Doc. IV-quater, n. 43





Onorevoli Colleghi! - 1. Premessa. La Giunta riferisce su una richiesta di deliberazione in materia di insindacabilità concernente il deputato Vittorio SGARBI con riferimento a un procedimento civile pendente nei suoi confronti presso la corte d'appello di Napoli in seguito a un atto di citazione depositato dalla dottoressa Laura Triassi.
Il procedimento trae origine da dieci puntate della trasmissione «Sgarbi quotidiani» andate in onda dal 16 maggio al 20 luglio 1994.
Per come i contenuti delle trasmissioni gli vengono contestati nell'atto di citazione depositato il 30 gennaio 1998, il deputato Sgarbi avrebbe affermato che la dottoressa Triassi sarebbe un magistrato: a) di cui è giusto chiedere l'arresto; b) che pone alla base delle sue decisioni falsità, menzogne e bugie; c) che tiene un comportamento violento contro le persone, imponendo il carcere anche con motivazioni risibili; d) che ha sequestrato e sequestra De Lorenzo, come altri il cui nome è meno noto; e) che sputa sulla legge; f) che anziché far rispettare la legge la violenta; g) mosso da chiara intenzione politica; h) per cui va chiesto il carcere per flagranza di reato; i) che usa il codice come un'arma; l) che ha tenuto uno schifoso comportamento; m) tra i più feroci della Repubblica.
Per tali affermazioni, la dottoressa Triassi ha chiesto la condanna dello Sgarbi per danni morali.
Con sentenza n. 3167 del 26 giugno 2001 il tribunale di Napoli, I sezione civile, ha condannato il deputato Sgarbi, in solido con la Reti Televisive Italiane spa, al pagamento a titolo risarcitorio di 100 milioni di (vecchie) lire. In particolare, il tribunale ha osservato, in punto di articolo 68, primo comma, della Costituzione, che il deputato Sgarbi si era pronunciato «in un contesto avulso da ogni connotazione istituzionale, per cui [le affermazioni] non sono coperte dall'invocata immunità parlamentare [...] evidenziandosi che nelle suddette trasmissioni televisive di intrattenimento, la qualità che lo Sgarbi spendeva non era certo quella di membro del Parlamento ma di conduttore impegnato contrattualmente a prestare dietro compenso la propria opera [...]».
La Giunta ha esaminato il caso nelle sedute del 18 settembre e del 16 ottobre 2002.
Dall'analisi dei fatti, è emerso certamente che le frasi attribuite al deputato Sgarbi sono di alto contenuto lesivo. Tuttavia, è apparso alla maggior parte dei componenti la Giunta espressisi sul punto che esse si inseriscono nel contesto della perdurante polemica politica nel nostro Paese inerente al modo di procedere della magistratura e in particolare nella forte critica politica manifestata dal deputato Sgarbi nei confronti dell'operato di taluni magistrati. Si è altresì constatato che simili atti di critica in molte precedenti occasioni sono stati ritenuti insindacabili dalla Giunta e dall'Assemblea ai sensi dell'articolo 68, primo comma, della Costituzione (si vedano per esempio - tra i più recenti - i doc. IV-quater, nn. 155, 157, 161, 162, 168 e 170 della XIII legislatura e doc. IV-quater, n. 4 della XIV legislatura). Né, del resto, la sola circostanza evidenziata nella sentenza di condanna di primo grado che le dichiarazioni sono state rese in una trasmissione televisiva è sufficiente a recidere il nesso con la sua attività parlamentare.
Per il complesso di tali ragioni la Giunta, a maggioranza, propone di all'Assemblea di dichiarare che i fatti per i quali è in corso il procedimento concernono opinioni espresse da un membro del Parlamento nell'esercizio delle sue funzioni.

Aurelio GIRONDA VERALDI, relatore.


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