Onorevoli Colleghi! - La Giunta riferisce su una richiesta di deliberazione in materia di insindacabilità concernente il deputato Umberto BOSSI, con riferimento ad un procedimento civile pendente nei suoi confronti presso il tribunale di Como - sezione distaccata di Desio. Il procedimento trae origine da dichiarazioni rese dall'onorevole Bossi nel corso di un'intervista rilasciata a Giuseppe Baiocchi e pubblicata sul quotidiano la Padania del 16 febbraio 2002 in un articolo dal titolo: «Gettano fango per coprire Telekom Serbia - Bossi: Libero è funzionale alla sinistra. Hanno un obiettivo comune, diminuire il potere del Nord - Il segretario del Carroccio replica alle farneticazioni del quotidiano e attacca Feltri: è uno che lavora per chi gli dà lo stipendio». Per tali affermazioni Vittorio Feltri citava in giudizio il deputato Bossi.
Per come risulta dall'atto di citazione, il deputato Bossi, rispondendo alle domande del cronista, aveva affermato, tra l'altro: «Quel giornale, Libero, lavora per la sinistra. Che si è resa conto che è la Lega che decide le maggioranze e che va colpita da ogni parte. E allora quel quotidiano svolge un ruolo funzionale a un disegno politico. Quello cioè di spaccare l'alleanza e di promuovere un finto movimento federalista per il Nord che sottragga seguito alla Lega e sia nelle mani della sinistra». «Feltri lavora per chi gli dà i soldi. E la proprietà del giornale è passata nelle mani di una nota famiglia romana, imprenditori edili e sanitari, che in passato fu vicina al quotidiano comunista l'Unità. D'altronde non è un mistero che Feltri sia sempre stato in amicizia con la famiglia di Enzo Biagi. E dire Biagi vuol dire che è tutto chiaro». «Lo dica a Berlusconi. Ne ebbe un segnale preciso anche lui. Quando di recente, in piena campagna elettorale, a una settimana dal voto, il buon Feltri lanciò in prima pagina il partito e l'immagine di Di Pietro». «Tutte farneticazioni. Tutto inventato. Una falsificazione sistematica per denigrare la Lega, limitarne la forza e ottenere che il Nord conti meno e sempre di meno incida nello strappare le riforme...». «Lei ha proprio capito. Gettano fango su di me e sulla Lega, attraverso un giornale fintamente moderato, per distrarre l'opinione pubblica. Hanno infatti una gran paura che esploda davvero lo scandalo di Telekom-Serbia con i sacchi di denaro contante trasportati sugli aerei per finanziare Milosevic. È una "strana" vicenda che può coinvolgere personaggi molto in alto. E allora lanciano i loro trombettieri a sporcare preventivamente altre forze politiche, come una guerra preventiva, perché quelli hanno paura degli effetti devastanti che possono subire». «Se ha chiesto come giornale politico i finanziamenti per l'editoria, è davvero una vergogna. È uno scandalo che soldi pubblici vadano a finanziare forze strane che non sono rappresentate in Parlamento». «Me lo ricordo davanti all'aula del processo Enimont. Mi chiese: "Bossi, ma lei non ha paura?". Ricordo bene che lo mandai a quel paese... È soltanto un topolino con la barbetta bianca senza alcuno scrupolo. Falsifica sistematicamente la verità. E sta facendo un giornale contro il Nord, contro i padani, proprio adesso che il Nord sta ottenendo con grande fatica il vero federalismo...». «Guardi, molti di noi non hanno dimenticato che pubblicò le foto orrende della pedofilia. Con la scusa di condannarla, suscitava apposta la morbosità della gente. D'altra parte la divisione vera non è quella che si dice: è un'altra. C'è chi è convinto che il potere venga dall'alto, che ci sono i diritti artificiali, che va coltivata la "famiglia orizzontale" (compresa quella omosessuale), la dose minima di pedofilia... e Feltri sta proprio da quella parte. Dall'altra ci siamo noi, convinti che il potere viene dal basso, dal popolo, che esistono i diritti naturali, che va sostenuta e difesa la famiglia tradizionale...». «Per quanto riguarda il topolino dalla barbetta bianca, mi sa che dovrà passare dagli avvocati e risarcire i danni, molti danni per le sue falsificazioni...».
Il Feltri si duole anche di un medaglione apparso in precedenza sul medesimo quotidiano (la Padania del 3-4 febbraio 2002) dal seguente contenuto: «Bergamasco, ex-pci, ex-psi, ex-radicale, ex-filoleghista, ex-dipietrista, ora non si sa, forse solo cossighiano. Cresciuto nella Covata del Corriere, ha diretto tanto (l'Europeo, l'Indipendente, il Giornale dei Berlusconi, sul quale ha improvvisamente fatto pace con Di Pietro). Adesso guida Libero, giornale del Movimento Monarchico Italiano, che ha da poco trovato un editore non lontano da D'Alema.»
La Giunta ha esaminato il caso nelle sedute del 22 gennaio (nel corso della quale era stato rinviato al fine di acquisire documentazione rilevante), del 16 e del 24 luglio 2003.
Nel corso di tale esame è emerso che le parole attribuite all'onorevole Bossi, per quel che qui rileva, sono legate da uno stretto nesso all'esercizio della sua attività di parlamentare. L'intervista per cui egli è citato infatti si inserisce in una polemica relativa a quella che egli riteneva una campagna di delegittimazione della sua attività politico-parlamentare sui temi della collocazione politica della Lega Nord, sia nella vicenda della guerra nel Kosovo sia nello sviluppo legislativo delle riforme istituzionali. Il quotidiano Libero nelle edizioni del 14, 15 e 16 febbraio 2002, infatti aveva pubblicato una serie di articoli nei quali si ricostruivano i rapporti dell'onorevole Bossi con l'ex dittatore serbo Milosevic nel 1999. Tali rapporti, mantenuti su un piano di intesa politica e non di condanna, come invece erano quelli della stragrande maggioranza delle forze politiche italiane all'epoca, avrebbero poi portato una delegazione della Lega Nord a Belgrado e indotto l'allora Presidente del Consiglio Massimo D'Alema - per il tramite del Sottosegretario Minniti - a chiedere a Bossi di farsi mediatore per la liberazione di tre marines statunitensi nel frattempo catturati durante la guerra del Kossovo. L'operazione, che secondo Libero aveva anche l'appoggio di alcuni esponenti repubblicani del Senato di Washington, non andò in porto, ma sarebbe stata rivelatrice di una sorta di doppio-giochismo da parte della Lega, la quale di li a poco si sarebbe invece schierata organicamente con il centro-destra.
A queste congetture il deputato Bossi ha inteso reagire con le frasi che gli vengono oggi contestate. All'unanime avviso dei componenti intervenuti nel dibattito è apparso dunque che tutto ciò sia intimamente legato con il dibattito parlamentare svoltosi sia nella XIII legislatura sull'intervento armato nel Kossovo e nei confronti della Serbia, sia nella XIV legislatura sui rapporti che intercorsero tra il Governo italiano e quello di Belgrado, i quali sono oggi oggetto dell'inchiesta parlamentare su Telekom-Serbia.
Per questi motivi, la Giunta all'unanimità ha deliberato nel senso che i fatti per i quali è in corso il procedimento rientrano nell'ambito d'applicazione dell'articolo 68, primo comma, della Costituzione.
Per completezza occorre menzionare che dopo la deliberazione della Giunta, in data 9 dicembre 2003, è pervenuta anche dal giudice del tribunale di Monza una richiesta di deliberazione sui fatti in questione. La deliberazione che si propone alla Camera di assumere pertanto fornisce riscontro anche all'autorità giudiziaria.
Giovanni Giulio DEODATO, relatore
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