Doc. XVII n. 20


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Premessa.

L'indagine conoscitiva svolta dalla Commissione sull'attuazione della riforma dell'Amministrazione finanziaria risponde all'esigenza di approfondire e valutare la portata e le conseguenze delle modifiche normative ed organizzative che hanno interessato, nel corso della precedente legislatura e di quella in corso, l'Amministrazione finanziaria nel suo complesso.
L'indagine intendeva in particolare verificare lo stato di attuazione, sia a livello di amministrazione centrale, sia di uffici periferici, delle riforme adottate, ed evidenziare gli eventuali aspetti problematici che potessero richiedere l'adozione di ulteriori interventi legislativi da parte del legislatore.
Un profilo di analisi cui è stata dedicata particolare attenzione nel corso dell'indagine ha riguardato l'impatto che il nuovo modello organizzativo ha avuto sui rapporti tra l'Amministrazione stessa e i contribuenti, senza evidentemente prescindere dalle significative novità derivanti dall'approvazione dello Statuto dei diritti del contribuente, di cui alla legge n. 212 del 2000.

1. L'EVOLUZIONE DEL QUADRO NORMATIVO

Il decreto legislativo 30 luglio 1999, n. 300, ha definito un nuovo assetto dell'organizzazione ministeriale dello Stato, disponendo, all'articolo 55, comma 1, con decorrenza dall'inizio della nuova legislatura, l'istituzione del Ministero dell'economia e delle finanze, e la contestuale soppressione del Ministero del tesoro, del bilancio e della programmazione economica e del Ministero delle finanze. Alcune modificazioni sono state introdotte lo scorso anno con il decreto legislativo 3 luglio 2003, n. 173, recante riorganizzazione del Ministero dell'economia e delle finanze e delle Agenzie fiscali.
L'articolo 23 del suddetto decreto legislativo n. 300 del 1999 ha attribuito al Ministero dell'economia e delle finanze le funzioni e i compiti spettanti allo Stato in materia di politica economica, finanziaria e di bilancio, di programmazione degl'investimenti pubblici, coordinamento della spesa pubblica e verifica dei suoi andamenti, di politiche fiscali e sistema tributario, demanio e patrimonio statale, catasto e dogane, di programmazione, coordinamento e verifica degl'interventi per lo sviluppo economico, territoriale e settoriale e di politiche di coesione, nonché la vigilanza su enti e attività e i rapporti


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con autorità di vigilanza e controllo previsti dalla legge. Tale complesso di competenze si esplica in cinque aree funzionali, definite dall'articolo 24.
Il successivo articolo 26 ha stabilito in diciotto mesi dalla data dell'entrata in vigore dello stesso decreto legislativo il termine massimo per la trasformazione del Ministero delle finanze, l'istituzione delle Agenzie fiscali e il trasferimento delle funzioni e delle risorse.
In vista dell'istituzione del Ministero dell'economia e delle finanze, gli articoli da 56 a 74 del medesimo decreto legislativo hanno disciplinato la riforma del Ministero delle finanze e dell'Amministrazione finanziaria.

In particolare, l'articolo 56 del decreto legislativo n. 300 del 1999 indica le competenze rimaste al Ministero delle finanze. Esse consistono, in particolare, nelle funzioni di analisi, indagine e studio sulle politiche fiscali e sulla loro attuazione, di predisposizione degli atti normativi, di programmazione e d'indirizzo, nelle attività d'indirizzo, vigilanza e controllo sui risultati di gestione delle Agenzie fiscali, di coordinamento, supervisione e controllo del sistema informativo della fiscalità e della rete unitaria di settore, di comunicazione istituzionale con i contribuenti e di amministrazione del personale e delle risorse relative al Ministero stesso e alle commissioni tributarie.
Il coordinamento fra il Corpo della Guardia di Finanza e le Agenzie fiscali nelle attività operative inerenti alle funzioni trasferite alle Agenzie stesse ha luogo, ai sensi dell'articolo 56 del citato decreto legislativo n. 300 del 1999, sulla base delle direttive impartite dal Ministro dell'economia e delle finanze.
Il decreto del Presidente della Repubblica 26 marzo 2001, n. 107, ha disciplinato la nuova organizzazione del Ministero delle finanze, i cui uffici sono riuniti in un unico Dipartimento per le politiche fiscali.
Il Dipartimento è definito come «centro unitario di direzione amministrativa della fiscalità statale»; assicura il supporto istituzionale, la conoscenza dei dati di base e la loro elaborazione per le decisioni dei vertici politici, delle quali cura l'attuazione gestendo le relazioni con le agenzie e gli altri enti che operano nel settore e tenendo i rapporti con la Guardia di Finanza; concorre alla diffusione delle informazioni presso i cittadini; nella propria attività favorisce lo sviluppo del federalismo fiscale e l'integrazione comunitaria.
Esso è articolato in otto uffici centrali: Ufficio studi e politiche economico-fiscali; Ufficio studi e politiche giuridico-tributarie; Ufficio agenzie ed enti della fiscalità; Ufficio amministrazione delle risorse; Ufficio relazioni internazionali; Ufficio federalismo fiscale; Ufficio comunicazione istituzionale; Ufficio coordinamento delle tecnologie informatiche.
Con il decreto del Presidente della Repubblica 3 luglio 2003, n. 227, è stato inoltre adottato il regolamento per la riorganizzazione degli uffici di diretta collaborazione del Ministro, mentre l'organizzazione degli uffici dei Vice Ministri è disciplinata dal decreto del Presidente della Repubblica 5 luglio 2002, n. 158.
Per la gestione delle funzioni precedentemente esercitate dai Dipartimenti delle entrate, delle dogane e del territorio, nonché di

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quelle svolte dagli altri uffici del Ministero delle finanze, l'articolo 57 del decreto legislativo n. 300 del 1999 ha istituito quattro agenzie fiscali: l'Agenzia delle entrate, l'Agenzia delle dogane, l'Agenzia del territorio e l'Agenzia del demanio.
Le Agenzie hanno propria personalità giuridica e sono dotate di autonomia regolamentare, patrimoniale, organizzativa, contabile e finanziaria. Esse operano con criteri di efficienza, economicità ed efficacia, secondo gl'indirizzi stabiliti dal ministro e sulla base delle convenzioni attraverso le quali vengono periodicamente determinati obiettivi e direttive generali della loro attività. Ciascuna Agenzia, in base all'articolo 66, è regolata da un proprio statuto deliberato dal Comitato direttivo e approvato dal Ministro dell'economia e delle finanze.
Ai sensi degli articoli da 62 a 65, le competenze di ciascuna Agenzia sono così definite:
l'Agenzia delle entrate svolge tutte le funzioni (amministrazione, riscossione e contenzioso) concernenti le entrate tributarie erariali che non siano assegnate alla competenza di altre Agenzie, amministrazioni dello Stato ad ordinamento autonomo, enti od organi, e quindi, in particolare, i tributi diretti e dell'imposta sul valore aggiunto, nonché tutte le imposte, diritti o entrate erariali o locali e le entrate anche di natura extratributaria, già di competenza del soppresso Dipartimento delle entrate o affidati alla sua gestione in base alla legge o ad apposite convenzioni stipulate con gli enti impositori o con gli enti creditori;
l'Agenzia delle dogane si occupa dei servizi relativi all'amministrazione, alla riscossione e al contenzioso dei diritti doganali e della fiscalità interna negli scambi internazionali, delle accise sulla produzione e sui consumi, escluse quelle sui tabacchi lavorati, in collegamento con gli organi dell'Unione europea; esercita tutte le funzioni già spettanti al soppresso Dipartimento delle dogane, incluse quelle esercitate in base ai trattati dell'Unione europea o ad altri atti e convenzioni internazionali; gestisce i laboratori doganali di analisi;
l'Agenzia del territorio è competente a svolgere i servizi relativi al catasto, i servizi geotopocartografici e quelli relativi alle conservatorie dei registri immobiliari, con il compito di costituire l'anagrafe dei beni immobiliari esistenti sul territorio nazionale, sviluppando, anche ai fini della semplificazione dei rapporti con gli utenti, l'integrazione fra i sistemi informativi attinenti alla funzione fiscale e alle trascrizioni e iscrizioni in materia di diritti sugli immobili. L'Agenzia opera in stretta collaborazione con gli enti locali, per favorire lo sviluppo di un sistema integrato di conoscenze sul territorio; essa gestisce, inoltre, l'osservatorio del mercato immobiliare e i connessi servizi estimativi che può offrire direttamente sul mercato;
l'Agenzia del demanio, trasformata in ente pubblico economico con il decreto legislativo 3 luglio 2003, n. 173, e dotata di un proprio patrimonio, consistente in un fondo di dotazione e nei beni mobili e immobili strumentali alla sua attività, cura - anche attraverso

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convenzioni con le regioni, gli enti locali e altri enti pubblici - l'amministrazione dei beni immobili dello Stato (ad eccezione di alcune particolari categorie di beni affidati alla gestione diretta dei Ministeri interessati), con il compito di razionalizzarne e valorizzarne l'impiego, di sviluppare il sistema informativo sui beni del demanio e del patrimonio, utilizzando criteri di mercato nella loro valutazione, di gestire con criteri imprenditoriali i programmi di vendita, di provvista, anche mediante l'acquisizione sul mercato, di utilizzo e di manutenzione ordinaria e straordinaria di tali immobili; gestisce inoltre i beni confiscati.

Con il decreto del Ministro delle finanze 28 dicembre 2000 sono state stabilite le modalità di avvio del funzionamento delle Agenzie fiscali ed è stato istituito il ruolo speciale provvisorio del personale dell'Amministrazione finanziaria.

2. LO SVOLGIMENTO DELL'INDAGINE CONOSCITIVA

In considerazione dell'entità delle modificazioni legislative intervenute nel corso degli ultimi anni, la Commissione Finanze, dopo aver acquisito la prescritta intesa con il Presidente della Camera dei deputati, nella seduta del 9 ottobre 2001 ha deliberato lo svolgimento di un'indagine conoscitiva sullo stato di attuazione della riforma dell'Amministrazione finanziaria.
L'indagine ha inteso verificare l'applicazione della riforma e valutare gli effetti del nuovo modello organizzativo adottato, a livello sia centrale sia periferico, sull'operatività e sull'efficienza degli uffici nonché sui rapporti con i contribuenti, anche in relazione a quanto previsto nello Statuto dei diritti del contribuente introdotto dalla legge 27 luglio 2000, n. 212, così da individuare eventuali problemi che possano richiedere ulteriori interventi da parte del legislatore.
In ragione della ben nota complessità della normativa tributaria, è parso opportuno rivolgere l'attenzione anche all'attività interpretativa svolta dall'Amministrazione finanziaria, sia attraverso l'emanazione di atti di contenuto generale, sia nella risposta ai quesiti individualmente formulati dai contribuenti attraverso le forme d'interpello previste dalle norme vigenti.
L'indagine conoscitiva si è articolata in diciannove sedute, svolte tra il 29 novembre 2001 e il 6 novembre 2003, nel corso delle quali sono stati ascoltati i rappresentanti del Consiglio nazionale dei dottori commercialisti, del Consiglio nazionale dei ragionieri e periti commerciali e delle Associazioni dei tributaristi (29 novembre 2001), i rappresentanti di organizzazioni sindacali (24 gennaio e 9 maggio 2002), della Confindustria (15 maggio 2002), alcuni direttori regionali dell'Agenzia delle entrate (29 maggio 2002), il Direttore generale dell'Agenzia delle entrate (12 e 19 giugno 2002), il Direttore del Servizio centrale degli ispettori tributari (SECIT) ed il Rettore della Scuola superiore dell'economia e delle finanze (19 giugno 2002), il Direttore del Dipartimento per le politiche fiscali del Ministero dell'economia e delle finanze (20 giugno 2002), il Comandante generale


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del Corpo della Guardia di Finanza (27 giugno 2002) i Direttori generali dell'Agenzia del territorio (4 luglio 2002), dell'Agenzia del demanio (11 luglio 2002) e dell'Agenzia delle dogane (27 febbraio 2003), del Capo del Dipartimento per le politiche fiscali (30 ottobre 2002), i rappresentanti dell'Associazione nazionale fra i concessionari della riscossione dei tributi (Ascotributi) (5 marzo 2003), il Direttore generale ed il Direttore della Direzione centrale amministrazione dell'Agenzia delle entrate (13 marzo e 6 novembre 2003) e i rappresentanti dell'Associazione nazionale delle aziende concessionarie dei servizi di entrate degli enti locali (Anacap) (27 marzo 2003). È stato ascoltato infine il Sottosegretario di Stato per l'economia e le finanze, onorevole Maria Teresa Armosino (28 maggio e 10 giugno 2003).
Durante il ciclo delle audizioni, svolte in un periodo di circa due anni, i numerosi soggetti ascoltati dalle Commissioni hanno segnalato varie questioni connesse sia alla nuova struttura dell'Amministrazione finanziaria, sia alle conseguenze di talune disposizioni legislative intervenute nel periodo considerato.

3. L'ORGANIZZAZIONE E L'ATTIVITÀ DELL'AMMINISTRAZIONE FINANZIARIA

La scissione subìta dal cessato Ministero dello finanze, da cui sono passati a far parte della nuova struttura del dicastero dell'economia soltanto l'attuale Dipartimento per le politiche fiscali, gli uffici di diretta collaborazione del Ministro e il Corpo della Guardia di Finanza, poteva generare problemi assai rilevanti, atteso che la costituzione delle Agenzie fiscali ha interessato un considerevole numero di uffici e, per conseguenza, diverse migliaia di dipendenti. La trasformazione dei preesistenti dipartimenti del Ministero delle finanze in enti dotati di autonomia regolamentare, patrimoniale, organizzativa, contabile e finanziaria non poteva consistere in una mera operazione estetica.

3.1. I rapporti tra l'Amministrazione finanziaria e i contribuenti.

L'introduzione di una nuova struttura organizzativa tendeva peraltro a produrre un cambiamento sostanziale nel rapporto tra i cittadini e l'Amministrazione finanziaria. Un primo, significativo passo in questo senso è certamente costituito dall'accelerazione e dal completamento dell'istituzione degli uffici delle entrate (il processo, peraltro, era iniziato sin dalla metà dell'anno 1997), distribuiti con oculatezza nel territorio affinché il contribuente possa individuare in modo agevole e immediato il luogo in cui trovare gli uffici preposti ai diversi tributi.
Il rapporto con il cittadino è sicuramente migliorato, attraverso il potenziamento delle strutture a contatto con il pubblico, cui l'Amministrazione ha destinato considerevole impegno anche attraverso l'impiego delle nuove tecnologie informatiche.


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Ai già operanti sportelli d'informazione si sono affiancati i centri di assistenza telefonica, che forniscono una prima informazione ai contribuenti, nonché i centri d'informazione telematica, che per mezzo della rete informatica (internet) possono trattare richieste di carattere più specifico in forme che, avendo base elettronica dalla quale può ricavarsi una documentazione scritta, consentono un rapporto più sereno e meno conflittuale tra l'Amministrazione e i cittadini.
Alcune strutture territoriali hanno altresì istituito centri di prenotazione telefonica, attraverso i quali il contribuente, prima di recarsi presso gli uffici, può prenotare la visita, limitando il dispendio di tempo, il disagio e la spesa dello spostamento e permettendo al funzionario di anticipare l'istruttoria relativa al quesito o alla pratica richiesta.
L'Agenzia delle entrate, ad esempio, ha sviluppato un sistema che consente di registrare in via telematica i contratti di locazione; si tratta di un sistema comunque obbligatorio per alcune categorie di contribuenti, come i grandi proprietari d'immobili (oltre le cento unità immobiliari possedute), cui è prescritta la registrazione di tali contratti. Questo meccanismo aiuta a diminuire l'afflusso del pubblico presso gli uffici. Inoltre, in alcuni distretti notarili la stessa Agenzia ha predisposto una convenzione in base alla quale si provvede alla registrazione telematica degli atti immobiliari.
L'applicazione delle nuove tecnologie informatiche, campo nel quale l'Italia è tra i paesi più evoluti, ha agevolato l'accesso dei contribuenti e l'adempimento degli obblighi tributari. Ad esempio, ne è risultata notevolmente semplificata la presentazione della dichiarazione dei redditi da parte sia dei lavoratori dipendenti e dei pensionati che si rivolgono ai centri autorizzati di assistenza fiscale, sia di tutti gli altri soggetti che ricorrono alla trasmissione telematica delle dichiarazioni tramite i professionisti abilitati: ciò permette di evitare gli aggravi che provenivano dalla trasmissione postale dei documenti o dal pagamento presso gl'istituti bancari.
Per fornire al cittadino un quadro legislativo semplice e aggiornato su argomenti o situazioni particolari, l'Agenzia delle entrate ha altresì predisposto appositi opuscoli informativi, come le guide relative all'interpello e alle agevolazioni fiscali per le ristrutturazioni edilizie, per i disabili, per i residenti all'estero.
Talune forme di assistenza ai cittadini - ad esempio le iniziative di consulenza predisposte presso gli uffici finanziari per la compilazione delle dichiarazioni - hanno tuttavia incontrato critiche da parte del rappresentante del Consiglio nazionale dei dottori commercialisti, che ha ravvisato in esse il possibile insorgere di conflitti d'interessi: oltre al fatto che gli stessi funzionari dovranno poi procedere al controllo delle dichiarazioni per la cui redazione hanno prestato consulenza, egli ha segnalato la possibilità che vengano per tale via a costituirsi rapporti fiduciari con singoli contribuenti, che potrebbero risultare fonte di ingiusto vantaggio soprattutto nel momento in cui i medesimi funzionari, collocati a riposo, avviassero attività professionali disponendo già di potenziale clientela acquisita attraverso i precedenti rapporti di lavoro.

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Uno strumento che ha senza dubbio migliorato il rapporto tra i cittadini e l'Amministrazione finanziaria è costituito dall'istituto dell'interpello.
Il diritto d'interpello era già stato introdotto nel nostro ordinamento dall'articolo 21 della legge 30 dicembre 1991, n. 413, limitatamente a specifiche operazioni, tassativamente determinate dalla norma. L'istituto è divenuto operativo solo nel 1998, con l'emanazione delle disposizioni di attuazione.
Successivamente, l'articolo 11 della legge 27 luglio 2000, n. 212 (Statuto dei diritti del contribuente), ha introdotto una più ampia figura d'interpello, esperibile con riferimento a tutti i tributi. Con il decreto del Ministro delle finanze 26 aprile 2001, n. 209, sono state dettate le relative disposizioni attuative che hanno reso operante l'istituto. Questa forma d'interpello permette al contribuente d'inoltrare per iscritto all'Amministrazione finanziaria circostanziati e specifici quesiti concernenti l'applicazione delle disposizioni tributarie a casi concreti e personali, qualora vi siano obiettive condizioni d'incertezza sulla corretta interpretazione delle disposizioni stesse, senza tuttavia che ciò determini alcun effetto in relazione alle scadenze previste dalla normativa tributaria.
L'Amministrazione ha centoventi giorni per fornire la propria risposta, scritta e motivata, all'istanza del contribuente. Decorso inutilmente il suddetto termine, s'intende che l'Amministrazione concordi con l'interpretazione prospettata dal contribuente. Limitatamente all'oggetto del quesito, l'Amministrazione non può irrogare sanzioni al contribuente che non abbia ricevuto risposta entro il termine sopra indicato.
La risposta fornita (anche con il solo silenzio-assenso) vincola l'Amministrazione finanziaria nei confronti del solo contribuente istante e limitatamente al caso prospettato. Eventuali atti posti in essere dall'Amministrazione nei confronti del suddetto contribuente in difformità dalla risposta saranno pertanto nulli.
Nel caso in cui un numero elevato di contribuenti abbia formulato quesiti con riferimento a questioni identiche o analoghe, l'Amministrazione può rispondere collettivamente mediante una circolare o una risoluzione.
Nel corso delle loro audizioni, i direttori regionali dell'Agenzia delle entrate hanno sottolineato come diversi uffici regionali trattino le istanze d'interpello entro termini assai più brevi del massimo previsto dalla legge, rispondendo talvolta nello spazio di sessanta o settanta giorni.
È stato segnalato come spesso l'Amministrazione abbia provveduto a fornire una risposta al contribuente anche in casi nei quali l'interpello si sarebbe dovuto considerare inammissibile in quanto non presentato con le forme o nei limiti d'oggetto espressamente previsti. L'interpello è stato allora trattato come quesito posto dal contribuente, al quale gli uffici hanno fornito il proprio parere.
Il buon funzionamento dello strumento dell'interpello è stato reso possibile anche dalla creazione di un archivio di dati centralizzato, che permette agli uffici regionali di trasmettere per via informatica le richieste d'interpello e le risposte da essi preparate alla Direzione

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centrale delle entrate, la quale ne prende visione nel volgere di 24 ore, approvandole o indicando all'ufficio periferico soluzioni più opportune qualora l'interpretazione da esso proposta non sia compatibile con quella da adottarsi uniformemente a livello nazionale.
In tale ambito si sottolinea inoltre l'esigenza, già rilevata dalla Commissione Finanze, di favorire il coinvolgimento delle associazioni rappresentative dei consumatori e dei contribuenti al fine di migliorare ulteriormente la qualità dei rapporti tra fisco e contribuente.

3.2. Le Agenzie fiscali ed i rapporti con il Corpo della Guardia di Finanza.

La costituzione delle quattro Agenzie fiscali ha interessato circa 67 mila dipendenti dell'Amministrazione finanziaria.
Non si è trattato soltanto di un cambiamento formale. Ad esempio, dal 1o gennaio 2001 è stato accelerato e completato, come già detto, il processo di costituzione degli uffici unici delle entrate (processo iniziato dalla metà del 1997), nei quali è stato riunito il personale precedentemente in servizio nei soppressi uffici del registro, uffici dell'imposta sul valore aggiunto, intendenze e uffici delle imposte dirette. Oltre ai problemi pratici derivati dal mutamento di sede, si è quindi determinata la commistione tra le professionalità di dipendenti provenienti da settori tra loro assai diversi.
Il tema della formazione del personale è stato oggetto di numerose valutazioni da parte dei soggetti che la Commissione ha ascoltato. In particolare è stato sottolineato quanto la formazione sia rilevante per il personale posto a contatto con i cittadini: uffici aperti al pubblico, centri di assistenza telefonica e anche centri d'informazione telematica, i quali, pur funzionando attraverso comunicazioni elettroniche, richiedono comunque conoscenze ampie e precise da parte degli operatori, che non possono fornire informazioni erronee di cui porterebbe responsabilità l'Amministrazione.
Viene quindi a determinarsi una diversità tra il personale addetto alle strutture poste a contatto con il pubblico e quello degli uffici che svolgono le funzioni di accertamento, di controllo e le altre attività d'istituto: pur risultando necessaria una comune e solida base di competenza professionale, sono infatti diverse le caratteristiche e le attitudini personali richieste nei due casi.

3.2.1. L'Agenzia delle entrate.
Per quanto riguarda l'Agenzia delle entrate, l'attività di tale organismo si ripartisce, principalmente, fra due macro-aree di intervento: i servizi ai contribuenti e l'azione di contrasto all'evasione.
Della prima si è detto al paragrafo 3.1; va, parimenti, dato atto che l'Agenzia si è impegnata in uno sforzo di crescita della struttura dedicata all'attività di accertamento, attraverso il ricorso strategico alle tecnologie informatiche, intese come sistema complesso su cui far leva per migliorare la qualità e la quantità dei controlli.


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Governare l'accertamento, indirizzarne e coordinarne la gestione amministrativa, richiede l'esistenza di strumenti che permettano di parametrarne l'efficienza, valutare le cause degli spostamenti tra obiettivi e risultati e promuovere le necessarie azioni correttive.
Negli ultimi tempi, l'introduzione di nuove architetture e lo sviluppo del portafoglio applicativo hanno potenziato il sistema informatico a supporto dei controlli.
Per gli uffici collegati alla rete Intranet dell'Agenzia delle entrate è disponibile l'accesso al portale denominato FISCO (Funzioni integrate di supporto ai controlli), che integra in un ambiente unico tutti i prodotti informatici realizzati per l'accertamento.
Per un'efficiente ed efficace azione di contrasto all'evasione, la fase di selezione assume un ruolo fondamentale. In tale prospettiva, si collocano alcune delle applicazioni disponibili al sistema.
L'applicazione «RADAR» (Ricerca e analisi decisionale per accertamento dei redditi) consente di produrre elenchi di soggetti per periodo di riferimento, ambito territoriale, attività, tipo di reddito, fascia di volume di affari e ricavi, tipologia di anomalie (ad esempio, bassa rotazione delle scorte, costo del venduto elevato rispetto ai ricavi, bassa produttività) ed, ancora, permette di selezionare soggetti non congrui e non coerenti rispetto agli studi di settore.
L'applicazione «ET» (Evasori totali) consente la selezione di soggetti persone fisiche che non hanno presentato la dichiarazione dei redditi (lavoro autonomo, redditi d'impresa) per i quali risulta almeno un indizio di attività economica (concessioni di beni, iscrizione INPS, Camera di Commercio, ordini professionali, licenze, titolari di polizze assicurative, di veicoli commerciali, di utenze elettriche non domestiche) o un elemento di spesa (contributi versati, transazioni economiche, interessi passivi, spese di lavoro dipendente, premi assicurativi).
Con la procedura «Interrogazioni dati di bilancio» è possibile analizzare gli indici di bilancio di un soggetto ed ottenere il quadro della situazione economica, finanziaria e patrimoniale dell'impresa; è possibile, altresì, operare selezioni di contribuenti in base agli scostamenti tra i valori degli indici di bilancio immessi dall'operatore e quelli medi provinciali, regionali o nazionali.
L'applicazione informatica «BEE» (Banche dati enti esterni) permette di rilevare il possesso di beni (aerei e natanti) o la spesa sostenuta in relazione alla stipula di contratti assicurativi. È possibile effettuare selezioni in base all'importo del capitale assicurato, al tipo di assicurazione, all'importo del premio ed alla durata della polizza, tutti elementi utili per determinare la capacità reddituale del soggetto e procedere ad accertamento sintetico od anche utili per dimostrare che l'attività da cui il soggetto trae le proprie disponibilità finanziarie è, in realtà, più redditizia di quello che appare in base ai ricavi dichiarati e procedere, così, ad una specifica attività istruttoria, finalizzata ad accertare i ricavi o i compensi effettivamente conseguiti.
Passando dai temi relativi alla selezione a quelli concernenti l'accertamento, dal punto di vista delle innovazioni tecnologiche per l'accertamento dei tributi evasi certamente va menzionata la procedura gestionale dell'»Accertamento unificato», che consente la gestione

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informatica, in un unico ambiente, delle imposte dirette, dell'IVA e dell'IRAP.
Un ruolo primario hanno anche gli strumenti informatici a supporto del controllo di gestione per regolare e indirizzare l'azione amministrativa verso il raggiungimento degli obiettivi fissati in sede di programmazione.
Il pacchetto FISCO prevede, all'interno dell'area «Monitoraggio», l'applicazione «EVA» (Esiti verbali e accertamenti). Tale strumento consente di selezionare dimensioni di analisi che permettono valutazioni qualitative dell'attività svolta, rendendo possibile l'individuazione di eventuali anomalie quali, ad esempio, settori di attività poco controllati, sproporzioni fra le fonti d'innesco, percentuale di abbattimento della maggiore imposta accertata rispetto alle definizioni per adesione, grafici sullo stato di avanzamento delle attività di controllo, screening delle modalità istruttorie.
Accanto alle risorse tecnologiche, fondamentale per migliorare la performance dell'accertamento è la visione sistemica dell'azione di controllo che collochi il contrasto all'evasione al centro di un'azione combinata di efficaci politiche del personale, di tempestive azioni di tutela del credito erariale e di recupero, nonché di puntuali difese processuali.
Organizzazione, formazione, accertamento, riscossione, contenzioso, debbono costituire, quindi, un insieme di attività svolte attraverso fasi distinte, ma tra loro temporalmente e logicamente collegate, finalizzate al conseguimento dell'obiettivo comune di ridurre le aree di evasione e di agevolare la scelta del contribuente verso un adempimento spontaneo dei propri obblighi contributivi.
In tale contesto non occorre inoltre dimenticare il significativo ruolo rivestito dagli intermediari, in particolare dai Centri di assistenza fiscale (CAF) e dagli operatori professionali del settore (commercialisti, ragionieri e consulenti del lavoro), i quali hanno ormai assunto, e sempre più assumeranno in futuro, una funzione essenziale di interfaccia tra l'Amministrazione finanziaria, in particolare l'Agenzia delle entrate, ed i contribuenti, assicurando, oltre al tradizionale apporto di competenze professionali, un primo vaglio degli elementi contenuti nelle dichiarazioni nonché l'ordinato afflusso dei relativi dati in via telematica, consentendo pertanto all'Agenzia di razionalizzare l'attività degli uffici e di concentrare maggiormente le proprie risorse su attività di controllo e di analisi di carattere specifico.

3.2.2. L'Agenzia del territorio.
Per quanto riguarda l'Agenzia del territorio, sono stati segnalati problemi che si prevede possano sorgere a séguito del previsto decentramento delle funzioni catastali agli enti locali, secondo quanto previsto dal decreto legislativo 31 marzo 1998, n. 112.
Infatti l'articolo 66 del citato decreto legislativo n. 112 del 1998 attribuisce ai comuni le funzioni relative alla conservazione, utilizzazione e aggiornamento degli atti del catasto terreni e del catasto edilizio urbano, nonché alla revisione degli estimi e del classamento, ferma restando, a norma dell'articolo 65, la competenza statale


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relativamente alla predisposizione di procedure innovative per la determinazione dei redditi dei terreni e degl'immobili urbani ai fini delle revisioni generali degli estimi e del classamento e dell'individuazione di metodologie per l'esecuzione di rilievi, gli aggiornamenti topografici e la formazione di mappe e cartografie catastali.
L'articolo 64, comma 2, del decreto legislativo n. 300 del 1999 prevede che gli enti locali possano affidare mediante convenzione la gestione delle funzioni di tenuta e aggiornamento del catasto all'Agenzia del territorio.
In particolare, le associazioni sindacali di categoria hanno ricordato che dal trasferimento delle competenze seguirà necessariamente anche il trasferimento di personale dall'Agenzia ai comuni.
Infatti i decreti del Presidente del Consiglio dei ministri del 19 dicembre 2000 e del 21 marzo 2001 (pubblicati, rispettivamente, nella Gazzetta Ufficiale del 27 febbraio 2001, n. 48, e del 25 giugno 2001, n. 145) hanno individuato in quattromila unità il personale dell'Agenzia del territorio da trasferire agli enti locali, nel caso in cui tutti i comuni vogliano assumere la gestione del catasto.
In particolare, l'articolo 6 del decreto del Presidente del Consiglio dei ministri del 19 dicembre 2000 dispone che il trasferimento di funzioni, risorse e beni deve comunque essere completato entro tre anni dalla pubblicazione dello stesso decreto. Poiché quest'ultimo è stato pubblicato nella Gazzetta Ufficiale del 27 febbraio 2001, il termine indicato dal citato articolo 6 è venuto a scadere il 26 febbraio 2004.
Nell'audizione dell'11 marzo 2004, svoltasi presso la Commissione Finanze della Camera al di fuori dell'indagine, il Sottosegretario di Stato per l'economia e le finanze onorevole Maria Teresa Armosino ha informato che è stato predisposto uno schema di decreto del Presidente del Consiglio dei ministri volto a prorogare di due anni il predetto termine.
Anche in relazione a tale previsto trasferimento di personale le associazioni sindacali hanno tuttavia segnalato che l'Agenzia del territorio non prospetterebbe agli enti locali la possibilità alternativa consistente nell'affidamento della gestione all'Agenzia dietro pagamento di un corrispettivo. Le stesse hanno inoltre manifestato un forte disagio nei confronti dell'attuazione del processo di decentramento, per il timore e le insicurezze in merito agli spostamenti del personale e ad una paventata utilizzazione non professionalmente adeguata nell'impiego diretto presso i Comuni che, fra l'altro, palesano persistenti incertezze circa le modalità di esercizio delle funzioni.
Sono stati inoltre rilevati inconvenienti che potrebbero risultare dall'articolo 66 del decreto legislativo n. 112 del 1998 per quanto riguarda la revisione degli estimi e del classamento da parte degli enti locali.
Sebbene, come detto, rimanga assegnata alla competenza dello Stato la predisposizione di procedure innovative per la determinazione dei redditi dei terreni e degl'immobili urbani ai fini delle revisioni generali degli estimi e del classamento, l'attribuzione dei poteri agli enti locali potrebbe determinare applicazioni disomogenee nelle diverse parti del territorio nazionale, con differenze tali da comportare

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alterazioni nell'unità del sistema e conseguente lesione del principio d'eguaglianza.
A fronte delle problematiche emerse, l'Agenzia del territorio ha espresso la convinzione, peraltro diffusa, che il decentramento delle funzioni catastali non possa svilupparsi secondo le rigide modalità originariamente previste e i tempi fissati, suggerendo un'ipotesi di decentramento «flessibile», in grado di consentire a ciascun Comune di gestire direttamente un numero variabile di funzioni catastali, delegando le rimanenti alla stessa Agenzia. Un siffatto provvedimento introdurrebbe, quindi, la possibilità di acquisizione graduale da parte dei Comuni delle funzioni catastali e delle correlate risorse (umane, strumentali e finanziarie) attraverso «moduli» di attività e correlati servizi funzionali, così individuabili:
e) visure e certificazioni;
f) accettazione atti di aggiornamento delle banche dati catastali (Docfa, Docte, Pregeo, Voltura), in aggiunta alle funzioni ed ai servizi di cui alla lettera a);
g) trattazione degli atti di aggiornamento delle banche dati catastali comprendenti anche le attività di accertamento, integrazione e rettifiche, in aggiunta alle funzioni e ai servizi di cui alle lettere a) e b);
h) revisione degli estimi e del classamento, in aggiunta alle funzioni e ai servizi di cui alle lettere a), b) e c).
L'Agenzia del territorio ha avviato, anche quale presupposto fondamentale del processo di decentramento, il progetto Banca dati integrata, che ha il fine di integrare le banche dati del catasto e ipotecarie, garantendo l'univocità e l'attendibilità delle informazioni, eliminando le duplicazioni di dati e ampliando la gamma di servizi erogabili.
L'attendibilità delle informazioni relative alla consistenza e alla proprietà dei beni immobili rappresenta il requisito fondamentale del progetto, che risulta pertanto strettamente correlato con gli altri principali progetti in corso, quali l'Anagrafe dei beni immobiliari, il decentramento e la revisione degli estimi.
La costituzione di una banca dati integrata delle informazioni ipotecarie e catastali, e la conseguente possibilità di realizzare servizi integrati, è finalizzata ai seguenti obiettivi:
miglioramento dei servizi resi agli utenti, i quali potranno, con un'unica operazione, ottenere informazioni che, attualmente, reperiscono con l'accesso a diversi sportelli e con ricerche successive (verifica della situazione catastale e successivamente di quella ipotecaria);
possibilità di unificare le modalità e agli strumenti di aggiornamento delle banche dati;
aumento del livello di attendibilità delle informazioni.

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La disponibilità della Banca dati integrata consente, peraltro, una maggiore e più rapida fruibilità dei dati ipocatastali necessari all'Agenzia del territorio, in termini di dati statistici e consistenza del patrimonio immobiliare, all'Agenzia delle entrate per attività di accertamento e verifica del patrimonio immobiliare del contribuente, e alle altre utenze pubbliche e private, accrescendo la coerenza delle informazioni acquisibili.
Dall'audizione relativa all'Agenzia del territorio è inoltre emersa la presenza al suo interno, oggi e ancor più in prospettiva, di elementi distinti, che inducono ad evidenziare come la stessa possa e debba offrire attività e assumere atteggiamenti sempre più assimilabili a quelli di un'azienda erogatrice di servizi, per poter assicurare, nel doveroso rispetto del principio di economicità, una maggiore gamma e una migliore qualità dei propri servizi con un costo equilibrato nei confronti dei destinatari: Stato, enti locali, enti pubblici e mercato (cittadini, professionisti, associazioni).
Da qui l'esigenza, manifestata nel corso dell'audizione, di porre in opera misure volte a favorire un assetto dell'ente progressivamente più conforme alle logiche di gestione di un'azienda erogatrice di servizi, anche evidenziando elementi di forte discontinuità rispetto alla precedente gestione dipartimentale; in tale visione l'attuale «modello» può apparire non ancora pienamente adeguato, in particolare per alcune persistenti rigidità strutturali rilevanti sotto un profilo evolutivo, fra le quali sono state indicate e analizzate la questione dei limiti temporali troppo ristretti della Convenzione annuale (a partire dal 2004 la Convenzione ha assunto un orizzonte triennale), l'impostazione del modello economico-patrimoniale fondato su meri trasferimenti e la conseguente mancata correlazione costi-ricavi, che costituisce un significativo ostacolo per la razionalizzazione dei costi e per la responsabilizzazione della dirigenza per i risultati della gestione.
Tali problematiche potrebbero trovare adeguata soluzione solo attraverso una opportuna rivisitazione del suddetto modello istituzionale e organizzativo di riferimento, prevedendo, analogamente a quanto sta avvenendo per quanto riguarda l'Agenzia del demanio, la trasformazione dell'Agenzia in Ente pubblico economico.
In tale prospettiva appare inoltre opportuno segnalare la necessità che, in considerazione della specificità delle funzioni rese dall'Agenzia, le relative strutture siano adeguatamente distribuite su tutto il territorio nazionale, coniugando opportunamente l'esigenza di razionalizzare l'impiego delle risorse con quella di assicurare la piena fruibilità dei servizi ai cittadini.

3.2.3. L'Agenzia del demanio.
Per quanto riguarda l'Agenzia del demanio, è stato ricordato il ruolo che essa assume nella opera di valorizzazione del patrimonio dello Stato. È stato altresì sottolineato come l'attribuzione di autonomia regolamentare, amministrativa, patrimoniale, organizzativa, contabile e finanziaria per il perseguimento della propria missione, anche se con qualche difficoltà, abbia consentito di operare con efficacia e tempestività non usuali nel mondo della pubblica amministrazione.


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Relativamente a tale Agenzia si ricorda come il suo assetto abbia recentemente ricevuto una compiuta definizione attraverso la trasformazione in Ente pubblico economico, sulla quale non si ritiene di sollevare rilievi.

3.2.4. L'Agenzia delle dogane.
Per quanto riguarda l'Agenzia delle dogane, posta in funzione, come le altre Agenzie fiscali, a partire dal 1o gennaio 2001 (con decreto del Ministro delle finanze del 28 dicembre 2000), occorre innanzitutto ricordare che essa nel corso degli ultimi tre anni è stata soggetta ad una doppia riforma: da un lato, la trasformazione da Dipartimento in Agenzia, dall'altro, il passaggio da una gestione per materia ad una per funzioni omogenee.
Ciò ha costituito una duplice difficoltà, in quanto la precedente riforma del 1990, che ha istituito il Dipartimento delle dogane e delle imposte indirette, aveva solamente istituito tre Direzioni centrali, lasciando inalterato l'assetto organizzativo periferico e mantenendo la vecchia ripartizione di competenze per materia e non per funzioni.
Dal 18 aprile 2001 l'Agenzia si è data un nuovo assetto organizzativo e funzionale, per effettuare il passaggio da un indirizzo burocratico ad uno aziendale, rivolto all'utenza: tale assetto, in realtà, potrà esplicare tutte le sue potenzialità solo con il necessario completamento del processo di istituzione e attivazione dei nuovi «Uffici delle dogane», attualmente in corso a livello locale.
I risultati positivi sono comunque già visibili, e vanno nella direzione della semplificazione procedurale, della riduzione dei tempi di attesa, della capacità di rendere un servizio più apprezzato dagli utenti, contemperando le esigenze dell'erario nazionale e comunitario con quelle della società economica e civile.
L'Agenzia riveste funzioni strategiche di autorità doganale e assicura la gestione dei tributi sugli scambi internazionali e della fiscalità interna negli scambi internazionali, nonché delle imposte sulla produzione e il consumo dei beni soggetti ad accise, con esclusione di quelle relative ai tabacchi lavorati.
Le linee di intervento dell'Agenzia, volte alla compiuta attuazione del mercato interno e coerenti con il processo di armonizzazione e sviluppo della cooperazione doganale, sia a livello dell'Unione europea sia nell'ambito delle competenti sedi internazionali, sono periodicamente definite nelle Convenzioni sottoscritte con il Ministro dell'economia e delle finanze, e sono dirette al contrasto dell'evasione tributaria, del contrabbando e degli illeciti extra-tributari, contribuendo significativamente, specialmente in quest'ultimo settore, al contrasto della criminalità organizzata alle frontiere esterne dell'Unione europea, alla lotta al traffico illecito di stupefacenti, armi, materiali radioattivi, rifiuti tossici e prodotti nocivi, nonché alla tutela del patrimonio culturale e ambientale e dei diritti di proprietà intellettuale.
La dogana sta dunque assumendo sempre più anche un ruolo regolatore degli scambi internazionali, inteso nel senso di assicurare il rispetto delle regole da parte degli operatori e non solo di accertare


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e riscuotere tributi. Sono stati pertanto potenziati gli importanti compiti nel settore extratributario appena indicati, tra i quali la lotta alla contraffazione e la difesa delle privative industriali e dei prodotti italiani, che è stata anche rafforzata dalle disposizioni previste dalla legge finanziaria per il 2004 (articolo 4, commi 49 e seguenti), le quali hanno assegnato compiti specifici in materia all'Agenzia.
Va citata, in particolare, l'accresciuta attività di controllo ai fini della sicurezza, dopo i noti eventi terroristici dell'11 settembre 2001 e il perdurare della crisi internazionale, attività per la quale l'Agenzia delle dogane si è dimostrata particolarmente attrezzata, essendosi dotata già in precedenza di apparecchiature «scanner» tecnologicamente all'avanguardia.
Occorre prendere atto che l'Amministrazione doganale è impegnata in uno sforzo organizzativo di adeguamento della struttura, oltre che attraverso i processi di crescita professionale del personale, considerato la principale risorsa produttiva dell'Agenzia, anche attraverso l'acquisizione e lo sviluppo di strumenti e di metodologie che contribuiscono a qualificare il cambiamento in atto.
Sotto tale profilo si è dato notevole impulso dall'implementazione costante della banca dati, che supporta, insieme all'analisi dei rischi, il sistema del Circuito doganale di controllo (cosiddetto «canale verde»); tale sistema consente di selezionare i controlli delle merci, riducendo e semplificando, di conseguenza, le attività inerenti allo sdoganamento. In tal modo l'effettuazione di verifiche più approfondite è mirata alle situazioni di rischio effettivo, evidenziate anche tramite sistemi di intelligence.
In tale ottica si pone anche l'adozione di tecniche di «audit doganale» delle imprese (cosiddetta «certificazione» doganale delle imprese) volte ad assicurare la speditezza degli adempimenti doganali nel reciproco rapporto fiduciario tra l'utenza e l'Amministrazione.
Inoltre, allo scopo di potenziare le attività di contrasto all'evasione e ai fenomeni illeciti e/o fraudolenti riguardanti le merci, assicurando nel contempo la rapidità delle operazioni, l'Agenzia si è dotata di apparecchiature scanner - che, come già evidenziato, si sono rivelate utili anche ai fini della security - capaci di identificare la natura delle merci contenute all'interno dei container e degli autoveicoli, senza dover procedere necessariamente alla loro apertura ed allo scarico delle merci stesse.
Rispetto al quadro generale delle azioni poste in essere, si rileva anche che l'Agenzia delle dogane opera in stretto collegamento con gli organi comunitari nell'ambito dei processi di armonizzazione e di sviluppo dell'unificazione europea - sia per la definizione di normative comuni, sia per il rafforzamento della cooperazione tra le amministrazioni doganali - con particolare riferimento all'ingresso dei dieci nuovi Stati membri a partire dal 1o maggio 2004.
A tale proposito, l'Agenzia si è posta il problema dell'impatto sulle proprie attività e dell'eventuale ricollocazione del personale, essendo ovvio che, dopo l'allargamento dell'Unione europea, alcuni confini, come ad esempio quello con la Slovenia, diventeranno scarsamente significativi.

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Di fatto la dogana italiana, dopo l'allargamento, non avrà più frontiere terrestri, salvo quelle con la Svizzera, ma dovrà comunque continuare a presidiare i circa 8.000 chilometri di frontiera marittima, che rappresentano una significativa porzione della frontiera esterna dell'Unione europea, proiettata (tenuto conto dell'ingresso nell'Unione di Malta e Cipro), al centro del Mediterraneo.
Peraltro, considerato che lo scenario del commercio internazionale impone di esercitare azioni di controllo adeguate alle crescenti esigenze di sicurezza e di contrasto ai fenomeni fraudolenti, senza ostacolare la fluidità dei traffici, e tenuto conto che il blocco delle assunzioni operato negli ultimi anni ha determinato una diminuzione del personale di servizio rispetto a quello previsto, le eventuali eccedenze di personale in alcuni settori potranno essere opportunamente ricollocate in altri settori.
In particolare, una significativa quota di personale potrà essere utilizzata in quelle che vengono definite «frontiere invisibili», quali ad esempio la lotta alla illegalità, alla contraffazione e a tutti i fenomeni che possono turbare la libera circolazione delle merci e il libero svolgimento del commercio.
Per quanto riguarda l'Agenzia delle dogane, si può affermare che, nonostante il gravoso impegno legato alla sua profonda trasformazione, sono evidenti i risultati positivi ottenuti nei primi anni di funzionamento, attestati dalla completa realizzazione degli obiettivi stabiliti nelle Convenzioni. In tal modo, peraltro, resta dimostrata anche la validità del modello organizzativo per agenzie, certamente perfettibile, ma già in grado di essere apprezzato per i buoni frutti che sta portando.
Altra missione istituzionale dell'Agenzia, perseguita con particolare impegno negli ultimi anni, riguarda la semplificazione dei rapporti con gli operatori economici e con gli utenti, attraverso lo snellimento delle procedure e l'incentivazione dell'adempimento spontaneo degli obblighi fiscali. In tale prospettiva si colloca lo sviluppo dei servizi telematici all'utenza, che l'Agenzia ha realizzato a partire dalla costituzione del Servizio telematico doganale (EDI), che consente la presentazione per via telematica delle dichiarazioni doganali e degli elenchi riepilogativi delle operazioni intracomunitarie INTRA, e che è proseguito con la completa reingegnerizzazione dei processi e dei flussi di lavoro documentali, attualmente gestiti attraverso un nuovo sistema informatico (AIDA) che si connette direttamente, per alcune funzioni, con la sede degli operatori economici.
Bisogna anche riconoscere che i risultati positivi dell'Agenzia sono stati conseguiti nonostante la gravissima carenza di personale già evidenziata in precedenza, pari ad oltre il 28 per cento della dotazione teorica, ove si consideri che, al 31 dicembre 2002, risultavano presenti 10.001 unità, a fronte della dotazione organica di 13.894 unità, stabilita dal Regolamento di amministrazione.
È pertanto evidente la necessità di un potenziamento, anche quantitativo, del personale, tenuto conto che per l'aspetto qualitativo l'Agenzia ha attuato e sta attuando intensi programmi di formazione di tipo tecnico, specialistico e valoriale/manageriale.

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Appare quindi ben delineato un percorso volto al rafforzamento del ruolo del comparto doganale, in un contesto moderno ed europeo, con l'obiettivo, da un lato, di facilitare la speditezza dei traffici commerciali, attraverso la trasparenza e la semplificazione delle procedure, e, dall'altro, di contrastare le attività illecite, anche a tutela della salute e della sicurezza dei cittadini.
In tale ambito, particolare apprezzamento meritano le iniziative volte a fornire al sistema-paese servizi di qualità sempre più elevata, momento fondamentale nella gestione del rapporto con l'utenza, nonché le iniziative volte a sviluppare le attività di intelligence in linea con incisive strategie antifrode.
Bisogna inoltre ricordare, sempre per quanto riguarda il settore doganale, il rapporto con la Guardia di Finanza.
Le due strutture operanti in tale settore, quella civile (l'Agenzia, la cui attività è stata appena descritta), e quella militare (la Guardia di Finanza), che svolge il ruolo di polizia tributaria investigativa ai fini della lotta al contrabbando e ai traffici illeciti internazionali, risultano da sempre interconnesse e complementari.
Nessuna confusione o commistione di compiti si dovrebbe tuttavia ravvisare tra l'Agenzia delle dogane e la Guardia di Finanza, in quanto la normativa ha assegnato alla prima le strategie di indirizzo proprie dell'autorità doganale, a livello internazionale e interno, con il conseguente esercizio delle connesse, esclusive, competenze in materia di controlli negli spazi doganali, ferma restando la possibilità di ricorrere alla collaborazione della Guardia di Finanza, mentre alla seconda è affidata la responsabilità operativa della vigilanza economico-finanziaria e della sicurezza dei confini. Le sinergie operative tra la Guardia di Finanza e l'Agenzia delle dogane hanno senza dubbio ottenuto risultati positivi.
In quest'ambito occorre peraltro segnalare la necessità di definire meglio il coordinamento tra Agenzia delle dogane e Guardia di Finanza, disciplinato, in via generale, dal citato articolo 56 del decreto legislativo n. 300 del 1999, stabilendo, sulla base delle direttive del Ministro dell'economia e delle finanze, un confine certo e determinato per l'esercizio delle relative competenze.

3.3. Il Dipartimento per le politiche fiscali.

Nel decreto legislativo n. 300 del 1999, l'organizzazione ministeriale è concepita come uno strumento per lo svolgimento delle funzioni statali. L'organizzazione viene, infatti, modellata assumendo le funzioni come parametro dimensionale e qualitativo.
Al Ministero dell'economia e delle finanze, l'articolo 24 del citato decreto legislativo n. 300 del 1999 attribuisce, suddividendole in cinque aree, tutte le funzioni in materia di:
politica economico-finanziaria;
processi di formazione e gestione del bilancio dello Stato;


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programmazione, coordinamento e verifica degli interventi per lo sviluppo economico, territoriale e settoriale, e delle politiche di coesione;
politiche fiscali;
amministrazione dei servizi indivisibili e comuni.

Si tratta delle funzioni in precedenza attribuite al Ministero del tesoro (definizione delle politiche economiche, predisposizione del bilancio dello Stato e connessa gestione contabile, interventi dello Stato nella politica degli investimenti) e delle funzioni in precedenza attribuite al Ministero delle finanze e non trasferite alle Agenzie fiscali.
Anche l'articolazione interna del Ministero è caratterizzata dalle funzioni da svolgere. Sono stati, infatti, istituiti cinque dipartimenti, tante quante sono le aree funzionali appena indicate.

3.3.1. L'articolazione e il ruolo del Dipartimento.
In particolare, per quanto riguarda il Dipartimento per le politiche fiscali, lo stesso decreto legislativo n. 300 del 1999 già specificava che nell'area funzionale ad esso attribuita rientrava:
l'analisi del sistema fiscale;
la vigilanza e il controllo sulle agenzie fiscali e sugli altri enti della fiscalità;
il monitoraggio e il controllo del sistema informativo della fiscalità e della rete unitaria di settore;
l'informazione istituzionale nel settore della fiscalità.

Il regolamento di organizzazione - decreto del Presidente della Repubblica n. 107 del 2001 - ha ulteriormente specificato, con l'articolo 2, comma 1, i contenuti dell'area funzionale attribuita dalla legge al Dipartimento stesso precisando che quest'ultimo svolge un'attività di supporto per le decisioni dei vertici politici, cura l'attuazione delle decisioni stesse, favorisce lo sviluppo del federalismo fiscale e dell'integrazione comunitaria.
Il medesimo regolamento procede anche ad una ulteriore specificazione delle funzioni ad esso attribuite individuandole in quelle di:
analisi, elaborazione e valutazione delle politiche economico fiscali;
analisi, elaborazione e valutazione delle politiche e delle misure giuridico-tributarie;
pianificazione e coordinamento (elaborazione delle informazioni necessarie per la programmazione degli obiettivi per la gestione delle funzioni fiscali da parte delle Agenzie; attività propedeutica alla stipula delle convenzioni con le Agenzie stesse);


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controllo e monitoraggio (verifica sui risultati di gestione delle Agenzie in relazione agli obiettivi fissati dalla convenzione);
valutazione delle modalità complessive dell'esercizio delle funzioni fiscali da parte delle agenzie sotto il profilo della trasparenza e della imparzialità (vigilanza);
comunicazione istituzionale;
coordinamento del sistema informativo della fiscalità.

Si tratta, essenzialmente, di funzioni «di supporto» all'attività del Ministro nella definizione della politica fiscale, nei rapporti con le Agenzie fiscali e nel rapporto con i contribuenti.
Nel definire gli uffici di livello dirigenziale generale, l'articolo 4 del citato regolamento di organizzazione del Dipartimento segue, in via di principio, il metodo utilizzato per individuare i dipartimenti del Ministero attribuendo ad ogni ufficio una delle aree funzionali individuate. Tale regola subisce, però, due eccezioni. Il citato articolo 4 istituisce, infatti, 8 uffici di livello dirigenziale generale. Si tratta degli uffici:
studi e politiche economico-fiscali;
studi e politiche giuridico-tributarie;
agenzie e enti della fiscalità;
amministrazione delle risorse;
relazioni internazionali;
federalismo fiscale;
comunicazione istituzionale;
di coordinamento delle tecnologie informatiche.

Mentre gli uffici che si occupano di politica fiscale, quelli della comunicazione istituzionale e del coordinamento dei sistemi informativi svolgono, ognuno, una delle funzioni suindicate, l'ufficio che si occupa di agenzie ed enti della fiscalità svolge due delle medesime funzioni e nessun ufficio di livello dirigenziale generale si occupa della funzione di vigilanza sulle modalità di esercizio delle funzioni statali da parte delle Agenzie.
Tale funzione viene attribuita dall'articolo 3 del decreto del Presidente della Repubblica n. 107 del 2001 ad un ufficio di livello dirigenziale non generale che opera alle dirette dipendenze del Capo del Dipartimento.
Quest'ultimo, infatti, sul modello di quanto previsto per il Ministro, ha, ai sensi del citato articolo 3 del decreto del Presidente della Repubblica n. 107 del 2001, alcuni uffici che operano alle sue dirette dipendenze. Si tratta, oltrechè dell'ufficio preposto allo svolgimento del suddetto servizio di vigilanza, anche dell'ufficio per il controllo interno di gestione.


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Ai sensi dell'articolo 2 del decreto del Presidente della Repubblica n. 107 del 2001, il Dipartimento è centro unitario di direzione amministrativa della fiscalità statale. Più specificamente deve assicurare la conoscenza dei dati necessari per la elaborazione delle decisioni politiche e curarne l'attuazione. Deve, inoltre, pianificare e coordinare la gestione delle funzioni fiscali da parte delle Agenzie nonché curare la comunicazione istituzionale.
Il Dipartimento svolge, quindi, diverse funzioni.
Deve, innanzitutto, trasformare la volontà politica in atto normativo.
Deve, inoltre, contribuire a pianificare e controllare l'attività di gestione dei tributi effettuata dalle Agenzie.
Nella prospettiva organizzativa adottata con l'articolo 3 del decreto legislativo n. 29 del 1993 per l'intero settore delle Amministrazioni pubbliche, è fondamentale il principio della distinzione tra la funzione di indirizzo e controllo, da un lato, e quella di attuazione e gestione dall'altro. Per le amministrazioni che sono espressione di rappresentanza politica, la prima funzione è svolta dagli organi di governo e viene definita, dal medesimo articolo 3 del decreto legislativo n. 29 del 1993, di «indirizzo politico-amministrativo» mentre la seconda è svolta dai dirigenti delle Amministrazioni stesse cui spetta, in via esclusiva, la gestione dell'attività amministrativa.
In questo contesto il Dipartimento delle politiche fiscali assume una posizione «peculiare» rispetto a quella degli altri Dipartimenti del Ministero dell'economia e delle finanze in generale e a quello della Ragioneria generale dello Stato in particolare, perché partecipa, in senso lato, allo svolgimento della funzione politica in campo tributario ma non gestisce i tributi. Tale attività è, infatti, attribuita, in via di principio, alle Agenzie fiscali che, a differenza delle altre agenzie previste dal decreto legislativo n. 300 del 1999, non sono strutture tecnico-operative al servizio dell'organizzazione ministeriale ma veri e propri enti pubblici dotati di autonomia rispetto a tale organizzazione.
Ciò ha indotto ad esplorare nel dettaglio i rapporti tra il Dipartimento e le altre strutture che operano nel settore della fiscalità allo scopo di meglio comprendere il ruolo ad esso effettivamente attribuito dal legislatore.

3.3.2. Il rapporto con gli uffici di diretta collaborazione.
Nella fase di elaborazione della politica fiscale, quando assicura la conoscenza dei dati necessari per le decisioni politiche, il Dipartimento si pone come «consulente tecnico» del Ministro quando, invece, cura l'attuazione delle decisioni stesse, si pone anche come «consulente giuridico»; quando, infine, promuove la conoscenza del sistema fiscale e dei suoi effetti si pone come «consulente per la comunicazione». In ogni caso, però, si muove nel «campo» degli uffici di diretta collaborazione del Ministro stesso. Ai sensi dell'articolo 3 del decreto del Presidente della Repubblica n. 227 del 2003, infatti:
l'Ufficio del coordinamento legislativo, tra l'altro, cura l'attività di definizione delle iniziative legislative e regolamentari e svolge attività di consulenza giuridica per il Ministro e i Sottosegretari;


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la segreteria tecnica assicura il supporto conoscitivo specialistico, in campo economico, per l'elaborazione, l'impostazione e la verifica degli effetti di politiche generali e di settore con riguardo alla individuazione degli interventi di finanza pubblica necessari;
l'Ufficio stampa cura i rapporti con il sistema e gli organi di informazione nazionali e internazionali, promuove e gestisce iniziative editoriali di informazione istituzionale.

Un'esigenza definitoria delle competenze spettanti agli uffici in esame rispetto a quelle del Dipartimento traspare dallo stesso decreto del Presidente della Repubblica n. 227 del 2003, laddove viene precisato che:
l'Ufficio del coordinamento legislativo cura la propria attività «con la collaborazione, anche ai fini dello studio e della progettazione normativa, dei competenti uffici dirigenziali generali»;
l'Ufficio stampa svolge la propria funzione «anche in raccordo con le strutture amministrative del Ministero».

Nella stessa direzione sembra indirizzarsi lo sforzo «definitorio», profuso nel decreto del Presidente della Repubblica n. 107 del 2001, volto a definire o preservare le competenze degli uffici di diretta collaborazione rispetto a quelle del Dipartimento.
L'articolo 6 di tale provvedimento, nell'attribuire all'Ufficio studi e politiche giuridico-tributarie il compito di predisporre studi per l'elaborazione della normativa fiscale, precisa che lo stesso deve essere svolto fatte salve «le attribuzioni degli uffici di diretta collaborazione del Ministro» e, nell'attribuire al medesimo ufficio l'attività di predisposizione degli schemi di atti normativi, di relazione tecniche, amministrative e finanziarie sui disegni di legge e sugli emendamenti, stabilisce che essa deve essere svolta «a richiesta del Ministro». L'articolo 5 del medesimo provvedimento, nell'attribuire all'Ufficio studi e politiche economico-sociali il potere di attivare, governare e aggiornare i flussi informativi necessari alla funzione di elaborazione delle politiche economico-fiscali, precisa che tale potere deve essere esercitato «sulla base di specifiche direttive del Ministro» e che, comunque, l'Ufficio «concorre alla elaborazione delle proposte di politica fiscale».
Anche nella fase della pianificazione degli obiettivi da assegnare alle Agenzie e in quella del controllo del loro raggiungimento non è agevole disegnare i confini fra l'intervento del Dipartimento e quello degli uffici di diretta collaborazione del Ministro.
L'articolo 7 del decreto del Presidente della Repubblica n. 107 del 2001, nell'attribuire all'Ufficio agenzie ed enti della fiscalità le funzioni di pianificazione, coordinamento, controllo e monitoraggio dell'attività degli enti che si occupano di tributi, stabilisce, infatti, che l'Ufficio stesso:
effettua la verifica sui risultati di gestione delle Agenzie «ferma rimanendo l'attività del Ministro di valutazione e controllo strategico nonché di alta vigilanza»;


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valuta le modalità complessive dell'esercizio delle funzioni fiscali da parte delle agenzie «ferma rimanendo l'attività del Ministro di alta vigilanza».

3.3.3. Il rapporto con le Agenzie fiscali.
Un aspetto particolarmente rilevante dell'operatività del Dipartimento per le politiche fiscali è quello costituito dai rapporti con le Agenzie fiscali; a tale riguardo è fondamentale tenere presente che il sistema delineato dal decreto legislativo n. 300 del 1999 è incentrato sull'autonomia delle Agenzie fiscali. Tale autonomia «vale» sia per distinguere le responsabilità politiche da quelle amministrative sia, per consentire una «gestione manageriale» dei tributi.
Ciò significa che, in via di principio, la funzione di gestione dei tributi è svolta sotto la responsabilità dei Direttori delle Agenzie, e che, essendo preposte alla suddetta gestione, le Agenzie sono interlocutori istituzionali dell'autorità politica nello svolgimento dell'attività in campo fiscale. Ciò risulta dagli Statuti delle Agenzie fiscali, che espressamente ricomprendono tra i fini istituzionali il «supporto alle attività del Ministero delle finanze».
Anche rispetto alle Agenzie fiscali, quindi, il Dipartimento incontra difficoltà a ritagliarsi un ruolo ben definito, soprattutto se si tiene conto del fatto che le Agenzie possono svolgere alcune delle attività (quelle di «consulenza giuridica» sopratutto) che svolgono alcune strutture del Dipartimento, mentre quest'ultimo non può partecipare alle attività di gestione dei tributi neanche per gli aspetti strettamente connessi all'attuazione dell'indirizzo politico, come la redazione delle circolari interpretative di carattere generale.
In proposito va, inoltre, osservato come questa limitazione sembri dovuta proprio al ruolo assunto dalle Agenzie fiscali e non sia connaturato al tipo di attività che il legislatore ha attribuito al Dipartimento.
Quest'ultimo, infatti, attraverso l'Ufficio del federalismo fiscale, non si limita a svolgere funzioni di supporto all'attività del Ministro, ma svolge un'attività di coordinamento nella gestione dei tributi locali che si estrinseca proprio nella emanazione di circolari interpretative.

3.3.4. I rapporti tra il Dipartimento per le politiche fiscali e le Agenzie circa l'interpretazione amministrativa delle norme.
Nel corso dell'indagine conoscitiva sono state in particolare approfondite alcuni problemi relativi ai rapporti tra il Dipartimento per le politiche fiscali e le Agenzie con riferimento all'interpretazione delle norme.
A questo riguardo occorre innanzitutto segnalare come nessuna disposizione di legge sancisca espressamente a quale organo spetti l'interpretazione delle norme tributarie: se ne può dedurre che la nuova organizzazione dell'Amministrazione finanziaria affidi alla singola Agenzia, per le materie di propria competenza, l'interpretazione delle norme che il Dipartimento per le politiche fiscali formula, unitamente agli uffici di diretta collaborazione, sulla base degli indirizzi politici.


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Restano, comunque, al Dipartimento stesso il compito di dettare gli indirizzi su materie di maggiore e generale rilevanza in materia di interpretazione, nonché il controllo e la verifica degli effetti che gli atti interpretativi delle Agenzie possono produrre sui contribuenti, specialmente in materia di applicazione corretta e omogenea sul territorio e nei confronti delle diverse categorie.
Peraltro, è stato rilevato che, finché si tratta di circolari illustrative, è opportuno che l'elaborazione spetti a chi deve applicare la normativa, cioè all'Agenzia competente. In alcuni casi, tuttavia, le circolari interpretative hanno avuto un carattere invasivo, nel senso di ampliare, restringere o addirittura innovare la materia, introducendo, quindi, elementi non previsti dalla legge stessa.
In questi casi limite è, quindi, necessario l'intervento del Dipartimento per le politiche fiscali, con una diretta assunzione di responsabilità da parte del Ministero.
Per quanto riguarda i profili della fiscalità locale, non riconducibile ad una singola Agenzia, l'interpretazione delle norme spetta unicamente al competente ufficio del Dipartimento delle politiche fiscali.
I rappresentanti degli ordini professionali hanno sottolineato la necessità di prevedere un sistema che permetta di superare eventuali contrasti tra il Ministero e l'Agenzia, al fine di evitare incertezze sia nel contribuente, ma soprattutto nei professionisti che lo assistono.
Gli stessi rappresentanti hanno auspicato la creazione di occasioni di confronto periodico con l'Amministrazione finanziaria, per verificare se le discrepanze e le difficoltà interpretative ravvisate e segnalate siano effettive o dipendano da erronee presupposizioni, anche allo scopo di evitare un continuo ricorso all'istituto dell'interpello, che potrebbe diventare eccessivo, pletorico e, potrebbe, in ipotesi estreme, generare diversità di risposte essendo rimesso agli organi periferici dell'Agenzia.
Analogamente, i rappresentanti della Confindustria hanno sottolineato come sia necessaria una definizione dei compiti molto precisa. Le Agenzie, nelle proprie circolari, dovrebbero limitarsi a fornire interpretazioni, corrispondenti al dettato normativo. L'interpretazione tale da modificare - nei limiti ammessi per tale strumento - la situazione normativa legislativa deve provenire da un unico ente centrale in grado di fornire indicazioni valide per tutte le agenzie regionali, così da evitare che interpretazioni diverse fornite a livello regionale mettano in conflitto tra loro le Agenzie regionali stesse, provocando, inevitabilmente, una grave e dannosa incertezza presso gli operatori giuridici e i contribuenti.

3.3.5. Il rapporto con gli altri Dipartimenti del Ministero dell'economia e delle finanze.
Il fatto che il Dipartimento delle politiche fiscali svolga un'attività che è essenzialmente di supporto all'attività del Ministro nella predisposizione della politica fiscale, peraltro in concorso con le Agenzie fiscali, pone lo stesso in posizione di minor rilevanza funzionale rispetto agli altri Dipartimenti del Ministero dell'economia


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e delle finanze in generale e, in particolare, rispetto al Dipartimento della Ragioneria generale dello Stato, che ha una propria articolazione periferica e non condivide con altri enti lo svolgimento dei propri compiti.
Va, inoltre, osservato che, a differenza di altri Dipartimenti, quello delle politiche fiscali ha un proprio Ufficio di amministrazione delle risorse.
Tenuto conto del fatto che, ai sensi dell'articolo 5 del decreto legislativo n. 300 del 1999, ad ogni Dipartimento sono stati attribuiti sia i compiti finali concernenti la materia di competenza sia i relativi compiti strumentali, l'esistenza della suddetta struttura all'interno del Dipartimento sembrerebbe rispettosa del dettato normativo.

3.3.6. Il rapporto tra gli uffici del Dipartimento.
Il profilo funzionale di ogni Ministero è, per un verso, delineato dalla «missione» ad esso attribuita, e, per altro verso, si estende, per settori, al versante comunitario ed internazionale della missione stessa.
L'articolo 2, comma 4, del decreto legislativo n. 300 del 1999 stabilisce, infatti, che ogni singolo ministero può intrattenere, nelle materie di competenza, rapporti con l'Unione europea e con le organizzazioni e le agenzie internazionali di settore. Per quanto riguarda il Ministero dell'economia e delle finanze va ricordato soprattutto il ruolo svolto da quest'ultimo, attraverso il Dipartimento del Tesoro, nella gestione degli affari economici e finanziari a livello internazionale.
Nel settore fiscale si registra, però, anche in questo delicato settore, una articolazione complessa. Il Dipartimento delle politiche fiscali ha un ufficio, quello delle relazioni internazionali, che assicura, in raccordo con gli uffici di diretta collaborazione del Ministro, anche per le necessarie intese con il Ministero degli affari esteri, la partecipazione dell'Italia allo sviluppo dell'integrazione europea e della cooperazione internazionale in campo tributario partecipando alla formazione degli atti e delle normative in sede bilaterale, comunitaria e internazionale.
Una competenza in materia di fiscalità comunitaria ed internazionale sembra, però, essere stata attribuita, con il decreto ministeriale del 21 novembre 2001, anche all'Ufficio studi e politiche economico-tributarie, presso il quale esiste un Reparto (VII) che raccoglie i dati della fiscalità comunitaria e internazionale al fine di effettuare analisi economiche comparative e prepara un documento annuale di comparazione dei sistemi fiscali sotto il profilo giuridico-tributario, economico e di competitività nell'attrazione dei capitali internazionali.
Una competenza nella materia in esame è, infine stata attribuita dal citato Decreto ministeriale del 21 novembre 2001 anche all'Ufficio studi e politiche giuridico-tributarie, poiché ogni reparto che si occupa di fiscalità annovera tra i propri compiti istituzionali anche quello di predisporre gli elementi per l'elaborazione, nelle materie di competenza e in collegamento con l'ufficio legislativo, della normativa comunitaria ed internazionale.


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A completare il quadro degli attori istituzionali sulla scena della politica estera italiana in campo tributario non potevano mancare le Agenzie fiscali che, peraltro, da tempo intrattenevano rapporti diretti con le istituzioni comunitarie. Tra i fini istituzionali dell'Agenzia delle entrate e di quella delle dogane, infatti, rientra anche la collaborazione, secondo gli indirizzi impartiti dal Ministro, alle istituzioni dell'Unione europea oltre allo svolgimento dei compiti necessari per l'adempimento, nella materie di competenza, degli obblighi internazionali assunti dallo Stato.
Alla luce delle considerazioni esposte, una razionalizzazione della struttura dipartimentale, volta a valorizzarne le funzioni, è certamente auspicabile. Essa può essere condotta nel pieno rispetto dell'autonomia riconosciuta dalla legge alle Agenzie fiscali nella gestione dei tributi ma deve mirare ad attribuire alla struttura stessa un ruolo meglio definito sia nella elaborazione ed attuazione delle politiche fiscali sia nella attività di indirizzo e controllo dell'attività delle Agenzie fiscali.

3.4. Problematiche relative al trattamento del personale dell'Amministrazione finanziaria.

Un aspetto di particolare delicatezza, sollevato nel corso delle audizioni, della generale problematiche attinente al trattamento del personale dell'Amministrazione finanziaria riguarda i problemi derivanti dal diverso trattamento economico del personale delle Agenzie fiscali rispetto a quello della Guardia di Finanza.
Il trattamento economico del personale delle Agenzie, prevede infatti, a seguito del rinnovato assetto organizzativo dell'Amministrazione finanziaria, l'accesso a forme di retribuzione, sotto il profilo stipendiale, ma soprattutto per la parte accessoria, di maggior vantaggio rispetto a quelle esistenti per il personale del Corpo della Guardia di Finanza.
Ciò genera insoddisfazione tra i militari di tale Corpo, anche in ragione del complesso di attribuzioni, oneri e responsabilità derivanti dalla natura di forza di polizia che contraddistingue la Guardia di Finanza.
Ad esempio, nel corso dell'indagine è stato segnalato che un dirigente di seconda fascia, corrispondente orientativamente a un generale di brigata della Guardia di Finanza, può guadagnare fino a 100 mila euro all'anno, a fronte dei 77 mila euro percepiti dal generale di brigata.
Un aspetto assai singolare dei rapporti retributivi tra il personale dei due enti è stato segnalato, nel corso dell'audizione del Comandante del Corpo della Guardia di Finanza, in relazione al Fondo assistenza finanzieri, il quale viene alimentato destinandovi una percentuale delle sanzioni irrogate.
A seguito della recente riforma del sistema tributario, le verifiche continuano ad essere effettuate dalla Guardia di Finanza, spetta, tuttavia, all'Agenzia delle entrate stabilire se accogliere in toto oppure in parte le verifiche effettuate dalla Guardia di Finanza. Qualora si


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dovesse giungere, grazie all'introduzione tra Agenzia e contribuente di forme di accertamento concordato, a determinare una cifra diversa da quella accertata dalla Guardia di Finanza, una percentuale di tale accertamento confluirebbe nel fondo contrattuale dell'Agenzia delle entrate, anziché nel Fondo assistenza finanzieri.
Differenze nel trattamento economico del personale si possono tuttavia ravvisare anche tra le Agenzie stesse e all'interno di esse.
Infatti, il personale dell'Agenzia delle entrate ha un trattamento economico diverso da quello dell'Agenzia delle dogane e da quello delle Commissioni tributarie, mentre il personale dell'Agenzia del territorio e dell'Agenzia del demanio versa in una situazione retributiva assai inferiore.
Inoltre, il trattamento retributivo del personale direttivo esterno (dirigenti apicali, di prima e seconda fascia) delle Agenzie, in particolare del demanio e del territorio, essendo negoziato autonomamente con le Agenzie stesse, determina livelli retributivi non paragonabili rispetto al trattamento economico degli appartenenti alle altre amministrazioni dello Stato. Conseguentemente, si possono creare situazioni in cui dirigenti di provenienza statale si trovano ad operare con personale sottoposto che tuttavia, provenendo dall'esterno, gode di un trattamento economico doppio o triplo.
In linea generale, la Commissione sottolinea l'assoluta necessità di garantire che il rinnovo del contratto collettivo di lavoro delle Agenzie fiscali avvenga senza soluzioni di continuità, in modo da favorire la migliore operatività alle Agenzie e di garantire l'efficace svolgimento delle funzioni pubbliche affidate a tali organismi.
Un ulteriore aspetto attinente alle problematiche del personale riguarda la necessità di individuare adeguate soluzioni alla questione dei vincitori di concorsi a funzioni dirigenziali, i quali, nonostante siano stati riconosciuti idonei alla funzione, che in molti casi ricoprono del resto da tempo, non hanno ancora ottenuto formale riconoscimento della loro posizione dirigenziale.

3.5. Le Commissioni tributarie.

Nel complessivo quadro di riorganizzazione dell'Amministrazione, il Governo ha segnalato il ruolo centrale svolto dal personale delle Commissioni tributarie in ragione della specificità delle funzioni ad esso attribuite.
Questa considerazione è avvalorata dalle innovazioni recentemente intervenute in materia di contenzioso tributario, tra cui in particolare l'ampliamento della giurisdizione tributaria a tutte le controversie aventi ad oggetto i tributi d'ogni genere e specie, con il conseguente incremento del carico di lavoro degli uffici che assistono gli organi di tale giurisdizione.
Il personale adempie in quest'àmbito compiti che presuppongono il possesso di conoscenze specifiche, riferite non solo alla sfera giuridico-amministrativa (in relazione agli adempimenti procedimentali), ma anche a quella tecnica (per l'impiego di strumenti informatici): tali competenze si esplicano nell'esercizio di attività poste in


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essere sia prima della trattazione del ricorso (ricezione e registrazione di atti, enucleazione dei dati e loro immissione negli archivi informatici), sia dopo la decisione da parte dell'organo giurisdizionale.
Il Governo ha ricordato a questo proposito che dal 20 marzo 2001 i dati aggregati relativi al contenzioso tributario sono stati resi accessibili anche a soggetti esterni i quali, da postazioni remote, possono usufruire di servizi d'interrogazione telematica.
Il Governo ha perciò rilevato la necessità di assicurare al personale delle Commissioni tributarie autonomia gestionale e specifiche opportunità di formazione professionale, le quali tengano conto delle esigenze di preparazione specialistica degli operatori, che, pur continuando a operare nell'ambito del Ministero dell'economia e delle finanze, manifestano esigenze formative di contenuto diverso rispetto a quelle riferite al personale operante in altri settori dell'Amministrazione.
A questo riguardo la Commissione ritiene che al personale delle Commissioni debba vedere riconosciuta formalmente la specificità delle funzioni svolte, che risultano del tutto peculiari all'interno del complesso dell'Amministrazione finanziaria.

3.6. I Comitati di coordinamento finanziario.

Il Governo ha fornito chiarimenti anche in merito ai Comitati di coordinamento finanziario. Innanzitutto, la costituzione di questi comitati non deve essere intesa come un ritorno alle vecchie Intendenze di finanza.
Essi originano da una recente iniziativa che interessa tre strutture dell'Amministrazione (Guardia di Finanza, Agenzia delle entrate e Dipartimento della ragioneria generale dello Stato) con l'obiettivo di raggiungere un maggiore coordinamento, a livello centrale e periferico, di queste strutture del Ministero. I Comitati hanno il compito esclusivo di monitorare i flussi di spesa e di entrata a livello centrale e territoriale, coinvolgendo in sinergia le varie articolazioni dell'Amministrazione.
Con i comitati di coordinamento finanziario si vuole anche operare una omogeneizzazione dell'azione amministrativa delle attuali componenti del Ministero dell'economia e delle finanze, al fine di costituire un centro forte e visibile dell'Amministrazione finanziaria, senza alterare minimamente la sfera dei poteri di ciascun ente.
A livello di coordinamento locale, saranno impegnati, in tale compito, gli uffici dell'Agenzia delle entrate così come i comandi della Guardia di Finanza e gli uffici periferici della Ragioneria dello Stato. I comitati regionali avranno, poi, l'onere di segnalare al coordinamento nazionale il risultato delle loro analisi. Dal punto di vista operativo, dopo l'insediamento del Comitato di coordinamento nazionale, presso la Ragioneria generale, sono previste riunioni mensili a livello centrale, ed entro breve tempo verranno individuati anche i settori sui quali avviare l'intervento.


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3.7. L'Amministrazione autonoma dei Monopoli dello Stato.

Anche se non vi è stata una apposita audizione dei vertici dei Monopoli di Stato, il Governo ha ricordato come l'Amministrazione autonoma dei Monopoli dello Stato goda già di un'autonomia gestionale che discende dalla specificità e dal tecnicismo della materia che la legge le attribuisce.
Le modifiche recate dal decreto legislativo n. 173 del 2003 completano l'attribuzione ai Monopoli di Stato della competenza in materia di giochi, già delineata dall'articolo 12 della legge 383 del 2001, che prevedeva l'assegnazione all'Amministrazione autonoma dei Monopoli di Stato di tutte le competenze relative all'organizzazione e all'esercizio di giochi, scommesse e concorsi pronostici, nonché le funzioni in materia di amministrazione, riscossione e contenzioso delle accise sui tabacchi lavorati, già attribuite, rispettivamente, dell'Agenzia delle entrate e dell'Agenzia delle dogane.
L'unificazione ha lo scopo di realizzare una gestione, in materia di giochi, che elimini sovrapposizioni dannose per il gettito erariale. Tale impostazione è stata seguita anche per ciò che concerne il passaggio alla stessa Amministrazione autonoma dei Monopoli di Stato della gestione delle concessioni delle commesse sportive, che precedentemente erano attribuite al CONI.

3.8. La Scuola Superiore dell'economia e delle finanze.

Nel corso dell'audizione è stato ascoltato anche il Rettore della Scuola Superiore dell'economia e delle finanze. Essa è un'istituzione di alta cultura, formazione e ricerca che opera per soggetti interni ed esterni all'Amministrazione finanziaria, sia pubblici che privati, a livello nazionale e internazionale.
La Scuola si è dotata di una connotazione accademica universitaria ed ha progressivamente allargato le proprie competenze anche al di fuori dell'ambito tributario che contrassegnava la precedente Scuola Centrale Tributaria fondata da Ezio Vanoni nel 1957. Nel 2002 e nel 2003 la Scuola ha notevolmente incrementato la propria offerta formativa, che risulta più che raddoppiata rispetto alla media degli anni precedenti, ed ha sviluppato una proficua collaborazione con il mondo universitario.
Il giudizio sull'attività svolta dalla Scuola risulta senz'altro positivo, essendo la stessa diventata un sicuro punto di riferimento per la formazione di tutte le Amministrazioni pubbliche ed avendo acquisito un indubbio prestigio presso le imprese e i professionisti nonché una positiva considerazione da parte delle istituzioni universitarie.
Si ritiene, pertanto, opportuno che la Scuola prosegua sulla strada intrapresa e si raccomanda, in particolare, che:
venga ulteriormente approfondito e incrementato l'interscambio di esperienze didattiche e di docenti tra la Scuola e il mondo universitario, anche mediante l'organizzazione in comune di corsi di


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laurea e di specializzazione e il co-finanziamento di dottorati e di assegni di ricerca;
la formazione del personale del Ministero dell'economia e delle finanze, compreso quello delle Agenzie fiscali, venga affidata alla Scuola, che possiede più di ogni altra istituzione le competenze e le capacità necessarie a tal fine e ha anche dimostrato di essere in grado di gestire con successo un notevole volume di offerta formativa;
vengano incrementate le iniziative a favore degli ordini professionali e delle associazioni di categoria, miranti soprattutto ad assicurare un confronto costante e approfondito tra la pubblica amministrazione e gli operatori economici.

3.9. Il Servizio consultivo e ispettivo tributario.

Il Servizio consultivo ed ispettivo tributario (SECIT) è stato istituito con il decreto legislativo 5 ottobre 1998, n. 361, che ha trasformato il Servizio centrale degli ispettori tributari previsto dall'articolo 9 della legge 24 aprile 1980, n. 146. Il ruolo del Servizio consultivo e ispettivo tributario è stato ridefinito dal decreto legislativo 3 luglio 2003, n. 173, recante riassetto organizzativo del Ministero dell'economia e delle finanze e delle Agenzie fiscali; esso ha integrato l'articolo 25 del decreto legislativo n. 300 del 1999, stabilendo che il Servizio opera alle dirette dipendenze del Ministro. Attualmente, ai sensi dell'articolo 22 del decreto del Presidente della Repubblica 26 marzo 2001, n. 107, recante il regolamento generale di organizzazione del Ministero delle finanze, il SECIT è ricompreso tra gli Uffici di diretta collaborazione del Ministro delle finanze.
Il Governo ha sottolineato non essere propria intenzione di disperdere le professionalità acquisite nel corso degli anni da parte di tale organismo. Il modello organizzativo del SECIT offre infatti al Ministero dell'economia e delle finanze opportunità gestionali e livelli di flessibilità ed efficienza non surrogabili, attraverso il contributo di esperti provenienti da diverse realtà (magistratura, ministeri, Guardia di finanza, università, istituti di ricerca, libere professioni). Nel corso delle audizioni è stato ricordato come il Servizio predisponga ricerche di settore di elevato livello e qualità. In passato esse venivano rese pubbliche con delibera del comitato di coordinamento; in alcuni casi lo stesso direttore poteva concedere l'autorizzazione qualora ne ritenesse opportuna la diffusione. Attualmente è invece necessario il consenso del Ministro dell'economia e delle finanze. Per questo motivo, come ha segnalato il direttore del SECIT, il Servizio non può trasmettere le ricerche direttamente alle agenzie, spettando al Ministro l'opportunità di disporne la comunicazione a questi organi.
Il Servizio non svolge solamente funzioni consultive, ma è anche titolare di funzioni di vigilanza ai sensi dell'articolo 22 del citato decreto del Presidente della Repubblica n. 107 del 2001. In particolare, l'attività di vigilanza generale esercitabile dal Servizio su


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ordine del Ministro assicura all'autorità politica uno strumento di controllo sull'operato delle agenzie fiscali.

3.10. L'attività della SOGEI SpA.

La Commissione parlamentare di vigilanza sull'anagrafe tributaria ha svolto un'indagine conoscitiva sul funzionamento e sulle modalità di gestione dell'anagrafe tributaria, che ha ovviamente preso in esame l'attività della SOGEI. Il documento conclusivo è stato approvato da quella Commissione nella seduta del 12 febbraio 2003.
Senza ripercorrere la storia della società, ampiamente illustrata negli atti di tale indagine conoscitiva, si ricorda che con decreto del Ministro delle finanze del 13 aprile 1992, n. 864, la SOGEI SpA era stata riconosciuta idonea a esercitare la funzione di concessionario per lo svolgimento delle attività di gestione dell'anagrafe tributaria. Era stata pertanto stipulata una convenzione che affidava alla stessa società l'incarico di provvedere allo sviluppo e all'integrazione delle strutture informatiche centrali e periferiche del Ministero delle finanze per una durata di nove anni, sino al 13 maggio 2001. È stato quindi stipulato un atto di «proroga tecnica» della convenzione fino al 31 maggio 2003. Tuttavia, nel luglio 2002 la SOGEI è stata acquisita da parte dello Stato, divenendo una società per azioni a totale partecipazione pubblica.
Nel corso della presente indagine conoscitiva la SOGEI è stata chiamata in causa in merito alle problematiche determinate dalle cosiddette «cartelle pazze».
Alcuni dei soggetti auditi hanno segnalato come non sempre la SOGEI utilizzi elaboratori elettronici e programmi aggiornati e adeguati alle esigenze dell'Amministrazione finanziaria, tanto che era stata anche ipotizzata, a suo tempo, l'eventualità per le Agenzie di poter avvalersi di servizi informativi da esse scelti sul libero mercato.
In particolare, le organizzazioni sindacali sottolineavano come le cartelle pazze non si possono assolutamente addebitare alla responsabilità del personale dell'Amministrazione finanziaria, che si trova a correggere frequentemente gli errori prodotti dai programmi informatici della SOGEI.
Il fenomeno delle «cartelle pazze» si è peraltro prodotto anche in tempi recenti, ma non pare peraltro ascrivibile alla SOGEI, quanto piuttosto ai concessionari della riscossione.
In tale contesto appare peraltro necessario sottolineare il livello di eccellenza raggiunto, in generale, dai servizi informatici e dai collegamenti telematici dell'Amministrazione finanziaria, realizzati e predisposti attraverso l'apporto della stessa SOGEI.

4. IL SISTEMA DELLA RISCOSSIONE

Le problematiche connesse alla riscossione sono state tra gli argomenti di maggior rilievo emersi nelle sedute conclusive dell'indagine conoscitiva, anche a causa del riemergere, di recente, del


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fenomeno delle cosiddette «cartelle pazze», vale a dire delle cartelle esattoriali erroneamente emesse nei confronti dei contribuenti.
Analoga attenzione si è concentrata sul problema relativo all'uso in alcuni casi immotivato di strumenti cautelari per la riscossione dei tributi quale il cosiddetto «fermo amministrativo».
La frequenza con cui le aziende concessionarie hanno adottato la suddetta misura cautelare ha comportato, nell'aprile 2003, l'intervento dell'Agenzia delle entrate, che, oltre che all'avvertimento introdotto in cartella per comunicare al contribuente che il mancato versamento degli importi iscritti a ruolo porterà al fermo amministrativo dei veicoli posseduti, ha disposto che i concessionari, una volta emesso il provvedimento di fermo, ma prima dell'iscrizione dello stesso presso il PRA, trasmettano al debitore un ulteriore invito ad effettuare, entro venti giorni dalla data dello stesso, il versamento delle somme iscritte a ruolo.
È opportuno, comunque, che una disciplina esaustiva venga introdotta aggiornando il decreto ministeriale n. 503 del 1998, regolamento recante norme in materia di fermo amministrativo, il quale appare ormai datato rispetto alle reiterate modifiche normative alle disposizioni originarie in materia di fermo, da ultimo modificate con il decreto legislativo n. 193 del 2001.

4.1. Il quadro normativo.

La materia della riscossione dei tributi è principalmente regolata dalla legge delega n. 337 del 1998 e dai conseguenti decreti attuativi. Tra l'altro, la delega ha disposto:
la limitazione dell'attività dei concessionari, quanto ai tributi erariali, alla riscossione mediante ruolo, limitazione parzialmente compensata dalla previsione di un ampliamento della facoltà di ricorrere ai servizi dei concessionari da parte degli enti locali;
l'affidamento della riscossione mediante ruolo delle entrate proprie dello Stato, degli enti territoriali minori e degli enti pubblici, anche previdenziali, ai concessionari;la fissazione della durata massima delle concessioni in 10 anni, e la previsione per cui i concessionari debbano costituirsi in società di capitali (Società per azioni, in particolare) aventi specifici requisiti di professionalità, tecnici e finanziari;
la facoltà delle predette S.p.A. di svolgere, in via parallela o collaterale al servizio di riscossione, ulteriori attività economiche, quali il supporto delle attività tributarie e di gestione patrimoniale degli enti diversi dallo Stato;
la facoltà dei contribuenti di effettuare i versamenti diretti dei tributi anche mediante delega ai concessionari, al fine di aumentare i canali di riscossione per favorire gli adempimenti degli stessi contribuenti;
la possibilità, da parte degli enti diversi dallo Stato, di affidare ai concessionari la riscossione di tutte le proprie entrate, anche di


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natura non tributaria, mediante l'adozione di procedure ad evidenza pubblica;
l'abrogazione dell'istituto del cosiddetto «obbligo del non riscosso per riscosso», al fine di evitare di far gravare sui concessionari gli oneri finanziari connessi all'obbligo di anticipazione;
la ridefinizione degli ambiti territoriali da affidare alla competenza dei singoli concessionari, secondo il criterio dell'estensione almeno provinciale;
la nuova regolamentazione dei meccanismi di retribuzione del servizio di riscossione, improntato a determinati criteri, quali il collegamento del corrispettivo erogabile al concessionario a parametri definiti;
l'introduzione di un meccanismo di salvaguardia del risultato economico delle singole gestioni dell'ultimo biennio precedente, tenendo conto dei maggiori ricavi della riscossione mediante ruolo e dei minori costi di gestione derivanti, entrambi, dall'applicazione della nuova disciplina della riscossione;
l'obbligo, per i concessionari, di utilizzare sistemi informativi collegati fra loro e con quelli dell'Amministrazione finanziaria e procedure informatiche uniformi per l'espletamento degli adempimenti amministrativo-contabili contemplati dalla legge;
la revisione delle sanzioni amministrative a carico dei concessionari, anche al fine di potenziarne l'efficacia deterrente per le violazioni diverse dagli omessi o tardivi versamenti;
la previsione della possibilità, per le società concessionarie, di esercitare l'attività di recupero crediti secondo le ordinarie procedure civilistiche.

La delega ha trovato attuazione con l'emanazione di alcuni decreti legislativi (il decreto legislativo n. 37 del 1999; il decreto legislativo n. 46 del 1999; il decreto legislativo n. 112 del 1999, il decreto legislativo n. 326 del 1999, il decreto legislativo n. 193 del 2001).
Il decreto legislativo n. 46, novellando il decreto del Presidente della Repubblica n. 602 del 1973, ha, tra l'altro, sostituito la qualifica di «esattore» con quella di «concessionario».
Prima di passare all'esame in dettaglio dello stato del sistema della riscossione, come disciplinato dai decreti legislativi emanati a seguito della delega conferita dalla legge n. 337 del 1998, è opportuno ricordare che agli enti locali (comuni e province) è concessa la facoltà di avvalersi in alternativa dei soggetti privati abilitati alla riscossione dei tributi e delle altre entrate ed iscritti all'Albo tenuto dal Ministero delle Finanze ai sensi dell'articolo 53 del decreto legislativo n. 446 del 1997.
Ai sensi del disposto di cui all'articolo 52 del decreto legislativo n. 446, gli enti locali possono affidare mediante procedure ad evidenza pubblica a detti soggetti anche la riscossione coattiva delle proprie entrate. In quest'ultimo caso la riscossione avviene attraverso il più efficace strumento dell'ingiunzione fiscale, disciplinata dal Regio Decreto


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14 aprile 1910, n. 639, come di recente novellato dal decreto-legge n. 209 del 24 settembre 2002, convertito dalla legge 22 novembre 2002, n. 265.
Trascorso inutilmente il termine per l'adempimento, i comuni (nel caso di riscossione diretta) ed i concessionari iscritti all'albo di cui all'articolo 53 del decreto legislativo n. 446 del 1997 procedono alla riscossione coattiva delle somme risultanti dall'ingiunzione, secondo le disposizioni del titolo secondo del decreto del Presidente della Repubblica n. 602 del 1973 (riscossione coattiva tramite ruolo), in quanto compatibili (articolo 4, comma 2-sexies, del decreto-legge n. 209 del 2002, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 265 del 2002).
La disciplina sana la disparità di trattamento tra concessionario della riscossione e gestori delle entrate comunali, la cui procedura per ingiunzione, prima della novella, era incardinata nell'ordinario processo di esecuzione con inevitabili ritardi e rilevanti problematiche gestionali ed organizzative a fronte di un'alta morosità.
Al fine della gestione diretta della riscossione coattiva, il sindaco o il soggetto terzo affidatario della riscossione, procede alla nomina di uno o più funzionari responsabili per la riscossione che esercitano le funzioni demandate agli ufficiali della riscossione.
Il decreto n. 209 contiene tuttavia solo disposizioni di principio e demanda al Ministero dell'economia e delle finanze la disciplina di dettaglio. Pertanto, al fine di attuare la riforma legislativa si rende necessaria l'emanazione di alcune disposizioni.
In primo luogo, il Decreto del Ministro dell'economia e delle finanze, sentito il Garante per la protezione dei dati personali, che consenta ai Comuni ed ai concessionari di accedere, soprattutto in via telematica, agli uffici pubblici detentori di banche dati, tra i quali il ministero stesso, per acquisire dati sui debitori.
In secondo luogo, il regolamento che disciplini l'attività di vigilanza sulla regolarità, la tempestività, l'efficienza e l'efficacia dell'attività di riscossione a mezzo ingiunzione fiscale.
Infine, i provvedimenti ministeriali che disciplinino le vendite coattive di beni mobili ed immobili.
Il settore della riscossione dei tributi degli enti locali vede coinvolti oltre 100 operatori, alcuni in attività almeno dal 1972 ed iscritti all'Albo di cui all'articolo 53 del citato decreto legislativo n. 446, che svolgono i propri servizi in favore di oltre 4.000 Comuni italiani ed occupano almeno 6.000 dipendenti.
Le società del settore operano in attivo, e di recente hanno dovuto quadruplicare il proprio capitale interamente versato per adeguarsi ai nuovi criteri tecnici e finanziari previsti dal decreto del Ministero delle finanze n. 289 del 2000.
Passando ad esaminare il decreto legislativo n. 112 del 1999, esso ha provveduto al riordino complessivo del servizio nazionale della riscossione, prevedendo, tra l'altro, all'articolo 57, come modificato dal decreto-legge n. 138 del 2002, che il servizio della riscossione rimanga affidato fino al 31 dicembre 2004 ai soggetti che alla data dell'11 agosto 2002 (data di entrata in vigore della legge n. 178 del 2002, di

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conversione del decreto-legge n. 138 del 2002), lo gestiscono a titolo di commissari governativi.
In particolare, l'articolo 17 del decreto legislativo n. 112 del 1999 dispone che i compensi ai concessionari della riscossione debbano essere determinati in base ad una percentuale (aggio) applicabile alle somme iscritte a ruolo ed effettivamente riscosse. La definizione della misura dell'aggio è demandata ad un decreto da adottare con cadenza biennale dal Ministro dell'economia e delle finanze. Secondo quanto disposto dal successivo comma 4, le modalità di erogazione dell'aggio vengono stabilite con decreto del Ministero dell'economia e delle finanze per i ruoli emessi da uffici statali, mentre per gli altri ruoli l'aggio viene trattenuto dal concessionario all'atto del versamento all'ente impositore delle somme riscosse. Il comma 5, infine, prevede l'attribuzione, a titolo di anticipazione della remunerazione, a ciascun concessionario, di una somma da determinare in percentuale al costo normalizzato. Infine, il successivo comma 6 stabilisce che al concessionario spetta il rimborso delle spese derivanti dalle procedure esecutive, in base a determinati criteri.
Nella legge finanziaria per il 2004, tuttavia, è stato previsto un sistema di forfetizzazione della remunerazione dei concessionari e dei commissari della riscossione per ovviare ai problemi relativi alle anticipazioni. In particolare, l'articolo 4, comma 118, prevede, per l'anno 2004, che ai concessionari e ai commissari governativi del servizio nazionale della riscossione è corrisposto, quale remunerazione per il servizio svolto, un importo pari a 470 milioni di euro, che tiene luogo, per i ruoli emessi da uffici statali, dell'aggio di cui all'articolo 17 del decreto legislativo 13 aprile 1999, n. 112, e dell'aggio di cui all'articolo 12, comma 2, della legge 27 dicembre 2002, n. 289.
Significative innovazioni sono state introdotte allo stesso titolo esecutivo, il ruolo.
Mentre, fino al 30 settembre 1999, per ogni singola somma dovuta dal debitore veniva formato un ruolo ed il concessionario era tenuto, all'atto della presentazione della domanda di rimborso o di discarico, a rendicontare il proprio operato in relazione ad ogni singolo ruolo, con la modifica introdotta all'articolo 12 del decreto del Presidente della Repubblica n. 602 del 1973, dall'articolo 4 del decreto legislativo n. 46 del 1999, in ciascun ruolo «sono iscritte tutte le somme dovute dai contribuenti che hanno il domicilio fiscale in Comuni compresi nell'ambito territoriale cui il ruolo si riferisce». Ciò evita la frammentazione delle situazioni debitorie riferibili ad ogni contribuente e determina lo spostamento dell'attenzione del concessionario al debito complessivamente riferibile ad ogni soggetto iscritto a ruolo.
L'azione del concessionario deve essere, pertanto, incentrata non sul singolo debito ma sull'analisi della posizione patrimoniale e reddituale del debitore su cui dovrà essere calibrata la procedura da porre in essere. In tale ottica, si ascrive il venir meno dell'obbligo della preventiva esecuzione mobiliare, la cui attivazione rientra fra le scelte di proficuità dell'azione esecutiva.
L'accesso diretto del concessionario al sistema dell'anagrafe tributaria costituisce, senza dubbio, uno dei dubbi qualificanti la riforma del sistema della riscossione. La tempestività e la disponibilità di

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informazioni, unitamente alla razionalizzazione e modulazione delle procedure di esazione, consentono ai concessionari di operare secondo canoni di efficienza indispensabili per contenere i costi ed aumentare il volume degli aggi, nonché per ridurre l'evasione da riscossione e, quindi, ottenere, in funzione del conseguente effetto di deterrenza, un forte impulso all'adempimento spontaneo.
Va, tuttavia, evidenziato che il ritardo nella messa a disposizione della procedura di accesso all'anagrafe tributaria ha, di fatto, sospeso i termini per l'espletamento delle procedure esecutive sulla base dei dati dell'anagrafe (ma non, comunque, la possibilità di acquisire i dati in possesso di uffici pubblici). Ed invero, solo dopo l'emanazione del decreto ministeriale 16 novembre 2000 ed il superamento delle difficoltà di utilizzo delle procedure si è sbloccata la fase di stallo.
D'altra parte, alcuni interventi normativi successivi hanno concorso a sanare difficoltà procedurali. Basti ricordare la riconosciuta possibilità, senza che ciò abbia comportato la perdita del diritto al discarico, della notifica delle cartelle di pagamento per tutti i ruoli consegnati fino al 31 luglio 2002, entro il 31 dicembre 2002 (ai sensi dell'articolo 59-bis del decreto legislativo n. 112 del 1999, come sostituito dal decreto-legge n. 209 del 2002).
La riforma appena descritta ha dunque modificato in modo radicale il sistema della riscossione, specializzando, in particolare, l'attività dei concessionari nel recupero dei crediti insoluti.
Tuttavia, come hanno osservato i rappresentanti dell'Ascotributi, le società di riscossione, le quali devono riscuotere in via coattiva le imposte e i contributi previdenziali non pagati spontaneamente dai contribuenti, si trovano ad operare nella gran parte dei casi nei confronti di soggetti falliti e, conseguentemente, si trovano di fronte a crediti non esigibili.
L'Ascotributi ha segnalato come nel 2002 siano stati approvati due provvedimenti legislativi (il decreto-legge 8 luglio 2002, n. 138 e il decreto-legge 24 dicembre 2002, n. 282) che hanno cambiato drasticamente e radicalmente il quadro normativo delineato dalla riforma e, soprattutto, hanno modificato l'equilibrio economico del sistema raggiunto nei due anni precedenti.
Con il decreto-legge n. 138 è stato modificato il criterio di remunerazione del servizio per l'esercizio 2002-2003, ed è stato fissato un obiettivo di incasso sulle riscossioni coattive molto alto, con forti penalizzazioni in caso di mancato raggiungimento dei risultati previsti: in questo caso i concessionari dovevano anticipare la differenza tra l'obiettivo eventualmente non raggiunto e le minori riscossioni conseguite nell'esercizio. Alla fine del 2002, nonostante il fortissimo incremento delle attività esecutive poste in essere, i concessionari hanno dovuto anticipare alle casse dello Stato un importo di circa 1.000 milioni di euro perché, rispetto all'obiettivo di 2.300 milioni di euro, le somme effettivamente incassate ammontavano a circa il 55 per cento di tale cifra.
Il decreto-legge n. 282 ha invece comportato un aumento considerevole (dal 23 al 32 per cento) degli oneri di anticipazione a carico del sistema. I concessionari hanno anticipato 4.500 milioni di euro, ai quali vanno sommati i 1.000 milioni di euro che hanno dovuto versare

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a titolo di differenza tra il riscosso e l'obiettivo, per una cifra totale pari a circa 11.000 miliardi di vecchie lire. Si tratta di somme anticipate dai concessionari senza interessi e senza nessuna remunerazione finanziaria, il cui recupero avverrà in tempi lunghi e sarà accompagnato dalle riscossioni, aggravando pertanto di forti interessi passivi la gestione dei concessionari stessi.
Nel corso dell'indagine è stato segnalato come tali criticità abbiano determinato effetti sull'equilibrio economico delle società di riscossione, le quali sono controllate all'80 per cento da quattro grandi istituti bancari: BancaIntesa, Monte dei Paschi, Unicredito e San Paolo Imi. Trattandosi di società quotate in Borsa, che non consentono che le loro partecipate presentino bilanci in rosso, queste ultime hanno provveduto ad operazioni di ristrutturazione e riduzione delle spese, che hanno inciso particolarmente sul personale.
L'Ascotributi ha poi evidenziato l'effetto determinato sui concessionari dall'introduzione, operata dalla legge finanziaria per il 2003, dei condoni tributari, che determineranno per i concessionari della riscossione uno svuotamento pressoché totale del fatturato lavorabile, rendendo impossibile il raggiungimento delle performance prefissate e paralizzando il lavoro che avrebbero dovuto compiere.
Tali conseguenze si registreranno nell'esercizio 2003-2004, durante il quale, se i contribuenti avranno fatto ampio ricorso al condono, i concessionari potranno trovarsi con un minor lavoro, a fronte di oneri già assunti, e correranno pertanto il rischio di dover ulteriormente ridurre il personale.

4.2. Le ulteriori prospettive di riforma del settore della riscossione.

I rappresentanti del settore hanno indicato la necessità di apportare alcune modifiche alla disciplina della riscossione, quali l'eliminazione della previsione di obiettivi di riscossione assolutamente non perseguibili; la conseguente eliminazione di ogni forma di penalizzazione per il mancato raggiungimento dei predetti obiettivi (che sono costati al sistema un miliardo di euro); la fissazione di nuovi criteri di remunerazione atti ad assicurare l'equilibrio economico del settore; definizione delle condizioni di vivibilità per il periodo 2003-2004, nonché l'indicazione, da parte del Governo e del Parlamento, delle prospettive per il 2005, anno nel quale terminerà la concessione attualmente in corso.
Il Direttore dell'Agenzia delle entrate ha sottolineato come, prima della riforma tracciata con i decreti n. 46 e n. 112 del 1999, i concessionari (allora denominati esattori) godessero di rendite di posizione, in quanto, oltre a curare la riscossione coattiva dei ruoli, ottenevano anche delle remunerazioni legate ai versamenti spontanei. Il versamento spontaneo veniva effettuato attraverso i concessionari, i quali per tale attività ottenevano delle remunerazioni che assicuravano loro dei gettiti reddituali che consentivano agli stessi concessionari di disinteressarsi, o comunque di dare minore rilievo, all'attività di recupero coattivo dei ruoli medesimi.


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A partire dal decreto legislativo n. 241 del 1997 si è invece avviato un profondo processo di evoluzione del sistema, attraverso l'introduzione di forme di compensazione, ed è stato agevolato il versamento spontaneo da parte dei contribuenti attraverso il sistema dei modelli F24 (versamenti unitari per più imposte e per più entrate, anche di natura erariale, enti previdenziali ed assistenziali). Ciò ha comportato un notevole snellimento delle procedure, consentendo ai cittadini di essere più pronti ad adempiere alle proprie incombenze e indirizzando, di fatto, i concessionari verso la loro vera missione istituzionale: il recupero coattivo dei crediti, anche attraverso i nuovi strumenti messi a disposizione, quali il fermo amministrativo, le ipoteche, la possibilità di accedere all'Anagrafe tributaria, la possibilità di intervenire direttamente sulle vendite in caso di espropriazioni forzate.
Il Direttore dell'Agenzia delle entrate ha peraltro sottolineato come i risultati non siano stati assolutamente soddisfacenti, in quanto il gettito da riscossione coattiva non è minimamente cresciuto.
Durante l'indagine conoscitiva è inoltre emerso come il sistema di riscossione sulla base del ruolo con conseguente notifica della cartella di pagamento, attualmente disciplinato dal decreto del Presidente della Repubblica n. 602 del 1973, abbia subito numerosissime modifiche, operate da oltre 100 provvedimenti d'urgenza o da singole disposizioni dettate nelle leggi finanziarie susseguitesi nel tempo.
La complessiva disciplina è pertanto frammentaria e spesso risulta estremamente difficile individuare l'esatta disposizione applicabile, in quanto le frequenti modifiche del testo delle disposizioni procedurali operate mediante decreto-legge (circa 35 solo dal 1999 ad oggi) nonché le frammentarie disposizioni contenute in altri provvedimenti o nelle leggi finanziarie costringe gli operatori e gli interpreti ad una difficoltosa opera di ricostruzione della disciplina. La situazione è ulteriormente complicata dalla vigenza di numerosi decreti ministeriali attuativi (almeno 30 emanati da parte del Ministero delle Finanze solo dal 1999 ad oggi) oltre ad una miriade di circolari e risoluzioni. Al fine di tutelare gli enti impositori ed i contribuenti è improcrastinabile una revisione generale del procedimento di riscossione attraverso l'adozione di un Testo unico che possa in modo chiaro e trasparente disciplinare una così delicata procedura che incide sulla efficacia ed efficienza della pubblica amministrazione e sulla sfera patrimoniale dei cittadini-contribuenti.
In relazione ai risultati del sistema di riscossione è da evidenziare come la vigilanza sui concessionari della riscossione al fine di assicurare la regolarità, la tempestività, l'efficienza e l'efficacia del servizio della riscossione sia attribuita dall'articolo 5 del decreto legislativo n. 112 del 1999 al Ministero dell'economia e delle finanze, al quale sono attribuiti poteri di impartire istruzioni e di effettuare controlli, anche mediante ispezioni.
L'Agenzia delle entrate, che aveva impartito l'istruzioni necessarie per poter svolgere l'attività di vigilanza e controllo sui concessionari con la Circolare n. 198 del 31 ottobre 2000, ha dovuto emanare, da ultimo, a seguito dell'analisi svolta da parte della Direzione Centrale audit e sicurezza, la Circolare n. 17/E del 22 aprile 2004, per definire

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le linee programmatiche e metodologiche utili a consentire una più incisiva azione di controllo sull'attività svolta da parte dei concessionari della riscossione.
L'obiettivo che si propone tale Circolare è quello di individuare delle metodologie più efficaci per correggere le disfunzioni del sistema, evitare il fenomeno della cosiddetta «evasione da riscossione» ed ad evidenziare, oltre alle irregolarità nella riscossione nelle attività di verifica e controllo, anche le irregolarità derivanti dalla mancata osservazione dei principi contenuti nel cosiddetto «Statuto del contribuente» (legge n. 212 del 2000) che possano manifestare «una scarsa attenzione» da parte del concessionario nei confronti dei contribuenti.
Al riguardo, si ritiene, in conclusione, che - in considerazione dell'esiguità dei risultati di riscossione che emergono dai dati comunicati dall'Agenzia delle entrate e dell'approssimarsi della scadenza delle vigenti concessioni del servizio - debba essere attentamente vagliato l'assetto futuro da dare al servizio della riscossione.
La vigente normativa (articoli 3 e 4 del decreto legislativo n. 112 del 1999) prevede, per il periodo successivo al 2004, l'affidamento in concessione di ambiti territoriali non inferiori al territorio di una provincia, da determinarsi con decreto ministeriale, da assegnare mediante procedure ad evidenza pubblica, nel rispetto delle norme nazionali e comunitarie, per un periodo non superiore a dieci anni.
Peraltro, l'affidamento in concessione a soggetti privati della funzione di riscossione dei crediti pubblici costituisce un unicum in ambito europeo e la Commissione ha rilevato una scarsa propensione delle aziende concessionarie ad accettare l'istituzione di un collegamento tra le loro performances in termini di volumi di riscossi così come previsti dalle citate disposizioni di legge e la misura della remunerazione.
Circa l'assetto da dare al servizio della riscossione, l'Agenzia delle entrate ha sottolineato che si deve procedere ad un'incisiva riforma del sistema che veda l'Amministrazione finanziaria in una posizione di centralità, con la previsione delle necessarie garanzie per la salvaguardia dei livelli occupazionali.
In ogni caso, l'individuazione della soluzione più idonea ad assicurare un assetto ottimale del sistema di riscossione non può prescindere dalla non trascurabile riduzione del «magazzino» dei ruoli, che deriverà dal progressivo consolidamento delle strategie di compliance tributaria. Evidentemente, tale circostanza non potrà che comportare una significativa erosione dei potenziali ricavi dell'attività di riscossione coattiva, diminuendo l'«appetibilità» di tale attività per aziende private, a meno di ipotizzare un sempre più consistente intervento di sussidio finanziario da parte dello Stato.
Inoltre, gli interventi di riforma dovranno farsi carico di porre in essere assetti normativi ed organizzativi atti ad eliminare, o almeno a ridurre entro limiti fisiologici, il ripetersi dei fenomeni, già segnalati in precedenza, delle cosiddette «cartelle pazze», onde contribuire, anche sotto questo profilo, a ricondurre i rapporti tra fisco e contribuente entro ambiti di trasparenza, correttezza, e maggiore fiducia.

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Appare altresì appare indispensabile, allo stato attuale e tenuto conto della necessità di dare, per il futuro, un assetto funzionale ed economico al servizio della riscossione, è che le varie soluzioni di riforma ipotizzate siano sottoposte ad un rigoroso e preventivo vaglio - possibilmente da parte di advisor professionalmente specializzati - che consenta di avere certezza circa i costi effettivi che lo Stato sarebbe tenuto a sopportare per ciascuna soluzione di riforma ipotizzata.
Nel contempo, tenuto conto dell'imminente scadenza delle attuali concessioni, occorre assicurare la continuità del servizio, ed eventualmente valutare l'opportunità di un differimento dell'attuale periodo concessorio, la cui durata va correlata alla complessità della soluzione ed ai tempi tecnici di studio e di successiva attuazione della soluzione prescelta.
Inoltre, durante l'indagine conoscitiva è emerso, in base ad un rilievo dell'Agenzia delle entrate, perlatro non condiviso dai rappresentati delle aziende concessionarie, che l'utilizzo degli strumenti per il recupero del credito non sempre è «oculato» ovvero «mirato» al fine di dirigere l'azione esecutiva verso quei beni e quei rapporti patrimoniali del debitore che possono garantire la riscossione dei tributi dovuti. Ciò comporta che l'attività del concessionario non può prescindere da un attento esame della situazione patrimoniale del contribuente. Questo tipo di analisi deve essere svolta secondo criteri e modalità diversi e comunque deve essere oggetto di controllo al fine di garantire i contribuenti e gli enti impositori.

4.3. L'informazione al Parlamento sull'andamento delle entrate tributarie.

Durante l'indagine conoscitiva è stato sollevato da alcuni commissari il problema relativo alla conoscenza da parte del Parlamento delle informazioni relative ai flussi contabili dello Stato.
Per quanto riguarda il quadro normativo in materia si ricorda che le Commissioni Bilancio della Camera e del Senato possono ottenere dati, ai sensi dell'articolo 32 della legge 30 marzo 1981 n. 119, attraverso il collegamento con il sistema informativo della Ragioneria generale dello Stato, che permette l'interrogazione in merito alla gestione dei capitoli di spesa.
Per quanto riguarda, invece, il settore delle entrate, l'articolo 12-bis del decreto legge n. 70 del 1988, convertito dalla legge n. 154 del 1988, prevede il collegamento degli uffici della Camera dei deputati e del Senato della Repubblica al sistema informativo dell'anagrafe tributaria, in modo da consentire l'accesso tramite terminale alle informazioni di carattere statistico contenute negli archivi del sistema stesso, nel pieno rispetto dell'anonimato dei singoli contribuenti e del segreto fiscale. Tale collegamento, attivato per un certo periodo presso le strutture di segreteria della Commissione Finanze, non è da tempo più in funzione.
In merito a tale questione nel corso dell'indagine i commissari hanno rilevato come il flusso delle informazioni circa l'andamento


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delle entrate sia negli ultimi tempi migliorato, attraverso il regolare invio dei Bollettini mensili delle entrate tributarie, contenenti i dati disaggregati di competenza aggiornati ai tre mesi precedenti, nonché per mezzo della pubblicazione, sul sito del Ministero dell'economia e delle finanze, di comunicati stampa con dati macro-aggregati relativi al mese precedente, sia in termini di competenza che di cassa.
Tuttavia, si ritiene necessario ripristinare un collegamento informatico tra le Commissioni Finanze e il Ministero nelle sue diverse strutture (Dipartimento per le politiche fiscali, Agenzia delle entrate, SOGEI), che consenta, tra l'altro, al Parlamento di accedere anche alle informazioni sull'andamento delle singole entrate, senza dover apprendere tali dati dagli organi di stampa o dover ricorrere ai tipici strumenti di sindacato ispettivo a disposizione dei parlamentari.
A questo riguardo si ricorda che un ulteriore strumento di informazione del Parlamento è costituito dalla relazione dettagliata circa lo stato del servizio di riscossione dei tributi che il Ministro dell'economia e delle finanze deve presentare annualmente al Parlamento ai sensi dell'articolo 1, comma 4, della legge n. 337 del 1998.

5. L'ATTUAZIONE DELLO STATUTO DEI DIRITTI DEL CONTRIBUENTE

L'indagine conoscitiva, oltre ad analizzare gli effetti della nuova organizzazione dell'Amministrazione finanziaria, è servita anche per svolgere una riflessione sulla applicazione della legge n. 212 del 2000, recante lo Statuto dei diritti del contribuente.
Diversi soggetti auditi hanno sottolineato come le norme di principio contenute nello Statuto del contribuente non siano state spesso rispettate. Ad esempio, i rappresentanti del Consiglio nazionale dei dottori commercialisti hanno segnalato come negli ultimi anni si siano registrati numerosi casi di lesione dei principi sanciti dallo statuto, soprattutto in termini di dies a quo, quindi di termine iniziale di entrata in vigore delle leggi.
Inoltre sono state approvate leggi entrate in vigore immediatamente, senza dare neppure il tempo necessario per conoscerne la portata e approfondirne le conseguenze ai professionisti di settore, i quali si trovano ad operare applicando leggi assai complesse ed articolate, che richiedono spesso l'adozione di ulteriori strumenti normativi, quali regolamenti, decreti di attuazione e circolari esplicative.
Per quanto riguarda la fiscalità locale, dalle risultanze dell'indagine emerge che il termine di cui al comma 4 dell'articolo 1 dello Statuto del contribuente, entro il quale gli enti locali devono adeguare il proprio Statuto ed i propri atti normativi ai principi contenuti nella legge n. 212 del 2000, non è stato rispettato da molti Comuni e da molte Province.
È evidente che lo Statuto dei contribuenti potrà essere pienamente operativo solo se gli enti locali sapranno rendersi efficienti ed incisivi e migliorare così il rapporto che intercorre tra gli strumenti che lo


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Stato riserva loro per assicurare le entrate tributarie ed il dovere di «lealtà tributaria» posto a carico dei contribuenti.
Il diffuso uso della potestà regolamentare in materia di entrate, l'incidenza di agevolazioni, riduzioni o detrazioni sul concreto ammontare dell'obbligazione tributaria, largamente contenute in atti deliberativi degli enti locali, rendono, infatti, sempre più necessario il recepimento di istituti contemplati nello Statuto, quale l'interpello per la preventiva risoluzione di dubbi interpretativi del contribuente.
L'attuale situazione è, invece, preoccupante, anche perché la mancata attuazione da parte di molti Enti locali di quanto previsto dal comma 4 dell'articolo 1 potrebbe creare delle difficoltà nella riscossione dei tributi da parte degli Enti stessi. Ciò in quanto, ai sensi dello Statuto, nel caso in cui i Comuni abbiano ingenerato nel contribuente incertezze sulla normativa tributaria applicabile ovvero qualora il loro comportamento abbia inciso sull'operato del contribuente (ad esempio mancata attuazione dello Statuto), a quest'ultimo non possono essere irrogate sanzioni né possono essere richiesti interessi moratori se l'inadempimento è diretta conseguenza di ritardi, omissioni od errori dell'ente impositore.
In tale contesto si rileva come la Commissione abbia già evidenziato, mediante l'approvazione della risoluzione n. 8-00072, la necessità di rafforzare i poteri dei Garanti del contribuente istituiti nelle regioni, in particolare assicurando l'effettivo esercizio dei poteri loro attribuiti dallo Statuto e rendendo i medesimi più vincolanti per l'Amministrazione finanziaria.