Doc. IV, n. 12-A





Onorevoli Colleghi!

Premessa. La domanda di autorizzazione a utilizzare intercettazioni di conversazioni telefoniche di Ugo MARTINAT, deputato e viceministro delle infrastrutture e dei trasporti, riguarda il procedimento penale n. 1918/04 RGNR - pendente presso il tribunale di Torino.
Si tratta di un procedimento penale nel quale si indaga per diversi capi d'imputazione, essenzialmente per i reati di concorso in turbativa d'asta e in abuso d'ufficio in relazione agli appalti per i lavori di costruzione della linea ferroviaria ad alta velocità Torino-Lione e per lavori di manutenzione e messa in sicurezza di altre vie stradali del Piemonte.
In questa sede non appare necessario affrontare i problemi d'inquadramento costituzionale che sono presentati e risolti dal giudice richiedente giacché in definitiva quest'ultimo conclude per l'inoltro della richiesta alla Camera dei deputati e dunque alla Camera spetta di decidere nel merito, ai sensi dell'articolo 6 della legge n. 140 del 2003, se accogliere la domanda o meno. Né la Camera deve esprimersi su conversazioni alle quali il deputato interessato non ha preso parte (v. anche la sentenza C. cost. n. 163 del 2005).
Dall'ordinanza di richiesta di utilizzo e dagli allegati, si evince che - secondo l'ipotesi accusatoria - insieme all'onorevole Martinat, diversi altri soggetti avrebbero concorso nella turbativa d'asta aggravata (articolo 353, commi 1 e 2, del codice penale) sia in relazione al tentativo di illegittima aggiudicazione a favore di Vincenzo Procopio di una gara di appalto relativa alla realizzazione di un cunicolo esplorativo nella linea ferroviaria Torino-Lione sia in relazione all'affidamento dell'esecuzione di altre opere attinenti alle infrastrutture della regione Piemonte.
Per quanto riguarda la Torino-Lione, si tratta di lotti di lavoro afferenti agli scavi geologici di sondaggio e non della costruzione vera e propria. Un ruolo chiave in questo contesto avrebbero svolto Valter Benedetto (responsabile della direzione costruzioni della società Torino-Lione) e Giovanni Desiderio, persona designata da Alleanza Nazionale nel consiglio d'amministrazione dell'agenzia Torino 2006.
Nella parte dell'inchiesta relativa alla variante della SS 589 e all'aggiudicazione dei relativi lavori in violazione della normativa comunitaria, compaiono tra gli altri anche i nomi di Marcellino Gavio, dirigente della Grassetto Lavori e quello di Teresio Fantini, dirigente della ditta SITALFA, vale a dire le ditte che si sarebbero giovate dell'illecito affidamento.
Più precisamente gli episodi contestati sono i seguenti:
1) formazione di un'associazione temporanea d'imprese tra la ditta del Procopio e la Metropolitane Milanesi spa al fine di consentire al Procopio - con il contributo di favore del Desiderio, del Benedetto e del Martinat - di concorrere più efficacemente alla gara per i sondaggi di Venaus (To);
2) illegittima aggiudicazione dell'appalto per i lavori della variante SS 589 alla SITALFA spa e tentativo di pilotare verso la LIS srl un appalto di lavori relativo ad altro tratto della stessa strada;
3) illegittima aggiudicazione dei lavori relativi alla strada regionale 232 variante Cossato - Valle Mosso - Trivero - Canton Colombo - Mottalciata - Rotatoria Mottalciata.

1. La gara per i sondaggi di Venaus. Secondo l'ipotesi accusatoria e in via di sintesi, Vincenzo Procopio, professionista titolare della STI srl, sarebbe stato beneficiario di attività volte a favorire la sua gara per l'aggiudicazione dell'appalto per lo scavo di un cunicolo esplorativo prodromico ai lavori per la linea ferroviaria Torino-Lione. Il deputato Martinat avrebbe infatti interessato sia Valter Benedetto che Giovanni Desiderio, rispettivamente direttore delle costruzioni della società Torino-Lione e membro dell'Agenzia Torino 2006 per Alleanza Nazionale - nonché vice-presidente di UNICREDIT Banca d'impresa spa - affinché l'offerta del Procopio fosse benevolmente considerata.
Tanto sarebbe suffragato - secondo gli inquirenti - dalle telefonate intercorse tra il marzo e il luglio 2004 tra Benedetto, Desiderio e lo stesso Procopio. Mentre quest'ultimo venne invitato a costituire un'Associazione temporanea d'imprese con la Metropolitane Milanesi spa per rendere la sua offerta più credibile e solida, gli altri protagonisti s'interessarono di capire quali imprese rischiassero di essere concorrenti pericolose (come per esempio la STONE - per quel che risulta dagli atti - legata alla figlia del ministro Lunardi) e a quali imprese invece fosse il caso che Procopio non si associasse, perché ritenute perdenti a causa del preteso legame con ambienti politici di sinistra (come la GEODATA). Infatti, intorno al 9 marzo 2004, Desiderio e Procopio acquisirono la consapevolezza che solo con una proroga dei termini per la presentazione delle offerte la STI srl potesse avere delle chances di battere la STONE, che tra l'altro era associata a una società di Marcellino Gavio; e che tali chances sarebbero state accresciute con la formazione dell'ATI con la MM. La proroga dei termini (dal 2 al 9 aprile 2004) venne disposta poi da Paolo Comastri, direttore generale della società Torino-Lione.
Di tutto ciò - sempre secondo gli inquirenti - l'onorevole Martinat sarebbe stato protagonista di primo piano, con il ruolo non solo di intermediario tra i vari attori della vicenda (i quali peraltro sarebbero tutte persone iscritte o comunque vicine al partito di Alleanza Nazionale), ma anche di destinatario di un versamento di 23 mila euro effettuato da tale Casalegno il 19 marzo 2004 (vedi pag. 30 dell'allegato alla richiesta). Quanto sopra emergerebbe dalle intercettazioni telefoniche, sia di quelle di cui viene chiesta l'autorizzazione all'utilizzo perché l'onorevole Martinat vi ha partecipato, sia delle altre. La conclusione della vicenda è però che l'ATI formata dalla STI srl e MM spa non risultò vincitrice.
2. L'appalto per la variante della SS 589 (c.d. Variante di Avigliana). Venendo sinteticamente al secondo episodio, il 9 luglio 2004, veniva stipulata una convenzione tra l'Agenzia Torino 2006, l'ANAS e la SITAF con cui a quest'ultima veniva delegato il ruolo di stazione appaltante (nello schema della c.d. concessione di opera pubblica) per l'esecuzione dei lavori di uno dei due lotti della variante della SS 589, di grande interesse per l'adeguamento delle infrastrutture del Piemonte in vista dei giochi invernali di Torino 2006.
Secondo il capo d'accusa tale convenzione sarebbe di per se illecita giacché la legge n. 285 del 2000 (all'articolo 3, comma 3-bis), come poi modificata dal decreto legislativo n. 48 del 2003 prescriverebbe - a parere degli inquirenti - che l'Agenzia Torino 2006 può individuare soltanto dei partners nelle potenziali convenzioni e non dei concessionari. Peraltro anche il partner doveva essere scelto previa gara espletata secondo le norme comunitarie, gara che invece non si è tenuta. La concessionaria peraltro a sua volta ha provveduto a un affidamento diretto a una propria controllata (la SITALFA). Il tutto peraltro - secondo gli inquirenti - sarebbe stato concordato ben prima della stipula della citata convenzione.
Invero, la stessa richiesta di utilizzo rivolta dal Pm al Gip e da questi alla Camera dei deputati, riconosce che l'onorevole Martinat non fa mai riferimento nelle conversazioni cui prende parte a questa vicenda. Il suo coinvolgimento risulterebbe solo dalle conversazioni tra altri interlocutori e dalla frequenza dei contatti tra lui e costoro, tra i quali - come accennato - Marcellino Gavio (v. pp. 48 e 63 dell'allegato 2 alla richiesta). E in questo consisterebbe il concorso nell'abuso d'ufficio.

L'aggiudicazione dei lavori c.d. variante Cossato. ARES è l'acronimo di Agenzia regionale delle strade, ente strumentale della regione Piemonte per le vie stradali. Nel 2004 ne era direttore generale Nicola Chiatante, soggetto poi attinto da misura cautelare in carcere per tentata concussione e turbativa d'asta nel procedimento di cui si tratta. In data 20 aprile 2004, il comitato direttivo dell'ARES stabilì che doveva essere bandita una gara per l'affidamento della progettazione e dell'esecuzione dei lavori alla strada regionale 232 variante Cossato - Valle Mosso - Trivero - Canton Colombo - Mottalciata - Rotatoria Mottalciata; il 28 luglio 2004 il bando di gara venne effettivamente pubblicato. Dalle intercettazioni risulta - sempre secondo gli uffici inquirenti - che però Vincenzo Procopio sapeva della pubblicazione del bando già dal 29 aprile 2004 e cioè dopo soli 9 giorni dalla decisione assunta internamente all'ARES. Peraltro, risulterebbe che Chiatante suggerì al Procopio di non associarsi con la società BONIFICA, sebbene questa avesse titoli preferenziali nell'assegnazione dell'appalto per aver già effettuato il progetto per la sola parte della variante Valle Mosso. Chiatante avrebbe suggerito a Procopio di allearsi con la società STEA, di cui Chiatante stesso sarebbe stato in passato dipendente. Egli poi sarebbe stato individuato come responsabile del procedimento amministrativo e avrebbe così pilotato la gara in favore della STI srl, che in effetti se l'aggiudicò. Anche in questa vicenda - secondo l'accusa - l'onorevole Martinat avrebbe avuto un ruolo.
Vi è da ultimo - come in parte accennato - una quarta contestazione negli atti trasmessi alla Camera, inerente ancora alla SS 589 nel tratto del comune di Pinerolo, tra la zona della Porporata e l'innesto con la tangenziale e il collegamento Area Olimpica di Pinerolo. L'appalto riguardante tale tratto di strada sarebbe - sempre secondo l'accusa - stato turbato al fine di aggiudicarlo all'impresa LIS srl, il cui amministratore delegato è tale Andrea Barone e il cui procuratore è Gianluigi Preda. Orbene, con riguardo a tale vicenda dagli atti trasmessi risulterebbe un frequente contatto tra il Barone e il Preda da una parte e il Desiderio e il Procopio dall'altra. A tal proposito risulterebbe, innanzitutto, che gli esponenti della LIS avevano contatti privilegiati con la commissione aggiudicatrice dal momento che seppero dell'esito della gara due giorni prima che questo fosse reso pubblico; che tuttavia da tali contatti privilegiati non pervennero notizie favorevoli per la LIS, ciò di cui gli esponenti di questa si lagnarono con Desiderio e con Procopio, come se - nell'ipotesi accusatoria - taluno strettamente connesso all'attività di costoro avesse in precedenza fatto promesse e assicurazioni. Secondo gli investigatori la persona in questione non potrebbe che essere l'onorevole Martinat, il quale venne contattato da Desiderio il 23 febbraio 2004 e genericamente informato della delusione del Barone. Successivamente il Procopio redasse delle integrazioni tecniche di miglioramento della progettazione stilata dalla LIS, unitamente a Elio Boccato, consulente tecnico interno all'Agenzia Torino 2006. Ciò nonostante, il Barone decise poi di contattare direttamente l'onorevole Martinat e di chiedergli un appuntamento che venne fissato per il 30 aprile a Torino. Nel frattempo si susseguirono contatti tra Procopio e Preda.
Dall'allegato 2 alla richiesta presentata alla Camera dei deputati comunque non risulta che la LIS sia riuscita a ribaltare l'esito per lei infausto della gara.

Considerazioni sull'autorizzazione e conclusioni. L'articolo 6 della legge 140 del 2003 non indica un parametro sulla base del quale l'autorizzazione richiesta debba o meno essere concessa. Ciò deriva dal fatto che i poteri autorizzatori delle Camere in materia di immunità parlamentare storicamente non sono disciplinati da una precisa criteriazione. Ciò non significa che essi siano poteri da esercitare in via arbitraria, come del resto hanno stabilito le sentenze della Corte costituzionale nn. 462, 463 e 464 del 1993. Si tratta allora di capire per quale motivo la Camera dovrebbe denegare l'autorizzazione visto altresì che nella seduta del 16 novembre 2005 l'onorevole Martinat non ha smentito alcuna delle asserzioni contenute nella documentazione pervenuta dall'autorità giudiziaria.
La Giunta ha svolto l'esame della richiesta nelle sedute del 16, 22 e 30 novembre e 14 dicembre 2005, nella prima di tali sedute - come accennato - ascoltando il deputato Martinat.
Secondo gli esponenti della maggioranza parlamentare in Giunta espressisi sul punto, l'organo parlamentare potrebbe svolgere, come in una sorta di riesame, un nuovo giudizio sulla rilevanza processuale delle intercettazioni.
Ciò deve ritenersi non solo praticamente difficoltoso, ma anche giuridicamente scorretto. Praticamente difficoltoso, perché non tutti i membri della Giunta hanno avuto modo di esaminare compiutamente la documentazione; giuridicamente scorretto perché le valutazioni sulla rilevanza processuale dei vari elementi probatori non possono spettare a un organo politico, ma rimangono di esclusiva pertinenza del giudice. L'intrusione della politica in uno specifico procedimento sarebbe fatto grave e costituirebbe un precedente assai pericoloso.
Nel corso dell'esame, il Presidente della Giunta, onorevole Siniscalchi, ha anche avanzato una proposta metodologica di mediazione: distinguere tra le conversazioni intercettate quali palesemente attengano a profili politici e quali invece non, in modo da negare l'autorizzazione all'utilizzo per le prime e concederlo per le seconde. Ma la proposta - messa ai voti - è stata respinta.
In realtà, pur essendo la legge n. 140 una cattiva legge, di cui si auspica la modifica in futuro, essa ha in mente - quale caso di diniego - quello dell'uso surrettizio e fraudolento di intercettazioni contro il parlamentare in aggiramento del disposto dell'articolo 68, terzo comma, della Costituzione.
In buona sostanza, per pervenire al diniego dell'autorizzazione richiesta bisognerebbe provare un intento persecutorio e malizioso della magistratura che abbia appositamente intercettato i consueti interlocutori del parlamentare proprio per sottoporre quest'ultimo a un indebito controllo a fini di interferenza politica. Solo con una simile interpretazione la Camera sottrarrebbe la concreta applicazione dell'articolo 6 della legge n. 140 del 2003 ai rilievi d'incostituzionalità che già sono stati sollevati da molte voci dottrinali e che del resto possono desumersi dall'orientamento della Corte costituzionale, la quale - nella sentenza n. 225 del 2001 - ha espressamente stabilito che "la posizione dell'imputato, che sia membro del Parlamento, di fronte alla giurisdizione penale [...] non è assistita da speciali garanzie costituzionali diverse da quelle stabilite, sul piano sostanziale, dall'articolo 68, primo comma, Cost., attraverso l'insindacabilità delle opinioni espresse e dei voti dati nell'esercizio delle funzioni parlamentari, e, sul piano procedimentale, dal secondo e dal terzo comma del medesimo articolo 68, che condiziona all'autorizzazione della Camera di appartenenza l'adozione di misure restrittive della libertà personale (nell'accezione di cui all'articolo 13, primo e secondo comma, della Costituzione) o della libertà e della segretezza della corrispondenza e delle comunicazioni (nell'area cioè garantita dall'articolo 15 della Costituzione)». È chiaro quindi che l'assunto implicito che si avverte diffuso nell'opinione di taluni settori di questa Assemblea - per cui l'articolo 6 tutelerebbe un rinforzato diritto alla privacy dei parlamentari rispetto agli altri cittadini - è destituito di fondamento. Lo stesso Consiglio di Stato, nella sentenza n. 5881 del 2003 ha riconosciuto che" il soggetto che aspira al conferimento di un incarico pubblico è portatore (e di ciò deve essere consapevole) di un obbligo di trasparenza nei confronti della collettività che implica la possibilità di conoscenza, da parte dei cittadini, di profili della propria personalità e delle proprie opinioni e attitudini, sia come singolo che in qualità di appartenente al contesto sociale nel quale si esplica la propria attività: ciò è tanto più vero in relazione all'espletamento del mandato politico, ma è comunque di assoluta rilevanza anche nel quadro del conferimento di incarichi pubblici ad estranei all'amministrazione, in funzione dell'attribuzione di poteri pubblicistici e, anche, della correlata gestione di risorse finanziarie collettive».
Nella fattispecie al nostro esame, dato che le indagini sono iniziate secondo ogni buona regola investigativa a carico di terzi soggetti, i quali sono accusati di gravi reati contro la pubblica amministrazione che nulla hanno a che fare con l'attività politico-parlamentare dell'on. Martinat, non vi sono segni di fumus persecutionis. Né del resto nei vari passaggi processuali risulta che alcuno degli imputati abbia contestato nel merito le accuse. Risulta anzi che tutti i difensori abbiano meramente proposto una questione di legittimità costituzionale dell'art. 6 della legge n. 140. Nessuna traccia - dunque - di intento persecutorio.
Né possono essere sottaciute in questa sede le gravi conseguenze che avrebbe un diniego di autorizzazione: si prospetterebbe l'infausto esito di un giudizio meramente politico in ordine a elementi probatori di schietta pertinenza processuale: - qui sì - un'interferenza politicamente orientata sulle attribuzioni di un altro potere, che non potrebbe che ribellarsi, elevando conflitto d'attribuzioni innanzi alla Corte costituzionale. Né l'esito del conflitto rimedierebbe all'irreversibile distruzione del materiale probatorio, prescritta dalla legge.
Per questi motivi, a parità di voti, la Giunta ha respinto la proposta di diniego avanzata da chi era incaricato di riferire inizialmente al collegio. I sottoscritti relatori avanzano quindi - a nome della Giunta - la proposta che l'Assemblea conceda l'autorizzazione richiesta, affinché il deputato Martinat possa difendersi nel merito delle accuse ed eventualmente dimostrare in giudizio la loro infondatezza e la correttezza del suo operato.

Giovanni KESSLER e Pierluigi MANTINI,
relatori per la maggioranza.


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