Onorevoli Colleghi! - La Giunta riferisce su una richiesta di deliberazione in materia di insindacabilità concernente l'onorevole Gianfranco Micciché con riferimento ad un procedimento penale pendente nei suoi confronti presso il tribunale di Roma in seguito ad una querela sporta dal dottor Giancarlo Caselli.
Il procedimento trae origine da un articolo apparso su Liberal del 17 settembre 1998, intitolato «Casellopoli», nel contesto del quale l'onorevole Miccichè ebbe ad affermare - per come la cronista lo riporta - quanto segue: «Caselli è stato mandato in Sicilia per dare la spallata decisiva alla DC, ma qui si è trovato ad avere a che fare con Forza Italia. Che lui abbia fatto fino ad oggi solo politica è sotto gli occhi di tutti. Gli arresti eccellenti sono merito delle forze di polizia. I processi sono invece ai politici e servono a scrivere le verità pagate dei pentiti. La mafia dell'eroina, della prostituzione, degli affari, del riciclaggio sono i Musotto, i Contrada, gli Andreotti, i Giudice, i Dell'Utri? Se è così allora Caselli ha fatto proprio del bene a Palermo. Altrimenti ha perso tempo denaro e la fiducia di chi lo aveva osannato». Per tali affermazioni l'onorevole Miccichè è stato querelato e, nell'udienza preliminare del 5 aprile 2001, rinviato a giudizio, insieme al direttore della testata e all'autrice dell'articolo, Marianna Bartoccelli.
La Giunta ha esaminato il caso nella seduta del 2 agosto 2001.
Nel corso dell'esame è emerso che le parole attribuite all'onorevole Miccichè rientrano nel più ampio contesto di un articolo giornalistico volto a rivisitare criticamente l'operato del dottor Caselli quale procuratore capo della Repubblica presso il tribunale di Palermo. In tale ambito, la cronista raccoglie le opinioni di diversi esponenti politici e culturali del capoluogo siciliano. La maggior parte di queste concorda sul fatto che la presenza ed il lavoro a Palermo del dottor Caselli era ispirato da motivazioni anche politiche.
Nell'articolo l'onorevole Miccichè si limita a condividere queste tesi e la parte del pezzo dedicata alle sue opinioni invero non appare ampia. Tali opinioni sono comunque da ricondurre interamente a un contesto politico-parlamentare, giacchè le tematiche della giustizia, del modo in cui essa è amministrata e del ruolo di taluni magistrati è oggetto ormai da diversi anni di un vastissimo dibattito in tutto il Paese e soprattutto nelle sedi politico-parlamentari. Prova ne sia la grande quantità di proposte di legge e di atti di sindacato ispettivo presentati in materia. In tale contesto appare di decisivo rilievo che nell'occasione si parlava dei rapporti tra l'amministrazione della giustizia, la lotta alla mafia e l'efficacia dello strumento delle collaborazioni dei c.d. «pentiti» e che l'onorevole Miccichè interveniva non soltanto in qualità di parlamentare ma anche di membro della Commissione d'inchiesta sulla mafia e sui fenomeni similari.
In seno alla Giunta si è pertanto ritenuto che l'onorevole Miccichè abbia legittimamente esercitato il suo diritto di critica come parlamentare in ordine a questioni di indubbio rilievo pubblico, nel quadro di quelle attività che possono senz'altro definirsi prodromiche e od o conseguenti agli atti tipici del mandato parlamentare. Per questo, la Giunta stessa, a maggioranza, propone all'Assemblea di deliberare nel senso che i fatti oggetto del procedimento concernono opinioni espresse da un membro del Parlamento nell'esercizio delle sue funzioni.
Vincenzo MILIOTO, relatore
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