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Doc. XVII n. 1


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Introduzione

Nella riunione del 1o agosto 2001 l'Ufficio di presidenza, integrato dai rappresentanti dei gruppi, della Commissione affari costituzionali della Camera conveniva di procedere allo svolgimento di un'indagine conoscitiva sui fatti accaduti a Genova nei giorni 19, 20, 21 e 22 luglio 2001 in occasione del vertice G8.
Contestualmente una analoga iniziativa era avviata, a nome del prescritto numero di senatori, presso la Commissione affari costituzionali del Senato, che avrebbe dovuto deliberare in merito, ai sensi dell'articolo 48-bis , ultimo comma, del regolamento, nella stessa giornata del 1o agosto 2001.
Pertanto nella lettera con la quale il Presidente della Commissione affari costituzionali richiedeva al Presidente della Camera il prescritto assenso allo svolgimento dell'indagine si prospettava l'opportunità di promuovere le intese necessarie per consentire alle due Commissioni di procedere congiuntamente allo svolgimento dell'indagine, ai sensi dell'articolo 144, ultimo comma, del regolamento della Camera, e dell'articolo 48, ultimo comma, del regolamento del Senato.
Acquisita l'intesa del Presidente della Camera, la Commissione affari costituzionali della Camera deliberava, nella seduta del 1o agosto 2001, lo svolgimento dell'indagine.
Nella medesima giornata anche la Commissione affari costituzionali del Senato deliberava di procedere ad analoga indagine conoscitiva, vertente sui fatti avvenuti in occasione del vertice G8 di Genova.
Conseguentemente il Presidente della Camera attivava immediatamente le procedure per addivenire alle intese con il Presidente del Senato necessarie per procedere allo svolgimento congiunto da parte delle due Commissioni dell'indagine conoscitiva.
Le intese, perfezionate in data 2 agosto 2001, prevedevano che le due Commissioni avrebbero proceduto nell'indagine costituendo un apposito Comitato paritetico costituito da 36 membri (18 deputati e 18 senatori) ripartiti tra i Gruppi secondo i consueti criteri vigenti per la formazione degli organi bicamerali, secondo i criteri della rappresentatività e della proporzionalità dei Gruppi, nel rispetto del margine di maggioranza.
Il Comitato sarebbe stato presieduto da un deputato in applicazione della prassi secondo la quale il Regolamento destinato a disciplinarne l'attività è quello della Camera che per prima ha deliberato l'indagine conoscitiva.
L'Ufficio di Presidenza del Comitato (composto, oltreché dal Presidente, da due Vicepresidenti e da due Segretari) sarebbe stato nominato sulla base delle intese raggiunte in sede di Uffici di Presidenza congiunti delle due Commissioni, integrati dai rappresentanti dei Gruppi, ovvero, in mancanza di unanimità eletto - come da prassi - direttamente dal Comitato.


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Le intese prevedevano altresì che la pubblicità dei lavori sarebbe stata assicurata dalla resocontazione stenografica, e che, ove vi fosse stata unanimità, la pubblicità sarebbe stata assicurata anche mediante l'attivazione dell'impianto audiovisivo a circuito chiuso. Il Comitato avrebbe potuto altresì deliberare che una riunione, o parte di essa, si svolgesse in seduta segreta.
Nelle intese si sottolineava l'opportunità che della forma di pubblicità adottata fosse dato avviso preventivo ai soggetti ascoltati, i quali avrebbero dovuto essere informati delle finalità conoscitive dell'indagine, spettando al Presidente del Comitato assicurare il rispetto di tale criterio anche nella formulazione delle domande.
Il termine per la conclusione dell'indagine veniva fissato per il 20 settembre 2001.
Nella riunione del 3 agosto 2001 gli Uffici di presidenza, entrambi integrati dai rappresentanti dei gruppi, delle due Commissioni procedevano alla costituzione del Comitato paritetico per l'indagine conoscitiva sui fatti accaduti in occasione del vertice G8 tenutosi a Genova, formato sulla base delle intese intercorse tra il Presidente della Camera dei deputati ed il Presidente del Senato.
Sulla base delle suddette intese, il Comitato è stato composto, in base alle designazioni dei gruppi, dai deputati Donato Bruno (FI), Fabrizio Cicchitto (FI), Filippo Mancuso (FI), Nitto Francesco Palma (FI), Michele Saponara (FI), Luciano Violante (DS-U), Antonio Soda (DS-U), Grazia Labate (DS-U), Katia Zanotti (DS-U), Gianfranco Anedda (AN), Roberto Menia (AN), Filippo Ascierto (AN), Gianclaudio Bressa (Margherita, DL-L'Ulivo), Giannicola Sinisi (Margherita, DL-L'Ulivo), Marco Boato (Misto), Erminia Mazzoni (CCD-CDU - Biancofiore), Pietro Fontanini (LNP), Graziella Mascia (RC) e dai senatori Gabriele Boscetto (FI), Luciano Falcier (FI), Maria Claudia Ioannucci (FI), Andrea Pastore (FI), Antonio Tomassini (FI), Franco Bassanini (DS-U), Massimo Villone (DS-U), Antonio Iovene (DS-U), Luciano Magnalbò (AN), Luigi Bobbio (AN), Ida Dentamaro (Margherita, DL-L'Ulivo), Pierluigi Petrini (Margherita, DL-L'Ulivo), Antonio Del Pennino (Misto), Cesare Marini (Misto), Graziano Maffioli (CCD-CDU - Biancofiore), Cesarino Monti (LNP), Sauro Turroni (Verdi - L'Ulivo) e Alois Kofler (Per le autonomie).
Sulla base delle intese raggiunte negli Uffici di presidenza integrati dai rappresentanti dei gruppi delle due Commissioni, l'Ufficio di presidenza del Comitato è stato così costituito: Presidente: deputato Donato Bruno; Vicepresidenti: deputato Gianfranco Anedda e senatore Franco Bassanini; Segretari: deputato Gianclaudio Bressa e senatore Graziano Maffioli.
Gli Uffici di presidenza integrati dai rappresentanti dei gruppi della I Commissione della Camera e della 1a Commissione del Senato, nel corso della stessa riunione, hanno convenuto che l'indagine conoscitiva avrebbe avuto ad oggetto i fatti accaduti in occasione del vertice G8 tenutosi a Genova.
Nella medesima giornata del 3 agosto 2001 si è riunito l'Ufficio di presidenza del Comitato, integrato dai rappresentanti dei gruppi, che ha deliberato il programma dei lavori del Comitato medesimo. In particolare si è convenuto che il Comitato tenesse i propri lavori nel corso delle settimane dal 7 al 9 agosto, dal 28 al 30 agosto, dal 4 al 6 settembre e dall'11 al 13 settembre.

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I lavori del Comitato sono iniziati il 7 agosto 2001 e sono proseguiti, con lo svolgimento delle audizioni, sino al 7 settembre 2001. Le sedute dedicate allo svolgimento di audizioni sono state 10; le audizioni svolte sono state complessivamente 27.
Conclusa questa fase procedurale, secondo quanto convenuto nelle intese dei Presidenti dei due rami del Parlamento, nella riunione dell'Ufficio di presidenza del Comitato, integrato dai rappresentanti dei gruppi, del 7 settembre 2001 si è stabilito che il Comitato avrebbe proseguito i lavori per la predisposizione di uno schema di documento conclusivo.
Come convenuto i lavori istruttori, finalizzati alla predisposizione di una bozza dello schema conclusivo, si sono svolti in sede di Ufficio di presidenza, integrato dai rappresentanti dei gruppi alle cui riunioni sono stati, comunque, invitati a partecipare tutti i componenti il Comitato.
Sulla base degli orientamenti emersi in sede di Ufficio di presidenza, il Presidente del Comitato ha quindi presentato uno schema di documento conclusivo che ha sottoposto al Comitato in seduta plenaria ai fini della sua adozione; come convenuto, in tale sede non si è proceduto a votazione di eventuali proposte emendative, il cui esame è stato riservato alla fase di discussione presso le due Commissioni Affari costituzionali di Camera e Senato, sulla base delle rispettive norme regolamentari.
Lo schema di documento conclusivo adottato dal Comitato nella seduta del 14 settembre è stato quindi trasmesso alle due Commissioni Affari costituzionali per la fase conclusiva dell'indagine, relativa alla discussione e alla approvazione dello stesso documento.
La Commissione Affari costituzionali della Camera ha proceduto nella giornata del 18 settembre alla discussione dello schema di documento conclusivo ed è giunta alla approvazione dello stesso nella giornata del 20 settembre, conformemente al termine previsto dalle intese intercorse tra i Presidenti di Camera e Senato per la conclusione dell'indagine conoscitiva. Nella stessa giornata anche la Commissione Affari costituzionali del Senato ha approvato il documento conclusivo dell'indagine.

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Le note poste al termine dei singoli paragrafi richiamano il testo del resoconto stenografico delle audizioni oppure la documentazione non avente carattere di riservatezza trasmessa al Comitato paritetico nel corso dell'indagine conoscitiva. Ciascun documento, qualunque sia la fonte, è individuato attraverso il nome del soggetto che lo ha trasmesso, seguìto da un numero romano progressivo e, ove necessario, dal numero della pagina. Le tabelle riportate in appendice danno conto del numero identificativo e dell'oggetto di tutti i documenti non aventi carattere di riservatezza esaminati dal Comitato. Degli estremi dei documenti riservati si dà conto in apposite note.

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A) La preparazione del Vertice

In vista dello svolgimento del vertice dei Capi di Stato e di Governo dei principali paesi industrializzati del 2001 sotto la presidenza italiana (cosiddetto G7/G8), il 4 dicembre 1999, il Presidente del Consiglio D'Alema annuncia l'intenzione del Governo di scegliere Genova come sede della riunione finale1. Conseguentemente a questa decisione il Consiglio dei ministri approva, l'11 febbraio del 2000, un disegno di legge recante disposizioni per l'organizzazione di questo vertice a Genova.
L'individuazione di Genova quale sede del Vertice è motivata soprattutto dalla volontà di compensare la Regione per l'esclusione da alcuni finanziamenti dall'Unione europea, anche a costo di incontrare prevedibili e gravi difficoltà derivanti dalla configurazione orografica e urbanistica della città2. Sulla scelta di Genova, operata dal Governo D'Alema, emerge il consenso successivo anche delle forze politiche che all'epoca erano all'opposizione.
Nel frattempo, proprio nei giorni in cui si decide la scelta di Genova, si conclude a Seattle la riunione annuale del WTO (30 novembre 1999 - 4 dicembre 1999) teatro di un'ampia e violenta contestazione da parte dei movimenti che si contrappongono alla globalizzazione economica.
Manifestazioni che si ripropongono anche a Davos (il 29 gennaio del 2000) in occasione del World Economic Forum e a Washington durante la riunione primaverile della Banca Mondiale (11-17 aprile 2000), con scontri di altissima violenza, distruzioni e devastazioni. Solo sporadici e lievi incidenti segnano invece due avvenimenti ospitati in Italia quell'anno: la mostra-convegno Tebio sulle biotecnologie (Genova 25 maggio 2000); il vertice dell'OCSE di Bologna (14-15 giugno 2000). Il 26 giugno 2000 si apre a Ginevra il vertice ONU sulla povertà che definisce obiettivi comuni a ONU, Banca Mondiale, Fondo monetario e OCSE. Le oramai consuete manifestazioni antiglobalizzazione si svolgono del tutto pacificamente.
Il disegno di legge per l'organizzazione del Vertice viene definitivamente approvato il 30 maggio del 2000, divenendo la legge n. 149 dell'8 giugno dello stesso anno. Questo provvedimento, tra l'altro, prevede l'istituzione di una apposita Struttura di missione, struttura della Presidenza del Consiglio che ha il compito di organizzare, per tutto l'anno di Presidenza italiana del G8, una serie di manifestazioni, tra le quali in particolare il vertice conclusivo dei capi di Stato e di governo di Genova; riunione preceduta da una serie di riunioni preparatorie, tutte organizzate dalla struttura di missione. Alla struttura è preposto quale responsabile il Ministro plenipotenziario Vinci Giacchi il 20 ottobre del 2000.
Gli altri componenti sono: la dottoressa Bassi, la dottoressa Gemma e la dottoressa La Pera della Presidenza del Consiglio dei Ministri, il consigliere D'Alessandro del Ministero degli Affari esteri, la dottoressa Soderini del Ministero del Tesoro. Di essa fanno altresì


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parte il prefetto Gianni, il generale Lorenzetti, il dottor Loreto. Il 2 febbraio del 2001 il Presidente del Consiglio Amato delega al Ministro degli affari esteri Dini le sue funzioni di referente politico della struttura di missione medesima3.
Il 21 luglio del 2000 si svolge in Giappone, ad Okinawa, il vertice G8 del 2000, senza particolari problemi di ordine pubblico che invece segnano successivi incontri internazionali ed in particolare la riunione annuale del Fondo monetario internazionale e della Banca mondiale a Praga (26-28 settembre 2000), il Consiglio europeo del 2000 (7 dicembre 2000). Nel frattempo si svolgono le prime riunioni preparatorie in vista del G8 di Genova. A Torino tra il 10 e l'11 novembre del 2000 si svolge in particolare la prima riunione dei ministri di settore, quella dei Ministri del lavoro del G8.
Con l'inizio del nuovo anno, il 10 gennaio del 2001, il Presidente del Consiglio dei ministri Amato inaugura, con una conferenza stampa, l'anno italiano di presidenza del G8. Contemporaneamente le associazioni che intendono organizzare manifestazioni di protesta a Genova, associatesi dapprima in una «rete contro il G8» (28 giugno 2000), si legano stabilmente in un «Patto di lavoro» (19 dicembre 2000 e 10 gennaio 2001)4.
Nei giorni successivi iniziano le attività di preparazione del Vertice nelle quali sono in primo luogo coinvolte le istituzioni locali. In particolare, il Presidente del Consiglio, il 19 gennaio del 2001, indica nel Prefetto il soggetto cui spetta questa opera di coordinamento5. Il 24 gennaio e il 29 gennaio si tengono riunioni presso la Prefettura tra i rappresentanti di Regione, Provincia, Comune, Questura ed altri corpi di pubblica sicurezza per discutere dei problemi dell'accoglienza6. Sempre il 29 gennaio viene ricevuta in Prefettura, alla presenza del Sindaco e di un rappresentante della regione, una delegazione del Patto di lavoro (al quale al momento aderivano 50 associazioni)7. L'opera di prendere contatti con i movimenti di protesta viene affidata dal Ministro Vinci Giacchi, responsabile della struttura di missione, all'architetto Margherita Paolini (30 gennaio 2001) che, anche prima della formalizzazione del suo incarico, su iniziativa dell'Ambasciatore Olivieri, addetto diplomatico del Presidente del Consiglio Amato, sin dall'ottobre del 2000 aveva ricevuto l'incarico di occuparsi dei rapporti con le componenti propositive del dissenso al G88.
A febbraio si svolge, quindi, una serie di riunioni presso la Prefettura tra i soggetti istituzionali coinvolti nell'organizzazione del Vertice. In particolare, i rappresentanti della Regione, del Comune e della Provincia si mostrano favorevoli ad accogliere manifestazioni del dissenso purché contenute tra il 27 giugno ed il 15 luglio, ad una settimana, dunque, prima dell'inizio del Vertice. Questa posizione (formalizzata l'8 febbraio 2001) è comunicata (dall'architetto Paolini) ai rappresentanti del «Patto di lavoro» (che l'8 marzo del 2001 si trasformerà nel Genoa Social Forum a seguito dell'adesione di molte associazioni e movimenti internazionali), i quali tuttavia insistono nella loro richiesta di manifestare a Genova contemporaneamente allo svolgimento del Vertice9.
Negli stessi giorni, a livello internazionale, si svolge una serie di riunioni preparatorie del Vertice di Genova: l'incontro dei Ministri delle finanze e dei Governatori delle Banche Centrali del G7 a Palermo

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(17 febbraio 2001); l'incontro dei Ministri dell'interno e della giustizia del G8 (Milano, 26-27 febbraio 2001); l'incontro dei Ministri dell'ambiente del G8 (Trieste, 2-4 marzo 2001).
Il 9 marzo il Ministro degli affari esteri Dini invia al Ministro dell'interno Bianco una lettera per richiamare i problemi che si pongono nel dialogo con le associazioni che intendono manifestare a Genova10.
Gravi incidenti si verificano a Napoli il 17 marzo 2001, in occasione del Global Forum organizzato dal Governo italiano con il patrocinio delle Nazioni Unite e dell'OCSE cui partecipano delegazioni governative di 122 Paesi. Negli scontri tra manifestanti e forze dell'ordine vi sono circa 100 feriti.
Viene affidato al Prefetto di Genova un apposito mandato da parte del Presidente del Consiglio Amato (4 aprile) a tenere i rapporti con il GSF11, che porta ad un incontro (5 aprile 2001) tra il Capo di Gabinetto del Ministro dell'interno, il Prefetto ed una piccola delegazione del Genoa Social Forum. Lo stesso GSF manifesta apprezzamento perché il Governo avrebbe accettato di non sospendere il Trattato di Schengen e la concomitanza delle manifestazioni12.
Il confronto tra istituzioni e GSF si arresta il 20 aprile dopo un lungo incontro svoltosi nella Prefettura di Genova tra il Prefetto ed una delegazione del Genoa Social Forum che non recede dall'intenzione di svolgere manifestazioni negli stessi giorni del Vertice13. È in queste settimane che si registra una «stagnazione» operativa a livello governativo, segnalata tra gli altri nell'audizione dell'architetto Paolini14.
Manifestazioni antiglobalizzazione si ripropongono in quei giorni (20-22 aprile 2001) a Quebec City, in Canada, in occasione del Vertice delle Americhe. Anche in quei giorni vi sono gravi incidenti tra forze dell'ordine e contestatori. Mentre nel Vertice dei ministri dell'ambiente dei paesi aderenti al G8, svoltosi a Trieste, non si sono registrati incidenti.
Dopo le elezioni politiche del 13 maggio, il 31 maggio dello stesso mese, costituite le nuove Camere, il Presidente Amato rassegna le dimissioni del suo Governo. Le notizie allarmanti sulle manifestazioni antiglobalizzazione spingono il Ministro degli esteri Dini, il 14 maggio, ad inviare una lettera al Presidente del Consiglio Amato per segnalare l'urgenza di predisporre «un piano dettagliato e credibile per la sicurezza e l'ordine pubblico»15. Nei giorni seguenti si svolgono a Roma (22 maggio e 8 giugno) due riunioni tra i vertici della Farnesina, i responsabili dell'ordine pubblico e gli ambasciatori dei paesi del G8. Nella prima di queste riunioni il Capo della Polizia De Gennaro illustra il quadro della sicurezza generale predisposto per il vertice16.
Le preoccupazioni per il mantenimento dell'ordine pubblico durante lo svolgimento del Vertice motivano l'ordinanza del Prefetto di Genova del 2 giugno 2001 che disegnava il quadro complessivo delle misure di sicurezza17. Nei giorni precedenti (più esattamente a partire dal 14 febbraio) si decide, proprio per assicurare condizioni di sicurezza nello svolgimento del Vertice, di alloggiare le delegazioni su sei navi nel porto di Genova. Fra queste la European Vision18. E solo a metà giugno si può avere un quadro abbastanza preciso della sistemazione definitiva sulle navi sia delle delegazioni ufficiali, sia dei giornalisti. Solo il Presidente Bush, con i suoi più stretti collaboratori,

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non accoglie la proposta ed accetta, solo nella seconda metà di giugno, di essere ospitato in un albergo collocato nella «zona rossa», sul porto, invece che a Rapallo come inizialmente programmato19.
Il 10 giugno entra in carica il Governo Berlusconi che si trova subito impegnato in importanti scadenze internazionali. Il 14 e 15 giugno, infatti, si svolge a Goteborg il Consiglio europeo. In quella occasione si tiene anche un vertice tra Unione europea e Stati Uniti. La città di Goteborg è teatro, in quei giorni, di aspri scontri tra manifestanti e forze dell'ordine; negli scontri viene gravemente ferito un giovane dimostrante. Le preoccupazioni di analoghi scontri causati da manifestazioni antiglobalizzazione inducono la Banca mondiale ad annullare la riunione prevista a Barcellona tra il 25 ed il 27 giugno. Il Ministro degli affari esteri Ruggiero sin dal 16 giugno segnala la necessità di insistere nel dialogo con i manifestanti e più in generale con l'opinione pubblica internazionale sui temi del governo della globalizzazione20. L'obiettivo del Governo è quello di fare del Vertice di Genova un'occasione privilegiata di dialogo tra il Nord ed il Sud del mondo, in grado di fornire delle risposte concrete alle istanze sempre più pressanti circa l'esigenza di uno sviluppo equilibrato e sostenibile. Questi sforzi sono culminati in una serie di incontri e manifestazioni che denotano l'intendimento del Governo stesso di avviare, nei tempi ristretti in cui è costretto ad operare, un confronto aperto e «morbido» con i movimenti antiglobalizzazione. Tra questi si ricordano gli incontri del 20 e 21 giugno al Viminale tra il Ministro Ruggiero, il Ministro Scajola, gli onorevoli Francescato e Bertinotti ed una delegazione di parlamentari liguri21 che esprimono apprezzamento per la linea di dialogo intrapresa dal nuovo esecutivo; ma allo stesso tempo taluni sottolineano la necessità che tale disponibilità al dialogo trovi ulteriore conferma attraverso l'approntamento di strutture di accoglienza e la garanzia per i manifestanti di poter raggiungere Genova attraverso treni, pullman e altri mezzi di trasporto. Cose che verranno realizzate.
Negli stessi giorni sono poste le basi per la organizzazione, alla vigilia del Vertice di Genova, di una riunione con eminenti personalità indipendenti di riconosciuta autorità morale (incontro che si svolge a Roma il 13 luglio, alla presenza del Presidente della Repubblica, del Presidente del Consiglio e del Ministro degli esteri, cui partecipano l'Alto Commissario delle Nazioni Unite per i diritti umani, Robinson, il premio Nobel Rita Levi Montalcini, l'ex Alto Commissario delle Nazioni Unite per i rifugiati, signora Ogata, l'arcivescovo brasiliano De Almeida ed il pakistano Sattar Edhi)22.
Le iniziative del nuovo Governo di introdurre nell'agenda del G8 i temi del riequilibrio dei rapporti tra il Nord ed il Sud del mondo sono oggetto di vari dibattiti parlamentari: nell'Assemblea della Camera, il 3 e il 4 luglio, l'11 luglio nell'Aula del Senato con l'approvazione di atti di indirizzo; nelle Commissioni affari esteri di Camera (4 luglio) e Senato (10 luglio) nonché di un intenso giro di incontri del Ministro degli affari esteri Ruggiero a Parigi (26 giugno), a Berlino (27 giugno), a Londra (5 luglio), a Madrid (9 luglio) ed a Roma, l'11 luglio, con il Presidente di turno del Consiglio dei ministri degli esteri dell'UE, il belga Michel23. Queste iniziative del Governo italiano sono riprese nelle conclusioni della riunione del Consiglio affari generali dell'Unione

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europea tenutosi a Bruxelles il 16 luglio, ove i 15 Ministri degli affari esteri dell'Unione si soffermono ulteriormente sull'importanza di fornire chiari segnali dei Governi circa la volontà di dialogo con settori della società civile sui temi della globalizzazione24.
Nel frattempo, il 19 giugno, il Ministro dell'Interno Scajola incontra i rappresentanti degli enti locali liguri25.
Il Capo della Polizia ha, il 24 giugno, un primo incontro con i rappresentanti delle associazioni che contestano il vertice26. Per dare un segno tangibile alla volontà di dialogo con le organizzazioni di protesta, la Camera dei deputati il 21 giugno 2001, nel convertire il decreto-legge n. 160 del 2001 (recante ulteriori risorse finanziarie per lo svolgimento del Vertice G8) approva un emendamento, presentato dal Governo e illustrato in Aula dal Ministro Scajola, che prevede lo stanziamento di tre miliardi a favore degli enti locali e della regione Liguria per allestire «spazi di servizio, aree e strutture attrezzate per l'accoglienza dei cittadini che intendono partecipare ad iniziative o raduni in cui esprimere liberamente la propria opinione in merito al G8". Il 28 giugno una delegazione di 15 persone del Genoa Social Forum, guidata dal portavoce, dottor Agnoletto, incontra alla Farnesina i Ministri degli affari esteri e dell'interno, Ruggiero e Scajola27. Il Genoa Social Forum appare in quel momento un soggetto rappresentativo del vasto arcipelago della protesta, parlando a nome di oltre 750 associazioni ed organizzazioni non governative. In quell'occasione il Ministro degli affari esteri illustra un'agenda del Vertice che si sarebbe dovuto concentrare sulla fissazione di una strategia integrata per la lotta contro la povertà nel mondo28. I rappresentanti del ministero dell'interno in quell'occasione evidenziano i problemi di ordine pubblico al fine di incanalare le manifestazioni di protesta in forme civili e non violente29. L'obiettivo manifestato dai rappresentanti del GSF è quello di ottenere spazi ed occasioni perché nei giorni del vertice, a Genova, possa svolgersi tutta una serie di eventi da loro ritenuti importanti, escludendo ogni ipotesi di manifestazione violenta30. A questo incontro seguono altri incontri del Ministro degli affari esteri con associazioni quali i giovani missionari e le associazioni sindacali (3 luglio). Il 14 luglio il Ministro degli affari esteri ha, invece, un incontro-dibattito con i rappresentanti delle »Associazioni ONG italiane« che riunisce 165 organizzazioni non governative nazionali di area laica e cattolica ed altre 65 del »Forum permanente del terzo settore« (tra queste associazioni ve ne sono diverse aderenti al Genoa Social Forum)31.
Il 28 giugno il prefetto Andreassi viene nominato componente della struttura di missione in sostituzione del prefetto Gianni32; mentre il 30 giugno il Capo della Polizia De Gennaro ha un secondo incontro con i rappresentanti del GSF33. Seguono riunioni tra i rappresentanti degli enti locali, prefetto e questore, per definire le modalità di accoglienza dei manifestanti (2-5 luglio) che comunicano, nei giorni seguenti, i luoghi di svolgimento delle manifestazioni34. Per l'accoglienza dei manifestanti e l'organizzazione delle loro iniziative il Comune di Genova e la Provincia consegnano a rappresentanti del GSF una serie di strutture pubbliche, tra le quali le scuole Diaz-Pascoli e Pertini (11 e 16 luglio)35 ed il campo sportivo Carlini (15 luglio)36, nonché materiali e attrezzature per organizzare, presso la scuola

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Diaz-Pascoli, un centro stampa (12 luglio)37. Lo stesso giorno (12 luglio) la Giunta comunale di Genova approva il piano di accoglienza dei manifestanti38. Segue, il 16 e il 18 luglio, la consegna, sempre da parte del comune e della provincia, a rappresentanti del GSF, di altre strutture pubbliche39. Tutte le consegne vengono fatte a vari soggetti per conto del GSF, vista la non rappresentatività legale dello stesso.
La preparazione diplomatica del vertice di Genova si compie con le riunioni dei Ministri delle finanze del G7 (7 luglio) e degli esteri del G8 (18-19 luglio) che, per ragioni di sicurezza, si svolgono a Roma a Villa Madama e non in località della Liguria, come preventivamente programmato. Nel frattempo, il 7 luglio, si tiene a Genova una giornata di sensibilizzazione e studio sui temi del G8 a cura della Conferenza Episcopale, cui partecipa anche il Segretario Generale della Farnesina Vattani40.

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B) L'Agenda politica del vertice

Il vertice G8 di Genova è preceduto, come nelle altre edizioni, da una serie di vertici preparatori dei Ministri di settore.
Contemporaneamente si va organizzando il movimento del dissenso che si riunisce, per la prima volta, il 29 giugno del 2000 a Genova (riunione della "Rete contro il G8")1. Il Governo italiano avvia il dialogo con le organizzazioni del dissenso, dialogo le cui tappe sono ripercorse nel paragrafo precedente e in quello successivo.
Queste iniziative di dialogo vengono rilanciate dopo una pausa, a seguito degli avvenimenti di Gotebörg (14-15 giugno 2001) dal Ministro degli affari esteri del nuovo Governo Renato Ruggiero anche in sede parlamentare. L'agenda del vertice di Genova è oggetto di dibattiti parlamentari che aprono la XIV legislatura e che si concludono, sia alla Camera sia al Senato, con l'approvazione di atti di indirizzo. Alla Camera, il 4 luglio, anche se non v'è convergenza su un unico atto di indirizzo, la maggioranza e gran parte dell'opposizione, reciprocamente astenendosi, manifestano una volontà sostanzialmente convergente sui dispositivi delle mozioni presentate. Sono così approvate le mozioni Boato e Calzolaio, che impegnano il Governo alla «riconferma degli impegni presi nel Protocollo di Kyoto», e la mozione Burlando e altri nella parte in cui impegna il Governo:
a condurre a termine il dialogo con i Paesi non G8, consentendo così un confronto fra i membri del G8 ed alcuni dei paesi più colpiti dalla povertà, più esposti a malattie distruttive e più vulnerabili agli squilibri indotti dal processo di globalizzazione;
a proseguire il dialogo con gli organismi del mondo non governativo, garantendo una reale possibilità di manifestazione pacifica delle idee ed occasioni di incontro fra esponenti del Governo e ONG;
a trasmettere a tutti gli altri Governi i contenuti espressi nel rapporto finale della Genoa non governmental initiative (GNG) in tema di strategie di riduzione della povertà, di governance internazionale, di finanza per lo sviluppo e cancellazione del debito, di ambiente e sviluppo sostenibile;
a valutare iniziative di coinvolgimento di istituzioni rappresentative (come i parlamenti) dei paesi del G8 e di altri paesi democratici.
Viene poi approvata la mozione firmata dai Presidenti dei gruppi della maggioranza che impegna il Governo:
a collaborare con gli altri paesi europei per l'approvazione dei protocolli di Kyoto e la realizzazione degli obiettivi in essi contenuti;
a favorire presso gli altri partner europei un più stretto e proficuo dialogo con gli Stati Uniti d'America per una comune ricerca sull'ambiente;


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a ricercare ogni utile strumento volto a coinvolgere i cittadini, le comunità e le imprese per la valorizzazione delle energie presenti, tenendo conto del deficit energetico del nostro Paese che recentemente ha avuto difficoltà, per certi aspetti simili a quelle riscontrate dagli USA, nella riduzione delle emissioni di gas nocivi.

Al Senato, l'11 luglio, il dibattito non si conclude con una sostanziale convergenza sugli atti di indirizzo. Sono infatti respinte le mozioni presentate dalle opposizioni. È invece approvata la mozione presentata dalla maggioranza che, al fine di raccogliere un maggior consenso, viene modificata prevedendo anche un impegno del Governo «a porre allo studio forme di tassazione sulle transazioni finanziarie internazionali con carattere speculativo e la loro fattibilità anche nell'interesse dei paesi in via di sviluppo».
Nel frattempo si svolge l'ultima sessione preparatoria del vertice dei Capi di Stato e di Governo con la riunione plenaria degli «Sherpa» tenutasi a Genova tra il 26 e il 28 giugno. Oggetto della riunione è quello di definire il contenuto dei documenti finali che dovranno essere approvati dai Capi di Stato e di Governo a Genova.
Nel corso del Vertice di Genova vengono raccolte le fila della complessa azione diplomatica volta a valorizzare il dialogo tra i Governi, la società civile e l'opinione pubblica internazionale sui temi della globalizzazione. Il vertice si apre sostanzialmente il 18 e 19 luglio con l'incontro a Roma dei Ministri degli affari esteri del G8 che pone le basi per le successive conclusioni della riunione dei Capi di Stato e di Governo. Nel corso di tale riunione, su iniziativa italiana, si segnala l'esigenza di approfondire la discussione con i movimenti e le associazioni di contestazione che accettano il dialogo e si dissociano dalla violenza. Questo dibattito dovrà proseguire a settembre nel corso della tradizionale riunione di lavoro dei Ministri degli esteri del G8 che si terrà a margine dell'Assemblea generale delle Nazioni Unite.
Il vertice di Genova si apre, ufficialmente, il 20 luglio, con una riunione cui partecipano anche i Capi di Stato e di Governo di Algeria, Bangladesh, El Salvador, Mali, Nigeria, Senegal, Sudafrica, nonché i vertici dell'ONU, della FAO, della Banca Mondiale, dell'Organizzazione mondiale del commercio e dell'Organizzazione mondiale della sanità.
Tra il 20 e il 22 luglio si svolgono invece le riunioni dei Capi di Stato e di Governo del G7-G8, i cui esiti sono illustrati nel comunicato finale del vertice. Fra le più significative decisioni assunte dai Capi di Stato e di Governo dei paesi più industrializzati vi sono: la creazione di un gruppo di lavoro per la partnership Africa-G8; il lancio del fondo globale per la lotta all'AIDS, alla malaria e alla tubercolosi, cui viene assegnata immediatamente una disponibilità di 1300 milioni di dollari da parte degli 8 paesi partecipanti al vertice e di 500 milioni di dollari provenienti dal settore privato; ulteriori progressi nel processo di cancellazione del debito dei paesi in via di sviluppo; il sostegno al lancio di un nuovo ciclo di negoziati globali in materia commerciale, fissando un'agenda più equilibrata ed attenta ai temi che interessano i paesi in via di sviluppo; la valorizzazione dei sistemi di istruzione e di accesso alle opportunità offerte dalle tecnologie digitali intese come un fattore essenziale di accelerazione dello sviluppo delle aree più penalizzate del mondo; l'intento comune di affrontare costruttivamente


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il problema dei cambiamenti climatici. Si segnala infine l'esito positivo del confronto tra i Presidenti Bush e Putin in tema di difesa missilistica.
Il Vertice, pertanto, si conclude con un bilancio interamente positivo.

(1) Prefetto di Genova, dotto, DI GIOVINE, XII, 1.


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C) Dal dialogo con le ONG alla nascita del Patto di lavoro, alle iniziative del GSF

1 Evoluzione e organizzazione del movimento antiglobalizzazione

Va colto un processo di graduale e costante aggregazione dei rappresentanti del movimento antiglobalizzazione nell'ambito di una progressiva organizzazione che lascia sussistere una complessa articolazione al suo interno e al tempo stesso enuclea un livello di coordinamento unitario.
Dall'attivismo, già nel mese di giugno 2000, di realtà associative quali la «Rete contro il G8», si assiste alla nascita, il 19 dicembre 2000, in vista del vertice di Genova, del «Patto di lavoro», cui aderiscono inizialmente circa 50 associazioni1.
La posizione di tali associazioni, fin dai primi giorni successivi alla costituzione, è nel senso di evidenziare ai rappresentanti delle pubbliche istituzioni l'esigenza di adeguati spazi e modalità che consentano la manifestazione del dissenso. In tal senso, fin dal 10 gennaio 2001, è formulata la richiesta di costituire un tavolo permanente di lavoro (con le istituzioni locali)2.
La dimensione nazionale delle associazioni aderenti al «Patto di lavoro» è quindi superata in breve tempo a seguito dell'adesione, al «Patto di lavoro» medesimo, di movimenti di estrazione internazionale; viene in tal modo costituito - l'8 marzo 2001 - il «Genoa Social Forum», GSF, soggetto che terrà i rapporti con le istituzioni pubbliche in vista del vertice del G8, cui aderiscono nel tempo oltre 750 associazioni ed organizzazioni non governative3.

2 Il dialogo con i pubblici poteri

L'indagine conoscitiva ha evidenziato un atteggiamento di attenzione da parte dei pubblici poteri per le componenti pacifiche del movimento antiglobalizzazione in vista del vertice di Genova. I prodromi di una linea di dialogo emergono con la richiesta all'architetto Margherita Paolini, già impegnata quale consulente in attività di cooperazione internazionale, di individuare controparti affidabili4. Un primo incontro con una delegazione della «Rete contro il G8» ha luogo, solo in sede locale, nell'ottobre del 20005. Il 10 gennaio 2001, seguono richieste di incontri da parte del «Patto di lavoro», che effettivamente hanno luogo, con autorità locali, in Prefettura il 26 gennaio6. Con la fine del gennaio 2001 (il giorno 30) viene conferito all'architetto Paolini il coordinamento delle iniziative riconducibili alle organizzazioni non governative da parte del Ministro plenipotenziario Vinci Giacchi responsabile della «Struttura di missione G8»7.
Dopo il primo incontro formale - il 7 febbraio 2001 - tra esponenti di enti locali, prefetto, regione e l'architetto Paolini, ha luogo


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- l'8 febbraio - un incontro tra detti rappresentanti istituzionali e una rappresentanza del «Patto di lavoro». In tali prime riunioni emerge la differente impostazione dei rappresentanti di pubbliche istituzioni, disponibili allo svolgimento di manifestazioni pacifiche (culturali e musicali) nella settimana precedente il vertice, e quella dei rappresentanti del «Patto di lavoro», che chiedono invece di effettuare iniziative contemporanee a quelle ufficiali e manifestazioni di massa nei giorni dal 19 al 21 luglio8. Inoltre una parte del GSF si pone sin dall'inizio l'obiettivo di sfondare la zona rossa, ipotizzando comportamenti contraddittori con le dichiarazioni di pacifismo.
Detto atteggiamento contraddittorio è evidenziato dal fatto di non aver saputo o voluto isolare la componente violenta, la cui consistenza si rivelerà tutt'altro che marginale, essendo risultata pari a circa 10.000 persone.
Infatti molte delle vicende avvenute nel corso del G8 hanno messo in evidenza la presenza nel GSF di un estremo pluralismo politico e comportamentale: accanto all'area pacifista sono esistiti componenti (dai centri sociali alle Tute bianche e da altri) che non hanno esitato a praticare forme violente di contestazione che si sono ripetute sia il 20 che il 21 luglio.
Anche nell'ambito di episodi di contestazione violenta, va comunque tenuta distinta quella parte dei gruppi aderenti al cosiddetto blocco nero, da quella dei cosiddetti «parassitari», cioè diretti ad approfittare di cortei per mimetizzarvisi.
A pochi giorni dalla sua costituzione, avvenuta l'8 marzo 2001, il Genoa Social Forum (GSF) formula richieste specifiche in vista del Vertice (19 marzo)9.
Il Presidente del Consiglio, On. Amato il 4 aprile conferisce al prefetto di Genova il mandato di mantenere il dialogo con le O.N.G. 10. Lo stesso giorno ha luogo il così detto telegram day su organizzazione delle associazioni del dissenso ed un sit-in davanti al Viminale11. Il primo incontro a livello ministeriale con rappresentanti del GSF si svolge il successivo 5 aprile presso il Ministero dell'interno, alla presenza del Capo di Gabinetto, incaricato dal ministro12. Si svolge una riunione in sede locale, convocata dal prefetto, del tavolo di Coordinamento tra gli enti locali (20 aprile) conseguita ad una richiesta specifica del GSF, relativa all'esigenza, fra l'altro, di disporre di spazi per manifestazioni ed incontri13.
Il 26 maggio 2001 ha luogo presso il Palazzo Ducale una conferenza stampa dei rappresentanti del movimento denominato «tute bianche» nel corso della quale viene pronunciata la cosiddetta «dichiarazione di guerra» del movimento14.
A pochi giorni da un sollecito al Governo per un incontro da parte del dott. Agnoletto, portavoce del GSF - rinnovata la compagine governativa - ha luogo una prima riunione tecnica, il 24 giugno, tra il Capo della Polizia e rappresentanti del dissenso, cui farà seguito un'altra riunione, il successivo 30 giugno15. Nel frattempo, sulle componenti del movimento italiano di contestazione, sui relativi intendimenti e sulle opzioni più efficaci per la sicurezza, l'architetto Paolini invia una nota al capo della Struttura di missione G816.
Quasi a conclusione del mese di giugno (il 28) una delegazione del GSF incontra i ministri degli affari esteri Ruggiero e dell'interno

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Scajola17. In tale sede sono fornite assicurazioni circa il carattere non violento delle manifestazioni e viene evidenziato che la possibilità di manifestare determina un effetto di isolamento dei violenti18.
Il 7 luglio, nell'ambito della giornata di sensibilizzazione e di studio sui temi del G8 promosso dalla Conferenza episcopale a Genova, ha luogo un incontro cui partecipa l'Ambasciatore Vattani19.
In rapida successione, nei giorni che seguono, ha luogo la consegna ai rappresentanti del GSF di immobili e strutture: l'11 luglio il comune di Genova consegna la scuola Diaz-Pascoli; in pari data la giunta provinciale delibera la concessione dell'Istituto Pertini, (ex Diaz) e dell'area ubicata presso il complesso Se Di. Segue la consegna di ulteriori immobili e attrezzature nei giorni 12, 15, 16 e 18 luglio, finché, il 19 luglio, il comune consegna al GSF «Villa Gamboro», il parco chiamato «Valletta Cambiaso» e i giardini pubblici di Piazzale Rusca20.

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D) Il piano di sicurezza: atti e provvedimenti riguardanti l'organizzazione delle forze di polizia

Nel corso dell'indagine conoscitiva è emersa l'esigenza di conoscere il complesso delle attività organizzative poste in essere per tutelare i molteplici aspetti meritevoli di tutela: il libero e sicuro svolgimento del vertice; la tutela della città e dei suoi abitanti e la garanzia per il pacifico esercizio del dissenso politico nei confronti del Vertice.
Sotto il profilo specifico della tutela della sicurezza e dell'ordine pubblico, l'indagine ha evidenziato un quadro complesso e articolato di relazioni tra gli organi istituzionalmente preposti ai vari livelli a presiedere l'ordine e la sicurezza pubblica. Per quel che concerne gli aspetti operativi, già l'articolo 4 della legge 8 giugno 2000, n. 149, recante «Disposizioni per l'organizzazione del vertice G8 a Genova» autorizza il prefetto di Genova ad avvalersi di un contingente di personale delle Forze Armate per le esigenze di pubblica sicurezza connesse allo svolgimento del vertice.
Va quindi ricordato che nella riunione del Comitato provinciale per l'ordine e la sicurezza pubblica dedicato al G8, del 7 agosto 2000, si introduce il tema delle esigenze connesse al problema della sicurezza1.
Un'esigenza prioritaria, emersa sin dall'inizio, è quella di un'efficace attività di coordinamento.
L'11 agosto 2000 il Comitato provinciale per l'ordine e la sicurezza costituisce un gruppo di lavoro interforze per elaborare un quadro degli obiettivi sensibili e dell'alloggiamento delle forze dell'ordine e valutare la necessità di costituire zone «di rispetto», censire anagraficamente i cittadini residenti all'interno dell'area di maggiore sicurezza e individuare le zone per le manifestazioni di dissenso2. Alcuni giorni dopo (16 agosto) viene istituito dal questore di Genova un gruppo di lavoro interforze (GOI) composto da Polizia di Stato, Arma dei Carabinieri e Guardia di Finanza per la pianificazione delle misure di protezione e di sicurezza3. L'impegno appare rilevante, oltre che per il rilievo dell'avvenimento internazionale, anche per il numero delle persone coinvolte. Si fa riferimento a circa 18 mila unità solo per le forze dell'ordine. Vanno poi considerati i 2.000 delegati per il vertice, 4.750 giornalisti accreditati, nonché decine di migliaia di manifestanti (nella manifestazione conclusiva è stata stimata la presenza di circa 100.000 unità) e i cittadini di Genova residenti nelle zone più direttamente interessate del Vertice.
Nella prospettiva di un più stringente coordinamento, nell'incontro di servizio del 18 settembre 2000, si evidenzia la necessità di allestire una sala operativa interforze, da affiancare a quelle già ordinariamente previste4.
Il 16 novembre 2000 ha luogo il primo Comitato nazionale per l'ordine e la sicurezza pubblica, dedicato ai problemi di ordine pubblico da affrontare in occasione del Vertice del G85.
Il 28 dello stesso mese di novembre è costituito presso il CESIS un gruppo di lavoro interforze per individuare e definire le possibili


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minacce volte a turbare lo svolgimento del G8. Tale gruppo deve valutare in otto riunioni mensili le informazioni relative al Vertice, coordinando l'attività delle polizie e di intelligence anche in sinergia con forze dell'ordine e servizi di sicurezza esteri6.
Il 28 marzo 2001 torna a riunirsi il Comitato nazionale per l'ordine e la sicurezza pubblica sui problemi organizzativi legati al G8 e alle manifestazioni collaterali programmate a Genova7.
Al fine di un sempre maggior e coordinamento tra le forze dell'ordine, con circolare del Ministro dell'interno del 9 aprile 2001, si fa carico agli uffici del Dipartimento della pubblica sicurezza di portare a conoscenza del prefetto Andreassi ogni iniziativa adottata in merito al G88. Con decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri, il 28 giugno 2001, viene quindi disposta la nomina del prefetto Ansoino Andreassi (in sostituzione del prefetto Aldo Gianni, che lascia il servizio per raggiunti limiti di età) a componente della Struttura di missione costituita presso la Presidenza del Consiglio per gli adempimenti connessi alla Presidenza italiana del Vertice G89.
Nel frattempo, proseguono le attività seminariali per il coordinamento e l'addestramento delle Forze di polizia (24 aprile, 18 e 19 giugno) cui contribuiscono addestratori facenti parte della polizia di Los Angeles10.
Sono altresì svolte attività di esercitazione pratica dei corpi interessati (7 giugno di reparti mobili; proseguono fino al 19 giugno le esercitazioni della Polizia di Stato presso il centro addestramento di Ponte Galeria; si svolge un'esercitazione pratica sull'interscambio delle tecniche di intervento attuate dai battaglioni mobili dei Carabinieri il 29 giugno; dal 2 al 7 luglio ha luogo l'addestramento dei finanzieri allievi del battaglione del Lido di Ostia)11. Con decreto in data 5 giugno 2001 il Ministro dell'interno del Governo Amato autorizza l'amministrazione della pubblica sicurezza alla sperimentazione del manganello «tonfa». Con decreto in data 30 giugno 2001, il Ministro dell'Interno autorizza l'Amministrazione della Pubblica sicurezza, ed in particolare il I Reparto Mobile della Polizia di Stato di Roma, appositamente addestrato, all'impiego dello sfollagente «tonfa» in occasione del Vertice G8 di Genova12. L'addestramento dei reparti avviene in evidente ritardo, come risulta dalle diverse attestazioni del prefetto Andreassi e del dottor Donnini13.
Il Capo della polizia ha inoltre informato il Comitato che l'amministrazione di pubblica sicurezza ha svolto un'ampia ricerca sul munizionamento non letale (pallottole di gomma) condotta pure attraverso missioni di studio presso organi di polizia esteri14.
Sotto il profilo delle attività di prevenzione e di intelligence vanno ricordate le segnalazioni operate a più riprese dai servizi di informazione: il 20 marzo e il 5 aprile sono trasmesse 2 note del SISDE relative a possibili iniziative di alcuni antagonisti che vengono verificate dalla DIGOS15. A queste relazioni fa riferimento l'ordinanza del Questore di Genova nel disporre le direttive di ordine pubblico ed il relativo piano operativo16. A tali note seguiranno altre informative specifiche su analoghe iniziative, tra cui si ricordano quella del SISMI del 9 giugno e, sempre del SISMI, del 28 giugno, anch'esse verificate dalla DIGOS17. Sull'utilità delle citate segnalazioni sono emerse differenti valutazioni nel corso delle audizioni svolte dal Comitato paritetico. In particolare

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il prefetto La Barbera ha dichiarato al Comitato che, per quante da lui stesso esaminate, si trattava di informative prive di riscontri18.
In successive riunioni di servizio sul G8, presso la Direzione centrale di polizia di prevenzione, del 30 marzo e del 7 aprile 2001, sono illustrate le attività svolte nei confronti dei movimenti cosiddetti «antagonisti». Si valuta in tale sede la necessità di indagare presso ambienti del terrorismo islamico, viene proposta una sala operativa internazionale presso la Questura di Genova; sono altresì illustrate le attività di indagine e cattura dei latitanti19.
Per quanto riguarda le notizie riferite ai gruppi dei cosiddetti black bloc le informative ne segnalano la provenienza dagli ambienti anarchico-insurrezionalistici italiani e stranieri20.
Il Comitato nazionale per l'ordine e la sicurezza pubblica, presieduto per la prima volta dal Ministro Scajola - di recente insediatosi - il 3 luglio valuta l'esigenza di aumentare le attività di prevenzione e di intelligence per garantire le tre priorità del Governo sul G8: la sicurezza dei cittadini, il regolare svolgimento del vertice e la libertà di manifestare pacificamente21.
Nell'ambito delle iniziative di natura preventiva e di coordinamento anche con forze di polizia straniere, rese particolarmente complesse anche per effetto delle normative sulla tutela dei dati personali, si susseguono riunioni presso la Direzione centrale di polizia di prevenzione con ufficiali di collegamento di Spagna, Grecia, Austria, Germania, Polonia e Francia (4 maggio) e del Regno Unito (15 maggio) con richieste di attività informativa22. In ordine alla presenza di gruppi stranieri, ed al fine di ottenere collaborazione e notizie, ha luogo una riunione con funzionari del B.K.A. tedesco (28 giugno) e sono richieste informazioni alla polizia turca (nota del 26 giugno). Su disposizioni del Capo della polizia, poi, il prefetto La Barbera, responsabile della polizia di prevenzione, si reca ad Atene per incontrare i vertici della polizia ellenica (12 luglio)23.
Sulle modalità con le quali si è verificata tale collaborazione da parte di strutture estere e sull'efficacia, almeno nella fase iniziale, di talune delle collaborazioni offerte sono emerse differenti valutazioni nel corso delle audizioni svolte dal Comitato paritetico. In particolare, è stato evidenziato nel corso dell'indagine conoscitiva come siano ancora problematici gli aspetti inerenti alla collaborazione internazionale anche a causa della non perfetta corrispondenza del quadro ordinamentale dei diversi Paesi.
Nell'ambito di un più vasto coordinamento con altre istituzioni preposte all'organizzazione del Vertice internazionale, il 31 marzo 2001 il prefetto di Genova, alla presenza del Segretario generale della Farnesina, illustra lo scenario del G8 al fine di rendere conoscibili strutture e risorse sulle quali costruire il sistema di sicurezza e il piano di accoglienza delle delegazioni24, cui fa seguito una analoga riunione il successivo 19 aprile25. In data 22 maggio 2001 si tiene una riunione al Ministero degli Affari Esteri con gli ambasciatori dei Paesi del G8, nel corso della quale il Capo della Polizia, prefetto De Gennaro, illustra il quadro della sicurezza generale predisposta per il Vertice26. Si svolgono altresì riunioni con rappresentanti dell'Ambasciata canadese circa le misure adottate nel precedente Vertice degli stati americani di

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Quebec City (28 maggio), con una delegazione della federazione russa (30 maggio) e dell'Ambasciata U.S.A. (6 giugno)27.
Connesso al tema della sicurezza è quello dei controlli su aderenti a gruppi che partecipano alle manifestazioni e provenienti dall'estero. Viene in particolare valutato l'aspetto della circolazione nei Paesi della cosiddetta area Schengen. A tal fine, il 14 febbraio 2001 si tiene la riunione di coordinamento, indetta dal Dipartimento della pubblica sicurezza del Ministero dell'Interno, sull'eventuale ripristino dei controlli alle frontiere interne dei Paesi dell'area Schengen28. Il 3 luglio ha luogo una riunione di servizio sul G8 presso la Direzione centrale di polizia di prevenzione (con il direttore del Servizio immigrazione e polizia di frontiera) sulla definizione delle procedure tecniche da applicare in vista della sospensione degli accordi di Schengen29. L'11 luglio la Convenzione Schengen è sospesa con effetto dalla mezzanotte del 13 luglio alla mezzanotte del 21 luglio 200130. Il 14 luglio 2001 sono quindi ripristinati i controlli alle frontiere italiane per selezionare l'ingresso dei manifestanti ed impedire l'accesso ai contestatori violenti31.
Quanto alle iniziative in vista dello svolgimento in città del Vertice e delle manifestazioni, sono poi effettuate riunioni per la tutela delle comunicazioni delle forze dell'ordine (il 14 e il 21 maggio)32.
Dopo che il 23 maggio il Comitato provinciale per l'ordine e la sicurezza pubblica ha esaminato il tema della delimitazione della zona rossa33, il successivo 24 maggio, presso il Comitato nazionale per l'ordine e la sicurezza pubblica sul G8, il prefetto di Genova presenta la pianificazione del sistema di sicurezza34. Il successivo 2 giugno il prefetto emana l'ordinanza che istituisce una «zona rossa» di massima sorveglianza e, intorno, una fascia di sicurezza, definita «zona gialla»35. L'ordinanza rinvia la perimetrazione dettagliata delle zone ad un successivo provvedimento del questore, che viene emanato il 20 giugno 200136.
Viene quindi costituito, con ordinanza del prefetto del 13 giugno, un organismo di collegamento per la programmazione e l'adozione di misure necessarie a tutelare le primarie esigenze di sicurezza delle sedi direttamente interessate dal Vertice. Viene altresì fissata la data del 15 luglio per ultimare le operazioni di bonifica di Palazzo ducale e degli immobili ubicati nella zona rossa37.
Nelle giornate del 12, 13 e 14 luglio, si tiene un briefing operativo con i funzionari e gli ufficiali delle Forze di polizia impegnate nell'apparato di sicurezza del G8, in cui si compie l'analisi degli aspetti organizzativi e di gestione dell'ordine pubblico; si effettuano inoltre dei sopralluoghi in città per una diretta conoscenza del teatro delle operazioni di polizia38. Si è nel frattempo svolta, il 13 luglio, una riunione indetta dal questore alla quale prendono parte tutti i funzionari di pubblica sicurezza e gli ufficiali delle altre forze di polizia e delle Forze armate impegnati nella gestione del G8. Alla riunione intervengono il prefetto di Genova, il prefetto Andreassi, il Capo della Polizia, il Comandante generale dell'Arma dei Carabinieri, l'Ambasciatore Vattani e il Ministro dell'Interno39. In data 16 luglio, il Capo della Polizia invia al prefetto di Genova una lettera circa la necessità di uno stretto coordinamento delle Forze di Polizia e della centralizzazione delle informazioni presso la Sala operativa della Questura durante il G8 (a tale lettera fa seguito la risposta del prefetto con nota del 1740 41.

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E) Il piano di sicurezza: l'adozione di zone di rispetto e i provvedimenti per lo svolgimento delle manifestazioni

L'11 agosto 2000 si tiene una riunione del Comitato provinciale per l'ordine e la sicurezza pubblica nel quale si affrontano i problemi relativi alla pianificazione del progetto sicurezza ed in particolare la necessità di costituire zone di rispetto nonché di individuare zone della città dove far svolgere le manifestazioni di dissenso1.
Il 23 gennaio 2001 una lettera del coordinamento nazionale delle associazioni del dissenso ribadisce le richieste già avanzate precedentemente dai diversi movimenti e comunica la disponibilità ad affrontare il problema relativo agli spazi destinati alle manifestazioni2.
L'11 aprile del 2001 con lettera del Genoa social forum viene formulata in modo dettagliato la richiesta di spazi per incontri e manifestazioni3.
Dopo la già citata lettera del 9 marzo, tra il 14 e il 18 maggio il ministro degli Affari esteri Dini scrive al Presidente del Consiglio Amato e al Ministro dell'interno Bianco per sollecitare misure e interventi per ciò che riguarda l'apprestamento di definitive misure sul terreno dell'ordine pubblico4.
Dopo che il 23 maggio il Comitato provinciale per l'ordine e la sicurezza pubblica ha esaminato il tema della delimitazione della zona rossa ed i problemi relativi alla circolazione stradale, ferroviaria e marittima5, il successivo 24 maggio, presso il Comitato nazionale per l'ordine e la sicurezza pubblica sul G8, il prefetto di Genova presenta la pianificazione del sistema di sicurezza6.
Il successivo 2 giugno il prefetto emana, così, l'ordinanza che istituisce una «zona rossa» di massima sorveglianza (per i giorni dal 18 al 22 luglio) e, intorno, un'area di sicurezza, definita «zona gialla», al cui interno si vietano pubbliche manifestazioni di qualsiasi genere, rimettendo al questore - secondo quanto dallo stesso dottor Colucci asserito7 - la valutazione in momento delle ragioni di ordine e sicurezza pubblica preponderanti, rispetto al diritto di manifestare, in riferimento ad ogni singola manifestazione. L'ordinanza, che rinvia la perimetrazione dettagliata delle zone ad un successivo provvedimento del questore, chiude al traffico, nei giorni considerati, il porto, l'aeroporto, la sopraelevata, la metropolitana leggera e sospende altresì i cantieri8.
Viene quindi costituito, con ordinanza del prefetto del 13 giugno, un organismo di collegamento per la programmazione e l'adozione di misure necessarie a tutelare le primarie esigenze di sicurezza delle sedi direttamente interessate dal Vertice. Viene altresì fissata la data del 15 luglio per ultimare le operazioni di bonifica di Palazzo ducale e degli immobili ubicati nella zona rossa9.
Con successiva ordinanza del 20 giugno 2001 il questore di Genova provvede alla dettagliata delimitazione del perimetro della zona rossa e della zona gialla a seguito dell'ordinanza prefettizia del 2 giugno10.
Il 12 luglio 2001 il TAR Liguria con due distinte ordinanze (nn. 944/2001 e 945/2001) respinge le domande incidentali presentate


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allo stesso tribunale, da soggetti privati direttamente riconducibili al GSF, al fine di ottenere la sospensiva dell'ordinanza prefettizia n. 288/D.P. del 2 giugno 2001 istitutiva, tra l'altro, delle zone interdette per motivi di sicurezza e ordine pubblico (zona rossa e zona gialla)11.
In pari data il questore di Genova adotta, quindi, un'ordinanza di servizio (2143/R), anche attuativa dell'ordinanza prefettizia del 2 giugno precedente, che rappresenta, così come è stato affermato in sede di audizione dal dottor Colucci, allora questore di Genova, il documento che conclude 12 mesi di lavoro istruttorio e che costituisce, insieme alle successive ordinanze in parte modificative della stessa, la principale e più articolata fonte di riferimento per tutto ciò che riguarda l'ordine e la sicurezza nelle giornate del vertice12.
In tale ordinanza, infatti, si trovano rappresentate analiticamente le caratteristiche dell'area interessata al vertice e alle manifestazioni, le informazioni attinenti ai programmi e agli alloggiamenti delle singole delegazioni, le disposizioni di sicurezza da attivare nelle diverse zone, la previsione dei singoli servizi di sicurezza, la strutturazione delle diverse sale radio con l'istituzione di una sala radio interforze nonché le informazioni fino ad allora disponibili sul fronte della protesta anti-G8.
In particolare, per quest'ultimo aspetto vengono elencate le caratteristiche del fronte eterogeneo della protesta, individuando quattro «blocchi» (rosa, giallo, blu e nero) a seconda delle diverse modalità di protesta attuate dai singoli blocchi ed in base quindi all'appartenenza dei diversi gruppi di manifestanti ad un fronte moderato, intenzionato cioè a manifestare pacificamente e senza disordine, o ad un fronte radicale disposto ad arrivare all'utilizzo di forme di protesta più incisive fino all'uso della violenza. Va precisato, peraltro, che dei blocchi così individuati si è rivelata numericamente prevalente la componente non violenta.
Si elencano analiticamente, e sulla base dell'attività informativa fino ad allora eseguita, le possibili modalità della protesta e delle eventuali azioni violente, gli arrivi previsti dalle diverse città italiane nonché dall'estero ed il numero e le caratteristiche dei manifestanti in arrivo.
Nella stessa ordinanza si dà conto, anche ai fini della predisposizione dei necessari servizi di ordine pubblico, delle manifestazioni di cui fino a quel momento era stato dato preavviso; in particolare l'ordinanza dà conto e predispone i susseguenti servizi d'ordine pubblico per la manifestazione internazionale dei migranti prevista per il 19 luglio e per la manifestazione internazionale con corteo del 21 luglio. La stessa ordinanza del 12 luglio dà conto del preavviso di alcune manifestazioni da svolgersi nella giornata del 20 luglio; si tratta della manifestazione organizzata dal C.U.B. e di una serie di manifestazioni di piazza in forma statica nonché di un corteo lungo tutto il perimetro della zona di svolgimento del vertice. Per tali manifestazioni, sussistendo secondo l'ordinanza motivi ostativi sotto il profilo dell'ordine e della sicurezza pubblica, si rappresenta la necessità di procedere ad ulteriori valutazioni riservandosi, alla data del 12 luglio, le determinazioni al riguardo.
In data 16 luglio perviene alla questura il preavviso definitivo, recante sostanziali modifiche, riguardante le manifestazioni del 20

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luglio e in data 17 e 19 luglio vengono adottati due provvedimenti da parte del questore in riferimento a tali manifestazioni13.
In particolare, con provvedimento del 19 luglio, il questore vieta manifestazioni in alcune piazze e, per quanto riguarda il corteo lungo il perimetro della zona di svolgimento del Vertice, ne vieta la prosecuzione oltre Piazza Verdi14. In pari data dispone la rimozione dei cassonetti15.
Tali determinazioni si fondano sulla circostanza che alcuni luoghi nei quali sono programmate le suddette manifestazioni si trovano in parte nell'area di massima sicurezza («zona rossa») e in parte nelle immediate adiacenze dei palazzi che ospitano i lavori del Vertice e delle iniziative collaterali, in cui insistevano consistenti servizi di sicurezza nonché sedi istituzionali («zona gialla»).
Sulla base di tali determinazioni, sempre il 19 luglio, viene adottata dal questore un'ordinanza di servizio, in parte modificativa e comunque a carattere integrativo di quella adottata il 12 luglio, contenente la disciplina dei servizi di ordine e sicurezza pubblica del giorno 20 luglio16-17.

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F) Le giornate del 19, 20 e 21 luglio: Le manifestazioni e gli scontri

Nei paragrafi seguenti sono sinteticamente elencati gli avvenimenti relativi alle manifestazioni ed agli scontri verificatisi nelle giornate del 19, 20 e 21 luglio, sulla base dei dati e delle informazioni forniti al Comitato paritetico nel corso delle audizioni svolte.

1) La giornata del 19 luglio

In generale, la giornata del 19, sul piano dell'ordine pubblico, non registra episodi significativi: in particolare, nel corso della medesima giornata, il corteo dei «Migrantes», organizzato dal Genoa Social Forum, ha luogo pacificamente, senza che si verifichino incidenti di sorta1.
Tale manifestazione ha luogo con una larga partecipazione e si svolge secondo le modalità programmate in un clima sereno. Analogamente si svolge nella stessa giornata in modo del tutto pacifico la manifestazione delle donne iraniane2.
Alcuni episodi violenti si registrano tuttavia a partire dalla serata, quando il Comando provinciale dei Carabinieri di Forte San Giuliano è fatto oggetto di una sassaiola nonché di atti vandalici3. Nella stessa serata le forze di polizia, su richiesta del Presidente della Provincia di Genova che faceva presente tra l'altro che le persone che occupavano i locali del complesso Se.Di. erano in numero superiore a quello per il quale era stato consegnato l'edificio e che risultava che alcuni degli stessi occupanti si stavano munendo di armi improprie4, intervengono presso l'asilo nido di via G. Maggio 3, situato nel complesso Se.Di., precedentemente concesso in uso al Genoa Social Forum, nel timore di danneggiamenti all'interno della struttura5. Gli interventi delle forze dell'ordine presso l'asilo di via Maggio si ripeteranno anche nelle prime ore del 20 e nella mattina del 21 luglio, in quest'ultimo caso su sollecitazione dell'assessore provinciale Massolo6.

2) La giornata del 20 luglio

Sia il 20 che il 21 luglio l'intenzione di gestire in maniera morbida l'ordine pubblico si scontra con provocazioni di massa determinate dall'intrecciarsi - non ostacolato dagli organizzatori - di una folla di circa 10.000 violenti con le manifestazioni pacifiche; da tale intreccio risulta l'impossibilità di separare i violenti dai non violenti7.
Nella giornata sono programmate manifestazioni consistenti nelle cosiddette «piazze tematiche»8, avvenimenti ipotizzati anche per attenuare la tensione in città.


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Gli episodi di violenza sono derivati anche dalle incursioni di gruppi di black bloc all'interno di pacifiche manifestazioni statiche (piazze tematiche)9.
La giornata del 20 luglio si caratterizza fin dalle prime ore del mattino per numerosi episodi di violenza, dovuti, secondo le dichiarazioni rese dai rappresentanti delle forze dell'ordine al Comitato, in alcuni casi allo svolgimento del corteo, in parte degenerato in scontri di piazza, in altri al tentativo, da parte di alcuni manifestanti, di forzare le barriere poste a protezione della zona rossa10.
Gli episodi più gravi hanno luogo soprattutto nei quartieri di Brignole, Foce, Marassi e San Martino11. Particolarmente aggressiva e violenta e per le tattiche adottate, poco controllabili, risulta l'attività degli esponenti del cosiddetto blocco nero, i quali occupano lo spazio di Piazza Paolo Da Novi originariamente destinato al Network e compiono numerosi atti di devastazione12. In particolare, viene data alle fiamme un'agenzia della BNL ed un supermercato adiacente, con interessamento di abitazioni sovrastanti, viene devastata un'agenzia del Credito italiano, e si registra il danneggiamento di una ricevitoria del lotto, di distributori di carburante e vetrine di negozi, nonché la distruzione di numerose autovetture13.
Gli incidenti proseguono anche nel pomeriggio, soprattutto nella zona di levante della città, a partire dall'attacco al carcere di Marassi, iniziato alle 14,30 e proseguito con numerosi scontri concentrati soprattutto nella zona di piazza Manin.
Particolarmente grave risulta la situazione nella zona di corso Italia, dove, dopo ripetuti scontri, un contingente di circa 100 carabinieri viene accerchiato da gruppi di manifestanti, tra Piazza Alimonda e via Caffa, e costretto a ritirarsi disordinatamente: in tale contesto si inquadra l'episodio, avvenuto in Piazza Alimonda alle 17,20, dell'uccisione di Carlo Giuliani14.
Nel pomeriggio ha luogo, senza che si verifichino incidenti di sorta, il corteo dell'organizzazione sindacale CUB, nella zona di ponente della città15.
Nel corso della giornata il Comando provinciale dei Carabinieri di Forte San Giuliano, che già era stato obiettivo di violenze nel corso del 19 luglio, viene nuovamente attaccato per due volte16; vengono altresì assaliti o fatti oggetto di atti vandalici la caserma della Compagnia Carabinieri di Genova San Martino e il Comando Regionale Ligure della Guardia di Finanza di via Nizza17.
Nella serata del 20 il Questore di Genova dispone, a seguito dell'episodio che ha causato la morte di Carlo Giuliani, la sostituzione dei contingenti dell'Arma dei carabinieri di cui era previsto l'impiego nella giornata del 21 con contingenti della Polizia di Stato18.

3) La giornata del 20 luglio. Via Tolemaide

Le cariche delle forze di polizia nei confronti del corteo sono iniziate quando lo stesso transitava in zona (via Tolemaide, angolo Corso Torino), non vietata sebbene ormai molto adiacente a piazza Verdi, individuata nel provvedimento del questore del 19 luglio come limite al proseguimento del corteo19.


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Dalla relazione di servizio del funzionario di polizia responsabile in quella zona e dalla audizione dello stesso questore Colucci si è però appreso che i reparti delle forze dell'ordine giunti in via Tolemaide, a seguito di segnalazioni da parte della sala radio che informavano di scontri in corso sul luogo anche precedentemente all'arrivo del corteo, erano oggetto di un nutrito lancio di bottiglie molotov e di pietre e che le prime file dei manifestanti, per lo più travisati e dotati di protezioni di vario genere, procedevano incendiando pneumatici e automezzi20. Si manifestava, pertanto, già prima che il corteo raggiungesse piazza Verdi, l'evidente intenzione di violare i limiti posti al suo svolgimento. Lo stesso Casarini, nel corso dell'audizione, riferiva che, giunto all'altezza dello sbarramento delle forze dell'ordine, il corteo si apprestava a superarlo con quello che lo stesso Casarini ha definito: «un gesto di disobbedienza civile» 21.
Il ministro dell'interno, on. Scajola, nel corso della sua audizione, ha dato notizia di una indagine amministrativa condotta dal ministero stesso al fine di chiarire le precise modalità di svolgimento dei fatti in precedenza descritti22.

4) La giornata del 20 luglio. La morte di Carlo Giuliani

Nel contesto dei duri scontri tra gruppi di manifestanti violenti e forze dell'ordine che si svolgono nel corso del pomeriggio del 20 luglio si sviluppano gli eventi drammatici di Piazza Alimonda, che si concludono con la morte di Carlo Giuliani.
Un contingente di circa 100 carabinieri, intervenuto in via Caffa per dare ausilio ad altri reparti già impegnati nella zona, viene a trovarsi accerchiato da gruppi di manifestanti e costretto a ritirarsi disordinatamente verso Piazza Alimonda. Nella piazza due camionette dei carabinieri tipo Land Rover, utilizzate per funzioni di supporto logistico ai reparti, rimangono isolate all'interno del gruppo di manifestanti e sono dagli stessi attaccate. Una delle due camionette riesce ad allontanarsi, mentre l'altra resta bloccata e subisce un'ulteriore violenta aggressione23.
Uno dei carabinieri rimasto rinchiuso nella camionetta assediata da decine di dimostranti esplode un colpo di pistola che uccide il manifestante Carlo Giuliani, il quale si accingeva a scagliare un estintore all'indirizzo del carabiniere e dopo che lo stesso carabiniere era stato raggiunto al capo da un violento colpo di spranga infertogli da un altro manifestante24.
In relazione a questo specifico episodio, anche in considerazione del procedimento pendente davanti all'autorità giudiziaria che dovrà pronunziarsi sulle responsabilità individuali dei protagonisti della vicenda, il Comitato paritetico si è soffermato piuttosto sulla raffigurazione della situazione complessiva dalla quale è poi derivato il tragico evento.
È stato oggetto di particolare attenzione il sistema delle comunicazioni tra i contingenti impiegati nei servizi di ordine pubblico e i loro comandanti e le sale operative, al fine di verificare le modalità di coordinamento tra i diversi reparti25.


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5) La giornata del 21 luglio

Nel corso della giornata si ripetono gli scontri tra manifestanti e forze di polizia, e gli episodi di danneggiamenti nei confronti di edifici privati, esercizi pubblici, autovetture ed arredi urbani26. La situazione risulta particolarmente grave soprattutto a partire dal primo pomeriggio, in concomitanza con lo svolgimento del «corteo internazionale»: in questa fase, per far fronte allo stato di emergenza venutosi a creare nei pressi della zona Fiera, la sala operativa interforze della Questura ordina al personale del Corpo della Guardia di Finanza di schierarsi a supporto dei reparti di Polizia, al fine di fronteggiare i manifestanti27. I momenti di maggiore tensione insorgono quando la testa del corteo trova di fronte a sé un gruppo di un centinaio di persone che fronteggia le forze dell'ordine, determinando incidenti, lanci di lacrimogeni e cariche di polizia, che coinvolgono il corteo.
Sempre nel corso del corteo le forze di polizia provvedono alla perquisizione di furgoni ritenuti contenere armi improprie, procedendo in alcuni casi al sequestro di materiale ed all'arresto di alcune persone28.
Durante l'arco della giornata si ripetono altresì gli attacchi, già verificatisi nei giorni precedenti, al Comando provinciale dei carabinieri di Forte San Giuliano29.

6) La presenza di esponenti politici

Nel corso delle giornate di svolgimento del vertice, oltre ai rappresentanti del Governo impegnati negli eventi ufficiali, sono presenti a Genova diversi esponenti politici.
Nelle giornate del 19, 20 e 21 luglio partecipano ai cortei ed alle manifestazioni, anche come componenti del cosiddetto «gruppo di contatto» incaricato di tenere i rapporti con i funzionari di pubblica sicurezza responsabili dell'ordine pubblico, i deputati Bertinotti, Cento, Deiana, Alfonso Gianni, Giordano, Mantovani, Mascia, Pisapia, Valpiana, Vendola, Zanella e il senatore Malabarba30.
Il giorno 20 i deputati Ascierto, Bornacin e Bricolo effettuano, attorno alle ore 10-10.30, una visita di saluto presso la caserma del Comando provinciale dell'Arma dei carabinieri, soffermandosi nella sala stampa. Si trattengono più a lungo del previsto (sino alle ore 16.30 circa) a causa della contingente inagibilità delle vie adiacenti interessate dalle manifestazioni31.
Peraltro, nella serata precedente avevano visitato le strutture alloggiative presso la Fiera e si erano recati in questura per un saluto al personale.
Il giorno 21 il Vice Presidente del Consiglio, on. Fini, si trova a Genova per la registrazione della trasmissione televisiva «Porta a porta» e in mattinata si reca in visita presso la prefettura e la questura di Genova32; successivamente, accompagnato dai deputati Ascierto, Bornacin e Bricolo, visita il comando provinciale dell'Arma dei carabinieri33 e a causa dei disordini nei dintorni della caserma è costretto a prolungare la sua presenza sino al deflusso del corteo (ore 16.30 circa), su indicazione degli ufficiali dell'Arma34.
Della presenza del ministro Castelli si riferisce in seguito35.


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G) La perquisizione agli edifici scolastici Diaz-Pertini-Pascoli

Terminato il corteo conclusivo del Genoa Social Forum del 21 luglio, il Questore di Genova, dott. Colucci, a seguito dei violenti scontri verificatisi, dispone servizi di pattugliamento del territorio1.
Alle ore 19,30, il dott. Mortola, dirigente della DIGOS di Genova riceve dal dott. Gratteri, direttore del Servizio centrale operativo - Criminalpol (SCO), l'ordine di mettere a disposizione un certo numero di agenti della Digos per formare, con la Squadra mobile di Genova e lo SCO, le squadre di pattugliamento con il compito di controllare il territorio, identificare ed eventualmente fermare i manifestanti autori di episodi delittuosi2.
Alcune pattuglie miste della Mobile e della Digos, al comando del dr. Di Bernardini, della squadra mobile di Roma, mentre transitano in via Cesare Battisti, in prossimità degli istituti scolastici Pertini (ex Diaz) e Diaz-Pascoli, concessi in uso al Genoa Social Forum, subiscono un lancio di oggetti da parte di un gruppo di manifestanti e notano sul posto numerose persone con abbigliamento simile a quello dei cosiddetti «black bloc»3.
Il dott. Di Bernardini, responsabile del pattugliamento, di ritorno in Questura, insieme al dott. Caldarozzi, capo di una della pattuglie, riferisce l'episodio al dott. Gratteri che lo accompagna dal Questore, presso il quale si trovavano riuniti anche altri dirigenti, tra i quali i prefetti Andreassi e La Barbera e il dott. Mortola4.
L'orario dell'aggressione, nella relazione di servizio del dott. Di Bernardini, così come nel rapporto dell'ispettore Micalizio al Capo della Polizia, è collocato intorno alle ore 22,30, mentre la relazione svolta durante la sua audizione dal dott. Gratteri indica le ore 21,30-22; il dott. Donnini, consigliere presso la Direzione centrale per gli affari generali del Dipartimento di pubblica sicurezza, afferma di essere stato avvertito telefonicamente dal Questore, per comunicargli la necessità di svolgere un'operazione urgente, richiedendo a tal fine la disponibilità del VII Nucleo del I Reparto Mobile di Roma (Nucleo sperimentale antisommossa) alle ore 21-21,30; peraltro il Questore Colucci ha dichiarato di essere stato avvertito dell'aggressione intorno alle 22,205.
Ulteriori incertezze riguardano l'ora (tra le 21,30 e le 23) in cui sarebbe stata conseguentemente assunta la decisione di procedere alla perquisizione dell'immobile sede della scuola Pertini (ex Diaz).
Secondo quanto riferito dal Questore e dal dott. Mortola alle ore 22,20 circa lo stesso Questore convoca il dott. Mortola (alla presenza, tra l'altro, di Andreassi, La Barbera e Gratteri) e lo informa dell'aggressione subita in via C. Battisti da alcune pattuglie miste Mobile e Digos6. Il dott. Mortola fa presente che in via C. Battisti sono ubicati gli edifici scolastici concessi al GSF per insediarvi il centro stampa; lo stesso viene pertanto incaricato di compiere un sopralluogo.
Al suo ritorno nell'ufficio del Questore (ore 22.40) il dott. Mortola riferisce di aver notato (ore 22,30 circa) nelle strade adiacenti alle scuole Pertini e Pascoli alcuni giovani con funzioni verosimilmente di


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vedette e davanti all'istituto circa 150 persone molte delle quali vestite di nero e riconducibili ai cosiddetti black bloc7.
Si decide quindi di contattare i rappresentanti del GSF per verificare chi occupi effettivamente le scuole. Il dott. Mortola telefona al sig. Stefano Kovac, responsabile degli aspetti logistici del GSF. Il sig. Kovac, secondo quanto riferisce il dottor Mortola, risponde di non poter escludere la presenza di soggetti non graditi all'interno della scuola Pertini (ex Diaz) a causa della confusione in atto conseguente alla partenza dei 26 treni speciali, e quindi di non poter garantire il controllo degli edifici da parte del GSF8.
Il sig. Kovac fornisce una versione parzialmente diversa della telefonata: il dott. Mortola gli avrebbe chiesto se la scuola Pascoli fosse a disposizione del GSF per l'accoglienza, cosa che Kovac conferma, chiarendo che anche la Diaz e la Pertini (ex Diaz) lo erano. Il dott. Mortola gli riferisce del lancio di bottiglie contro le auto della Polizia da parte di persone che si trovano sul posto e gli chiede a quale uso il GSF ha destinato le due scuole. Kovac risponde che in esse si trovano il centro stampa, gli uffici per le organizzazioni straniere e che vi dormono delle persone trasferite da alcuni luoghi di accoglienza del GSF allagati dalle forti piogge della notte del 19 luglio. Kovac aggiunge: «mi raccomando: la situazione è molto tesa in città; ti prego di non intraprendere iniziative che possano aumentare la tensione». Mortola gli risponde di non preoccuparsi in quanto non sarebbe accaduto nulla9.
Sulla base delle informazioni acquisite, tutti i funzionari presenti nell'ufficio del questore (oltre al dott. Colucci, il prefetto La Barbera, il prefetto Andreassi, il dott. Luperi, il dott. Gratteri, il dott. Mortola, il dott. Murgolo, vicequestore vicario di Bologna, il dott. Di Bernardini, il dott. Caldarozzi, due ufficiali dell'Arma dei carabinieri ed altri funzionari della squadra mobile e della Digos) convengono perché si proceda, a norma dell'articolo 41 del TULPS, ad una perquisizione dell'immobile di via Battisti sede dell'istituto scolastico Pertini (ex Diaz), da effettuarsi dalla Digos e dalla Squadra mobile con l'aiuto di un Reparto inquadrato che garantisca la sicurezza dei luoghi dell'operazione10.
Il dott. Ansoino Andreassi ha riferito al Comitato che egli, pur essendo d'accordo sulla necessità di effettuare la perquisizione, la riteneva un'operazione rischiosa e delicata. Andreassi consigliava di consultare il Capo della polizia e di impiegare il VII Nucleo del I Reparto mobile di Roma11.
Il Questore informa telefonicamente il Capo della Polizia della decisione assunta per chiedergli l'autorizzazione all'impiego di contingenti di riserva dell'Arma dei carabinieri per le attività di controllo esterno dell'immobile da perquisire.
Dopo poco, secondo quanto affermato dal Questore, il Capo della polizia lo avrebbe richiamato, per dirgli di informare il dott. Sgalla, responsabile delle relazioni esterne del Dipartimento di pubblica sicurezza. Il Capo della polizia avrebbe inoltre chiamato anche il prefetto La Barbera, secondo quanto riferito dallo stesso prefetto, per raccomandargli che l'iniziativa fosse improntata alla massima prudenza e cautela12.

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Alle 23 circa il questore di Genova Colucci informa il colonnello Tesser, comandante provinciale dell'Arma dei carabinieri, della possibilità di una perquisizione ad una scuola utilizzata per l'alloggiamento dei manifestanti13. L'autorità giudiziaria viene preventivamente informata dell'operazione. Il dott. Caldarozzi dello SCO contatta il PM dott.ssa Canepa.
Nella sala riunioni della questura si discutono le modalità dell'intervento (presenti, tra gli altri, il Questore, il prefetto La Barbera e il dott. Gratteri)14.
Alle ore 23 il dr. Canterini, comandante del I reparto mobile di Roma, riuniti, su ordine del dr. Donnini, gli uomini del Nucleo sperimentale, si reca presso la questura, dove partecipa alla riunione già in corso relativa alla pianificazione operativa; viene informato che il Nucleo sperimentale di Roma deve prestare supporto agli uffici operativi della questura per effettuare una perquisizione nella scuola Pertini (ex Diaz) in via C. Battisti15.
Sia il Questore, sia La Barbera raccomandano prudenza e cautela nell'operazione e respingono il suggerimento di Canterini di utilizzare i lacrimogeni per far eventualmente uscire gli occupanti che si fossero barricati nell'edificio16. Si decide un intervento a tenaglia con due colonne di mezzi del Reparto mobile di Roma, dei Carabinieri, del Reparto prevenzione crimine ed equipaggi di Digos e Squadra mobile incaricati di effettuare materialmente la perquisizione17.
Nel corso della riunione, secondo quanto riportato dal dott. Gratteri, vengono definite le seguenti modalità operative anche sulla base delle indicazione fornite dal dr. Mortola che redige una piantina del luogo:

- il Nucleo viene suddiviso in due colonne, composte da quattro automezzi ciascuna (40 uomini circa) per giungere sul posto da due itinerari diversi e poi ricongiungersi in prossimità della scuola;
- il primo gruppo, con un mezzo del reparto mobile, è guidato dal dr. Mortola (cui il dr. Canterini consegna l'apparato radio per poter comunicare con tutto il personale);
- il secondo gruppo è diretto da un funzionario della Digos di Genova;
- il reparto Mobile viene incaricato di penetrare per primo nell'edificio, superando le eventuali resistenze;
- il personale del Servizio Centrale Operativo, delle Squadre Mobili e delle Digos, seguirebbe il Reparto Mobile all'interno dell'edificio per svolgere materialmente le operazioni di perquisizione;
- le unità dei Reparti Prevenzione Crimine, che indossano la divisa atlantica (camicia a manica corta), sono addette alla sorveglianza del perimetro esterno dell'edificio;
- i militari dell'Arma dei carabinieri erano preposti alla vigilanza delle vie di accesso all'area18.

Nella riunione, sempre secondo quanto riferito dal dottor Gratteri ed evidenziato dalla relazione predisposta dall'ispettore ministeriale, non viene designato un funzionario responsabile, in termini unitari, dell'intero servizio; ciascun gruppo avrebbe fatto riferimento alle figure apicali del proprio comparto19.


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L'avvio dell'operazione ha luogo intorno alle 23,30-24.
Per accedere al cortile della scuola Pertini (ex Diaz), dopo inutili tentativi di aprire il cancello che risultava chiuso, viene dato l'ordine di abbatterlo con un mezzo del Reparto Mobile20. La chiusura del cancello dell'edificio dimostrava una resistenza fisica e illegittima all'intimazione dell'autorità di polizia motivata dall'esigenza di perquisire gli edifici pubblici messi a disposizione dagli enti locali.
Secondo la versione data dal prefetto La Barbera questi, immediatamente prima dell'irruzione, osservando che la situazione appariva eccessivamente tesa, fa presente al dott. Canterini che forse è il caso di soprassedere alla perquisizione21. Il verificarsi di tale colloquio è negato dal dott. Canterini, che afferma, inoltre, di non aver visto il prefetto La Barbera sul luogo della perquisizione22.
Mentre gli agenti nel cortile sono costretti a forzare il portone, viene lanciato contro di loro diverso materiale contundente dall'interno dell'edificio. Parte del contingente riesce a penetrare nello stabile da una porta secondaria23. Della ricostruzione dell'irruzione sono state date le seguenti versioni in relazione alle modalità dell'intervento e alle sedi perquisite:

- secondo quanto risulta dalla relazione dell'ispettore ministeriale, forzato il portone della scuola Pertini (ex Diaz), gli agenti del Reparto Mobile, unitamente ad altre unità, sono entrati all'interno della scuola ove, al buio, nonostante l'intimazione di fermarsi, hanno ingaggiato violente colluttazioni con persone munite di armi proprie ed improprie; un gruppo di operatori del Reparto è salito al secondo piano, dove un agente è stato aggredito da un giovane con un coltello che gli squarciava il corpetto antisommossa (quest'ultimo evento è citato sia dal dott. Gratteri che dal dott. Canterini, presenti ambedue)24;
- secondo quanto affermato dal dott. Canterini sul posto era presente, oltre al personale del Nucleo sperimentale del Reparto mobile, numeroso personale in borghese, che indossava la pettorina «Polizia» e personale del nucleo prevenzione crimine, che indossava la cosiddetta uniforme atlantica (camicia a manica corta); al momento dell'apertura degli ingressi, una fortissima pressione, causata da tutto il personale presente e in particolare da quello in borghese, scalzava gran parte degli uomini del reparto mobile (tra i quali il dott. Canterini) che pertanto sono potuti entrare solo dopo qualche minuto; il dott. Canterini, entrando notava recentissimi segni di colluttazione e oggetti contundenti per terra, nonché numerosi giovani rannicchiati contro il muro, alcuni dei quali feriti alla testa, mentre agenti in borghese ne perquisivano gli indumenti; assisteva alla stessa scena al piano superiore dove dalle radio portatili degli agenti ascoltava l'ordine agli uomini di chiamare le ambulanze; al momento dell'irruzione non era stata effettuata la cinturazione dell'edificio, circostanza che ha consentito la fuga di persone dall'edificio; nella scuola entrano anche il dr. Luperi, il dr. Gratteri, il dr. Mortola e il dr. Mortara25.
Secondo il dott. Agnoletto al momento del blitz alla Pertini (ex Diaz) le luci sono accese; vi sono, tra gli altri, poliziotti in borghese con casco e volto coperto da un fazzoletto (il dott. Gratteri ha dichiarato, in sede di audizione, che gli agenti hanno utilizzato il fazzoletto per coprirsi il volto al momento in cui, sul posto, sono giunte


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le televisioni); il medesimo dott. Agnoletto riferisce che il responsabile dell'ufficio stampa della Polizia di Stato, attribuisce i ferimenti e il sangue agli scontri del corteo svoltosi nel pomeriggio, atteso che parte dei locali erano destinati anche ad «infermeria»26.
Personale della Polizia di Stato che faceva parte di uno dei due gruppi fa irruzione anche nella sede della scuola Pascoli-Diaz, sede del centro stampa e degli uffici legali del GSF, nonché dell'infermeria per i feriti delle manifestazioni, situata di fronte all'immobile da perquisire27; il dr. Gratteri riferisce di aver chiesto al funzionario che lo ha informato del fatto di raggiungere il centro stampa e invitare il personale a ritornare in strada28. Secondo il dott. Agnoletto le forze di polizia una volta entrate nell'istituto obbligano i presenti ad entrare nella palestra e salgono ai piani superiori dove distruggono i computer e manomettono hard disk e sequestrano video cassette e documenti dei legali; il materiale sottratto non risulta verbalizzato29. La manomissione e distruzione delle attrezzature nei locali perquisiti è riportata de relato anche dal Presidente della Federazione nazionale della stampa italiana, dott. Paolo Serventi Longhi30.
Due mezzi del reparto mobile sono messi a disposizione dal dott. Canterini per il trasporto di fermati; le operazioni di sgombero dei feriti e dei fermati risultano difficoltose in quanto non era stato previsto uno specifico mezzo deputato a tale scopo e quello successivamente richiesto dal dr. Mortola alla centrale operativa della questura tarda a giungere sul posto31.
I carabinieri all'esterno fronteggiano la folla numerosa che si è riunita davanti la scuola, mentre sul posto sopraggiungono numerosi giornalisti della stampa e della televisione, a stento trattenuti, secondo quanto riferito dal dottor La Barbera, dal responsabile delle relazioni esterne del Dipartimento della pubblica sicurezza, dott. Sgalla32.
A seguito della perquisizione sono sequestrate armi proprie ed improprie e materiale riconducibile, secondo la relazione ispettiva, alle frange più violente resesi responsabili degli episodi di violenza verificatisi a Genova in occasione del G833.
A conclusione dell'operazione risultano arrestate 93 persone34, tra cui tre giornalisti35.
Nel corso dell'operazione presso la scuola Pertini (ex Diaz) restano feriti gran parte degli occupanti e 17 agenti di polizia, di cui 15 appartenenti al reparto mobile, e 62 arrestati36.
L'episodio della perquisizione alla scuola Pertini (ex Diaz), nei termini in cui è stato variamente prospettato, appare come l'esempio forse più significativo di carenze organizzative e disfunzioni operative37.

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H) La caserma di Bolzaneto

Nel corso di una riunione del Comitato provinciale per l'ordine e la sicurezza pubblica del 12 giugno 2001, per contribuire all'organizzazione dell'attività delle Forze di Polizia per quanto riguarda la ricezione di persone eventualmente arrestate in occasione di disordini che si immaginava si sarebbero verificati in occasione del Vertice G8, si decide, tra l'altro, l'istituzione a Genova per motivi di sicurezza, in località lontane dai luoghi di svolgimento delle manifestazioni, di autonomi uffici matricola e di uffici sanitari per la successiva traduzione dei detenuti presso penitenziari non genovesi. La ragione di questa scelta risiede nella necessità di escludere gli istituti penitenziari di Genova, vista la loro localizzazione in un'area centrale della città interessata dalle manifestazioni1.
Questa previsione si mostrerà giustificata: il carcere genovese di Marassi viene infatti attaccato da un gruppo di manifestanti nel pomeriggio del 20 luglio durante lo svolgimento del Vertice2.
Dopo una riunione il 27 giugno presso il Ministero della Giustizia sui problemi organizzativi che si sarebbero posti nell'eventualità di un alto numero di arrestati nel corso del Vertice3, il giorno successivo, il 28 giugno, per definire le operazioni di competenza dell'Amministrazione penitenziaria, il Capo del Dipartimento facente funzioni, il dott. P. Mancuso, affida l'incarico di pianificare gli interventi a Genova al dott. Sabella dell'Ufficio centrale dell'Ispettorato del Dipartimento dell'Amministrazione penitenziaria4. Predisposto il piano, nei giorni seguenti vengono individuati gli istituti di Alessandria, Pavia, Vercelli e Voghera come sedi penitenziarie ritenute idonee ad ospitare gli eventuali arrestati5. Contemporaneamente si decide di istituire, conformemente a quanto già convenuto, due siti, uno presso la caserma dei carabinieri di Forte S. Giuliano, per i soggetti arrestati dai Carabinieri, l'altro presso la caserma del reparto mobile della Polizia di Stato di Bolzaneto per i soggetti arrestati dagli altri Corpi di Polizia. Questi vengono qualificati, da un apposito decreto del Ministro della giustizia del 12 luglio 2001, siti «utilizzati a fini detentivi quali succursali dell'area sanitaria e dell'area matricola detenuti delle case circondariali di Pavia, di Voghera, di Vercelli e di Alessandria, nonché della casa di reclusione di Alessandria». Tale decreto chiarisce altresì che «la gestione amministrativa delle attività di competenza penitenziaria nelle suddette strutture è posta a carico della Direzione della Casa circondariale di Genova-Pontedecimo, come disposto dal Dirigente dell'Ufficio Coordinamento »G8« dell'Amministrazione penitenziaria»6.
Per rendere le strutture di Bolzaneto e San Giuliano conformi alla nuova destinazione vengono, nei giorni seguenti, svolti lavori di ristrutturazione, commisurati a una previsione di afflusso di 600-700 fermati.
Un'area viene destinata alle attività di competenza della polizia giudiziaria, attività che dopo il fermo, si concludono con le operazioni


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di identificazione (fotosegnalamento, redazione di notifica del verbale di arresto)7.
Esaurite queste operazioni i fermati vengono consegnati alla polizia penitenziaria che, in un'area appositamente destinata, provvede alle normali procedure che seguono alla traduzione dell'arrestato in un istituto penitenziario: l'immatricolazione, la perquisizione e la visita medica8.
È evidente la necessità di non utilizzare il carcere di Marassi; la scelta di compiere operazioni sia di polizia giudiziaria sia di polizia penitenziaria in uno stesso luogo, seppure suddiviso in due aree distinte, è stata oggetto di rilievi. Lo stesso dottor Sabella, responsabile a Genova di tutte le operazioni di polizia penitenziaria, durante la sua audizione, ha riconosciuto, a consuntivo, che «si è rivelata infelice la scelta di avvalerci della medesima struttura dove operava la polizia di stato»9.
Nei giorni in cui ha operato la struttura di Bolzaneto (aperta il 12 luglio e chiusa il 24 luglio), le operazioni di polizia giudiziaria vengono precedute da una prima visita medica, effettuata dai medici dell'amministrazione penitenziaria cui compete, successivamente, effettuare la visita medica che precede la traduzione dei detenuti negli istituti penitenziari. Queste operazioni di polizia giudiziaria, sono state effettuate in sette postazioni ciascuna delle quali affidata alla responsabilità di un ufficiale10. Nella notte tra sabato 21 e domenica 22, alle ore 1,30, cinque delle sette postazioni vengono chiuse (sulla base della considerazione che il personale addetto era in servizio dalle ore 7 del giorno precedente). Anche a causa di questa riduzione delle postazioni le operazioni e le procedure seguite all'arrivo dei fermati fino alla loro immatricolazione e successiva traduzione nei luoghi di detenzione (i citati carceri di Pavia, Voghera, Vercelli ed Alessandria di cui Bolzaneto in quei giorni costituisce una succursale) subisce ritardi proprio nel momento in cui maggiore è l'afflusso delle persone da trattare. Nella notte tra sabato e domenica infatti, arrivano nella caserma di Bolzaneto (tra le due e le tre di notte) le persone arrestate nell'operazione del complesso scolastico Diaz - Pertini - Pascoli, che intorno alle ore 22 di domenica vengono consegnate alla Polizia penitenziaria11.
Nella stessa notte tra il 21 e il 22 luglio il Ministro della giustizia Castelli, accompagnato dal dottor Sabella, dopo un sopralluogo al carcere di Marassi, motivato dalla finalità istituzionale di portare la solidarietà del Governo al personale penitenziario e anche dalle segnalazioni ricevute in ordine a possibili rivolte dei detenuti, visita la caserma di Bolzaneto (tra l'1,35 e le 2) trattenendosi nelle sole aree riservate alla polizia penitenziaria. In questa occasione rileva la presenza nella camera di sicurezza di una donna e di una decina di uomini da una parte, in piedi con le gambe allargate e la faccia contro il muro, e di un unico agente sul luogo al fine di garantire il controllo12. Sino alla tarda serata di domenica 22 la polizia penitenziaria poteva disporre di una sola camera di sicurezza ove collocare i detenuti. Solo a partire dalla tarda serata di domenica la polizia di Stato consegna una ulteriore stanza alla polizia penitenziaria, da quest'ultima richiesta, per poter separare i detenuti a seconda del sesso.

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Anche i tempi di espletamento delle attività di competenza dell'amministrazione penitenziaria, mediamente tra i quindici minuti e le quattro ore, nei momenti cruciali di maggiore afflusso subiscono ritardi che si sommano ai ritardi nelle attività di competenza della polizia giudiziaria. È da tenere inoltre presente che, ai fini della traduzione dei detenuti da Bolzaneto ai penitenziari si doveva aspettare di avere un numero di detenuti sufficiente (almeno 10), a riempire i pullman all'uopo utilizzati13.
Nel corso dei giorni in cui è stata attiva, nella struttura di Bolzaneto, vengono immatricolate complessivamente 222 persone14. A supporto dell'attività della polizia penitenziaria sono state impiegate anche squadre del gruppo operativo mobile, sempre all'esterno degli edifici utilizzati per le operazioni di ricezione degli arrestati, con compiti di supporto al servizio della traduzione degli arrestati negli istituti penitenziari15.
Il 24 luglio la struttura di Bolzaneto ha cessato di operare come istituto utilizzato a fini detentivi quale succursale dell'area sanitaria e dell'area matricola degli istituti penitenziari sopracitati.
A partire dal 26 luglio sulla stampa quotidiana compaiono testimonianze e denunce di violenze e di incidenti occorsi presso la caserma Bolzaneto a danno degli arrestati. Conseguentemente il Ministro della giustizia dispone per l'avvio di una indagine interna su quanto accaduto16.
Analoga indagine viene disposta, il 26 luglio, dal Capo della polizia De Gennaro17. Il 30 luglio è presentata al Capo della polizia la relazione dell'ispettore Montanaro, per quanto di sua competenza, sulle presunte violenze accadute alla caserma di Bolzaneto18, mentre il 4 settembre è presentata al Ministro della giustizia la relazione della commissione ispettiva istituita il 2 agosto per accertare «episodi di violenza fisica e psichica asseritamente commessi da appartenenti all'amministrazione penitenziaria in danno di soggetti immatricolati presso il sito penitenziario di Genova-Bolzaneto». La relazione, in una prima stesura, oltre ad una complessiva ricostruzione delle modalità di funzionamento della struttura, tratta di 11 casi specifici denunciati dalla stampa o dagli stessi fermati, nonché degli altri casi di violenze testimoniate da un infermiere in servizio a Bolzaneto19.
Occorre inoltre ricordare che, nel corso della sua audizione, il questore Fioriolli ha reso noto che, a seguito di intercettazioni ambientali, alcune dichiarazioni rilasciate sia agli organi di informazione, sia in sede di interrogatorio formale, sono oggetto di revisione, essendo stati rilevati fatti ed episodi che hanno dimostrato la falsità e l'infondatezza di tali dichiarazioni20. Corre l'obbligo di segnalare che nel corso della sua audizione il questore non ha specificato a quale struttura (Bolzaneto, Forte San Giuliano o entrambe), si facesse riferimento21.

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Considerazioni conclusive

La Commissione, a conclusione degli accertamenti svolti, rileva che non sorgono dubbi sulla positiva riuscita del Vertice G8 svoltosi a Genova.
Il Vertice ha infatti conseguito tutti gli obiettivi prefissati sia sotto l'aspetto dei contenuti, sia sotto l'aspetto logistico amministrativo, sia sotto quello della sicurezza e della tutela dell'ordine pubblico, nonostante talune inerzie riferibili al precedente Governo nella fase organizzativa (formazione del personale delle Forze dell'ordine e rapporto con le associazioni antiglobalizzazione).
Tale risultato deriva dalla scelta del Governo Berlusconi di mantenere l'agenda predisposta dal Governo Amato, sviluppandola e integrandola, seguendo le costanti indicazioni del Presidente della Repubblica, attraverso il coinvolgimento dei Paesi poveri nelle iniziative rivolte al loro sostegno, a tutela dei diritti umani e della difesa ambientale.
Tali tematiche hanno incontrato l'adesione dei Paesi partecipanti al vertice e sono divenute, da proposta di lavoro dell'Agenda italiana, effettive conclusioni politiche del vertice medesimo.
È da rilevare che per la prima volta sono state riconosciute meritevoli di particolare attenzione, in sede di vertice G8, tematiche in fondo non distanti da quelle che hanno animato le parti realmente pacifiche dei gruppi antiglobalizzazione. È da auspicare al riguardo che tale occasione di confronto su di un comune terreno non sia andata totalmente dispersa, ma anzi sia possibile in futuro riannodare un dialogo.

Alla luce delle varie audizioni e dei dati acquisiti la Commissione intende sottolineare che il Genoa Social Forum (GSF), costituiva un movimento composito nel quale convivono:
un'anima pacifista e non violenta, formata prevalentemente da movimenti di ispirazione cristiana che hanno come obiettivo la testimonianza delle ragioni dei poveri della Terra nei confronti dei processi di globalizzazione economica;
un'anima «politicizzata», che si manifesta in una varietà di atteggiamenti che vanno dal disturbo inteso come violazione simbolica, al sabotaggio dei processi decisionali (nel caso di Genova la parola d'ordine era «violare la zona rossa»);
un'anima violenta, nella quale rilevanti segmenti di quella politicizzata (ad es., tute bianche e centri sociali) pongono in essere azioni seriamente aggressive nei confronti dei rappresentanti istituzionali, pretendendo di giustificare tali illeciti comportamenti con un ricorso strumentale e distorto al concetto di disobbedienza civile.

A ciò si aggiungono altri soggetti con un'anima guerrigliera, dove la logica del sabotaggio si trasforma in attacco finalizzato a creare


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danni concreti, a cercare lo scontro diretto e a provocare la sollevazione di piazza (ad esempio i cosiddetti black bloc).
In una situazione di questo tipo la linea scelta dal Governo Berlusconi e l'azione delle Forze dell'ordine sono state, sul terreno dell'ordine pubblico, certamente positive.
Il Governo Berlusconi si è posto l'obiettivo di dialogare con il GSF in modo da consentire da un lato il sereno svolgimento dei lavori del G8 propriamente detto e dall'altro la piena tutela del diritto di esprimere e manifestare pacificamente ogni dissenso.
In tale ottica, si è anche provveduto a stanziare fondi per l'accoglienza e a impartire precise direttive alle Forze dell'ordine per una gestione moderata e ferma dell'ordine pubblico.
Da qui, anche, l'impegno a difendere con la massima efficacia la «zona rossa» con lo schieramento di ingenti forze di Polizia e a controllare lo svolgimento delle manifestazioni le quali, quando sono state pacifiche (per esempio «migranti», «cub», «donne iraniane»), hanno avuto il loro naturale corso.
Le Forze dell'ordine hanno profuso il loro massimo impegno, pagando un duro prezzo anche sul terreno della incolumità fisica. Non va sottaciuto che il coordinamento ha talvolta messo in evidenza carenze e sfasature.
Vi è da dire comunque che le Forze dell'ordine hanno dovuto affrontare da 6 mila a 9 mila violenti circa (all'interno di un'area di manifestazione di circa 200 mila (ministro dell'interno) - 300 mila (V. Agnoletto) persone. Un numero di violenti del tutto imprevisto ed imprevedibile. E ciò anche a causa del doppio gioco praticato da una parte del GSF. Le Forze dell'ordine si sono trovate di fronte all'esplosione di un'autentica guerriglia urbana, variamente modulata, che, per la sua radicalità e per il suo svilupparsi all'interno di grandi cortei, avrebbe potuto portare ad un bilancio ben più grave di quello registrato.
Infatti, per tutta la durata del G8, l'anima violenta ed eversiva dei manifestanti si è avvalsa della tolleranza di parte dei dimostranti pacifici.
Da costoro non è stato posto in essere alcun concreto comportamento volto alla segnalazione, all'isolamento o all'espulsione di violenti ed eversori, ai quali è stato consentito di muoversi con i cortei o ponendosene alla testa o, il più delle volte, occultandosi al loro interno, entrandone ed uscendone a piacimento.
Ciò ha reso impossibile il ricorso, per le Forze dell'ordine, alle consolidate tecniche di controllo dei cortei, prevenzione dei disordini, isolamento dei violenti e tutela dei dimostranti pacifici; le ha esposte ad attacchi proditori e ne ha spesso vanificato l'operato.
L'uso strumentale e distorto del concetto di disobbedienza civile da parte di un'area insieme violenta ed ambigua finisce con il trascinare molti dei non violenti a comportamenti che provocano la risposta delle Forze dell'ordine e conducono allo snaturamento dell'anima pacifica, profonda e genuina del movimento nelle sue componenti realmente non violente, che certamente sono una parte cospicua dell'area di contestazione.
Va inoltre sottolineata l'esigenza emersa nel corso dell'indagine di promuovere per il futuro un maggior coordinamento tra le forze

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dell'ordine e di favorire altresì, anche mediante iniziative per l'armonizzazione del quadro normativo internazionale, una più efficace cooperazione tra le istituzioni preposte nei singoli Paesi all'attività di informazione e prevenzione.
Tutto ciò premesso, la Commissione ritiene di evidenziare quanto emerso in relazione ai tre episodi più discussi.
Quanto ai disordini di via Tolemaide si osserva che esistono due distinte versioni. L'una che asserisce che il corteo fu respinto allorché, una volta giunto quasi a contatto con i cordoni di polizia, al termine dell'itinerario non vietato, si trasformò in corteo violento, aggredì le forze dell'ordine e tentò la manovra di sfondamento degli sbarramenti. L'altra che afferma che il corteo è stato caricato dalle Forze dell'ordine in assenza di provocazioni violente. Il Ministro dell'interno ha reso noto che la materia è oggetto di un'indagine amministrativa.
La situazione così creata, con il passare delle ore, a seguito dell'iniziativa dei manifestanti generava una serie di ulteriori scontri violenti e disordinati in tutta l'area e causava, tra l'altro, l'assalto di Piazza Alimonda e Via Caffa. È in tale contesto che veniva aggredita, dopo essere rimasta isolata, la Land Rover con a bordo i tre carabinieri, venutisi così a trovare a rischio della propria vita. Il Placanica estraeva la pistola d'ordinanza ed esplodeva un colpo che uccideva il giovane Carlo Giuliani nell'atto di scagliargli contro un estintore. Così si verificava quello che non sarebbe mai dovuto avvenire: la perdita di una vita umana. La causa fondamentale sta nella cieca violenza esercitata dai gruppi estremisti che mettono a repentaglio l'esistenza dei giovani che vengono coinvolti nelle loro iniziative criminali.
In questo quadro così negativo emergeva un unico elemento positivo rappresentato dal ruolo svolto dal padre del Giuliani, che, con grande senso di responsabilità e spirito civico, indirizzava ai manifestanti un appello alla ragione e si impegnava a riappacificare gli animi. Al padre di Giuliani la Commissione esprime il suo profondo e sentito cordoglio.
Relativamente all'episodio della scuola Pertini (ex Diaz), la Commissione rileva la legittimità della decisione di procedere alla perquisizione anche se non è tra i documenti acquisiti dal Comitato l'atto che sancisce la genesi formale della suddetta.
Si rilevano altresì taluni difetti di coordinamento sul piano decisionale ed operativo (legati in special modo alla linea di comando ed al suo funzionamento).
È apparso evidente dalle audizioni e dal materiale acquisito che alla perquisizione si decise di procedere nella fondata convinzione che presso l'istituto fossero occultate armi. Così come è, inoltre, emerso con chiarezza che a ragione fu predisposta una forza operativa adeguata a fronteggiare una decisa resistenza all'atto. Tale determinata resistenza alla polizia è, infatti, ampiamente documentata in atti e fu tale da comportare una decisa forza per vincere e superare la condotta degli occupanti, al fine di tutelare la stessa incolumità del personale e di conseguire gli obiettivi dell'attività di polizia giudiziaria.
Va detto che dal complesso delle attività svolte dal Comitato sono emersi dati relativi a taluni eccessi compiuti da singoli esponenti delle Forze di polizia. L'accertamento dei fatti è demandato all'autorità

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giudiziaria competente sulla cui attività la Commissione non può e non intende interferire.
Quanto ai fatti verificatisi nella Caserma di Bolzaneto, la Commissione ritiene debba procedersi a singoli rilievi.
In primo luogo, si osserva che nulla è possibile eccepire circa la necessità e la legittimità della creazione di siffatta struttura (e di quella analoga della Caserma di San Giuliano), così come nulla è dato rilevare circa la palese legittimità anche amministrativa della gestione effettuata da parte della polizia penitenziaria.
In special modo, dal punto di vista della gestione amministrativa nulla può essere eccepito circa il pieno rispetto delle regole e delle prassi concernenti le visite mediche, le perquisizioni e le ispezioni personali degli arrestati e circa le modalità del loro trattenimento in attesa di traduzione al carcere, sempre finalizzate al mantenimento dell'ordine tra gli arrestati nel rapporto, comunque difficile, tra gli arrestati e tra loro ed il personale operante.
Le lamentele circa i tempi lunghi nella struttura sono da attribuire al numero significativo degli arrestati, alla loro contemporanea confluenza e alla inopinata scelta di ridurre da sette a due i luoghi di recezione. Per quanto attiene le presunte violenze, sulla cui effettiva perpetrazione esiste un'indagine giudiziaria in corso, si ritiene di attendere, come per la Diaz-Pertini, gli accertamenti dell'Autorità Giudiziaria. Resta fermo che gli episodi cui si fa riferimento, se veritieri, rivestono carattere di vera gravità. Corre l'obbligo di richiamare le denunzie della Questura di Genova, che a seguito di intercettazioni ambientali avrebbe acquisito elementi circa la preordinazione strumentale da parte di taluni degli arrestati di accuse infondate da parte degli operanti, anche se nel corso della sua audizione il questore non ha specificato a quale struttura (Bolzaneto, Forte San Giuliano o entrambe), si facesse riferimento.
Altro punto critico appare quello relativo all'indagine ispettiva disposta dal Dipartimento dell'Amministrazione penitenziaria, essendo stato nominato quale componente della commissione a ciò preposta un soggetto che potenzialmente potrebbe essere oggetto dell'indagine stessa.

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La Commissione, a conclusione dell'indagine, ribadisce che la violenza non è e non deve essere strumento di azione politica e che in un Paese democratico la legalità è un valore fondamentale e nel contempo sottolinea un richiamo forte all'inviolabilità dei principi costituzionali di libertà di manifestazione del pensiero, di rispetto della persona anche, forse soprattutto, quando privata della libertà perché in arresto, nonché della tutela necessaria alla sicurezza dei cittadini e dell'ordine pubblico, auspica che, ove emergano fatti di rilevanza penale o di violazione disciplinare, l'autorità giudiziaria e gli organi amministrativi identifichino i responsabili e ne sanzionino i comportamenti.

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