Onorevoli Colleghi! - La Giunta riferisce su una richiesta di deliberazione in materia di insindacabilità concernente il deputato Giorgio LA MALFA con riferimento ad un procedimento civile pendente nei suoi confronti presso il tribunale di Roma originato da un atto di citazione depositato dalla CAPITALIA SpA - capogruppo dell'omonimo gruppo bancario.
In particolare il deputato La Malfa è stato citato per alcune affermazioni riportate in un articolo di Nicoletta Picchio dal titolo «La Malfa: come nuovi Sindona» apparso sulla prima pagina dell'inserto «Finanza & Mercati» del quotidiano «Il Sole 24 Ore» dell'8 marzo 2003, il cui testo è opportuno riportare integralmente. «Come ai tempi di Sindona e della sua scalata alla Bastogi... il banchiere siciliano venne dipinto in ambienti politici come un difensore del mercato, contro la polverosa Mediobanca di Enrico Cuccia. La sola differenza tra allora e oggi è che in quel momento Sindona si trovò davanti l'ostacolo insormontabile di Guido Carli, governatore della Banca d'Italia», dice il Presidente della commissione Finanze della Camera Giorgio La Malfa. Che continua il paragone: «I Sindona di oggi non trovano nella Banca d'Italia un ostacolo: anzi, la realtà è che si cerca di nascondere in tutti i modi la situazione di Capitalia, lasciata marcire da troppo tempo». La Malfa non risparmia duri attacchi a UniCredit e al governatore della Banca d'Italia, per quella che ritiene una lotta di potere: «L'intervento a favore dell'italianità delle Generali si è sgonfiato in 48 ore, e questo la dice lunga: UniCredit ha affermato che è pronto a fare marcia indietro purché torni il mercato, cioè Maranghi se ne vada. Ciò pone un primo problema: sapere perché le banche e fondazioni sono intervenute, con quali costi e quale sarà il rendimento». Quanto alla Banca d'Italia, prosegue l'onorevole La Malfa: «con una inaudita dichiarazione pubblica ha definito positivo l'intervento... Fazio dovrebbe spiegare perché questa azione oggi non serve più». E poi, Maranghi... continua l'intervista: «Non è dato sapere quali contestazioni gli vengano mosse. Maranghi è alla guida di un istituto che ha il rating più alto, insieme a UniCredit, tra le banche italiane». Sottolineando poi un paradosso, afferma ancora La Malfa: «Da un lato c'è Mediobanca con la sua storia di profittibilità, trasparenza, amministrata in modo serio, dall'altra c'è Capitalia la cui condizione di salute è da definire, con generosità, molto pesante. In questi anni ha accumulato piani di risanamento che ha sistematicamente smentito. C'è una negligenza di vigilanza da parte della Banca d'Italia che non può non comportare un giudizio negativo su via Nazionale» aggiunge poi: «È possibile che si erga a giudizio della migliore banca italiana la banca peggiore, sia pure assoggettata alla benevola protezione del governatore? La sostanza è che si cerca di nascondere uno scandalo bancario, con Bankitalia dalla parte dell'oscurità del mercato e non della chiarezza, con il risultato che si sottraggono risorse ingenti al finanziamento delle piccole imprese». Sull'operato del ministro Tremonti La Malfa non dà giudizi: «C'è un aspetto politico della vicenda, sottolineato anche da Francesco Cossiga. Sta al governo essere sensibile alla trasparenza e all'aggressione politica». Serve un'intervento nei confronti di Via Nazionale, continua l'onorevole La Malfa che afferma tra l'altro «di aver firmato il provvedimento di Bruno Tabacci che toglie alla Banca d'Italia la vigilanza e l'antitrust bancario... e comunque una vecchia regola fissata da Einaudi prevede che il governatore offra al governo al decimo anno le sue dimissioni. Potrebbe essere questa la soluzione».
Per le affermazioni contenute in tale articolo la società Capitalia ha chiesto al tribunale di Roma di condannare Giorgio La Malfa in solido con la cronista e il direttore responsabile del quotidiano al risarcimento del danno per una somma di 5 milioni di euro.
La Giunta ha esaminato il caso nella seduta dell'8 maggio 2003, ascoltando anche il deputato La Malfa che ha depositato documentazione di cui i componenti hanno preso cognizione.
All'esito della discussione è emerso che la questione concerne il dibattito sempre vivo tra gli esponenti politici italiani e nel Parlamento sul sistema bancario italiano.
Va aggiunto che l'integrazione europea ha costretto le banche italiane dapprima ad assumere la forma giuridica societaria con i conseguenti obblighi di trasparenza contabile e di bilancio e poi a intraprendere il percorso della concentrazione. Passaggio significativo di tale sviluppo è ritenuta comunemente l'entrata in vigore del testo unico sul credito n. 385 del 1993 che, da un lato, impone alle banche precisi obblighi di trasparenza e correttezza e dall'altro affida ampi poteri di vigilanza alla Banca d'Italia. L'evoluzione degli ultimi dieci anni ha fatto tuttavia emergere diverse criticità che sono state rilevate numerose volte in Parlamento.
In tale contesto è importante ricordare alcuni episodi di rilievo parlamentare quali si rilevano dalla documentazione acquisita.
In primo luogo, si ricorda che nella seduta del 22 novembre 2001 della VI Commissione Finanze della Camera dei deputati, presieduta dal deputato La Malfa, si era concordato su sollecitazione di diversi deputati di svolgere alcune audizioni informali in sede di ufficio di presidenza sulla questione relativa alla volontà della Banca di Roma di procedere alla fusione per incorporazione del Banco di Sicilia, onde affrontare serenamente la vicenda in corso. Nella successiva seduta del 27 novembre 2001, la Commissione prendeva atto degli avvenuti contatti tra il presidente della Commissione La Malfa e gli esponenti da invitare per le audizioni, le quali si tennero nella riunione dell'ufficio di presidenza integrato dai rappresentanti dei gruppi del 5 dicembre 2001, nella quale intervenne, quale rappresentante della Banca di Roma, proprio il presidente Cesare Geronzi.
Non si esaurì qui però l'interesse della Commissione e del suo presidente La Malfa per le asserite criticità del sistema bancario italiano. È vero infatti che in una riunione congiunta degli uffici di presidenza delle Commissioni Finanze della Camera e del Senato, il 2 ottobre 2002 fu ascoltato il Governatore della Banca d'Italia, Antonio Fazio, proprio in relazione alla situazione patrimoniale della Banca di Roma (oggi Capitalia Spa) che veniva in rilievo in occasione della fusione tra la predetta banca e il gruppo facente capo alla Banca Popolare di Brescia. I rilievi critici espressi in tal sede dal presidente La Malfa ebbero sulla stampa quotidiana una non trascurabile eco. Sia il Corriere della Sera che il Sole 24 ore nelle edizioni del 3 ottobre 2002 infatti riportarono ampiamente i dubbi espressi dall'onorevole La Malfa sull'indice di redditività della Banca di Roma (v. in particolare l'articolo di Stefania Tamburello «Banche, servono trasparenza e correttezza», Corriere della Sera, p. 25 e quello di Rossella Bocciarelli «Fazio: ho chiesto di ripulire i bilanci», Sole 24 ore, p. 1. Di quest'ultimo articolo vale la pena riportare un passaggio significativo: «Fazio è tornato a parlare del ruolo di Capitalia anche in risposta a una domanda del presidente della Commissione Finanze della Camera, Giorgio La Malfa, che - riferendosi alle acquisizioni di Banco di Sicilia (tramite Mediocredito Centrale) e BiPopCaRiRe aveva chiesto "Chi è il buon samaritano?", alludendo a chi avrebbe realmente tratto vantaggio dalle acquisizioni e fusioni condotte dal gruppo guidato da Cesare Geronzi»).
Successivamente, nella riunione dell'ufficio di presidenza della VI Commissione del 23 ottobre 2002, il deputato richiedente propose lo svolgimento di un'indagine conoscitiva sulla situazione in quel campo, da svolgersi sempre a opera dello stesso ufficio di presidenza della Commissione in via informale. Il 10 dicembre 2002 intervenne innanzi a tale organo, tra gli altri, il presidente dell'Associazione Bancaria Italiana (ABI), durante la cui audizione l'onorevole La Malfa chiedeva espressamente una valutazione in merito ai dati ed elaborazioni in suo possesso inerenti ai maggiori gruppi bancari italiani, tra i quali Capitalia, che a suo giudizio si trovano in una condizione di fragilità anche a causa della più alta percentuale di crediti in sofferenza sul totale degli impieghi rispetto alla media dei principali gruppi europei.
In data 19 febbraio 2003 Giorgio La Malfa, rispondendo ai deputati Benvenuto e Lettieri, concordò sull'esigenza di svolgere sui temi predetti una vera e propria formale indagine conoscitiva.
Già questi elementi mostrano lo strettissimo nesso sussistente tra il campo d'intervento parlamentare del deputato richiedente e le dichiarazioni che gli vengono contestate nell'atto di citazione, le quali sono in buona sostanza la divulgazione di giudizi critici sul gruppo Capitalia già espressi nelle formali sedi della Camera dei deputati. Ma c'è di più.
In data 24 gennaio 2002 i deputati Tabacci e altri hanno depositato una proposta di legge (la n. 2224) volta ad attribuire le funzioni di vigilanza nel settore bancario a un'Authority distinta dalla Banca d'Italia la quale attualmente si troverebbe in sostanza a svolgere compiti tra loro incompatibili, vale a dire da un lato a garantire la solidità patrimoniale degli istituti di credito e dall'altra ad assicurare una sufficiente pluralità di operatori tale da consentire la conservazione di un mercato concorrenziale. A tale proposta di legge, nella relazione alla quale tutti i temi poc'anzi evocati sono riepilogati anche con specifico riferimento al problema dell'esigenza di una più efficiente vigilanza in chiave distinta dalla garanzia della stabilità monetaria, in data 6 marzo 2003 l'onorevole La Malfa ha apposto la sua firma.
Si consideri altresì che l'indirizzo rigoroso in tema d'insindacabilità adottato dalla Corte costituzionale a partire dalle sentenze 10 e 11 del 2000 è sostanzialmente volto ad offrire una tutela a cittadini che abbiano una ridotta possibilità di accedere ai mezzi di comunicazione di massa (vuoi per scarsa notorietà, vuoi per il ruolo che loro impone di non esporsi con dichiarazioni pubbliche, come nel caso di magistrati o di testimoni in processi) nei confronti di quei parlamentari usi a frequentare i mass-media e ad adoperare un linguaggio disinvolto. In pratica, la Corte si preoccupa giustamente di tutelare soggetti deboli nei confronti di pubbliche personalità «potenti». È apparso evidente alla Giunta, invece, che il caso oggi all'esame sia diametralmente opposto: vi è un grande gruppo imprenditoriale, protagonista della scena economica nazionale, che non ha alcuna difficoltà a far risultare sui mass-media la propria posizione e vi è, d'altro lato, un membro della Camera, particolarmente impegnato sui grandi e problematici temi degli assetti finanziari e bancari del Paese, che esprime genuinamente, sia pur con decisione e con un paragone semplificatorio, il proprio dissenso rispetto a una situazione che si va determinando nel campo di competenza della Commissione parlamentare di cui fa parte e che presiede.
In conclusione, è maturata in seno alla Giunta la convinzione che, non solo vi siano abbondanti agganci ad atti parlamentari tipici delle dichiarazioni contestate all'onorevole La Malfa e che quindi in questo caso la deliberazione in materia di insindacabilità è pienamente rispondente ai dettami della Corte costituzionale, ma che non sussistano quei presupposti di «abuso della prerogativa» che hanno spinto in talune circostanze la Corte stessa a censurare la Camera dei deputati mediante l'annullamento delle relative deliberazioni.
Da ultimo giova segnalare che la soluzione qui proposta è in linea con quanto la Camera dei deputati ha deliberato in data 9 aprile 2003, nell'approvare in via definitiva il testo della proposta di legge di attuazione dell'articolo 68 della Costituzione (oggi a.S. 2191). Nell'articolo 2, comma 1 di tale testo di legge infatti è previsto che sia insindacabile - tra l'altro - ogni attività di critica e denuncia politica connessa alla funzione di parlamentare espletata anche fuori del Parlamento.
Per tali motivi, all'unanimità dei votanti, la Giunta ha deliberato nel senso che i fatti per i quali è in corso il procedimento concernono opinioni espresse da un membro del Parlamento nell'esercizio delle sue funzioni.
Vincenzo SINISCALCHI, relatore
![]() |