XI Commissione - Resoconto di mercoledì 4 maggio 2005


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INTERROGAZIONI A RISPOSTA IMMEDIATA

Mercoledì 4 maggio 2005 - Presidenza del presidente Domenico BENEDETTI VALENTINI. - Interviene il sottosegretario di Stato per il lavoro e le politiche sociali Alberto Brambilla.

La seduta comincia alle 14.15.

Domenico BENEDETTI VALENTINI, presidente, ricorda che, ai sensi dell'articolo 135-ter, comma 5, del regolamento, la pubblicità delle sedute per lo svolgimento delle interrogazioni a risposta immediata è assicurata anche tramite la trasmissione attraverso l'impianto televisivo a circuito chiuso. Dispone, pertanto, l'attivazione del circuito.

5-04254 Delbono: Sospensione termini contributivi nella provincia di Campobasso.

Roberto RUTA (MARGH-U), cofirmatario, illustra l'interrogazione in titolo.


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Il sottosegretario Alberto BRAMBILLA risponde all'interrogazione in titolo nei termini riportati in allegato (vedi allegato 1). Aggiunge altresì, sul piano generale, che occorre porre rimedio all'eccessivo ricorso alle contribuzioni figurative effettuato in passato che ha determinato una consistente quota del deficit previdenziale: è pertanto allo studio un'ipotesi di recupero sulle prestazioni che vengono erogate.

Roberto RUTA (MARGH-U), replicando, sottolinea come il Governo non fornisca rassicurazioni in ordine al godimento di quello che sarebbe dovuto essere un benefico e rischia di trasformarsi in una penalizzazione in assenza di adeguati interventi. Evidenziato come l'interrogazione in esame vada collegata alla n. 5-04184 in materia di sospensione della liquidazione di rimborsi ai soggetti aventi sede nei territori colpiti da eventi calamitosi, trattata in Commissione nella seduta del 13 aprile 2005, ritiene che nella situazione determinatasi non resti agli interessati che la via del ricorso giurisdizionale per vedere tutelati propri diritti che dovrebbero invece essere assicurati da un coerente comportamento del Governo.

5-04255 Motta: Fondo pensioni Comit.

Carmen MOTTA (DS-U) rinuncia ad illustrare l'interrogazione in titolo.

Il sottosegretario Alberto BRAMBILLA, risponde all'interrogazione in titolo nei termini riportati in allegato (vedi allegato 2).
Rileva altresì come le parti interessate abbiano convenuto, quasi all'unanimità, di procedere alla liquidazione del fondo, valorizzando al meglio i cespiti disponibili nell'interesse dei lavoratori iscritti. Assicura che si svolgerà in tempi brevi un incontro per approfondire ulteriormente la possibilità di individuare una soluzione soddisfacente nell'interesse dei lavoratori.

Carmen MOTTA (DS-U), replicando, sottolinea come l'interrogazione fosse tesa proprio a sollecitare un'iniziativa del Governo per definire una soluzione condivisa dalle parti per tutelare i diritti dei lavoratori attivi e pensionati. Auspica pertanto una soluzione in tempi brevi per la difficile situazione del fondo, che soddisfi i lavoratori che vi hanno devoluto ingenti risorse.

La seduta termina alle 14.40.

ATTI DEL GOVERNO

Mercoledì 4 maggio 2005. - Presidenza del presidente Domenico BENEDETTI VALENTINI indi del vicepresidente Angelo SANTORI. - Interviene il sottosegretario di Stato per il lavoro e le politiche sociali Alberto Brambilla.

La seduta comincia alle 14.40.

Variazione nella composizione della Commissione.

Domenico BENEDETTI VALENTINI, presidente, comunica che entra a far parte della Commissione il deputato Giovanni Rainisio (DS-U).

Sui lavori della Commissione.

Roberto GUERZONI (DS-U), intervenendo sui lavori della Commissione, invita il presidente a chiarire la ragione per la quale non è più inserito nell'ordine del giorno della Commissione lo schema di decreto legislativo recante il testo unico in materia di salute e sicurezza sul lavoro, specificando inoltre se, qualora il Governo intendesse apportarvi modifiche, verrebbero mantenuti gli attuali termini temporali per l'espressione del parere parlamentare. Inoltre, invita il Presidente a chiarire se sarà possibile esaminare le proposte di legge C. 13 di iniziativa popolare, C. 872 Bertinotti e C. 2575 Cento, recanti «Istituzione del reddito sociale», in esame congiunto con la proposta di legge C. 3134 Rutelli, recante «Diritti di sicurezza sociale


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in materia di tutela del lavoro e del reddito», come era stato fatto in precedenza.

Domenico BENEDETTI VALENTINI, presidente, rispondendo al deputato Guerzoni, precisa che lo schema di decreto legislativo recante il testo unico in materia di salute e sicurezza sul lavoro sta per essere ritirato dal Governo, anche a seguito delle osservazioni formulate sul testo dal Consiglio di Stato e dalla Conferenza Stato-regioni. Lo schema di decreto potrà essere eventualmente ripresentato successivamente, ma ovviamente i termini temporali per l'espressione del parere parlamentare decorreranno dalla nuova presentazione. Va peraltro precisato che la notizia del ritiro dello schema di decreto è stata per ora comunicata per le vie brevi e sarà successivamente formalizzata.
Quanto al provvedimento recante istituzione del reddito sociale, ricorda che la Commissione, nella seduta del 22 ottobre 2003, aveva avviato l'esame congiunto delle proposte di legge C. 13 di iniziativa popolare, C. 872 Bertinotti e C. 2575 Cento, recanti «Istituzione del reddito sociale», e della proposta di legge C. 3134 Rutelli, recante «Diritti di sicurezza sociale in materia di tutela del lavoro e del reddito», sulla base di un precedente accordo raggiunto in sede di ufficio di presidenza integrato dai rappresentanti dei gruppi. Tuttavia, poiché la Conferenza dei Presidenti di gruppo ha inserito nel programma dei lavori dell'Assemblea, per il mese di maggio, le proposte di legge n. 872 e abbinate, potrebbe essere opportuno proseguirne l'esame separatamente, in modo da poter concludere l'istruttoria legislativa in tempo utile per la discussione in Assemblea.

Roberto GUERZONI (DS-U), quanto al provvedimento recante istituzione del reddito sociale, ritiene opportuno esaminarlo in abbinamento con la proposta di legge C. 3134 Rutelli, recante diritti di sicurezza sociale in materia di tutela del lavoro e del reddito, eventualmente rinviandone brevemente la calendarizzazione in Assemblea se i presentatori ed i gruppi sono d'accordo.

Domenico BENEDETTI VALENTINI, presidente, quanto all'esame congiunto delle proposte di legge in materia di istituzione del reddito sociale e sulla tutela del lavoro e del reddito, avverte che essa potrà essere valutata in sede di ufficio di presidenza integrato dai rappresentanti dei gruppi.

Schema di decreto legislativo recante norme in attuazione della direttiva 2002/73/CE in materia di parità trattamento uomini e donne.
Atto n. 478.

(Esame e rinvio).

La Commissione inizia l'esame.

Andrea DI TEODORO (FI), relatore, rileva come la legge comunitaria 2003 (legge 31 ottobre 2003, n. 306) all'articolo 17 preveda una delega al Governo per il recepimento della direttiva 2002/73/CE, che modifica la direttiva 76/207/CEE, relativa all'attuazione del principio di parità di trattamento tra gli uomini e le donne per quanto riguarda l'accesso al lavoro, alla formazione e alla formazione professionale e le condizioni di lavoro.
Al riguardo, sono stati dettati i princìpi e criteri direttivi, che possono essere così riassunti: a) garantire l'effettiva applicazione del principio di parità di trattamento tra uomini e donne in materia di lavoro, assicurando che le differenze di genere non siano causa di discriminazione diretta o indiretta, in un'ottica che tenga conto delle condizioni relative allo stato matrimoniale o di famiglia, per quanto attiene all'accesso all'occupazione, al rapporto di lavoro, comprese le condizioni di lavoro, la retribuzione, le promozioni e le condizioni del licenziamento; all'accesso a tutti i livelli di orientamento e di formazione, di perfezionamento e di riqualificazione professionale, inclusi i tirocini; all'attività prestata presso le organizzazioni dei lavoratori o dei datori di lavoro


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e accesso alle prestazioni erogate da tali organizzazioni; b) definire la nozione di discriminazione come «diretta» quando una persona è trattata meno favorevolmente, in base al sesso, di quanto sia, sia stata o sarebbe trattata un'altra in una situazione analoga; definire la nozione di discriminazione «indiretta» quando una disposizione, un criterio o una prassi, apparentemente neutri, mettono o possono mettere in una situazione di particolare svantaggio le persone di un determinato sesso, rispetto a persone dell'altro sesso, salvo che, nel caso di attività di lavoro, caratteristiche specifiche di sesso costituiscano requisiti essenziali al loro svolgimento; definire la nozione di «molestie» quando viene posto in essere, per ragioni connesse al sesso, un comportamento indesiderato e persistente, avente lo scopo o l'effetto di violare la dignità di una persona o di creare un clima intimidatorio, ostile e degradante, tenuto conto delle circostanze, anche ambientali; definire la nozione di «molestie sessuali» quando il suddetto comportamento abbia in maniera manifesta una connotazione sessuale; considerare le molestie e le molestie sessuali come discriminazioni; c) prevedere l'applicazione del principio di parità di trattamento senza distinzione di sesso in tutti i settori di lavoro, sia pubblici che privati, assicurando una adeguata tutela giurisdizionale o amministrativa, con garanzia di una riparazione o di un equo indennizzo; d) riconoscere la legittimazione ad agire in giudizio o in via amministrativa alle organizzazioni o associazioni che abbiano un legittimo interesse al rispetto delle disposizioni comunitarie in tema di parità di trattamento senza distinzioni di sesso per conto o a sostegno della persona lesa, con il suo consenso; e) prevedere misure adeguate per incoraggiare il dialogo fra le parti sociali al fine di promuovere il principio della parità di trattamento anche attraverso accordi nell'àmbito della contrattazione collettiva, codici di comportamento, scambi di esperienze e pratiche nonché il monitoraggio della prassi sui luoghi di lavoro.
La direttiva 2002/73/CE, che modifica la direttiva 76/207/CEE, è in buona parte già recepita dalla legislazione nazionale in tema di pari opportunità. Il termine per l'espressione del parere scade il 16 maggio 2005, mentre la delega scade il 30 maggio 2005.
Lo schema di decreto in esame, composto di tre articoli, prevede: la ridefinizione delle nozioni di «discriminazione diretta» e «discriminazione indiretta» per motivi legati al sesso (articolo 2, comma 1, lettere a) e b)); l'introduzione delle nozioni di «molestie» poste in essere per motivi connessi al sesso di una persona e di «molestie sessuali» e la loro equiparazione alle discriminazioni (articolo 2, comma 1, lettera c)); l'introduzione del risarcimento del danno anche non patrimoniale per la persona discriminata per motivi connessi al sesso (articolo 2, comma 1, lettere d) e e) e articolo 3, comma 2); il riferimento espresso del divieto di discriminazione nell'accesso al lavoro tanto al lavoro subordinato quanto al lavoro autonomo (artioclo 3, comma 1, lettera a)); l'estensione del divieto di discriminazione per motivi connessi al sesso anche all'affiliazione e all'attività delle organizzazioni sindacali o professionali e alle prestazioni erogate da tali organizzazioni (articolo 3, comma 1, lettera b)).
Rileva che in materia di definizioni sussiste una divergenza tra la disciplina comunitaria e la norma di delega, soprattutto per ciò che attiene alle definizioni di «molestie» e «molestie sessuali». Lo schema di decreto legislativo, nell'enunciare le suddette definizioni, sembra essersi attenuto più alla normativa comunitaria che alla norma di delega.
In proposito, occorre considerare che, se da un lato, ai sensi dell'articolo 76 della Costituzione, il Governo è tenuto ad attenersi ai criteri e principi direttivi previsti dal Parlamento nella norma di delega, dall'altro, ai sensi dell'articolo 117, primo comma, della Costituzione, i vincoli derivanti dall'ordinamento comunitario costituiscono comunque un limite alla potestà legislativa dello Stato. Inoltre, per quanto riguarda la tutela giurisdizionale o amministrativa


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di cui parla la delega, si segnala che lo schema di decreto legislativo ha previsto il risarcimento del danno, anche non patrimoniale, nel caso di ricorso contro la discriminazione proposto in via d'urgenza (articolo 15, comma 1, legge n. 903/77, modificato dall'articolo 3, comma 2, dello schema di decreto), e in caso di ricorsi per discriminazioni di carattere collettivo promossi dai consiglieri di parità in via ordinaria o di urgenza (articolo 4, commi 9 e 10, legge n. 125/1991, modificati dall'articolo 2, comma 1, lettere d) ed e) dello schema di decreto).
Lo schema di decreto non prevede invece il diritto al risarcimento del danno non patrimoniale nel caso in cui la persona lesa ritenga di agire in via ordinaria contro la discriminazione (come è previsto dal comma 13 dell'articolo 4 l. 125/1991, non modificato dallo schema di decreto in esame). Appare indispensabile eliminare questo limite alla tutela giudiziaria, in apparente contrasto con la disciplina di delega.
Va inoltre ricordato che il 21 aprile 2004 la Commissione europea ha presentato una proposta di direttiva volta a rifondere le precedenti direttive sulla parità di trattamento nel lavoro (cosiddetta direttiva «rifusione») (COM(2004) 279). La proposta di direttiva verrà esaminata secondo la procedura di codecisione. In attesa del parere del Parlamento europeo, il Consiglio ha approvato, il 7 dicembre 2004, un'impostazione comune sulla proposta di direttiva.
L'articolo 2 è quindi l'articolo più delicato, in quanto modifica l'articolo 4 della legge n. 125/1991, in materia di definizione della discriminazione diretta ed indiretta, di tutela dalle molestie in ambito lavorativo e di risarcimento del danno in caso di azioni in via giudiziaria. Come anticipato, sono rinvenibili alcune difformità tra la disposizione di delega e la normativa comunitaria, soprattutto con riferimento alle definizioni di molestie. Mentre la definizione di «discriminazione diretta» e di «discriminazione indiretta» non presentano differenze essenziali, vale la pena soffermarsi sulla nozione di «molestie». In proposito, la definizione dello schema di decreto in esame: non prevede che il comportamento indesiderato debba anche essere «persistente», conformemente alla normativa comunitaria ma in contrasto con la norma di delega; ritiene necessario che, affinché vi sia una molestia, vi sia tanto una violazione della dignità della persona quanto la creazione di un clima ostile (infatti usa la congiunzione «e» anziché la disgiunzione «o» prima delle parole «di creare un clima»), conformemente alla normativa comunitaria ma in contrasto con la norma di delega, che considera le due situazione alternative; nella definizione del clima usa la congiunzione «e» anziché la disgiunzione «o» per individuare gli attributi del clima («clima intimidatorio, ostile, degradante, umiliante e offensivo»), così indicando che essi devono sommarsi tra di loro, in conformità alla norma di delega - che però prevede un numero minore di attributi («clima intimidatorio, ostile e degradante») - ma in contrasto con la direttiva comunitaria, che considera gli attributi alternativi. La relazione illustrativa precisa in proposito che l'uso della congiunzione «e» ai commi 2-bis e 2-ter «non significa che i caratteri del clima ivi elencati debbano essere tutti presenti ai fini della configurazione delle forme di discriminazione lì disciplinate, ma evidenzia solamente l'elencazione; pertanto l'utilizzo della stessa ha una valenza di carattere disgiuntivo. L'interpretazione di carattere letterale sembra però andare nel senso opposto. Non si prevede espressamente che si debba «tener conto delle circostanze, anche ambientali», conformemente alla normativa comunitaria ma in contrasto con la norma di delega.
Con riferimento alla nozione di «molestie sessuali», la definizione dello schema di decreto in esame, come nel caso delle «molestie», non prevede che il comportamento indesiderato debba anche essere «persistente», conformemente alla normativa comunitaria ma in contrasto con la norma di delega; non prevede che la connotazione sessuale del comportamento debba essere manifesta, conformemente


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alla normativa comunitaria ma in contrasto con la norma di delega; prevede che il comportamento deve essere espresso «in forma fisica, verbale o non verbale», conformemente alla normativa comunitaria; la norma di delega non dispone nulla al riguardo; come nel caso delle «molestie», ritiene necessario che, affinché vi sia una molestia, vi sia tanto una violazione della dignità della persona quanto la creazione di un clima ostile (infatti usa la congiunzione «e» anziché la disgiunzione «o» prima delle parole «di creare un clima»), conformemente alla normativa comunitaria ma in contrasto con la norma di delega, che considera le due situazione alternative; come nel caso delle «molestie», nella definizione del clima usa la congiunzione «e» anziché la disgiunzione «o» per individuare gli attributi del clima («clima intimidatorio, ostile, degradante, umiliante e offensivo»), così indicando che essi devono sommarsi tra di loro, in conformità alla norma di delega - che però prevede un numero minore di attributi («clima intimidatorio, ostile e degradante») - ma in contrasto con la direttiva comunitaria, che considera gli attributi alternativi; come nel caso delle «molestie», non prevede espressamente che si debba «tener conto delle circostanze, anche ambientali», conformemente alla normativa comunitaria ma in contrasto con la norma di delega.
Ricorda che la norma di delega attuata dal decreto legislativo in esame è stata oggetto di dibattito e modifica parlamentare proprio con riferimento alla definizione di «molestie». Nell'esame in terza ed ultima lettura alla Camera, il Governo ha accolto l'ordine del giorno Di Teodoro 9/3618-B/9, che prevedeva l'impegno al Governo «a tenere conto, in sede di attuazione della delega contenuta nell'articolo 17 del disegno di legge in esame, della necessità di assicurare un pieno coordinamento delle disposizioni normative di attuazione delle direttive comunitarie vertenti sull'unico tema della parità di trattamento prevedendo, in particolare, che sia richiesto un «comportamento di contrasto» da parte della vittima - consistente nell'aver inequivocabilmente dichiarato il comportamento come offensivo - ai fini della definizione di tale comportamento come «molestia sessuale» sul luogo di lavoro, in aderenza con quanto previsto per la definizione di molestia per motivi connessi alla razza o all'origine etnica.» Peraltro, come già segnalato, nella definizione di molestia per motivi connessi alla razza o all'origine etnica il decreto legislativo attuativo della direttiva comunitaria non richiede il cosiddetto comportamento di contrasto.
Si sta sostanzialmente riproducendo il dibattito che accompagnò l'approvazione dell'articolo 29 della legge 1 marzo 2002, n. 39 (legge comunitaria 2001), in riferimento all'attuazione della direttiva 2000/43/CE, sulla parità di trattamento fra le persone indipendentemente dalla razza e dall'origine etnica.
Sottolinea infine come, in considerazione della delicatezza della materia, sia opportuno effettuarne un adeguato approfondimento dichiarandosi disponibile ad accogliere anche i suggerimenti che potranno provenire dall'opposizione.

Carmen MOTTA (DS-U) condivide l'esigenza di effettuarne un adeguato approfondimento della materia in esame in ragione della sua delicatezza: sottolinea in proposito come sarebbe stato opportuno che il Governo, prima di presentare lo schema di decreto legislativo in esame, avesse proceduto alla consultazione delle parti sociali.
Ricordato come, per quanto concerne la parità di trattamento tra uomini e donne, la normativa italiana sia già per molti aspetti all'avanguardia in Europa, sottolinea invece come sussista un grave vuoto normativo per quanto attiene alla nozione normativa di «molestie» e «molestie sessuali», su cui nella passata legislatura si svolse un'ampia discussione che tuttavia non fu positivamente conclusa. Rilevato inoltre come, quanto alla definizione di «discriminazione diretta», non si presentino differenze tra normativa comunitaria, norma di delega e disciplina dello schema di decreto in esame, evidenzia che


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la definizione di «discriminazione indiretta» presenta alcune differenze che non sembrano tuttavia avere carattere essenziale. Ritiene che su tali concetti occorra un'attenta valutazione in sede parlamentare che dovrebbe avvalersi del contributo delle parti sociali.

Andrea DI TEODORO (FI), relatore, ribadita la delicatezza della nozione normativa di «molestie» e «molestie sessuali», nonché del connesso principio di inversione dell'onere della prova che potrebbe risultare eccessivamente gravoso per i datori di lavoro, condivide l'opportunità di approfondire le questioni poste dal provvedimento in esame anche attraverso il contributo delle parti sociali: propone pertanto che si proceda a loro audizioni informali nel corso della prossima settimana. Sottolinea altresì come vada attentamente valutato il problema della divergenza tra norma di delega e disciplina comunitaria.

Cesare CAMPA (FI) evidenzia, con riferimento alla disciplina comunitaria che verrà più direttamente affrontata nell'ambito del prossimo punto all'ordine del giorno, che occorre attentamente valutare il rischio che le discipline dettate in sede comunitaria siano eccessivamente lontane dai problemi pratici da affrontare sul piano economico e lavorativo. Richiama in proposito i rischi connessi con la proposta di direttiva Bolkestein, su cui è in corso un acceso dibattito a livello europeo ed in particolare in Francia, soprattutto per quanto attiene al principio del paese di origine. In base ad esso, i prestatori di servizi sono soggetti esclusivamente alle disposizioni nazionali dello Stato membro di origine, il quale è responsabile del controllo dell'attività del prestatore e dei servizi che questi fornisce, anche qualora il prestatore fornisca servizi in un altro Stato membro: ciò rischia di determinare una sorta di dumping sociale e di perdita di competitività per i paesi che, come il nostro, sono caratterizzati da elevati livelli di protezione sociale.

Carmen MOTTA (DS-U) condivide la proposta del relatore di procedere all'audizione delle parti sociali, riservandosi di formulare rilievi più precisi in ordine al provvedimento in esame al termine di tali audizioni.

Angelo SANTORI, presidente, nessun altro chiedendo di intervenire, rinvia il seguito dell'esame ad altra seduta.

La seduta termina alle 15.30.

SEDE CONSULTIVA

Mercoledì 4 maggio 2005. - Presidenza del vicepresidente Angelo SANTORI. - Interviene il sottosegretario di Stato per il lavoro e le politiche sociali Alberto Brambilla.

La seduta comincia alle 15.20.

Legge comunitaria 2005.
C. 5767 Governo.
(Relazione alla XIV Commissione).

Relazione sulla partecipazione dell'Italia all'Unione europea nel 2004.
Doc. LXXXVII, n. 5.
(Parere alla XIV Commissione).
(Esame congiunto e rinvio).

La Commissione inizia l'esame.

Danilo MORETTI (FI), relatore, rileva come il disegno di legge comunitaria 2005 venga presentato all'indomani della legge 4 febbraio 2005, n. 11 (cosiddetta «legge Buttiglione»), recante «Norme generali sulla partecipazione dell'Italia al processo normativo comunitario e sulle procedure di esecuzione degli obblighi comunitari», che ha individuato la legge comunitaria come lo strumento cardine, ancorché non esclusivo, per l'adeguamento dell'ordinamento interno al diritto comunitario.
Il disegno di legge in esame è definito secondo le linee portanti già ampiamente sperimentate nelle precedenti leggi comunitarie


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e, conformemente all'articolo 9 della citata legge n. 11 del 2005, prevede: a) normazione diretta, utilizzata per limitate correzioni e integrazioni di disposizioni legislative vigenti, per lo più volte a eliminare situazioni di contrasto con il Trattato e con il diritto comunitario derivato; b) conferimento della delega legislativa, utilizzata per l'attuazione di direttive (elencate negli allegati A e B) che richiedono l'introduzione di normative organiche e complesse; c) individuazione dei princìpi fondamentali nel rispetto dei quali le regioni e le province autonome esercitano la propria competenza normativa per l'attuazione di direttive nelle materie di loro competenza; d) disposizioni che conferiscono delega al Governo per l'adozione di decreti legislativi recanti sanzioni penali ed amministrative di competenza statale per l'adempimento di obblighi derivanti dall'ordinamento comunitario.
Conformemente a quanto già previsto dalle leggi comunitarie degli anni precedenti, il capo I contiene le disposizioni di carattere generale relative ai procedimenti da seguire nell'emanazione dei provvedimenti; il capo II, invece, detta disposizioni particolari di adempimento diretto ed i criteri specifici di delega. Il procedimento per l'emanazione dei decreti legislativi è regolato dall'articolo 1; la responsabilità dello stesso è attribuita al Presidente del Consiglio dei ministri, o al Ministro per le politiche comunitarie, cui, nel rispetto delle competenze dei Ministeri di settore, spetta di operare per assicurare la conformità del provvedimento all'obbligo comunitario da assolvere. Oggetto della delega legislativa, da attuare entro diciotto mesi, sono le direttive comprese nell'allegato A e nell'allegato B; quest'ultimo si differenzia dal primo in quanto individua le direttive per il cui recepimento occorre osservare una procedura «aggravata» dalla sottoposizione del relativo schema di provvedimento attuativo al parere dei competenti organi parlamentari. Inoltre, l'acquisizione del parere delle Commissioni parlamentari è stata estesa, in conformità alle indicazioni contenute nella legge comunitaria per l'anno 2002 (legge n. 14 del 2003), anche ai decreti legislativi di attuazione delle direttive di cui all'allegato A, che prevedono l'eventuale ricorso allo strumento delle sanzioni penali ai fini della repressione della violazione degli obblighi comunitari.
Il comma 6 prevede la cosiddetta «clausola di cedevolezza» già inserita nei vari decreti legislativi di recepimento in materie di competenza regionale in conformità alla legge costituzionale 18 ottobre 2001, n. 3. Tale disposizione prevede che i decreti legislativi eventualmente adottati nelle materie riservate alla competenza legislativa delle regioni e delle province autonome, qualora queste ultime non abbiano provveduto con proprie norme attuative secondo quanto previsto dall'articolo 117, quinto comma, della Costituzione, entrano in vigore alla scadenza del termine stabilito per l'attuazione della normativa comunitaria e perdono efficacia a decorrere dalla data di entrata in vigore della normativa attuativa regionale o provinciale. La supplenza tende ad evitare ritardi tali da esporre l'Italia a sistematiche procedure di infrazione.
L'articolo 2 detta princìpi e criteri direttivi di carattere generale per l'esercizio delle deleghe al fine dell'attuazione delle direttive comunitarie, in gran parte già contenuti nelle precedenti leggi comunitarie. L'articolo 3 conferisce una delega biennale al fine di consentire la gestione di una politica sanzionatoria dei comportamenti che costituiscono violazione di precetti comunitari non trasfusi in leggi statali, perché contenuti o in direttive attuate con fonti non primarie, inidonee quindi a istituire sanzioni penali, o in regolamenti comunitari, direttamente applicabili. Come è noto, infatti, non esiste una normazione comunitaria per le sanzioni, in ragione della netta diversità dei sistemi nazionali. I regolamenti e le direttive lasciano quindi agli Stati membri di regolare le conseguenze della loro inosservanza. L'articolo 4 riproduce una disposizione già contenuta in precedenti leggi comunitarie in materia di oneri relativi a prestazioni e controlli da eseguire da parte di uffici


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pubblici in applicazione delle normative comunitarie. Al comma 2 si prevede la riassegnazione delle entrate derivanti dalle tariffe previste al comma 1 alle amministrazioni che effettuano le prestazioni ed i controlli. L'articolo 5 prevede la delega al Governo per l'adozione di testi unici delle disposizioni dettate in attuazione delle deleghe conferite con le leggi comunitarie annuali. Gli articoli 6 e seguenti recano disposizioni particolari di adempimento e criteri di delega specifici per le singole direttive in essi indicate.
In particolare, l'articolo 8, relativo alla valutazione di titoli e certificazioni acquisiti in altri Stati membri o in Stati aderenti all'Accordo sullo Spazio economico europeo e nella Confederazione elvetica, è finalizzato a coprire casi di non applicabilità delle direttive 89/48/CEE, 92/51/CEE e 1999/42/CE sulla base dei princìpi contenuti nelle sentenze della Corte di giustizia delle Comunità europee dell'8 luglio 1999, causa C-234/97 e del 13 novembre 2003, causa C-313/01. Secondo dette sentenze, l'ente competente a trattare domande relative all'accesso ad una qualche forma di attività che prevedano come requisito il possesso di titoli di studio o di certificazioni di esperienze professionali, è tenuto a valutare se i titoli e le conoscenze acquisiti dall'interessato negli Stati sopra indicati corrispondano a quelli richiesti dalle disposizioni nazionali. La norma fa salve tutte le norme già esistenti in materia di riconoscimenti a fini accademici e a fini professionali e mantiene ferma la competenza del Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca a valutare la corrispondenza dei titoli di studio provenienti da altri Stati membri con titoli previsti dall'ordinamento italiano.
La previsione contenuta nell'articolo 9 è diretta a garantire l'applicazione della procedura di equipollenza di titoli di studio conseguiti da cittadini comunitari nelle scuole o istituti di altri Stati membri dell'Unione europea o in Stati aderenti all'Accordo sullo Spazio economico europeo o nella Confederazione elvetica corrispondenti alla scuola italiana di livello primario e secondario. Il testo unico in materia di istruzione di cui al decreto legislativo 16 aprile 1994, n. 297, agli articoli 379 e 380, prevede una procedura di equipollenza con i titoli di studio italiani di livello elementare e medio dei corrispondenti titoli conseguiti all'estero da cittadini lavoratori italiani e dai loro congiunti emigrati o da cittadini italiani residenti all'estero o che hanno risieduto all'estero per motivi di lavoro o professionali e dai loro congiunti. Allo stato attuale non hanno più valore i motivi storici e sociali alla base della norma, ma diventa imperativo prevedere l'utilizzo della stessa procedura nel caso di titoli acquisiti da cittadini comunitari, ad oggi non espressamente previsti come destinatari della procedura stessa, per assicurare, in tal modo, il rispetto del principio di libera circolazione dei cittadini quale libertà fondamentale prevista dal Trattato.
Completano il disegno di legge comunitaria gli allegati A e B, già menzionati.
In base a quanto previsto dall'articolo 8, comma 5, della legge n. 11 del 2005, nella relazione al disegno di legge comunitaria il Governo riferisce: sullo stato di conformità dell'ordinamento interno al diritto comunitario e sullo stato di eventuali procedure di infrazione dando conto, in particolare, della giurisprudenza della Corte di giustizia delle Comunità europee relativa alle eventuali inadempienze e violazioni degli obblighi comunitari da parte della Repubblica italiana; fornisce l'elenco delle direttive attuate o da attuare in via amministrativa
Il provvedimento non comporta nuovi o maggiori oneri, né minori entrate a carico del bilancio dello Stato, e pertanto è stata omessa la relazione tecnica. Per assicurare la corretta copertura delle eventuali spese che risultassero necessarie per dare corretta e completa attuazione a singole direttive per le quali il Governo riceve la delega dal Parlamento con il disegno di legge in esame, si è provveduto a introdurre una clausola generale di copertura all'articolo 2, comma 1, lettera d).
Per quanto attiene alle competenze della Commissione, va segnalata, tra le direttive previste all'allegato B, la direttiva


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2004/40/CE del Parlamento europeo e del Consiglio del 29 aprile 2004, sulle prescrizioni minime di sicurezza e di salute relative all'esposizione dei lavoratori ai rischi derivanti dagli agenti fisici-campi elettromagnetici (diciottesima direttiva particolare ai sensi dell'articolo 16, paragrafo 1, della direttiva 89/391/CEE), che specifica i criteri di protezione dei lavoratori dall'esposizione ai campi elettromagnetici, con frequenze fino a 300 GHz, a cui gli stessi sono soggetti durante il lavoro.
Il Consiglio europeo di Lisbona del marzo del 2000 ha sottolineato che l'Europa si trova in una fase di transizione verso l'economia della conoscenza, caratterizzata da profondi mutamenti relativi alla composizione della popolazione attiva, alle forme di occupazione e ai rischi sul luogo di lavoro. Tali mutamenti comportano la necessità di affrontare tre diverse problematiche in tema di salute e sicurezza sul lavoro: la dimensione di genere nell'ambito della sicurezza e nella salute sul lavoro (migliore progettazione dei luoghi e dei posti di lavoro, organizzazione del lavoro e adattamento delle attrezzature di lavoro); l'anticipazione dei rischi nuovi ed emergenti, legati alle innovazioni tecniche o dovuti alle evoluzioni sociali (al riguardo, la richiamata strategia comunitaria per il periodo 2002-2006 prevede nuove disposizioni legislative, compreso l'ampliamento del campo di applicazione della direttiva sulla tutela dagli agenti cancerogeni; vanno inoltre considerate altre importanti tematiche, quali l'analisi delle esigenze legate all'ergonomia dei posti di lavoro, la necessità di tenere conto dei disturbi del sistema muscolo-scheletrico e il trattamento specifico dei rischi emergenti quali mobbing e violenza sul posto di lavoro); le esigenze specifiche delle PMI, delle micro-imprese e dei lavoratori autonomi.
Attualmente la normativa comunitaria relativa a salute e sicurezza sul lavoro si suddivide in due gruppi. Il primo è costituito dalla direttiva quadro 89/391/CEE del Consiglio, del 12 giugno 1989, che contiene disposizioni di base relative all'organizzazione sanitaria e alla sicurezza sul luogo di lavoro, alle responsabilità dei datori di lavoro e dei lavoratori, completata da 18 direttive particolari concernenti: alcuni luoghi di lavoro specifici (quali cantieri , industrie estrattive, navi da pesca ); alcuni pericolosi agenti fisici (rumore , vibrazioni , campi elettromagnetici, chimici, biologici e cancerogeni ); l'utilizzo di attrezzature di lavoro; alcune categorie di lavoratori (lavoratrici gestanti o in periodo di allattamento). Il secondo è costituito dai provvedimenti previsti da direttive contenenti disposizioni precise e complete, non collegate a direttive quadro, in merito ad attività professionali (assistenza medica a bordo delle navi) o a determinate categorie di persone vulnerabili (lavoratori temporanei o giovani lavoratori).
La direttiva 2004/40/CE rientra tra le 18 direttive particolari adottate a seguito della direttiva quadro che costituiscono un corpus legislativo completo. La direttiva 2004/40/CE, diciottesima direttiva particolare, integra le direttive europee sulla sicurezza e salute dei lavoratori, e dovrà essere recepita nel nostro Paese entro il 30 aprile 2008, ai sensi dell'articolo 13, paragrafo 1, della direttiva stessa.
L'emanazione della direttiva è stata ritenuta necessaria per introdurre misure di protezione dei lavoratori «contro i rischi associati ai campi elettromagnetici, a causa dei loro effetti sulla salute e sulla sicurezza dei lavoratori», tenuto conto che in base al Trattato il Consiglio può adottare, mediante direttive, prescrizioni minime per promuovere il miglioramento dell'ambiente di lavoro, al fine di garantire un più elevato livello di protezione della sicurezza e della salute dei lavoratori, e che sono state già adottate prescrizioni minime di sicurezza per i lavoratori concernenti i rischi derivanti dall'esposizione ad agenti fisici (vibrazioni e rumore).
La direttiva comunque «non riguarda gli effetti a lungo termine, inclusi eventuali effetti cancerogeni dell'esposizione ai campi elettrici, magnetici ed elettromagnetici variabili nel tempo, per cui mancano dati scientifici conclusivi che comprovino


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un nesso di causalità», ma ha lo scopo, oltre ad assicurare la salute e la sicurezza del lavoratore, di creare per i lavoratori comunitari una piattaforma minima di protezione che eviti possibili distorsioni di concorrenza, prescrivendo requisiti minimi e lasciando agli Stati membri la possibilità di adottare disposizioni più favorevoli.
La direttiva 2004/40/CE prevede, ai sensi dell'articolo 1, la tutela dei lavoratori contro i rischi per la loro salute e la loro sicurezza che derivano, o possono derivare, dall'esposizione ai campi elettromagnetici (da 0 Hz a 300 GHz) durante il lavoro. La direttiva tratta dei rischi per la salute e la sicurezza dei lavoratori dovuti agli effetti nocivi a breve termine conosciuti nel corpo umano derivanti dalla circolazione di correnti indotte e dall'assorbimento di energia (articolo 1, paragrafo 2), nonché da correnti di contatto, e non riguarda ipotizzati effetti a lungo termine (articolo 1, paragrafo 3) e i rischi risultanti dal contatto con i conduttori in tensione (articolo 1, paragrafo 4).
Ai fini della tutela della sicurezza e salute dei lavoratori, il datore di lavoro deve condurre un'attenta valutazione dei rischi legati all'esposizione ai campi elettromagnetici. Ciò comporta la determinazione, attraverso misure e/o calcoli, dei livelli di campo elettromagnetico ai quali sono esposti i lavoratori e l'eventuale attuazione di misure tecniche e/o organizzative intese a prevenire esposizioni superiori ai valori limite di esposizione.
Va ricordato, al riguardo, che il D.P.C.M. 8 luglio 2003 ha fissato i limiti di esposizione, dei valori di attenzione e degli obiettivi di qualità per la protezione della popolazione dalle esposizioni ai campi elettrici e magnetici alla frequenza di rete (50 Hz), generati dagli elettrodotti. Per quanto attiene a linee guida scientificamente fondate, l'ICNIRP (International Commission on Non-Ionizing Radiation Protection - Commissione Internazionale per la Protezione dalle Radiazioni Non Ionizzanti) elabora ed aggiorna, in base alle nuove conoscenze, delle linee guida che costituiscono il riferimento fondamentale per la maggior parte dei paesi. La sezione II della direttiva (articoli 4-7) disciplina gli obblighi dei datori di lavoro: il calcolo e la misurazione dei livelli dei campi elettromagnetici ai quali sono esposti i lavoratori e l'eliminazione alla fonte dei rischi o la loro riduzione al minimo. Sulla base delle valutazioni effettuate, nel caso in cui i limiti siano superati, il datore di lavoro deve definire ed attuare un programma d'azione tecnico-organizzativo volto a prevenire esposizioni superiori ai valori limite. La direttiva in esame prevede inoltre un sistema di sorveglianza sanitaria ai fini della prevenzione e della diagnosi precoce degli effetti negativi per la salute, imputabili all'esposizione a campi elettromagnetici, con sottoposizione a controllo medico qualora si rilevi un'esposizione superiore al valore limite. Al riguardo, il datore di lavoro deve adottare le misure appropriate per garantire che il medico e/o l'autorità medica responsabile della sorveglianza sanitaria possa avere accesso ai risultati della valutazione dei rischi; un sistema sanzionatorio, demandato agli Stati membri, che devono prevedere sanzioni «effettive, proporzionate e dissuasive».
Per quanto attiene alla Relazione sulla partecipazione dell'Italia all'Unione europea nel 2004, in essa si illustrano i risultati dell'attività compiuta dal Governo in un anno che ha visto la realizzazione di importanti avvenimenti, dall'allargamento dell'Unione a dieci nuovi paesi all'elezione del nuovo Parlamento europeo, dalla nomina della nuova Commissione alla firma del Trattato che adotta una Costituzione per l'Europa. Nel corso del 2004, l'Italia ha condiviso la necessità di un'approfondita riflessione sull'attuazione e sul riorientamento del programma decennale di riforme dell'Unione europea conosciuto come «Strategia di Lisbona» che ha l'obiettivo di trasformare l'Europa in una «economia basata sulla conoscenza più competitiva e dinamica del mondo, in grado di produrre una crescita economica sostenibile con nuovi e migliori posti di lavoro e una maggiore coesione sociale». Come risulta dal «Piano d'azione nazionale


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per l'occupazione 2004» redatto dal Ministero del lavoro e delle politiche sociali, nel quadro delle iniziative e delle attività delineate dalla strategia di Lisbona nel campo dell'occupazione, il Governo nel corso del 2004 ha dato progressiva attuazione alla riforma del mercato del lavoro, avviata con l'approvazione della legge n. 30/2003 e dei decreti n. 276/2003 e n. 251/2004, mediante gli atti regolamentari necessari per rendere pienamente operativa la riforma. In particolare: è stata ampliata la platea dei soggetti abilitati a svolgere attività di collocamento al lavoro; è stato approvato il sistema della Borsa continua nazionale del lavoro; è stato istituito il libretto formativo del cittadino nel quale saranno registrate le competenze acquisite durante il processo formativo e lavorativo purché riconosciute e certificate; sono state ridisciplinate le collaborazioni coordinate e continuative e ricondotte alla tipologia del «lavoro a progetto»; sono state introdotte politiche per favorire l'inserimento lavorativo dei soggetti svantaggiati; si è proceduto a ridurre il contenzioso in materia di contratti, mediante una procedura di «certificazione» che prevede il coinvolgimento delle parti sociale e delle università.
Delle nuove tipologie contrattuali introdotte dalla legge n. 30/2003 e dai decreti di attuazione, in un'ottica di flessibilità degli strumenti giuridici volti promuovere l'occupazione femminile, la permanenza o il reingresso nel mercato del lavoro di soggetti ultracinquantenni, a rischio di esclusione sociale o in procinto di uscire dal mondo del lavoro, vanno ricordati: il lavoro intermittente, che può essere sperimentato, tra l'altro, per i lavoratori con più di 45 anni di età che siano stati espulsi dal ciclo produttivo o siano iscritti alle liste di mobilità e di collocamento; il contratto di inserimento, che prevede - tra le categorie di soggetti ammessi - i lavoratori con più di 50 anni privi di un posto di lavoro e, più in generale, coloro che desiderano riprendere un'attività lavorativa e che non abbiano lavorato per almeno due anni; il lavoro a progetto, che sostituisce il contratto di collaborazione coordinata e continuativa; il lavoro occasionale ed accessorio, ovvero un'attività lavorativa sporadica svolta da soggetti a rischio di esclusione sociale o non ancora nel mercato del lavoro o prossimi all'uscita; il lavoro ripartito o job sharing.
L'attuazione della legge Biagi è stata inoltre accompagnata da una serie di azioni volte a favorire i processi di emersione del lavoro irregolare, parzialmente avviati con la legge n. 383/2001, mediante il coinvolgimento diretto delle parti sociali, la creazione di servizi volti a favorire la regolarizzazione dei rapporti di lavoro, nonché mediante il riordino dei servizi ispettivi, di cui al decreto legislativo n. 124/2004. In particolare, il 16 dicembre 2003 e il 4 maggio 2004, sono stati siglati due Avvisi comuni sull'emersione del lavoro non dichiarato, rispettivamente nei settori edile ed agricolo, al fine di contrastare soprattutto l'irregolarità nelle procedure di assunzione del personale.
In linea con il nuovo assetto del mercato del lavoro e con le iniziative già poste in essere, è in corso di riordino il sistema degli ammortizzatori sociali sulla base del principio che, pur garantendosi una serie di strumenti di sostegno al reddito, devono essere definiti rigidi criteri di accesso, azioni di formazione e addestramento, incentivazione di atteggiamenti attivi in modo da scoraggiare qualsiasi pratica che intenda usare in maniera ripetuta questa forma di aiuto reddituale ed a favorire una uscita prematura dal mondo del lavoro. A tale riguardo, il Governo con il decreto-legge n. 35/2005 (decreto-legge sulla competitività) ha già introdotto una serie di misure (articolo 13, commi 2-12), che saranno esaminate in questi giorni dalla Camera.
In materia previdenziale, com'è noto, la legge 23 agosto 2004, n. 243 si propone di raggiungere due obiettivi principali, anche sulla base degli orientamenti condivisi a livello europeo: elevare gradualmente l'età pensionabile, in considerazione degli andamenti demografici; sviluppare la previdenza complementare, da affiancare a quella pubblica, al fine di garantire una migliore sostenibilità del sistema. Le misure


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previste per differire l'uscita dal mondo del lavoro sono essenzialmente di due tipi: innalzamento ex lege dei requisiti di età anagrafica richiesto per l'accesso al pensionamento di anzianità; riconoscimento, per il periodo 2004-2007, di incentivi economici per i lavoratori dipendenti del settore privato che, pur avendo maturato i requisiti per accedere alla pensione di anzianità, decidono di proseguire l'attività lavorativa. La realizzazione del sistema di previdenza complementare è in fase di avvio: il decreto-legge n. 35/2005, già citato, prevede al comma 1 dell'articolo 13 uno stanziamento pari a 20 milioni di euro per il 2005, 200 milioni per il 2006 e 530 milioni annui a decorrere dal 2007, finalizzato al sostegno dell'apparato produttivo anche attraverso la graduale attuazione della disciplina di delega in materia di previdenza complementare, di cui alla citata legge 243.
In materia di responsabilità sociale delle imprese, lo sviluppo del progetto CSR-SC (Corporate Social Responsability- Social Commitment) ha previsto, per il 2004, le seguenti attività: l'avvio dei lavori del Forum Italiano Multistakeholder, un organismo previsto nell'architettura di sistema presentata a Venezia nel 2003 e promosso dal Ministero del Lavoro e delle politiche sociali, sul modello di quello già operativo in Europa, per dialogare con gli stakeholder che saranno invitati a dare il proprio contributo per lo sviluppo della CSR.; la costituzione del Centro Italiano per lo sviluppo della CSR sul modello del The Copenhagen Centre, che avrà tra i suoi principali obiettivi quello della ricerca sulla CSR e la promozione di partnership tra pubblico, privato e non profit seguendo una moderna logica di collaborazione per il raggiungimento dell'interesse generale; l'attuazione del protocollo d'intesa con Unioncamere siglato nel novembre 2003, che prevede l'apertura di sportelli CSR-SC in almeno 20 camere di commercio coinvolte su tutto il territorio nazionale, con funzione di fornire un servizio di consulenza alle imprese sulla responsabilità sociale e di supportare le imprese stesse nell'attività di autovalutazione delle performance di CSR e nella realizzazione del Social Statement.
Di recente con l'articolo 1, comma 160, della legge n. 311/2004 (legge finanziaria 2005) è stata istituita la Fondazione per la diffusione della responsabilità sociale delle imprese, cui è stato assegnato un contributo di 1 milione di euro per l'anno 2005 per lo svolgimento delle attività istituzionali. L'articolo 1, comma 2, lettera r), della legge n. 243/2004, di modifica del sistema previdenziale, reca infine una delega al Governo ad emanare un apposito provvedimento che preveda una specifica agevolazione contributiva per i soggetti che si trovano in situazioni di disabilità grave, nonché per coloro che assistono familiari conviventi che versano nella citata situazione di disabilità: tali persone potranno infatti usufruire di specifiche forme di contribuzione figurativa in caso di trasformazione del rapporto di lavoro a tempo pieno in rapporto di lavoro a tempo parziale.
Con riferimento agli orientamenti ed alle linee direttrici per il 2005, appare poi opportuno, data la rilevanza politica che il tema ha già assunto sul piano internazionale, con particolare riferimento alla Francia, richiamare l'attenzione della Commissione sulla cosiddetta proposta di direttiva Bolkestein, relativa alla liberalizzazione dei servizi nel mercato interno, presentata dalla Commissione europea all'inizio del 2004. Su di essa è in corso un acceso dibattito a livello europeo, soprattutto in relazione ad un punto della proposta di direttiva: il principio del paese di origine. Secondo tale principio, salvo alcune deroghe, i prestatori di servizi sono soggetti esclusivamente alle disposizioni nazionali dello Stato membro di origine, il quale è responsabile del controllo dell'attività del prestatore e dei servizi che questi fornisce, anche qualora il prestatore fornisca servizi in un altro Stato membro. Il principio del paese di origine porterebbe dunque di fatto ad una deregolamentazione in un settore cruciale quale quello dei servizi, che rappresenta all'incirca il 70 per cento delle attività economiche a livello


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europeo. I rischi di dumping sociale per i paesi che, come il nostro, sono caratterizzati da elevati livelli di protezione sociale sono evidenti.
Oltre a questo preminente profilo di carattere generale, la proposta di direttiva contiene disposizioni in materia di distacco dei lavoratori che suscitano qualche perplessità. In caso di distacco di lavoratori, infatti, se da una parte sono richiamate le garanzie della direttiva 96/71/CE, che prevede l'applicazione della normativa e dei contratti collettivi nazionali in materia di lavoro, dall'altra vengono introdotti penetranti limiti al potere di controllo dello Stato di distacco. In particolare, lo Stato di distacco non può imporre al prestatore o al lavoratore distaccato l'obbligo di ottenere un'autorizzazione o di essere registrato, né l'obbligo di presentare una dichiarazione o di disporre di un rappresentante sul suo territorio, né l'obbligo di possedere e conservare i documenti sociali sul suo territorio. Le comunicazioni del prestatore di servizi allo Stato di distacco relative ai lavoratori distaccati sembrano inoltre ricadere sotto il controllo dello Stato di origine.
Non meno rilevanti sono le disposizioni relative al distacco di cittadini extracomunitari. Quando un prestatore distacca un lavoratore extracomunitario sul territorio di un altro Stato per fornirvi un servizio, lo Stato di distacco non può imporre al prestatore o al lavoratore distaccato l'obbligo di disporre di un documento d'ingresso, di uscita o di soggiorno o di un permesso di lavoro che consenta l'accesso a un posto di lavoro o ad altre condizioni equivalenti. Lo Stato di distacco può solo imporre l'obbligo di un visto di breve durata nei confronti di cittadini extracomunitari che non godono del regime di equivalenza reciproca prevista dalla Convenzione di applicazione dell'accordo di Schengen. Potrebbe essere opportuno cogliere questa occasione per sollecitare un'iniziativa della Commissione volta ad acquisire elementi circa l'andamento del dibattito a livello europeo e la posizione del Governo italiano.

Angelo SANTORI, presidente, nessuno chiedendo di intervenire, rinvia il seguito dell'esame ad altra seduta.

La seduta termina alle 15.50.

SEDE REFERENTE

Mercoledì 4 maggio 2005. - Presidenza del vicepresidente Angelo SANTORI. - Interviene il sottosegretario di Stato per il lavoro e le politiche sociali Alberto Brambilla.

La seduta comincia alle 15.50.

Sui lavori della Commissione.

Angelo SANTORI, presidente, avverte che la Commissione dovrà esprimere domani, entro le 17.30, il parere sul decreto-legge n. 35 del 2005, recante disposizioni urgenti nell'ambito del Piano di azione per lo sviluppo economico, sociale e territoriale.

Cesare CAMPA (FI) ritiene sarebbe opportuno anticiparne l'esame alle 8.30 di domani mattina.

Angelo SANTORI, presidente, ritiene più opportuno prevederne l'esame al termine della seduta antimeridiana dell'Assemblea.

Pietro GASPERONI (DS-U) stigmatizza con forza il modo in cui il Parlamento è chiamato ad esaminare quello che viene definito uno dei principali provvedimenti dell'intera legislatura, con pochissimo tempo a disposizione per l'esame in Commissione e con la posizione della questione di fiducia alla Camera e al Senato che impedisce un effettivo e costruttivo dibattito parlamentare.


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Regolarizzazione di versamenti dei contributi e dei premi previdenziali e assistenziali obbligatori.
C. 655 Lucchese, C. 923 Lumia, C. 3037 Marras, C. 3827 Rossiello, C. 4140 Misuraca, C. 4392 G. Drago.
(Seguito dell'esame e rinvio).

La Commissione prosegue l'esame, rinviato da ultimo, nella seduta del 16 marzo 2005.

Angelo SANTORI, presidente, ricorda che la Commissione ha adottato quale testo base per la discussione, nella seduta del 23 marzo 2004, la proposta di legge C. 4392 G. Drago. La Conferenza dei Presidenti di gruppo ha inserito nel programma dei lavori dell'Assemblea, per il mese di giugno, le proposte di legge n. 4392 e abbinate - Disposizioni in materia di regolarizzazione di versamenti dei contributi e dei premi previdenziali e assistenziali obbligatori. La Commissione ha a lungo sospeso l'esame del provvedimento in attesa di un ulteriore pronunciamento del Governo. Il nodo più controverso è costituito dall'impatto finanziario della proposta: mentre i presentatori ritengono si tratti di un intervento virtuoso, sul piano finanziario, il Governo ha espresso sinora un orientamento divergente, in particolare nella seduta del 28 aprile 2004, tramite l'intervento del sottosegretario per l'economia Contento.

Il sottosegretario Alberto Brambilla evidenzia che il provvedimento in oggetto ha lo scopo di risolvere la posizione dei soggetti non in regola con il versamento dei contributi previdenziali e assistenziali obbligatori mediante l'introduzione di un regime di maggior favore rispetto alla disciplina generale. L'articolo 1 prevede la possibilità, per i soggetti tenuti al versamento dei contributi e dei premi previdenziali e assistenziali obbligatori, che siano debitori per somme omesse o pagate tardivamente relative a periodi, contributivi maturati fino 30 settembre 2003, di regolarizzare la propria posizione mediante il versamento, entro il 1o marzo 2004, di quanto dovuto a titolo di contributi o premi, senza alcun maggiorazione per interessi civili e oneri accessori; tale articolo, precisa inoltre, che la regolarizzazione si applica anche alle partite debitorie cedute dagli enti previdenziali ai sensi dell'articolo 13 della legge 23 dicembre 1998, n. 448 (cessione cartolarizzazione dei crediti Inps).
L'articolo 2 prevede la possibilità per gli interessati di ottenere la rateizzazione di quanto dovuto al fine di regolarizzare la propria posizione, secondo specifiche modalità fissate dagli enti impositori e comunque attribuendo la possibilità di pagare l'intero debito in un massimo di trenta rate bimestrali, consecutive di uguale importo la prima delle quali da versare entro il 1o marzo 2004.
Tale articolo precisa, altresì, che per i soggetti, che operano nelle aree territoriali cui agli obiettivi 1 e 2 e 5b (nel primo rientrano alcune regioni del sud, negli altri due rientrano 13 aree del centro-nord) del regolamento CEE n. 2052/88 la rateizzazione possa avvenire in sessanta rate bimestrali, con interessi di dilazione fissati all'1 per cento annuo.
L'articolo 3 rimette in termini tutte le domande di regolarizzazione presentati in base alle precedenti sanatorie previdenziali e non perfezionate, riconoscendo a soggetti che intendano avvalersi della regolarizzazione di cui all'articolo 1, la facoltà di imputare alla quota capitale del debito contributivo nei confronti di ciascun ente previdenziale le somme già versate a titolo di contributi, premi, interessi in luogo delle sanzioni civili, di oneri accessori e di sanzioni amministrative. Fa rinvio al successivo articolo 5 per le modalità ed i termini per la presentazione della domanda all'ente previdenziale competente.
L'articolo 4 stabilisce che alla parte di debito contributivo che residua dopo le operazioni di cui agli articoli precedenti venga applicato l'interesse di dilazione dell' 1 per cento.
L'articolo 6, rinviando all'articolo 116, comma 12, della legge n. 388 del 2000 prevede che per effetto della regolarizzazione siano abolite le sanzioni amministrative


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relative a omissioni contributive. Stabilisce, altresì, che la regolarizzazione estingue i reati previsti da leggi speciali in materia di versamenti di contributi e di premi.
L'articolo 7 abroga due disposizioni che stabiliscono che le società cooperative sono datori di lavoro anche nei riguardi dei loro soci che impiegano in lavori da esse assunti, col conseguente venir meno dell'obbligo contributivo relativo ai rapporti intercorsi tra le cooperative ed i soci lavoratori antecedentemente alla data di entrata in vigore della legge n. 142 del 2001 che ha introdotto una nuova disciplina relativa alla figura del socio lavoratore nelle cooperative. Definisce inoltre, la sorte del contenzioso previdenziale tra società cooperative e soci lavoratori.
L'articolo 8 stabilisce che sono estinte e non si fa luogo alla riscossione delle partite debitorie esistenti alla data del 30 settembre 2003 per contributi e premi di importo non superiore a 50 euro dovuti agli enti pubblici che gestiscono forme obbligatorie di previdenza e assistenza sociale.
L'articolo 9 istituisce un fondo di garanzia presso il Ministero dell'economia e delle finanze, alimentato dai proventi della sanatoria previdenziale per un importo massimo pari all'80 per cento dell'ammontare complessivo dei crediti contributivi ceduti.
L'articolo 10 introduce la specifica destinazione di una quota non inferiore ai due terzi della consistenza del fondo, alla garanzia della circolazione e dell'integrale rimborso dei titoli. Nel premettere che la materia della cartolarizzazione dei crediti contributivi comporta un necessario coordinamento con il Ministero dell'economia e delle finanze, per la parte di competenza rappresenta quanto segue: la legge finanziaria 2001 (legge 23 dicembre 2000, n. 388) è intervenuta, con l'articolo 116 (misure per favorire l'emersione del lavoro irregolare) nella materia previdenziale, con particolare riguardo all'aspetto contributivo. Il citato articolo ha infatti previsto un nuovo regime sanzionatorio nei confronti di coloro che non corrispondano, entro i termini stabiliti, i contributi o i premi dovuti alle gestioni previdenziali ed assistenziali, ovvero vi provvedano in misura inferiore a quella dovuta.
Tale nuovo regime, oltre a caratterizzarsi per essere meno oneroso relativamente ai criteri di commisurazione delle sanzioni civili, ha abolito le sanzioni amministrative di cui all'articolo 35, secondo e terzo comma della legge n. 689 del 1981. La norma citata, al comma 15 ha altresì, stabilito che, fermo restando l'integrale pagamento dei contributi e dei premi dovuti alle gestioni previdenziali ed assistenziali, con apposite direttive del ministro del lavoro di concerto con il ministro dell'economia, fossero fissati i criteri e le modalità per la riduzione delle sanzioni civili fino alla misura degli interessi legali in casi specifici quali: mancato o ritardato pagamento dei contributi o premi dovuto ad oggettive incertezze connesse a contrastanti ovvero sopravvenuti diversi orientamenti giurisprudenziali o amministrativi sulla ricorrenza dell'obbligo contributivo; mancato o ritardato pagamento dei contributi o premi dovuto a fatto doloso del terzo; mancato o ritardato pagamento dei contributi o premi dovuto a crisi, riorganizzazione, riconversioni o ristrutturazioni aziendali.
Per quanto riguarda la rateizzazione dei debiti contributivi, la attuale disciplina prevede il pagamento sino a 36 mesi per i debiti in fase legale o amministrativa e sino a 60 mesi per i debiti cartellizzati, con il pagamento di un interesse di dilazione pari all'8,5 per cento (tasso legale 2,5 per cento maggiorato di 6 punti).
Ciò premesso, segnala, innanzitutto, come appaia di eccessivo favore la previsione di una sanatoria previdenziale di carattere generale alle condizioni indicate nella proposta di legge, in considerazione del fatto che: non vengono individuate ipotesi che giustifichino in qualche modo l'inadempimento, come avviene invece per la disciplina generale; non si interviene a fronteggiare debiti contributivi sorti per casi di particolare eccezionalità, come è


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avvenuto nel corso degli anni con disposizione di favore nei confronti di categorie determinate.
Esprime perplessità, inoltre, in ordine agli oneri, peraltro non quantificati né coperti, che deriverebbero dal minore introito derivante dalle condizioni di maggior favore prospettate rispetto alla disciplina generale. Sottolinea, infine che l'estensione delle disposizioni previste al primo comma del progetto di legge ai debiti contributivi che sono stati oggetto di cartolarizzazione potrebbe comportare un notevole danno allo Stato sia in termini economici che di credibilità sui mercati finanziari.
Assicura infine che richiederà calcoli precisi alla Ragioneria Generale dello Stato ed all'INPS in ordine agli oneri recati dal provvedimento in esame.

Luigi MANINETTI (UDC), relatore, invita il Governo a compiere gli accertamenti necessari in tempi rapidi, precisando che il provvedimento in esame prevede non un condono ma piuttosto una regolarizzazione che gioverà alle imprese. Dichiara inoltre di non condividere la richiesta di una specificazione delle cause che dovrebbero consentire l'accesso a tale regolarizzazione. Occorre a suo avviso incentivare l'attività delle piccole imprese, superando il sistema caratterizzato da eccessive sanzioni nel settore dei crediti contributivi, secondo i criteri quasi esponenziali tipici della legislazione degli anni 80 e 90.

Angelo SANTORI, presidente, condivide le osservazioni del deputato Maninetti, ribadendo l'esigenza che il Governo effettui i necessari approfondimenti in tempi rapidi.

Dario GALLI (LNFP) dichiara che, pur comprendendo le perplessità manifestate dal Governo, occorre valutare il provvedimento in esame su un piano politico e non ragioneristico. In tale ambito, tenute presenti le difficoltà dell'economia nazionale e le esigenze di competitività, occorre da un lato abbandonare una logica di eccessive sanzioni in materia contributiva, dall'altro lato assumere iniziative ragionevoli e praticabili. È inutile continuare a stimare enormi gettiti a seguito di misure impraticabili, che poi - alla resa dei conti - fanno entrare nelle casse erariali somme significativamente più modeste. Un approccio più realistico porterebbe a soluzioni più adeguate per il sistema produttivo e più efficaci per la finanza pubblica.

Angelo SANTORI (FI), presidente, nessun altro chiedendo di intervenire, rinvia quindi il seguito dell'esame ad altra seduta.

Attività subacquee e iperbariche.
C. 1219 Arrighi, C. 1698 L. Martini.
(Seguito dell'esame e rinvio).

La Commissione prosegue l'esame, rinviato, da ultimo, nella seduta del 13 aprile 2005.

Domenico BENEDETTI VALENTINI, presidente, ricorda che sono stati presentati emendamenti (vedi allegato alla seduta del 2 marzo 2005).

Il sottosegretario Alberto BRAMBILLA, esprime parere favorevole sugli emendamenti presentati.

Angelo SANTORI (FI), relatore, raccomanda l'approvazione dei propri emendamenti, di natura prevalentemente tecnica.

La Commissione, con distinte votazioni, approva gli emendamenti 3.1, 5.1, 6.1, 8.1, 9.2, 9.1, 16.1, e 17.1 del relatore.

Domenico BENEDETTI VALENTINI, presidente, avverte che il testo sarà subito trasmesso alle Commissioni competenti in sede consultiva. Nessun altro chiedendo di intervenire, rinvia quindi il seguito dell'esame ad altra seduta.

La seduta termina alle 16.


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AVVERTENZA

I seguenti punti all'ordine del giorno non sono stati trattati:

SEDE REFERENTE

Istituzione del reddito sociale.
C. 13 iniziativa popolare, C. 872 Bertinotti, C. 2575 Cento.

Incentivi all'occupazione dei dirigenti nel Mezzogiorno.
C. 5214 Maninetti, C. 5676 Benvenuto.

Bilancio dei sindacati e trattenute sindacali.
C. 1900 Martinelli, C. 4116 Pagliarini.

Agevolazioni fiscali per l'assunzione di «temporary manager» nelle piccole e medie imprese.
C. 5421 Lettieri.