Doc. IV-quater, n. 6





Onorevoli Colleghi! - La Giunta riferisce su una richiesta di deliberazione in materia di insindacabilità concernente il deputato Valter Bielli, con riferimento a un procedimento civile pendente nei suoi confronti presso il tribunale di Roma.
I fatti all'origine della vicenda consistono in dichiarazioni del predetto deputato, rese al quotidiano Il Manifesto del 9 gennaio 2001. Tali dichiarazioni erano relative al coinvolgimento di Roberto Fiore e Massimo Morsello nell'attività eversiva dell'ultimo ventennio in Italia.
In particolare, nel contesto del pezzo «Eversione in commissione», a firma di Carlo Lania, nel quale venivano offerte diffuse informazioni sull'attività e sugli spostamenti all'estero dei due esponenti dell'estrema destra, all'onorevole Bielli viene attribuita la seguente frase: «Sarebbe interessante capire perché e per come delle persone costrette praticamente alla latitanza, in quanto impelagate fino ai capelli nella strage di Bologna, siano riuscite nel giro di pochissimi anni a crearsi un impero economico in Inghilterra e a finanziare l'eversione di destra e chissà chi altro in Italia». Per tali affermazioni il deputato Bielli è stato citato in giudizio da Roberto Fiore e da Claudia Sessa, moglie di Massimo Morsello (nel frattempo deceduto il 10 marzo 2001) in nome sia proprio che della figlia minorenne.
La Giunta ha esaminato la questione nella seduta del 26 settembre 2001, ascoltando, com'è prassi, Valter Bielli.
Dall'analisi dei fatti, è emerso chiaramente che il caso odierno costituisce una proiezione esterna dell'attività parlamentare svolta intra moenia ed è, pertanto, sicuramente riconducibile all'ambito d'applicazione dell'articolo 68, primo comma, della Costituzione. Al riguardo valga quanto segue.
Nella seduta del 1o dicembre 1999 della Commissione parlamentare d'inchiesta sul terrorismo e sulle stragi, di cui l'onorevole Bielli nella XIII legislatura non solo era componente, ma altresì rappresentante del gruppo dei democratici di sinistra, si tenne l'audizione del dottor Ansoino Andreassi, allora vice-capo della polizia. Sollecitato dalle domande del presidente della Commissione d'inchiesta, senatore Pellegrino, e da altri membri della Commissione medesima, il dottor Andreassi espose dettagliatamente quanto risultava alla polizia circa l'attività illecita di Fiore e Morsello. In particolare, il predetto dirigente riferì che, nel corso degli anni '90, aveva destato allarme l'esistenza del Movimento politico occidentale, cui dovevano essere attribuiti diversi atti dimostrativi di carattere violento e antisemitico. Tale movimento fu poi sciolto, ma si accertò successivamente che esso era stato finanziato da Fiore e Morsello, rimasti a lungo latitanti a Londra. Costoro, poi, il Fiore per prescrizione della pena e il Morsello per la sospensione della stessa per gravi motivi di salute, avevano perso la qualità di latitanti ed erano rientrati in Italia nel 1997 per fondare il movimento Forza Nuova, anch'esso caratterizzato da posizioni estremistiche di destra e collegato con l'estremismo di destra in vari altri paesi europei.
A seguito della deposizione del dottor Andreassi, l'onorevole Bielli affermò testualmente per come risulta dal resoconto stenografico: «In conclusione, lei è stato molto esplicito, ci ha fornito molte informazioni quando ha fatto riferimento ad un altro dato di novità a proposito di due personaggi come Fiore e Morsello. Forse sarebbe bene riprendere questo discorso, essi si sono trovati a Londra e hanno fatto fortuna, c'è da chiedersi come abbiano potuto in quella città trovare un ambiente così accogliente da permettergli di diventare personaggi di questo tipo. Come è possibile che personaggi che escono dal nostro paese in quelle condizioni, con quel tipo di accuse, a Londra non solo sono tollerati ma, in qualche modo favoriti? Abbiamo informazione di eventuali rapporti del Governo britannico, dei servizi segreti britannici con questi personaggi? Inoltre, essi ritornano in Italia, lei ha detto che stanno finanziando alcuni gruppi che si stanno muovendo in una certa logica: rispetto a questa situazione cosa si può fare, come si può intervenire? E vero che i reati sono andati in prescrizione ma, di fronte al tipo di reato che c'era in precedenza e rispetto alle considerazioni che lei ha fatto secondo le quali stanno finanziando gruppi e sicuramente non si stanno muovendo in una logica di fini sociali, ma di tipo eversivo, vorrei sapere qual è l'attività che può essere portata avanti perché è vero che c'è l'autorità giudiziaria ma questa segue anche degli input che possono venire dalle forze di polizia».
Dall'esame di questo intervento si deduce agevolmente l'identità sostanziale tra i concetti espressi dall'onorevole Bielli nella sede parlamentare della Commissione d'inchiesta sulle stragi e quelli riportati dall'articolo giornalistico più di un anno dopo. Giova peraltro ricordare che l'articolo del Manifesto fu pubblicato in un periodo successivo a un grave episodio che destò enorme scalpore nell'opinione pubblica italiana, vale a dire l'attentato terroristico allo stesso quotidiano avvenuto il 22 dicembre 2000, per mano di Andrea Insabato, anch'egli esponente degli ambienti dell'eversione di destra, e che solo per un caso fortuito non causò la morte di persone. È chiaro, pertanto, che l'onorevole Bielli intervenne anche a commento ditali fatti, nell'esercizio del suo diritto di critica e denuncia.
Per il complesso delle ragioni sopra evidenziate la Giunta, all'unanimità, propone all'Assemblea di deliberare nel senso che i fatti per i quali è in corso il procedimento concernono opinioni espresse da un membro del Parlamento nell'esercizio delle sue funzioni.

Giuseppe FANFANI, Relatore


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