Doc. IV-quater, n. 44





Onorevoli Colleghi! - La Giunta riferisce su una richiesta di deliberazione in materia di insindacabilità concernente il senatore Marcello Dell'Utri, deputato nella XIII legislatura, con riferimento ad un procedimento penale pendente nei suoi confronti presso il tribunale di Torino in seguito ad una querela sporta dai dottori Giancarlo Caselli, Guido Lo Forte, Domenico Gozzo, Antonio Ingroia, Mauro Terranova, Lia Sava e Umberto De Giglio. Il procedimento trae origine da 2 articoli apparsi sulla Stampa rispettivamente il 10 marzo e il 15 luglio 1999, l'uno dal titolo: «Dell'Utri: li denuncio tutti, sarà guerra totale» - sottotitolo: «In quelle pagine ci sono solo parole, chiacchiere, affastellamenti»; l'altro «Tradito dalla assenza di An» - sottotitolo: «È una presa di distanza da Forza Italia».
Il capo d'imputazione è così formulato: capo A: «[...] offende[va] la reputazione [dei magistrati addetti alla] procura della Repubblica [di Palermo] mediante le seguenti dichiarazioni: mi negano il diritto alla difesa, da Caselli in giù hanno un atteggiamento minaccioso e intimidatorio; alle richieste della mia difesa reagiscono con fastidio, instaurando un clima di completa paranoia, con un delirio di onnipotenza e arroganza; lo vede che sono paranoici, vede la malafede»; capo B: «quanto all'inquinamento delle prove sono proprio loro, i magistrati sopra indicati, a truccare e a falsificare le carte; ci sono dei fotogrammi che sono stati manomessi; sono io o sono loro a inquinare?; sono stati scorretti fino alla frode processuale; Ingroia è un folle che mente sapendo di mentire».
La Giunta ha esaminato il caso nella seduta del 16 ottobre 2002.
Nel corso dell'esame è emerso che le parole attribuite all'onorevole Dell'Utri rientrano nel più ampio contesto della resocontazione giornalistica relativa alla richiesta di arresto avanzata dalla procura della Repubblica di Palermo nei confronti del parlamentare in questione, richiesta che sarebbe stata poi respinta dall'Assemblea della Camera il 13 aprile 1999, nonché alla domanda avanzata dalla medesima procura della Repubblica di essere autorizzata ad utilizzare tabulati telefonici. La vicenda è apparsa alla maggioranza della Giunta rientrare nel contesto della polemica politica assai accesa, involgente i temi del rapporto tra politica e magistratura, da sempre terreno di dibattito politico-parlamentare e di aspra contrapposizione tra esponenti dei partiti.
Più in particolare, l'argomento delle interviste riportate dal Corrias concerneva le vicende specifiche che riguardavano direttamente l'onorevole Dell'Utri, deputato all'epoca dei fatti, vale a dire, come accennato, le richieste di esecuzione di una misura cautelare nei suoi confronti avanzata alla Camera dei deputati, ai sensi dell'articolo 68, secondo comma, della Costituzione e di utilizzazione dei tabulati telefonici. Già con questo elemento, dunque, si delinea uno stretto collegamento tra le dichiarazioni rese dall'onorevole Dell'Utri e la sua attività parlamentare. Ma c'è di più.
Come la Giunta ha già avuto modo di osservare in occasione dell'esame di due precedenti richieste di insindacabilità avanzate dall'onorevole Berlusconi (cfr. il doc. IV-quater, n. 10) e dallo stesso Marcello Dell'Utri (cfr. il doc. IV-quater, n. 13), il gruppo parlamentare di Forza Italia, movimento politico fondato da Berlusconi e Dell'Utri, era già stato oggetto di richieste di esecuzione dell'arresto a carico di suoi appartenenti. L'autorità giudiziaria aveva infatti già richiesto alla Camera in precedenza l'autorizzazione all'arresto dei deputati Previti e Giudice, richieste anch'esse respinte con deliberazione dell'Assemblea. Sicché appare chiaro che l'intervista pubblicata il 10 marzo 1999 si collegava non solo ad un singolo episodio della vita parlamentare, bensì ad un vero e proprio filone di temi portati dalla magistratura all'attenzione della Camera.
A conferma di quanto esposto, deve essere sottolineato che i componenti il gruppo parlamentare di Forza Italia per tutta la XIII legislatura si sono impegnati in una incessante attività di sindacato ispettivo sui temi della giustizia, sulle modalità di conduzione delle indagini da parte degli uffici della pubblica accusa e sull'amministrazione dello strumento dei «pentiti» (principali fonti d'accusa proprio nel caso Dell'Utri). Tra le molte, vale la pena citare l'interpellanza n. 2-00252, presentata il 21 settembre 1996, a prima firma dell'onorevole Vittorio Sgarbi, inerente al ruolo dei collaboratori di giustizia e in un'indagine a carico dello stesso Sgarbi e dell'onorevole Maiolo; e i due atti ispettivi presentati dall'onorevole Donato Bruno sull'attività investigativa della procura di Milano a carico dell'onorevole Berlusconi (l'interrogazione n. 3-01993 e l'interpellanza n. 2-00949) presentati entrambi in epoca anteriore all'articolo giornalistico qui in esame.
In seno alla maggioranza della Giunta è maturata, quindi, la convinzione che l'intervista dell'onorevole Dell'Utri debba essere ricollegata al suo ruolo di esponente dell'opposizione politica e parlamentare. Egli ha, infatti, denunciato quello che gli appariva un uso dell'esercizio della giurisdizione in chiave impropriamente politica. Peraltro, non è privo di rilievo il fatto che Marcello Dell'Utri parlasse anche e soprattutto mosso da un moto di autodifesa, posto che il provvedimento giudiziario lo attingeva personalmente. Né di scarso significato è il fatto che nella seduta dell'Assemblea della Camera del 13 aprile 1999, nella quale la richiesta di arresto nei suoi confronti fu respinta, il deputato Dell'Utri intervenne prima e partecipò alla votazione poi.
Quanto esposto, dunque, sembra costituire espressione di un diritto di critica di un membro della Camera in ordine a questioni di indubbio rilievo pubblico, nel quadro di quelle attività che possono senz'altro definirsi prodromiche e conseguenti agli atti tipici del mandato. Per questo, la Giunta stessa - a maggioranza - propone all'Assemblea di deliberare nel senso che entrambi i fatti oggetto del procedimento concernono opinioni espresse da un membro del Parlamento nell'esercizio delle sue funzioni.

Vincenzo MILIOTO, relatore.


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