugli archivi e approva le decisioni costitutive degli stessi.
Europol inoltre è tenuto a memorizzare i dati in modo che sia possibile individuare gli Stati membri o i terzi che li hanno trasmessi oppure accertare se essi rappresentano il risultato dell'analisi dell'Europol.
Per quanto attiene agli organi preposti alla protezione dei dati la convenzione ha previsto una tutela articolata su due livelli: nazionale e sovranazionale, con un rapporto di stretto collegamento fra autorità nazionali di garanzia (per l'Italia è stato designato il Garante per la


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protezione dei dati personali) e l'Autorità di controllo comune Schengen (ACC) prevista dall'articolo 24 della convenzione Schengen.
L'ACC, composta da rappresentanti di ciascuna delle autorità di controllo nazionali, vigila sull'attività dell'Europol per accertarsi che la memorizzazione, il trattamento e l'utilizzazione dei dati contenuti non ledano i diritti delle persone e controlla altresì la legittimità della trasmissione dei dati provenienti dall'Europol. In accordo con l'articolo 24, paragrafo 6, della convenzione, l'ACC redige periodicamente relazioni di attività che trasmette al Consiglio dell'Unione europea. Dal dicembre 2001 è stato nominato Presidente dell'Autorità di Controllo Schengen il dottor Giovanni Buttarelli.
Sempre in materia di protezione dei dati, le regole sull'uso e la trasmissione dei dati dall'Europol a Stati e organismi terzi sono fissati sia dalla convenzione che da atti complementari del Consiglio dell'Unione europea. A questo proposito si rilevano accordi di cooperazione con l'Interpol, la Banca centrale europea e l'Osservatorio europeo delle droghe, per quanto riguarda gli organismi. Sono stati inoltre sottoscritti accordi con la Norvegia e l'Islanda, nonché con alcuni paesi candidati dell'Unione (Polonia, Ungheria, Estonia e Slovenia), che prevedono la possibilità di scambiare dati personali. È infine del dicembre 2002 la firma dell'accordo tra Europol e gli Stati Uniti sullo scambio di dati personali.

3. Verifiche e ricorsi

A livello nazionale, chiunque ha il diritto di chiedere all'autorità di controllo nazionale di verificare la legittimità dell'introduzione e della trasmissione dei dati che lo riguardano all'Europol, nonché della consultazione dei dati da parte del rispettivo Stato membro. Il diritto di accedere ai dati o di farli verificare viene esercitato nel rispetto della legislazione in materia dello Stato membro alla cui autorità nazionale di controllo la richiesta è stata rivolta.
Il ricorso può essere altresì presentato dinanzi all'autorità di controllo comune. Nel caso questa costati violazioni alle disposizioni in materia contenute nella convenzione Europol, può inviare le proprie osservazioni in merito al direttore dell'Europol richiedendo una risposta entro un termine stabilito dalla stessa ACC. Al fine inoltre di garantire l'esercizio di tali diritti e seguendo il disposto della convenzione, è stata costituito in seno all'autorità un comitato composto di un membro di ciascuna delegazione nazionale, che dispone di un voto deliberativo. Le decisioni adottate in tale ambito sono definitive nei confronti di tutte le parti in causa.

4. Archivi di analisi

L'Autorità di Controllo Comune è fra l'altro chiamata ad esprimere il proprio parere preventivo in merito all'apertura degli archivi di


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analisi costituiti con lo scopo di venire in aiuto all'indagine criminale (articolo 10 della convenzione), e può formulare al consiglio di amministrazione dell'Europol le osservazioni in materia che reputa necessarie. Come disposto dall'articolo 12 della convenzione, per motivi d'urgenza, il direttore può, con decisione motivata, costituire direttamente un nuovo archivio, dando inizio alla procedura autorizzatoria.
Per la comunicazione dell'apertura di nuovi archivi di analisi viene utilizzato un modello standard che consente un efficace controllo delle diverse categorie di informazioni personali utilizzate in riferimento alle diverse categorie di persone (sospettati, complici, vittime, ecc.) garantendo un rapido ed efficace riscontro da parte dell'ACC.
Risultano operativi al momento venti archivi di analisi.

Capitolo VII
Gestione ed operatività dei sistemi informativi in materia di giustizia ed affari interni

1. Accesso e interazione tra banche dati

Tutti i soggetti auditi hanno espresso la convinzione che le basi informative previste per le finalità di polizia e di giustizia possano essere oggetto di una più armonica utilizzazione, interazione o interconnessione a seconda dei casi.
L'idea di utilizzare i dati contenuti nel Sistema d'informazione Schengen (SIS) per scopi diversi da quelli inizialmente previsti dalla convenzione Schengen appare largamente condivisa.
Il Sistema di informazione Schengen (SIS) è un sistema statico hit-no-hit; tutte le informazioni supplementari relative al dato vengono infatti scambiate attraverso gli uffici Sirene.
Il regolamento (CE) n. 2424/2001 del Consiglio, del 6 dicembre 2001 sullo sviluppo del Sistema d'informazione Schengen di seconda generazione (SIS II), reso tra l'altro necessario per consentire l'integrazione dei paesi candidati, tiene conto dell'opportunità di migliorare l'attuale sistema consentendone l'accesso ampliato per le autorità che rilasciano titoli di soggiorno, per Europol relativamente ai dati SIS che gli sono necessari per adempiere il suo mandato e per i membri nazionali Eurojust.
Diviene opportuno sottolineare a questo punto la diversità tra l'accesso e l'interazione tra banche dati. L'accesso consente di interrogare una banca dati per conoscere se un dato è ivi esistente o meno, mentre l'interazione consente una navigazione tra banche dati permettendo all'operatore di acquisire maggiori informazioni.
Oggi i lavori relativi agli sviluppi degli archivi informativi a sostegno della cooperazione di polizia e giudiziaria, sono limitati all'accesso, anche perché le possibilità di interazione richiedono modifiche radicali degli strumenti normativi che costituiscono la base normativo-applicativa di tale tipo di collaborazione.


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2. Il ruolo dell'Autorità di Controllo Comune (ACC)

L'ACC in uno studio di fattibilità ha sottolineato come tali basi di dati, nate in periodi diversi e per finalità diverse, abbiano basi normative per la protezione dei dati non omogenee, con disparità di tutela per i diritti degli interessati. La possibilità di intreccio e scambio delle informazioni risulta inoltre problematica dal momento che ciascuna convenzione di riferimento reca delle limitazioni all'utilizzo delle informazioni per certi scopi piuttosto che per altri. È stata inoltre rilevata l'esistenza di disarmonie a livello nazionale per quanto riguarda l'intreccio tra i database comuni e quelli di polizia o giustizia. Risulta infine problematica l'apertura dell'accesso al SIS da parte di chi esercita il controllo dell'indagine penale, poiché il concetto di sorveglianza giudiziaria, legato alla figura del pubblico ministero, è disciplinata disomogeneamente in ciascun Stato membro. La possibilità di intervenire attraverso modifiche «chirurgiche» che non tocchino l'impianto generale risulta quindi assai problematica se non accompagnata da un lavoro sull'articolazione dei pilastri.
Tale percorso presenta notevoli difficoltà concettuali e gestionali; l'occasione immediata è data dalle due iniziative del Regno di Spagna in cui si ipotizzano, con basi giuridiche diverse, concorrenti modifiche alla convenzione Schengen per quanto riguarda una serie di innesti di nuove tipologie di dati (dati dinamici) e si prevede l'accesso dell'Europol e di Eurojust ad alcuni database del Sistema d'informazione Schengen.
Il 4 dicembre la Commissione per le libertà e i diritti dei cittadini, la giustizia e gli affari interni ha depositato la Relazione sulle Iniziative del Regno di Spagna per l'adozione di una decisione e di un regolamento del Consiglio relativi all'introduzione di alcune nuove funzioni del sistema d'informazione Schengen in particolare nella lotta al terrorismo (A5-0436/2002). In tale Relazione viene illustrata la posizione del Parlamento europeo e gli emendamenti da questo apportati alle iniziative del Regno di Spagna, e contestualmente, come di norma, viene invitato il Consiglio a modificarle di conseguenza, informando il Parlamento ove intenda discostarsi dal testo approvato dallo stesso.
Gli emendamenti accolgono i rilievi esposti dal presidente dell'Autorità di controllo comune Schengen, Dottor Giovanni Buttarelli, nel corso dell'audizione tenuta innanzi al Comitato il 9 ottobre 2002. Il relatore Carlos Coelho ha sottolineato la necessità di fondere in una sola banca dati la base Schengen, quella Europol e quella doganale al fine di evitare duplicazioni, razionalizzando le risorse e di conseguenza migliorandone la precisione.
Tale banca dati comune dovrebbe quindi essere messa a disposizione dei vari utenti che avrebbero accesso a parti diverse di essa (a tal fine dovrebbe essere modificata la convenzione Europol per eliminare il divieto di collegamento ad altri sistemi di trattamento automatizzato presente all'articolo 6, paragrafo 2). Il relatore ha sottolineato inoltre che i miglioramenti apportati alla versione attuale del SIS dovrebbero riflettere gli obiettivi del SIS II e, di conseguenza, essere concepiti nel quadro del processo di transizione al SIS II, la cui realizzazione è prevista per il 2006.


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Gli emendamenti apportati dal Parlamento europeo sono stati dettati dalla necessità di garantire il diritto alla riservatezza e alla tutela dei dati personali tramite l'istituzione di una griglia di controlli ed autorizzazioni preventive all'accesso di nuove categorie di utenti. Per questo, seppure viene riconosciuto all'Europol il diritto di esaminare e consultare i dati inseriti nel SIS, ciò sarà possibile solo a condizione che l'Autorità di controllo comune Schengen fornisca una valutazione positiva al riguardo e a condizione che Europol consulti i dati esclusivamente ai fini prestabiliti adempiendo i requisiti in materia di protezione dei dati. Europol dovrà inoltre registrare, per ogni interrogazione, l'informazione richiesta e non potrà copiare i dati, o collegare le parti del sistema d'informazione Schengen cui ha accesso a sistemi informatici di raccolta ad opera dell'Europol stessa, né potrà scaricare parti del sistema o trasferire dati a nessun paese o organismo terzo.
L'Autorità di controllo comune Schengen dovrà inoltre valutare la legittimità delle attività dell'Europol nell'esercizio del suo diritto ad accedere e a consultare i dati inseriti nel sistema d'informazione Schengen, e, soddisfacendo l'esigenza di un maggiore controllo democratico, dovrà elaborare ogni anno una relazione di valutazione circa il rispetto delle condizioni summenzionate, trasmettendo la stessa al Parlamento europeo.

3. Il sistema comune di scambio dati in materia di visti (VIS)

In tale contesto si inserisce il progetto per la creazione di un «sistema comune di scambio di dati in materia di visti (VIS)» finalizzato al miglioramento dell'informazione reciproca degli Stati membri negli uffici consolari e ai valichi di frontiera in merito alle domande di visto e al relativo trattamento di queste. La Commissione preparerà al riguardo uno studio di fattibilità entro il marzo 2003.
Nel documento preparatorio relativo agli orientamenti, il Consiglio dell'Unione europea ha previsto che la struttura della nuova banca dati dovrà essere simile a quella dell'attuale Sistema di informazione Schengen, tenendo conto anche dell'evoluzione del SIS II, allo scopo di creare le sinergie atte a trarre il massimo profitto dalle risorse umane e finanziarie impiegate a tal fine. Nel progetto preparatorio si prevede che l'accesso al VIS sarà concesso oltre che a tutti i funzionari autorizzati ad espletare le diverse formalità nell'ambito della procedura di rilascio dei visti anche ai funzionari e agli organismi collegati con i servizi di controllo delle frontiere, ai servizi di polizia e a quelli di immigrazione sia pure limitandolo alla mera consultazione.

Capitolo VIII
Nuove forme di cooperazione di polizia nel contrasto alla criminalità transnazionale

1. Le squadre investigative comuni

Il Consiglio dell'Unione europea ha adottato, il 13 giugno 2002, una decisione-quadro relativa alle squadre investigative comuni per lo


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svolgimento di indagini penali. Come già ricordato, in sede di Consiglio GAI, il 27 e 28 novembre 2002 è stato successivamente deliberato un protocollo recante modifica della convenzione istitutiva Europol e del protocollo relativo ai privilegi e alle immunità dell'Europol, con la previsione di integrare le squadre investigative comuni con funzionari dell'Europol.
I percorsi di collaborazione ipotizzati dall'istituzione delle squadre investigative comuni prefigurano un panorama fortemente innovativo. La prospettiva di indagini comuni e congiunte compiute da paesi diversi sottintende infatti che esse debbano essere valide ed efficaci per le autorità giudiziarie di tutti i paesi che vi partecipano.
Per la costituzione delle squadre investigative miste sono previste specifiche condizioni:
indagini originate da inchieste complesse e di notevole portata condotte da uno Stato membro ma che abbiano ricadute in altri paesi facenti parte dell'Unione europea;
indagini su reati che esigano un'azione coordinata alla quale partecipino più Stati membri.
Le squadre investigative comuni saranno dirette da un rappresentante dell'autorità competente dello Stato membro nel cui territorio la squadra interviene ed opereranno in conformità del diritto dello Stato membro in cui è previsto l'intervento.
Le squadre potranno essere costituite solo con l'accordo reciproco degli Stati interessati, per uno scopo determinato e per una durata limitata, prorogabile solo con l'accordo di tutte le parti.
Come rilevato dal Capo della polizia Giovanni De Gennaro, nel corso dell'audizione tenuta dinanzi al Comitato, sebbene la decisione quadro rappresenti già uno strumento avanzato di determinazione del sistema giuridico comune europeo in materia di affari interni e giustizia, essa richiede uno strumento nazionale di attuazione, rappresentato per l'Italia dal disegno di legge n. 2372 (Ratifica ed esecuzione della Convenzione relativa all'assistenza giudiziaria in materia penale tra gli Stati membri dell'Unione europea, fatta a Bruxelles il 29 maggio 2000, e norme di adeguamento all'ordinamento interno). Il provvedimento contiene le modifiche occorrenti al codice di procedura penale per attuare le squadre investigative comuni e per rendere giuridicamente efficaci i relativi atti di indagini nell'ambito del processo penale. Considerata la particolare natura della materia - atti investigativi destinati ad inserirsi nel processo penale - il disegno di legge prevede inoltre che l'ufficio del Procuratore della Repubblica rappresenti la parte italiana nelle richieste relative alla costituzione di una squadra investigativa mista e che si esprima in merito alle stesse richieste presentate dalle autorità competenti degli Stati esteri. Poiché l'iter parlamentare del disegno di legge non è ancora concluso, la decisione quadro sulle squadre investigative comuni non è ancora stata attuata, e queste si limitano ad operare nell'ambito propriamente informativo del diritto vigente.

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2. La Task-Force europea dei Capi di polizia

La Task Force operativa europea dei capi della polizia, convenuta dal Consiglio europeo straordinario di Tampere, ha il compito di scambiare, in cooperazione con Europol, esperienze, migliori prassi e informazioni sulle tendenze attuali della criminalità transnazionale e di contribuire alla predisposizione di azioni operative. Finora la Task Force ha tenuto sei riunioni. Nel corso dell'ultima riunione tenutasi a Copenaghen è stata fra l'altro presentata una relazione dell'Europol sulla situazione in materia di criminalità transnazionale in Europa. È stato altresì stabilito che la Task Force tenga una riunione nel corso di ogni Presidenza dell'UE e possano essere previste, di norma in cooperazione con Europol, riunioni di esperti. Per il momento la Task Force è un forum informale sotto l'autorità del Consiglio dell'Unione europea.

3. La gestione integrata delle frontiere

Nell'ambito della cooperazione internazionale, particolare rilievo assume il progetto di gestione integrata delle frontiere esterne degli Stati membri dell'Unione europea, a cui fecero riferimento per la prima volta le conclusioni del Consiglio europeo di Laeken del 14 e 15 dicembre 2001.
In tale occasioni il Consiglio europeo chiese al Consiglio e alla Commissione di definire i meccanismi di cooperazione tra i servizi incaricati dei controlli alle frontiere esterne e di studiare le condizioni per la creazione di un meccanismo o di servizi comuni di controllo delle frontiere esterne quale strumento capace di contribuire alla lotta contro il terrorismo, le organizzazioni d'immigrazione clandestina e la tratta degli esseri umani.
In tale contesto si inserisce la Comunicazione della Commissione al Consiglio e al Parlamento europeo «Verso una gestione integrata delle frontiere esterne degli Stati membri dell'Unione europea» del 7 maggio 2002. In occasione della Conferenza ministeriale di Roma del 30 maggio 2002 sono stati quindi presentati i risultati dello studio di fattibilità per la costituzione di una «polizia di frontiera europea» promosso dall'Italia e realizzato con il partenariato di Belgio, Francia, Germania e Spagna. Il documento, che ha il pregio di aver individuato un modello organizzativo immediatamente attuativo per la realizzazione di un insieme di obiettivi destinati a rendere più sicure le frontiere europee, ha raccolto unanime consenso ed ha fornito l'impianto preparatorio per il Piano per la gestione delle frontiere esterne degli Stati membri dell'Unione europea convenuto dal Consiglio GAI il 13 giugno 2002.
Le misure citate delineano un modello organizzativo-gestionale che consentirà di raggiungere una serie di obiettivi volti a rafforzare le frontiere esterne dell'Europa senza violare la sovranità nazionale degli Stati membri, prevedendo, fin dall'inizio, la partecipazione dei Paesi candidati in qualità di osservatori. Il Piano fra l'altro affida ad un gruppo di esperti, di cui fanno parte anche i componenti del gruppo


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di lavoro SCIFA (Strategic Committee for Immigration, Frontiers and Asylum) già costituito in seno al Consiglio dell'Unione europea e composto dai responsabili dei servizi degli Stati membri incaricati del controllo delle frontiere esterne, il compito di predisporre concreti progetti operativi.
Finora il gruppo di lavoro ha approvato 12 progetti tra i quali l'istituzione di un Centro aeroporti; l'elaborazione di un protocollo di addestramento comune in materia di polizia di frontiera; l'attuazione di un Operazione di alto impatto alle frontiere nonché un progetto di controllo delle frontiere marittime. L'Italia partecipa ad 11 dei 12 progetti, con esclusione di quello relativo al Centro di Dover.

3.1 Il controllo delle frontiere e l'immigrazione clandestina
Quanto al controllo delle frontiere, la particolare connotazione geografica dell'Italia, rende assai complessa un'efficace azione di contrasto dell'immigrazione clandestina.
In tale situazione può essere utile comparare l'Europa a un grande «condominio», apparendo così evidente che non sia solo compito di chi si trova al «pianterreno» di dover presidiare la sicurezza dei quattordici piani sovrastanti. Occorre pertanto ragionare in termini di cooperazione internazionale.
Il riferimento ad una polizia europea di frontiera assume dunque una valenza prioritaria in un'ottica di condivisione futura in cui gli 8 mila chilometri di coste del nostro Paese potranno essere considerate non solo frontiere italiane bensì europee. A questo riguardo sarebbe opportuno aumentare la previsione del contributo complessivo europeo destinato al controllo delle frontiere, attualmente inferiore all'impegno di spesa italiano.

3.2 Il ruolo di Europol nell'attività di controllo delle frontiere
Nella prospettiva del contrasto all'immigrazione clandestina Europol potrà assumere un ruolo particolarmente rilevante nell'attività di controllo delle frontiere.
In tale ambito è necessario riferirsi alla Proposta di piano globale per la lotta all'immigrazione clandestina e alla tratta degli esseri umani nell'Unione Europea nel quale si sottolinea la necessità di rafforzare il ruolo e le competenze dell'Europol specialmente per quanto riguarda l'individuazione e lo smantellamento delle reti criminali coinvolte nell'immigrazione clandestina.
A tal fine viene proposta l'elaborazione di una procedura per assicurare un sistema di comunicazione permanente tra Europol e gli Stati membri responsabili per la gestione delle frontiere esterne in grado di fornire informazioni pertinenti all'Europol, tramite le rispettive unità nazionali.
Tale sistema dovrebbe avere come obiettivo principale quello di garantire all'Europol tutta l'assistenza nella prevenzione, l'indagine e


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l'analisi dei reati specifici, nonché la condivisione e il trattamento di tutte le informazioni acquisite dall'Europol al riguardo.

Capitolo IX
La cooperazione di polizia e quella giudiziaria in materia penale dopo il Trattato di Amsterdam

1. L'integrazione europea e i trattati

L'integrazione europea è stata talvolta paragonata ad una costruzione a formazione progressiva, ovvero ad uno schema dinamico periodicamente aggiornato dagli Stati mediante nuovi e successivi accordi internazionali.
In tale prospettiva accanto ai tre Trattati istitutivi (il Trattato CECA del 1950 e quelli CEE ed EURATOM del 1957, che costituiscono la base giuridica fondante dello spazio comune europeo), trova posto l'Atto unico europeo del 1986, che in certo modo chiude il primo ciclo di vita delle Comunità europee.
Il Trattato di Maastricht, stipulato nel febbraio 1992, oltre a costituire un ulteriore progresso sulla via dell'integrazione economica, ha rappresentato il primo passo verso l'unione politica degli Stati membri, trasformando le Comunità europee in Unione europea e stabilendo che questa si fondi su tre pilastri fondamentali: il primo relativo all'ambito d'interesse proprio delle Comunità europee quindi già esistente, ma del quale però sono state ampliate le funzioni; il secondo relativo alla politica estera e di sicurezza comune (PESC) e quindi rivolto al rafforzamento della sicurezza interna ed esterna dell'Unione; il terzo relativo alla cooperazione nel settore della giustizia e degli affari interni nonché alla prevenzione e alla repressione del razzismo e della xenofobia (GAI).
In tale visione, il primo pilastro è stato incardinato completamente nel cosiddetto sistema comunitario, mentre, anche in considerazione del fatto che la politica estera nonché la sicurezza e la giustizia sono stati sentiti come aspetti peculiari delle diverse politiche nazionali tanto da essere affidati fino ad allora esclusivamente alle convenzioni internazionali, per il secondo ed il terzo è stata seguita una via intermedia caratterizzata da forme di collaborazione e non di integrazione.
Il terzo pilastro, ossia la cooperazione in materia di giustizia e affari interni, poneva come obiettivo la creazione di un quadro istituzionale permanente, al cui interno i Ministri della Giustizia e dell'Interno degli Stati membri, potessero creare uno spazio di lavoro comune in grado di coordinare i diversi servizi nazionali di polizia, della dogana, d'immigrazione e della giustizia.
Tale cooperazione veniva sentita tanto più necessaria dopo la creazione dello spazio di libera circolazione delle persone realizzato con gli Accordi di Schengen, che creavano di fatto un unico spazio europeo per il quale diveniva fondamentale la tutela della sicurezza dei confini esterni.


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Sebbene il Trattato di Maastricht abbia fissato in maniera volutamente ampia gli obiettivi di tale cooperazione, prevedendo per il suo raggiungimento strumenti giuridici quali le azioni comuni e le convenzioni, sul lungo periodo si è rilevato che il quadro predisposto risultava insufficiente sia a garantire le aspirazioni legittime di sicurezza dei cittadini dei singoli Stati membri sia a garantire in maniera adeguata l'azione di stimolo e di controllo del Parlamento europeo e della Corte di Giustizia europea.

2. La creazione di uno spazio di libertà, sicurezza e giustizia

Il Trattato di Amsterdam del 2 ottobre 1997 ha dunque ritoccato il quadro di riferimento del terzo pilastro ponendosi come primo obiettivo «la creazione di uno spazio di libertà, sicurezza e giustizia» in cui la libertà di circolazione delle persone fosse accompagnata da misure volte al rafforzamento della sicurezza tramite maggiori controlli alle frontiere, misure di contrasto alla criminalità e azioni di coordinamento in materia di immigrazione ed asilo. Parte di tali misure, per le quali l'ex articolo K9 del Trattato di Maastricht rendeva già possibile il passaggio all'ambito comunitario, sono state inoltre «comunitarizzate» (politica dell'immigrazione e cooperazione giudiziaria in materia civile) permettendo al Consiglio dell'Unione europea di adottare gli atti normativi vincolanti dell'Unione quali i regolamenti, le direttive, le decisioni, le raccomandazioni o pareri.

3. La cooperazione di polizia e giudiziaria

Le materie del «terzo pilastro» non comunitarizzate (cooperazione di polizia e giudiziaria in materia penale) hanno continuato a trovare collocazione nell'ambito del Trattato sull'Unione europea, modificato dal Trattato di Amsterdam (articoli 29-42 del testo consolidato, oggi Titolo VI). Lo stesso processo, più propriamente di integrazione o incorporazione, hanno subito gli Accordi di Schengen del 1985 e la convenzione di applicazione del 1990 nonché il complesso di atti internazionali e di misure di esecuzione, denominato acquis di Schengen, incorporati, in virtù di un Protocollo allegato sia al Trattato CE sia a quello UE, nel quadro dell'Unione europea. Inoltre, come stabilito in due diversi protocolli allegati al Trattato di Amsterdam, inizialmente il Regno Unito, l'Irlanda e, in maniera diversa, la Danimarca avevano deciso di non partecipare pienamente alle misure adottate dalle istituzioni comunitarie nell'ambito di tale cooperazione. Tuttora il Regno Unito e l'Irlanda infatti non partecipano automaticamente all'acquis di Schengen, mentre partecipano a tutta la cooperazione di cui al Titolo VI del TUE e attualmente hanno scelto di partecipare agli aspetti relativi alla cooperazione di polizia e giudiziaria dell'acquis di Schengen, incluse alcune misure di lotta contro l'immigrazione clandestina.


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3.1 Tipologia degli atti utilizzabili
Per quanto riguarda la tipologia di atti utilizzabili nel settore della cooperazione in materia giudiziaria e di polizia, l'articolo 34 del Trattato di Amsterdam dispone che il Consiglio dell'Unione europea possa adottare posizioni comuni (che definiscono l'orientamento dell'Unione in merito a una questione specifica), decisioni-quadro, decisioni e stabilire convenzioni di cui raccomandare l'adozione agli Stati membri secondo le rispettive norme costituzionali, con la previsione della loro entrata in vigore dal momento della ratifica da parte della metà di tutti gli Stati membri. Le decisioni quadro, per espresso disposto normativo, hanno lo scopo di ravvicinare le disposizioni legislative e regolamentari degli Stati membri e, pur non avendo efficacia diretta, sono per questi vincolanti quanto al risultato da ottenere, salva restando la competenza delle autorità nazionali in merito alla forma ed ai mezzi.
La decisione pura e semplice non ha invece trovato nel Trattato alcuna caratterizzazione specifica, fermo restando che anch'essa non ha efficacia diretta sebbene sia vincolante per gli Stati membri.

4. Il processo decisionale

Dal punto di vista istituzionale, e relativamente al profilo decisionale e al coinvolgimento delle istituzioni dell'Unione, si rileva che il Consiglio dell'Unione europea, costituito dai ministri competenti per materia nei diversi settori d'interesse di ciascuno Stato membro, deve deliberare per regola all'unanimità; il potere d'iniziativa della Commissione non ha la stessa portata che nel pilastro comunitario non essendo né assoluto, né esclusivo bensì «ridotto», ed il coinvolgimento del Parlamento si esercita come stabilito dall'articolo 39, numero 1, del Trattato di Amsterdam, che impone al Consiglio dell'Unione europea di consultare il Parlamento prima di adottare decisioni-quadro, decisioni e convenzioni. In questi casi il Parlamento esprime un suo parere entro un termine che il Consiglio dell'Unione europea deve fissare, ma che non può essere inferiore a tre mesi; in mancanza di un parere entro detto termine, il Consiglio dell'Unione europea delibera. Il Parlamento europeo inoltre può rivolgere al Consiglio dell'Unione europea interrogazioni o raccomandazioni e procede ogni anno a un dibattito sui progressi compiuti nei settori d'interesse.

5. Il controllo giurisdizionale

Una novità di rilievo del terzo pilastro riformato è rappresentata dalle nuove forme di controllo giurisdizionale della Corte di giustizia europea previste dall'articolo 35 del Trattato di Amsterdam, in base al quale pregiudizialmente la Corte è competente a pronunciarsi sulla validità o l'interpretazione delle decisioni-quadro o delle decisioni, nonché sull'interpretazione delle convenzioni a richiesta di un giudice nazionale, dinanzi al quale tale questione sia dibattuta. Tale forma di


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competenza deve essere comunque accettata dai singoli Stati membri che possono decidere se limitare la possibilità di rinvio alla Corte di giustizia ai soli giudici nazionali di ultima istanza, ovvero se consentirla a tutti. In proposito si ricorda che Austria, Belgio, Finlandia, Germania, Grecia, Italia, Lussemburgo, Paesi Bassi e Portogallo hanno esteso l'accettazione a tutti i giudici, riservandosi, ad eccezione di Finlandia e Svezia, di prevedere l'obbligo di adire la Corte per i giudici di ultima istanza. Il paragrafo 7 del citato articolo 35 stabilisce inoltre che la Corte di giustizia possa essere investita di ogni controversia fra gli Stati membri concernente l'interpretazione o l'applicazione degli atti relativi al terzo pilastro solo se questa non può essere risolta dal Consiglio dell'Unione europea entro sei mesi dalla data nella quale esso è stato adito da uno dei suoi membri. A norma del paragrafo 6 dell'articolo 35 infine la Corte risulta competente a riesaminare la legittimità delle decisioni-quadro e delle decisioni, nei ricorsi proposti da uno Stato membro o dalla Commissione per incompetenza, violazione delle forme sostanziali, violazione del Trattato o di qualsiasi regola di diritto relativa alla sua applicazione, ovvero per sviamento di potere.

6. Europol ed il Trattato di Amsterdam

L'articolo 29 del Trattato di Amsterdam ribadisce che obiettivo del complesso di norme facenti parte del Terzo pilastro è quello di «fornire ai cittadini un livello elevato di sicurezza, in uno spazio di libertà, sicurezza e giustizia». Il successivo articolo 30 stabilisce inoltre che l'azione comune nel settore della cooperazione delle forze di polizia venga attuata direttamente o per il tramite dell'Ufficio europeo di polizia, che in tale contesto assume un ruolo rafforzato rispetto alle previsioni originarie della convenzione Europol. L'articolo 29 infatti fissa i compiti che Europol dovrà svolgere, e, oltre alle funzioni di coordinamento, di scambio ed elaborazione comune dei dati, assegnati dalla convenzione istitutiva, stabilisce che il Consiglio dell'Unione europea, entro cinque anni dall'entrata in vigore del Trattato di Amsterdam:
metta Europol in condizione di agevolare e sostenere la preparazione, nonché di promuovere il coordinamento e l'effettuazione di specifiche operazioni investigative da parte delle autorità competenti degli Stati membri, comprese azioni operative di unità miste a cui partecipino rappresentanti dell'Europol con funzioni di supporto;
adotti misure che consentano all'Europol di richiedere alle autorità competenti degli Stati membri di svolgere e coordinare le loro indagini su casi specifici e di sviluppare competenze specifiche che possano essere messe a disposizione degli Stati membri, per assisterli nelle indagini relative a casi di criminalità organizzata;
promuova accordi di collegamento tra organi inquirenti sia di magistratura che di polizia che si specializzino nella lotta contro la criminalità organizzata in stretta cooperazione con Europol;


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istituisca una rete di ricerca, documentazione e statistica sulla criminalità transnazionale.

Capitolo X
Europol e le sue prospettive nei lavori della Convenzione europea

1. Il gruppo di lavoro «Libertà, Sicurezza e Giustizia»

1.1 Il mandato
Il Gruppo di lavoro «Libertà, Sicurezza e Giustizia» è stato istituito in seno alla Convenzione con il mandato di esaminare questioni di ordine generale e di carattere pratico connesse all'effettiva realizzazione di uno spazio di libertà, sicurezza e giustizia, individuando segnatamente i miglioramenti da apportare agli strumenti e alle procedure esistenti nel terzo pilastro, nel tentativo di giungere alla semplificazione del sistema istituzionale e giuridico particolarmente complesso nei settori della giustizia e degli affari interni.
In base al mandato del Gruppo si sono tenute nove riunioni a cui sono intervenuti vari esperti. In particolare sono stati espressi pareri relativi all'attuale situazione della criminalità in Europa e alle priorità della lotta contro il terrorismo, il traffico di droga, la tratta degli esseri umani, l'immigrazione clandestina, la pedofilia, la frode organizzata e il riciclaggio di capitali.
Come sottolineato dal Gruppo nella Relazione finale presentata all'Assemblea plenaria della Convenzione del 5 e 6 dicembre 2002, l'Unione europea per ottenere il massimo rispetto dei propri cittadini deve dimostrare di poter conseguire risultati concreti sulle questioni realmente importanti, tra queste le modalità di contrasto alla criminalità organizzata.
D'altra parte dall'entrata in vigore del Trattato di Amsterdam l'istituzione di uno spazio coerente di libertà, sicurezza e giustizia ha rappresentato uno degli obiettivi fondamentali dell'Unione europea. Pertanto il Gruppo di lavoro X ritiene che il suo mandato sia finalizzato all'individuazione degli strumenti volti a garantire che la libertà possa essere goduta in condizioni di sicurezza, e che la giustizia sia accessibile a tutti.

1.2 I settori di azione
Il Gruppo ha in primo luogo affrontato il problema relativo all'opportunità che le attuali disposizioni del terzo pilastro siano riunite in un quadro giuridico generale comune, consentendo in tal modo di superare la struttura a pilastri e i suoi noti effetti negativi. Tutte le disposizioni relative allo spazio europeo di libertà sicurezza e giustizia potrebbero quindi essere riunite in un unico titolo del Trattato con meccanismi che consentano in taluni casi un coordinamento rafforzato della collaborazione operativa a livello dell'Unione e


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il coinvolgimento dei Parlamenti nazionali al fine di tenere conto delle caratteristiche peculiari del settore della polizia e del diritto penale.
Si potrebbe inoltre prevedere che il Consiglio europeo, previa consultazione del Parlamento europeo e dei Parlamenti nazionali, possa stabilire un programma strategico pluriennale che definisca un quadro globale per l'azione dell'Unione in relazione alla legislazione e alla collaborazione operativa in materia di sicurezza e giustizia.
Il Gruppo ha pertanto riconosciuto l'urgente necessità di riformare gli strumenti giuridici attualmente disponibili nel terzo pilastro (articolo 34 del TUE), considerato inoltre che la maggior parte delle convenzioni adottate dal Consiglio non è ancora stata ratificata e che è molto difficile modificare, anche per aspetti secondari, le convenzioni esistenti come quella sull'Europol. Pertanto il Gruppo raccomanda che decisioni-quadro, decisioni e posizioni comuni siano sostituite da regolamenti, direttive e decisioni e che lo strumento delle convenzioni sia abolito. Infatti, qualora il Consiglio dell'Unione europea fosse in grado di convertire la convenzione Europol in regolamento si potrebbe più facilmente adattare tale testo al mutare delle circostanze definendo le procedure decisionali appropriate per la gestione dell'Europol. Tale conversione non inciderebbe necessariamente sul contenuto della convenzione e quindi sulla natura di fondo dell'Europol.
Un altro settore d'azione individuato dal Gruppo è costituito dall'adozione di norme che facilitino la cooperazione di polizia e giudiziaria tra le autorità degli Stati membri quali la convenzione relativa all'assistenza giudiziaria in materia penale stabilita dal Consiglio dell'Unione europea nel 2000 e la decisione-quadro relativa al mandato d'arresto europeo approvata nel giugno 2002, nonché l'ipotesi di creare un'Accademia giudiziaria a livello europeo che sosterebbe il perfezionamento dei giudici.

2. Priorità individuate

Quanto alla riforma delle procedure legislative, in seno al Gruppo è emerso un ampio consenso sul fatto che la situazione attuale, che vede la regola dell'unanimità applicata a tutto il sistema decisionale nel settore della cooperazione in materia penale, non può persistere se si vuole che l'Unione, dopo l'allargamento, preservi e rafforzi la sua capacità di proteggere i cittadini dalle forme gravi di criminalità transfrontaliera. Pertanto è opinione dei membri del Gruppo che debbano essere compiuti notevoli sforzi per estendere il voto a maggioranza qualificata e la codecisione che dovrebbero, in futuro, diventare la procedura legislativa normale in seno al Consiglio.
Pertanto il miglioramento dell'efficacia dell'Europol e dell'Eurojust, fondamentale per la cooperazione europea di polizia e giudiziaria, dovrebbe essere realizzabile con voto a maggioranza qualificata e codecisione. Ciò dovrebbe valere relativamente ad ogni ulteriore possibile ampliamento del mandato dell'Europol e per tutte le norme relative alla sua organizzazione e gestione.
È stato inoltre rilevato che la cooperazione operativa attuale lamenta carenze di efficienza, trasparenza ed assunzione di responsabilità.


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Al momento le competenze operative sono ripartite tra le forze di polizia e le autorità giudiziarie degli Stati membri, che hanno la responsabilità primaria. Europol e l'Eurojust hanno compiti di sostegno e di agevolazione della cooperazione mentre all'Olaf competono le procedure di indagine amministrativa.
Per quanto riguarda la cooperazione di polizia tra le autorità degli Stati membri il Gruppo ritiene che la portata e l'intensità dell'azione dell'Unione, quali definite attualmente all'articolo 30 del TUE, siano in generale appropriate: si potrebbe tuttavia prevedere una formulazione semplificata di tale disposizione. A parere del Gruppo piuttosto che cercare di aggiornare la presentazione particolareggiata dei compiti dell'Europol contenuta nel citato articolo 30 del TUE - sotto alcuni aspetti già superata - sarebbe più opportuno sostituirla nel nuovo Trattato con una disposizione sull'Europol più breve e più generica, in grado di garantire al legislatore un maggiore margine di libertà rispetto all'evoluzione futura dei compiti e dei poteri dell'Europol. Questa base giuridica non dovrebbe tuttavia essere aperta, bensì indicare la direzione in cui dovrebbero andare gli eventuali sviluppi e fissarne i limiti fondamentali. La disposizione potrebbe quindi affermare il ruolo centrale dell'Europol nel quadro della cooperazione europea di polizia, inquadrarne il campo d'azione e segnalare che i compiti ed i poteri dell'Europol sono definiti dal legislatore e possono comprendere, nella misura da questo stabilita, poteri relativi all'intelligence, al coordinamento e allo svolgimento d'indagini, nonché alla partecipazione ad attività operative a fianco dei servizi degli Stati membri o nell'ambito di squadre comuni. La disposizione, dovrebbe precisare infine che qualsiasi operazione cui Europol partecipa deve essere comunque condotta in collegamento e d'intesa con lo o gli Stati membri interessati e che le misure coercitive spettano sempre ai competenti agenti dello Stato membro sul cui territorio si opera. Qualora si conferissero all'Europol maggiori competenze operative tramite tale base giuridica, il vigente protocollo sulle immunità andrebbe riesaminato. Infine il Gruppo ha sostenuto che le attività dell'Europol dovranno essere sottoposte al controllo democratico del Parlamento europeo e del Consiglio dell'Unione europea, nonché al controllo giudiziario della Corte di Giustizia delle Comunità europee.
Se da una parte la riforma degli strumenti giuridici, delle procedure legislative e della cooperazione operativa determinerà un ampliamento delle competenze del Parlamento europeo, dall'altra i Parlamenti nazionali dovrebbero continuare a svolgere un ruolo importante. In proposito il Gruppo ha proposto un coinvolgimento dei Parlamenti nazionali nella definizione, da parte del Consiglio europeo, degli orientamenti e delle priorità strategiche della politica europea in materia di giustizia penale. Detto coinvolgimento avrà senso soltanto se presso i Parlamenti nazionali si terranno dibattiti sostanziali sulle opzioni all'esame del Consiglio europeo molto prima che questo si riunisca. Ha inoltre auspicato che si tengano conferenze interparlamentari periodiche sulle politiche dell'Unione in questo settore, in particolare riunioni congiunte dei comitati o delle commissioni responsabili della giustizia e degli affari interni dei Parlamenti nazionali.

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Il Gruppo ha infine proposto un coinvolgimento dei Parlamenti nazionali nell'esame delle relazioni annuali sulle attività dell'Europol.

3. Proposte presentate

La relazione presentata dal Gruppo all'Assemblea plenaria della Convenzione ha ottenuto ampi consensi. Le proposte presentate dal Gruppo sono state in gran parte sostenute dagli interventi degli oratori.
Al termine del dibattito è emerso un ampio consenso su alcune proposte. In particolare riguardo:
la fusione delle disposizioni figuranti attualmente nel titolo VI del TUE e di quelle del Trattato CE con la previsione dell'abolizione del terzo pilastro;
la riforma degli strumenti giuridici, con conseguente sostituzione di quelli previsti dall'articolo 34 TUE. Sostituzione dei termini convenzioni, decisioni quadro e decisioni con i termini leggi e leggi quadro;
la riforma delle procedure legislative con la previsione che la procedura di diritto comune diventi quella della codecisione, con deliberazioni del Consiglio a maggioranza qualificata nei settori dell'attuale terzo pilastro, ammettendo l'unanimità solo in alcuni casi;
l'iscrizione nella futura costituzione europea del principio del riconoscimento reciproco delle decisioni giudiziarie civili e penali;
il ravvicinamento delle legislazioni sostanziali penali e processuali con conseguente fissazione di un elenco di reati che, per la loro gravità e le loro implicazioni transfrontaliere, potrebbero essere immediato oggetto di coordinamento;
la previsione di un ruolo rafforzato della Commissione europea mediante la possibilità di ricorrere alla Corte di giustizia in caso di inadempienza di uno Stato agli obblighi convenuti;
il rafforzamento del ruolo dei parlamenti nazionali, ai quali viene riconosciuta una posizione centrale relativamente al controllo democratico degli strumenti utilizzati nell'attuale terzo pilastro;
la definizione più adeguata nel Trattato delle competenze dell'Europol mediante l'introduzione di una nuova base giuridica e la richiesta che gli sviluppi riguardanti il suo statuto e le sue modalità di funzionamento possano essere adottate a maggioranza qualificata.
Quanto al controllo democratico dell'Europol se da una parte è stato espresso consenso per un ruolo più incisivo del Parlamento europeo, dall'altro si è auspicato un maggior coinvolgimento dei parlamenti nazionali.

CONCLUSIONI

Appare, pertanto, prioritario realizzare un effettivo collegamento operativo tra i singoli parlamenti nazionali ed il Parlamento europeo istituendo un meccanismo che permetta, attraverso uno scambio di informazioni istituzionalizzato e regolare, di esaminare e coordinare i rispettivi ruoli.


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L'esperienza del Parlamento italiano attraverso il Comitato porta a ritenere che la proposta della Commissione europea che prevede la «creazione di una Commissione mista composta dai membri delle Commissioni dei parlamenti nazionali e del Parlamento europeo competenti in materia di polizia» sia la più adeguata e che possa costituire un valido strumento per rendere più efficace il controllo parlamentare sull'Europol.
In quest'ottica è opinione del Comitato che la creazione di un organismo che preveda un coinvolgimento a pieno titolo di tutti i parlamenti nazionali nel controllo dell'organismo di polizia europea potrà costituire un ulteriore passo per l'integrazione dell'Europol nell'architettura comunitaria e essere l'occasione per un reale confronto democratico su materie - quali libertà, sicurezza e giustizia - che riguardano indistintamente tutti i cittadini dell'Unione. Il prossimo semestre di presidenza italiana potrebbe, pertanto, costituire l'occasione per avviare la concreta realizzazione di tale istanza.