Doc. XVI-bis n. 10
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INTRODUZIONE
La legge 23 dicembre 1997, n. 451, che ha istituito la Commissione parlamentare per l'infanzia, le attribuisce compiti di indirizzo e controllo sulla concreta attuazione degli accordi internazionali e della legislazione relativi ai diritti e allo sviluppo dei soggetti in età evolutiva, prevedendo altresì che la Commissione riferisca alle Camere, con cadenza almeno annuale, i risultati della propria attività e formuli osservazioni e proposte sugli effetti, sui limiti e sull'eventuale necessità di adeguamento della legislazione vigente, in particolare per assicurarne la rispondenza alla normativa dell'Unione europea e in riferimento ai diritti previsti dalla Convenzione delle Nazioni Unite sui diritti del fanciullo. Alla Commissione spetta anche determinare, d'intesa col Governo, le modalità di svolgimento della giornata italiana per i diritti dell'infanzia e dell'adolescenza, da celebrare il 20 novembre di ogni anno, nella ricorrenza della firma della Convenzione citata, nonché esprimere un parere sul piano nazionale di azione e di interventi per la tutela dei diritti e lo sviluppo dei soggetti in età evolutiva.
La stessa legge n. 451/97 ha istituito anche altri due organismi: l'Osservatorio nazionale per l'infanzia - che ha il compito di predisporre ogni due anni il piano nazionale citato e la relazione sulla condizione dell'infanzia in Italia e sull'attuazione dei relativi diritti, nonché ogni cinque anni lo schema del rapporto previsto dall'articolo 44 della Convenzione sui diritti del fanciullo - e il Centro nazionale di documentazione e di analisi per l'infanzia, al quale spetta raccogliere e rendere pubblici normative, progetti di legge, dati statistici e pubblicazioni scientifiche; realizzare la mappa dei servizi e delle risorse destinati all'infanzia; analizzare le condizioni dell'infanzia; predisporre, sulla base delle direttive dell'Osservatorio, lo schema della relazione biennale e del rapporto quinquennale sopra citati; formulare proposte di progetti-pilota per i soggetti in età evolutiva e per l'assistenza alle madri nel periodo perinatale; promuovere la conoscenza degli interventi delle amministrazioni pubbliche; raccogliere e pubblicare il bollettino di tutte le ricerche e le pubblicazioni che interessano il mondo minorile. In particolare, per il Centro, è stato recentemente emanato il regolamento di organizzazione (decreto del Presidente della Repubblica 12 ottobre 2004, n. 284), che ne individua gli organi, determinandone le rispettive competenze.
1. LE MODALITÀ OPERATIVE NELLA XIV LEGISLATURA
L'attività della Commissione parlamentare per l'infanzia nella XIV legislatura si è configurata secondo prassi e criteri che per alcuni
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profili hanno seguito l'impostazione avviata nella XIII, mentre per vari altri se ne sono discostati, con una significativa evoluzione.
Un'importante innovazione è stata anzitutto la decisione di dedicarsi di volta in volta a tematiche specifiche, scelte come oggetto delle relazioni annuali alle Camere o di indagini conoscitive. Nella precedente legislatura, infatti, fu approvata (il 13 febbraio 2001) una sola relazione alle Camere, comprensiva di molteplici materie e riassuntiva dell'intera attività, e venne svolta una singola indagine conoscitiva, su un tema pressoché onnicomprensivo (l'applicazione della Convenzione sui diritti del fanciullo). Nell'attuale legislatura, invece, la Commissione ha approvato ogni anno relazioni alle Camere, concentrandole di volta in volta su un argomento (nel 2002 la giustizia minorile, nel 2003 l'istituzione di un garante nazionale per l'infanzia, nel 2004 l'attuazione della legge n. 285/97), e ha svolto quattro indagini conoscitive, ciascuna con un oggetto delimitato.
Un'altra rilevante novità che ha caratterizzato le modalità operative della Commissione è stata la scelta di rivolgere maggior attenzione ai minori in situazioni di «normalità», dedicandosi quindi all'esame di tematiche che riguardano la stragrande maggioranza dei bambini e degli adolescenti, come quelle relative alla salute o al rapporto tra mezzi di comunicazione e minori. La Commissione ha però tenuto costantemente vigile l'interesse verso i minori in difficoltà o in situazioni di particolare disagio o rischio, occupandosene in molteplici occasioni: dai minori vittime di abuso e sfruttamento in varie forme a quelli in stato di abbandono, dai bambini coinvolti da eventi bellici ai giovani oggetto di procedimenti penali e di condanne.
È stato inoltre fortemente accresciuto l'impegno nelle relazioni internazionali. In alcune circostanze si è trattato di relazioni di natura propriamente interparlamentare, prendendo contatto - nel corso delle diverse missioni svolte - con componenti di Assemblee rappresentative di vari paesi, soprattutto dell'Europa orientale (Romania, Federazione Russa, Ucraina, Bielorussia). In altre occasioni la Commissione ha partecipato con proprie delegazioni a iniziative internazionali: la sessione speciale dell'assemblea delle Nazioni Unite dedicata all'infanzia nel 2002 a New York, nonché congressi e convegni internazionali (contro lo sfruttamento sessuale dei minori a Yokohama nel 2001, su minori e mezzi di comunicazione ad Atene nel 2002, sulla tratta di esseri umani a Bruxelles nel 2002, sul lavoro minorile a Berlino), nonché svolgendo missioni presso organismi dell'Unione europea (la Commissione europea a Bruxelles). Le parlamentari componenti della Commissione sono state poi attivamente coinvolte nella I Conferenza mondiale delle donne parlamentari per la tutela dell'infanzia e dell'adolescenza, tenutasi nell'aula di Montecitorio il 17-18 ottobre 2004. Sono stati anche ascoltati in audizione numerosi rappresentanti di organizzazioni internazionali ed è stata promosso dalla Commissione, nella sede della Camera dei deputati, un convegno con rappresentanti di organismi di tutela dei diritti dell'infanzia di molti Paesi europei, nel luglio 2003.
Riguardo al metodo di lavoro, la Commissione ha scelto di costituire - attraverso deliberazioni dell'Ufficio di presidenza - gruppi di lavoro, ciascuno con un proprio coordinatore, su singole tematiche, com'era era già avvenuto nella XIII legislatura. Nel 2002
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sono stati avviati quattro gruppi di lavoro, rispettivamente in materia di adozioni e misure di sostegno, di giustizia minorile, di attuazione della legge 285/97 e di rapporto tra new media e minori; nel 2003 ne sono stati formati altri due, rispettivamente in materia di salute per l'infanzia e di corretta alimentazione per i minori. I gruppi di lavoro si sono riuniti con frequenza diversa e complessivamente la loro attività si è svolta in modo non sempre costante, ma il loro lavoro ha consentito in vari casi di approfondire tematiche che poi hanno interessato l'intera Commissione, contribuendo così all'elaborazione di documenti (relazioni alle Camere, documenti conclusivi di indagini conoscitive, risoluzioni).
Come già nella precedente legislatura, i componenti della Commissione hanno quasi sempre lavorato in modo tale da raggiungere posizioni ampiamente (e non di rado unanimemente) condivise, evitando di riprodurre sui temi relativi ai diritti dell'infanzia le forti contrapposizioni tra forze politiche che sono proprie della normale dialettica parlamentare.
Un altro elemento di continuità con la XIII legislatura è stato il frequente uso della risoluzione, come strumento parlamentare per esercitare i compiti d'indirizzo propri della Commissione. Alla Commissione parlamentare per l'infanzia sono così state assegnate nel corso dell'attuale legislatura ventisette risoluzioni.
Una rilevante innovazione, infine, è stata introdotta nel definire le modalità di svolgimento dell'annuale giornata per i diritti dell'infanzia e dell'adolescenza: a partire dal 2003 e poi per i due anni successivi, la Commissione ha infatti voluto assegnare alcuni premi (denominati Premio parlamentare per l'infanzia) a persone, associazioni, enti e organizzazioni senza scopo di lucro che abbiano realizzato iniziative e progetti relativi alla promozione e all'attuazione dei diritti dell'infanzia, così come definiti nella Convenzione sui diritti del fanciullo. Il premio parlamentare per l'infanzia è così divenuto una caratteristica costante delle celebrazioni annuali della giornata del 20 novembre.
Il lavoro svolto secondo le modalità indicate ha consentito alla Commissione parlamentare per l'infanzia di svolgere un ruolo significativo nell'elaborazione di orientamenti in materia di promozione e tutela dei diritti dei minori, fornendo elementi rivelatisi utili in altre sedi parlamentari, sia nell'esame di provvedimenti legislativi, sia nella discussione di atti di indirizzo.
2. I PRINCIPALI TEMI ESAMINATI
2.1. Giustizia minorile.
La Commissione parlamentare per l'infanzia, sulla scorta delle peculiari tematiche riguardanti la necessità di una maggiore tutela del minore, emerse nell'ambito dello svolgimento dell'indagine conoscitiva, avviata il 4 dicembre del 2001, sull'abuso e lo sfruttamento dei minori, ed in considerazione dell'urgenza di individuare ed adottare i più appropriati interventi tesi alla realizzazione di adeguamenti legislativi
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rivolti a tali tematiche, ha costituito nel luglio del 2002 un gruppo di lavoro sulla giustizia minorile.
Quest'ultimo ha affrontato con approfondimenti la delicata questione, oggetto dell'attenzione dei giuristi e dei parlamentari da molti anni, di adeguare la materia del diritto di famiglia e dei minori nell'aspetto ordinamentale e giurisdizionale - sia in ambito penale, che in ambito civile. Tale adeguamento appariva funzionale al miglioramento del vigente sistema procedurale, in modo da garantire una più ampia tutela dei diritti dei minori e della famiglia in tutte le sue accezioni e dare completa attuazione all'articolo 111 della Costituzione, nonché ai principi contenuti nella Convenzione europea di Strasburgo del 25 gennaio 1996, sull'esercizio dei diritti dei bambini, e nelle altre numerose convenzioni in materia di rispetto dei diritti dei minori.
Tra le molteplici audizioni svolte nel merito delle questioni indicate, particolare rilevanza ha assunto l'audizione del Ministro della Giustizia Roberto Castelli, coincisa con la presentazione alla Camera da parte dello stesso Ministro di due disegni di legge di riforma della giustizia minorile: n. 2501 («Modifiche alla composizione ed alle competenze del Tribunale penale per i minorenni») e n. 2517 («Misure urgenti e delega al Governo in materia di diritto di famiglia e dei minori»). Tali disegni di legge, infatti, sono stati oggetto di approfondimento nell'ambito di alcune audizioni svolte.
Cinque, in estrema sintesi, i punti qualificanti i due disegni di legge, su cui si è soffermata anche la riflessione nell'ambito della Commissione parlamentare per l'infanzia:
1. trasferimento di tutte le competenze civili in materia di famiglia e minori ad una sezione specializzata «per la famiglia e per i minori» presso il Tribunale ordinario;
2. mantenimento delle sole competenze penali minorili in capo al Tribunale per i minorenni;
3. azzeramento negli affari civili dell'attuale componente onoraria; dimezzamento (da due ad uno) della componente onoraria con riferimento agli affari penali;
4. ridimensionamento del ruolo dei servizi sociali del territorio nel procedimento civile minorile; ripristino in materia civile della competenza dei servizi sociali del Dipartimento della Giustizia minorile;
5. inasprimento dell'intervento penale sui minori.
La necessità di avviare i progetti di riforma è scaturita dalla finalità di voler superare in campo civile le disfunzioni che traggono origine dalla estrema parcellizzazione delle competenze e dal deficit di specializzazione, nonché di vedere assicurato interamente alla magistratura professionale il momento del giudizio che le è istituzionalmente proprio. In ambito penale si è ravvisata la necessità di fornire risposte alle diffuse critiche di progressivo allontanamento dalla giurisdizione e di garantire una costante prevalenza del profilo giurisdizionale dell'organo giudicante la cui maggioranza deve in ogni
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caso rispecchiare una specializzazione di carattere giuridico, pur riconoscendo l'opportunità di non privarlo del tutto dell'apporto di discipline specialistiche (assicurato con il ricorso ai giudici onorari), atteso un più accentuato profilo di specificità del settore penale minorile. Le proposte di riforma hanno inoltre probabilmente recepito la percezione «invasiva» talvolta registrata dal tessuto sociale e spesso portata all'estremo dal sistema mediatico, per cui in nome del superiore interesse del minore si consente alle istituzioni di incidere, anche in modo significativo, nel tessuto familiare (vedi ad esempio minori tolti alle rispettive famiglie di origine e affidati a comunità o altre strutture in nome di maltrattamenti o altre vicende scarsamente documentate o conoscibili).
A tale riguardo, la Commissione ha ritenuto necessario trovare un punto di equilibrio tra la tutela della libertà nelle relazioni familiari e dei genitori di svolgere il proprio ruolo e la tutela del minore quale soggetto debole, finalità da conseguire anche con la predisposizione di modelli procedurali nel processo minorile che siano conformi alla nuova formulazione dell'articolo 111 della Costituzione, consentendo altresì un reale contraddittorio ed esercizio della difesa dinanzi ad un giudice terzo. In tal modo si garantirebbero tutti i soggetti coinvolti ed in particolare il minore, tutelandone l'ascolto e la piena rappresentanza processuale. Il minore rappresenta infatti un soggetto politicamente e psicologicamente più debole rispetto al quale è dovere imprescindibile dello Stato approntare un trattamento di favore che non può essere disgiunto dall'esame complessivo della sua posizione giuridica nell'ambito dell'ordinamento.
Le proposte di riforma hanno tuttavia sollevato molte perplessità, soprattutto in considerazione dell'importanza che viene riconosciuta alle figure professionali specializzate nelle materie psico-socio-sanitarie, ritenute un indispensabile apporto nell'ambito del diritto di famiglia per la valutazione delle dinamiche relazionali che fortemente lo caratterizzano, nonché per la necessità di evitare che il giudice togato, nello svolgimento delle sue funzioni, possa esprimere con approssimazione valutazioni su questioni non giuridiche, condizionando negativamente il giudicato.
Altro aspetto che ha meritato un particolare approfondimento ha riguardato la dislocazione sul territorio degli uffici giudiziari, ed in tale ambito è stato valutato che sarebbe necessario, per garantire una maggiore fruibilità del servizio, che il giudice dei minori e della famiglia fosse dislocato sul territorio con maggiore diffusività e secondo una «giurisdizione di prossimità».
Altresì, di fronte alla peculiarità e alla continua evoluzione del diritto di famiglia, la Commissione ha ritenuto fondamentale l'esigenza di garantire che il giudice della famiglia e dei minori sia un giudice specializzato. L'esigenza di specializzazione rappresenta infatti un aspetto irrinunciabile nella materia trattata, non tanto per la complessità o specificità del dato normativo, quanto per la peculiare natura dell'accertamento demandato al giudice, accertamento che riguarda una molteplicità di elementi fisici, psichici, emotivi, relazionali, ambientali e sociali, con le loro complesse interrelazioni, nonché per la peculiare natura della decisione che il giudice deve adottare, connessa alla valutazione dei menzionati elementi ed interrelazioni.
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La disciplina giuridica dunque, da sola è insufficiente e deve essere inevitabilmente integrata dall'applicazione di altre professionalità, alle quali un giudice togato deve sapersi riferire nelle diverse circostanze che vengono sottoposte alla sua valutazione.
Le soluzioni astrattamente prospettate sono state:
1. la costituzione di tribunali per la famiglia ed i minori con una maggiore diffusività sul territorio;
2. l'istituzione - in subordine - di sezioni specializzate per la famiglia ed i minori presso ciascun tribunale con competenza sia civile che penale ed alle quali siano addetti magistrati che esercitino in modo esclusivo o prevalente la giurisdizione in materia.
Nessuna delle citate riforme è stata portata a compimento nel corso della legislatura, ma il dibattito che si è aperto ha contribuito ad approfondire una tematica molto delicata che, se da un lato vede l'Italia, con l'istituzione dei Tribunali per i minorenni, all'avanguardia nel panorama europeo, dall'altro non per questo il sistema può ritenersi esente da critiche e da opportunità di miglioramento che nascono dalla concreta applicazione delle leggi e da un'attenta valutazione delle stesse. La Commissione auspica quindi che nella prossima legislatura si possa giungere ad una riforma organica del diritto minorile, sulla scorta delle proposte esaminate dalla Commissione stessa.
2.2. Garante per l'infanzia e l'adolescenza.
Nel corso della legislatura, la Commissione ha dedicato particolare attenzione alla questione relativa all'istituzione di un Garante per l'infanzia e l'adolescenza, ossia di una figura istituzionale unitaria in grado di vigilare sul pieno rispetto ed attuazione dei diritti dei minori.
La Commissione, in particolare, il 9 luglio 2003 ha dedicato al tema la giornata di studio «Verso un Garante nazionale per l'infanzia e l'adolescenza - Confronto con alcune esperienze europee», al fine di conoscere direttamente le esperienze dei Paesi nei quali sono già operanti garanti.
Al convegno, aperto dal Presidente della Camera, hanno partecipato nove rappresentanti di organismi di garanzia dei diritti dell'infanzia di Paesi europei (Stiria - Austria, Danimarca, Francia, Norvegia, Polonia, Svezia, Catalogna - Spagna, Comunità autonoma di Madrid - Spagna, Ungheria), nonché esponenti del Governo, componenti della Commissione parlamentare per l'infanzia e giuristi.
La giornata di studio si è rivelata estremamente proficua, dal momento che ha consentito di mettere a fuoco alcune caratteristiche strutturali e funzionali degli organismi istituiti nei diversi Paesi europei. In particolare, per quanto riguarda la struttura, vi sono Paesi in cui vi sono Garanti nazionali (Francia, Danimarca, Portogallo, Polonia, Islanda, Lituania, Norvegia), altri in cui operano Garanti regionali (Spagna, Germania, Belgio, Regno Unito, Russia) ed altri ancora nei quali coesistono gli uni e gli altri (Austria). In particolare, nell'ipotesi dei Garanti nazionali, si tratta generalmente di organi
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monocratici, la cui nomina è prevalentemente governativa, ma non mancano casi di Garanti di derivazione parlamentare (1). Il mandato di questa tipologia di Garanti ha una durata piuttosto estesa e sono inoltre previste rigorose cause di incompatibilità dell'ufficio con altre attività, il tutto a presidio dell'indipendenza ed autonomia dell'organo.
Nell'ambito del convegno si è altresì evidenziato come le funzioni svolte dai Garanti siano piuttosto simili in tutti i Paesi, consistendo essenzialmente in attività di promozione ed informazione circa i diritti dell'infanzia, consulenza sia ai privati, sia agli organi governativi e legislativi, funzionale all'adozione di iniziative idonee, ascolto dei bambini, anche tramite specifiche linee telefoniche gratuite, raccolta di denunce, assistenza nelle ipotesi concrete e monitoraggio.
Anche alla luce delle significative esperienze dei Paesi europei, nella seduta del 29 luglio 2003, la Commissione ha approvato una relazione alle Camere, «Relazione per l'istituzione di un garante nazionale per l'infanzia e l'adolescenza» (Doc. XVI-bis n. 4). La relazione parte dalla constatazione che il Garante, oltre ad essere un'istituzione che già esiste in molti Paesi europei, è specificamente richiesta da molti atti internazionali e dall'Europa in particolare (2). Peraltro, in Italia non esiste ancora una figura di carattere nazionale, mentre organismi specifici che si occupano dei diritti dell'infanzia risultano istituiti da leggi regionali (3). Al livello statale, invece, le competenze in materia di minori risultano attribuite a organi distinti - quali la Commissione parlamentare per l'infanzia, l'Osservatorio nazionale per l'infanzia e il Centro nazionale di documentazione e di analisi per l'infanzia - mentre altri settori strettamente inerenti la tutela dei diritti dell'infanzia sono affidati ad ulteriori centri amministrativi (come in materia di adozioni la Commissione per le adozioni internazionali, in materia di tutela dei minori stranieri il Comitato minori stranieri, etc.). In un quadro così complesso, gran parte delle attribuzioni che lo Stato dovrebbe esercitare finiscono per rimanere
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indeterminate, in ragione della frammentarietà delle competenze dislocate fra i diversi organi statali.
Pertanto, la Commissione ha evidenziato la necessità di un adeguamento della legislazione vigente, auspicando l'istituzione di un Garante nazionale per l'infanzia e l'adolescenza, quale autorità indipendente sia dal Governo, sia dal Parlamento. L'indicata configurazione del Garante è stata frutto di una riflessione molto approfondita, nella quale la Commissione ha valutato varie possibilità, tra cui quella dell'opportunità di istituire una figura di carattere nazionale ovvero regionale, e nel primo caso se individuare un organismo a carattere monocratico ovvero collegiale. Nel quadro della riforma costituzionale del 2001, che ha attribuito notevoli competenze legislative alle regioni, era infatti emerso il dubbio circa la sussistenza di un'effettiva competenza statale in materia. Peraltro, la Commissione ha constatato come l'istituzione di un Garante nazionale per l'infanzia rientrasse pienamente nelle materie statali, potendosi richiamare in proposito le attribuzioni indicate alle lettere f) (organi dello Stato), g) (ordinamento e organizzazione amministrativa) e m) (livelli essenziali delle prestazioni concernenti i diritti civili e sociali che devono essere garantiti su tutto il territorio nazionale) del comma II dell'articolo 117 Cost. Non è stato comunque trascurato l'aspetto del raccordo con gli eventuali Garanti regionali, già istituiti o istituendi, auspicando una cooperazione in spirito di leale collaborazione tra i vari organismi. La Commissione ha ipotizzato anche la costituzione di una Conferenza nazionale per la garanzia dei diritti dell'infanzia, presieduta dal Garante nazionale e composta dai Garanti regionali, che si riunisca periodicamente, con compiti consultivi e di indirizzo. Il Garante - sempre secondo gli indirizzi della Commissione - dovrebbe avere carattere monocratico, in modo da conferire particolare incisività alla sua azione, in virtù di una maggiore capacità decisionale.
In linea generale, il Garante dovrebbe configurarsi come una sorta di «snodo relazionale», in grado di intessere rapporti con tutti gli organismi - pubblici e non - competenti in materia di infanzia, tra cui la Commissione per le adozioni internazionali ed il Comitato per i minori stranieri. Tali rapporti dovrebbero essere finalizzati anche a richiedere informazioni e documenti utili per verificare l'efficacia della tutela dei diritti dei minori sul fronte interno. La Commissione ha preso in considerazione inoltre la possibilità di dotare il Garante di articolazioni territoriali, conferendo comunque al Garante poteri effettivi, quali ad esempio: il potere di richiedere alle pubbliche amministrazioni, organismi, enti o persone di fornire informazioni rilevanti ai fini della tutela dei minori, ordinando eventualmente, per determinate situazioni, lo svolgimento di specifiche indagini o ispezioni (con la previsione di adeguate sanzioni pecuniarie per i casi di mancata collaborazione con il Garante); la facoltà di intervenire in giudizio, promuovendo azioni giudiziarie in sede civile, penale o amministrativa a tutela dei minori e ricorrendo alla Corte europea dei diritti dell'uomo e al Comitato per i diritti del fanciullo delle Nazioni Unite per segnalare violazioni dei diritti dei minori. In ogni caso, al Garante dovrebbe altresì spettare l'istituzione e la gestione di un'apposita linea telefonica gratuita, accessibile ai minori e a tutti coloro che vogliano denunciare qualsiasi violazione dei diritti dell'infanzia.
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Nella relazione la Commissione segnala altresì che nel corso dell'attuale legislatura sono state presentate - presso entrambi i rami del Parlamento - numerose proposte di legge, volte ad istituire un Garante per l'infanzia, il cui esame è stato avviato dalle Commissioni riunite I (Affari costituzionali) e XII (Affari sociali) della Camera (4). I citati progetti di legge attribuiscono al Garante svariati compiti, che possono essere essenzialmente ricondotti a quattro aree tematiche: funzioni di carattere generale volte a diffondere e realizzare una cultura dell'infanzia; funzioni relative alla produzione delle regole finalizzate a segnalare al Governo l'adozione di opportuni interventi, anche normativi; funzioni relative allo svolgimento di attività amministrative; funzioni concernenti il profilo giudiziario. Per quanto riguarda il Senato, invece, la Commissione speciale in materia d'infanzia e di minori ha costituito un Comitato ristretto, che ha elaborato un testo unificato delle proposte di legge presentate (5). Il provvedimento delinea una figura di Garante nazionale monocratico, nominato con decreto del Presidente della Repubblica, su proposta dei Presidenti della Camera e del Senato, «fra persone di specchiata moralità che siano in possesso di specifica e comprovata esperienza e competenza nelle materie inerenti la difesa dei diritti dei minori e della famiglia». Il Garante successivamente nomina quattro collaboratori, di comprovata esperienza e competenza, che compongono, con lui, l'ufficio direzionale del Garante. Il testo prevede altresì che le regioni, con proprie leggi, provvedano ad istituire Garanti regionali, con i quali il Garante nazionale instaura rapporti di collaborazione funzionale, finalizzati all'organizzazione dell'assistenza, difesa e promozione dei diritti dei minori in maniera omogenea sul territorio nazionale.
La Commissione ha richiamato l'attenzione sulla necessità di istituire un Garante per l'infanzia e l'adolescenza anche in altri
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documenti da essa approvati, come, ad esempio, nel documento in materia di pedofilia del 16 luglio 2002, nel parere sul piano d'azione e di interventi per la tutela dei diritti e lo sviluppo dei soggetti in età evolutiva 2002-2004 (approvato l'8 aprile 2003), ovvero nel documento conclusivo dell'indagine conoscitiva sui minori in stato di abbandono e semi-abbandono (Doc. XVII-bis n. 8), nel quale si evidenzia come «solo con l'istituzione di una figura unitaria di riferimento le varie problematiche concernenti l'infanzia potrebbero avere un'adeguata risposta sia sotto il profilo della prevenzione, che del coordinamento degli interventi a tutela dell'infanzia».
2.3. Mezzi di comunicazione e minori.
Nella XIV legislatura, la Commissione parlamentare per l'infanzia ha avviato importanti iniziative in materia di rapporto tra mezzi di comunicazione e minori.
In primo luogo, si ricorda che nell'indagine conoscitiva sull'abuso e lo sfruttamento dei minori una specifica parte è stata dedicata al tema «minori, internet e mezzi di comunicazione». In tale ambito, hanno avuto luogo varie audizioni di rilievo, fra cui quella del Ministro per l'innovazione e le tecnologie, in relazione alla tutela dei minori nella problematica della regolamentazione di Internet (30 gennaio 2002) (6). Dal complesso degli interventi è emersa la difficoltà di una regolamentazione di Internet, visto che dal carattere transnazionale e a-territoriale della rete derivano complesse questioni giuridiche di fronte alle quali una regolamentazione limitata esclusivamente all'ambito statale rivela la sua assoluta inadeguatezza ed insufficienza. L'unica strada percorribile sembra essere rappresentata dall'armonizzazione a livello internazionale delle legislazioni nazionali, al fine di ottenere un sistema normativo comune. Nel corso dell'indagine è stata altresì evidenziata la necessità di stabilire obblighi e responsabilità a carico degli Internet providers, dei quali sono individuabili quattro tipologie: coloro che forniscono solamente le infrastrutture di telecomunicazione (la cui responsabilità non può concepirsi); quelli che provvedono ad un servizio completo per il cliente (accesso e contenuti), per i quali la responsabilità per eventuali fatti illeciti è fuori di dubbio; coloro che forniscono il solo accesso alla rete ovvero aggiungono ulteriori servizi connessi all'uso della rete, per i quali l'affermazione della responsabilità è più problematica. È stata altresì evidenziata l'opportunità che i providers conservino i file di accesso alla rete per un tempo congruo, mentre appare problematico porre a carico degli stessi providers un obbligo di controllo del contenuto dei siti. Infatti non è pacifico definire quali siti abbiano contenuto pedopornografico, in quanto, a parte i casi evidenti, i valori etico-morali non sono unanimemente condivisi, né esiste nel nostro
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ordinamento una definizione giuridica di pedopornografia. Sono, infine, emerse perplessità sull'efficacia e sulla reale praticabilità di un controllo sui possessori delle carte di credito, al cui uso si fa ricorso per il commercio di materiale pedopornografico.
Alla questione è stato dedicato il convegno «Il bambino virtuale», promosso dalla Commissione parlamentare per l'infanzia il 5 aprile 2002. La finalità della giornata di studio era quella di affrontare uno degli aspetti più delicati della «questione mediatica»: comprendere i profili che influenzano i rapporti tra le nuove tecnologie della comunicazione e i minori, in modo da individuare una strategia ed una politica delle comunicazioni in grado di affrontare la sfida posta dalle evoluzioni tecnologiche della multimedialità.
Sul tema del rapporto tra TV e minori, è stata inoltre svolta l'audizione del Ministro delle comunicazioni, Maurizio Gasparri (6 marzo 2002), nel corso della quale il ministro ha tra l'altro annunciato l'attivazione del numero telefonico 114, con il quale bambini ed adolescenti, vittime di maltrattamenti o in condizioni di grave difficoltà, possono accedere gratuitamente ad un servizio di emergenza (7). Di grande rilievo è poi l'approvazione, nella seduta del 12 febbraio 2003, della risoluzione 8-00036 Burani Procaccini, Castellani, De Franciscis, Fasolino, Giacco, Mazzuca, Montagnino, Rollandin, Rotondo, Tredese, Valpiana (8), nella quale si impegna il Governo a promuovere la predisposizione di un testo unico della legislazione a tutela dei minori nei vari settori della comunicazione, prevedendo altresì che ogni convenzione, licenza, contratto di servizio o autorizzazione all'esercizio di attività televisive contengano uno specifico disciplinare sul rispetto dei diritti dei minori e prevedano l'obbligo dei concessionari a rispettare i codici di autoregolamentazione in materia. La risoluzione contiene, inoltre, l'impegno a destinare maggiori risorse all'incremento della quota di produzione nazionale ed europea di programmi specificamente destinati ai minori, ivi compresi cartoni animati di qualità, nonché ad assicurare la realizzazione di appositi spazi da dedicare all'informazione rivolta specificamente ai ragazzi. La Commissione impegna poi il Governo ad attivarsi per la realizzazione di: una classificazione delle opere rivolte ai minori; campagne di sensibilizzazione, informative ed educative, anche televisive, nonché l'aggiornamento del corpo docente; istituzione, in ogni emittente televisiva, di una figura responsabile della programmazione televisiva rivolta ai minori; effettività dell'obbligo accessorio per le emittenti televisive di mandare in onda una formula esplicita di scuse, che spieghi la violazione della norma a tutela del minore. Infine, la risoluzione chiede al Governo la trasmissione annuale di una relazione al Parlamento sull'attuazione della normativa vigente in materia di tutela dello sviluppo dei minori, anche in relazione al rispetto delle disposizioni normative da parte dei concessionari, licenziatari e soggetti autorizzati alle trasmissioni radiotelevisive.
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La questione del rapporto tra televisione e minori è stata anche il tema della giornata nazionale per i diritti dell'infanzia e dell'adolescenza del 20 novembre 2002, nel corso della quale è stato presentato il Vademecum sull'uso consapevole dei mezzi di comunicazione, «Comunicare è bello». Si tratta di un volumetto illustrato che si completa anche con un gioco finale, la cui stesura e realizzazione è stata interamente curata dalla Commissione per l'infanzia, volto ad aiutare bambini e genitori ad affrontare il tema del «comunicare» in senso lato. La finalità del Vademecum era infatti quella di raggiungere sia i ragazzi (in particolare di età compresa tra i 10 e i 13 anni), affinché loro stessi possano valutare le modalità con cui interpretano la comunicazione, sia gli adulti, richiamandone l'attenzione circa la necessità di vigilare sull'uso consapevole e critico di questi strumenti.
Il complesso rapporto minori/mezzi di comunicazione è stato poi ulteriormente sviluppato nel corso dell'iniziativa «Telecomando io», promossa sempre dalla Commissione per l'infanzia il 4 giugno 2003, volta a presentare un laboratorio ideato e realizzato dai ragazzi dell'Istituto «Daniele Manin» di Roma per una lettura analitica e critica della televisione.
L'attività svolta dalla Commissione sulla questione del rapporto tra minori e mezzi di comunicazione si è sviluppata in un momento particolarmente fervido per la tematica in esame sia dal punto di vista istituzionale che normativo. Infatti, l'importanza e l'attualità del tema è stata segnalata dal messaggio del Presidente della Repubblica su pluralismo e imparzialità dell'informazione, inviato al Parlamento, ai sensi dell'articolo 87, secondo comma, della Costituzione, il 23 luglio 2002, cui ha fatto seguito un ampio dibattito parlamentare (9). Il Capo dello Stato, nell'indicare come prioritaria la definizione di una nuova regolamentazione legislativa dell'intera materia delle comunicazioni e delle radiotelediffusioni, necessaria in conseguenza della nuova realtà tecnologica, del quadro normativo comunitario e delle indicazioni della Corte costituzionale, ha sottolineato l'importanza di collocare all'interno di tale testo la disciplina della tutela dei minori, «troppo spesso non tenuta nella dovuta considerazione nelle programmazioni delle emittenti televisive».
È stata, inoltre, approvata la legge 3 maggio 2004, n. 112, recante norme di principio in materia di riassetto del sistema radiotelevisivo e della RAI (c.d. «legge Gasparri»), il cui articolo 10 è specificamente rivolto alla tutela dei minori nella programmazione televisiva ed in parte recepisce alcune delle indicazioni contenute nella citata risoluzione approvata dalla Commissione. La norma impone alle emittenti televisive l'osservanza delle disposizioni per la tutela dei minori previste dal Codice di autoregolamentazione TV e minori, firmato il 29 novembre 2002, nonché l'applicazione di specifiche misure a tutela dei minori nella fascia oraria di programmazione dalle ore 16,00 alle ore 19,00, all'interno dei programmi direttamente rivolti ai minori,
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con particolare riguardo ai messaggi pubblicitari, alle promozioni e ad ogni altra forma di comunicazione commerciale e pubblicitaria, nelle trasmissioni di commento degli avvenimenti sportivi, in particolare calcistici, anche al fine di diffondere tra i giovani i valori di una competizione sportiva leale e per prevenire fenomeni di violenza legati allo svolgimento di manifestazioni sportive. L'Autorità preposta alla verifica del rispetto dell'articolo in esame e della normativa vigente in materia di tutela dei minori è la Commissione per i servizi e i prodotti dell'Autorità per le garanzie nelle comunicazioni, in collaborazione con il Comitato di applicazione del Codice di autoregolamentazione TV e minori (10). Viene, inoltre, vietato l'impiego di minori di 14 anni in messaggi pubblicitari e spot, demandando ad un regolamento del Ministro delle comunicazioni la regolamentazione più generale nelle trasmissioni televisive. Si prevede altresì che l'Autorità per le garanzie nelle comunicazioni presenti alle Camere, entro il 31 marzo di ogni anno, una relazione in materia di tutela dei diritti dei minori, sui provvedimenti adottati e sulle eventuali sanzioni irrogate, ed alla Commissione parlamentare per l'infanzia una relazione informativa sullo svolgimento della sua attività in relazione alla tutela dei minori ogni sei mesi.
2.4. Affidamento e adozioni.
La Commissione parlamentare per l'infanzia ha deliberato, il 15 maggio 2003, di avviare un'indagine conoscitiva in materia di adozioni e affidamento, a seguito dell'approvazione, in data 26 marzo 2003, delle risoluzioni 7-00023 Bolognesi ed altri e 8-00038 Tredese ed altri, recanti indicazioni di indirizzo al Governo per interventi che si ritenevano necessari in materia di adozioni internazionali per colmare alcune carenze emerse nell'applicazione delle legge n. 149 del 2001, che ha modificato le leggi n. 184 del 1983 e n. 476 del 1998. La Commissione ha ritenuto, pertanto, di approfondire la conoscenza della complessa materia delle adozioni, sia in considerazione della necessità di procedere ad un primo bilancio, dopo la profonda innovazione normativa intervenuta particolarmente nel campo delle adozioni internazionali, sia per la situazione dei minori in stato di abbandono nel nostro paese, visto anche l'avvicinarsi del dicembre 2006, termine previsto dalla legge n. 149 del 28 marzo 2001 per la definitiva chiusura dei nostri istituti. Tale indagine è stata sollecitata, altresì, da numerose segnalazioni pervenute alla Commissione parlamentare per l'infanzia che denunciavano carenze dell'attuazione della legge 149/2001 e del relativo regolamento di attuazione. Il lavoro svolto, durato circa un anno e mezzo, si è esplicato nell'ascolto di
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numerosi soggetti implicati nel mondo delle adozioni, e nella realizzazione varie missioni (11).
Nell'indagine conoscitiva, la Commissione parlamentare per l'Infanzia ha ritenuto necessario svolgere un attento approfondimento degli istituti dell'affidamento familiare, dell'adozione nazionale e dell'adozione internazionale, anche in funzione dell'incidenza che l'evoluzione dello scenario nazionale ed internazionale ha avuto sulla realizzabilità di questi istituti.
In ordine al fenomeno delle adozioni nazionali è emerso chiaramente che negli ultimi anni, proprio grazie ad una evoluzione socio-culturale e legislativa del paese (L. 149/01) si sono previsti alcuni interventi diretti a tutelare la famiglia ed a salvaguardarne l'unità per vedere garantito il diritto del minore di crescere ed essere educato nell'ambito della propria famiglia. Le condizioni di povertà dei genitori non rappresentano di per sé un ostacolo all'esercizio di tale diritto, tanto è vero che si prevedono interventi di sostegno e di aiuto in favore della famiglia. L'ente locale, in particolare, nei limiti delle proprie competenze e risorse, interviene con misure specifiche atte a rimuovere le cause economiche, personali e sociali che impediscono alla famiglia di svolgere i propri compiti. Solo allorquando, nonostante gli interventi posti in essere, la famiglia non sia in grado di provvedere convenientemente alla crescita e all'educazione del minore, si applicano gli istituti dell'affidamento e dell'adozione.
Tale impostazione operativa ha prodotto sostanzialmente una diminuzione del numero dei bambini dichiarati adottabili e quindi del numero delle adozioni realizzate, ma non ha risolto totalmente il problema dell'infanzia abbandonata, o meglio dell'infanzia che versa in una condizione di «semiabbandono permanente». In tale categoria, infatti, rientrano tutte quelle situazioni nelle quali la famiglia del minore è più o meno insufficiente rispetto ai suoi bisogni, ma ha un ruolo attivo e positivo, che non è opportuno venga cancellato totalmente; nello stesso tempo, non vi è alcuna ragionevole possibilità di prevedere un miglioramento delle capacità della famiglia, tale da renderla idonea a svolgere il suo compito educativo in modo sufficiente.
Queste situazioni, di carenza della famiglia solo parziale, ma permanente, non sono contemplate dalla legge. La recente riforma dell'adozione nazionale, entrata in vigore nel 2001, non ha preso in considerazione tale problematica. E proprio sulla base di tali valutazioni sono state presentate tre proposte di legge che vorrebbero
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introdurre i nuovi istituti dell'adozione «aperta» e dell'adozione «mite» (12).
L'adozione aperta, già praticata in alcune realtà giudiziarie italiane, è proposta come un ulteriore modello di adozione che ha le stesse caratteristiche di quella legittima, con l'eccezione del mantenimento di rapporti con la famiglia di origine. Più precisamente sulla base di una dichiarazione dello stato di semiabbandono permanente, pronunziata a seguito di accertamento di una situazione d'insufficienza permanente della famiglia d'origine (insufficienza tuttavia parziale, in quanto non giustifica la totale interruzione dei rapporti del minore con la famiglia) il giudice potrebbe procedere all'affidamento preadottivo ad una famiglia che presenti i requisiti indicati dall'articolo 6 della legge 184/1983. Nel provvedimento di affidamento preadottivo il giudice dovrebbe stabilire le regole necessarie a governare le relazioni tra bambino, famiglia della preadozione e famiglia di origine, precisando i soggetti (genitori o anche altri) che hanno il diritto-dovere di visitare il minore, i tempi e le modalità delle visite. Nel corso del procedimento il giudice dovrebbe procedere all'ascolto di tutti (anzitutto del minore con capacità di discernimento) e impegnarsi per quanto possibile nell'acquisizione dei consensi di tutti. I poteri parentali spetterebbero agli affidatari in preadozione. Inoltre il provvedimento di affidamento preadottivo dovrebbe essere pronunziato rebus sic stantibus ed essere modificabile nell'interesse del minore, con conseguente incremento o riduzione delle visite. Concluso l'affidamento preadottivo, permanendo la situazione di semiabbandono permanente, verrebbe pronunziata l'adozione aperta, con effetto legittimante del tutto simile a quello previsto dall'attuale legislazione. L'unica differenza sarebbe costituita dalla previsione e dalla disciplina di visite minore-famiglia di origine, così come previsto durante la fase dell'affidamento preadottivo. Inoltre, nel caso in cui il tribunale giungesse a disporre la totale interruzione dei rapporti minore-famiglia di origine e questa situazione si protraesse per almeno sei mesi, gli adottanti dell'adozione aperta potrebbero richiedere nell'interesse del minore la conversione dell'adozione aperta in adozione legittimante piena.
L'adozione mite è stata definita, invece, semplice o non legittimante, strutturata per i numerosi casi di semiabbandono permanente in cui la famiglia ha posto in essere nei confronti del minore un rapporto lesivo e gravemente pregiudizievole, tale da configurare una situazione di abbandono rilevante per la dichiarazione di adottabilità, alla quale però non si può pervenire per espressa negazione della legge vigente. Si applicherebbe a tutti quei casi in cui il minore sostanzialmente abbandonato si trovi, oltre il tempo massimo previsto dalla legge, in affidamento familiare, e per il quale non è possibile un rientro nella famiglia di origine, perdurando lo stato di difficoltà. In queste ipotesi, valutato, inoltre, che tra il minore e gli affidatari si sia
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instaurato un solido rapporto affettivo, tale che l'allontanamento possa essere pregiudizievole al minore, si procede, con il consenso di questi ultimi, e dichiarato giudizialmente lo stato di semiabbandono permanente del minore, all'adozione «mite». Questa adozione non interrompe il rapporto di filiazione tra minore e genitore di origine, ma ne aggiunge un secondo, quello con gli adottanti, conseguente all'adozione, cui spetta naturalmente anche la potestà genitoriale.
Per quanto concerne l'indagine svolta nell'ambito dell'adozione internazionale, essa ha rilevato che la nuova disciplina contenuta nella L. 476/98, di ratifica della Convenzione dell'Aja del 29 maggio 1993, ha apportato una profonda revisione giuridico-organizzativa dell'intero sistema con l'introduzione di nuovi soggetti destinati allo svolgimento di funzioni specifiche, quali la Commissione per le adozioni internazionali (CAI) e gli Enti autorizzati, nonché, ad una redifinizione delle competenze dei soggetti già coinvolti come il Tribunale per i minorenni ed i servizi socio-assistenziali.
Alla CAI, istituita presso la Presidenza del Consiglio dei ministri, quale organo centrale per le adozioni internazionali, sono state attribuite funzioni di controllo delle procedure e degli operatori in Italia, nonché di coordinamento dell'attività con i paesi esteri e di promozione delle relazioni internazionali; mentre agli enti autorizzati sono stati affidati compiti di svolgimento di servizi per la definizione di procedure adozionali internazionali, quali unici interlocutori possibili per l'espletamento di tali procedure. Essi sono autorizzati per le adozioni internazionale dalla CAI sulla base di parametri di competenza, serietà e moralità.
Per quanto riguarda, invece, i servizi socio-assistenziali ed il Tribunale per i minorenni, ad essi sono state attribuite, rispettivamente, la competenza a svolgere le attività di osservazione della coppia e di valutazione di un profilo psico-sociale, da riferire al Tribunale per i minorenni con una relazione psico-sociale, e la competenza a valutare l'idoneità della coppia.
In base alla nuova normativa, appare necessario che le indicate funzioni si svolgano in modo integrato, con la massima collaborazione di tutti i soggetti coinvolti, affinché il complesso procedimento che conduce all'adozione abbia successo.
Si è tuttavia constatato, nel corso dell'indagine che a tutt'oggi tale integrazione, su molta parte del territorio nazionale, non si è realizzata. Il legislatore, infatti, pur stabilendo le competenze di ciascuno dei molteplici soggetti coinvolti nell'iter adozionale, non ha previsto gli anelli di congiunzione tra le stesse. La complessità delle attività che tali soggetti sono chiamati a svolgere, anche in funzione di conoscenze specifiche sulle realtà internazionali nelle quali si va ad operare, rende ancora più difficile tale integrazione. Particolarmente complesso si rivela lo svolgimento delle funzioni da parte dei servizi locali demandati ad effettuare le indicate indagini: tali servizi operano secondo un'organizzazione territoriale predisposta dalle relative Regioni, che dovrebbero prevedere il coinvolgimento di operatori sociali ed operatori sanitari, nell'ambito di standard definiti, in attività di formazione e di definizione di protocolli operativi con le autorità competenti per la valutazione delle coppie aspiranti all'adozione. Tale previsione ad oggi non ha avuto una congrua attuazione, essendo
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mancata nella maggior parte delle regioni l'organizzazione di momenti di formazione, di aggiornamento, di confronto sulla materia delle adozioni, né tanto meno si è favorito il confronto e lo scambio con gli altri soggetti implicati nell'ambito, quali il tribunale per i minorenni e/o gli enti autorizzati. Il quadro che ne deriva è caratterizzato da una assoluta diversificazione dello svolgimento della procedura nei vari ambiti territoriali, creando un forte disorientamento tra i diversi operatori e le coppie aspiranti all'adozione.
A livello nazionale e regionale si è verificato che vi è l'assoluta necessità di una formazione omogenea, che faciliti le attività dei servizi affinché si rispettino standard qualitativi e criteri di documentazione comparabili e condivisi nella valutazione della disponibilità dei coniugi aspiranti all'adozione.
Nell'analisi dell'attività svolta dai soggetti preposti nelle adozioni internazionali un'attenta riflessione è stata fatta sull'organizzazione della Commissione per le adozioni internazionali, la quale attualmente non risulta sufficientemente adeguata allo svolgimento delle funzioni che le sono attribuite dalla legge.
La diversificazione dei settori di intervento, cui la CAI deve dedicarsi, infatti, impone una profonda revisione della sua composizione: aumento del personale in organico e diversa strutturazione della Commissione costituiscono le questioni centrali. La CAI dovrebbe quindi essere potenziata per poter realizzare al meglio le funzioni attribuitele dalle legge, ma anche per essere posta in grado di ampliare e approfondire funzioni e settori di intervento.
A tale scopo si propongono prioritariamente tre questioni attorno alle quali potrebbe ruotare l'intero processo di ristrutturazione della Commissione:
a) riorganizzazione interna, con la formazione di appositi uffici diretti da un responsabile delegato dal presidente;
b) potere/dovere per il presidente di delegare parte delle funzioni attribuitegli;
c) ripensamento della composizione della CAI, che dovrebbe essere costituita esclusivamente da funzionari della Pubblica Amministrazione distaccati a tempo pieno.
A tal fine si è suggerito di individuare quattro settori di intervento, ciascuno avente compiti e tematiche precise, cui potrebbero eventualmente ispirarsi le ipotesi di riorganizzazione della CAI, da realizzarsi a fronte di adeguato trasferimento di risorse finanziarie e potenziamento del personale in carico, sia dei componenti, sia del personale tecnico ed amministrativo.
I settori individuati sono stati definiti in funzione delle diverse attività che dovrebbero svolgere e più precisamente per:
1) Il Controllo degli enti e delle procedure dell'iter adottivo
2) L'informazione alle coppie e la promozione della cultura della solidarietà verso il paese cui si rivolge la domanda di adozione
3) I rapporti internazionali e l'iter adottivo con i paesi che non hanno ratificato la Convenzione dell'Aja.
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4) L'organizzazione e il controllo dell'affidamento internazionale (vedi infra).
Tra i vari aspetti approfonditi in ambito di adozione internazionale dalla Commissione parlamentare per l'infanzia, particolare attenzione è stata rivolta, inoltre, al fenomeno dei soggiorni solidaristici. A tale riguardo, è stato deliberato, nella seduta del 9 febbraio 2005, lo svolgimento di una successiva indagine conoscitiva relativa all'infanzia in stato di abbandono o semiabbandono e sulle forme per la sua tutela ed accoglienza. Tale indagine si è occupata, oltre che dei minori non accompagnati e dei minori coinvolti in situazioni di accattonaggio, del fenomeno dei soggiorni temporanei, che costituisce, ormai da diversi anni in Italia, una delle forme di solidarietà, rivolta ai minori di paesi disagiati, maggiormente praticata. Esso, più esattamente, ha avuto inizio nei primi anni '90 a favore dei minori residenti nell'area colpita dal disastro prodotto dalla centrale atomica di Chernobyl e si prefiggeva lo scopo di contribuire ad attenuare i danni subiti dalle popolazioni dell'area colpita, consentendo ai bambini che vi vivevano di trascorrere alcuni mesi dell'anno in Italia per godere del clima mediterraneo così da agevolare il loro recupero.
Il favore riconosciuto nel nostro paese a tale tipo di intervento solidaristico è cresciuto negli anni ed ha avuto una forte adesione da ogni tipologia familiare, tanto che ad oggi i ragazzi stranieri che vivono questa esperienza in Italia sono circa 36.000 ogni anno. Un numero che, si ritiene, è destinato a crescere, considerato in primo luogo il sempre maggior numero di bambini che in alcuni Stati vivono in una situazione di abbandono o di semiabbandono permanente; in secondo luogo, lo spirito ospitale delle molte famiglie italiane che hanno conosciuto questa esperienza, che contribuiscono a diffonderla, traendo da essa grande coinvolgimento emotivo, tanto più trattandosi di aiuto offerto a minori istituzionalizzati o comunque in difficoltà. Esperienze così coinvolgenti che in molti casi è stata reiterata la richiesta di accoglienza per più anni. A fronte del crescente fenomeno, non si è tuttavia provveduto ad una puntuale regolamentazione normativa che avrebbe dovuto invece - ad avviso della Commissione - accompagnare questa esperienza, ad esempio estendendola ad altre aree geografiche, istituendo un albo delle associazioni per i soggiorni temporanei, ampliando le ipotesi di soggiorno, attualmente possibili solo a scopo sanitario, anche a progetti di studio e formazione. A tale riguardo anche le competenze del Comitato per i minori stranieri (istituito nel 1998) - struttura deputata nell'ambito di altre competenze anche al controllo dei soggiorni temporanei - dovrebbero essere complessivamente riviste e valutate.
Nei casi di bambini abbandonati ed ospitati presso istituti (comunque in stato di adottabilità), si è peraltro già verificata l'esperienza in cui il rapporto di inserimento di tali bambini nelle famiglie italiane ha generato il desiderio di accoglierli definitivamente, adottandoli.
Alcune di queste famiglie hanno già realizzato attraverso un'adozione internazionale tale finalità ed altre auspicano di poterla realizzare. Tale fenomeno in Bielorussia si è concretizzato anche con adozioni nominative, secondo una procedura prevista dalla normativa
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del Paese, che dà la possibilità ad una coppia in possesso di un decreto di idoneità di richiedere, per il tramite di un ente autorizzato, l'adozione mirata ad un determinato minore. Le adozioni mirate, che in realtà non rispondono ai principi e allo spirito della nostra legge (149/2001) sulle adozioni, hanno tuttavia riguardato solamente l'1 per cento del totale dei soggiorni solidaristici realizzati, e sono state in genere rivolte ai cosiddetti bambini grandicelli, vale a dire bambini in stato di abbandono la cui età media è di circa dodici anni che il più delle volte, pur essendo in stato di adottabilità, hanno meno possibilità di trovare una famiglia disposta ad accoglierli, sia per motivi legati all'età, sia per trascorsi personali difficili.
Sulla scorta di tali valutazioni la Commissione parlamentare per l'infanzia ha sostenuto l'opportunità di introdurre nel nostro sistema giuridico l'istituto dell'affidamento familiare internazionale. Tale nuovo istituto, nel rispetto dei principi previsti dalla Convenzione dell'Aja sulla protezione dei minori e la cooperazione in materia di adozioni internazionali, nasce dalla necessità di offrire un ventaglio di opportunità soprattutto per i bambini più grandi in età scolare (minori pre-adolescenti e anche adolescenti), che, come si è detto, hanno purtroppo minori possibilità di intraprendere un percorso positivo di crescita e di inserimento nella società (13).
Di rilevante importanza, ai fini delle valutazioni svolte nel corso dell'indagine indicata, è stato l'approfondimento che la medesima Commissione ha effettuato, in occasione dei lavori svolti per la redazione della relazione annuale al Parlamento, approvata il 27 luglio 2004 (Relazione sull'attuazione della legge 28 agosto 1997, n. 285, recante «Disposizioni per la promozione di diritti e di opportunità per l'infanzia e l'adolescenza»), sul tema della chiusura degli istituti prevista per il prossimo dicembre 2006, e le cui risultanze sono state riportate in un capitolo della stessa relazione. In tale circostanza, la Commissione ha sollecitato il Governo, le Regioni e le Province ad orientare fondi adeguati per favorire la costruzione e la manutenzione di un sistema integrato dei servizi e di interventi per i «minori fuori dalla famiglia» in ogni ambito territoriale: gruppo di operatori specializzati che sostengono il minore e/o la famiglia di origine; potenziamento dell'assistenza domiciliare educativa; servizi di sostegno alla genitorialità; valorizzazione dell'affidamento familiare vissuto all'interno di una dimensione associativa; creazione di una rete adeguata di servizi residenziali; promozione delle reti familiari di accoglienza; ed infine attivazione di interventi complementari per i minori devianti. Attività da svolgersi, secondo i principi previsti nel «Piano di interventi per rendere possibile la chiusura degli istituti per i minori entro il 2006», ai sensi del Piano Nazionale di Azioni e di interventi per la tutela dei diritti e lo sviluppo dei soggetti in età
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evolutiva, in attuazione dei programmi volti a sviluppare esperienze innovative di accoglienza familiare e risposte integrative, ovvero sostitutive della famiglia non idonea.
2.5. Salute e minori.
La Commissione parlamentare per l'infanzia si è concentrata sui problemi attinenti alla tutela dei bambini sotto il profilo sanitario. In particolare, il tema è stato affrontato sotto diversi profili: innanzi tutto, si è svolta un'indagine conoscitiva sulla copertura vaccinale in età pediatrica e sulla ospedalizzazione dei bambini affetti da malattie infettive; è stata, quindi, approvata la risoluzione 7-00316 Valpiana, in materia di allattamento al seno; inoltre, la giornata nazionale per i diritti dell'infanzia e dell'adolescenza del 20 novembre 2003 ha avuto ad oggetto la questione «salute e minori»; infine, nell'ambito del parere sul piano d'azione e di interventi per la tutela dei diritti e lo sviluppo dei soggetti in età evolutiva 2002-2004 (approvato l'8 aprile 2003) si è svolta una specifica riflessione sulla tutela sanitaria dei bambini.
Iniziando dal primo punto, la Commissione ha riscontrato che la situazione relativa all'ospedalizzazione dei minori ed alle vaccinazione si rivela assai complessa ed articolata. Tra i principali problemi emersi nel corso dell'indagine, vi è innanzi tutto la scarsa conoscenza della situazione epidemiologica nazionale; inoltre, la devoluzione delle competenze legislative in materia sanitaria alle regioni crea un problema per le malattie infettive, rispetto alle quali si riscontrano atteggiamenti di risposta dei vari sistemi sanitari regionali molto eterogenei. Sono stati denunciati, inoltre, problemi concernenti il ricovero ospedaliero in quanto sono parzialmente falliti i tentativi di razionalizzare la rete ospedaliera pediatrica, con il risultato che da un lato vi è un eccesso della rete ospedaliera, dall'altro risulta che il 30 per cento dei bambini è ricoverato in reparti per adulti, cosa che comporta un pesante impatto psicologico per il bambino e per la sua famiglia.
Per quanto riguarda il tema delle vaccinazioni, è stata evidenziata la peculiarità di tali farmaci, che a differenza di quelli curativi non si somministrano a persone malate, bensì sane e sono in grado di eliminare non solo la malattia ma anche la causa di quest'ultima. I vaccini si distinguono in obbligatori e facoltativi ovvero consigliati. Tale distinzione esiste solo in Italia ed appare assai problematica, anche perché talune vaccinazioni consistono in vaccini combinati, di cui alcuni sono obbligatori mentre altri solo consigliati. Connesso a questo tema, vi è quello dei danni derivanti da vaccino. Al riguardo, è stata evidenziata la necessità di effettuare un apposito programma di prevenzione e di prestare cure idonee ai danneggiati. Inoltre, è stata sottolineata l'importanza dell'informazione da parte dei medici sui possibili effetti collaterali o sulle reazioni avverse che possono insorgere dopo le vaccinazioni, nonché una maggiore informazione agli stessi medici ed anche un'informazione corretta da parte dei mezzi di comunicazione di massa.
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A fronte di tali problematiche, nel documento conclusivo approvato nella seduta del 16 marzo 2004 (Doc. XVII-bis n. 3), la Commissione ha indicato alcune proposte volte a porre rimedio alla situazione attuale. In primo luogo, la Commissione ha sottolineato l'esigenza di sviluppare al massimo grado l'interazione a livello nazionale, attraverso strategie integrate e coordinate, superando le differenze geografiche nelle modalità operative e nei percorsi assistenziali, in modo da assicurare al cittadino l'eguale accesso ad interventi di prevenzione e cura garantiti dallo Stato attraverso l'applicazione dei livelli essenziali di assistenza. In quest'ottica appare fondamentale il ruolo della Conferenza Stato-Regioni, come pure il coinvolgimento delle diverse agenzie, istituzioni e categorie che hanno un ruolo nella prevenzione e nella gestione delle malattie infettive del bambino (14).
La Commissione ha inoltre evidenziato la necessità di applicare pienamente i principi contenuti nella Convenzione delle Nazioni Unite sui diritti del fanciullo e in numerosi documenti internazionali e nazionali, volti ad affermare e riconoscere il diritto del bambino alla salute, che dovrebbe concretizzarsi quanto meno nella possibilità di ricoveri in aree pediatriche, dotate di strutture e competenze professionali specifiche per l'età. Si è quindi raccomandata l'adozione di idonee misure normative volte a regolamentare l'accoglienza dei bambini con malattie infettive esclusivamente in area pediatrica, nel caso di ricovero in ospedale.
La Commissione ha altresì raccomandato: la definizione di un calendario nazionale delle vaccinazioni condiviso da tutte le Regioni e dalle Province autonome; la predisposizione di iniziative di razionalizzazione ed armonizzazione dell'offerta di vaccinazioni; l'istituzione di un'anagrafe vaccinale nazionale, che registri le vaccinazioni effettuate, nonché gli eventuali effetti avversi; la promozione di iniziative di sensibilizzazione, anche al fine di superare l'attuale distinzione tra le due categorie di vaccinazioni obbligatorie e raccomandate; la costituzione di un Osservatorio nazionale sulle malattie infettive pediatriche; una relazione periodica del Governo alle Camere in tema di epidemiologia e prevenzione di malattie infettive dei bambini; l'individuazione di centri di eccellenza a carattere interregionale per la cura, la prevenzione e lo studio delle malattie infettive in età pediatrica; l'adozione di iniziative legislative finalizzate a migliorare la tutela delle persone danneggiate dai vaccini ed a far sì che l'Italia partecipi finanziariamente al Vaccine Fund.
La Commissione ha quindi dedicato diverse sedute al tema dell'allattamento al seno, approvando il 27 gennaio 2005 la risoluzione 7-00316. In particolare, nella risoluzione si ricorda che l'allattamento fa parte dei diritti umani fondamentali e che in tutto il mondo viene celebrata nella prima settimana di ottobre la settimana dell'allattamento
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materno, con l'obiettivo tra l'altro di fornire informazioni sulla normativa che tutela l'allattamento a livello nazionale ed internazionale, sensibilizzando l'opinione pubblica al rispetto e promozione di questo diritto in ogni paese. L'allattamento materno contribuisce a una crescita salutare e ad un sano sviluppo fisico e mentale del bambino, tanto è vero che l'Organizzazione mondiale della sanità lo raccomanda almeno per i primi 6 mesi di vita, sottolineando come ogni giorno da 3.000 a 4.000 neonati muoiano (1,5 milioni di bambini ogni anno) in quanto non allattati al seno. Al riguardo, l'UNICEF promuove l'iniziativa Ospedale Amico del Bambino affinché i reparti maternità diventino centri di supporto all'allattamento al seno. Del resto, nella civiltà occidentale diventa necessario pubblicizzare l'allattamento materno, in quanto esso rappresenta una pratica dimenticata a vantaggio dell'allattamento artificiale, in relazione al quale le multinazionali - che producono surrogati del latte materno - hanno fatto un'enorme opera di propaganda. In realtà, gli ultimi dati relativi all'Italia forniti dall'Istituto superiore di sanità e dall'ISTAT evidenziano un recupero dell'allattamento materno, pur sussistendo ancora notevoli differenze tra le varie regioni d'Italia. Anche nel nostro Paese, infatti, vi è stata una presa di coscienza generalizzata, anche del mondo sanitario, circa la superiorità dell'allattamento materno rispetto ad altre forme di alimentazione del bambino. Rispetto però ad altri paesi dell'Unione europea, l'Italia è indietro per le campagne informative volte a sensibilizzare coloro che operano nei reparti di ostetricia e di pediatria degli ospedali.
In considerazione di tali fattori, la risoluzione impegna il Governo a: impegnarsi maggiormente nel promuovere e sostenere l'allattamento materno; fissare obiettivi nazionali e regionali per l'aumento della prevalenza e della durata dell'allattamento al seno, da inserire nel piano d'azione per l'infanzia e nei relativi progetti obiettivo sulla salute materno-infantile; promuovere la formazione degli operatori socio-sanitari, attivando altresì sistemi di monitoraggio; avvalersi per le campagne di promozione della consulenza multidisciplinare di associazioni con competenze specifiche nel campo; aumentare il periodo di astensione obbligatoria ovvero modificare il trattamento economico della lavoratrice nel periodo di astensione non obbligatoria, al fine di permettere ad un maggior numero di donne di continuare l'allattamento al seno almeno fino ai sei mesi di vita previsti dall'organizzazione mondiale della sanità; incrementare la rete dei consultori familiari; promuovere e finanziare programmi per l'allattamento materno, come ad esempio l'iniziativa «Ospedali Amici dei Bambini»; attuare una campagna educativo-informativa rivolta alle madri ed alle donne in generale.
Infine, da segnalare che in occasione dell'espressione del parere sul piano d'azione e di interventi per la tutela dei diritti e lo sviluppo dei soggetti in età evolutiva 2002-2004 (approvato l'8 aprile 2003), uno specifico punto è stato dedicato alla questione della tutela della salute (cfr. punto n. 6). In particolare, la Commissione ha invitato il Governo a prestare una speciale attenzione alla tutela sanitaria, soprattutto in relazione al benessere materno-infantile ed al potenziamento dei programmi vaccinali nel quadro della cooperazione internazionale. Un ulteriore invito al Governo riguarda la necessità di pervenire ad una
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corretta ospedalizzazione dei bambini, attraverso la creazione di appositi reparti (promozione di ospedali amici dei bambini), in cui sia possibile conciliare le cure con il diritto all'istruzione, il gioco, la presenza continuativa dei familiari. Infine, il parere si è soffermato sulla necessità di intraprendere alcune iniziative che riguardano più da vicino fenomeni adolescenziali (ad esempio, azioni per la prevenzione dei comportamenti devianti, per la prevenzione dell'AIDS, per una corretta alimentazione, favorendo un'informazione diretta a promuovere sane abitudini alimentari e stili di vita adeguati).
2.6. Abuso e sfruttamento.
La Commissione parlamentare per l'infanzia il 4 dicembre 2001 ha deliberato di avviare una indagine conoscitiva in materia di abuso e sfruttamento dei minori ed in tale ambito ha svolto numerose audizioni di autorevoli esponenti esperti della materia (15). Tali audizioni, unitamente alle conclusioni tratte nel secondo Convegno mondiale sullo sfruttamento sessuale dei minori ai fini commerciali svoltosi a Yokohama dal 17 al 20 dicembre 2001 (a cui una delegazione della Commissione ha partecipato), relative alla necessità di favorire l'applicazione della Convenzione sui diritti del fanciullo e dei relativi strumenti da parte degli stati membri al fine di proteggere i bambini dallo sfruttamento sessuale nella forma della prostituzione,
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della pornografia minorile e del traffico dei bambini ai fini sessuali, hanno indotto la commissione a valutare la relativa e vigente normativa nazionale, e precisamente la legge n. 269 del 3 agosto 1998, «Norme contro lo sfruttamento della prostituzione, della pornografia, del turismo sessuale in danno dei minori, quali nuove forme di riduzione in schiavitù».
Tale norma è stata complessivamente riconosciuta strumento efficace e fondamentale per la lotta allo sfruttamento sessuale dei minori, pur sollevando alcune note di criticità in relazione ad alcuni aspetti in essa contemplati.
In primo luogo, la Commissione ha ritenuto non opportuna l'applicabilità del patteggiamento in alcune ipotesi di reato, ritenute particolarmente riprovevoli, quali ad esempio quelle in cui taluno realizza un atto sessuale con un minore degli anni sedici in cambio di una somma di denaro od altra utilità economica, ovvero in quelle in cui taluno distribuisca o divulghi materiale pedopornografico. Per tali reati si è ritenuto importante poter applicare interamente la pena, anche allo scopo di prevenire il ripetersi del reato, sotto la minaccia di una pena quanto più possibile severa, ma soprattutto effettiva. In secondo luogo si è riconosciuta l'esigenza di introdurre alcune fattispecie di reato complementari a quelle già esistenti, in particolare si può citare l'ipotesi di reato relativa alle iniziative turistiche per lo sfruttamento sessuale dei minori.
Ad integrazione della normativa vigente, inoltre, si è analizzato il fenomeno della pedopornografia infantile divulgata a mezzo della rete internet. La forte crescita dell'utilizzo di tale rete, e delle reti telematiche in genere, rende, infatti, necessario ed urgente un intervento che sia specificamente mirato ad adeguare gli strumenti di contrasto dello sfruttamento dei minori attuato attraverso l'uso delle reti medesime, razionalizzando tutte le iniziative volte a contenere il preoccupante e diffuso fenomeno dello scambio e della vendita on line di materiale pornografico minorile agevolato dalla possibilità di avvalersi di strumenti di pagamento quali le carte di credito.
Altro aspetto esaminato in materia di abuso sessuale è stato quello di introdurre la possibilità di prevedere l'ammissione ai trattamenti psicoterapeutici, psichiatrici o farmacologici di coloro che sono stati condannati per aver commesso abusi o violenze sessuali a danno dei minori e anche degli indagati per gli stessi reati. Tali interventi costituirebbero delle misure preventive con una doppia finalità: da un lato di protezione della collettività, stante la natura recidivante di tali reati, dall'altro di tutela dell'individuo affetto dalla patologia per frenare le pulsioni sessuali.
Le tematiche dello sfruttamento dei minori sono state altresì trattate dalla Commissione nell'ambito della successiva indagine conoscitiva sull'infanzia in stato di abbandono o semiabbandono e sulle forme per la sua tutela ed accoglienza. In particolare, l'indagine si sofferma ad analizzare, tra gli altri, il fenomeno dei minori stranieri non accompagnati, e il fenomeno dell'accattonaggio dei minori.
Per quanto concerne i minori stranieri non accompagnati, la Commissione ha rilevato come l'impostazione normativa, che attribuisce le competenze in materia al Comitato per i minori stranieri, si basa principalmente sull'ipotesi del rimpatrio assistito, nella tutela
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del superiore interesse del minore. Sul piano pratico, è stata, però, verificata l'inadeguatezza dello strumento in esame a rispondere a tutti i numerosi casi di minori stranieri non accompagnati segnalati ogni anno sul territorio nazionale, a causa soprattutto delle indagini accurate da svolgere nel Paese d'origine del minore per verificare se esistano le condizioni per il rimpatrio, della carenza di informazioni adeguate e della difficoltà di identificazione del minore. Infatti, risulta che su 46.213 segnalazioni di minori stranieri non accompagnati giunte al Comitato dal 2000 al 30 settembre 2005, i provvedimenti di rimpatrio assistito sono stati 796 (pari all'1,7 per cento). Pertanto la Commissione ritiene che si debba concentrare l'attenzione sui progetti per i minori che restano in Italia, risultando al contempo necessario evitare di incoraggiare indirettamente l'afflusso in Italia di minori stranieri non accompagnati. Se, infatti, si deve far sì che i minori stranieri presenti in Italia e inseriti in percorsi formativi non diventino automaticamente «clandestini» al compimento della maggior età, rischiando così di essere espulsi e quindi di non poter più entrare legalmente nel nostro Paese per dieci anni, è altrettanto vero che non si può ipotizzare per tutti i minori stranieri in Italia la possibilità di rimanervi indiscriminatamente anche dopo il compimento della maggior età.
In quest'ottica, la Commissione riterrebbe necessario rivedere le competenze del Comitato per i minori stranieri, da collocare - con responsabilità ampliate nei confronti di tutti i minori non accompagnati - presso la Presidenza del Consiglio dei ministri o presso il Ministero dell'interno, al fine di favorire una maggiore unitarietà e incisività di intervento.
Inoltre, la Commissione auspica un'applicazione della normativa sull'immigrazione nei confronti dei minori meno legata ad un approccio burocratico e conforme, invece, all'interpretazione dell'articolo 32 del decreto legislativo n. 286/1998 resa dal Consiglio di Stato (16), così che sia possibile il rilascio di permessi di soggiorno per studio, avviamento al lavoro e lavoro ai minori oggetto di un provvedimento di affidamento, anche se si trovano in Italia da meno di tre anni e non hanno seguito un progetto di integrazione per almeno due anni.
Un ulteriore aspetto problematico riguarda la presenza di minori residenti dalla nascita in territorio italiano, ma in situazioni di irregolarità, ai quali la vigente normativa garantisce esclusivamente i diritti all'assistenza sanitaria e all'istruzione. Anche in questo caso appare necessario superare le attuali previsioni normative.
Per quanto riguarda, infine, il tema dei minori impiegati in attività di accattonaggio, oltre ai rimedi proposti sopra in relazione ai minori stranieri non accompagnati, dovranno individuarsi ulteriori strumenti, dal momento che parte rilevante dei minori coinvolti non sono giuridicamente definibili «non accompagnati», anche se spesso sono di fatto «male accompagnati».
Significativa è al riguardo, l'esperienza avviata dal comune di Roma, che ha inaugurato il 17 gennaio 2003 un Centro diurno per il
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contrasto alla mendicità infantile, nel quale viene condotto il bambino prelevato dalla strada. Il centro ha l'ambientazione di una casa, dove sono presenti operatori specializzati e mediatori culturali che parlano la sua lingua, decisivi per creare un clima adeguato. Si svolge poi un'azione volta alla ricerca dei genitori, che vengono convocati al centro e sensibilizzati sulle loro responsabilità; se, invece, non si rintraccia la famiglia, il bambino viene accolto in una casa famiglia, con provvedimento del procuratore presso il Tribunale dei minorenni. Dal 9 febbraio 2004 il comune di Roma ha anche attivato (per nove ore al giorno) un servizio telefonico al quale possono rivolgersi coloro che vogliono segnalare casi di bambini mendicanti.
Le iniziative illustrate possono, secondo la Commissione, contribuire a dare una risposta al fenomeno dei minori coinvolti nell'accattonaggio ed andrebbero realizzate anche in altri comuni interessati dal fenomeno. Inoltre, la Commissione auspica che si svolga attività di prevenzione, attraverso la diffusione della cultura della genitorialità, come avviene ad esempio nel progetto di sostegno per le neo-madri in situazioni di difficoltà, avviato sempre dal Comune di Roma.
In ogni caso, in relazione al problema dell'accattonaggio occorre dare impulso all'effettiva e piena applicazione della normativa esistente, in modo costante e capillare, coordinando gli interventi delle istituzioni e dei servizi preposti - forze di polizia, polizie municipali, servizi sociali - mettendo a punto un più energico intervento per contrastare l'evasione dell'obbligo scolastico e un attento monitoraggio dell'identità delle persone presenti nei campi nomadi.
Appare di primaria importanza svolgere un'opera di sensibilizzazione, che coinvolga anche le comunità nomadi, affinché acquisiscano sensibilità pienamente rispettose dei diritti dell'infanzia, dal momento che la tutela dei diritti di ciascun minore - qualunque sia la sua cultura di provenienza - deve prevalere su ogni altra considerazione.
La Commissione auspica, quindi, l'istituzione anche in Italia del Garante nazionale per l'infanzia e l'adolescenza, in quanto la presenza di una figura unitaria di riferimento potrebbe contribuire a rispondere alle varie problematiche concernenti l'infanzia sia dal punto di vista della prevenzione, che del coordinamento degli interventi.
2.7. Lavoro minorile.
La Commissione parlamentare per l'infanzia ha affrontato la tematica del lavoro minorile sotto due diverse filosofie, che trovano espressione nelle varie risoluzioni presentate (Capitelli n. 7-00349, Burani Procaccini n. 7-00389, Zanella n. 7-00427 e Valpiana 7-00444). Dall'esame delle risoluzioni è in effetti emersa la convinzione di chi considera in ogni caso il lavoro minorile come una condizione contraria ai diritti fondamentali del fanciullo, e come tale da eradicare, sia pur con programmi necessariamente a lunga scadenza, e quella di chi considera il lavoro minorile come una realtà complessa nella quale è necessario distinguere tra lavoro minorile e sfruttamento del lavoro minorile. Secondo quest'ultima impostazione è necessario
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condannare lo sfruttamento e le peggiori forme di lavoro minorile, come definite dalla Convenzione OIL n. 182 e dalla Raccomandazione n. 190 del 17 giugno 1999, ma effettuare anche dei distinguo per quanto riguarda il lavoro svolto in certe condizioni, degno, tutelato, con orari che consentano di studiare e giocare. Tale approccio nasce dalla convinzione di dover trovare un approccio realistico con determinate realtà, nelle quali pensare di eradicare completamente il lavoro minorile appare irrealistico e talmente protratto nel tempo da sacrificare in itinere generazioni di piccoli lavoratori. La Commissione ha anche partecipato ad alcuni convegni internazionali (Firenze, 11 maggio 2004, e Berlino 18 aprile-2 maggio 2004) nei quali le due teorie, che fanno capo anche a diversi movimenti di pensiero, hanno trovato espressione. In particolare, l'ONG Mani Tese ha denunciato il preoccupante aumento del lavoro minorile anche in Italia, ove migliaia di bambini sarebbero coinvolti in attività pericolose, vittime del traffico internazionale di esseri umani con finalità di prostituzione o traffico di stupefacenti: per questo il lavoro minorile deve essere sempre e comunque condannato. I movimenti internazionali dei NATs, nati in origine in America latina, poi diffusi anche in Africa e in Asia e da ultimo in alcuni paesi europei, tra cui la Germania e l'Italia, costituiti dagli stessi bambini lavoratori e sostenuti da Organizzazioni non governative, hanno invece sostenuto che certi tipi di esperienza lavorativa hanno un ruolo funzionale nel garantire la sopravvivenza fisica del bambino e della sua famiglia, secondo uno slogan molto significativo :«noi non siamo il problema, siamo parte della soluzione». Le posizioni, naturalmente molto contrastanti, quest'ultima in particolare piuttosto nuova per la situazione italiana, non hanno consentito di giungere ad un testo unitario ne' all'approvazione di alcuna delle risoluzioni presentate, anche se l'argomento ha formato oggetto della sessione pomeridiana della Giornata nazionale per l'infanzia e l'adolescenza svoltasi il 19 novembre 2004, nonché di diverse audizioni informali.
Elemento comune alle risoluzioni presentate è comunque quello che si adotti un programma d'azione in applicazione della Convenzione n. 182 e della Raccomandazione n. 190 (ratificate con legge 25 maggio 2000, n. 148) volto ad eliminare prioritariamente le forme peggiori di lavoro minorile, ma attento anche a valorizzare i progetti di contrasto all'abbandono e alla dispersione scolastica, nonché a quelli di reinserimento sociale, con l'auspicabile coinvolgimento di bambini, bambine e adolescenti lavoratori in prima persona.
Con riferimento alla situazione italiana, nel testo stesso delle risoluzioni è stato evidenziato il sempre più frequente impiego di minori in attività di accattonaggio. Tale attività, se pure non può essere considerata una «peggiore forma di sfruttamento del lavoro minorile» in assoluto, paragonata alle condizioni dei bambini in molti paesi del Terzo mondo, assume particolare rilievo in un paese industrializzato come l'Italia, e soprattutto può nascondere o indurre forme di sfruttamento ben più gravi, nella misura in cui un bambino che vive la sua giornata in strada ad elemosinare è un bambino che non cresce secondo i canoni di una corretta e sana educazione. Sull'argomento, la Commissione ha svolto una specifica indagine conoscitiva (cfr. cap. 2.6)
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2.8. Altre tematiche.
Accanto alle principali tematiche illustrate nei capitoli precedenti, la Commissione parlamentare per l'infanzia ha anche rivolto l'attenzione ad alcuni temi più specifici. A tale proposito occorre ricordare che, come primo atto della XIV legislatura, sono state approvate due identiche risoluzioni in materia di iniziative da adottarsi a favore dei bambini che si trovano nelle zone colpite da eventi bellici (7-00037 Burani Procaccini e altri e 7-00001 Rotondo e altri), che prevedono a carico del Governo una serie di impegni quali l'assunzione di iniziative affinché nessuna misura restrittiva di carattere internazionale colpisca l'approvvigionamento di medicinali, cibo e vestiario per l'infanzia nelle zone di conflitto armato; l'assunzione a livello internazionale di un ruolo di promozione per gli aiuti umanitari nei confronti dei bambini nelle zone colpite da eventi bellici; la prosecuzione nell'impegno profuso in ogni istituzione internazionale per cancellare il debito dei Paesi più poveri, contribuendo ad alleviarne le condizioni alimentari e sanitarie; la predisposizione di un piano straordinario di aiuti alle popolazioni civili afgane in fuga dalla guerra. Anche nel parere espresso l'8 aprile 2003 sul piano di azione e di interventi per la tutela dei diritti e lo sviluppo dei soggetti in età evolutiva 2002-2004, la Commissione è tornata sul problema dei bambini in zone di guerra, chiedendo che, nell'ambito del programma per il rafforzamento della cooperazione per lo sviluppo dell'infanzia nel mondo, fosse previsto un adeguato stanziamento in loro favore.
Il 12 marzo 2002 la Commissione ha approvato la risoluzione 7-00071 Giacco e altri sulle città amiche dei bambini, nella quale è previsto l'impegno per il Governo a consentire un'ampia diffusione dei progetti e delle iniziative premiate, ad organizzare il Forum internazionale «Verso città amiche delle bambine e dei bambini» entro l'autunno 2002 e a realizzare l'edizione 2002 della guida con i lavori inviati dai partecipanti al premio, nonché a confermare anche negli anni successivi i premi previsti dalla legge 23 marzo 2001 n. 93, sostenendo i progetti dei comuni. L'argomento è stato ripreso nel citato parere sul piano di azione e di interventi 2002-2004, con la richiesta che vi fosse l'impegno a realizzare annualmente i premi previsti dalla legge n. 93/2001 e il Forum internazionale menzionato, sostenendo i progetti dei comuni italiani partecipanti ai premi.
Un più ampio lavoro è stato dedicato all'attuazione della legge 28 agosto 1997, n. 285, con alcune missioni e l'approvazione di una relazione alle Camere su tale argomento, avvenuta il 27 luglio 2004. La relazione prende in esame lo stato di attuazione della legge, si sofferma anche sull'impatto della legge 8 novembre 2000, n. 328, e dedica una speciale attenzione alla deistituzionalizzazione dei minori (di questa parte si dà conto nel capitolo 2.4 della presente relazione). La Commissione, nella relazione, ha posto in rilievo come la legge n. 285/97 abbia segnato un importante e positivo cambiamento nelle politiche e nei servizi per l'infanzia e l'adolescenza, orientandole verso la prospettiva dei diritti dei cittadini «in crescita», anziché quella degli interventi assistenziali ed emergenziali che prevaleva in precedenza. Valutando in modo generalmente soddisfacente - sebbene con
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innegabili differenze nei vari territori - gli effetti dell'applicazione della legge, la Commissione ne ha segnalato anche alcuni elementi critici, tra i quali la confluenza dei fondi per il finanziamento della legge nell'unico Fondo per le politiche sociali, senza vincolo di destinazione specifica; ciò fa sorgere preoccupazioni per la continuità degli interventi e dell'impostazione culturale dalla quale sono derivati. Nella parte conclusiva della relazione, sono presentate alcune osservazioni e proposte, chiedendo il rifinanziamento della legge e la previsione, nella normativa da emanare sui «livelli essenziali e uniformi delle prestazioni sociali» previsti dalla legge n. 328/2000, di un apposito capitolo sull'infanzia e l'adolescenza che riprenda i contenuti della legge n. 285/97 traducendoli in livelli di prestazioni da garantire a tutti i minori; la Commissione ha inoltre auspicato la promozione di iniziative di scambio e formazione tra gli operatori del settore, per valorizzare e far conoscere le esperienze realizzate.
Infine, appare importante ricordare la partecipazione di componenti della Commissione parlamentare dell'infanzia ad iniziative sui temi della cooperazione internazionale in favore dell'infanzia, quali le riunioni dell'AWEPA - European Parliamentarians for Africa sui temi relativi all'impatto dell'AIDS nei confronti dell'infanzia (a Città del Capo il 22-24 settembre 2004 e nella stessa città il 26-27 maggio 2005; a Nairobi il 10-11 novembre 2005) e, nell'ambito delle Giornate per la cooperazione italiana promosse dal Ministero degli affari esteri, l'iniziativa «Il nuovo piano nazionale d'azione sull'infanzia 2003-2010: prospettive di implementazione e di sostegno della cooperazione italiana» (Addis Abeba, 25 novembre 2005).
OSSERVAZIONI CONCLUSIVE
A conclusione dei propri lavori nella XIV legislatura, la Commissione parlamentare per l'infanzia ritiene di dover svolgere alcune riflessioni oltre che sul merito dei temi trattati anche sull'organizzazione dei lavori dei due rami del Parlamento, in relazione ai poteri e alle competenze della Commissione stessa.
La legge istitutiva (451/97) attribuisce infatti alla Commissione poteri di indirizzo e controllo sulla concreta attuazione degli accordi internazionali e della legislazione relativi ai diritti e allo sviluppo dei soggetti in età evolutiva.
Tali poteri si riferiscono evidentemente ai rapporti con il Governo, mentre non è previsto alcun collegamento tra i poteri della Commissione, che nel merito può occuparsi trasversalmente di tutte le materie concernenti l'infanzia e l'adolescenza, e le competenze delle Commissioni permanenti di merito.
L'unica previsione contenuta nella legge istitutiva, al comma 5 dell'articolo 1, è di una relazione alle Camere con cadenza almeno annuale sui risultati della propria attività nella quale siano ricomprese osservazioni e proposte sugli effetti, i limiti e l'eventuale necessità di adeguamento della legislazione vigente. Tali relazioni, tuttavia, non hanno, né potrebbero avere un effetto diretto nel procedimento legislativo.
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La concreta esperienza ha infatti posto in evidenza che la Commissione può interessarsi di materie sulle quali è in atto un procedimento legislativo senza la possibilità effettiva di potervi incidere. A ciò si aggiunge che il Senato, nelle ultime due legislature, ha sentito l'esigenza di istituire una Commissione speciale in materia di infanzia, stante il fatto che in quel ramo del Parlamento, la XII Commissione riguarda la materia della sanità e non anche gli «affari sociali» come invece alla Camera.
Tale configurazione ha indubbiamente creato sovrapposizioni, né è stato possibile alcun coordinamento se non una sorta di fair play tra i Presidenti - quando possibile - nel cercare di evitare contemporaneità delle sedute e sovrapposizione di temi, con evidenti difficoltà - comunque - in particolare per i senatori, che hanno fatto parte contemporaneamente sia dell'una che dell'altra Commissione.
Un'ultima considerazione può rivolgersi al carattere specializzato che la Commissione parlamentare per l'infanzia indubbiamente riveste, il quale dovrebbe forse essere valorizzato, anziché disperso, moltiplicando le sedi di dibattito e di elaborazione politica.
La riflessione finale che si intende svolgere si sostanzia quindi nel valutare insoddisfacente l'articolazione dei lavori attuata in materia di infanzia ed adolescenza nei due rami del Parlamento, con al Senato una sede legislativa specializzata, alla Camera la materia affidata alla Commissione di volta in volta competente per materia (senza quindi una Commissione legislativa analoga a quella del Senato) e una Commissione bicamerale senza poteri di intervento nel procedimento legislativo. Si potrebbe a tale riguardo approfondire la questione se sia possibile attribuire alla Commissione bicamerale per l'infanzia - sul modello della Commissione per le questioni regionali - con apposita modifica legislativa e dei rispettivi regolamenti parlamentari, forme di partecipazione al procedimento legislativo inerente ai progetti di legge in materia di infanzia, assumendo così un ruolo «consultivo» nell'iter di formazione delle leggi. In via subordinata, si potrebbero istituire due Commissioni speciali, alla Camera e al Senato, il cui primo impegno dovrebbe essere quello di riprendere l'esame dei progetti di legge volti all'istituzione di un Garante per l'infanzia, il cui iter non è stato possibile concludere nell'attuale legislatura. Tale figura rappresenterebbe quel punto di riferimento univoco e forte, sia a livello nazionale che internazionale, di cui si avverte un'indiscutibile esigenza.
(1) La nomina spetta, a seconda dei casi, all'esecutivo nella sua collegialità ovvero a singoli ministri (in Norvegia il Garante viene nominato dal Re su proposta del Governo), mentre i Garanti portoghese e polacco sono eletti rispettivamente dal Parlamento a maggioranza qualificata e dalla Camera con l'approvazione del Senato.
(2) Si ricordano, in particolare: La Convenzione sui diritti del fanciullo, fatta a New York il 20 novembre 1989, resa esecutiva con legge 27 maggio 1991, n. 176, articolo 18; la risoluzione del Parlamento europeo su una Carta europea dei diritti del fanciullo (A3-0172/92 dell'8 luglio 1992), invita al punto 6 gli Stati membri a designare un difensore dei diritti dell'infanzia; la risoluzione del Parlamento europeo su misure per la protezione dei minori (A4-0393/96 del 12 gennaio 1996) al punto 24 invita gli Stati membri a potenziare la partecipazione sociale dei minori e ciò in particolare attraverso la nomina di responsabili per l'infanzia sulla falsariga del diritto norvegese; le raccomandazioni del Consiglio d'Europa 1286 (24 gennaio 1996), su una strategia europea per i minori, 1460, n. 8 (7 aprile 2000), e 1551, n. 4 del 26 marzo 2002; la Convenzione europea sull'esercizio dei diritti dei fanciulli, fatta a Strasburgo il 25 gennaio 1996 e ratificata con legge 20 marzo 2003, n. 77, articolo 12; il documento conclusivo della Sessione speciale dell'Assemblea generale delle Nazioni Unite dedicata all'infanzia, svoltasi a New York dall'8 al 10 maggio 2002, numero 31.
(3) Si tratta, in particolare, del Veneto (legge regionale 9 agosto 1988, n. 42), dell'Abruzzo (legge regionale 14 febbraio 1989, n. 15), del Piemonte (legge regionale 31 agosto 1989, n. 55), del Friuli-Venezia Giulia (legge regionale 24 giugno 1993, n. 49), dell'Umbria (legge regionale 23 gennaio 1997, n. 3), della Puglia (legge regionale 11 febbraio 1999, n. 10), delle Marche (legge regionale 15 ottobre 2002, n. 18) e del Lazio (legge regionale 28 ottobre 2002, n. 38).
(4) Si tratta delle proposte A.C. 695 Turco ed altri «Istituzione del difensore civico per l'infanzia e l'adolescenza»; A.C. 818 Molinari «Istituzione del difensore civico per l'infanzia e l'adolescenza»; A.C. 1228 Pecoraro Scanio «Istituzione del difensore civico dei minori»; A.C. 1999 Pisicchio ed altri «Istituzione del tutore pubblico dell'infanzia»; A.C. 3667 Buontempo ed altri «Istituzione del Garante per l'infanzia e l'adolescenza»; A.C. 4242 Burani Procaccini ed altri «Istituzione del Garante per l'infanzia e l'adolescenza»; A.C. 5135 Fassino ed altri «Istituzione del Garante per l'infanzia e l'adolescenza». Le proposte di legge sono state assegnate in sede referente alla Commissione I Affari costituzionali, con la sola eccezione dell'A.C. 3667 Buontempo, assegnato alla Commissione XII Affari sociali; quest'ultima nella seduta del 21 luglio 2004 ha deliberato un conflitto di competenze. Il 22 luglio 2004 la Presidenza della Camera ha assegnato tutte le proposte di legge in materia alle Commissioni riunite I e XII. Il 29 luglio 2004 gli Uffici di presidenza delle due Commissioni, in riunione congiunta, hanno concordato circa l'opportunità di attendere la conclusione dell'esame dei progetti di legge in materia, già avviato presso il Senato.
(5) Si tratta delle proposte A.S. 1916 Ripamonti «Istituzione del difensore civico dei minori» (testo identico all'A.C. 1228 Pecoraro Scanio); A.S. 2461 Gubert ed altri «Istituzione del Garante nazionale per l'infanzia e l'adolescenza»; A.S. 2469 Rollandin ed altri «Istituzione di un Garante nazionale per l'infanzia e l'adolescenza» (testo identico all'A.C. 4242 Burani Procaccini); A.S. 2649 Bucciero e Caruso Antonino «Norme quadro per la istituzione dei difensori dei minori e altre norme a tutela degli stessi»; A.S. 2703 Franco Vittoria ed altri, «Istituzione del Garante per i diritti dell'infanzia e dell'adolescenza» (testo identico all'A.C. 5135 Fassino). L'esame di tali pdl è stato iniziato dalla Commissione speciale per l'infanzia costituita presso il Senato nel luglio 2003, ma l'iter si è arenato a seguito di un parere della Commissione bilancio che evidenziava la mancanza di adeguata copertura finanziaria.
(6) La Commissione ha inoltre ascoltato rappresentanti di associazioni di provider (7 febbraio 2002), Francesco Verdoliva, sostituto procuratore della Repubblica presso il Tribunale dei minorenni di Salerno (12 febbraio 2002), nonché Cesare Mirabelli, presidente del Consiglio nazionale degli utenti (19 febbraio 2002).
(7) A seguito della delibera dell'Autorità per le garanzie nelle comunicazioni (n. 2/02/CIR del 19 febbraio 2002).
(8) Testo unificato delle risoluzioni n. 7-00014 Boldi ed altri; 7-00135 Burani Procaccini ed altri; 7-00015 Rotondo ed altri; 7-00138 Capitelli ed altri; 7-00149 Burani Procaccini ed altri; 7-00175 Valpiana.
(9) Si vedano le sedute dell'Assemblea della Camera dei Deputati del 25 luglio 2002 e delle Commissioni riunite I, VII e IX della medesima Camera del 2 e 9 ottobre 2002.
(10) Delle sanzioni inflitte deve esser data idonea pubblicità, anche da parte delle emittenti televisive coinvolte nei notiziari diffusi in ore di massimo o buon ascolto. Il provvedimento inasprisce inoltre le sanzioni previste dall'articolo 31 della legge n. 223.
(11) Le audizioni svolte hanno riguardato la presidente della Commissione per le adozioni internazionali ed il presidente del Comitato per i minori stranieri, un rilevante numero di enti autorizzati alle adozioni internazionali, alcune associazioni che si occupano dei soggiorni in Italia per motivi sanitari,, nati con i «bambini di Chernobyl», i presidenti di vari Tribunali per i minori, nonché i rappresentanti del Governo competenti per la materia trattata. Di grande utilità si sono rilevate le missioni svolte da delegazioni della Commissione in Romania, in Russia ed in Ucraina, che hanno consentito un contatto diretto con le Autorità di quei paesi, nonché con i rappresentanti italiani ivi operanti. Due missioni sono state effettuate anche presso la Commissione Europea, a Bruxelles, per approfondire la dellicata questione delle adozioni internazionali dalla Romania.
(12) P.d.l. 5701 - Modifiche alla legge 4 maggio 1983, n. 184 in materia di adozione aperta - presentato dall'on. M. Burani Procaccini; P.d.l. 5724 - Modifiche alla legge 4 maggio 1983, n. 184 in materia di adozione aperta e adozione mite - presentato dall'on. M. Bolognesi; P.d.l. 3589, presentato dal sen. A. Rollandin.
(13) A tal fine sono stati presentati due progetti di legge: dall'on. M. Bolognesi il P.d.l. 5725 intitolato «Modifiche alla Legge 4 maggio 1983, n. 184 in materia di affido familiare internazionale» e dall'on. M. Burani Procaccini il P.d.l. 5737 intitolato «Introduzione dell'istituto dell'affidamento familiare internazionale e disposizioni in materia di organizzazione e funzioni della Commissione adozioni internazionali». Altresì il Ministro S. Prestigiacomo ha presentato al Senato il D.d.l. 3373 intitolato «Modifiche ed integrazioni alla disciplina di adozione e affidamento internazionali».
(14) Assessorati regionali alla sanità, società scientifiche pediatriche, le associazioni tra pediatri di libera scelta, le istituzioni tecnico-scientifiche deputate al controllo delle malattie infettive, in particolare l'Istituto superiore di sanità, le organizzazioni che hanno lo scopo di promuovere e tutelare i diritti di particolari gruppi di persone - malati, danneggiati da vaccino ed altre.
(15) Audizione del dottor Rosario Priore, Direttore generale del dipartimento giustizia minorile; Audizione, del dottor Domenico Vulpiani, Dirigente Superiore della Polizia di Stato, Direttore Servizio della Polizia postale e delle comunicazioni; Audizione dell'Ambasciatore Giancarlo Aragona, Direttore generale affari politici multilaterali, in relazione alla Sessione straordinaria dell'Assemblea Generale delle Nazioni Unite in materia di infanzia (New York, maggio 2002); Audizione del Ministro per l'Innovazione e le Tecnologie, Lucio Stanca, in relazione alla tutela dei minori nella problematica della regolamentazione di internet; Audizione del dottor Pierfrancesco Gaggi, responsabile del settore sistemi di pagamento dell'ABI (Associazione Bancaria Italia) e dell'ingegner Claudio Venturi, responsabile delle relazioni istituzionali della Servizi Interbancari S.p.A., in merito all'utilizzo delle carte di credito per il pagamento di materiale pedopornografico su internet; Audizione dell'ingegner Paolo Nuti, Presidente dell'Associazione italiana Internet providers, e del dottor Matteo Fici, Presidente dell'Assoprovider, in relazione alla problematica della regolamentazione di Internet; Audizione del dottor Francesco Verdoliva, Sostituto Procuratore della Repubblica presso il Tribunale dei minorenni di Salerno, sul rapporto tra minori e internet; Audizione del professor Cesare Mirabelli, Presidente del Consiglio nazionale degli utenti, sul rapporto tra minori e internet; Audizione dell'avv. Gianfranco Dosi, Presidente AIAF (Associazione Italiana degli Avvocati per la Famiglia e i minori) e dell'avv. Alessandro Sartori, Presidente AIAF - regione Veneto, in merito alla prospettata riforma di alcuni istituti in materia di giustizia minorile; Audizione del Ministro delle comunicazioni, Maurizio Gasparri, sul rapporto tra TV e minori; Audizione del dottor Piero Tony, Presidente del Tribunale dei minorenni di Firenze, e della dottoressa Caterina Chinnici, Procuratore della Repubblica presso il Tribunale dei minorenni di Caltanissetta, sulle riforme in materia di giustizia minorile; Audizione della dottoressa Livia Pomodoro, Presidente del Tribunale dei minorenni di Milano, sulle riforme in materia di giustizia minorile; Audizione del Consigliere della Corte di cassazione, Giuseppe Magno, sulle riforme in materia di giustizia minorile; Audizione di rappresentanti dell'Associazione nazionale famiglie adottive e affidatarie (ANFAA), del Centro italiano aiuti all'infanzia (CIAI), del Centro informazione e educazione allo sviluppo (CIES), dell'ECPAT Italia, di Save the children e dell'UNICEF Italia, sulle riforme in materia di giustizia minorile; Audizione del sottosegretario di Stato per l'interno, Alfredo Mantovano, in relazione ai minori costretti a forme di accattonaggio.
(16) Parere n. 9986/04 dell'8 giugno 2005.
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