Doc. IV-quater, n. 22-bis





Onorevoli Colleghi! - Riferisco, a nome della minoranza della Giunta, su una richiesta di deliberazione in materia di insindacabilità concernenti il deputato Cesare Previti, con riferimento a cinque procedimenti penali riuniti pendenti nei suoi confronti di fronte al tribunale di Monza, in seguito a querele sporte dalla signora Stefania Ariosto.
I procedimenti traggono origine da una serie di affermazioni dell'onorevole Previti riportate sul Giornale di Milano tra il maggio del 1996 e il dicembre 1997.
I capi di imputazione sono così formulati:
per il procedimento n. 6149 del 1996 RGNR, in concorso con Luca D'Alessandro, articoli 110, 595, commi 1 e 3, del codice penale, 13 della legge n. 47 del 1948 per l'articolo dal titolo: «Previti: vorrei sapere chi c'è dietro Stefania» e sottotitolo: «Qualcuno le ha promesso denaro o altro», per aver offeso la reputazione di Ariosto Stefania; in particolare, affermando, con riferimento alle dichiarazioni rese dalla querelante nell'ambito del procedimento penale che vede l'onorevole Previti indagato, che «è una bugiarda, calunniatrice»; prospettando inoltre che: «Qualcuno l'ha convinta a raccontare bugie ... Chi le promette denaro o altri beni in cambio delle sue accuse?»; ed ancora, affermando, con riferimento ai benefici che le sarebbero stati promessi, che «non dimentichiamo che questa donna ha potuto contare sull'impunità totale, nonostante i suoi problemi fiscali, nonostante abbia raccontato ai magistrati di suoi tentativi di corruzione. Il fatto che non abbia mai pagato mi pare la dica lunga». Con l'aggravante dell'attribuzione del fatto determinato. In Paderno Dugnano il 26 maggio 1996 - querela del 28 maggio 1996;
per il procedimento n. 7042 del 1996 RGNR, in concorso con Renato Farina, articoli 595 del codice penale, 13 (aggravante di aver attribuito fatti determinati) e 21 della legge 8 febbraio 1948, n. 47 perché, quale persona intervistata responsabile delle dichiarazioni riportate nell'articolo (di cui Farina era autore) che qui si intende integralmente riportato dal titolo «La Ariosto, un burattino», apparso sul periodico Il Giornale, pubblicato in Paderno Dugnano il 22 giugno 1996, offendeva la reputazione di Ariosto Stefania affermando, tra l'altro, «L'Ariosto, mente! ... è un teste falso. ... Letteralmente inventata. Anzi qualcuno l'ha costruita questo teste falso ... L'Ariosto è eterodiretta ... Chiedo ... che la giustizia indaghi sull'Ariosto se è pagata e da chi ...» apostrofando, inoltre, in altra parte dell'articolo la querelante con l'epiteto evidentemente spregiativo di «faccia di bronzo» e ribadendo le accuse di falsità nei confronti dell'Ariosto e, dunque, addebitando alla parte lesa addirittura la responsabilità di comportamenti di rilevanza penale. In Paderno Dugnano il 22 giugno 1996;
per il procedimento n. 6948 dei 1996 RGNR, delitto previsto e punito dagli articoli 81 e 595 del codice penale, 13 (aggravante di aver attribuito fatti determinati) e 21 della legge 8 febbraio 1948, n. 47, «perché con più azioni esecutive di un medesimo disegno criminoso, quale autore di un memoriale riportato negli articoli che qui si intendono integralmente riportati, dal titolo «Dotti suggeritore della Ariosto - Già dimostrata la falsità di molte accuse ai giudici» e «La Ariosto accusa e poi non ricorda - Il lapsus della teste Omega - Efibanca: ben 11 testimoni smentiscono la contessa», apparsi sul periodico Il Giornale pubblicato in Paderno Dugnano il 4 e il 5 luglio 1996, offendeva la reputazione della Ariosto Stefania affermando, tra l'altro reiteratamente che le dichiarazioni rese dalla Ariosto nell'ambito del procedimento penale che vede il Previti indagato sono «false e calunniose» prospettando inoltre la possibilità che la querelante sia stata pagata «con considerevoli somme di denaro ... da parte di organismi pubblici» proprio affinché rendesse tali menzognere dichiarazioni (articolo del 4 luglio) addebitando altresì alla parte lesa la «condotta tipica del mentitore che descrive un fatto inventato» e «malizia calunniatrice» oltre alla «millantata conoscenza» di fatti e persone e ribadendo infine le accuse di falsità nei confronti della Ariosto (articolo del 5 luglio) così indicando la parte lesa come persona in malafede, subdola e ingannatrice responsabile addirittura di comportamenti di notevole rilevanza penale. In Paderno Dugnano il 4 e 5 luglio 1996;
per il procedimento n. 1456 del 1997 RGNR, in concorso con Giorgio Mulè, delitto previsto e punito dagli articoli 595 del codice penale, 13 (aggravante di aver attribuito fatti determinati) e 21 della legge 8 febbraio 1948, n. 47, perché, il primo quale persona intervistata responsabile delle dichiarazioni riportate ed il secondo quale autore dell'articolo che qui si intende integralmente riportato dal titolo «Contro di me indagini illegali», apparso sul periodico Il Giornale pubblicato in Paderno Dugnano il 21 luglio 1997, offendevano la reputazione di Ariosto Stefania affermando tra l'altro, «L'Ariosto inventa fatti, luoghi, tempi, persone, circostanze: in Procura recita» ... «in cambio delle proprie dichiarazioni ha ottenuto l'immunità» ... «la testimonianza dell'Ariosto viene lanciata in pieno periodo elettorale ... per colpire, attraverso di me Berlusconi e Forza Italia» ... «ho dimostrato che la testimonianza della Signora (Ariosto) è integralmente falsa» ... «sappiamo benissimo che le affermazioni della Ariosto sono calunnie» ... «L'Ariosto in cambio delle sue menzogne ... ha ricevuto cospicue somme di denaro» in tal modo, dunque, addebitando alla parte lesa addirittura la responsabilità di comportamenti di rilevanza penale. In Paderno Dugnano il 21 luglio 1997;
per il procedimento n. 265 del 1998 RGNR, in concorso con Mario Cervi (posizione «stralciata» dal presente procedimento per analoga antecedente richiesta del medesimo rito, registrata al numero REG. GIP 906/98), articoli 110, 595, commi 1 e 3, del codice penale, 13 e 21 della legge 8 febbraio 1948, n. 47: perché, Previti quale autore delle dichiarazioni virgolettate riprese nell'articolo in questione, Cervi quale responsabile dello stesso articolo redatto in redazione e dal titolo «L'ex ministro scrive ai deputati: "Vogliono seppellirmi"» pubblicato sui quotidiano «Il Giornale» in data 19 dicembre 1997, da intendersi qui integralmente trascritto, offendevano la reputazione di Ariosto Stefania, sostenendo che la stessa sarebbe stata strumento di interventi «intimidatori ed inquinanti» che sarebbero alla base delle accuse nei confronti dell'onorevole Previti, in particolare affermando «il teste Ariosto non è soltanto un teste che dice il falso, ma anche un falso teste, costruito in un incredibile laboratorio che adesso punta a legittimare la falsità con nuove false dichiarazioni ...» (omissis) «... l'inquinamento delle indagini attraverso la fabbricazione e l'utilizzazione di un'inesistente intercettazione ambientale senza la quale la sola falsa testimonianza Ariosto non sarebbe stata sufficiente a proseguire le indagini (omissis)». Con l'aggravante di averle attribuito fatti determinati. In Paderno Dugnano il 19 dicembre 1997.

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Prima di esporre compiutamente le ragioni che hanno indotto molti colleghi della Giunta a votare contro la proposta della maggioranza, conviene riferire che nelle ultime settimane, su invito dell'Ufficio di Presidenza della Camera, la Giunta ha svolto un approfondito dibattito sull'applicazione dell'articolo 68 primo comma della Costituzione e sulle relative implicazioni.
Diversi deputati, e tra costoro anche chi è stato incaricato di riferire per la minoranza, hanno espresso il parere che la Camera, in questi anni, ha deliberato in questa materia spesso non valutando compiutamente che a fronte delle prerogative costituzionalmente tutelate dall'articolo 68 della Costituzione, stanno anche, a condizionarne giustamente la portata applicativa, interessi di terzi e della collettività, che non possono essere sacrificati sistematicamente da un'interpretazione spesso corporativa e compiacente - aspetto quest'ultimo che non è sfuggito all'opinione pubblica e ai giudici di merito e di legittimità e soprattutto alla Corte costituzionale.
La Corte costituzionale, in particolare, con giurisprudenza ormai consolidata, ha stabilito che per le opinioni rese al di fuori della sede parlamentare, l'insindacabilità sussiste solo se le affermazioni di cui si tratta siano la fedele riproduzione extra moenia di contenuti di atti parlamentari tipici.
In pratica, la Corte esige, ed a ragione, che le dichiarazioni rese fuori dalle Camere siano identificabili come attività parlamentare, in quanto sostanzialmente corrispondenti con quelle rese dal parlamentare all'interno delle Camere stesse - per esempio in interventi in seduta, interrogazioni, proposte di legge, eccetera - giacché intra moenia il costume espressivo dei componenti è sottoposto al controllo della Presidenza dell'Assemblea e delle Commissioni, in attuazione di precise disposizioni regolamentari che vietano le offese ingiustificate ed il linguaggio sconveniente.
Si tratta di un criterio giusto e capace di garantire un equo contemperamento tra le esigenze di libertà politica del parlamentare e dell'Assemblea cui appartiene con quelle dell'onore e del decoro di persone, enti e quant'altri vengano richiamati nella opinione espressa.
Accade, invece, che quando la Camera si fa cogliere da un'ansia difensiva, finiscono per affiorare atteggiamenti non conformi allo spirito della disposizione costituzionale che portano inevitabilmente ad eccessi che la Corte ha dovuto correggere giungendo ad annullare molte delle deliberazioni della Camera che hanno dichiarato la insindacabilità di dichiarazioni rese extra moenia.
È in omaggio a questi parametri, e non ad altri, che la minoranza della Giunta ha esaminato il caso sottoposto dall'onorevole Previti.

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È necessario, a questo punto, sottolineare, che, secondo alcuni deputati della maggioranza della Giunta, le affermazioni dell'onorevole Previti attengono al noto processo IMI-SIR nel quale la Ariosto è testimone ed egli imputato, e - poiché nel contesto di tale processo la magistratura ha chiesto nel suoi confronti l'arresto inoltrando la prescritta autorizzazione alla Camera dei Deputati - ciò basterebbe a ravvisare un ancoraggio parlamentare delle predette affermazioni.
In proposito - secondo la maggioranza - sarebbe agevole rilevare che in diversi interventi svolti nel corso dell'esame della richiesta di arresto, che poi fu respinta dalla Camera nella scorsa legislatura, avendo riguardo al fumus persecutionis ed alla questione del plenum della Assemblea, il tema della credibilità della Ariosto è stato espressamente affrontato anche in termini non dissimili da quelli contenuti nelle interviste rilasciate dall'onorevole Previti.
È stato sostenuto che in quel contesto l'onorevole Previti non avrebbe soltanto esercitato un potere di autodifesa in qualità di imputato, bensì anche in qualità di parlamentare, giacché riteneva che il processo a suo carico e le dichiarazioni accusatorie rese dalla Ariosto non sarebbero che il frutto di una macchinazione politica.
Questi profili sono stati evidenziati nel corso del dibattito parlamentare e sostenuti dallo stesso onorevole Previti nella memoria difensiva presentata alla Giunta nel gennaio 1998.
Le argomentazioni allora espresse si appalesavano già deboli e contraddittorie a sostegno di quella decisione; ora, in riferimento al caso di specie, sono del tutto inconsistenti.
Qui, infatti, non dobbiamo esaminare alcuno dei temi affrontati dall'Assemblea della precedente legislatura quando essa discusse sulla domanda di autorizzazione ad eseguire la misura cautelare della custodia in carcere avanzata dal giudice delle indagini preliminari del tribunale di Milano. La decisione odierna, a sensi del primo comma dell'articolo 68 della Costituzione, riguarda esclusivamente la collegabilità all'attività parlamentare di alcune valutazioni espresse dall'onorevole Previti nei confronti di persona chiamata a deporre in un processo in corso contro di lui davanti al tribunale di Milano.
È di tutta evidenza che non può ravvisarsi alcun collegamento tra le espressioni dell'onorevole Previti e la sua propria attività parlamentare.
Al riguardo si evidenzia innanzitutto che quattro procedimenti (n. 1456/97, 7042/96, 6948/96, 6149/96) trattano di giudizi espressi in epoca antecedente alla richiesta di arresto del deputato Previti (settembre 1997) e dunque al suo esame parlamentare. È evidente che per questi episodi non si può parlare di insindacabilità, giacché le interviste giornalistiche, secondo l'orientamento, a mio avviso condivisibile, espresso dalla Corte costituzionale, possono seguire, divulgandole o rappresentandone i contenuti, affermazioni, opinioni e giudizi già espressi intra moenia dal parlamentare; ma non possono precederli di mesi o di anni.
Quanto all'ultimo capo di imputazione relativo a giudizi espressi in epoca successiva alla richiesta di arresto, conviene illustrare un importante passaggio dell'esame in Giunta.
Uno dei membri della maggioranza, di autorevolissima opinione, ritenendo che dall'esame della documentazione prodotta dall'onorevole Previti a sua difesa innanzi alla Giunta nel gennaio 1998, si potesse dedurre quell'aggancio parlamentare capace di conferire alle dichiarazioni rese dal medesimo il connotato funzionale che avrebbe consentito l'applicazione dell'articolo 68 primo comma della Costituzione, ha chiesto un breve rinvio per consentire l'esame di quei documenti.
Ebbene, tale proposta è stata respinta proprio dagli altri membri di maggioranza presenti; la Giunta a maggioranza non ha ritenuto di dover verificare se davvero l'onorevole Previti aveva inteso difendersi in Parlamento con gli stessi argomenti utilizzati nelle interviste che hanno indotto la Ariosto a querelarsi nei suoi confronti. Essi stessi, in altre parole, hanno ritenuto, a mio avviso giustamente, non collegabili con le questioni contenute nell'istanza oggi alla nostra attenzione i temi di discussione e le decisioni assunte dall'Assemblea della precedente legislatura relativi alla richiesta di arresto dell'onorevole Previti (doc. IV n. 11 della XIII legislatura).
In quella sede, l'onorevole Previti intervenne nella discussione in Assemblea, ma, a mio ricordo e dall'esame degli atti, non menzionò mai la Ariosto; tanto meno espresse i giudizi e le opinioni riportate nelle interviste che hanno dato causa alle querele e che sono oggetto della richiesta d'insindacabilità. Nessun pregio, del resto, ha l'argomento che altri lo fecero nel corso della discussione in aula giacché qui sono all'esame di sindacabilità le opinioni espresse extra moenia dal solo onorevole Previti e la collegabilità della medesime alla sua attività parlamentare.
Infine, preme sottolineare il tenore delle espressioni dell'onorevole Previti nei confronti della Ariosto in tutte le interviste:
«ha ricevuto cospicue somme di denaro in cambio delle sue menzogne» (procedimento n. 1456/97);
«L'Ariosto è eterodiretta, chiedo che la giustizia indaghi sulla Ariosto se è pagata e da chi» (procedimento n. 7042/96);
«pagata con considerevoli somme di denaro da parte di organismi pubblici» (procedimento n. 6948/96);
«è una bugiarda calunniatrice, qualcuno le ha promesso denaro o altro, chi le promette beni o denaro in cambio delle sue accuse?» (procedimento n. 6149/96);
«è un falso teste costruito, strumento di interventi intimidatori ed inquinanti» (procedimento n. 265/98).

È evidente che simili giudizi e valutazioni espressi dall'onorevole Previti nei confronti di un testimone del procedimento penale che lo vede imputato del reato di corruzione non hanno alcun collegamento con la attività parlamentare del medesimo deputato ma attengono esclusivamente ad una sua vicenda privata, attinente a reati gravissimi all'esame del tribunale di Milano.
Non è, quindi, ravvisabile alcun aggancio con la pregressa o concomitante sua attività parlamentare; le espressioni utilizzate sono per conseguenza pienamente sindacabili. Per questi motivi invito la Assemblea a respingere la proposta della Giunta.

Francesco CARBONI,
relatore per la minoranza.


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