Testo unico delle norme nazionali di attuazione del regolamento comunitario concernente l'OCM del mercato del vino (C. 31 Collavini e C. 2743 Preda).
Al comma 1, alla lettera a), premettere la seguente:
0a) per «vino pasito» o «passito» si intende un vino sottoposto ad appassimento, anche parziale, naturale sulla pianta o dopo la raccolta. L'appassimento può essere realizzato mediante uno o più procedimenti e tecniche anche con l'ausilio di specifiche attrezzature. Nella produzione dei vini passiti non è consentita alcuna pratica di arricchimento del titolo alcolometrico naturale delle uve prima o dopo l'appassimento. La definizione di vino passito si applica ai vini da uve stramaturate nonché ai vini ad indicazione geografica tipica ed ai VQPRD, per i quali è prevista tale tipologia nei singoli disciplinari di produzione. I vini passiti possono essere ottenuti da uve di tutte le varietà autorizzate alla produzione di vino, fatte salve eventuali limitazioni presenti nei disciplinari dei vini ad indicazione geografica tipica ed a denominazione di origine. La menzione «vino passito liquoroso» o «passito liquoroso» è riservata ai vini liquorosi ad indicazione geografica tipica e a denominazione di origine, i cui disciplinari prevedano tale tipologia. La menzione «vino passito» o «passito», ai sensi dell'articolo 12, paragrafo 1 lettera b) del Regolamento 753/2002, sostituisce la denominazione «vino da uve stramaturate» e può essere accompagnata in etichetta dalla menzione «vendemmia tardiva». La menzione «passito» o «vino passito» può inoltre essere sostituita o accompagnata in etichetta dalla menzione tradizionale «Vin Santo», «vino Santo», «vinsanto» esclusivamente nel caso di VQPRD, i cui disciplinari prevedano tale menzione.
1. 10. Il Relatore.
Al comma 1, alla lettera a) premettere la seguente:
0a) Per «Vino passito» o «passito» si intende un vino ottenuto da uve sottoposte ad appassimento naturale, sulla pianta o dopo la raccolta all'aperto o in idonei locali. L'appassimento può essere realizzato mediante uno o più procedimenti e tecniche anche con l'ausilio di specifiche attrezzature. Nella produzione dei vini passiti non è consentita l'aggiunta di alcol o di altre bevande spiritose né il ricorso ad alcuna pratica di arricchimento del titolo alcolometrico naturale delle uve prima o dopo l'appassimento. La definizione di vino passito si applica ai vini da uve stramature generici, ai vini da uve stramature con indicazione geografica, nonché ai vini da indicazione geografica tipica ed ai V.Q.P.R.D. che prevedono tale tipologia nei propri disciplinari di produzione. I vini passiti possono essere ottenuti da uve di tutte le varietà iscritte al Registro delle Varietà di vite ad uva da vino, secondo le regole ivi previste, fatti salvi i disciplinari di produzione dei vini ad indicazione geografica tipica e V.Q.P.R.D. Qualora i vini passiti siano addizionati di alcol o di altre bevande spiritose ricadono nella definizione comunitaria di «vino liquoroso». La
definizione di «vino passito liquoroso» è riservata esclusivamente ai vini liquorosi ad indicazione geografica tipica ed ai VLQPRD che prevedono tale definizione nel disciplinare di produzione. La denominazione «vino passito o passito» ai sensi dell'articolo 12, par. I, lett. b) del Reg. CE 753/02, sostituisce la definizione comunitaria di «vino di uve stramature», e può essere sostituita o accompagnata in etichetta dalla menzione «vendemmia tardiva». La denominazione «vino passito» o «passito» può inoltre essere sostituita o accompagnata in etichetta dalle menzioni tradizionali «Vin Santo», o «Vino Santo» o «Vinsanto» esclusivamente nel caso dei vini di qualità prodotti in regioni determinate a d.o.c. e d.o.c.g. citati nell'allegato III, sezione B del Regolamento CE n.753 del 29 aprile 2002, o nel caso di vini di qualità prodotti in regioni determinate a d.o.c. e d.o.c.g., qualora tali tipologie siano previste nel disciplinare di produzione e i vini siano ottenuti da uve sottoposte ad appassimento naturale.
1. 5.Preda, Rava, Sedioli, Kessler, Rossiello, Borrelli, Sandi, Olivieri, Marcora, Ria, Orlando Ruggieri.
Al comma 1, aggiungere in fine la seguente lettera:
l) per vini liquorosi, come già stabilito nella definizione comunitaria, s'intendono addizionati di alcool o di altre bevande spiritose.
1. 1.Franci, Vigni, Filippeschi, Raffaella Mariani, Sgobio, Sereni, Diliberto, Marcora, Ria, Orlando Ruggieri.
Al comma 1 aggiungere in fine la seguente lettera;
l) all'interno della categoria generale di vino passito, individuata nella definizione comunitaria, si intende per «vino passito naturale», il vino ottenuto senza aggiunta di alcol o altre pratiche di arricchimento; si intende per «vino passito liquoroso», il vino ottenuto attraverso l'aggiunta di alcol, nei casi in cui ciò sia previsto da disciplinari di antica e consolidata tradizione; si intende per «vin santo» (o per «vinosanto» e «vinsanto»), il vino di qualità prodotto in regioni determinate (Vqprd) a Docg e Doc, non liquoroso.
1. 3.Diliberto, Pistone.
Dopo il comma 1 aggiungere il seguente:
2. Al Capo VIII della legge 10 febbraio 1992, n. 164, dopo l'articolo 26 è aggiunto il seguente:
«Art. 26-bis. - (Vini Passiti). - 1. Sono classificati vini passiti i vini ottenuti esclusivamente da uve bianche o nere o da entrambe sottoposte a sovramaturazione, denominata «appassimento», con metodi naturali, o artificiali, secchi o dolci, senza l'aggiunta di alcool.
2. Le denominazioni di origine DOC e DOCG e l'indicazione geografica IGT attribuite ai vini di cui al comma 1 devono riportare l'indicazione dei metodi di produzione e di affinamento del prodotto».
1. 2.Franci, Vigni, Filippeschi, Raffaella Mariani, Sgobio, Sereni, Diliberto, Marcora, Ria, Orlando Ruggieri.
Dopo il comma 1 aggiungere il seguente:
2. Al Capo VIII della legge 10 febbraio 1992, n. 164, dopo l'articolo 26 è aggiunto il seguente:
«Art. 26-bis. - (Vini passiti e vin santo). - In conformità con la legislazione europea, la menzione "vino passito naturale", è riservata ai vini a DOCG, DOC e IGT ottenuti senza aggiunta di alcol o altre pratiche di arricchimento, a condizione che sia riportata in etichetta l'indicazione dei metodi di produzione; la menzione "vino passito liquoroso", è riservata ai vini a DOCG, DOC e IGT ottenuti attraverso l'aggiunta di alcol, nei casi in cui ciò sia previsto da disciplinari di antica e consolidata tradizione, a condizione che sia riportata in etichetta l'indicazione dei metodi
di produzione; la menzione "vin santo" (o le equivalenti "vinosanto" e "vinsanto"), è riservata ai vini di qualità prodotti in regioni determinate (Vqprd) a DOCG, DOC e IGT, non liquoroso, a condizione che sia riportata in etichetta l'indicazione dei metodi di produzione».
1. 4.Diliberto, Pistone.
Dopo l'articolo 1, aggiungere il seguente:
1. É istituita la sezione IV «vitigni autoctoni italiani» del Registro Nazionale delle varietà di viti di cui all'articolo 11 del decreto del Presidente della Repubblica 24 dicembre 1969, n. 1164.
2. Sono definiti vitigni autoctoni italiani quei vitigni la cui presenza è rilevata in aree geografiche limitate del territorio nazionale.
3. Le Regioni e le Province autonome di Trento e di Bolzano curano l'inventario e la catalogazione dei vitigni autoctoni italiani. A tali fini, esse accertano la permanenza della coltivazione per un periodo di almeno sessanta anni, la diffusione sul territorio, il nome, la descrizione ampelografica e le caratteristiche agronomiche dei vitigni.
4. Le Regioni e le Province autonome di Trento e di Bolzano trasmettono i dati di cui al comma 3 al Comitato Nazionale per la classificazione delle varietà di viti, costituito con decreto del Ministro delle politiche agricole e forestali 28 dicembre 2001, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 21 del 25 gennaio 2002.
5. Il Comitato Nazionale di cui al comma 4, esaminata la documentazione ed accertata la sua completezza, provvede all'iscrizione del vitigno nella sezione IV del Registro Nazionale delle varietà di viti.
6. Ogni vitigno è iscritto nella sezione IV del Registro di cui al comma 1, con l'indicazione del nome storico tradizionale, degli eventuali sinonimi, delle principali caratteristiche di colore dell'acino, della zona di coltivazione di riferimento nonché di una sigla alfanumerica.
1. 05. Il Relatore.
All'articolo 1 aggiungere il seguente:
1. È istituita la sezione IV «vitigni autoctoni italiani» del Registro nazionale delle varietà di viti di cui all'articolo 11 del decreto del Presidente della Repubblica 24 dicembre 1969, n. 1164.
2. Sono definiti vitigni autoctoni italiani quei vitigni la cui presenza è ristretta ad aree geografiche limitate del territorio nazionale e documentata per un periodo di almeno sessanta anni.
3. I vitigni autoctoni italiani come definiti al comma 2 sono dichiarati patrimonio culturale dello Stato, ai sensi del codice dei beni culturali e del paesaggio, di cui al decreto legislativo 22 gennaio 2004, n. 42.
4. Le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano curano l'inventario e la catalogazione dei vitigni autoctoni italiani. A tali fini, esse accertano la permanenza della coltivazione per un periodo di almeno sessanta anni, ai sensi di quanto disposto dall'articolo 1, comma 2, la diffusione sul territorio, il nome, la descrizione ampelografica e le caratteristiche agronomiche dei vitigni.
5. Le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano trasmettono i dati di cui al comma 1 al Comitato nazionale per la classificazione delle varietà di viti, costituito con decreto del Ministro delle politiche agricole e forestali 28 dicembre 2001, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 21 del 25 gennaio 2002.
6. Il Ministero delle politiche agricole e forestali provvede a dare tempestiva comunicazione alle regioni e alle province autonome interessate della presenza di un vitigno autoctono italiano sul territorio di più di una delle medesime e provvede altresì al necessario coordinamento.
7. Il Comitato nazionale di cui al comma 2, esaminata la documentazione e accertata l'idoneità all'iscrizione, provvede all'iscrizione del vitigno autoctono italiano nella sezione IV del Registro nazionale delle varietà di viti, istituita ai sensi dell'articolo 2.
8. Ogni vitigno autoctono italiano è iscritto nella sezione IV del Registro nazionale delle varietà di viti, istituita ai sensi dell'articolo 2 con l'indicazione del nome storico tradizionale, degli eventuali sinonimi, delle principali caratteristiche di coloro dell'acino, della zona di destinazione produttiva e della zona di riferimento nonché di una sigla alfanumerica fissata dal Ministero delle politiche agricole e forestali.
9. Il materiale di moltiplicazione della vite, le uve, i mosti ed i vini derivanti da vitigni autoctoni italiani iscritti nella sezione IV del Registro nazionale delle varietà di viti, istituita ai sensi dell'articolo 2, sono commercializzati con il nome della predetta iscrizione accompagnata dalla specifica sigla alfanumerica di cui al comma 5 dell'articolo 3.
10. Le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano autorizzano l'utilizzazione dei vitigni autoctoni italiani per nuove coltivazioni al di fuori della zona geografica di riferimento previa attività di sperimentazione che ne attesti l'idoneità e la corrispondenza alle caratteristiche riportate nella sezione IV del Registro nazionale delle varietà di viti ai sensi dell'articolo 3, comma 5.
1. 01.Franci, Rava, Filippeschi, Violante, Capitelli, Pinotti, Borrelli, Preda, Sandi, Sedioli, Rossiello, Abbondanzieri, Bellini, Bielli, Bolognesi, Bova, Buglio, Calzolaio, Carli, Cazzaro, Cennamo, Chiti, Cialente, Coluccini, Crisci, Crucianelli, De Brasi, Diana, Duca, Gambini, Giacco, Giulietti, Labate, Lucidi, Lulli, Luongo, Magnolfi, Mancini, Raffaella Mariani, Mariotti, Martella, Maturandi, Mazzarello, Montecchi, Motta, Nigra, Oliverio, Ottone, Panattoni, Quartiani, Nicola Rossi, Rotundo, Rugghia, Ruzzante, Sciacca, Sereni, Stramaccioni, Tolotti, Trupia, Michele Ventura, Vianello, Vigni, Marcora, Ria, Orlando Ruggieri.
Dopo l'articolo 1 aggiungere il seguente:
1. La Repubblica promuove la tutela e la valorizzazione dei vitigni italici antichi e tradizionali, dichiarati patrimonio culturale dello Stato, ai sensi del codice dei beni culturali e del paesaggio, di cui al decreto legislativo 22 gennaio 2004, n. 42.
2. Per vitigni italici antichi e tradizionali, si intendono i vitigni che derivano dalla domesticazione antica delle viti silvestri italiane e di vitis vinifera spp. sativa, importate anticamente da altri Paesi, in particolare orientali, che sono coltivate esclusivamente in Italia.
3. È istituita la sezione IV «vitigni italici antichi e tradizionali» del Registro nazionale delle varietà di viti di cui all'articolo 11 del decreto del Presidente della Repubblica 24 dicembre 1969 n. 1164.
4. L'Istituto Sperimentale per la Viticoltura di Conegliano, ha il compito di curare la trasmissione dei dati in suo possesso sulle varietà di vitigni italici antichi e tradizionali, al Comitato nazionale per la certificazione della varietà di vite, costituito con decreto del Ministro delle politiche agricole e forestali 28 dicembre 2001, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 21 del 25 gennaio 2002.
5. Le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano, le Facoltà di agraria delle Università, e tutte le istituzioni pubbliche e private che sono in possesso di dati sulle varietà di vitigni italici antichi e tradizionali, li trasmettono al Comitato nazionale di cui al comma precedente.
6. Il Comitato nazionale di cui al comma 4, esaminata la documentazione, accertati tutti i casi di omonimia o false sinonimie e l'idoneità all'iscrizione, provvede, ove non fosse già iscritto, all'iscrizione del vitigno italico, antico o tradizionale, con l'indicazione del nome storico e della zona geografica di riferimento,
nella sezione IV del Registro nazionale delle varietà di viti, istituita ai sensi del comma 3.
7. Dalla data di iscrizione, i vini ottenuti dai vitigni italici tradizionali iscritti nella sezione IV del Registro nazionale delle varietà di viti, istituita ai sensi del comma 3, attraverso pratiche enologiche tradizionali o comunque atte a conferire ai vini le loro caratteristiche peculiari, possono essere commercializzati a condizione che si indichino in etichetta il nome e la zona geografica di riferimento con cui è avvenuta la predetta iscrizione.
8. L'inosservanza dell'obbligo di dichiarazione in etichetta di cui al comma 7 comporta, a carico del produttore, o comunque del soggetto inadempiente, la condanna al pagamento di una sanzione amministrativa, ai sensi di quanto stabilito dall'articolo 30 della legge 10 febbraio 1992 n. 164, oltre all'eventuale applicazione delle sanzioni stabilite dall'articolo 31 della medesima legge 10 febbraio 1992 n. 164.
9. L'istituto Sperimentale per la Viticoltura di Conegliano, fatte salve le limitazioni eventualmente stabilite dall'accordo tra il Ministero delle Politiche Agricole e la Conferenza delle Regioni e delle Province autonome di Trento e Bolzano, e sentite la Regione interessata e le province autonome di Trento e Bolzano, può autorizzare l'utilizzo dei vitigni italici antichi e tradizionali iscritti per nuove coltivazioni al di fuori della zona geografica di riferimento, nel caso siano stati compiuti e siano documentabili studi che dimostrino la compatibilità tra il vitigno e un territorio diverso da quello per cui è avvenuta l'iscrizione: i vini in tal modo ottenuti, per i quali pure si applicano in quanto compatibili le disposizioni dei precedenti commi 7 e 8, possono essere commercializzati a condizione che risulti in modo chiaro in etichetta, accanto al nome storico del vitigno, l'indicazione della diversa zona di produzione.
10. L'Istituto Sperimentale per la Viticoltura di Conegliano può autorizzare la sperimentazione su vitigni italici tradizionali antichi e tradizionali attualmente non coltivati e non iscritti, di cui esiste la raccolta in collezione: in tal caso, il Governo è delegato ad emanare entro 12 mesi dall'approvazione della presente legge, un regolamento che determina le modalità di tale sperimentazione nell'ambito di un Progetto nazionale.
1. 02.Diliberto, Pistone.
Dopo il comma 2, aggiungere il seguente:
«2-bis. É altresì ammessa, previa comunicazione al competente ufficio dell'Ispettorato centrale repressione frodi, la produzione di mosto cotto, chiamato anche saba, sapa o denominazioni similari. L'Ufficio territoriale dell'Ispettorato centrale repressione frodi, nell'autorizzare la produzione, determina le condizioni e le modalità operative che l'operatore deve rispettare.
3. 10. Il Relatore.
Sostituire il comma 3 con il seguente:
3. Quando nell'area della cantina o dello stabilimento enologico siano presenti civili abitazioni destinate a residenza del titolare o di suoi collaboratori o impiegati, in deroga al comma 1, è consentito detenere: le sostanze di cui alla lettera a) nel limite massimo di tre litri anidri; le sostanze di cui alla lettera b) nel limite massimo di dieci chilogrammi; le sostanze di cui alla lettera c) nel limite massimo di tre litri; le sostanze di cui alla lettera d) nel limite massimo di tre chilogrammi.
5. 10. Il Relatore.
Sostituire il comma 3 con il seguente:
3. Qualsiasi successiva variazione riguardante i recipienti di cui al comma 1 o
l'inizio di lavori di installazione o di eliminazione di vasi vinari deve essere immediatamente comunicata all'ufficio periferico competente dall'Ispettorato centrale repressione frodi tramite lettera raccomandata, consegna diretta. telefax o sistemi equipollenti riconosciuti. Lo spostamento dei recipienti nell'ambito dello stesso stabilimento è sempre consentito. Una nuova planimetria dovrà essere presentata qualora siano intervenute sostanziali variazioni nell'assetto dello stabilimento, tali da rendere difficoltosa la verifica ispettiva da parte degli organismi di vigilanza.
14. 10. Il Relatore.
Sopprimerlo.
25. 1.Preda, Marcora, Ria, Orlando Ruggieri.
8-00116 de Ghislanzoni Cardoli: per evitare ulteriori riduzioni del dazio sull'importazione di riso lavorato nell'UE.
adeguato dazio fisso, valutato dalla filiera in 80 euro per il riso semigreggio e 190 euro per il riso lavorato;
a stimare l'impatto economico che deriverebbe dall'accordo summenzionato;
premesso che:
il 28 febbraio la Commissione Europea ha annunciato di aver raggiunto un accordo con gli Stati Uniti sul regime dei dazi da applicare al riso semigreggio importato nell'UE;
questo nuovo regime sostituirà il dazio di 65 euro/t sul riso semigreggio, deciso dal Consiglio dei ministri dell'U.E. nel luglio scorso, con un regime di dazi variabili tra 30, 42,5 e 65 euro in funzione del quantitativo di riso semigreggio importato semestralmente;
nel comitato consultivo riso dell'11 marzo la Commissione non è stata in grado di indicare il quantitativo di riso semigreggio importato nel primo semestre (settembre 2004, febbraio 2005), trovandosi in presenza di dati discordanti;
le esportazioni di riso semigreggio americano nell'UE a 25 (tenuto quindi conto del mercato ampliato ai nuovi 10 Paesi) non hanno mai superato le 200.000 tonnellate annue, che ad un prezzo medio di 250 euro/t, rappresentano un volume d'affari non superiore ai 50 milioni di euro annui;
nel primo semestre della campagna in corso (1o settembre 28 febbraio), con l'applicazione di un dazio a 65 euro, le importazioni di riso semigreggio dagli Stati Uniti hanno superato le 100.000 tonnellate, in aumento rispetto a tutte le campagne precedenti, senza prefigurare alcun danno economico;
gli Stati Uniti hanno lamentato un danno commerciale e minacciato misure di ritorsione, assolutamente sproporzionate, in ipotesi per 33 milioni di dollari;
a fronte di questa minaccia la Commissione ha concesso una diminuzione del dazio sul semigreggio con un meccanismo che, consentendo la speculazione di semestre in semestre, di fatto porterà alla permanente applicazione di un dazio di 30 euro sulle importazioni di riso semigreggio di qualunque provenienza, non solo statunitense;
la diminuzione di 35 euro/t sul semigreggio (65-30) equivale a circa 28 euro/t di minor protezione sul riso greggio, che moltiplicati per una produzione europea di 2,5 milioni di tonnellate, produrranno una perdita di reddito di circa 70 milioni di euro;
tale perdita di reddito è di molto superiore al margine operativo dei risicoltori nell'Unione Europea e potrà provocare un abbandono della coltura del riso; ciò arrecherà serio pregiudizio per l'economia delle aree in cui la risicoltura rappresenta l'unica coltura possibile e, tra queste, le zone vocate del nostro Paese, ove la coltivazione del riso svolge un ruolo fondamentale per il mantenimento dell'equilibrio eco-ambientale;
con questa concessione si pregiudica la validità della nuova OCM, applicata solo dal settembre scorso ed il cui fondamento era la sostituzione di un dazio variabile basato sul prezzo plafond con un
questo accordo muta nuovamente le condizioni di concorrenza tra le esportazioni verso l'UE del riso semigreggio e quelle di riso lavorato di qualsiasi provenienza, oggi assoggettato ad un dazio di 175 euro/t;
per la «clausola di maggior favore» prevista dal WTO, la modifica delle condizioni di concorrenza può dar luogo alla richiesta di nuove concessioni da parte degli abituali esportatori di riso lavorato;
l'offerta di riso lavorato sul mercato mondiale può avvenire a prezzi fortemente differenziati, sovente inferiori al prezzo del riso semigreggio americano;
un dazio sul riso lavorato inferiore anche di poco all'attuale livello di 65 euro pregiudicherebbe definitivamente ed irreparabilmente la competitività del prodotto comunitario e conseguentemente di quello italiano, primo produttore europeo;
una eventuale anche lieve riduzione del dazio sul riso lavorato renderebbe assolutamente non competitiva l'importazione di riso semigreggio e, paradossalmente, pregiudicherebbe definitivamente anche le esportazioni di riso semigreggio americano,
tutto ciò premesso,
ad intervenire attraverso un nuovo approfondimento negoziale con i partner americani in relazione alle conseguenze che potrebbero derivare da ulteriori concessioni;
a respingere ulteriori pretese dei gruppi economici abituali esportatori di riso lavorato verso l'UE, concessioni che decreterebbero la scomparsa della risicoltura comunitaria e nazionale;
a predisporre misure atte a mantenere in equilibrio il mercato del riso comunitario e nazionale;
ad intraprendere quindi tutte le azioni necessarie atte a sostenere la risicoltura italiana;
ad intervenire nuovamente in sede europea affinché la stessa realizzi nel più breve tempo possibile un accordo adeguato a ripristinare la competitività della produzione comunitaria attraverso la fissazione dì un quadro tariffario più stabile e prevedibile, che tenga conto dell'impatto della riforma dell'Organizzazione comune di mercato sull'attuale regime di protezione tariffaria dell'Unione Europea;
una volta riequilibrato il mercato, a far inserire in sede comunitaria il riso tra i prodotti agricoli che possono beneficiare di fondi UE per la promozione al consumo.
(8-00116)
«de Ghislanzoni Cardoli, Misuraca, Collavini, Fratta Pasini, Grimaldi, Jacini, Marinello, Masini, Ricciuti, Romele, Scaltritti, Zama».