Legge comunitaria 2005 (C. 5767 Governo) e Relazione sulla partecipazione dell'Italia all'Unione europea nel 2004 (Doc. LXXXVII, n. 5).
Il disegno di legge comunitaria per il 2005 è il primo disegno di legge presentato dopo l'approvazione e l'entrata in vigore della legge di riforma della legge «La Pergola», ossia la legge 4 febbraio 2005 n. 11, recante: «Norme generali sulla partecipazione dell'Italia al processo normativo dell'Unione europea e sulle procedure di esecuzione degli obblighi comunitari». Tale provvedimento ha sensibilmente ampliato i contenuti della legge comunitaria in modo da adeguarli alle nuove esigenze emerse ed in particolare a quelle derivanti dalla riforma del titolo V della Costituzione.
Con il disegno di legge comunitaria s'intende realizzare l'adeguamento annuale dell'ordinamento nazionale a quello comunitario, attraverso il recepimento delle direttive contenute negli allegati A e B, nonché il parziale recepimento della direttiva 2004/57/CE della Commissione, previsto nell'articolo 6, l'esecuzione di un'ordinanza della Corte di giustizia della Comunità europea, di cui alle disposizioni contenute nell'articolo 7, ed infine l'adeguamento ai princìpi comunitari degli articoli 8 e 9.
I settori principalmente interessati dalla legge comunitaria per il 2005 sono i seguenti: immigrazione e sicurezza (titolo di soggiorno per le vittime della tratta di esseri umani, ammissione di cittadini di paesi terzi per motivi di studio, protezione internazionali degli apolidi o rifugiati, identificazione di articoli pirotecnici e munizioni), sanità (additivi alimentari, etichettatura nutrizionale dei prodotti alimentari, controlli sugli alimenti per animali, prodotti alimentari destinati ad un'alimentazione particolare, prodotti cosmetici), tutela dell'ambiente (rifiuti pericolosi, compatibilità elettromagnetica, emissioni di biossido di carbonio e consumo di carburante dei veicoli), agricoltura (prodotti fitosanitari, antiparassitari, indagine statistiche sul settore del latte, commercializzazione delle sementi, protezione da organismi nocivi), istruzione (valutazione di titoli e certificazioni acquisiti in altri Stati membri, equipollenza dei titoli di studio), trasporti e comunicazioni (sicurezza dalle reti transeuropee, protezione dei pedoni, dati delle persone trasportate, dispositivi di limitazione della velocità, riscaldamento dei veicoli a motore, requisiti tecnici dei sistemi di evacuazione degli aerei), attività produttive (etichettatura delle acque minerali e dei prodotti alimentari) e finanze (regime fiscale per le società madri e figlie).
Il disegno di legge consta di un Capo I, che comprende i primi 5 articoli e riguarda le disposizioni generali sui procedimenti per l'adempimento degli obblighi comunitari, e di un Capo II, comprendente gli articoli 6-9, che contempla le disposizioni particolari di adempimento e i criteri specifici di delega legislativa.
Per quel che concerne le disposizioni di diretta competenza della Commissione, si rileva che l'articolo 8, relativo alla valutazione di titoli e di certificazioni acquisiti in altri Stati membri o in Stati aderenti all'Accordo sullo spazio economico europeo (gli Stati dell'Unione europea, nonché l'Islanda, il Liechtenstein e la Norvegia) e nella Confederazione elvetica, è finalizzato a coprire casi di non applicabilità delle direttive 89/48/CEE (che prevede il riconoscimento
dei diplomi d'istruzione superiore finalizzati alla formazione professionale e della durata minima di 3 anni ai fini dell'esercizio di una professione da parte di un cittadino di uno Stato membro), 92/51/CE (che ha integrato la precedente, prescrivendo il riconoscimento dei titoli professionali che riguardano un iter di studio post-secondario inferiore a 3 anni, ma superiore ad uno), 99/42/CEE (che ha previsto il riconoscimento delle qualifiche per le attività professionali acquisite presso uno Stato membro e non ancora coperte da un sistema generale).
Il contenuto di tale disposizione s'ispira ai principi enunciati nelle sentenze della Corte di giustizia delle Comunità europee dell'8 luglio 1999 (causa C-234/97) e del 13 novembre 2003 (causa C-313/01). Secondo queste sentenze, l'ente competente a trattare le domande relative all'accesso ad attività che prevedono come requisito il possesso di titoli di studio o di certificazioni di esperienze professionali è tenuto a valutare se i titoli e le conoscenze acquisiti dall'interessato negli Stati sopra indicati corrispondano a quelli richiesti dalle disposizioni nazionali.
La norma fa salva tutte le norme già esistenti in materia di riconoscimenti a fini accademici e a fini professionali e mantiene ferma la competenza del Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca a valutare la corrispondenza dei titoli di studio provenienti da altri Stati membri con quelli previsti dall'ordinamento italiano.
La previsione contenuta nell'articolo 9, che reca modifiche al testo unico di cui al decreto legislativo 16 aprile 1994, n. 297, è diretta a garantire l'applicazione della procedura di equipollenza dei titoli di studio conseguiti da cittadini comunitari nelle scuole o istituti di altri Stati membri dell'Unione europea o Stati aderenti all'Accordo sullo spazio economico europeo o alla Confederazione elvetica a quelli conseguiti nella scuola italiana di livello primario e secondario.
Ritenendo che gli articoli 8 e 9 si richiamino puntualmente sia alle direttive comunitarie, che alle richiamate sentenze della Corte di giustizia della Comunità europea, formula una proposta di relazione favorevole sul disegno di legge comunitaria in esame.
Per quanto riguarda poi la relazione annuale sulla partecipazione italiana all'Unione europea nel 2004, segnalo che, in riferimento al settore della cultura, si registra la proposta della Commissione europea, presentata il 14 luglio 2004, che riguarda il periodo 2007-2013. Essa è sostenuta dal nostro governo in special modo per il notevole incremento dello stanziamento per la realizzazione del programma culturale, atteso che passa dagli attuali 294 milioni di euro a 408 milioni di euro.
Per quel che concerne l'articolazione del programma, la Commissione europea ritiene che debba svilupparsi su tre grandi obiettivi specifici: favorire la mobilità transnazionale all'interno della Unione europea per i lavoratori del settore culturale, promuovere la circolazione delle opere d'arte e dei prodotti culturali ed artistici e incoraggiare il dialogo interculturale.
Il Governo italiano ritiene di non poter condividere questa articolazione, ritenendo preferibile il mantenimento del programma relativo alla cultura come un programma generico.
La proposta programmatica è stata discussa nel Consiglio istruzione, gioventù e cultura il 15 e il 16 novembre 2004. In questa prima seduta, si sono registrate alcune divergenze tra le delegazioni su due punti in particolare: il primo se si debbono menzionare settori specifici o dare un carattere aperto al programma, il secondo riguarda l'inserimento o meno nel programma degli operatori più piccoli. Si segnala che l'Italia è favorevole all'inserimento della cooperazione nel settore del patrimonio culturale e di misure adeguate volte a promuovere la partecipazione al programma dei piccoli operatori.
Per quel che concerne il settore dell'istruzione, ricordo che il Consiglio europeo di Lisbona, nel marzo 2000, aveva definito un obiettivo di grande rilevanza, quello di far diventare l'unione economica, basata sulla conoscenza, la più competitiva
e dinamica del mondo, in grado di realizzare una crescita economica sostenibile con nuovi e migliori posti di lavoro ed una maggiore coesione sociale.
Successivamente, il Consiglio di Stoccolma, nel marzo 2001, riconoscendo il settore dell'istruzione e della formazione come fondamentale per la realizzazione della strategia di Lisbona, ha indicato tre obiettivi irrinunciabili in questo settore: migliorare la qualità e l'efficacia dei sistemi di istruzione e formazione, agevolarne l'accesso a tutti e facilitare l'apertura dei sistemi di formazione e istruzione al resto del mondo.
Nell'ambito di tali obiettivi, il Consiglio dei ministri della istruzione, nel maggio del 2003, ha individuato cinque aree prioritarie, definendone anche i livelli di riferimento e la scadenza temporale entro il 2010: diminuzione degli abbandoni precoci (percentuale superiore al 10 per cento), aumento dei laureati in matematica, scienze e tecnologia (aumento almeno del 15 per cento e al contempo diminuzione dello squilibrio tra i sessi), aumento dei giovani che completano gli studi secondari superiori (almeno l'85 per cento della popolazione ventiduenne); diminuzione della percentuale dei quindicenni con scarsa capacità di lettura (almeno del 20 per cento rispetto al 2000); aumento della media europea di partecipazione ad iniziative di aggiornamento (almeno fino al 12 per cento della popolazione adulta in età lavorativa tra i 25 e i 64 anni).
Al Consiglio europeo di Bruxelles, nel marzo 2004, è stata presentata la relazione congiunta Consiglio-Commissione intitolata: «Istruzione e formazione 2010. L'urgenza delle riforme per la riuscita della strategia di Lisbona», che, nell'illustrare i progressi compiuti e i ritardi nel processo di cooperazione, individua le tre leve su cui basare l'azione futura, per rispettare gli obiettivi e i tempi di Lisbona: concentrare le riforme e gli investimenti nei settori chiave, fare dell'apprendimento lungo tutto l'arco della vita una realtà concreta e costruire l'Europa dell'istruzione e della formazione.
Si segnala che il Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca ha svolto un'azione qualificata per il raggiungimento degli obiettivi di Lisbona, ponendo alla base del suo impegno alcuni princìpi guida che costituiscono gli assi portanti del complessivo processo di riforma previsto dalla legge n. 53 del 2003.
Tra questi assumono particolare rilievo la centralità dell'alunno, come protagonista responsabile del suo progetto formativo e soggetto consapevole di percorsi personalizzati e flessibili, il rafforzato ruolo delle famiglie, l'ulteriore potenziamento dell'autonomia scolastica, per la realizzazione di un sistema scolastico decentrato, attento alle istanze e ai bisogni del territorio, in sintonia con le esigenze del mondo del lavoro, un'offerta formativa di qualificato profilo, competitiva in ambito comunitario e l'attivazione di servizi scolastici efficienti ed efficaci, tali da corrispondere alle attese dell'utenza.
Rispetto a tali assi portanti è stato attivato un ampio piano di formazione degli insegnanti ed una complessiva razionalizzazione dell'uso delle risorse finanziarie.
Attualmente sono in fase di avvio percorsi formativi specifici per i docenti di lingua inglese di scuola primaria, per i docenti di lingua straniera delle scuole secondarie di primo grado e per circa 12 mila e 500 docenti recentemente nominati in ruolo. Un finanziamento di un milione e 500 mila euro è stato poi riservato alla formazione dei dirigenti scolastici.
Si rileva infine che è stato avviato anche il processo: «L'Europa dell'istruzione. Sviluppo e promozione della dimensione europea dell'educazione» ed è stata programmata l'organizzazione di momenti formativi attraverso progetti pilota.