Onorevoli Colleghi! - La Giunta riferisce su una richiesta di deliberazione in materia d'insindacabilità pervenuta dalla I sezione civile del tribunale di Roma in ordine a una causa intentata dalla Fininvest spa contro Elio Veltri, deputato nella XIII legislatura. Per come risulta dalla comparsa conclusionale della parte attrice (che qui si intende integralmente riportata) trasmessa dal tribunale procedente, risulta che il Veltri, unitamente al giornalista Marco Travaglio, avrebbe diffamato la predetta società attraverso il volume «L'odore dei soldi», pubblicato dagli Editori Riuniti nel febbraio 2001.
Deve innanzitutto essere chiarito che il problema dell'insindacabilità è ben fondato, giacché l'onorevole Veltri ha cessato il suo mandato parlamentare solo al termine della XIII legislatura, che convenzionalmente si può fissare nel giorno antecedente alla prima riunione delle Camere della XIV legislatura (30 maggio 2001). La posizione del Travaglio è invece estranea al presente esame.
Date - anche qui - per riportate tutte le affermazioni per cui pende la causa, la tesi di fondo del libro (che la Giunta e l'Assemblea non sono chiamate a condividere) è che le fortune economiche dell'attuale Presidente del Consiglio non sono di derivazione trasparente. Questa opinione è basata, secondo gli autori del libro, su una serie di eventi fattuali attinenti alle fonti di finanziamento del gruppo Fininvest e in particolare agli affidamenti bancari di cui questo ha goduto negli anni Ottanta e alle operazioni contabili effettuate anche attraverso il meccanismo delle partite tra società appartenenti allo stesso gruppo (cosiddette scatole cinesi). Tutto ciò sarebbe sostenuto anche da un rapporto di due esperti, un funzionario della Banca d'Italia e un maresciallo della polizia, i quali avrebbero, nell'ambito del procedimento a carico dell'onorevole Marcello Dell'Utri, pendente a Palermo, redatto un rapporto sulle vicende finanziarie e societarie qui in questione.
Nella comparsa conclusionale, la parte attrice si duole, oltre che di quanto or ora esposto, anche dell'accostamento tra la Fininvest e ambienti mafiosi; del rilievo per cui l'illegalità sarebbe stata un costume aziendale nella Fininvest e del fatto che le società del gruppo fossero intestate a prestanomi.
La Giunta ha esaminato il caso nelle sedute del 28 luglio e del 15 e 23 settembre 2004. Nella seduta del 15 settembre è stato ascoltato Elio Veltri. La Giunta ha altresì acquisito copiosa documentazione inerente all'attività parlamentare dello stesso onorevole Veltri.
Giova preliminarmente osservare che l'ingresso in politica dell'on. Berlusconi e i motivi che hanno determinato tale ingresso sono oggetto di vastissimo dibattito politico e, ormai, storico. Si contrappongono al riguardo diverse tesi, ugualmente legittime come opinioni politiche. Secondo una prima, a capo di una nuova classe dirigente, l'on. Berlusconi avrebbe fatto il proprio ingresso nell'arena politica per evitare che - con il nuovo sistema maggioritario - potessero prevalere le forze di sinistra, da lui ritenute contrarie ai principi delle libertà di mercato.
Secondo un'altra tesi, sposata dal libro qui in questione, il movente dell'onorevole Berlusconi sarebbe stato di mero e rilevante interesse personale e aziendale.
La Giunta ha ritenuto che tutto ciò sia ricompreso saldamente nell'ambito della polemica politico-parlamentare. A tal riguardo basterebbe rammentare i contenuti del dibattito svoltosi nell'Assemblea della Camera del 2 agosto 1994, sul tema del conflitto d'interessi, in cui intervennero tra gli altri lo stesso Presidente del Consiglio dell'epoca, on. Berlusconi, l'on. D'Alema e l'on. Mario Segni.
Venendo più specificamente al tema della provenienza e della struttura del patrimonio a tutela del quale l'on. Berlusconi sarebbe «sceso in campo» il libro ne contesta la linearità e la trasparenza.
Non si tratta in questa sede - come è stato giustamente rilevato nell'esame presso la Giunta da un esponente dell'attuale maggioranza - di stabilire se le tesi di Veltri e Travaglio siano fondate da un punto di vista di fatto e se nel merito i modi dell'esposizione siano diffamatori. Il compito svolto dalla Giunta è stato invece quello, coerentemente con quanto prescritto dalla legge n. 140 del 2003, di verificare se nel libro il deputato Veltri abbia proiettato contenuti e intenti propri della sua attività parlamentare tipica.
L'esito di tale verifica è stato positivo.
Innanzitutto si deve sottolineare che la Camera dei deputati istituì all'inizio della XIII legislatura una Commissione referente speciale, ai sensi dell'articolo 22, comma 2, del proprio Regolamento, incaricata di esaminare progetti di legge sulla prevenzione e la repressione della corruzione. Durante l'iter di approvazione della delibera istitutiva della Commissione, il 26 settembre 1996 Elio Veltri intervenne per ben due volte, la prima, sull'ordine dei lavori, per lamentare la ristrettezza delle forme prescelte per il dibattito; e la seconda per dichiarare il suo auspicio che l'istituenda Commissione potesse favorire la collaborazione proficua tra i poteri dello Stato e, in particolare, con la magistratura.
Successivamente, Elio Veltri - indicato dal proprio gruppo come componente della Commissione - partecipò con assiduità ai lavori di questa, prendendo parte alla votazione con cui ne fu eletto presidente l'on. Giovanni Meloni (seduta del 24 ottobre 1996); indi, sottoscrivendo tre delle proposte di legge assegnate alla Commissione medesima. In particolare, con la n. 2327 l'on. Veltri proponeva l'istituzione dell'autorità di garanzia della pubblica amministrazione, deputata al controllo della trasparenza e della correttezza, legislativa e amministrativa, delle varie pubbliche amministrazioni, sul modello di alcune autorità operanti in Francia, Australia, Stati Uniti, Hong-Kong e altrove.
Nel frattempo, l'on. Veltri in data 15 ottobre 1996 intervenne nella Commissione giustizia per chiedere che il Governo si impegnasse ad agevolare tutte le rogatorie giudiziarie relative a processi concernenti transazioni illecite di danaro. Successivamente in data 5 marzo 1997, insieme a numerosi altri deputati, anche dello schieramento opposto, presentò una proposta di legge, la n. 3361, volta a introdurre nel codice penale la sospensione dei termini di prescrizione dei reati in pendenza di rogatorie. Nella relazione a tale progetto di legge egli fece espresso riferimento alla necessità che i processi per i reati cosiddetti di «tangentopoli» non si rivelassero inutili per il decorso dei termini di prescrizione dovuto ai ritardi nella trasmissione delle rogatorie all'estero. Tra i predetti reati egli incluse espressamente quelli contro la pubblica amministrazione e i reati societari, a quell'epoca contestati a esponenti della società Fininvest (come per esempio nei processi c.d. All Iberian e quello sulle falsità contabili sui diritti televisivi).
Successivamente, il Veltri in data 16 giugno 2000 presentò l'interrogazione n. 4-30350, con cui, nello svolgere rilievi sul contenuto della legge n. 489 del 1994 (cosiddetta «legge Tremonti»), avanzò al ministro delle finanze rilievi sulla regolarità della contabilizzazione da parte delle società del gruppo Fininvest delle agevolazioni fiscali previste nella stessa legge.
Ancora, il 18 luglio 2000 presentò un'interpellanza (la n. 2-02547) nella quale fece riferimento al conflitto d'interessi in cui l'on. Berlusconi versava nel 1994, allorquando fu emanata la «legge Tremonti», che prevedeva agevolazioni fiscali per alcuni tipi di imprese tra cui quelle televisive e editoriali. Il successivo 25 dello stesso mese, il Veltri presentò l'interrogazione n. 4-31089 con cui chiese informazioni su una sentenza della Commissione tributaria che aveva accolto le ragioni della società Mediaset in applicazione della predetta legge. Ad avviso dell'interrogante, la sentenza sarebbe stata in contraddizione con un'iniziativa assunta in precedenza dall'amministrazione finanziaria volta a sanzionare le società del gruppo Mediaset per una cospicua evasione fiscale. Il 19 settembre 2000, infine, il Veltri tornò sull'argomento con l'interrogazione n. 4-31393 con cui, contestati alcuni valori relativi all'imposta sul reddito delle persone giuridiche dovuti da Mediaset, chiese al Governo di prendere posizione sulla vicenda, considerato anche il conflitto d'interessi determinatosi per essere stato, nel 1994, l'on. Berlusconi al contempo artefice della disciplina tributaria (e quindi in parte dell'interpretazione che di essa diedero gli uffici finanziari) e beneficiario delle agevolazioni ivi previste.
Passando poi più specificamente alle risultanze dell'inchiesta a carico dell'on. Dell'Utri, l'on. Veltri presentò il 9 novembre 2000 l'interrogazione n. 4-32464 nella quale fece riferimento agli elementi istruttori relativi al gruppo Fininvest. In particolare, il Veltri premise testualmente che «secondo notizie di stampa la procura distrettuale antimafia di Palermo ha affidato a un tecnico della Banca d'Italia l'incarico di indagare le modalità con cui si è arricchito l'onorevole Berlusconi; il tecnico ha presentato un rapporto dal titolo: Prima nota informativa sui flussi finanziari denominate «Holding italiana» 1-22; per la prima volta è stato possibile entrare nelle 22 scatole cinesi che hanno costituito la base per la nascita di Fininvest; nel rapporto la verifica di alcune società non è stata completata perché erano scaduti i termini delle indagini preliminari; considerato che dal rapporto complessivo, che emerge dalla lettura del rapporto, si rileva che: 1) non si conoscono le fonti di finanziamento di molte società; 2) la maggior parte delle società è intestata a prestanomi anonimi: casalinghe, pensionati, ammalati terminali; 3) parte della documentazione non esiste e altra è stata bruciata; 4) le manovre finanziarie sono spesso oscure, incomprensibili e comunque del tutto anomale per un mercato finanziario e per società trasparenti». L'interrogazione si concludeva con la richiesta se il Ministro del tesoro fosse a conoscenza del rapporto.
Inoltre, attese le risultanze del processo di Palermo, nell'autunno 2000, l'onorevole Veltri chiese al presidente della Commissione antimafia, on. Lumia, di ascoltare in audizione l'avvocato dell'on. Berlusconi, on. Trantino e poi lo stesso on. Berlusconi. Tanto è comprovato da lettere inviate all'on. Lumia in data 24 ottobre 2000 e poi del 9 gennaio 2001, depositate in copia presso la Giunta.
Da questo nutrito pacchetto di atti parlamentari tipici (che si intendono qui integralmente riportati) emerge un vero e proprio filone di opinioni e valutazioni dell'on. Veltri come deputato. Il legame che li unisce tutti è l'ipotesi per cui la costruzione del cospicuo patrimonio dell'on. Berlusconi e del gruppo societario a lui riconducibile si è costituito in modo poco chiaro. Il costante interesse parlamentare del Veltri per i processi per corruzione - testimoniato peraltro anche dal suo intervento in Assemblea del 19 gennaio 1998, in ordine alla richiesta di arresto (poi respinta) dell'on. Previti - e la sua insistenza sul tema dei benefici fiscali per la Fininvest e per le modalità della relativa contabilizzazione sono eloquenti esempi di quanto affermato.
Ne deriva, sia nel complesso e sia nel dettaglio, quella sostanziale corrispondenza di contenuti tra atti parlamentari tipici e affermazioni rese extra moenia, che la Corte costituzionale - nella sua costante interpretazione dell'articolo 68, primo comma, della Costituzione - ritiene essere il requisito essenziale per l'applicazione dell'insindacabilità parlamentare. Per mera completezza, si ricorda che anche le lettere inviate da membri di commissioni d'inchiesta ai relativi presidenti, sono state considerate titolo valido per fondare l'insindacabilità: cfr. le sentenze della Corte costituzionale nn. 219 del 2003 e 298 del 2004.
Per tali motivi all'unanimità la Giunta ha deliberato nel senso che i fatti oggetto del procedimento civile in corso costituiscono opinioni espresse da un membro del parlamento nell'esercizio delle sue funzioni.
Pierluigi MANTINI, relatore
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