XIII Commissione - Resoconto di marted́ 5 aprile 2005


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ATTI DEL GOVERNO

Martedì 5 aprile 2005. - Presidenza del presidente Giacomo de GHISLANZONI CARDOLI. - Intervengono i Sottosegretari di Stato per le politiche agricole e forestali Paolo Scarpa Bonazza Buora e Teresio Delfino.

La seduta comincia alle 16.10.

Schema di decreto legislativo recante ulteriori disposizioni per la modernizzazione dei settori dell'agricoltura e delle foreste.
Atto n. 455.
(Esame, ai sensi dell'articolo 143, comma 4, del regolamento, e rinvio).

La Commissione inizia l'esame.

Stefano LOSURDO (AN), relatore, illustra il provvedimento osservando che il decreto legislativo n. 455 è stato emanato in attuazione dell'articolo 1 della legge n. 38 del 2003, cosiddetto «collegato agricolo», con il quale veniva rilasciata delega al Governo per «completare il processo di modernizzazione dei settori agricoli della pesca, dell'acquacoltura e delle foreste».
Il decreto si compone di 5 articoli suddivisi in due capi. Agli articoli 1-4 del capo I viene novellato il decreto legislativo n. 99 del 2004 (emanato appunto in attuazione della delega di cui all'articolo 1 della legge n. 38 del 2003) e reca disposizioni in materia di soggetti ed attività aziendali, integrità aziendale e semplificazione amministrativa in agricoltura. Il capo II si compone del solo articolo 5 e novella il decreto legislativo n. 102 del


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2004 ed in particolare ne modifica l'articolo 17 come meglio si vedrà in appresso.
L'articolo 1 modifica l'articolo del decreto legislativo n. 99 del 2004 e riguarda la qualifica di imprenditore agricolo professionale (IAP). Il comma 1 elimina dall'articolo 1 del decreto legislativo n. 99 la parola «società»; in pratica si prevede che il reddito percepito in società agricole non venga escluso dal reddito globale da lavoro. Tale previsione consente che l'attività prestata al socio lavoratore nelle società cooperative oltre che dagli amministratori delle società di capitali sia valutata ai fini del riconoscimento della qualifica di imprenditore agricolo professionale purché sussistano ovviamente tutti gli altri requisiti prescritti.
Il comma 2 stabilisce i medesimi requisiti per la qualifica di IAP sia per le società di capitali che per le cooperative, con la previsione, per quanto riguarda le cooperative, dell'ulteriore requisito che l'amministratore IAP sia anche un socio della cooperativa. A tal fine viene soppressa la lettera b) dell'articolo 1, comma 3, del decreto legislativo n. 99/04.
Il comma 3 chiarisce che alla gestione previdenziale possano essere iscritte solamente le persone fisiche che siano altresì IAP. Il comma 4 prevede, infine, che lo IAP persona fisica è tenuto ad iscriversi alla gestione previdenziale ed assistenziale per l'agricoltura ed a tal fine vengono dettate norme per la semplificazione del meccanismo di erogazione delle agevolazioni relative alla qualifica di IAP.
L'articolo 2 modifica l'articolo 2 del decreto legislativo n. 99 del 2004 concernente le società agricole. Il comma 1 precisa che l'esenzione dal pagamento dei tributi per il cambiamento obbligatorio della ragione sociale di cui all'articolo 2, comma 2, del decreto legislativo n. 99 del 2004 si riferisce a tutti gli adempimenti inerenti al cambio di denominazione. Il comma 2 specifica che tutte le agevolazioni tributarie previste a favore delle persone fisiche-coltivatrici dirette riguardano solo le società agricole qualificate come IAP.
Il comma 3 prescrive la decadenza dalle agevolazioni a seguito della perdita dei requisiti per la qualifica IAP entro i 5 anni dalla data di applicazione dell'agevolazione stessa. Il comma 4 dispone il riconoscimento, in favore delle società agricole di persone in cui vi sia almeno un socio coltivatore diretto, nonché a favore delle società agricole cooperative di capitali con almeno un amministratore coltivatore diretto, delle agevolazioni riconosciute in favore delle società agricole IAP.
L'articolo 3 opera un chiarimento dell'articolo 7 del decreto legislativo n. 99 del 2004 in materia di compendio unico introducendo ulteriori norme in materia di ricomposizione fondiaria. Il comma 1 evita la prassi di assoggettare chi deve costituire un compendio unico alle doppie spese notarili sia in occasione dell'atto di acquisto o trasferimento della proprietà che in quello della «costituzione» del compendio unico. Il comma 1 chiarisce, infine, che sono dovuti solo ed esclusivamente gli onorari notarili per l'atto di acquisto, ridotti ad un sesto senza alcuna maggiorazione.
Il comma 2 stabilisce che i terreni e le relative pertinenze possedute a titolo di proprietà, se collocate nello stesso comune o in un comune limitrofo, possono concorrere al raggiungimento del livello minimo di redditività.
Il comma 3 prevede la dichiarazione unilaterale del proprietario resa dinnanzi al notaio nelle forme dell'atto pubblico per la costituzione di compendio unico anche in riferimento a terreni agricoli e relative pertinenze già di proprietà della parte.
L'articolo 4 aggiunge i commi 13-bis, 13-ter e 13-quater dopo il comma 13 dell'articolo 14 del decreto legislativo n. 99 del 2004. Con l'inserimento di questi tre nuovi commi si procede ad una opportuna operazione di semplificazione amministrativa.
Infatti i commi 13-bis e 13-ter escludono l'autorizzazione prevista per i depositi di prodotti petroliferi ubicati nelle aziende agricole mentre il comma 13-quater chiarisce che non sono soggette alle disposizioni in materia di boschi e foreste


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tutte le attività di cura del ciclo biologico relativo alla produzione di bioamasse purché i cicli colturali non siano superiori al quinquennio.
Pur dichiarandosi disposto ad accogliere ogni utile suggerimento che emergerà dalla discussione per migliorare il decreto legislativo, fin da ora osserva che in tema dì semplificazione amministrativa sarebbe quanto mai opportuno operare alcune modifiche ed aggiunte all'articolo 14 del decreto legislativo n. 99 del 2004 al fine di estendere anche alle imprese che esercitano attività agromeccanica, così come definita dall'articolo 5 dello stesso decreto n. 99 del 2004, la possibilità già accordata alle imprese agricole, di usufruire delle officine aziendali per effettuare interventi di riparazione del proprio parco macchine. Infatti, non può non ritenersi che le disposizioni di cui alla legge 5 febbraio 1992, n. 122, in materia di attività di autoriparazione, siano estremamente pregiudizievoli dei lavori in azienda soprattutto durante l'effettuazione dei lavori stagionali che devono svolgersi entro un ben determinato lasso di tempo. Orbene, la normativa predetta impone alle imprese agromeccaniche di rivolgersi, per la riparazione delle proprie macchine agricole, ad officine autorizzate, solitamente lontane dalle aziende agricole. Tale fatto costituisce, inoltre, un aggravio del costo dell'attività agricola.
Ritiene quindi che l'occasione del decreto legislativo in esame debba essere sfruttata per rendere più agibile e meno costosa l'attività agromeccanica che diventa sempre più essenziale nelle attività produttive agricole.
L'articolo 5 contiene disposizioni riguardanti interventi per favorire la capitalizzazione delle imprese. In particolare, l'articolo 5 modifica l'articolo 17 del decreto legislativo n. 102/04 prevedendo interventi in materia di garanzia sussidiaria tanto per i crediti di miglioramento fondiario quanto per la formazione della proprietà contadina, con la soppressione del Fondo interbancario di garanzia in conseguenza del trasferimento all'Ismea degli interventi di cui sopra.

Il sottosegretario Teresio DELFINO si riserva di svolgere specifiche considerazioni sullo schema di decreto legislativo nel prosieguo dell'esame.

Giacomo de GHISLANZONI CARDOLI, presidente, nessun altro chiedendo di intervenire, rinvia quindi il seguito dell'esame ad altra seduta.

Schema di decreto legislativo sulla modernizzazione del settore della pesca e dell'acquacoltura.
Atto n. 456.
(Esame, ai sensi dell'articolo 143, comma 4, del regolamento, e rinvio).

La Commissione inizia l'esame.

Giacomo de GHISLANZONI CARDOLI, presidente, sostituendo il relatore, osserva che lo schema di decreto legislativo in esame detta norme in materia di modernizzazione del settore della pesca e dell'acquacoltura e del controllo della pesca marittima, in attuazione dell'articolo 1 della legge n. 38 del 2003. Il provvedimento interviene a modificare alcuni articoli del decreto legislativo n. 154 del 2004, anche in virtù della riapertura della delega operata dall'articolo 2, comma 11, della legge 27 luglio 2004, n. 186 che ha prorogato di un anno il termine inizialmente previsto dall'articolo 1 della legge n. 38 del 2003. Ricorda pertanto che i decreti legislativi in oggetto devono essere adottati entro due anni dalla data di entrata in vigore della legge (ossia entro il 29 marzo 2005). In questo caso, tuttavia, trova applicazione quanto stabilito all'articolo 1, comma 6 della legge n. 38 del 2003, ove, nel prevedere che il parere parlamentare debba essere espresso nel termine di 40 giorni dalla richiesta, si chiarisce che qualora esso scada nei 30 giorni antecedenti la scadenza del termine di delega (o successivamente ad esso), quest'ultimo deve intendersi prorogato di 60 giorni (ossia al 28 maggio 2005).
Il provvedimento in esame rispetta i principi direttivi della delega in particolare


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relativamente all'articolo 1, comma 2, lettere z) e aa) della legge n. 38 del 2003 e cioè: riformare il Fondo di solidarietà nazionale della pesca istituito dalla legge 5 febbraio 1992, n. 72, (lettera z); rivedere la definizione della figura economica dell'imprenditore ittico e le attività di pesca e di acquacoltura, nonché le attività connesse a quelle di pesca attraverso la modifica degli articoli 2 e 3 del decreto legislativo n. 226 del 2001 (lettera aa).
Venendo all'articolato, l'articolo 1 modifica l'articolo 14 del decreto legislativo n. 154 del 2004 sostituendone i commi 1, 2 e 3. Il comma 1 istituisce presso il Ministero delle politiche agricole e forestali il Fondo di solidarietà nazionale della pesca e dell'acquacoltura (FSNPA), tendendo a superare la logica che attualmente presiede al funzionamento del Fondo, - e cioè basata su interventi risarcitori ex post - verso misure di carattere principalmente preventivo di sostegno per i danni alla produzione e alle strutture produttive del settore della pesca e dell'acquacoltura causati da calamità naturali e avversità di carattere eccezionale, attraverso contributi per la stipula di polizze assicurative. Tale nuova filosofia è stata già introdotta nel settore agricolo con l'ultima manovra finanziaria.
Il comma 2 definisce le tipologie di intervento alle quali il Fondo dovrà attenersi per far fronte alle finalità sopra citate, pertanto il FNSPA avrà il compito di:
incentivare la sottoscrizione da parte degli imprenditori ittici di contratti assicurativi per la copertura dei rischi riguardanti sinistri che comportano gravi danni alle strutture o al valore della produzione, conseguenti a calamità naturali, avversità meteorologiche e meteomarine di carattere eccezionale e a fluttuazioni dei prezzi delle materie prime. Tale ultima circostanza è una novità tra le tipologie di sinistri che possono capitare ad un'impresa ittica;
intervenire a favore degli eredi diretti del personale imbarcato sulle navi da pesca o addetto agli impianti di acquacoltura in mare, che siano deceduti per cause di servizio o per affondamento, per avversità meteomarine, delle unità da pesca o asservite ad impianti;
adottare misure compensative (rispondenti quindi a una logica non di prevenzione ma risarcitoria) esclusivamente per danni a produzioni e strutture non previsti dal programma assicurativo annuale previsto dall'articolo 14-bis del decreto legislativo n. 154/2004, come introdotto dal successivo articolo 2 del presente schema di decreto.

Il comma 3, nel confermare che la dotazione finanziaria del Fondo è stabilita dal Programma nazionale di cui all'articolo 5 del decreto legislativo n. 154/2004 nell'ambito della ripartizione delle relative risorse, inserisce il richiamo alla necessità di tener conto, ai fini della determinazione di tale dotazione finanziaria, di quanto previsto dal Programma assicurativo annuale di cui all'articolo 14-bis citato.
L'articolo 2 del provvedimento inserisce l'articolo 14-bis al decreto legislativo n. 154, per far fronte alle finalità previste nel precedente articolo 14, così come modificato dallo schema di decreto stesso, e definisce la modalità di copertura assicurativa nel settore della pesca e dell'acquacoltura. Il comma 1 del nuovo articolo 14-bis dispone dunque la concessione di contributi statali sui premi assicurativi a favore degli imprenditori ittici e dell'acquacoltura, nel rispetto degli orientamenti comunitari in materia di aiuti di Stato nel settore della pesca. Il contributo dello Stato previsto dal comma in esame viene concesso per un ammontare fino all'8 per cento del costo dei premi assicurativi, che prevedono un risarcimento se il danno raggiunge il 30 per cento della produzione. Il comma 2 prevede che, se i contratti di assicurazione coprono anche altre perdite dovute ad eventi non assimilabili alle calamità naturali, il suddetto contributo dello Stato non può eccedere il 50 per cento del costo del premio, sempreché gli interventi siano conformi agli Orientamenti comunitari in materia di aiuti di


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Stato. Le modalità, i termini e le procedure di erogazione del suddetto contributo dovranno essere stabilite con decreto del Ministro delle politiche agricole, previo parere della Commissione consultiva centrale per la pesca e l'acquacoltura, istituita con l'articolo 3 del decreto legislativo n. 154.
Ricorda che la Commissione europea ha di recente innovato la materia, con i nuovi «Orientamenti per l'esame degli aiuti di Stato nel settore della pesca e dell'acquacoltura» (2004/C 229/03), seguiti dal Regolamento (CE) n. 1595/2004 dell'8 settembre 2004. La nuova normativa si allinea alla riforma della politica comune della pesca (PCP) e semplifica la concessione degli aiuti nazionali. In particolare è previsto che, ai sensi dell'articolo 87, paragrafo 2, lettera b), del trattato CE, sono compatibili con il mercato comune gli aiuti destinati a ovviare ai danni arrecati dalle calamità naturali oppure da altri eventi eccezionali, purché l'entità dei danni raggiunga la soglia del 20 per cento del fatturato medio dell'impresa nei tre anni precedenti nelle zone dell'obiettivo 1 e del 30 per cento nelle altre zone.
Il comma 3 dispone la volontarietà della sottoscrizione delle polizze assicurative, che può comunque avvenire in forma individuale o collettiva. A quest'ultima forma possono fare ricorso le imprese di pesca costituite in qualsiasi forma giuridica e le loro associazioni nazionali e le cooperative di pesca e loro consorzi. Al fine di individuare i criteri di attuazione delle nuove disposizioni relative alla copertura assicurativa, il comma 4 prevede l'emanazione di un decreto del Ministro delle politiche agricole e forestali, d'intesa con la Conferenza Stato-Regioni, nonché col parere della Commissione consultiva centrale. Il comma 5 stabilisce che l'entità del contributo statale previsto dal comma 1 sui premi assicurativi viene determinata dal Programma assicurativo annuale della pesca e dell'acquacoltura, tenendo conto dell'importanza socio-economica delle produzioni e del numero di potenziali assicurati, e nei limiti degli stanziamenti iscritti in bilancio. I successivi commi 6, 7 e 8 contengono disposizioni relative al contenuto del Programma assicurativo e alle relative modalità di elaborazione. In particolare, il comma 6 prevede che il suddetto Programma venga elaborato sulla base delle informazioni e dei dati statistici forniti dagli enti vigilati dal Ministero delle politiche agricole e venga approvato entro il 30 novembre di ogni anno, con decreto del Ministro delle politiche agricole e forestali, d'intesa con la Conferenza Stato-Regioni, sentito il «Tavolo Azzurro» istituito dall'articolo 2 del decreto legislativo 26 maggio 2004, n. 154. Il comma 7 affida al Programma assicurativo la definizione dei parametri per il calcolo del contributo pubblico sui premi assicurativi, che dovranno tener conto di fattori quali la tipologia di polizza assicurativa; l'area territoriale; l'evento climatico o altro tipo di garanzia; il tipo di produzione, eccetera. Il comma 8 prevede che il Programma assicurativo possa contenere anche l'indicazione dei termini massimi di sottoscrizione delle polizze per le diverse produzioni e aree e ogni altro elemento che si ritenga necessario per un efficace ed efficiente impiego delle risorse pubbliche.
L'articolo 3 estende al settore ittico il regime di aiuti e le misure di sostegno della filiera agricola previsti dall'articolo 66 della legge n. 289 del 2002 (legge finanziaria per il 2003).
In particolare il comma 1 dispone l'applicazione dei contratti di filiera agli operatori del settore ittico, anche nella forma associata. Detti contratti debbono rispettare la programmazione regionale; avere rilevanza nazionale; avere carattere interprofessionale (cioè prevedere la partecipazione dei rappresentanti di due o più categorie professionali-produttori, trasformatori, distributori di una medesima filiera produttiva); essere coerenti con gli orientamenti comunitari in materia di aiuti di Stato; nonché rientrare nel limite finanziario complessivo fissato con delibera del CIPE.
Il comma 2 demanda ad un decreto del Ministero delle politiche agricole e forestali, sentita la Conferenza Stato-Regioni, da emanarsi entro sessanta giorni dall'entrata


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in vigore della legge in esame, la fissazione dei criteri, delle modalità e delle procedure per l'attuazione delle iniziative di cui al comma 1.
Il comma 3 equipara le imprese che esercitano l'acquacoltura all'imprenditore ittico; quest'ultimo è stato equiparato all'imprenditore agricolo dal comma 5 dell'articolo 6 del decreto legislativo n. 154 del 2002, fatte salve le disposizioni di legge più favorevoli.
Il comma 4 estende alle imprese del settore ittico e dell'acquacoltura il regime di aiuti previsto per l'agricoltura dall'ultimo comma dell'articolo 66 della legge n. 289/2002. Tale estensione deve intendersi nei limiti dell'autorizzazione di spesa previsti dalla disposizione richiamata, ovvero 5 milioni di euro per ciascuno degli anni 2003, 2004 e 2005. Inoltre viene prevista l'integrazione del decreto del Ministro delle politiche agricole e forestali del 22 giugno 2004, n. 182, per quanto rileva le imprese della pesca e dell'acquacoltura. Detto decreto istituisce il «Fondo di investimento nel capitale di rischio» al fine di attuare il regime di aiuti volto a facilitare l'accesso al mercato dei capitali da parte delle imprese agricole e agroalimentari. Il Fondo ha lo scopo di supportare i programmi di investimento di piccole e medie imprese con l'obiettivo di promuoverne la nascita e lo sviluppo, e di favorire la creazione di nuova occupazione. L'integrazione del citato decreto ministeriale dovrà avvenire con decreto del Ministro delle politiche agricole e forestali di natura non regolamentare, previo parere della Commissione consultiva centrale. In questo comma ritiene opportuno sostituire la parola «Comitato» con «Commissione», atteso che la norma cui si rinvia disciplina proprio la Commissione consultiva centrale per la pesca marittima.
L'articolo 4 comma 1 istituisce, senza nuovi oneri per lo Stato, il Reparto pesca marittima (RPM) del Corpo delle Capitanerie di Porto, alle dipendenze funzionali del Ministero delle politiche agricole. L'organizzazione del Reparto è definita con decreto interministeriale dei Ministri delle Politiche agricole, delle Infrastrutture e dei Trasporti, e della Difesa. L'obiettivo del reparto pesca marittima è quello di realizzare un più efficace collegamento funzionale tra le Capitanerie e la Direzione Generale della pesca, nonché di poter disporre di un punto di contatto nazionale con l'Agenzia di controllo sulla pesca in via di costituzione a Vigo per rispondere a richieste di informazione per l'esecuzione di piani operativi.
Il comma 2 dell'articolo 4, dispone che per l'attuazione delle disposizioni precedenti non debbano derivare oneri per il bilancio dello Stato, così come previsto dai principi direttivi della legge delega.
In conclusione, ritiene utile ricordare che nella seduta del 3 marzo scorso la Conferenza Stato-Regioni si è espressa favorevolmente sul testo del provvedimento. Auspica infine una celere approvazione del provvedimento che, attraverso l'inserimento di una nuova filosofia che esce dalla consuetudine dell'emergenza per passare alla previsione e prevenzione, oltre che ad una migliore organizzazione e integrazione di filiera, può apportare benefici e assicurare una concreta modernizzazione al settore della pesca e dell'acquacoltura.

Il sottosegretario Paolo SCARPA BONAZZA BUORA si riserva di intervenire in occasione di una prossima seduta, anche al fine di svolgere gli opportuni approfondimenti alla luce di quanto rilevato dal relatore.

Giacomo de GHISLANZONI CARDOLI, presidente, nessun altro chiedendo di intervenire, rinvia quindi il seguito dell'esame ad altra seduta.

Schema di decreto legislativo in materia di regolazione dei mercati.
Atto n. 466.
(Esame, ai sensi dell'articolo 143, comma 4, del regolamento, e rinvio).

La Commissione inizia l'esame.


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Giacomo de GHISLANZONI CARDOLI, presidente, in sostituzione del relatore, osserva che lo schema di decreto legislativo (n. 466), adottato in attuazione dell'articolo 1 della legge n. 38 del 2003, che ha delegato il Governo ad adottare uno o più decreti legislativi per «completare il processo di modernizzazione dei settori agricolo, della pesca, dell'acquacoltura, agroalimentare, dell'alimentazione e delle foreste», detta norme in materia di regolazione dei mercati. Il provvedimento introduce una nuova disciplina dei rapporti contrattuali tra i soggetti economici operanti nel settore agroalimentare, intervenendo in materia di organizzazioni di produttori e loro forme associate, intese e accordi di filiera, accordi e organizzazioni interprofessionali.
Il provvedimento si compone di 16 articoli, organizzati in due Capi, concernenti, rispettivamente, i soggetti economici e la regolazione di mercato. Il Capo I, relativo ai soggetti economici, disciplina le organizzazioni di produttori (articoli 2-4), le Unioni delle organizzazioni di produttori (articoli 5-7) e la gestione delle crisi di mercato (articolo 8). Per quanto concerne le organizzazioni di produttori (O.P.) (articoli 2-4), il provvedimento riformula la disciplina vigente della materia (recata dagli articoli 26-28 del decreto legislativo n. 228 del 2001), di cui dispone, parzialmente, l'abrogazione [articolo 16, comma 2, lettera a)]. L'articolo 2 individua gli scopi delle organizzazioni di produttori, riconducibili, nella sostanza, alla commercializzazione della produzione dei soggetti ad essa aderenti e prevede la possibilità di costituire fondi di esercizio alimentati, oltre che da contributi pubblici, anche da contributi degli aderenti, calcolati in base ai quantitativi o al valore dei prodotti effettivamente commercializzati.
L'articolo 3 stabilisce la forma giuridica societaria delle organizzazioni di produttori, il contenuto necessario degli statuti e i limiti minimi di produttori associati e produzione commercializzata necessari ai fini del riconoscimento. La disposizione, in particolare, fissa il numero minimo di 5 produttori e un volume di produzione commercializzata direttamente pari a 3 milioni di euro, rimettendo alle regioni la facoltà di stabilire limiti superiori. Viene previsto, infine, che resta comunque salva la disciplina sulle O.P. discendente dalle norme comunitarie relative a singole O.C.M.
L'articolo 4 prevede innanzitutto che le organizzazioni di produttori vengano riconosciute dalle regioni e iscritte nell'Albo nazionale istituito presso il Ministero delle politiche agricole e forestali. La disposizione rinvia, quindi, a due decreti del MIPAF, da adottare d'intesa con la Conferenza permanente Stato-regioni, per la definizione delle modalità per il controllo e per la vigilanza delle Organizzazioni di produttori, al fine di accertare il rispetto dei requisiti per il riconoscimento, nonché per la definizione delle modalità con le quali le O.P. possono richiedere un contributo ai soggetti ad esse associati da destinare al fondo di esercizio. Si prevede, infine, la possibilità di concedere aiuti pubblici, rispettivamente da parte delle regioni e dello Stato, alle O.P. e alle loro Unioni.
Gli articoli 5 e 6 dettano norme sulle forme associate delle organizzazioni di produttori. L'articolo 5 determina gli scopi e le attività delle Unioni, le forme societarie richieste e rimette al MIPAF i compiti di riconoscimento, controllo, vigilanza e sostegno. L'articolo 6 determina il contenuto necessario degli statuti delle Unioni, i requisiti richiesti sotto il profilo organizzativo ai fini del riconoscimento (tra i quali, in particolare, un volume minimo di 60 milioni di euro di produzione), nonché le procedure per il riconoscimento delle Unioni medesime da parte del MIPAF. L'articolo 7 prevede che le organizzazioni di produttori e delle loro forma associate costituiscano un fondo di esercizio, alimentato dai contributi degli associati e da contributi pubblici, al fine di realizzare programmi operativi finalizzati alla valorizzazione della produzione e alla trasparenza dei processi produttivi.
L'articolo 8 introduce una nuova disciplina della gestione delle crisi di mercato, applicabile allorquando il prezzo medio


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unitario di un prodotto, rilevato dall'ISMEA su base mensile, sia inferiore al 30 per cento del prezzo medio unitario del triennio precedente. In tali casi le O.P. e le loro forme associate, previa presentazione al MIPAF di un piano di intervento, hanno facoltà di non commercializzare, per volumi e periodi definiti, il prodotto conferito, nonché di corrispondere agli associati una indennità di ritiro, corrispondente alla perdita di reddito, utilizzando il fondo di esercizio, per un quantitativo massimo pari al 20 per cento del volume di produzione complessivamente commercializzata. Di tali strumenti possono beneficiare anche i produttori non aderenti, a condizione che versino la quota di partecipazione alla costituzione del fondo di esercizio dell'organizzazione.
Il Capo II detta norme sulla regolazione di mercato. L'articolo 9 disciplina le intese di filiera, le quali possono essere stipulate, nell'ambito del Tavolo agroalimentare, dagli organismi maggiormente rappresentativi a livello nazionale dei settori della produzione, trasformazione, commercio e distribuzione dei prodotti agricoli, nonché dalle organizzazioni interprofessionali riconosciute. Le intese sono approvate, previa verifica della compatibilità con la normativa nazionale e comunitaria, con decreto del Ministro delle politiche agricole e forestali.
Gli articoli 10 e 11 disciplinano gli accordi di filiera, ciascuno dei quali deve riguardare un prodotto e un'area geografica specifici,. Gli accordi definiscono, in particolare, il contratto-tipo che deve essere adottato nella stipulazione dei contratti di coltivazione, allevamento e fornitura, valevole anche nei confronti dei soggetti non aderenti alle organizzazioni stipulanti. L'articolo 12 detta norme sul recesso dai contratti di coltivazione, allevamento e fornitura, sulla cessione nell'azienda il cui titolare sia vincolato da un contratto nell'ambito di un accordo di filiera e sul privilegio dei crediti vantati dai produttori agricoli. L'articolo 13 definisce gli obblighi a carico degli acquirenti aderenti ad organizzazioni che abbiano stipulato contratti nell'ambito di un accordo di filiera.
L'articolo 14 prevede che la stipula di contratti nell'ambito di accordi di filiera sia da considerare quale criterio di preferenza per l'attribuzione di contributi pubblici e ai fini delle forniture negli appalti pubblici. L'articolo 15 riproduce il testo dell'articolo 11 del decreto legislativo n. 173 del 1998, in materia di accordi e gravi squilibri di mercato relativi a prodotti DOP, IGP e AS. L'articolo 16 detta una serie di disposizioni finali e abrogative. La norma dispone, in primo luogo, l'abrogazione della legge n. 88 del 1988 sui contratti di coltivazione e vendita e degli articoli 26, 27 e 28 del decreto legislativo n. 228 del 2001 sulle organizzazioni di produttori. Dispone, inoltre, l'integrazione dell'articolo 12 del decreto legislativo n. 173 del 1998 in materia di organizzazioni interprofessionali, definendo i criteri di rappresentatività per la costituzione di una organizzazione professionale, prevedendo che spettino al MIPAF i compiti di riconoscimento, controllo e vigilanza delle organizzazioni interprofessionali, nonché rimettendo a un decreto del MIPAF l'ulteriore disciplina della materia, con particolare riguardo ai requisiti per l'estensione alle imprese non aderenti delle regole approvate in seno all'organizzazione interprofessionale.
Ricorda infine che sullo schema di decreto in esame è stato acquisito, come richiesto dalla norma di delega, il parere della Conferenza Stato-regioni, ove vengono proposte varie modifiche al testo. Ricorda, altresì, che il termine per l'esercizio della delega scade il 28 maggio 2005, mentre il parere parlamentare deve essere espresso entro il 15 maggio 2005.

Il sottosegretario Teresio DELFINO si riserva di intervenire in sede di replica.

Giacomo de GHISLANZONI CARDOLI, presidente, nessun altro chiedendo di intervenire, rinvia quindi il seguito dell'esame ad altra seduta.

La seduta termina alle 16.25.


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SEDE REFERENTE

Martedì 5 aprile 2005. - Presidenza del presidente Giacomo de GHISLANZONI CARDOLI. - Interviene il Sottosegretario di Stato per le politiche agricole e forestali Teresio Delfino.

La seduta comincia alle 16.25.

Decreto-legge 22/2005: Interventi urgenti nel settore agroalimentare.
C. 5671 Governo.
(Seguito dell'esame e rinvio)

La Commissione prosegue l'esame rinviato nella seduta del 16 marzo 2005.

Giacomo de GHISLANZONI CARDOLI, presidente, ricorda che nella seduta del 3 marzo scorso il relatore ha introdotto la discussione, illustrando il provvedimento, e il rappresentante del Governo si è riservato di intervenire in sede di replica. Nella seduta svoltasi il 16 marzo ha avuto luogo la discussione generale, con l'intervento dei deputati Preda, Sedioli, Rava, Marcora e Marinello. Avverte che entro il termine del 15 marzo alle ore 21 sono stati presentati complessivamente 118 tra emendamenti ed articoli aggiuntivi (vedi allegato). Avverte, altresì, che in data odierna, prima dell'inizio della seduta, sono stati ritirati gli emendamenti a prima firma dei deputati Bellotti, De Laurentiis, Grillo, Losurdo, Masini, Marinello, Misuraca, Osvaldo Napoli, Patarino, Scaltritti, e del relatore (con l'eccezione dell'emendamento 2.3). Il deputato Vascon ha altresì ritirato i propri emendamenti 1.13 e 1.1 e 1.4.
Comunica che la Presidenza ritiene non ammissibili i seguenti emendamenti ed articoli aggiuntivi, in quanto contenenti disposizioni non strettamente attinenti alla materia del decreto-legge: Rava 1.46 e 1.67, Marcora 1.68, Rava 1.65, 1.60, 1.63 e 1.62, Vascon 1.3 e 1.2, Rava 1.61, Marcora 1.57, 1.56, gli identici Pistone 1.20, Zanella 1.21, Rava 1.69, gli identici Pistone 1.05, Zanella 1.06, Marcora 1.017, Potenza 1.03, nonché gli articoli aggiuntivi Rossiello 1.018, Marcora 1.021, Franci 1.019 e 1.016; gli emendamenti Zanella 2.2, Rava 2.18, Zanella 2.1 e Marcora 3.2, nonché l'articolo aggiuntivo Violante 3.012.

Lino RAVA (DS-U), pur nel pieno rispetto delle valutazioni che hanno determinato il giudizio di inammissibilità da parte della Presidenza, esprime, anche a nome del suo gruppo, perplessità per il numero assai cospicuo di emendamenti e articoli aggiuntivi che sono stati colpiti da tale giudizio e preannuncia lo svolgimento di specifici approfondimenti, sia di tipo sostanziale che procedurale, ai fini di una eventuale ripresentazione di proposte emendative in occasione dell'esame del provvedimento da parte dell'Assemblea.

Saverio LA GRUA (AN), relatore, esprime parere contrario sull'emendamento Rava 01.1, invita al ritiro degli emendamenti Vascon 1.6, 1.7 e 1.8, esprime parere contrario sugli emendamenti Preda 1.51, Marcora 1.53, Rossiello 1.50 e Rava 1.64; invita al ritiro dell'emendamento Vascon 1.9, esprimendo altrimenti parere contrario; esprime inoltre parere contrario sull'emendamento Marcora 1.52 ed invita al ritiro degli emendamenti Vascon 1.10 e 1.11, esprimendo diversamente parere contrario; esprime parere contrario sugli emendamenti Rava 1.59, Rossiello 1.47, 1.48 e 1.49, Rava 1.66; invita al ritiro degli identici emendamenti Oliveri 1.5, Vascon 1.12, Detomas 1.19 ed esprime parere contrario sugli emendamenti Rava 1.58, Finocchiaro 1.44, Lumia 1.43, Marcora 1.55, 1.54, 1.022 e 1.023 e Rava 1.024.

Il sottosegretario Teresio DELFINO esprime un parere conforme a quello del relatore.

Luigino VASCON (LNFP) ritira i propri emendamenti 1.9, 1.10, 1.11 e 1.12.

Lino RAVA (DS-U) osserva che nella fase anteriore alla sospensione dei lavori parlamentari per le festività pasquali


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l'esame in Commissione si era svolto in un clima collaborativo in cui la maggioranza aveva manifestato in modo esplicito l'intenzione di procedere ad un serio approfondimento e confronto anche sulle proposte emendative presentate dai gruppi di opposizione. A tale disponibilità l'opposizione ha risposto dimostrando un convinto approccio costruttivo ed aperto che, purtroppo, alla luce di quanto si sta verificando nella seduta di oggi, non potrà essere mantenuto oltre. Infatti, senza considerare i criteri assai rigorosi che hanno indotto la Presidenza ad esprimere un giudizio di inammissibilità nei confronti di un numero elevato di emendamenti, è da considerare grave il fatto che i gruppi di maggioranza abbiano ritirato la maggior parte delle proposte emendative presentate e che il relatore non abbia indicato le ragioni che sono alla base del parere contrario espresso sui restanti emendamenti riferiti all'articolo 1. A questo punto occorre comprendere quali siano le finalità che la maggioranza sembra così volere perseguire: si potrebbe infatti desumere la volontà di determinare la scadenza del decreto-legge o, in alternativa, di assumere in modo deliberato un atteggiamento arrogante ed inqualificabile. Sarebbe, dunque, consigliabile da parte della maggioranza rivalutare la necessità di un dibattito sugli emendamenti e, in generale, sulla situazione attuale, nella consapevolezza che, qualora la maggioranza insista nella linea finora tenuta, l'opposizione non potrà conservare in alcun modo uno spirito collaborativo.

Il sottosegretario Teresio DELFINO, al fine di scongiurare incomprensioni ed inesattezze, sottolinea che il Governo, dopo l'ultima seduta della Commissione, ha proceduto, pur nella concomitanza con un importante appuntamento elettorale, ad una verifica su due elementi specifici: in primo luogo la congruità della disposizione che equipara lo stato di crisi allo stato di calamità rispetto alla normativa comunitaria e, in secondo luogo, l'eventuale allungamento dei tempi ai fini della rateizzazione degli oneri previdenziali e dell'accesso al credito per le aziende in crisi. Un ulteriore versante di approfondimento, sul quale auspica una convergenza di intenti, è quello che attiene alle possibili ipotesi di intervento da parte del Governo sulla normativa in materia di quote-latte. Per quanto riguarda le proposte emendative presentate, fa presente che il Governo intende in ogni caso tenerne conto nel prosieguo dell'esame ed esprime la piena disponibilità a svolgere ogni attività che sia volta a soddisfare le esigenze del mondo produttivo.

Luca MARCORA (MARGH-U), considerando inaccettabili le argomentazioni riferite dal sottosegretario Delfino, ricorda che il testo del decreto-legge ha avuto una genesi assai travagliata, un primo decreto-legge in materia essendo stato prospettato nell'ottobre dello scorso anno. In tutto questo periodo l'opposizione non ha fatto mancare, sia al relatore che al Governo, la propria collaborazione, anche in considerazione della disponibilità da questi ultimi dimostrata. Tuttavia, nella seduta odierna non si può fare a meno di registrare che il giudizio di inammissibilità espresso dalla Presidenza nei confronti di numerose proposte emendative sembra essere strumentalmente finalizzato ad impedire il confronto politico su specifici contenuti, secondo una modalità che è sembra essere divenuta assai frequente. È inoltre evidente la totale chiusura del relatore ad accogliere qualunque genere di proposta, malgrado molti degli emendamenti presentati dall'opposizione non presentino aspetti onerosi. Da parte sua, occorre sottolineare che l'opposizione non ha mai fatto ricorso allo strumento ricattatorio della scadenza dei decreti-legge. Di fronte a questo stato di cose e in mancanza di una adeguata proposta da parte della maggioranza, i gruppi di opposizione valuteranno la opportunità di una condotta conforme all'attuale clima di chiusura.

Lino RAVA (DS-U), ribadendo che i gruppi di opposizione hanno sempre inteso svolgere il lavoro parlamentare secondo senso di responsabilità, prende atto


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del fatto che il Governo ha dichiarato di aver dedicato le settimane appena trascorse alla verifica della congruità delle disposizioni contenute nel decreto-legge con il diritto comunitario e della questione dei contributi previdenziali: il che mostra che il testo in esame è, come le opposizioni avevano tempestivamente segnalato, tutt'altro che privo di profili problematici. Di fronte alla nuova presa di posizione, testé riferita dal sottosegretario Delfino, ritiene che il Governo, anche in periodo di campagna elettorale, non possa esimersi dallo svolgere fino in fondo il proprio compito istituzionale, a cui dovrebbe anzi dare priorità. A questo punto, di fronte ad una non condivisibile posizione del Governo e alla mancata spiegazione da parte del relatore delle ragioni che hanno determinato il suo parere contrario, occorre valutare il reale valore del confronto politico in Commissione e considerare un eventuale rinvio di ogni riflessione ad una successiva fase di esame, quando il Governo avrà eventualmente esaurito la propria attività istruttoria. In conclusione, ritiene che le condizioni in cui si svolgono oggi i lavori della Commissioni siano da considerare una presa in giro che i gruppi di opposizione non intendono tollerare.

Filippo MISURACA (FI), pur giudicando comprensibili le osservazioni critiche espresse dai deputati Rava e Marcora, considera che esse siano esasperate nelle conclusioni: il senso di responsabilità dei gruppi della maggioranza è da considerare fuori discussione né è possibile argomentare che si voglia far decadere il provvedimento. La decisione relativa al ritiro degli emendamenti è da ascrivere alla consapevolezza che sia la maggioranza che l'opposizione hanno ecceduto nella presentazione di emendamenti e che, in previsione del giudizio di inammissibilità, si voleva evitare di precludere la presentazione degli emendamenti presso l'Assemblea. Tale circostanza non comporta peraltro un'interruzione od un ostacolo all'esame parlamentare del disegno di legge. In questo tempo né il Governo né il relatore sono rimasti inattivi, anche per garantire che il confronto sulle proposte emendative presso l'Assemblea sia il più qualificato ed efficiente possibile. Per quanto riguarda la possibilità che nella seduta odierna l'opposizione abbandoni i lavori della Commissione, come fatto intendere dal deputato Rava, ritiene che una decisione simile rappresenterebbe esclusivamente un gesto politico al quale non si accompagnerebbe alcun contributo migliorativo al provvedimento in esame.

Saverio LA GRUA (AN), relatore, esprime l'auspicio che i gruppi di opposizione non abbandonino i lavori della Commissione, rilevando la necessità che tutti collaborino per assicurare al decreto-legge in esame di procedere nel suo percorso e di giungere alla conversione. Ricorda che si tratta di un provvedimento che reca misure vivamente attese specialmente dalle aziende ortofrutticole, colpite dalla crisi in modo assai duro, e del quale tutti i gruppi conoscono l'importanza. Nel riconoscere la necessità di migliorare il testo, rileva di aver a tal fine presentato egli stesso alcuni emendamenti, anche allo scopo di superare i problemi di compatibilità con le norme comunitarie che potrebbero presentarsi in sede europea. Alla luce di tali considerazioni, non ritiene comprensibile la scelta di rinviare ad altra seduta della Commissione i lavori, posto che un ulteriore rinvio di fatto equivarrebbe, a questo punto, ad un affossamento del provvedimento. In Assemblea si avrà invece modo di affrontare le diverse questioni e a tale scopo si riserva di ripresentare, opportunamente riformulati, taluni emendamenti.
Non può inoltre condividere il duro giudizio espresso dai gruppi di opposizione nei confronti del Governo, che è stato accusato di tenere un comportamento di grave arroganza, e che invece ha sempre dimostrato apertura sulle questioni emerse nel corso della discussione. Non ritiene fondate, infine, le contestazioni che sono state mosse al presidente de Ghislanzoni Cardoli, la cui valutazione degli emendamenti ai fini del giudizio di ammissibilità appare improntata a indiscutibile correttezza


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ed imparzialità: anche molti degli emendamenti presentati dalla maggioranza sarebbero stati sicuramente dichiarati inammissibili ove non fossero stati previamente ritirati dai presentatori.

Lino RAVA (DS-U), pur senza voler esasperare i toni della polemica, fa osservare che il relatore ha dichiarato di star lavorando alla predisposizione di nuovi emendamenti, ai fini della presentazione in Assemblea. Ciò considerato, e stante il fatto che il parere del relatore stesso e del Governo è stato contrario su tutti gli emendamenti presentati in Commissione, ritiene che non sussistano le condizioni per proseguire l'esame del provvedimento nella seduta odierna e che sarebbe quindi opportuno rinviare i lavori in attesa delle necessarie verifiche da parte del Governo e del relatore, in particolar modo in relazione al problema delle risorse disponibili, in modo da riprendere la discussione davanti a concrete proposte di modifica del testo. Relativamente a queste ultime, si dice peraltro convinto che il Governo finirà con il recepire numerose proposte emendative formulate in questa sede dai gruppi di opposizione.

Luca MARCORA (MARGH-U), nell'annunciare che anche il suo gruppo si asterrà dai lavori della Commissione in relazione al provvedimento in titolo, ricorda come il relatore e il Governo, che oggi esprimono parere contrario su tutti gli emendamenti, avessero in precedenza dichiarato la propria disponibilità a tenere conto delle proposte emendative che l'opposizione avesse presentato. Ricorda inoltre come i gruppi di opposizione avessero assai per tempo segnalato che il problema di fondo era rappresentato dall'insufficienza delle risorse disponibili e dall'inadeguata o mancata quantificazione dell'onere finanziario di alcuni interventi. In queste condizioni, appare necessario rinviare i lavori al momento in cui il Governo potrà dare risposte chiare in ordine alla questione dei fondi. A quel punto molto probabilmente gli emendamenti presentati dall'opposizione saranno presi in considerazione o, più probabilmente, saranno rifusi e assorbiti negli emendamenti che lo stesso Governo presenterà: una scelta, questa, che in ogni caso non lo troverebbe ostile, posto che, al di là delle rivendicazioni di paternità, ciò che sta a cuore al suo gruppo è che siano accolte le proposte di miglioramento del testo. In ogni caso, ad oggi non sussistono le condizioni per procedere alle votazioni degli emendamenti in spirito di collaborazione, ed è perciò necessario aggiornare i lavori.

Massimo GRILLO (UDC) ritiene che sia chiara e fuori discussione la disponibilità del Governo e del relatore a tenere aperto il dialogo e a migliorare il decreto-legge, armonizzandolo con le norme comunitarie e con le proposte emendative presentate in Commissione. Un lavoro di approfondimento è del resto necessario anche in vista del reperimento di ulteriori risorse che permettano di far fronte ai costi degli interventi previsti da alcuni emendamenti, non potendo a questo scopo bastare le risorse originariamente stanziate dal Governo. Aggiunge che il suo gruppo auspica che il Governo terrà conto, nel lavoro di armonizzazione che si appresta a svolgere, anche delle proposte emendative che sono state presentate e successivamente ritirate.

Giacomo de GHISLANZONI CARDOLI, presidente, apprezzate le circostanze, propone di sospendere brevemente la seduta.

La Commissione concorda.

La seduta, sospesa alle 17.05, riprende alle 17.20.

Lino RAVA (DS-U) interviene per ribadire la posizione già dichiarata prima della sospensione della seduta: non sembra infatti possibile sbloccare la situazione di stallo che si era delineata nel corso della discussione. Resta immutata la necessità di attendere le verifiche del Ministero delle politiche agricole e forestali in relazione ai profili di competenza del dicastero del lavoro e delle politiche sociali e di quello dell'economia e delle finanze, oltre che in ordine alla compatibilità degli interventi


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con la normativa comunitaria. Rilevato quindi che non sussistono le condizioni per proseguire i lavori in Commissione, conferma la propria convinzione che non si possa far altro che rinviare il confronto al momento dell'esame in Assemblea, dove ciascuno chiarirà la propria posizione. Nell'esprimere quindi l'auspicio che in quella sede si potrà instaurare quel rapporto di lealtà che in questa fase è invece mancato, nonostante l'opposizione abbia sempre cercato di mantenerlo, annuncia che i rappresentanti del suo gruppo si allontanano, a partire da questo momento, dall'aula della Commissione.

Luca MARCORA (MARGH-U) rileva che anche il suo gruppo ritiene che non sussistano le condizioni per proseguire nell'esame del provvedimento e per discutere in modo collaborativo e proficuo. Condivide le considerazioni svolte dal deputato Rava e aggiunge che, sebbene da ottobre il Governo e lo stesso ministro Alemanno vadano annunciando con grande enfasi un decreto-legge volto a fronteggiare la crisi di mercato, ad aprile ancora non vede la luce il testo definitivo di tale decreto. In questa situazione, ritiene quindi non si possa far altro che rinviare la discussione al momento dell'esame in Assemblea, in attesa che il Governo completi le necessarie verifiche sulle risorse disponibili e sulle eventuali questioni di compatibilità con la normativa comunitaria. Per tali ragioni, anche il suo gruppo abbandona l'aula della Commissione.

Giacomo de GHISLANZONI CARDOLI, presidente, constatata l'assenza dei presentatori, dichiara decaduto l'emendamento Rava 01.1.

Luigino VASCON (LNFP), accogliendo l'invito del relatore, ritira i suoi emendamenti 1.6 e 1.7. Illustra quindi il suo emendamento 1.8, che è volto ad ampliare l'ambito di intervento del commissario ad acta a tutte le aree classificate come svantaggiate, anche se non comprese all'interno del progetto speciale di cui al comma 7 della legge n. 122 del 2001. Ritiene infatti che, nella formulazione attuale, l'articolo 1, comma 1, del decreto-legge presenti profili di incostituzionalità e che sia destinato a dar luogo in ogni caso a contestazioni in sede comunitaria. Ciò premesso, non comprende la ragione per la quale dei benefici previsti dal decreto-legge non debbano avvantaggiarsi tutte le aree classificate come svantaggiate. Non riconoscere il danno alle sole aziende ubicate in alcune aree del paese è assolutamente inaccettabile: non solo si ignorerebbero in questo modo le difficoltà di tanti onesti imprenditori italiani, ma si introdurrebbe un'iniqua disparità di trattamento tra azienda ed azienda, e tra aree diverse del paese. A suo giudizio, posto in questi termini, il provvedimento conterrebbe solo misure assistenzialistiche, ed è per scelte del genere che si perdono le elezioni.
Esprime quindi l'auspicio che il relatore e il Governo rivedano il parere sul suo emendamento 1.8, mostrando una maggiore disponibilità a tenere conto della legittima pretesa che vi è rappresentata. Preannuncia che in caso contrario porterà la questione all'attenzione del suo territorio e si dice inoltre convinto che un tale parere contrario non possa in alcun modo preludere ad un dibattito sereno in Assemblea, posto che l'esclusione delle regioni del nord dall'accesso ai benefici non mancherà di suscitare la reazione di tutti i deputati settentrionali, al di là degli schieramenti. Non si nasconde la delicatezza delle questioni connesse, considerando la scarsità delle risorse finanziarie disponibili ed il rischio di un parere contrario della Commissione europea, che del resto in passato ha bocciato provvedimenti assai meno assistenzialistici di quello in esame, giudicandoli incompatibili con la normativa comunitaria in materia di aiuti di Stato. Ma ciò non giustifica, a suo avviso, la disparità di trattamento, a discapito di quelli del nord Italia, tra gli imprenditori agricoli colpiti dalla crisi. Auspica quindi che il relatore e il Governo rivedano il proprio giudizio, preannunciando, in caso contrario, la ripresentazione


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dell'emendamento in Assemblea, con le conseguenze sullo svolgimento della discussione che ognuno può immaginare.

Il sottosegretario Teresio DELFINO ricorda al deputato Vascon che sulle questioni sottese al suo emendamento 1.8 era stata svolta una riunione informale nel corso della quale lo stesso ministro Alemanno aveva dimostrato disponibilità. L'invito al ritiro dell'emendamento Vascon 1.8 non deve perciò interpretarsi come una chiusura alle istanze sollevate attraverso di esso, bensì deve intendersi alla luce della generale esigenza di approfondimento dell'insieme delle questioni connesse al decreto-legge e agli emendamenti presentati. Ciò premesso, conferma che la questione segnalata dal deputato Vascon sarà valutata, insieme con altre, con grande attenzione. Nel dichiarare quindi l'impegno del Governo a tener conto, nella predisposizione del pacchetto di emendamenti che saranno presentati all'Assemblea, anche dell'esigenza di assicurare la parità di trattamento degli imprenditori agricoli di tutto il paese, rinnova al deputato Vascon l'invito a ritirare l'emendamento 1.8.

Stefano LOSURDO (AN) ritiene che non si possa misconoscere la sostanziale ragionevolezza della richiesta di equità che sta alla base dell'emendamento Vascon 1.8. Condivide peraltro la proposta di lavoro del Governo, che si è impegnato a tener conto dell'esigenza di assicurare anche alle aziende ortofrutticole del settentrione l'accesso ai benefici previsti dal decreto-legge per le imprese colpite dalla crisi. Si tratta d'altra parte di un numero di aziende più contenuto che al sud e di un territorio più circoscritto, per cui non dovrebbero emergere problemi insormontabili per quanto attiene al reperimento delle risorse. Invita pertanto il deputato Vascon a non persistere nel suo atteggiamento, che determinerebbe una divisione nella maggioranza in una fase delicata, e a ritirare quindi il suo emendamento 1.8, confidando che le sue richieste saranno seriamente considerate in vista dell'esame in Assemblea.

Luigino VASCON (LNFP), preso atto con soddisfazione della disponibilità dimostrata dal sottosegretario Delfino, ritira il suo emendamento 1.8, riservandosi di ripresentarlo per l'esame in Assemblea.

Giacomo de GHISLANZONI CARDOLI, presidente, constata l'assenza dei presentatori degli emendamenti Preda 1.51, Marcora 1.53, Rossiello 1.50, Rava 1.64, Marcora 1.52, Rava 1.59, Rossiello 1.47, 1.48 e 1.49, Rava 1.66, degli identici Olivieri 1.5 e Detomas 1.19, Rava 1.58, Finocchiaro 1.44, Lumia 1.43, Marcora 1.55, 1.54, 1.022 e 1.023 e Rava 1.024: si intende che essi abbiano rinunciato alla votazione dei relativi emendamenti.

Saverio LA GRUA (AN), relatore, dopo aver ritirato il suo emendamento 2.3, invita i presentatori al ritiro degli identici emendamenti Preda 2.14, Marcora 2.15, Rava 2.16; esprime parere contrario sull'emendamento Rava 2.17.

Il sottosegretario Teresio DELFINO concorda con i pareri espressi dal relatore, sulla base dell'impegno a rivedere le questioni da essi trattate nel corso dell'esame in Assemblea.

Giacomo de GHISLANZONI CARDOLI, presidente, constata l'assenza dei presentatori degli identici emendamenti Preda 2.14, Marcora 2.15, Rava 2.16 e dell'emendamento Rava 2.17: si intende che essi abbiano rinunciato alla votazione dei relativi emendamenti.
Ricorda che gli emendamenti ammissibili riferiti all'articolo 3 sono stati tutti ritirati.
Rinvia quindi il seguito dell'esame ad altra seduta.

La seduta termina alle 17.40.

SEDE CONSULTIVA

Martedì 5 aprile 2005. - Presidenza del presidente Giacomo de GHISLANZONI


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CARDOLI. - Interviene il Sottosegretario di Stato per le politiche agricole e forestali Teresio Delfino.

La seduta comincia alle 17.40.

Disposizioni in materia di fabbricati rurali.
C. 617 Menia e abb.
(Parere alla VI Commissione).
(Esame del testo unificato e rinvio).

La Commissione inizia l'esame del provvedimento in oggetto.

Giacomo de GHISLANZONI CARDOLI, presidente e relatore, avverte che il testo unificato, composto da un solo articolo, reca disposizioni intese a modificare i requisiti per il riconoscimento, agli effetti fiscali, del carattere di ruralità dei fabbricati, nonché la disciplina dell'accatastamento dei medesimi fabbricati ovvero di quelli che abbiano perduto il carattere di ruralità.
In particolare, l'articolo 1 estende la qualificazione di ruralità ai fabbricati destinati ad edilizia abitativa, anche se adibiti ad uso abitativo diverso dall'abitazione principale, ovvero utilizzati da uno dei soci della società semplice che conduce il fondo agricolo. Inoltre vengono inclusi tra i fabbricati rurali strumentali anche le costruzioni utilizzate come ufficio dell'azienda agricola e quelli destinati ad abitazione dei dipendenti esercenti attività agricole nell'azienda, ovvero di persone addette all'alpeggio nelle zone di montagna.
Si stabilisce che soltanto per l'accatastamento delle nuove costruzioni prive dei requisiti di ruralità, ovvero delle costruzioni già censite al catasto dei terreni per le quali non sussistono i suddetti requisiti, si applicano le disposizioni per la conservazione del catasto edilizio urbano.
Si prevede che nelle more dell'istituzione delle microzone di cui all'articolo 3 della legge n. 662 del 1996, i fabbricati di abitazione che hanno perso il requisito della ruralità, se costruiti prima del 1945, sono censiti nella categoria A/4 (case di abitazione popolare); se costruiti dopo tale data, essi sono censiti nella categoria A/3 (abitazioni di tipo economico).
Si conferma l'inclusione nella categoria catastale D/10 (fabbricati per funzioni produttive connesse all'attività agricola) delle costruzioni strumentali all'esercizio dell'attività agricola, precisando che essa si applica anche alle costruzioni destinate ad abitazione. Si prevede, inoltre, che ai fabbricati inclusi nella categoria D/10 non è attribuita alcuna rendita catastale.
Vengono inoltre modificati i termini per la dichiarazione al catasto delle variazioni nell'iscrizione dei fabbricati che hanno perso il carattere della ruralità. In particolare viene spostato il termine per la presentazione della dichiarazione al catasto delle variazioni nell'iscrizione dei fabbricati che hanno perso il carattere della ruralità dal 31 dicembre 1995 al 31 dicembre 2004, nonché prorogando, conseguentemente, l'esenzione dalla riscossione dei tributi a tutti i periodi di imposta anteriori al 1o gennaio 2003 per le imposte dirette e al 1o gennaio 2004 per le altre imposte e tasse nonché per l'ICI.
Infine, si specifica che non è assoggettabile all'ICI il terreno utilizzato per realizzare un fabbricato rurale e che e si dispone che il fabbricato rurale strumentale all'esercizio dell'attività agricola sono pertinenze dei terreni su cui insistono e quindi non sono soggetti autonomamente all'ICI.

Il sottosegretario Teresio DELFINO si riserva di intervenire in una fase successiva dell'esame.

Giacomo de GHISLANZONI CARDOLI, presidente e relatore, nessuno chiedendo di intervenire rinvia il seguito dell'esame ad altra seduta.

La seduta termina alle 17.50.