Doc. IV-quater, n. 51





Onorevoli Colleghi! - La Giunta riferisce su una richiesta di deliberazione in materia di insindacabilità concernente l'onorevole Carlo Taormina con riferimento ad un procedimento civile pendente nei suoi confronti presso il tribunale di Roma, in seguito ad un atto di citazione depositato dal dottor Sergio Cofferati, al momento dei fatti segretario generale della Confederazione generale italiana del lavoro (Cgil).
Il procedimento trae origine da alcune dichiarazioni rese dal deputato richiedente in ordine alla vicenda del barbaro assassinio di Marco Biagi, professore universitario di diritto del lavoro e consulente del ministero del lavoro e delle politiche sociali, avvenuto a Bologna la sera del 19 marzo 2002.
Nell'atto di citazione, il deputato Taormina viene chiamato a rispondere del testo dell'agenzia di stampa Adn Kronos (il cui lancio era intitolato: «Biagi: Taormina, responsabilità oggettiva di Cofferati: assassini si propongono come braccio armato di leader Cgil) del 20 marzo 2002 (il giorno successivo all'omicidio). Il testo era del seguente tenore: «Carlo Taormina indica la responsabilità oggettiva di Sergio Cofferati nell'omicidio di Marco Biagi. L'ex-sottosegretario e deputato di Fi formula accuse gravissime sul segretario della Cgil e sui comunisti che, contrari al cambiamento voluto dagli italiani e che il governo vuole attuare, hanno creato - afferma - le condizioni perché i terroristi si mettessero a disposizione. Gli italiani - dice Taormina - vogliono il cambiamento. Il governo vuole attuare il cambiamento. La riforma dell'articolo 18 dello statuto dei lavoratori è elemento essenziale del cambiamento. Biagi era uomo chiave del cambiamento. Cofferati e i comunisti sono contro il cambiamento. Biagi è stato assassinato contro il cambiamento. Gli assassini di Biagi si propongono come braccio armato di Cofferati e dei comunisti. Cofferati e i comunisti hanno creato le condizioni perché i terroristi si mettessero a disposizione. Gli assassini di Biagi sono gli stessi che hanno assassinato D'Antona. Gli assassini di D'Antona non sono stati arrestati dalla magistratura. Chi non ha arrestato gli assassini di D'Antona ha creato oggettivamente, pur se involontariamente, le condizioni perché gli assassini di D'Antona trucidassero Biagi. Chi non ha arrestato gli assassini di D'Antona è oggettivamente, pur se non volontariamente, responsabile dell'azione terroristica ed altrettanto oggettivamente ed involontariamente allineato a quei Cofferati e a quei comunisti contrari al cambiamento. C'è da augurarsi che la signora Biagi non segua le orme della vedova D'Antona la quale, oggi, siede sui banchi della Camera insieme a quei comunisti storicamente padri dei terroristi che hanno ucciso il marito».
La Giunta ha iniziato l'esame del caso nella seduta del 18 dicembre 2002, ascoltando il deputato Taormina ed esaminando la documentazione da questi prodotta. È poi pervenuta alla deliberazione nella seduta del 14 gennaio 2003. La grande maggioranza dei componenti non ha disconosciuto l'asprezza delle frasi e la gravità delle accuse mosse dal deputato richiedente a Sergio Cofferati. Tuttavia, a parere della maggioranza della Giunta l'esame di questa non si deve mai centrare sul merito delle frasi, anche le più dure e polemiche, bensì - com'è evidente - sul nesso funzionale che le lega al mandato elettivo. Ciò anche perché ben scarsa efficacia avrebbe la garanzia dell'insindacabilità parlamentare se non potesse applicarsi ai fatti astrattamente illeciti.
Occorre innanzitutto prendere in considerazione il pensiero che effettivamente il deputato Taormina ha espresso, quale risulta da una lettera aperta da lui inviata a Sergio Cofferati e posta a disposizione dei membri della Giunta. La missiva è datata 21 marzo 2002 ed è del seguente tenore: «Egregio Segretario, mi spiace della misinterpretazione che presso di Lei, la Cgil e alcuni organi d'informazione, è stata effettuata del mio intervento relativo all'assassinio di Marco Biagi. Per quanto possa valere, io non ho mai parlato di responsabilità oggettive di chicchessia e l'osservazione mi preme giacché, anche se ne avessi parlato, quella oggettività sarebbe stata a significare la esclusione di ogni coinvolgimento personale e di qualunque contribuzione causale al tragico, efferato delitto. La mia è stata e resta una valutazione di tipo assolutamente politico derivata dal collegamento dei vari accadimenti succedutisi negli ultimi mesi, a partire dai fatti di Genova. È mio convincimento, ed in questa sede intendo ribadirlo, che, quando si occupano posizioni di grande responsabilità, sono necessarie consapevolezza estrema e sensibilità altissima nella valutazione delle conseguenze che, dall'esercizio del proprio ruolo, possono scaturire assumendo iniziative, tenendo comportamenti ovvero organizzando il consenso da cui si è circondati. Da questo profilo, il senso di responsabilità non è mai troppo perché le schegge impazzite della nostra società, tra le quali devono annoverarsi le organizzazioni terroristiche, assolutamente capaci di capire i momenti buoni di uno scontento da cui far derivare ampiezza o crescita di consenso, sono nella migliore condizione per strumentalizzare le modalità dei comportamenti politici anche meglio intenzionati ai tremendi e folli fini che esse perseguono. Ben lungi, ovviamente, dall'attribuire contributi causali giuridicamente rilevanti ed intenzionalità men che politicamente orientate, con il mio intervento ho inteso stigmatizzare questa situazione di pericolosità, nella quale credo fermamente e sulla quale continuerò ad invitare ad ogni approfondita riflessione nell'esercizio dei miei doveri di parlamentare della Repubblica. Oggi Oreste Scalzone attribuisce al Palavobis e a Borrelli responsabilità per il clima che si è creato, nell'ambito del quale cade l'assassinio di Marco Biagi. Non voglio certo allinearmi ad Oreste Scalzone, ma sfido chiunque ad affermare che egli abbia inteso dire più di quanto ha detto. Per quanto mi riguarda, io colloco prima del Palavobis e dopo questo accadimento, fino ad oggi, anche altri fatti che giudico gravi e che proprio a Lei sono stati attribuiti, ma l'ottica dalla quale mi sono posto è esattamente e soltanto quella delle condizioni «politiche», ben diversamente e correttamente orientate, ma cavalcati pretestuosamente da chi ha la mente volta alla criminosità allo stato puro e che deve essere oggetto di rappresentazione di chiunque assolva ad alte funzioni di carattere sociale. Ma l'ottica è anche quella, non già della individuazione di comportamenti giuridicamente istigatori, bensì, come testualmente risulta dal mio intervento riportato dai vari organi di informazione, dell'autonomo proporsi dei criminali come protagonisti di una folle politica capace di trucidare un'anima pura fortemente ed incisivamente inserita nelle istituzioni. Esprimo l'augurio che questa mia iniziativa possa essere recepita come un granello di sabbia capace di contribuire al ristabilimento delle regole proprie del confronto democratico ed alla costruzione di un fronte comune contro il terrorismo».
Orbene, alla maggioranza della Giunta sono apparsi decisivi due elementi: l'effettivo contenuto del pensiero di Carlo Taormina, quale emerge dalla lettera riportata; e la centralità assunta nel dibattito politico-parlamentare dall'episodio tragico dell'assassinio di Marco Biagi nel corso del 2002, sul quale sono intervenute, oltre che le massime cariche dello Stato, decine e decine di parlamentari, di opinionisti, storici e sindacalisti. Lo stesso 20 marzo 2002, alle ore 12, il ministro dell'interno Scajola ha riferito all'Assemblea della Camera con un'informativa urgente, cui sono seguiti interventi di esponenti di tutti i gruppi. È significativo ai presenti fini riportare quanto ebbe tra l'altro ad affermare in quell'occasione, a nome del gruppo di Forza Italia - di cui Carlo Taormina fa parte - il deputato Cicchitto: «In questa riflessione, volutamente priva di accenti polemici, non possiamo fare a meno, tuttavia, di rilevare che una cosa è totalmente inaccettabile: parlare anche in questo caso - come qualcuno irresponsabilmente ha fatto - di omicidio di Stato. No, non ci troviamo di fronte ad un omicidio di Stato, ma ad un omicidio contro lo Stato, contro le istituzioni democratiche, ad opera del terrorismo estremista. Noi tutti, dunque, maggioranza ed opposizione, siamo di fronte ad un grande problema, quello di continuare a sviluppare un confronto su questioni che ci vedono su posizioni molto distanti e, nel contempo, di usare un linguaggio che marchi questo dissenso, ma non la demonizzazione di chi si intende contestare. Questo è anche il significato delle dichiarazioni del Presidente del Consiglio che, non a caso, oggi ha invitato le parti sociali a riprendere il confronto, ferme rimanendo le rispettive posizioni». Similmente, e nella stessa occasione, il vice-capogruppo di Alleanza nazionale, il deputato Cristaldi, ebbe tra l'altro ad asserire: «Di fronte all'atroce delitto noi dobbiamo continuare, come componenti del Parlamento, come rappresentanti istituzionali, nel duro confronto; e credo che il duro confronto politico sia la migliore risposta che viene data all'azione dei killer, che vogliono interrompere questo confronto politico, killer che vogliono, in fin dei conti, creare una condizione diversa, molto lontana dalla stessa democrazia. Allora, permettetemi di dire che ha ragione il presidente del gruppo di Alleanza nazionale, Ignazio La Russa, quando, di fronte a questa vicenda, a caldo, dichiara: non bisogna dimenticare che quello che per noi è sano confronto dialettico per altri diventa alibi per l'uso di strumenti che noi rifiutiamo drasticamente».
È dunque sembrato alla maggior parte degli intervenuti sul punto che le parole riportate non senza forzature in un lancio d'agenzia - pur astrattamente offensive - del deputato Taormina nei confronti dell'allora segretario generale della Cgil siano espressione del suo diritto di critica relativamente ai fatti di larga risonanza mediatica e si siano calate in un contesto prettamente politico-parlamentare, affiancate ad alcune posizioni e contrapposte ad altre. Ne risulta così provato il nesso funzionale con l'attività parlamentare ai sensi dell'articolo 68, primo comma, della Costituzione. Per questo, la Giunta, a maggioranza, propone all'Assemblea di deliberare nel senso che i fatti oggetto del procedimento concernono opinioni espresse da un membro del Parlamento nell'esercizio delle sue funzioni.

Erminia MAZZONI, relatore per la maggioranza


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