VI Commissione - Giovedì 26 maggio 2005


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ALLEGATO 1

Schema di decreto legislativo recante disposizioni correttive ed integrative del decreto legislativo n. 344 del 2003, recante riforma dell'imposizione del reddito sulle società. Atto n. 482.

PROPOSTA DI PARERE ALTERNATIVA PRESENTATA DAI DEPUTATI BENVENUTO, LETTIERI, PISTONE, AGOSTINI, GRANDI, PINZA, SANTAGATA, CENNAMO, NANNICINI

La VI Commissione Finanze della Camera dei Deputati,
esaminato lo schema di decreto legislativo, recante disposizioni correttive ed integrative al decreto legislativo 12 dicembre 2003, n. 344, per la riforma dell'imposizione sul reddito delle società, emanato ai sensi dell'articolo 10 della legge n. 80 del 2003 (Atto n. 482) giunto in Parlamento in prima lettura privo della certificazione della Ragioneria dello Stato e con grave ritardo, dopo essere stato annunciato nel settembre del 2004;
considerato che l'articolo 10, commi 1 e 6, della legge n. 80 del 2003, recante delega al Governo per la riforma del sistema fiscale statale, prevede che l'attuazione della stessa avvenga mediante più decreti legislativi;
considerato che le disposizioni dello schema di decreto non risultano sempre coerenti con i principi e i criteri direttivi indicati nelle disposizioni di cui all'articolo 4, comma 1, lettere da a) ad o), della citata legge di delega n. 80 del 2003;
rilevato, altresì, come lo schema di decreto abbia provveduto a coordinare le disposizioni contenute nel decreto legislativo 15 dicembre 1997, n. 446, in materia di IRAP, con alcuni dei nuovi istituti introdotti dalla riforma dell'imposizione sulle società, senza tuttavia tenere conto delle disposizioni del decreto legislativo 28 febbraio 2005, n. 38, recante le opzioni previste dall'articolo 5 del Regolamento (CE) n. 1606/2002 del Parlamento europeo e del Consiglio del 19 luglio 2002, relativo all'applicazione dei principi contabili internazionali, con il quale, dunque, deve essere coordinato;
valutato negativamente l'impianto complessivo dello schema di decreto, che corregge solo ora, dopo 18 mesi, gravi errori ed estese omissioni compiuti in sede di emanazione del decreto legislativo n. 344 del 2003, del quale si era invano chiesto uno slittamento temporale e nonostante che molte delle proposte correttive ora presentate fossero già state formulate più di un anno fa unanimamente dalla Commissione Finanze;
rilevato che è stata abbandonata ed addirittura ripudiata la riforma del sistema fiscale statale, che pure era stata presentata come un fatto epocale che avrebbe dovuto ridurre la pressione fiscale, e realizzare, mediante la redazione del codice fiscale, una grande operazione di semplificazione fiscale;
osservato che in quattro anni di Governo, nel corso della XIV legislatura, l'IRAP non è stata assolutamente modificata, ignorando le proposte dell'opposizione tendenti ad escludere dalla base imponibile il costo del lavoro;
constatato, altresì, che non sono state date in Commissione Bilancio e nella Commissione Finanze risposte univoche e soddisfacenti sull'impatto sul bilancio dello Stato dell'istituzione dell'IRES. In


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particolare il Governo non è stato in grado di smentire l'aumento della pressione fiscale anche sulle imprese, in quanto la riforma fiscale ha comportato, in base alla relazione tecnica depositata in Parlamento il 1o ottobre 2003 dal Governo, un maggior aggravio tributario in euro nel 2004 di 727,3 milioni per l'abolizione della DIT, di 408,9 milioni per l'introduzione della thin capitalization, di 1.011,4 milioni per la indeducibilità delle minusvalenze iscritte, di 3.558,8 milioni per l'abolizione del credito di imposta sui dividendi e la parziale concorrenza dei dividendi, di 647,2 milioni per il recupero parziale dell'abolizione dell'imposta sostitutiva, e di 275 milioni per altre misure, con un totale di maggior gettito a carico del sistema delle imprese, in gran parte manifatturiere, di 6.628 milioni per il 2004. Le agevolazioni ammontano invece, a 973,3 milioni di euro per la riduzione dell'aliquota al 33%, a 1.379,8 milioni per l'abolizione dell'imposta sostitutiva sulle plusvalenze, a 658,1 milioni per le norme sovvenzionali, a 176,9 milioni per l'introduzione del regime di trasparenza societaria, a 466,7 milioni per l'introduzione del regime di trasparenza per le piccole società a responsabilità limitata, a 321,7 milioni, per altre voci, raggiungendo un ammontare totale di 3.976,5 milioni, con un saldo negativo per le imprese di 2.652,1 milioni. Il ricorso al consolidato mondiale e nazionale è stata una grande operazione di raggiro, in quanto prevedeva una perdita di gettito per l'erario di 3.703,6 milioni, che praticamente si è realizzata solo per la decima parte. Per le società di persone il maggior gettito è stato di 70,5 milioni di euro, per le persone fisiche è stato neutrale, mentre per gli enti non commerciali si è avuto un vantaggio per lo Stato di poco più di 40 milioni di euro;
preso atto che le modifiche dell'IRPEF sono avvenute solo con il ricorso al voto di fiducia, ed hanno avuto la caratteristica di definire una no-tax area senza ancorarla ad una soglia predeterminata di esenzione dell'imposta, istituzionalizzandola invece in una soglia mobile e personalizzata: non si sono così creati dei nuovi soggetti esenti, e si è reintrodotta la vecchia formula della capienza delle detrazioni (ora deduzioni) eliminate nel 1993;
rilevato che la clausola di salvaguardia non è stata estesa al TFR, introducendo una tassa occulta che ha fruttato in tre anni 1,5 miliardi di euro, abolendo inoltre il recupero del fiscal drag, con un danno per i contribuenti di 3,5 miliardi di euro;
constatato che l'IRES non ha portato il regime fiscale italiano in linea con i principali paesi europei, non ha consentito il decollo delle imprese italiane, ha danneggiato le industrie manifatturiere e ha pesantemente compromesso il Mezzogiorno, abolendo la DIT e rendendo di fatto inapplicabili e non fruibili i crediti di imposta per gli investimenti e per l'occupazione, in quanto è stata sbagliata nei principi, frettolosa, male attuata nei tempi, recependo in modo grossolano e maldestro sistemi vigenti in altri paesi;
ricordato che nella relazione illustrativa del disegno di legge delega per la riforma del sistema fiscale statale si affermava con enfasi che, come un giardiniere pota i rami secchi di un albero, così si sarebbero potate talune imposte e gli orpelli stratificatisi nel corso degli anni, mentre in realtà sono stati eliminati gli incentivi, quali la DIT, la Visco, le agevolazioni per il Sud, il credito d'imposta per le nuove assunzioni, azzoppando in tal modo il sistema economico, e si è resa impossibile la pianificazione fiscale da parte delle aziende, ignorando che le imprese determinano le loro azioni considerando gli incentivi e adottando i comportamenti conseguenti;
evidenziato che sono stati rimessi in discussione gli interventi per la capitalizzazione delle imprese, gli investimenti e le nuove assunzioni, ritardando i rimborsi IVA e portando a 30 miliardi di euro l'ammontare dei crediti vantati dalle imprese e dalle famiglie per la mancata restituzione delle tasse pagate in eccedenza;


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considerato che la riforma dell'imposizione sulle società è tutta protesa in favore delle imprese finanziarie piuttosto che verso le imprese tradizionali, cioè quelle manifatturiere, determinando quindi notevoli problemi di applicazione del nuovo regime tributario e sopprimendo istituti che avevano comportato una significativa semplificazione del sistema fiscale e che costituivano utili strumenti per rafforzare la competitività del sistema produttivo nazionale;
ricordato che l'economia italiana è costituita da imprese che producono e non solo di imprese finanziarie, mentre nessun nuovo meccanismo fiscale è stato adottato per favorire l'industria;
rilevato come le modifiche tributarie introdotte per favorire il rientro delle holding abbiano trascurato il fatto che quella fiscale è l'ultima delle motivazioni che inducono a collocare all'estero la sede delle holding e come per tale ragione il Governo non indichi il numero delle holding che sono rientrate in Italia o di quelle di nuova costituzione;
ricordato che l'istituzione dell'IRES ha portato alla soppressione generalizzata del credito d'imposta sui dividendi, che serviva ad evitare la doppia imposizione economica, sostituendola con una «detassazione» del 95% dei dividendi, cioè con una tassazione del 5% dei dividendi e, quindi, con una parziale doppia imposizione, con effetto retroattivo, a valere sul 2003, addirittura prima dell'entrata in vigore della riforma, prevista per il 2004;
ricordato altresì che l'istituto della partecipation exemption, copiato male da altri Paesi europei, è stato concepito non per tutte le partecipazioni, ma solo per quelle «immobilizzate» rendendo così la scelta iniziale di bilancio fondamentale ai fini della tassazione, e introducendo un incentivo alla realizzazione di quei meccanismi elusivi basati sulla combinazione della diversa classificazione di bilancio; in tale contesto lo schema di decreto correttivo tenta di introdurre una modifica che ha qualche effetto antielusivo, ma, affermando la generale indeducibilità delle minusvalenze fino a concorrenza dei dividendi distribuiti (addirittura considerando due periodi d'imposta), colpisce in modo indiscriminato e condanna al fallimento i due nuovi istituti dei dividendi che non concorrono e della partecipazione esente;
ricordato che l'altro istituto portante della riforma, il consolidato fiscale, nelle due forme, nazionale e mondiale, è stato definito in modo da renderlo praticamente inapplicabile.
rilevato in particolare che la disciplina sul consolidato mondiale risulta ancora priva del decreto attuativo, e che non è dunque utilizzabile da parte delle imprese, oltre a presentare comunque aspetti problematici quanto ai possibili rilievi comunitari, essendo evidente la discriminazione tra residenti e non residenti;
considerato, per quanto riguarda il consolidato nazionale, che le imprese che hanno esercitato l'opzione per tale regime sono in numero grandemente inferiore a quello ipotizzato dal Governo, inducendo a ridurre le previsioni di perdita di gettito e che la relativa disciplina é tecnicamente mal realizzata: il demoltiplicatore per il calcolo della partecipazione che consente di farne ricorso, l'obbligo del riallineamento dei valori ex articolo 128, la riduzione o l'eliminazione in alcune ipotesi della possibilità di fruire della deducibilità delle perdite, e/o delle erogazioni liberali o della detrazione del credito per le imposte pagate all'estero, la completa assenza della disciplina relativa al contenzioso, la confusa disciplina sanzionatoria, peraltro ancora oggetto di modifiche ad opera dello schema di decreto correttivo, testimoniano la disinvoltura del Governo nei rapporti con le imprese le quali hanno già effettuato l'opzione per tale regime di tassazione, rendendo inoltre assai scarsa la convenienza a ricorrere a questo istituto che potrebbe, se correttamente definito, essere una spinta alla modernizzazione del sistema societario italiano;
ricordato che il nuovo regime del credito d'imposta per le imposte pagate


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all'estero necessita di correttivi, essendo ancora troppo numerose le ipotesi in cui il contribuente non riesce ad ottenere il recupero delle stesse. La presunzione di distribuzione prioritaria di utili, che porta talvolta a tassare la restituzione di capitale nulla ha a che vedere con gli utili e con il disinquinamento di bilancio, a causa del meccanismo perverso di sospensione delle riserve;
rilevato come la mancata equiparazione del regime dei dividendi tra residenti e non residenti allontani l'Italia dall'Europa;
rilevato come la disciplina della thin capitalization si riveli volta a penalizzare in modo indiscriminato, in generale, i finanziamenti, e come la normativa di delega di cui alla legge n. 80 del 2003 prevedesse che la penalizzazione dovesse scattare solo quando gli interessi erogati non erano assoggettati a tassazione in capo al percipiente;
evidenziato, sempre con riferimento alle problematiche attinenti alla thin capitalization, come la sentenza della Corte di Giustizia in materia fosse già stata emanata al momento dell'approvazione della legge di delega, e come pertanto il problema potesse essere superato riconoscendo la validità della tassazione anche quando gli interessi erano stati tassati in un altro Paese europeo, mentre invece si è scelta la strada più penalizzante per le imprese, travolgendo anche il regime degli interessi relativi a finanziamenti richiesti o garantiti prima dell'entrata in vigore della riforma, facendo così saltare la programmazione aziendale già effettuata;
constatata l'ambiguità seguita in occasione della definizione normativa sul rientro dei capitali e rilevato come lo schema di decreto correttivo intervenga in materia di risparmio gestito e di risparmio amministrato obbligando a porre in regime dichiarato i proventi dall'estero provenienti dai cosiddetti paradisi fiscali, introducendo norme che, come chiedeva l'opposizione, fanno saltare l'anonimato su proventi sui quali si era costruito un ingiusto scudo fiscale;
preso atto che è stata compromessa la fiducia delle imprese e dei contribuenti nei confronti dello Stato, il quale ha dato prova di premiare gli evasori con i vari condoni, non mantiene le promesse e introduce continuamente nuove complicazioni fiscali che evocano il periodo delle «dichiarazioni lunari»;
ricordato che non si è avuta alcuna riduzione del carico fiscale, confermando le considerazioni espresse dai deputati dell'opposizione in occasione dell'esame dello schema di decreto legislativo istitutivo dell'IRES circa l'aggravio di imposizione derivante da tale disciplina. Il maggior gettito acquisito con l'abolizione del credito d'imposta sui dividendi, della DIT e dell'indeducibilità delle minusvalenze, sopravanza infatti nettamente gli effetti del modesto calo dell'aliquota (dal 34 al 33 per cento) e dei nuovi regimi del consolidato di gruppo e della trasparenza fiscale. Riguardo a questi ultimi due regimi, era evidente già oltre un anno fa come le previsioni di adesione avanzate dal Governo fossero largamente sovrastimate, e come vi avrebbe potuto fare ricorso un numero di contribuenti nettamente inferiore a quello ipotizzato. Tale circostanza è del resto ammessa dallo stesso Governo nella documentazione depositata presso la Commissione Bilancio: ad esempio, le adesioni al regime della «trasparenza», ipotizzate inizialmente nel numero di 10.700, risultano invece pari a 182, così come quelle relative al consolidato di gruppo «nazionale», che era stato inizialmente ipotizzato potesse interessare 22.529 capogruppo e 42.721 controllate, e che invece ha riguardato una platea molto più ridotta, pari ad un decimo di quella prevista;
ricordato che, in occasione dell'esame dello schema di decreto legislativo istitutivo dell'IRES, il parere approvato dalla Commissione Finanze aveva chiesto di differire l'entrata in vigore della riforma, per consentire approfondimenti e miglioramenti della disciplina, coordinandoli con


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l'entrata in vigore dell'IAS nei bilanci civilistici e con le modifiche del diritto societario e fallimentare;
sottolineata l'importanza delle disposizioni contenute nell'articolo 7 del provvedimento, che intervengono sulla disciplina relativa alla determinazione forfetaria del reddito delle imprese marittime, ed evidenziata in particolare l'importanza del comma 1 di tale articolo, che amplia il novero dei soggetti i quali possono esercitare l'opzione a favore della cosiddetta tonnage tax
rilevata la necessità di dare finalmente attuazione a tale regime forfetario, emanando al più presto i relativi provvedimenti applicativi, onde evitare che il naviglio di proprietà italiana venga iscritto presso registri di Paesi nei quali già vige la disciplina della tonnage tax, determinando effetti negativi, non soltanto in termini di minor reddito prodotto e di mancata percezione dei diritti collegati all'immatricolazione delle navi, nonché in ragione dei problemi legati alla necessità pratica di utilizzare, a varie finalità, gli scali del Paese del quale la nave batte la bandiera;
tenuto conto che, per scelta della maggioranza, sono state acquisite solo le valutazioni dell'ANIA e dell'ABI, a testimonianza dell'intenzione del Governo di favorire la finanziarizzazione del sistema Italia, penalizzando l'industria manifatturiera del Mezzogiorno, le piccole e medie imprese e le famiglie;
esprime

PARERE FAVOREVOLE

con le seguenti condizioni:
1) provveda il Governo, nel lungo periodo, a rivedere completamente l'impianto dell'IRES, reintroducendo e generalizzando la DIT, ed operando in modo che gli incentivi e i crediti di imposta siano certi, esigibili ed automatici;
2) provveda il Governo, nel breve periodo, ad evitare che una legislazione confusa, vessatoria e cavillosa comprometta definitivamente la competitività del sistema economico italiano e danneggi in maniera irreversibile l'industria manifatturiera e le imprese del mezzogiorno:
3) con riferimento alle disposizioni del TUIR riguardanti i redditi di capitale, provveda il Governo:
a) a rendere più agevole l'applicabilità dell'articolo 44, comma 2, del TUIR, come modificato dallo schema di decreto, il quale equipara il trattamento degli strumenti finanziari emessi da soggetti non residenti nel territorio dello Stato a quello degli strumenti con le medesime caratteristiche emessi da soggetti residenti, con la conseguenza che le partecipazioni al capitale, i titoli e gli strumenti finanziari emessi da soggetti non residenti sarebbero da considerare «similari» alle azioni, a condizione che la relativa remunerazione sia totalmente indeducibile nella determinazione del reddito d'impresa del soggetto estero emittente. In particolare, appare necessario eliminare il riferimento ivi previsto al «reddito d'impresa», sostituendolo con un riferimento alla deducibilità ai fini delle imposte sui redditi, in modo da dare rilevanza alle remunerazioni attribuite e non deducibili dal reddito del soggetto estero emittente quali che siano le tipologie reddituali riferibili a tale soggetto estero emittente, e prevedere che l'indeducibilità dal reddito dell'emittente estero possa essere provata sulla base di una dichiarazione dell'emittente stesso ovvero da altri elementi certi e precisi; con la conseguenza che, in mancanza della dichiarazione ovvero di altri elementi certi e precisi, lo strumento finanziario non potrà essere considerato similare all'azione e, quindi, dovrà essere trattato come titolo obbligazionario ovvero atipico. In alternativa, potrebbe essere resa nota la tipologia di titoli emessi da soggetti esteri che possono essere considerati similari alle azioni in quanto produttivi, sulla base della normativa estera, di proventi non deducibili dal reddito del soggetto emittente, assicurando comunque in tal modo l'uniformità di comportamento e, quindi, evitando discriminazioni tra titoli emessi


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da soggetti residenti e titoli emessi da soggetti non residenti;
b) ad estendere, per motivi di uniformità di trattamento, l'applicabilità del citato articolo 44, comma 2, del TUIR anche alle associazioni in partecipazione in cui l'associante è soggetto non residente;
c) a sopprimere la disposizione dell'articolo 47, comma 1, ultimo periodo, del TUIR, la quale stabilisce una presunzione iuris et de iure in base alla quale, indipendentemente dalla delibera assembleare, si presumono prioritariamente distribuiti l'utile dell'esercizio e le riserve di utili, in quanto tale presunzione introduce una sorta di doppio binario civile e fiscale delle riserve, che determina rilevanti difficoltà di gestione delle riserve stesse da parte della società emittente. Dette difficoltà risultano insuperabili se le partecipazioni sono emesse da società estere, le quali, essendo estranee al nostro ordinamento fiscale, non sarebbero obbligate ad una gestione delle riserve coerente con le disposizioni dello Stato italiano, non essendo peraltro possibile ipotizzare che siano i soci italiani percettori di dividendi a tenere memoria della composizione delle riserve, sulla base delle pregresse distribuzioni effettuate a decorrere dall'entrata in vigore della riforma, in epoca in cui essi potevano non essere soci, né essendo possibile escludere le società estere, perché in tal caso la norma penalizzerebbe in modo ingiustificato gli investimenti in società italiane;
d) a valutare nuovamente quanto espresso con riferimento alla disciplina fiscale dell'associazione in partecipazione nel parere reso dalla Commissione Finanze sullo schema di decreto istitutivo dell'IRES, eliminando conseguentemente, all'articolo 11, lettera a), n. 2), dello schema di decreto legislativo in esame, la disposizione che introduce la ritenuta sugli utili derivanti dai contratti di associazione in partecipazione corrisposti da associanti persone fisiche e da società di persone. Infatti, mentre è condivisibile l'assimilazione della posizione dell'associato a quella del socio, quando l'associante in partecipazione è una società di capitale, non appare sostenibile estendere tale configurazione anche nel caso in cui l'associante è un'impresa individuale o una società di persone. Infatti, nel primo caso, si è in presenza di una società che assoggetta complessivamente l'utile a tassazione, ai fini dell'IRES, sicché appare logico concepire la successiva attribuzione di questo utile all'associato alla stessa stregua di dividendi attribuiti ai soci, mentre nell'altro caso questa configurazione comporterebbe una tassazione integrale dell'utile nei confronti dell'imprenditore individuale (o dei singoli soci di una società di persone) e una tassazione agevolata dell'associato in partecipazione (con applicazione dell'aliquota del 12,5 per cento degli utili percepiti ovvero in misura pari al 40 per cento degli stessi) benché si tratti di persone fisiche - imprenditore ed associato - che condividono i medesimi rischi di impresa e che, pertanto, dovrebbero essere sottoposti ad identico trattamento (tassazione pro quota dell'utile dell'affare). Se si condividono queste perplessità l'associazione in partecipazione con l'impresa individuale (o con la società di persone) dovrebbe restare nell'alveo dei contratti sinallagmatici, nei contratti, cioè, che comportano la deduzione del provento spettante all'associato in partecipazione dal reddito dell'impresa associante e la tassazione piena di tale provento presso il soggetto associato. Tale impostazione comporterebbe conseguentemente la modifica di tutte le norme che disciplinano questa fattispecie nell'ambito dei redditi di capitale, dei redditi d'impresa e dei redditi diversi, sia per il soggetto associante sia per il soggetto associato;
e) a rendere coerenti le disposizioni degli articoli 59, 89 e 47 del TUIR per quanto riguarda il tributario trattamento degli utili distribuiti, in quanto, mentre l'articolo 47 del TUIR fa riferimento agli utili distribuiti dai soggetti di cui all'articolo 73 senza alcuna limitazione, ivi compresi, dunque, quelli distribuiti da enti non commerciali, gli articoli 59 e 89 del TUIR si riferiscono soltanto alle lettere a)


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e b) dell'articolo 73 del TUIR, escludendo, quindi, gli enti non commerciali;
f) a disciplinare il trattamento fiscale degli strumenti finanziari emessi a fronte degli apporti di opere e servizi;
4) con riferimento alle disposizioni in materia di participation exemption, provveda il Governo:
a) a correggere un errore formale circa l'ambito di applicazione del comma 3 dell'articolo 87 del TUIR, relativo agli strumenti finanziari similari alle azioni, non solo, come già previsto dal decreto correttivo, ricomprendendovi i realizzi cosiddetti assimilati alle cessioni (assegnazione ai soci o destinazione a finalità estranee all'esercizio dell'impresa) ma anche specificando che le plusvalenze sono realizzate e «determinate» ai sensi dell'articolo 86, commi 1, 2 e 3, del TUIR;
b) a rivedere la formulazione dell'articolo 87, comma 1-bis, del TUIR, introdotto dall'articolo 3, comma 2, lettera a), dello schema di decreto, al fine di chiarire con quali criteri sono identificate le azioni o quote trasferite dalla categoria delle immobilizzazioni finanziarie a quella dell'attivo circolante e viceversa, al fine di evitare interpretazioni difformi della norma introdotta;
c) a confermare la rilevanza delle partecipazioni esenti, al pari delle altre partecipazioni, ai fini della verifica dei parametri (ricavi e altri proventi) stabiliti per la qualificazione delle società di comodo;
5) con riguardo al nuovo istituto della thin capitalization, introdotto dall'articolo 98 del TUIR, provveda il Governo a valutare la necessità di sospenderne l'efficacia almeno per il 2004, al fine di rivedere la disciplina dell'indebitamento in generale, ovvero, in subordine, a limitarne l'ambito di applicazione ai soli finanziamenti erogati da soci qualificati e parti correlate che risiedono in Stati e territori qualificati come «paradisi fiscali», ed, eventualmente, ad estenderne l'applicabilità anche ai finanziamenti provenienti da Paesi UE mediante l'articolo 37-bis del decreto del Presidente della Repubblica n. 600 del 1973, opportunamente integrato.
Sono infatti noti i numerosi aspetti di complessità, che rendono estremamente difficoltosa e penalizzante l'applicazione della norma, e l'ambiguità della sua ratio, che ne rendono iniqui ed irrazionali gli effetti. In particolare, per i finanziamenti provenienti da soci residenti in Paesi UE, la norma non supera i rilievi di incompatibilità con i principi comunitari di cui alla sentenza C-324/00 del 13 dicembre 2002. Infatti, per tali soggetti le remunerazioni dei finanziamenti sarebbero tassate nello stesso Stato estero, mentre, per i soci residenti nel territorio dello Stato, le remunerazioni verrebbero detassate alla stregua dei dividendi. Quanto ai finanziamenti effettuati dai residenti, la norma comporta sostanzialmente uno spostamento della tassazione dai soci finanziatori alla società finanziata, senza un apprezzabile incremento di gettito e penalizzando, oltretutto, i soci non finanziatori (normalmente di minoranza) che si vedono decrementare l'utile distribuibile della società partecipata a motivo delle maggiori imposte (derivanti dalla indeducibilità degli interessi). Quanto, infine, ai finanziamenti erogati dalle banche e garantiti dai soci, la disciplina di indeducibilità si traduce in un aumento ingiustificato del costo del finanziamento dal momento che colpisce tutte le garanzie, anche quelle che non mascherano fenomeni di «conduit» e che, quindi, non realizzano alcun arbitraggio fra interessi e dividendi;
6) in merito alla disciplina sulle imprese di assicurazione di cui all'articolo 111 del TUIR, provveda il Governo:
a) a sostituire il comma 2 dell'articolo 111 con il seguente: «2. Gli utili di cui all'articolo 89, commi 2 e 3, i maggiori e i minori valori iscritti relativi alle azioni, alle quote di partecipazione e agli strumenti finanziari di cui all'articolo 85, comma 1, lettere c) e d), nonché le plusvalenze e le minusvalenze che fruiscono del regime previsto dall'articolo 87 concorrono a formare il reddito qualora siano


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relativi ad investimenti a beneficio di assicurati dei rami vita i quali ne sopportano il rischio», nonché ad eliminare, al comma 1 del medesimo articolo 111, le parole: «salvo quanto stabilito nei commi successivi».Come già evidenziato nel parere reso dalla Commissione sullo schema di decreto legislativo istitutivo dell'IRES, tale modifica è finalizzata ad evitare inutili adempimenti (cioè variazioni in aumento e in diminuzione dell'utile di bilancio, da apportare in dichiarazione dei redditi, di pari importo), con riguardo alle riserve tecniche relative ai contratti di assicurazione dei rami vita per i quali il rischio dell'investimento è sopportato dagli assicurati in corrispondenza dei proventi (ad esempio, dividendi o plusvalenze) e degli oneri (ad esempio, minusvalenze) che ordinariamente non concorrono alla formazione del reddito; adempimenti che sono costosi per le imprese e che non recano alcun beneficio per l'Erario. Il riconoscimento fiscale di tali componenti positivi e negativi consente, quindi, la rilevanza anche delle riserve, in coerenza con il dettato del comma 1, opportunamente riformulato;
b) ad introdurre, dopo il comma 3 del medesimo articolo 111 del TUIR, il seguente: «3-bis. Per le imprese di assicurazione che gestiscono sia il ramo danni che il ramo vita, la valutazione dei titoli e degli strumenti finanziari può essere attuata unitariamente per entrambi i rami ovvero separatamente per ciascuno di essi.».
Tale disposizione consentirebbe alle imprese di assicurazione che esercitano congiuntamente il ramo vita e il ramo danni e che hanno l'obbligo di determinare separatamente il patrimonio e i risultati economici relativi ai rami vita e ai rami danni e di riservare le attività poste a copertura delle riserve tecniche in modo esclusivo e separato all'adempimento delle obbligazioni assunte con i contratti ai quali le riserve stesse si riferiscono, di valutare separatamente o congiuntamente i titoli con riferimento ai singoli rami e, quindi, di poter attribuire in bilancio costi unitari diversi ai titoli appartenenti ai due comparti. La facoltà di dare o meno piena rilevanza fiscale alla descritta separata valutazione operata ai fini civilistici dovrebbe comunque essere condizionata all'applicazione costante del criterio prescelto in modo costante nel tempo;
7) con riferimento all'articolo 113 del TUIR, relativo al regime delle partecipazioni acquisite per il recupero dei crediti bancari, provveda il Governo a migliorare il meccanismo di applicazione di tale disposizione in tutte le situazioni di sostegno finanziario alla clientela attuate mediante la conversione di crediti in partecipazioni, in particolare:
a) eliminando l'interpello preventivo all'Agenzia delle entrate per il giudizio di ammissibilità - che, tra l'altro, duplica informazioni che le banche sono già tenute a comunicare alla Banca d'Italia - e prevedendo l'acquisto di partecipazioni per il recupero dei crediti bancari come autonoma fattispecie da inserire nel novero delle operazioni potenzialmente elusive ai sensi dell'articolo 37-bis del decreto del Presidente della Repubblica 29 settembre 1973, n. 600;
b) estendendone l'applicazione anche:
1) alle azioni e partecipazioni diverse da quelle per le quali si rende applicabile il regime di esenzione delle plusvalenze di cui all'articolo 87 (participation exemption), nella considerazione che anche i componenti positivi e negativi afferenti alle valutazioni di tali titoli non hanno più rilevanza fiscale per effetto della riforma;
2) alle partecipazioni acquisite in conseguenza di operazioni di finanziamento dirette a prevenire situazioni di difficoltà finanziaria o di insolvenza dell'impresa debitrice, in modo da superare i dubbi cui l'attuale formulazione della norma può dare adito, in quanto appare privo di fondamento circoscrivere l'applicazione della disposizione alle sole ipotesi in cui l'assunzione delle partecipazioni riguardi imprese che già versano in una


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situazione di temporanea difficoltà finanziaria, penalizzando, per contro, le operazioni di finanziamento dirette proprio a prevenire tale situazione;
3) alle partecipazioni acquisite nell'ambito delle fattispecie giudiziali ed extragiudiziali di ristrutturazione dei debiti (ad esempio nelle ipotesi di cui agli articoli 160 e 182-bis del regio decreto n. 267 del 1942, come modificati dal decreto-legge 14 marzo 2005, n. 35);
8) con riferimento alla disciplina sul consolidato nazionale di cui agli articoli 117-129 del TUIR, provveda il Governo:
a) a stabilire che nella somma algebrica dei redditi complessivi di cui al primo periodo del comma 1 dell'articolo 122 del TUIR le perdite di esercizio dei soggetti partecipanti al consolidato possono essere computate secondo le disposizioni dell'articolo 84, comma 1, ultimo periodo, cioè in misura tale che l'imposta corrispondente al reddito imponibile risulti compensata da eventuali crediti di imposta, ritenute alla fonte a titolo di acconto, versamenti e eccedenze di periodi precedenti. Infatti la compensazione dei redditi di alcune società con le perdite di altre società potrebbe ridurre il reddito complessivo, e quindi l'imposta, in modo tale da limitare l'entità del credito per le imposte pagate all'estero. A ben vedere tale situazione non è dissimile da quella relativa allo scomputo di perdite di esercizi precedenti cui la norma vigente riconosce la possibilità di ridurre lo scomputo di tali perdite;
b) a rimuovere gli impedimenti alla deducibilità delle erogazioni liberali ex articolo 100, comma 2, del TUIR per le società consolidate ove le stesse siano in perdita, consentendo a tal fine di parametrare la deduzione al reddito consolidato o, in alternativa, di trasferire la deducibilità ad altra società facente parte del consolidato;
c) a considerare le modifiche introdotte dallo schema di decreto sul regime sanzionatorio come causa di revoca dell'opzione per il consolidato senza le penalizzazioni previste per l'interruzione del consolidato. Al fine di dirimere i dubbi interpretativi della norma che disciplina il regime sanzionatorio dovrebbe essere inoltre chiarito che: 1) i criteri di accertamento della debenza o meno della sanzione, nonché quelli di determinazione dell'importo della stessa debbono essere riferiti all'eventuale maggiore imposta di gruppo conseguente alla rettifica operata sul reddito imponibile del soggetto che ha commesso la violazione; 2) entrambi i soggetti (consolidante e consolidata) devono essere considerati nella medesima posizione in relazione agli istituti processuali ed alle previsioni tributarie e amministrative in genere che disciplinano la materia sanzionatoria (notificazione degli atti di irrogazione delle sanzioni, legittimazione passiva, applicazione degli istituti deflativi, cause di non punibilità, ecc.), in quanto l'affermazione del principio della responsabilità solidale del soggetto consolidante per una «somma pari alla sanzione» pone quest'ultimo nella medesima posizione giuridica della consolidata, autore materiale della violazione, determinando una sostanziale corrispondenza tra soggetto passivo della sanzione e autore materiale;
d) a sopprimere il comma 3 dell'articolo 127 del TUIR, il quale appare ormai incompatibile con i commi 1 e 2 del medesimo articolo, come modificati dallo schema di decreto legislativo;
e) a chiarire che anche le società in liquidazione ordinaria possono optare per il regime del consolidato e per la trasparenza fiscale;
9) con riferimento alla disciplina sul consolidato mondiale di cui agli articoli 130-142 del TUIR, provveda il Governo a sopprimere la disposizione contenuta nell'articolo 142, comma 3, per evitare che i contribuenti siano indotti a non esercitare l'opzione per il consolidato mondiale fino all'emanazione del decreto attuativo, e ad introdurre le modifiche normative necessarie nell'articolo 142, comma 1, nel quale


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andrebbe fatto rinvio alle disposizioni, per quanto compatibili, contenute nel decreto ministeriale 9 giugno 2004, di attuazione della normativa relativa alla tassazione di gruppo su base nazionale, tenuto conto che le disposizioni che potrebbero essere contenute nel decreto in questione sarebbero sostanzialmente analoghe a quelle già emanate con il citato decreto ministeriale. Si osserva infatti come il ritardo nell'emanazione del decreto ministeriale di attuazione di tale disciplina, previsto dal comma 1 del citato articolo 142, abbia determinato una situazione di incertezza nei contribuenti interessati a fruire di tale istituto;
10) con riguardo alla tassazione del reddito delle società controllate o collegate, residenti in Stati o territori aventi regimi fiscali privilegiati, provveda il Governo:
a) a chiarire che, ai fini dell'esimente dell'articolo 167, comma 5, lettera b), del TUIR, anche i dividendi incassati da tali società sono rilevanti se derivano da utili di società residenti in Stati o territori diversi da quelli aventi regimi fiscali privilegiati;
b) ad abrogare l'articolo 168 del TUIR, che estende la tassazione per trasparenza, prevista dall'articolo 167 del medesimo TUIR per i redditi delle società controllate, anche ai redditi delle società collegate, tenuto conto che l'applicazione di tale disposizione comporterebbe rilevanti difficoltà per le imprese a fronte di scarsi risultati per l'Erario in termini di gettito. Peraltro la mancata emanazione del decreto attuativo previsto dall'ultimo comma del citato articolo 168 sembra sintomatica della volontà del Governo di non dare applicazione a tale istituto;
11) con riguardo alle altre disposizioni relative al reddito delle società, provveda il Governo:
a) a chiarire che la disposizione prevista dall'articolo 94, comma 6, del TUIR, riguardante la valutazione delle azioni o quote per effetto dei versamenti a fondo perduto o in conto capitale alla società dai propri soci o della rinuncia ai crediti nei confronti della società dagli stessi soci si applica anche se le azioni o quote costituiscono immobilizzazioni finanziarie di cui all'articolo 101 del TUIR;
b) a sopprimere la disposizione introdotta nell'articolo 109, comma 3-bis, del TUIR, volta a rendere indeducibili le minusvalenze (rectius i minori valori) derivanti dal realizzo delle partecipazioni societarie e strumenti finanziari similari alle azioni fino a concorrenza dell'importo non imponibile dei dividendi percepiti nel periodo di imposta di realizzo e nel precedente, in quanto l'applicazione indiscriminata di tale norma a tutte le tipologie di partecipazioni societarie e strumenti finanziari assimilati (siano essi quotati o non quotati) e a tutte le operazioni di realizzo che hanno interessato le dette partecipazioni e strumenti si pone in chiaro contrasto con i principi ispiratori della riforma, poiché causa indirettamente la integrale tassazione dei dividendi percepiti, già assoggettati al tributo personale in capo alla società la cui partecipazione è oggetto di scambio. Il disegno elusivo, infatti, può logicamente verificarsi solo ove la minusvalenza realizzata in conseguenza dello «stacco» dei dividendi si riferisca ad una partecipazione ceduta da un soggetto che abbia realizzato una plusvalenza esente dal tributo personale. In tal caso, resterebbe ferma la possibile applicazione dell'articolo 37-bis del decreto del Presidente della Repubblica n. 600 del 1973 per quelle operazioni mosse da un chiaro intento elusivo. In alternativa, a limitare l'ambito di applicazione della norma ai trasferimenti infragruppo effettuati a decorrere dall'entrata in vigore della riforma, escludendo in ogni caso le transazioni relative ai titoli quotati nei mercati regolamentati;
c) a sopprimere la disposizione dell'articolo 109, comma 4, lettera b), del TUIR, che dispone la tassazione delle riserve di patrimonio netto e degli utili di esercizio distribuiti se e nella misura in cui l'ammontare delle restanti riserve e


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degli utili risulti inferiore alle eccedenze di ammortamenti, altre rettifiche di valore e accantonamenti dedotti rispetto a quelli imputati a conto economico, in quanto la rigidità di tale disposizione limita ingiustificatamente la politica dei dividendi delle imprese (che sarà resa più difficoltosa a seguito dell'applicazione dei principi contabili internazionali) sebbene esse siano già tenute all'accantonamento delle imposte differite;
d) a valutare l'opportunità di consentire, sempre in via facoltativa, di dare rilevanza al trattamento fiscale degli interessi derivanti da crediti d'imposta secondo il criterio di cassa, analogamente agli interessi di mora;
e) a completare l'intervento normativo concernente il regime di attualizzazione dei cosiddetti «cambi a termine» con la previsione dell'attualizzazione di tale valore sulla base dei flussi finanziari attesi.
Si rileva infatti, con riferimento alla disciplina sulle operazioni fuori bilancio di cui all'articolo 112 del TUIR, come il Governo non abbia recepito una importante indicazione contenuta nel parere reso dalla Commissione sullo schema di decreto legislativo con il quale sono stati introdotti i principi contabili internazionali nei bilanci di esercizio e a fini fiscali (ora decreto legislativo 28 febbraio 2005, n. 38). In particolare, non è stato integrato il criterio di determinazione del valore minimo fiscale relativo alla valutazione dei contratti a termine su valute, previsto dal comma 3, lettera c), dell'articolo 112 del TUIR, con la previsione dell'attualizzazione di tale valore sulla base dei flussi finanziari attesi (cui si deve procedere per calcolare, in base agli IAS, il fair value di tali contratti), determinando una lacuna normativa che, se non prontamente colmata espressamente, provoca dubbi interpretativi e una ennesima gravosissima divaricazione tra utile di bilancio e reddito imponibile, in controtendenza rispetto ai principi che hanno ispirato il recepimento dei suddetti principi contabili. In particolare, si rileva come sia il previgente articolo 103-bis, comma 2, lettera c), del TUIR, sia l'articolo 112, comma 5, lettera c), del TUIR (prima delle modifiche apportate con il Decreto legislativo n. 38 del 2005) fossero ispirati, con specifico riguardo ai contratti a termine su valute, al riconoscimento ai fini fiscali del medesimo criterio valutativo adottato in bilancio in base al Decreto legislativo n. 87 del 1992, non essendo pertanto motivato il superamento di tale impostazione con riguardo al criterio valutativo previsto dai principi contabili internazionali;
12) provveda, il Governo a ricondurre nell'ambito del decreto del Presidente della Repubblica n. 42 del 1988 le disposizioni da esso estrapolate, eliminandone il testo dal TUIR, in quanto l'inserimento di talune disposizioni di tale decreto del Presidente della Repubblica nel TUIR è incompleto e genera difficoltà interpretative.
Non si comprende infatti se le altre norme del citato decreto del Presidente della Repubblica n. 42, che pur conservano attualità, si devono ritenere tacitamente abrogate: in questo caso, vi sarebbero delle lacune normative su alcune specifiche questioni. Posto che il decreto legislativo n. 344 del 2003 ha già stabilito che i riferimenti contenuti in altri testi normativi alle norme in vigore prima della introduzione dell'IRES devono intendersi fatti alle corrispondenti disposizioni oggi in vigore, non v'è motivo di procedere all'inserimento nel TUIR di norme contenute nel decreto del Presidente della Repubblica n. 42 del 1988. L'intervento di ordine sistematico rischia, infatti, di creare ulteriori problemi, come è il caso della modifica dell'articolo 114 del TUIR, diretta a recepire in tale testo una norma già contenuta nel richiamato decreto del Presidente della Repubblica n. 42, senza tener conto, tuttavia, che ormai non esiste più «l'abilitazione a compiere operazioni valutarie», essendo tali operazioni comprese automaticamente nella normale attività bancaria, e che il rinvio all'articolo 106, contenuto nel citato articolo 114, andrebbe riferito, eventualmente, ai commi 3, 4 e 5;


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13) con riferimento all'articolo 114 del TUIR, provveda il Governo a riformularne il testo, al fine di tenere conto delle disposizioni contenute nel decreto legislativo 10 marzo 1998, n. 43, il quale, nel disporre l'adeguamento dell'ordinamento nazionale alle disposizioni del trattato istitutivo della Comunità europea in materia di politica monetaria e di Sistema europeo delle banche centrali, all'articolo 8 ha stabilito che la Banca d'Italia, nella redazione del proprio bilancio, può uniformare i criteri di rilevazione e di redazione alle disposizioni adottate dalla BCE e alle raccomandazioni dalla stessa formulate in materia e che, in tal caso, i criteri di redazione adottati assumono rilevanza anche agli effetti tributari;
14) con riguardo alla decorrenza delle modifiche recate dal decreto correttivo, provveda il Governo a fissare l'applicazione delle stesse con riferimento alle seguenti ipotesi:
a) le disposizioni che influenzano la determinazione del risultato di esercizio si applicano a decorrere dal periodo d'imposta riferibile all'esercizio il cui termine di chiusura è successivo alla data di entrata in vigore del decreto correttivo, salvo quanto indicato alla lettera d);
b) le disposizioni che non influenzano la determinazione del risultato di esercizio (come, ad esempio, quelle che nell'associazione in partecipazione con associante impresa individuale ne dovrebbero prevedere una diversa ripartizione rispetto alla norma attualmente vigente) si applicano a decorrere dal periodo d'imposta per il quale il termine di versamento a saldo delle imposte scade successivamente alla data di entrata in vigore del decreto correttivo;
c) le disposizioni che comportano l'effettuazione di adempimenti da parte degli intermediari (ad esempio, la nuova qualificazione dei titoli similari alle azioni emessi da soggetti non residenti, nonché quelle che comportano l'inapplicabilità del sistema amministrato e del sistema gestito) si applicano a decorrere dal 1o gennaio 2006, ciò al fine di consentire agli intermediari di apprestare i nuovi strumenti necessari per poter correttamente adempiere alle nuove previsioni normative;
d) la disposizione che ha ridotto da dieci a cinque anni il periodo di «osservazione» previsto dalla normativa transitoria in materia di disallineamento si applica anche alle opzioni per il consolidato e per la trasparenza fiscale già esercitate alla data di entrata in vigore del decreto correttivo, e, quindi, anche per i redditi relativi al 2004, ferma restando l'impossibilità di modificare le opzioni già esercitate o di esercitare ora per allora le opzioni.


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ALLEGATO 2

Schema di decreto legislativo recante disposizioni correttive ed integrative del decreto legislativo n. 344 del 2003, recante riforma dell'imposizione del reddito sulle società. Atto n. 482.

EMENDAMENTI ALLA
NUOVA FORMULAZIONE DELLA PROPOSTA DI PARERE DEL RELATORE

Premettere la seguente condizione:
01) provveda il Governo, nel lungo periodo, a rivedere completamente l'impianto dell'IRES, reintroducendo e generalizzando la DIT, ed operando in modo che gli incentivi e i crediti di imposta siano certi, esigibili ed automatici;
N. 1.Benvenuto.

Premettere la seguente condizione:
01) provveda il Governo, nel breve periodo, ad evitare che una legislazione confusa, vessatoria e cavillosa comprometta definitivamente la competitività del sistema economico italiano e danneggi in maniera irreversibile l'industria manifatturiera e le imprese del mezzogiorno:
N. 2.Benvenuto.


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ALLEGATO 3

Schema di decreto legislativo recante disposizioni correttive ed integrative del decreto legislativo n. 344 del 2003, recante riforma dell'imposizione del reddito sulle società. Atto n. 482.

PARERE APPROVATO DALLA COMMISSIONE

La VI Commissione Finanze della Camera dei Deputati,
esaminato lo schema di decreto legislativo, recante disposizioni correttive ed integrative al decreto legislativo 12 dicembre 2003, n. 344, recante riforma dell'imposizione sul reddito delle società, emanato ai sensi dell'articolo 10 della legge n. 80 del 2003 (Atto n. 482);
considerato che l'articolo 10, commi 1 e 6, della legge n. 80 del 2003, recante delega al Governo per la riforma del sistema fiscale statale, prevede che l'attuazione della stessa avvenga mediante più decreti legislativi;
considerato che le disposizioni dello schema di decreto risultano coerenti con i principi e criteri direttivi indicati nelle disposizioni di cui all'articolo 4, comma 1, lettere da a) ad o), della citata legge di delega n. 80 del 2003;
rilevato, altresì, che lo schema di decreto ha provveduto a coordinare le disposizioni contenute nel decreto legislativo 15 dicembre 1997, n. 446, in materia di IRAP, con alcuni dei nuovi istituti introdotti dalla riforma dell'imposizione sulle società, senza tuttavia tenere conto delle disposizioni del decreto legislativo 28 febbraio 2005, n. 38, recante le opzioni previste dall'articolo 5 del Regolamento (CE) n. 1606/2002 del Parlamento europeo e del Consiglio del 19 luglio 2002, relativo all'applicazione dei principi contabili internazionali, con il quale, dunque, deve essere coordinato;
valutato positivamente l'impianto complessivo dello schema di decreto, che interviene essenzialmente a correggere errori ed omissioni compiuti in sede di emanazione del decreto legislativo n. 344 del 2003;
rilevato, peraltro, che risulta ancora insoluto il problema della graduale eliminazione dell'IRAP, con prioritaria e progressiva esclusione dalla base imponibile del costo del lavoro e di eventuali ulteriori costi, nonché con la semplificazione della base imponibile;
tenuto conto della necessità di provvedere ad un ulteriore miglioramento del testo del provvedimento, sia sotto il profilo della qualità redazionale delle norme in esso contenute, sia con riferimento alla collocazione e alla sistematicità delle modificazioni apportate al testo unico delle imposte sui redditi;
considerato, in particolare, che la scelta di mantenere in via transitoria gli enti non commerciali tra i soggetti dell'imposta sulle società, nonostante che l'articolo 3, comma 1, lettera a), della legge n. 80 del 2003 ne prevedesse l'inclusione tra i soggetti passivi dell'imposta sul reddito, e di applicare ad essi il regime dei dividendi previsto per le società, nonché per gli enti commerciali, determina una disarmonia con il regime fiscale delle plusvalenze derivanti dal realizzo di partecipazioni che è, invece, quello applicabile alle persone fisiche;
sottolineata l'esigenza che il Governo provveda quanto prima all'emanazione


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della normativa di attuazione della disciplina sulla «tonnage tax», valutando inoltre l'opportunità di estendere l'ambito soggettivo di tale disciplina anche alle imprese armatoriali che ricorrono allo strumento del noleggio (anche di bandiera estera);
tenuto conto delle osservazioni formulate dalle associazioni imprenditoriali di categoria;
esprime

PARERE FAVOREVOLE

con le seguenti condizioni:
1) con riferimento alle disposizioni del TUIR riguardanti i redditi di capitale, provveda il Governo:
a) a rendere più agevole l'applicabilità dell'articolo 44, comma 2, del TUIR, come modificato dallo schema di decreto, il quale equipara il trattamento degli strumenti finanziari emessi da soggetti non residenti nel territorio dello Stato a quello degli strumenti con le medesime caratteristiche emessi da soggetti residenti, con la conseguenza che le partecipazioni al capitale, i titoli e gli strumenti finanziari emessi da soggetti non residenti sarebbero da considerare «similari» alle azioni, a condizione che la relativa remunerazione sia totalmente indeducibile nella determinazione del reddito d'impresa del soggetto estero emittente.
In particolare, appare necessario eliminare il riferimento ivi previsto al «reddito d'impresa», sostituendolo con un riferimento alla deducibilità ai fini delle imposte sui redditi, in modo da dare rilevanza alle remunerazioni attribuite e non deducibili dal reddito del soggetto estero emittente quali che siano le tipologie reddituali riferibili a tale soggetto estero emittente, e prevedere che l'indeducibilità dal reddito dell'emittente estero possa essere provata sulla base di una dichiarazione dell'emittente stesso, ovvero da altri elementi certi e precisi, con la conseguenza che, in mancanza della dichiarazione, ovvero di altri elementi certi e precisi, lo strumento finanziario non potrà essere considerato similare all'azione e, quindi, dovrà essere trattato come titolo obbligazionario ovvero atipico.
In alternativa, potrebbe essere resa nota la tipologia di titoli emessi da soggetti esteri che possono essere considerati similari alle azioni in quanto produttivi, sulla base della normativa estera, di proventi non deducibili dal reddito del soggetto emittente, assicurando comunque in tal modo l'uniformità di comportamento e, quindi, evitando discriminazioni tra titoli emessi da soggetti residenti e titoli emessi da soggetti non residenti;
b) ad estendere, per motivi di uniformità di trattamento, l'applicabilità del citato articolo 44, comma 2, del TUIR anche alle associazioni in partecipazione in cui l'associante è soggetto non residente;
c) a sopprimere la disposizione dell'articolo 47, comma 1, ultimo periodo, del TUIR, la quale stabilisce una presunzione iuris et de iure in base alla quale, indipendentemente dalla delibera assembleare, si presumono prioritariamente distribuiti l'utile dell'esercizio e le riserve di utili, in quanto tale presunzione introduce una sorta di doppio binario civile e fiscale delle riserve, che determina rilevanti difficoltà di gestione delle riserve stesse da parte della società emittente.
Dette difficoltà risultano insuperabili se le partecipazioni sono emesse da società estere, le quali, essendo estranee al nostro ordinamento fiscale, non sarebbero obbligate ad una gestione delle riserve coerente con le disposizioni dello Stato italiano, non essendo peraltro possibile ipotizzare che siano i soci italiani percettori di dividendi a tenere memoria della composizione delle riserve, sulla base delle pregresse distribuzioni effettuate a decorrere dall'entrata in vigore della riforma, in epoca in cui essi potevano non essere soci, né essendo possibile escludere le società estere, poiché in tal caso la norma penalizzerebbe in modo ingiustificato gli investimenti in società italiane;
d) a valutare nuovamente quanto espresso con riferimento alla disciplina


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fiscale dell'associazione in partecipazione nel parere reso dalla Commissione Finanze sullo schema di decreto istitutivo dell'IRES, eliminando conseguentemente, all'articolo 11, lettera a), n. 2), dello schema di decreto legislativo in esame, la disposizione che introduce la ritenuta sugli utili derivanti dai contratti di associazione in partecipazione corrisposti da associanti persone fisiche e da società di persone.
Infatti, mentre è condivisibile l'assimilazione della posizione dell'associato a quella del socio, quando l'associante in partecipazione è una società di capitale, non appare sostenibile estendere tale configurazione anche nel caso in cui l'associante è un'impresa individuale o una società di persone. Infatti, nel primo caso, si è in presenza di una società che assoggetta complessivamente l'utile a tassazione, ai fini dell'IRES, sicché appare logico concepire la successiva attribuzione di questo utile all'associato alla stessa stregua dei dividendi attribuiti ai soci, mentre nell'altro caso questa configurazione comporterebbe una tassazione integrale dell'utile nei confronti dell'imprenditore individuale (o dei singoli soci di una società di persone) e una tassazione agevolata dell'associato in partecipazione (con applicazione dell'aliquota del 12,5 per cento degli utili percepiti ovvero in misura pari al 40 per cento degli stessi), benché si tratti di persone fisiche - imprenditore ed associato - che condividono i medesimi rischi di impresa e che, pertanto, dovrebbero essere sottoposti ad identico trattamento (tassazione pro quota dell'utile dell'affare). Se si condividono queste perplessità l'associazione in partecipazione con l'impresa individuale (o con la società di persone) dovrebbe restare nell'alveo dei contratti sinallagmatici, nei contratti, cioè, che comportano la deduzione del provento spettante all'associato in partecipazione dal reddito dell'impresa associante e la tassazione piena di tale provento presso il soggetto associato. Tale impostazione comporterebbe conseguentemente la modifica di tutte le norme che disciplinano questa fattispecie nell'ambito dei redditi di capitale, dei redditi d'impresa e dei redditi diversi, sia per il soggetto associante sia per il soggetto associato;
e) a rendere coerenti le disposizioni degli articoli 59, 89 e 47 del TUIR per quanto riguarda il tributario trattamento degli utili distribuiti, in quanto, mentre l'articolo 47 del TUIR fa riferimento agli utili distribuiti dai soggetti di cui all'articolo 73 senza alcuna limitazione, ivi compresi, dunque, quelli distribuiti da enti non commerciali, gli articoli 59 e 89 del TUIR si riferiscono soltanto alle lettere a) e b) dell'articolo 73 del TUIR, escludendo, quindi, gli enti non commerciali;
f) a disciplinare il trattamento fiscale degli strumenti finanziari emessi a fronte degli apporti di opere e servizi;
2) con riferimento alle disposizioni in materia di participation exemption, provveda il Governo:
a) a correggere un errore formale circa l'ambito di applicazione del comma 3 dell'articolo 87 del TUIR, relativo agli strumenti finanziari similari alle azioni, non solo, come già previsto dal decreto correttivo, ricomprendendovi i realizzi cosiddetti assimilati alle cessioni (assegnazione ai soci o destinazione a finalità estranee all'esercizio dell'impresa), ma anche specificando che le plusvalenze sono realizzate e «determinate» ai sensi dell'articolo 86, commi 1, 2 e 3, del TUIR;
b) a rivedere la formulazione dell'articolo 87, comma 1-bis, del TUIR, introdotto dall'articolo 3, comma 2, lettera a), dello schema di decreto, al fine di chiarire con quali criteri sono identificate le azioni o quote trasferite dalla categoria delle immobilizzazioni finanziarie a quella dell'attivo circolante e viceversa, al fine di evitare interpretazioni difformi della norma introdotta;
c) a confermare la rilevanza delle partecipazioni esenti, al pari delle altre partecipazioni, ai fini della verifica dei parametri (ricavi e altri proventi) stabiliti per la qualificazione delle società di comodo;


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3) con riguardo al nuovo istituto della thin capitalization, introdotto dall'articolo 98 del TUIR, provveda il Governo a valutare la necessità di sospenderne l'efficacia almeno per il 2004, al fine di rivedere la disciplina dell'indebitamento in generale, ovvero, in subordine, a limitarne l'ambito di applicazione ai soli finanziamenti erogati da soci qualificati e parti correlate che risiedono in Stati e territori qualificati come «paradisi fiscali», ed, eventualmente, ad estenderne l'applicabilità anche ai finanziamenti provenienti da Paesi UE mediante l'articolo 37-bis del decreto del Presidente della Repubblica n. 600 del 1973, opportunamente integrato.
Sono infatti noti i numerosi aspetti di complessità, che rendono estremamente difficoltosa e penalizzante l'applicazione della norma, e l'ambiguità della sua ratio, che ne rendono iniqui ed irrazionali gli effetti. In particolare, per i finanziamenti provenienti da soci residenti in Paesi UE, la norma non supera i rilievi di incompatibilità con i principi comunitari di cui alla sentenza C-324/00 del 13 dicembre 2002. Infatti, per tali soggetti le remunerazioni dei finanziamenti sarebbero tassate nello stesso Stato estero, mentre, per i soci residenti nel territorio dello Stato, le remunerazioni verrebbero detassate alla stregua dei dividendi. Quanto ai finanziamenti effettuati dai residenti, la norma comporta sostanzialmente uno spostamento della tassazione dai soci finanziatori alla società finanziata, senza un apprezzabile incremento di gettito e penalizzando, oltretutto, i soci non finanziatori (normalmente di minoranza), che si vedono decrementare l'utile distribuibile della società partecipata a motivo delle maggiori imposte (derivanti dalla indeducibilità degli interessi). Quanto ai finanziamenti erogati dalle banche e garantiti dai soci, la disciplina di indeducibilità si traduce in un aumento ingiustificato del costo del finanziamento, dal momento che colpisce tutte le garanzie, anche quelle che non mascherano fenomeni di «conduit» e che, quindi, non realizzano alcun arbitraggio fra interessi e dividendi;
4) in merito alla disciplina sulle imprese di assicurazione di cui all'articolo 111 del TUIR, provveda il Governo:
a) a sostituire il comma 2 dell'articolo 111 con il seguente: «2. Gli utili di cui all'articolo 89, commi 2 e 3, i maggiori e i minori valori iscritti relativi alle azioni, alle quote di partecipazione e agli strumenti finanziari di cui all'articolo 85, comma 1, lettere c) e d), nonché le plusvalenze e le minusvalenze che fruiscono del regime previsto dall'articolo 87 concorrono a formare il reddito qualora siano relativi ad investimenti a beneficio di assicurati dei rami vita i quali ne sopportano il rischio», nonché ad eliminare, al comma 1 del medesimo articolo 111, le parole: «salvo quanto stabilito nei commi successivi».
Come già evidenziato nel parere reso dalla Commissione Finanze sullo schema di decreto legislativo istitutivo dell'IRES, tale modifica è finalizzata ad evitare inutili adempimenti (cioè variazioni in aumento e in diminuzione dell'utile di bilancio, da apportare in dichiarazione dei redditi, di pari importo), con riguardo alle riserve tecniche relative ai contratti di assicurazione dei rami vita per i quali il rischio dell'investimento è sopportato dagli assicurati in corrispondenza dei proventi (ad esempio, dividendi o plusvalenze) e degli oneri (ad esempio, minusvalenze) che ordinariamente non concorrono alla formazione del reddito. Si tratta infatti di adempimenti che sono costosi per le imprese e che non recano alcun beneficio per l'Erario. Il riconoscimento fiscale di tali componenti positivi e negativi consente, quindi, la rilevanza anche delle riserve, in coerenza con il dettato del comma 1, opportunamente riformulato;
b) ad introdurre, dopo il comma 3 del medesimo articolo 111 del TUIR, il seguente: «3-bis. Per le imprese di assicurazione che gestiscono sia il ramo danni sia il ramo vita, la valutazione dei titoli e degli strumenti finanziari può essere attuata unitariamente per entrambi i rami ovvero separatamente per ciascuno di essi.».


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Tale disposizione consentirebbe alle imprese di assicurazione che esercitano congiuntamente il ramo vita e il ramo danni e che hanno l'obbligo di determinare separatamente il patrimonio e i risultati economici relativi ai rami vita e ai rami danni e di riservare le attività poste a copertura delle riserve tecniche in modo esclusivo e separato all'adempimento delle obbligazioni assunte con i contratti ai quali le riserve stesse si riferiscono, di valutare separatamente o congiuntamente i titoli con riferimento ai singoli rami e, quindi, di poter attribuire in bilancio costi unitari diversi ai titoli appartenenti ai due comparti. La facoltà di dare o meno piena rilevanza fiscale alla descritta separata valutazione operata ai fini civilistici dovrebbe comunque essere condizionata all'applicazione costante del criterio prescelto in modo costante nel tempo;
5) con riferimento all'articolo 113 del TUIR, relativo al regime delle partecipazioni acquisite per il recupero dei crediti bancari, provveda il Governo a migliorare il meccanismo di applicazione di tale disposizione in tutte le situazioni di sostegno finanziario alla clientela attuate mediante la conversione di crediti in partecipazioni, in particolare:
a) eliminando l'interpello preventivo all'Agenzia delle entrate per il giudizio di ammissibilità - che, tra l'altro, duplica informazioni che le banche sono già tenute a comunicare alla Banca d'Italia - e prevedendo l'acquisto di partecipazioni per il recupero dei crediti bancari come autonoma fattispecie da inserire nel novero delle operazioni potenzialmente elusive ai sensi dell'articolo 37-bis del decreto del Presidente della Repubblica n. 600 del 1973;
b) estendendone l'applicazione anche:
1) alle azioni e partecipazioni diverse da quelle per le quali si rende applicabile il regime di esenzione delle plusvalenze di cui all'articolo 87 (participation exemption), nella considerazione che anche i componenti positivi e negativi afferenti alle valutazioni di tali titoli non hanno più rilevanza fiscale per effetto della riforma;
2) alle partecipazioni acquisite in conseguenza di operazioni di finanziamento dirette a prevenire situazioni di difficoltà finanziaria o di insolvenza dell'impresa debitrice, in modo da superare i dubbi cui l'attuale formulazione della norma può dare adito, in quanto appare privo di fondamento circoscrivere l'applicazione della disposizione alle sole ipotesi in cui l'assunzione delle partecipazioni riguardi imprese che già versano in una situazione di temporanea difficoltà finanziaria, penalizzando, per contro, le operazioni di finanziamento dirette proprio a prevenire tale situazione;
3) alle partecipazioni acquisite nell'ambito delle fattispecie giudiziali ed extragiudiziali di ristrutturazione dei debiti (ad esempio nelle ipotesi di cui agli articoli 160 e 182-bis del regio decreto n. 267 del 1942, come modificati dal decreto-legge 14 marzo 2005, n. 35);
6) con riferimento alla disciplina sul consolidato nazionale di cui agli articoli da 117 a 129 del TUIR, provveda il Governo:
a) a stabilire che nella somma algebrica dei redditi complessivi di cui al primo periodo del comma 1 dell'articolo 122 del TUIR le perdite di esercizio dei soggetti partecipanti al consolidato possono essere computate secondo le disposizioni dell'articolo 84, comma 1, ultimo periodo, del TUIR medesimo, cioè in misura tale che l'imposta corrispondente al reddito imponibile risulti compensata da eventuali crediti di imposta, ritenute alla fonte a titolo di acconto, versamenti e eccedenze di periodi precedenti. Infatti, la compensazione dei redditi di alcune società con le perdite di altre società potrebbe ridurre il reddito complessivo, e quindi l'imposta, in modo tale da limitare l'entità del credito per le imposte pagate all'estero. A ben vedere tale situazione non è dissimile da quella relativa allo scomputo di perdite di esercizi precedenti, cui la norma vigente riconosce la possibilità di ridurre lo scomputo di tali perdite;


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b) a rimuovere gli impedimenti alla deducibilità delle erogazioni liberali ex articolo 100, comma 2, del TUIR per le società consolidate ove le stesse siano in perdita, consentendo a tal fine di parametrare la deduzione al reddito consolidato o, in alternativa, di trasferire la deducibilità ad altra società facente parte del consolidato;
c) a considerare le modifiche introdotte dallo schema di decreto sul regime sanzionatorio come causa di revoca dell'opzione per il consolidato senza le penalizzazioni previste per l'interruzione del consolidato. Al fine di dirimere i dubbi interpretativi della norma che disciplina il regime sanzionatorio dovrebbe essere inoltre chiarito che:
1) i criteri di accertamento della debenza o meno della sanzione, nonché quelli di determinazione dell'importo della stessa, devono essere riferiti all'eventuale maggiore imposta di gruppo conseguente alla rettifica operata sul reddito imponibile del soggetto che ha commesso la violazione; 2) entrambi i soggetti (consolidante e consolidata) devono essere considerati nella medesima posizione in relazione agli istituti processuali ed alle previsioni tributarie e amministrative in genere che disciplinano la materia sanzionatoria (notificazione degli atti di irrogazione delle sanzioni, legittimazione passiva, applicazione degli istituti deflativi, cause di non punibilità, ecc.), in quanto l'affermazione del principio della responsabilità solidale del soggetto consolidante per una «somma pari alla sanzione» pone quest'ultimo nella medesima posizione giuridica della consolidata, autore materiale della violazione, determinando una sostanziale corrispondenza tra soggetto passivo della sanzione e autore materiale;
d) a sopprimere il comma 3 dell'articolo 127 del TUIR, il quale appare ormai incompatibile con i commi 1 e 2 del medesimo articolo, come modificati dallo schema di decreto legislativo;
e) a chiarire che anche le società in liquidazione ordinaria possono optare per il regime del consolidato e per la trasparenza fiscale;
7) con riferimento alla disciplina sul consolidato mondiale di cui agli articoli da 130 a 142 del TUIR, provveda il Governo a sopprimere la disposizione contenuta nell'articolo 142, comma 3, per evitare che i contribuenti siano indotti a non esercitare l'opzione per il consolidato mondiale fino all'emanazione del decreto attuativo, e a introdurre le modifiche normative necessarie nell'articolo 142, comma 1, nel quale andrebbe operato un rinvio alle disposizioni, per quanto compatibili, contenute nel decreto ministeriale 9 giugno 2004, di attuazione della normativa relativa alla tassazione di gruppo su base nazionale, tenuto conto che le disposizioni che potrebbero essere contenute nel decreto in questione sarebbero sostanzialmente analoghe a quelle già emanate con il citato decreto ministeriale.
Si osserva infatti come il ritardo nell'emanazione del decreto ministeriale di attuazione di tale disciplina, previsto dal comma 1 del citato articolo 142, abbia determinato una situazione di incertezza nei contribuenti interessati a fruire di tale istituto;
8) con riguardo alla tassazione del reddito delle società controllate o collegate, residenti in Stati o territori aventi regimi fiscali privilegiati, provveda il Governo:
a) a chiarire che, ai fini dell'esimente dell'articolo 167, comma 5, lettera b), del TUIR, anche i dividendi incassati da tali società sono rilevanti se derivano da utili di società residenti in Stati o territori diversi da quelli aventi regimi fiscali privilegiati;
b) ad abrogare l'articolo 168 del TUIR, che estende la tassazione per trasparenza, prevista dall'articolo 167 del medesimo TUIR per i redditi delle società controllate, anche ai redditi delle società collegate, tenuto conto che l'applicazione di tale disposizione comporterebbe rilevanti difficoltà per le imprese a fronte di scarsi risultati per l'Erario in termini di


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gettito. Peraltro, la mancata emanazione del decreto attuativo previsto dall'ultimo comma del citato articolo 168 sembra sintomatica della volontà del Governo di non dare applicazione a tale istituto;
9) con riguardo alle altre disposizioni relative al reddito delle società, provveda il Governo:
a) a chiarire che la disposizione prevista dall'articolo 94, comma 6, del TUIR, riguardante la valutazione delle azioni o quote per effetto dei versamenti a fondo perduto o in conto capitale alla società dai propri soci o della rinuncia ai crediti nei confronti della società dagli stessi soci, si applica anche se le azioni o quote costituiscono immobilizzazioni finanziarie di cui all'articolo 101 del TUIR;
b) a sopprimere la disposizione introdotta nell'articolo 109, comma 3-bis, del TUIR, volta a rendere indeducibili le minusvalenze (rectius i minori valori) derivanti dal realizzo delle partecipazioni societarie e degli strumenti finanziari similari alle azioni fino a concorrenza dell'importo non imponibile dei dividendi percepiti nel periodo di imposta di realizzo e nel precedente, in quanto l'applicazione indiscriminata di tale norma a tutte le tipologie di partecipazioni societarie e di strumenti finanziari assimilati (siano essi quotati o non quotati) e a tutte le operazioni di realizzo che hanno interessato le dette partecipazioni e strumenti si pone in chiaro contrasto con i principi ispiratori della riforma, poiché determina indirettamente l'integrale tassazione dei dividendi percepiti, già assoggettati al tributo personale in capo alla società la cui partecipazione è oggetto di scambio. Il disegno elusivo, infatti, può logicamente verificarsi solo ove la minusvalenza realizzata in conseguenza dello «stacco» dei dividendi si riferisca ad una partecipazione ceduta da un soggetto che abbia realizzato una plusvalenza esente dal tributo personale. In tal caso, resterebbe ferma la possibile applicazione dell'articolo 37-bis del decreto del Presidente della Repubblica n. 600 del 1973 per quelle operazioni mosse da un chiaro intento elusivo.
In alternativa, a limitare l'ambito di applicazione della norma ai trasferimenti infragruppo effettuati a decorrere dall'entrata in vigore della riforma, escludendo in ogni caso le transazioni relative ai titoli quotati nei mercati regolamentati;
c) a sopprimere la disposizione dell'articolo 109, comma 4, lettera b), del TUIR, che dispone la tassazione delle riserve di patrimonio netto e degli utili di esercizio distribuiti, se e nella misura in cui l'ammontare delle restanti riserve e degli utili risulti inferiore alle eccedenze di ammortamenti, altre rettifiche di valore e accantonamenti dedotti rispetto a quelli imputati a conto economico, in quanto la rigidità di tale disposizione limita ingiustificatamente la politica dei dividendi delle imprese (che sarà resa più difficoltosa a seguito dell'applicazione dei principi contabili internazionali), sebbene esse siano già tenute all'accantonamento delle imposte differite;
d) a valutare l'opportunità di consentire, sempre in via facoltativa, di dare rilevanza al trattamento fiscale degli interessi derivanti da crediti d'imposta secondo il criterio di cassa, analogamente agli interessi di mora;
e) a completare l'intervento normativo concernente il regime di attualizzazione dei cosiddetti «cambi a termine» con la previsione dell'attualizzazione di tale valore sulla base dei flussi finanziari attesi.
Si rileva infatti, con riferimento alla disciplina sulle operazioni fuori bilancio di cui all'articolo 112 del TUIR, come il Governo non abbia recepito un'importante indicazione contenuta nel parere reso dalla Commissione Finanze sullo schema di decreto legislativo con il quale sono stati introdotti i principi contabili internazionali nei bilanci di esercizio e a fini fiscali (ora decreto legislativo 28 febbraio 2005, n. 38). In particolare, non è stato integrato il criterio di determinazione del valore minimo fiscale relativo alla valutazione


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dei contratti a termine su valute, previsto dal comma 3, lettera c), dell'articolo 112 del TUIR, con la previsione dell'attualizzazione di tale valore sulla base dei flussi finanziari attesi (cui si deve procedere per calcolare, in base agli IAS, il fair value di tali contratti), determinando una lacuna normativa che, se non prontamente colmata espressamente, provoca dubbi interpretativi, nonché un'ennesima, gravosissima divaricazione tra utile di bilancio e reddito imponibile, in controtendenza rispetto ai principi che hanno ispirato il recepimento dei suddetti principi contabili. In particolare, si rileva come sia il previgente articolo 103-bis, comma 2, lettera c), del TUIR, sia l'articolo 112, comma 5, lettera c), del TUIR (prima delle modifiche apportate con il decreto legislativo n. 38 del 2005) fossero ispirati, con specifico riguardo ai contratti a termine su valute, al riconoscimento ai fini fiscali del medesimo criterio valutativo adottato in bilancio in base al decreto legislativo n. 87 del 1992, non essendo pertanto motivato il superamento di tale impostazione con riguardo al criterio valutativo previsto dai principi contabili internazionali;
10) provveda il Governo a ricondurre nell'ambito del decreto del Presidente della Repubblica n. 42 del 1988 le disposizioni da esso estrapolate, eliminandone il testo dal TUIR, in quanto l'inserimento di talune disposizioni di tale decreto del Presidente della Repubblica nel TUIR è incompleto e genera difficoltà interpretative.
Non si comprende infatti se le altre norme del citato decreto del Presidente della Repubblica n. 42, che pur conservano attualità, si devono ritenere tacitamente abrogate: in questo caso, vi sarebbero delle lacune normative su alcune specifiche questioni. Posto che il decreto legislativo n. 344 del 2003 ha già stabilito che i riferimenti contenuti in altri testi normativi alle norme in vigore prima della introduzione dell'IRES devono intendersi operati alle corrispondenti disposizioni oggi in vigore, non v'è motivo di procedere all'inserimento nel TUIR di norme contenute nel decreto del Presidente della Repubblica n. 42 del 1988. L'intervento di ordine sistematico rischia, infatti, di creare ulteriori problemi, come è il caso della modifica dell'articolo 114 del TUIR, diretta a recepire in tale testo una norma già contenuta nel richiamato decreto del Presidente della Repubblica n. 42, senza tener conto, tuttavia, che ormai non esiste più «l'abilitazione a compiere operazioni valutarie», essendo tali operazioni comprese automaticamente nella normale attività bancaria, e che il rinvio all'articolo 106, contenuto nel citato articolo 114, andrebbe riferito, eventualmente, ai commi 3, 4 e 5;
11) con riferimento all'articolo 114 del TUIR, provveda il Governo a riformularne il testo, al fine di tenere conto delle disposizioni contenute nel decreto legislativo n. 43 del 1998, il quale, nel disporre l'adeguamento dell'ordinamento nazionale alle disposizioni del trattato istitutivo della Comunità europea in materia di politica monetaria e di Sistema europeo delle banche centrali, all'articolo 8 ha stabilito che la Banca d'Italia, nella redazione del proprio bilancio, può uniformare i criteri di rilevazione e di redazione alle disposizioni adottate dalla BCE e alle raccomandazioni dalla stessa formulate in materia, e che, in tal caso, i criteri di redazione adottati assumono rilevanza anche agli effetti tributari;
12) con riguardo alla decorrenza delle modifiche recate dallo schema di decreto in esame, provveda il Governo a fissare l'applicazione delle stesse con riferimento alle seguenti ipotesi:
a) le disposizioni che influenzano la determinazione del risultato di esercizio si applicano a decorrere dal periodo d'imposta riferibile all'esercizio il cui termine di chiusura è successivo alla data di entrata in vigore del decreto correttivo, salvo quanto indicato alla lettera d);
b) le disposizioni che non influenzano la determinazione del risultato di esercizio (come, ad esempio, quelle che nell'associazione in partecipazione con associante impresa individuale ne dovrebbero


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prevedere una diversa ripartizione rispetto alla norma attualmente vigente) si applicano a decorrere dal periodo d'imposta per il quale il termine di versamento a saldo delle imposte scade successivamente alla data di entrata in vigore del decreto correttivo;
c) le disposizioni che comportano l'effettuazione di adempimenti da parte degli intermediari (ad esempio, la nuova qualificazione dei titoli similari alle azioni emessi da soggetti non residenti, nonché quelle che comportano l'inapplicabilità del sistema amministrato e del sistema gestito) si applicano a decorrere dal 1o gennaio 2006, ciò al fine di consentire agli intermediari di apprestare i nuovi strumenti necessari per poter correttamente adempiere alle nuove previsioni normative;
d) la disposizione che ha ridotto da dieci a cinque anni il periodo di «osservazione» previsto dalla normativa transitoria in materia di disallineamento si applica anche alle opzioni per il consolidato e per la trasparenza fiscale già esercitate alla data di entrata in vigore del decreto correttivo, e, quindi, anche per i redditi relativi al 2004, ferma restando l'impossibilità di modificare le opzioni già esercitate o di esercitare ora per allora le opzioni.


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ALLEGATO 4

5-03782 Benvenuto ed altri: Ricollocazione dei dipendenti dell'ufficio del demanio di Benevento.

TESTO INTEGRALE DELLA RISPOSTA

Con l'interrogazione al nostro esame, le SS.LL. Onorevoli chiedono di conoscere lo stato di attuazione delle procedure relative al trasferimento dei dipendenti del sopprimendo ufficio di Benevento dell'Agenzia del demanio.
Al riguardo, l'Agenzia del demanio ha fatto presente che, a seguito della trasformazione in ente pubblico economico operata ai sensi dell'articolo 3, comma 5, del decreto legislativo 3 luglio 2003, n. 173, è stato stabilito, in conformità ai principi di efficienza, efficacia, economicità, trasparenza e flessibilità, il nuovo modello organizzativo dell' Agenzia e l'articolazione a livello territoriale della sua struttura, che consta di 19 filiali regionali, a loro volta articolate in uffici territoriali con competenza provinciale o interprovinciale.
In particolare, per quanto concerne la regione Campania, la citata Agenzia del demanio ha riferito che la chiusura del predetto ufficio di Benevento è stata ispirata, come gli adeguamenti logistici intervenuti in tutte le altre regioni, a criteri di razionalizzazione gestionale, nonché ponderata sulla base del peso delle attività svolte, delle specifiche finalità e degli obiettivi strategici dell'Agenzia.
Tuttavia, ad oggi non risulta essere stata fissata alcuna data per la citata chiusura, e, in ogni caso, l'Agenzia farà si che essa coincida con la definitiva collocazione dei dipendenti che non sembra essere agevole.