VIII Commissione - Resoconto di marted́ 13 dicembre 2005


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ATTI DEL GOVERNO

Martedì 13 dicembre 2005. - Presidenza del presidente Pietro ARMANI. - Interviene il sottosegretario di Stato per l'ambiente e la tutela del territorio, Roberto Tortoli.

La seduta comincia alle 12.40.

Schema di decreto legislativo recante norme in materia ambientale.
Atto n. 572.
(Esame e rinvio).

La Commissione inizia l'esame.

Pietro ARMANI, presidente, ricorda che la Commissione comincia in data odierna l'esame dello schema di decreto legislativo attuativo della legge n. 308 del 2004, cosiddetta «delega ambientale», il cui termine per l'espressione del parere verrebbe in scadenza il 5 gennaio 2006. Al riguardo, avverte preliminarmente che il Presidente della Camera ha comunicato che il Ministro per i rapporti con il Parlamento ha fatto presente che la richiesta di parere parlamentare non è corredata dal prescritto parere della Conferenza Unificata, che - secondo quanto precisato dallo stesso Ministro - dovrebbe riunirsi il prossimo 15 dicembre. Il Presidente della Camera, pertanto, pur avendo proceduto all'assegnazione dello schema di decreto, richiama l'esigenza che la Commissione non si pronunci definitivamente sul provvedimento, prima che il Governo abbia provveduto ad integrare la richiesta di parere nel senso indicato.
Fa, peraltro, presente che lo stesso Ministro per i rapporti con il Parlamento ha sottolineato, con lettera in data 29 novembre 2005, che il Governo non procederà ad assumere alcuna iniziativa se non dopo che le Commissioni competenti avranno espresso il proprio parere. Segnala che, al contempo, con comunicazione in data 7 dicembre 2005, il Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio ha annunziato che il Governo non intende


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concedere deroghe rispetto al termine fissato dalla legge per l'esame parlamentare.
In proposito, pur prendendo atto della comunicazione del Ministro Matteoli, osserva che la VIII Commissione non può al momento che attenersi - per quanto concerne l'esigenza di attendere gli esiti della Conferenza Unificata - alle indicazioni del Presidente della Camera, restando inteso che ulteriori determinazioni circa l'organizzazione dei lavori della stessa Commissione potranno essere assunte nel prosieguo dell'esame del provvedimento. Rileva che la comunicazione del Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio, pertanto, sembra doversi intendere nel senso che l'impossibilità di concedere deroghe sia comunque subordinata all'ipotesi che la Conferenza Unificata abbia già espresso il parere di competenza.
Comunica, infine, che - a seguito di intese raggiunte con la 13a Commissione permanente del Senato, alla quale è stato assegnato il provvedimento presso l'altro ramo del Parlamento - si è convenuto di procedere congiuntamente allo svolgimento di un rapido ciclo di audizioni informali in relazione allo schema di decreto legislativo in titolo. Data la ristrettezza dei tempi a disposizione, le medesime Commissioni hanno concordato di limitare l'ambito delle audizioni informali, convenendo comunque sulla possibilità che tutti i soggetti interessati possano inviare documentazione scritta sulle tematiche oggetto dello schema di decreto.

Tommaso FOTI (AN), relatore, rileva preliminarmente che la complessità del provvedimento in esame richiede un attento esame da parte del Parlamento, il cui ruolo istituzionale deve essere salvaguardato. Al riguardo, rileva l'importanza che la Commissione possa formulare osservazioni al testo nel corso dell'esame in prima lettura. Per tale ragione, auspica che la Commissione possa disporre del necessario spazio temporale, al fine di superare inutili ostruzionismi, che potrebbero nuocere all'esame del provvedimento.
Prima di soffermarsi sul merito dello schema di decreto, intende svolgere alcune considerazioni di carattere politico. In primo luogo, fa presente che, considerata la natura di atto dovuto dello schema di decreto, la Commissione nella sua interezza, con senso di responsabilità, dovrebbe concorrere a migliorare la formulazione del testo: ne deriva che anche i gruppi di opposizione dovrebbero apportare contributi allo svolgimento di tali approfondimenti con riferimento alle implicazioni di carattere giuridico e politico, la cui chiarezza giova all'applicazione della disciplina. Ritiene, inoltre, che la nomina di un unico relatore sia da considerare apprezzabile, in quanto consentirà di svolgere un esame organico sul provvedimento; la nomina di più relatori, invece, in linea con la scelta dell'altro ramo del Parlamento, avrebbe a suo avviso frammentato il procedimento istruttorio della Commissione, determinando difficoltà nella predisposizione del parere.
Passando quindi al merito del provvedimento, fa presente che focalizzerà la sua attenzione sulle disposizioni di maggiore interesse, avvalendosi anche della documentazione predisposta dagli uffici, che ringrazia per il lavoro di approfondimento svolto.
Nel ricordare che lo schema di decreto in esame è suddiviso in sei parti, osserva che l'articolo 2 definisce la finalità generale delle norme inserite nel provvedimento, che è la promozione dei livelli di qualità della vita umana. A tale obiettivo sono strumentali la salvaguardia e il miglioramento dell'ambiente nonché l'utilizzazione razionale delle risorse naturali; vengono poi indicati tre obiettivi, che sono: il recepimento della normativa comunitaria; il rispetto delle attribuzioni di regioni e autonomie locali, al fine di superare eventuali conflittualità e contenziosi; l'invarianza della spesa.
Con riferimento alla parte seconda, concernente le procedure per la valutazione ambientale strategica (VAS), per la valutazione di impatto ambientale (VIA) e per l'autorizzazione ambientale integrata


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(IPCC), fa presente che le norme in essa contenute provvedono ad accorpare in un unico testo un quadro normativo attualmente disomogeneo, formato essenzialmente dall'originaria disciplina statale, dichiaratamente transitoria, di recepimento dell'allegato I della direttiva 85/337/CEE, che già conteneva al suo interno norme derogatorie sulle centrali termoelettriche e a turbogas dell'Enel; dalle numerose fonti, di rango primario e secondario, che hanno subordinato alla VIA, episodicamente e secondo schemi differenziati, l'approvazione delle più varie tipologie di opere; la disciplina sulla VIA regionale, che ha completato il recepimento della direttiva 85/337/CEE, sottoponendo a VIA anche le opere elencate nell'allegato II della direttiva stessa. Un riordino in tale materia, a suo avviso, non può essere ignorato: mantiene invece una sua specificità la disciplina speciale e derogatoria delle opere infrastrutturali e strategiche di cui alla legge n. 443 del 2001 e al suo decreto attuativo n. 190 del 2002. Segnala, tra le principali novità introdotte, l'istituzione di un'unica Commissione di ottanta membri, per gestire tutte e tre le diverse valutazioni/autorizzazioni (VAS, VIA e IPPC), cui spetteranno anche le attività della VIA sulle cosiddette grandi opere. In relazione alle opere da sottoporre a VIA ai sensi della nuova normativa, rileva che, dal lungo elenco delle categorie progettuali ricomprese nell'ambito di applicazione dell'articolo 23, si rileva la vastità del campo di applicazione di tale procedura, in quanto sembrerebbe che non possa esistere progetto di infrastruttura o impianto industriale, che possa sfuggire all'applicazione della normativa in materia di VIA. Su tale punto, sarebbe opportuna una chiarificazione ed elementi di maggiore dettaglio per evitare problemi nel corso dell'applicazione. Osserva che una delle innovazioni principali e sostanziali, introdotta dalla nuova disciplina sulla VIA - ed anche per la nuova VAS - è l'introduzione di un nuovo criterio per l'attribuzione della competenza statale o regionale, non più collegato alla tipologia dell'opera/intervento in relazione al suo impatto ambientale, bensì all'autorità competente a rilasciare l'autorizzazione alla costruzione/esercizio, oppure il suo carattere interregionale o, ancora, l'eventuale impatto transfrontaliero (articolo 35). Segnala che l'adozione di tale criterio porterebbe al superamento di una spesso illogica sovrapposizione di procedimenti e di competenze. Quanto alle norme procedimentali, sono state introdotte, nella disciplina comune e in quella per la VIA statale, alcune fasi del procedimento iniziale peculiari della VIA regionale, ossia la fase preliminare e la fase di verifica, adeguando, in tal modo, la normativa al dettato comunitario. Fa presente, inoltre, che è stata introdotta, tra le norme comuni e per la VIA statale, un'ulteriore fase (articoli 26, comma 2, e 36, comma 4) che fino ad oggi era prevista dalla vigente normativa regionale, sempre relativa alla fase iniziale del procedimento, che prevede che le regioni e gli enti locali esprimano il loro parere entro sessanta giorni dall'invio di tutta la documentazione relativa al progetto. Decorso tale termine, il giudizio di compatibilità può essere emesso anche in assenza dei predetti pareri. Rileva che tale nuova fase procedurale appare, pertanto, finalizzata ad ottenere un preliminare consenso delle autonomie locali sull'opera e che, al di là di quanto si è detto sugli organi di stampa, è una norma di garanzia che le autonomie locali medesime non dovrebbero criticare. Osserva che sono state migliorate le forme di partecipazione al procedimento finalizzate a consentire la partecipazione del pubblico, soprattutto attraverso l'introduzione dell'istituto dell'inchiesta pubblica nella fase istruttoria, istituto previsto dall'attuale normativa regionale sulla VIA, e limitato ai progetti di centrali termoelettriche e turbogas superiori a 300 MW. Quanto alle disposizioni relative alla VAS, che recepiscono per la prima volta la direttiva 2001/42/CE, anche se alcune regioni hanno già provveduto ad attuarla, esse sono state disegnate in relazione alla procedura di VIA, alla quale, tra l'altro, la VAS è collegata da nessi giuridici, sostanziali e procedurali. Segnala che, analogamente a


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quanto disposto per la procedura di VIA, quindi, il criterio in base al quale dovrà essere deciso se sottoporre un piano/programma a VAS statale o regionale, non sarà solo la tipologia del piano/programma, ma l'autorità competente alla sua approvazione introducendo un' apprezzabile coerenza tra i vari sistemi di valutazione. Appaiono, invece, più pregnanti nella procedura di VAS, le forme di controllo, che prevedono uno specifico monitoraggio (articolo 14), ai fini di individuare tempestivamente eventuali effetti negativi e di essere in grado di adottare le opportune misure correttive.
Rileva che il coordinamento normativo operato dallo schema di decreto lascia aperte alcune problematiche, sulle quali giudica opportuno riflettere. In relazione alla procedura di VIA, le numerose disposizioni contenute nel testo del decreto non chiariscono rispetto a quale fase progettuale essa vada effettuata, se quindi, vada sottoposto a VIA il progetto preliminare o quello definitivo. Inoltre, sia le disposizioni relative alla VAS, che quelle sulla VIA, prevedono un potere sostitutivo del Consiglio dei Ministri nel caso l'autorità preposta non emetta il giudizio di compatibilità ambientale che, se non esercitato, è da considerarsi come giudizio favorevole sul piano/opera. Nel segnalare che tale aspetto è meritevole di approfondimenti sotto il profilo della piena compatibilità con le norme comunitarie, reputa necessario che il potere sostitutivo venga comunque esercitato concedendo un lasso di tempo più lungo ovvero prevedendo la formale espressione del parere da parte del Consiglio dei ministri. Osserva poi che sarebbe opportuno prevedere espressamente l'abrogazione del decreto del Presidente del Consiglio dei ministro del 27 dicembre 1988 e del decreto del Presidente del Consiglio dei ministri 10 agosto 1988, n. 377. Il decreto del Presidente del Consiglio dei ministri 27 dicembre 1988 reca le norme tecniche per la redazione del SIA, per il quale sembrerebbe dedursi l'abrogazione implicita da alcune norme (commi 3 e 4 dell'articolo 51) che prevedono l'emanazione, con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri, di nuove norme tecniche integrative della disciplina di VIA per la redazione dei SIA, e la contestuale vigenza, fino alla loro emanazione, delle norme tecniche attuali. Evidenzia, inoltre, la mancata trasposizione nel testo dell'articolo 10-bis della direttiva 85/337/CEE, introdotto dalla direttiva 2003/35/CE, relativo alle procedure di ricorso amministrativo e giurisdizionale «per contestare la legittimità sostanziale o procedurale di decisioni, atti od omissioni soggetti alle disposizioni sulla partecipazione del pubblico». Data l'importanza delle questioni evidenziate, si appella al rappresentante del Governo affinché i rilievi precedentemente segnalati vengano tenuti nella debita considerazione all'atto dell'approvazione del provvedimento.
Con riferimento alla parte terza del testo, relativa alla difesa del suolo e alle acque, fa presente che lo schema di decreto procede ad una riorganizzazione e unificazione di normative che apparivano disperse in tre differenti filoni (difesa del suolo, inquinamento delle acque, servizi idrici), tentando di razionalizzare e connettere tutto il quadro normativo che disciplina la risorsa «acqua», quale risorsa strategica per la tutela dell'ambiente e lo sviluppo sostenibile. Si recepisce, inoltre, la direttiva 2000/60/CE (cosiddetta «direttiva acque»), che tratta unitariamente le problematiche relative al governo delle acque e quelle relative alla difesa del suolo, contrariamente a quanto avviene a livello nazionale in cui i due ambiti sono considerati separatamente, non solo a livello normativo, attraverso la legge n. 183 del 1989 e il decreto legislativo n. 152 del 1999, ma anche sul piano amministrativo e tecnico-scientifico. Segnala che l'articolo 54 reca una definizione legislativa di «difesa del suolo», assente nell'ordinamento italiano e quindi particolarmente necessaria. Si prevede, inoltre, l'attribuzione di una serie di funzioni alla Conferenza Stato-Regioni (oggi non previste dalla legge) e che hanno il compito di coordinare l'azione di tutti i poteri pubblici in un


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settore in cui i problemi sono notevoli - come ha dimostrato anche la recente indagine conoscitiva dell'VIII Commissione sulla programmazione e sulla gestione delle opere idrauliche. Tale ridefinizione delle competenze dovrebbe evitare un «rimpallo» delle funzioni e delle responsabilità. Vengono, altresì, ridefinite le competenze regionali all'articolo 61: in particolare, le regioni sono chiamate a svolgere attività di collaborazione rispetto all'elaborazione dei piani di bacino dei distretti idrografici, nonché attività di proposta rispetto a programmi, studi e progetti relativi agli stessi distretti, ma non delimitano più i bacini di propria competenza né elaborano e adottano i piani dei bacini di rilievo regionale e interregionale, mentre ad esse è attribuita la competenza relativa all'elaborazione, adozione, approvazione ed attuazione dei piani di tutela. Nel rilevare che si tratta di un'importante innovazione, che appare coerente con le conclusioni a cui è pervenuta l'indagine conoscitiva dell'VIII Commissione, ricorda al riguardo la situazione del bacino del Po in cui si la presenza di diversi attori non garantisce una efficace ed efficiente gestione. Sempre ai fini di un migliore coordinamento nell'azione di tutti i poteri pubblici, viene introdotta la previsione che gli atti di indirizzo, coordinamento e pianificazione delle Autorità di bacino distrettuali vengano adottate in sede di Conferenza di servizi (articolo 63, comma 4). Sottolinea che si prevedono importanti poteri sostitutivi del Governo centrale nel caso di inattività da parte delle regioni e degli enti locali nell'adempimento delle rispettive competenze, qualora da tali inadempimenti possano derivare violazioni di obblighi comunitari (articolo 75, comma 2). Precisa che si provvede all'introduzione del nuovo strumento del piano di gestione (articolo 117) per ciascun distretto idrografico, nonché del registro delle aree protette individuato dalle Autorità di bacino, conformemente alle disposizioni comunitarie vigenti. Fa presente, inoltre, il coordinamento delle norme sul servizio idrico integrato con le norme sui servizi pubblici locali (di cui all'articolo 113 del testo unico sugli enti locali), che erano venute a rappresentare un vero e proprio coacervo normativo di difficile interpretazione. A suo avviso, comunque, la novità più importante riguarda l'attuazione della direttiva europea sulle acque e l'istituzione dei distretti idrografici e delle corrispondenti Autorità di bacino distrettuali, un punto sul quale l'indagine conoscitiva svolta dalla Commissione ha dato un contributo innegabile nella direzione di fare evolvere la normativa italiana in questo senso.
Riguardo alla parte quarta, recante norme in materia di rifiuti e bonifiche, osserva che lo schema di decreto contiene una serie di disposizioni nuove rispetto al decreto legislativo n. 22 del 1997, che incidono sulla definizione della nozione di rifiuto. In particolare, vengono introdotte norme riguardanti la stipula di accordi di programma tra la pubblica amministrazione e i soggetti economici interessati, già previsti dal decreto legislativo n. 22 del 1997, aventi ad oggetto l'ottenimento attraverso il recupero di rifiuti di materie prime secondarie, combustibili da rifiuti e prodotti. Tali accordi vengono disciplinati in maniera più dettagliata, stabilendo la procedura per l'adozione degli stessi e sottoponendoli al rispetto di criteri individuati con apposito decreto ministeriale. Lo schema di decreto contiene, inoltre, nuove definizioni delle nozioni di recupero e di smaltimento, più estese rispetto alla normativa vigente, posto che attualmente si fa riferimento esclusivamente alle operazioni definite negli Allegati B e C rispettivamente per le operazioni di smaltimento e di recupero. Ritiene che le nuove definizioni siano improntate a principi meno vincolistici, sulla base dell'assunto per il quale è opportuno disporre di poche norme sulle quali si esige il rispetto piuttosto che di una mole di disposizioni, che non si riesce a far applicare. Nel condividere personalmente tale impostazione, fa presente l'evoluzione della normativa comunitaria in materia di rifiuti, alla quale il testo in esame tenta di adeguarsi. Sempre in materia di recupero dei rifiuti, ricorda che viene introdotta la possibilità


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di individuare con apposito decreto ministeriale i rifiuti non pericolosi, che sono sottratti al regime delle autorizzazioni e per i quali vige soltanto l'obbligo di rispettare gli articoli 188 comma 3, 189, 190 e 193 (registro di carico e scarico, formulario di identificazione dei rifiuti). Viene inoltre introdotta una norma, che esclude l'applicazione della normativa sui rifiuti ai sottoprodotti, conformemente alle più recenti pronunce della Corte di giustizia europea sulla scorta degli orientamenti giurispurudenziali consolidatisi in tale ambito. Rileva che l'articolo 192, in caso di abbandono di rifiuti, dispone che la responsabilità civilistica del proprietario e di titolari di diritti reali di godimento sussiste solo in caso di dolo o di colpa grave e non in caso di dolo o di colpa generica. A tale proposito, sottolinea che tale disposizione dovrebbe essere condivisa anche dai gruppi di opposizione, considerato che la colpa grave è definita in maniera giuridicamente certa, mentre la colpa generica è generalmente riferibile ad personam. Reputa apprezzabile, inoltre, l'articolo 189, che riguarda la comunicazione al Catasto dei rifiuti, prevedendo l'esclusione dell'obbligo della comunicazione al Catasto per le imprese e gli enti che producono rifiuti non pericolosi industriali, commerciali e artigianali in un'ottica di semplificazione. Fa presente che gli articoli da 200 a 204 prevedono l'istituzione - da parte degli enti locali - di un'autorità d'ambito all'interno di ogni ambito territoriale ottimale, avente il compito di gestire l'organizzazione del servizio di gestione integrata dei rifiuti. Nel rilevare che tale istituzione è già attualmente prevista da alcune regioni, rileva che in tale ambito il problema è quello delle gare, in quanto a suo avviso per il funzionamento efficace del sistema si dovrebbe affidare la realizzazione delle gare medesime a un soggetto terzo. Altra novità introdotta dallo schema di decreto riguarda l'affidamento dei compiti, finora esercitati dall'Osservatorio nazionale sui rifiuti, all'Autorità di vigilanza sulle risorse idriche e sui rifiuti. Per quanto riguarda i rifiuti da imballaggio, osserva che le norme in questo ambito adeguano la disciplina italiana alla normativa comunitaria, conferendo un ruolo di preminenza al CONAI. Sottolinea che l'articolo 230 disciplina le attività di manutenzione delle infrastrutture, mentre gli articoli 235 e 236 prevedono, in aderenza a quanto previsto dal comma 9 dell'articolo 1 della legge delega in materia ambientale, il passaggio da un regime di obbligatorietà ad uno di volontarietà per quel che riguarda la costituzione di consorzi per la raccolta e il trattamento delle batterie al piombo esauste e dei rifiuti piombosi e quelli per la gestione e la raccolta degli oli minerali usati, prevedendo peraltro che qualora non vi sia adesione ad un consorzio, gli operatori organizzino comunque forme adeguate per il trattamento dei materiali sopra citati. Quanto alla tariffa per la gestione dei rifiuti urbani, lo schema di decreto conferma il passaggio dalla tassa alla tariffa, già previsto dal decreto n. 22 del 1997, e specifica in modo diverso rispetto al decreto stesso alcuni parametri in base ai quali la tariffa deve essere calcolata conservando, pertanto, l'impianto normativo vigente secondo il principio «chi inquina paga».
Con riferimento alle importanti innovazioni procedurali relative alla bonifica dei siti inquinati, segnala la previsione di due differenti soglie di contaminazione: concentrazioni soglia di contaminazione (CSC) e concentrazioni soglia di rischio (CSR), al superamento delle quali sono collegate specifiche azioni da intraprendere da parte del responsabile dell'inquinamento. Nella nuova procedura il soggetto che cagiona un rischio di superamento delle concentrazioni soglia di contaminazione (CSC) deve adottare misure di prevenzione. L'obbligo di adozione di un vero e proprio piano di bonifica scatta solo nel caso in cui le autorità competenti verifichino il superamento dei valori di concentrazioni soglia di rischio dopo lo svolgimento di una procedura di analisi del rischio. Evidenzia l'articolo 246, che prevede la stipula di accordi di programma per la bonifica dei siti. Quanto alla disciplina degli oneri reali e dei privilegi speciali, segnala che nella nuova


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disciplina (articolo 253) non è più previsto che le spese sostenute per gli interventi di bonifica siano assistite da privilegio generale mobiliare. Inoltre, gli interventi di messa in sicurezza costituiscono onere reale solo nel caso in cui gli interventi siano effettuati d'ufficio.
Con riferimento alla parte quinta, sulla tutela dell'aria e la riduzione delle emissioni in atmosfera, fa presente che il provvedimento accorpa in un unico testo una moltitudine di disposizioni sia di rango primario sia di natura regolamentare. Non si tratta solo di un riordino, bensì dell'introduzione di importanti novità, tra le quali ricorda la nuova definizione di «impianto» all'articolo 268, l'obbligo di convocazione di una conferenza di servizi all'articolo 269, contestualmente abolendo l'obbligo di acquisizione, da parte della regione, del parere del sindaco del comune di ubicazione dell'impianto. Al riguardo, osserva che si tratta della valorizzazione di un momento qualificante del contraddittorio tra le parti, che a suo avviso porterà a una riduzione dei tempi della procedura. Ritiene, infine, che l'introduzione di una durata fissa, pari a quindici anni, per le autorizzazioni abbia il pregio di definire in maniera chiara e certa l'ambito di applicazione della norma, evitando il continuo ricorso a proroghe. Osserva, comunque, che l'elemento che maggiormente caratterizza questa parte dello schema di decreto è quello del riordino e della semplificazione di una normativa, che richiedeva da tempo (a parere unanime degli operatori) uno sforzo di codificazione.
Riguardo alla parte sesta, che contiene norme sul risarcimento contro i danni dell'ambiente, ricorda che le norme italiane sulla tutela del danno ambientale sono - oggi - rappresentate da poche disposizioni frammentarie e di carattere generico e - soprattutto - da un numero considerevole di sentenze provenienti da varie giurisdizioni e - su molti punti - contrastanti fra di loro. Sottolinea che, tranne problemi, forse secondari, quale quello della assenza di una definizione normativa del «ripristino», i veri problemi - non eludibili - della normativa italiana in materia di danno ambientale sono l'interpretazione dell'articolo 18 della legge n. 349 del 1986 e il mancato recepimento della direttiva europea 2004/35/CE, espressamente dedicata alla tutela risarcitoria del danno ambientale, che rappresenta il risultato di un decennio di lavori preparatori e che è giunta a una definizione della materia ben distante da quella del legislatore e soprattutto della giurisprudenza italiani. Precisa che lo schema di decreto opta per un sistema basato sulla responsabilità per dolo o colpa, mentre nel sistema italiano si veniva affermando (soprattutto a seguito dell'entrata in vigore dell'articolo 17 del decreto legislativo n. 22 del 1997) un sistema basato sulla responsabilità oggettiva. In particolare, viene riservata alla sola amministrazione centrale la facoltà di agire in quanto tale azione non avviene in via giudiziaria, ma amministrativa, attraverso una ordinanza-ingiunzione. Rileva che il provvedimento prevede che i soggetti diversi dal Ministro dell'ambiente non possano agire in giudizio, ma - in merito ad ogni caso di danno ambientale o di minaccia imminente di danno - possano presentare denunce o osservazioni al Ministro dell'ambiente ovvero chiedere l'intervento statale. Osserva che i soggetti legittimati a questo genere di azione sono: regioni, province autonome ed enti locali, persone fisiche o giuridiche che sono o potrebbero essere colpite dal danno, ovvero che vantano un interesse legittimante (fra queste sono comprese anche le associazioni ambientali riconosciute). In questo riscontra un parallelismo tra l'articolo 12 della direttiva e l'articolo 309 del testo in esame. Fa presente che si rileva una volontà di accentrare le competenze - rispetto alla normativa vigente - all'interno dell'amministrazione statale; infatti, sin dall'articolo 299, ma poi in modo più chiaro in tutto il Titolo III, spettano al Ministro dell'ambiente le funzioni più incisive in materia di azione risarcitoria. Nelle sue linee generali, la disciplina prevede la doppia ipotesi del risarcimento


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in forma specifica o per equivalente patrimoniale. Nell'osservare che la scelta fra le due forme non rientra fra le facoltà del Ministro, rileva che la procedura è attivata da un'ordinanza del Ministro dell'ambiente con la quale si ingiunge al responsabile il risarcimento in forma specifica. Segnala che l'elemento di discontinuità è invece rappresentato dalla titolarità della quantificazione, che spetta - nella nuova disciplina - al Ministro dell'ambiente, laddove nella normativa vigente tale funzione è affidata all'organo giudiziario. A suo avviso, la nuova disciplina garantirà l'adozione di azioni più puntuali e mirate, laddove attualmente il soggetto legittimato ad agire non risponde a nessuno della sua azione.
In conclusione, si riserva di intervenire nel prosieguo dell'esame per segnalare ulteriori elementi sui quali sarà opportuno svolgere approfondimenti, preannunziando l'intenzione di formulare - nei tempi dovuti - una proposta di parere, che tenga conto degli elementi che emergeranno nel corso del dibattito.

Pietro ARMANI, presidente, ringrazia il relatore per l'approfondita e articolata relazione che attesta la serietà dei problemi affrontati, con particolare riferimento al riordino normativo di una materia in cui vigono numerose disposizioni a volte contraddittorie. Nel ribadire l'apprezzamento per il lavoro svolto, che sarà suscettibile di approfondimenti nel prosieguo dell'esame, rileva l'opportunità che il Governo tenga nella debita considerazione le considerazioni del relatore, al fine di evitare l'emanazione di successivi provvedimenti di rettifica e integrazione, che potrebbero minare la certezza di un settore delicato in cui agisce una pluralità di operatori, tra i quali le imprese.

Il sottosegretario Roberto TORTOLI ringrazia il relatore per l'ampia relazione sul provvedimento in esame, che è complesso e corposo e richiede un'attenta riflessione, affinché la Commissione possa esprimere un parere coerente con l'approfondito lavoro svolto in occasione dell'esame della legge «delega ambientale». Si rende conto della necessità di assicurare tempi adeguati alla Commissione per svolgere gli opportuni approfondimenti e del fatto che l'imminente sospensione dei lavori, in occasione delle festività natalizie, renderà ancora più difficile lo svolgimento dell'esame del provvedimento. Fa presente che la comunicazione del Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio sottolinea come in effetti allo stato attuale i tempi fissati per l'espressione del parere da parte delle Commissioni parlamentari competenti siano inderogabili. Ciononostante, alla luce anche degli sviluppi in sede di Conferenza unificata, non si può escludere uno slittamento del termine per l'espressione del parere parlamentare. Avverte, pertanto, che solo nella giornata di giovedì 15 dicembre, data in cui la Conferenza unificata è convocata per l'espressione del parere sullo schema di decreto legislativo, sarà possibile assumere una decisione definitiva in merito alla fissazione dei tempi per il prosieguo dell'esame e per la definitiva pronuncia delle Commissioni parlamentari.

Fabrizio VIGNI (DS-U) anticipa, a nome del suo gruppo, il giudizio negativo sul provvedimento in esame, che reputa l'ultimo dannoso atto di una politica ambientale sbagliata. Segnala, infatti, che lo schema di decreto legislativo è viziato da eccesso di delega e da profili di incostituzionalità, che fanno arretrare i livelli di protezione in materia ambientale, determinando un possibile incremento del contenzioso comunitario e tra le regioni e gli enti locali, atteso che il complesso provvedimento rende la legislazione vigente meno certa.
Intervenendo sul metodo e sulle procedure di esame del provvedimento, ricorda che la Commissione, per più di quattro anni, non si è occupata di ambiente e non ha approvato alcuna iniziativa significativa in tale ambito, mentre adesso si trova nella condizione di dovere esprimere un parere su un testo di 318 articoli, corredato da numerosi allegati, in pochissimo tempo, considerata altresì l'imminente sospensione dei lavori parlamentari


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per le festività natalizie, che comprimeranno ulteriormente i già ristretti tempi d'esame. Fa presente che nella procedura d'approvazione del presente schema di decreto sono state disattese le disposizioni procedurali previste dalla stessa legge delega in materia ambientale. Al riguardo, c'è da domandarsi chi abbia scritto il testo del provvedimento, considerato che la cosiddetta «commissione dei ventiquattro saggi» è stata coinvolta solo occasionalmente e risulterebbe addirittura che sul testo finale si sarebbe proceduto ad una votazione telematica. Segnala, inoltre, che non sono stati consultati gli organismi con i quali doveva essere aperto un confronto su determinate tematiche: in primo luogo, è stato «calpestato» il principio di leale collaborazione tra lo Stato e le regioni. A ciò si aggiunga che le province e i comuni sono stati marginalmente coinvolti, non sono state interpellate le associazioni ambientaliste, le associazioni dei consumatori, le organizzazioni sindacali e anche talune associazioni rappresentative del mondo produttivo.
Ricorda che, nell'ambito dei precedenti uffici di presidenza, integrati dai rappresentanti dei gruppi, quando ancora si riteneva che il Governo stesse predisponendo più decreti legislativi attuativi della delega, era stato chiesto dai rappresentanti di maggioranza e di opposizione un invio non contestuale dei provvedimenti, al fine di consentire alla Commissione di disporre di tempi più adeguati per l'esame di testi oggettivamente complessi. La Commissione, invece, si trova adesso ad esaminare un unico testo, che accorpa normative in settori diversi, con tempi ridotti al minimo. Osserva che i gruppi di centrosinistra hanno trasmesso una lettera al Presidente della Camera affinché non procedesse all'assegnazione dello schema di decreto legislativo in esame se non dopo la pronuncia della Conferenza unificata, in virtù di prassi consolidate e sulla base del contenuto della stessa «legge delega ambientale». La presidenza della Camera non ha accolto la richiesta dei gruppi di opposizione, procedendo a un'assegnazione «con riserva», subordinando l'espressione del parere parlamentare all'espressione del parere della Conferenza unificata. Ritiene che tale aspetto non possa ammettere deroghe. Per tale ragione, non è condivisibile la posizione del Governo, che ha ribadito l'inderogabilità del termine del 5 gennaio 2006 per l'espressione del parere.
Rileva, in conclusione, la necessità che la Commissione disponga di trenta giorni effettivi di tempo per l'esame del provvedimento e per l'approvazione del parere. In caso contrario, infatti, si aprirebbero problemi istituzionali, che difficilmente potrebbero essere affrontati dalla stessa Commissione.

Fulvia BANDOLI (DS-U), nel condividere la proposta testé formulata, si associa alle considerazioni svolte dal deputato Vigni.

Tommaso FOTI (AN), relatore, nel ribadire che il provvedimento in esame è un atto dovuto, conferma la necessità di un esame attento da parte della Commissione, esame che potrebbe adeguatamente svolgersi, assicurando alla Commissione almeno una settimana di tempo in più rispetto al termine già fissato per l'espressione del parere. In tal modo, l'esame in prima lettura potrebbe svolgersi in maniera approfondita, al contempo consentendo al Governo di concludere l'iter per l'approvazione definitiva del testo prima dello scioglimento delle Camere, atteso che l'esame in seconda lettura potrebbe essere svolto in tempi più brevi rispetto a quanto previsto dalla legge. Si appella quindi al Governo affinché assicuri alla Commissione i presupposti per un esame sereno, nell'interesse di tutti.
Per quanto riguarda l'organizzazione dei lavori, prospetta l'ipotesi che il prosieguo dell'esame venga articolato in sessioni tematiche, focalizzando l'attenzione sulle singole parti in cui è suddiviso il provvedimento. In tal modo, a suo avviso, la discussione si potrebbe svolgere in maniera più ordinata.


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Fabrizio VIGNI (DS-U) concorda con il metodo di lavoro prospettato dal relatore a patto che vengano salvaguardati i necessari spazi di esame alla Commissione.

Pietro ARMANI, presidente, fa presente che i tempi per la prosecuzione dell'esame del provvedimento sono strettamente connessi agli esiti della Conferenza unificata. Ritiene che, nel caso di slittamento di tale parere, la Commissione dovrebbe disporre di ulteriore tempo oltre la scadenza del 5 gennaio 2006. Ritiene, infatti, che la Commissione debba approfondire opportunamente le complesse questioni evidenziate dal relatore, fornendo un contributo fattivo al Governo nella predisposizione definitiva del testo, riducendo il rischio di rettifiche e integrazioni, nonché più in generale evitando l'apertura un possibile contenzioso, che comprometterebbe l'applicazione della disciplina.
Nessun altro chiedendo di intervenire, rinvia quindi il seguito dell'esame ad altra seduta.

La seduta termina alle 14.05.

SEDE CONSULTIVA

Martedì 13 dicembre 2005. - Presidenza del presidente Pietro ARMANI. - Interviene il sottosegretario di Stato per l'ambiente e la tutela del territorio, Roberto Tortoli.

La seduta comincia alle 14.05.

Esenzione delle Contrade storiche di Siena e delle loro Società di contrada dall'imposta sul reddito delle società.
Testo unificato C. 5406 Vigni, C. 6075 Migliori e C. 6156 Degennaro.
(Parere alla VI Commissione).
(Esame e conclusione - Parere favorevole).

La Commissione inizia l'esame.

Fabrizio VIGNI (DS-U), relatore, osserva che il testo unificato delle proposte in titolo non reca profili di specifico interesse per la VIII Commissione. Segnala, infatti, che l'articolo 1, comma 1, definisce le contrade storiche di Siena come persone giuridiche di antico diritto, precisando le funzioni di pubblica utilità da esse svolte. Per tale ragione, al comma 2, si provvede a equiparare le contrade e le associazioni di contradaioli ai soggetti esenti dall'imposta sul reddito delle società, alla luce delle prestazioni offerte da questi soggetti. Considerato che il provvedimento non reca disposizioni di diretta competenza dell'VIII Commissione, propone di esprimere parere favorevole sul testo in esame.

Nessuno chiedendo di intervenire, la Commissione approva la proposta di parere favorevole del relatore.

Riordino delle competenze relative alle politiche spaziali e aerospaziali.
Testo unificato C. 4852 Airaghi, C. 5033 Polledri e C. 5363 Cialente.
(Parere alla X Commissione).
(Esame e conclusione - Parere favorevole).

La Commissione inizia l'esame.

Pietro ARMANI, presidente relatore, osserva che il testo unificato delle proposte di legge in titolo, come definito nel corso dell'esame presso la X Commissione, reca un riordino generale delle competenze nel settore spaziale e aerospaziale, provvedendo, in particolare, all'attribuzione di funzioni generali di coordinamento al Presidente del Consiglio dei ministri e disponendo una complessiva riorganizzazione dell'Agenzia spaziale italiana. Il provvedimento, inoltre, prevede l'istituzione di un Comitato interministeriale per le politiche relative allo spazio presso la Presidenza del Consiglio, con compiti di indirizzo e di definizione delle strategie pubbliche del settore. Per quanto riguarda gli aspetti di più diretto interesse della VIII Commissione, segnala l'articolo 2, comma 2, che


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dispone che al citato Comitato interministeriale partecipi anche il Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio, attestando in tal modo la stretta connessione esistente tra politiche ambientali in senso lato e politiche aerospaziali.
Considerata l'opportunità dell'intervento normativo di riordino proposto e, nello specifico, della disposizione in materia ambientale testé richiamata, propone pertanto di esprimere un parere favorevole sul testo in esame.
Nessuno chiedendo di intervenire, la Commissione approva la proposta di parere favorevole del relatore.

La seduta termina alle 14.15.