X Commissione - Resoconto di luned́ 13 dicembre 2004


Pag. 50


SEDE REFERENTE

Lunedì 13 dicembre 2004. - Presidenza del presidente Bruno TABACCI. - Interviene il sottosegretario di Stato per le attività produttive Mario Valducci.

La seduta comincia alle 14.10.

Sull'ordine dei lavori.

Bruno TABACCI, presidente, propone che, non essendo ancora pervenuto il parere della Commissione Bilancio, convocata per le ore 14.15, sul disegno di legge di conversione del decreto-legge 281/04 recante modifiche alla disciplina della ristrutturazione delle grandi imprese in stato di insolvenza, la Commissione proceda all'esame degli ulteriori provvedimenti all'ordine del giorno, per riprendere successivamente l'esame del citato disegno di legge di conversione.

La Commissione concorda.

Misure per l'internazionalizzazione delle imprese.
C. 4360-B Governo, approvato dalla Camera e modificato dal Senato.
(Seguito dell'esame e rinvio).

La Commissione prosegue l'esame del provvedimento, rinviato nella seduta del 9 dicembre scorso.

Bruno TABACCI, presidente, rammenta che nella seduta del 9 dicembre scorso era iniziato l'esame degli emendamenti (vedi allegato al Bollettino delle Giunte e delle Commissioni parlamentari del 9 dicembre 2004) e che il relatore e il Governo avevano espresso il parere sugli emendamenti riferiti all'articolo 1, invitando i rispettivi presentatori al ritiro.
Constata l'assenza del presentatore degli emendamenti D'Agrò 1.1 e 1.4; si intende vi abbia rinunciato.


Pag. 51

Massimo POLLEDRI (LNFP) ritira il proprio emendamento 1.2.

Andrea LULLI (DS-U) raccomanda l'approvazione dei propri emendamenti 1.3 e 1.5.

La Commissione respinge, con distinte votazioni, gli emendamenti Lulli 1.3 e 1.5.

Enzo RAISI (AN), relatore, invita al ritiro i presentatori degli emendamenti riferiti all'articolo 2, esprimendo altrimenti parere contrario; modifiche a tale articolo rischiano infatti di compromettere la copertura finanziaria del provvedimento.

Il sottosegretario Mario VALDUCCI esprime parere conforme a quello del relatore.

Bruno TABACCI, presidente, constata l'assenza del presentatore degli emendamenti D'Agrò 2.1 e 2.4; si intende vi abbia rinunciato.

Massimo POLLEDRI (LNFP) ritira il proprio emendamento 2.2.

Andrea LULLI (DS-U) raccomanda l'approvazione del proprio emendamento 2.3.

La Commissione respinge l'emendamento Lulli 2.3.

Massimo POLLEDRI (LNFP) chiede chiarimenti in ordine alle disposizioni di cui al comma 2 dell'articolo 2.

Enzo RAISI (AN), relatore, ribadisce come modifiche a tale articolo rischino di compromettere la copertura finanziaria del provvedimento.

Sergio GAMBINI (DS-U) raccomanda l'approvazione dell'emendamento Nieddu 2.6, nonché del proprio emendamento 2.7.

La Commissione respinge gli identici emendamenti Polledri 2.5 e Nieddu 2.6; respinge quindi l'emendamento Gambini 2.7.

Enzo RAISI (AN), relatore, invita al ritiro i presentatori degli emendamenti riferiti all'articolo 3, esprimendo altrimenti parere contrario. L'emendamento Polledri 3.1 interviene infatti sul ruolo dell'ICE, il cui supporto tecnico e organizzativo appare invece indispensabile; parimenti, l'emendamento Nieddu 3.2 sopprime la partecipazione di Sviluppo Italia, ugualmente utile. Gli identici emendamenti D'Agrò 3.3 e Nieddu 3.4 recano invece una modifica di carattere formale.

Il sottosegretario Mario VALDUCCI esprime parere conforme a quello del relatore.

Massimo POLLEDRI (LNFP) ritira il proprio emendamento 3.1.

Sergio GAMBINI (DS-U) raccomanda l'approvazione dell'emendamento Nieddu 3.2.

La Commissione respinge l'emendamento Nieddu 3.2.

Bruno TABACCI, presidente, constata l'assenza del presentatore dell'emendamento D'Agrò 3.3; si intende vi abbia rinunciato.

Sergio GAMBINI (DS-U) raccomanda l'approvazione dell'emendamento Nieddu 3.4.

La Commissione respinge l'emendamento Nieddu 3.4.

Enzo RAISI (AN), relatore, invita al ritiro il presentatore dell'emendamento riferito all'articolo 6, esprimendo altrimenti parere contrario: il coinvolgimento delle Camere di Commercio, che l'emendamento Nieddu 6.1. intende sopprimere, appare infatti necessario.


Pag. 52

Il sottosegretario Mario VALDUCCI esprime parere conforme a quello del relatore.

Sergio GAMBINI (DS-U) raccomanda l'approvazione dell'emendamento Nieddu 6.1.

La Commissione respinge l'emendamento Nieddu 6.1.

Enzo RAISI (AN), relatore, invita al ritiro il presentatore dell'emendamento riferito all'articolo 7, esprimendo altrimenti parere contrario: l'emendamento Gambini 7.1. riduce infatti in misura non condivisibile i tempi per l'esercizio della delega per il riordino degli enti operanti nel settore dell'internazionalizzazione.

Il sottosegretario Mario VALDUCCI esprime parere conforme a quello del relatore.

Sergio GAMBINI (DS-U) raccomanda l'approvazione del proprio emendamento 7.1.

La Commissione respinge l'emendamento Gambini 7.1.

Enzo RAISI (AN), relatore, invita al ritiro i presentatori degli emendamenti riferiti all'articolo 9, esprimendo altrimenti parere contrario, poiché tali proposte emendative inciderebbero negativamente sui rapporti tra i vari soggetti coinvolti.

Il sottosegretario Mario VALDUCCI esprime parere conforme a quello del relatore.

Massimo POLLEDRI (LNFP) osserva come la motivazione addotta dal relatore non appaia convincente; il testo dell'articolo 9, introdotto al Senato interviene infatti sullo statuto delle Camere di commercio, modificando le disposizioni in materia di vice presidenti. Si tratta a suo avviso di disposizioni che investono un ambito estraneo alle materie oggetto del provvedimento e che appaiono pertanto discutibili. Dichiara inoltre di ritirare il proprio emendamento 9.3.

Bruno TABACCI, presidente, chiede quali siano le motivazioni di un intervento che interviene sull'assetto istituzionale delle Camere di commercio e se non si ponga un problema di omogeneità di tali disposizioni rispetto al provvedimento.

Il sottosegretario Mario VALDUCCI osserva come si tratti di materia introdotta dall'Assemblea del Senato e non riconducibile alla responsabilità del Governo.

Enzo RAISI (AN), relatore, evidenzia che una attuale modifica dell'articolo 9 significherebbe una ulteriore lettura del provvedimento da parte del Senato, ciò che appare assolutamente sconsigliabile in questa fase, come ha già avuto modo di evidenziare.

Sergio GAMBINI (DS-U) raccomanda l'approvazione del proprio emendamento 9.2.

La Commissione respinge, con distinte votazioni, gli emendamenti D'Agrò 9.1 e Gambini 9.2.

Bruno TABACCI, presidente, avverte che è così esaurito l'esame degli emendamenti. Il testo del provvedimento sarà trasmesso alle Commissioni competenti per l'espressione del prescritto parere.
Rinvia quindi il seguito dell'esame ad altra seduta.

La seduta, sospesa alle 14.20, è ripresa alle 14.45.

DL 281/04 recante modifiche alla disciplina della ristrutturazione delle grandi imprese in stato di insolvenza.
C. 5464 Governo.
(Seguito dell'esame e conclusione).


Pag. 53

La Commissione prosegue l'esame del provvedimento, rinviato nella seduta del 9 dicembre scorso.

Bruno TABACCI, presidente, avverte che è pervenuto da parte della V Commissione Bilancio parere favorevole nella forma del nulla osta. Sono inoltri pervenuti i pareri favorevoli delle Commissioni Affari costituzionali, Giustizia, Trasporti e Politiche dell'Unione europea, mentre il Comitato per la legislazione ha espresso parere favorevole con osservazioni.

Sergio GAMBINI (DS-U) preannuncia il voto di astensione sulla deliberazione del mandato al relatore di riferire all'Assemblea sul provvedimento in esame.

Nessun altro chiedendo di intervenire, la Commissione delibera quindi di conferire il mandato al relatore Gastaldi di riferire in senso favorevole all'Assemblea sul provvedimento in esame. Delibera altresì di chiedere l'autorizzazione a riferire oralmente.

Bruno TABACCI, presidente, si riserva di designare i componenti del Comitato dei nove sulla base delle indicazioni dei gruppi.

La seduta termina alle 14.50.

ATTI DEL GOVERNO

Lunedì 13 dicembre 2004. - Presidenza del presidente Bruno TABACCI.

La seduta comincia alle 14.20.

Schema di decreto legislativo recante il riassetto delle disposizioni in materia di proprietà industriale.
Atto n. 423.
(Seguito dell'esame e rinvio)

La Commissione prosegue l'esame del provvedimento, rinviato nella seduta del 2 dicembre scorso.

Massimo POLLEDRI (LNFP) ricorda che con la legge 12 dicembre 2002, n. 273 - il cosiddetto 'Collegato Mercati' alla legge finanziaria 2003 - il Parlamento aveva attribuito al Governo due deleghe in materia di proprietà intellettuale. Una prima delega, contenuta nell'articolo 16 della legge, concerne l'istituzione di sezioni specializzate in materia di proprietà industriale ed intellettuale, da costituire presso dodici Tribunali e presso le corrispondenti Corti di Appello. Questa delega è stata attuata col decreto legislativo 27 giugno 2003, n. 168, il cui articolo 3 prevede che la competenza per materia delle nuove sezioni riguardi, tra l'altro, i «marchi nazionali, internazionali e comunitari», il «diritto d'autore» e le «fattispecie di concorrenza sleale interferenti con la tutela della proprietà industriale ed intellettuale».
La seconda delega, prevista dall'articolo 15 della legge, riguarda l'adozione, entro diciotto mesi (termine prorogato a due anni dalla legge 28 maggio 2004, n. 136), di «uno o più decreti legislativi per il riassetto delle disposizioni vigenti in materia di proprietà industriale», compreso il diritto d'autore.
La legge delega consente al Governo soltanto di procedere al «coordinamento, formale e sostanziale, delle disposizioni vigenti» a fini di «coerenza giuridica, logica e sistematica». Dunque, tutte le innovazioni che non siano riconducibili a queste specifiche finalità potrebbero essere sindacate per avere ecceduto i limiti della delega e venire quindi dichiarate incostituzionali.
Quanto detto vale in particolare per i primi due commi dell'articolo 134 dello schema di testo unico. Tali disposizioni prevedono, in buona sostanza, che i processi in materia di proprietà industriale e di concorrenza sleale «interferente» con i diritti di proprietà industriale non siano più disciplinati - come avviene attualmente - dalle ordinarie regole previste dal codice di procedura civile (con le sole deroghe specifiche previste in materia di procedimenti cautelari industriali, che vengono mantenute dallo schema di codice):


Pag. 54

bensì prevede che questi processi vengano sottoposti alle norme del decreto legislativo 17 gennaio 2003, n. 5, ossia al cosiddetto 'rito societario'. Questa disposizione innovativa non si giustifica evidentemente né sotto il profilo del «coordinamento, formale e sostanziale, delle disposizioni vigenti», né tanto meno con fini di «coerenza giuridica, logica e sistematica». Anzi, proprio sotto il profilo sistematico, questa disposizione comporta una grave frattura nell'ambito del diritto della proprietà industriale e intellettuale. Infatti, per effetto di essa, mentre i procedimenti giudiziari in materia di marchi, brevetti, segreto industriale e concorrenza sleale «interferente» con questi diritti verrebbero sottoposti al rito societario, le restanti fattispecie di concorrenza sleale e il diritto d'autore continuerebbero a seguire il rito ordinario, con gravi problemi anche pratici (cambiamento di rito) in tutti i casi in cui vi siano controversie connesse tra loro riguardanti queste diverse materie. Questa disposizione sembra quindi configurare una chiara ipotesi di incostituzionalità per eccesso di delega, che potrebbe avere conseguenze gravissime sui processi in questa materia. Inoltre essa appare assolutamente inopportuna: anche perché le esigenze dei processi in materia di diritto industriale (che tra l'altro normalmente comportano lo svolgimento di una consulenza tecnica, e comunque lo svolgimento di attività istruttoria) sono del tutto diverse da quelle della materia societaria (che prevede un processo per lo più documentale). Inoltre, il rito societario prevede (al titolo III, espressamente richiamato dallo schema di Codice) che i provvedimenti resi in esito ad un procedimento cautelare acquistino stabilità, se il relativo giudizio di merito non è promosso da una delle parti entro un certo termine. Viceversa il cosiddetto TRIPs Agreement (cioè l'accordo internazionale concluso in sede WTO che disciplina la materia del diritto della proprietà industriale e intellettuale, fissando alcune norme inderogabili per gli Stati aderenti) prevede all'articolo 50, comma 6, esattamente il contrario: e cioè che le misure cautelari disposte a tutela di diritti di proprietà industriale e intellettuale «cessano di essere efficaci, se una procedura diretta ad una decisione nel merito della controversia non viene iniziata entro un periodo di tempo ragionevole (...) non superiore a 20 giorni lavorativi o a 31 giorni di calendario». L'articolo 134 dello schema di Codice, se mantenuto, comporterebbe quindi un inadempimento dell'Italia a obblighi internazionalmente assunti. Richiama su tali aspetti un recente saggio del professor avvocato Marco Saverio Spolidoro, Ordinario di Diritto commerciale all'Università Cattolica, sede di Piacenza, fortemente critico verso questa disposizione dello schema di Codice.
Oltre a queste, vi sono nello schema di Codice anche varie altre disposizioni di dubbia opportunità e di ancora più dubbia costituzionalità.
Ricorda anzitutto quelle in materia di invenzioni dei dipendenti: anche qui, senza alcuna giustificazione in termini di coerenza e di coordinamento - anzi: mantenendo e accrescendo le disparità di trattamento oggi esistenti - vengono modificate in termini sostanziali le norme oggi vigenti In particolare, la norma in materia di determinazione dell'equo premio di cui all'articolo 64, lungi dall'essere chiarificatrice, introduce alcuni parametri nuovi e diversi da quelli seguiti da una giurisprudenza consolidata, introducendo così un grave elemento di incertezza a danno sia delle imprese, sia dei lavoratori.
Ancora, si può ricordare l'articolo 16, che preclude la possibilità - da sempre riconosciuta nel nostro ordinamento - di modificare il marchio in sede di rinnovazione.
Si può anche menzionare una mancata modifica: l'articolo 44 mantiene per le opere del disegno industriale coperte dal diritto d'autore una durata inferiore a quella di tutte le altre opere protette del diritto d'autore, in contrasto con le prescrizioni di una Direttiva comunitaria (e qui le esigenze di coerenza avrebbero giustificato una correzione della durata,


Pag. 55

del resto prevista in altri casi, come in quello del certificato complementare di protezione).
Vi è infine un ultimo punto che merita di essere segnalato. È stata recentemente varata in sede comunitaria una Direttiva (la cosiddetta Direttiva Enforcement 2004/48/CE), che imporrà di rivedere in modo molto marcato il diritto processuale della proprietà industriale e intellettuale, compresi diritto d'autore e concorrenza sleale. L'attuazione di questa Direttiva imporrà quindi di metter mano in tempi brevi a tutti questi aspetti. Pare dunque senz'altro opportuno stralciare dal Codice le disposizioni processuali, che, come si è visto, sono le più problematiche, rinviandone l'armonizzazione al momento dell'attuazione della Direttiva; e quanto meno di stralciare i richiami al rito societario previsti dal menzionato articolo 134.
Ulteriori osservazioni riguardano diversi articoli.
All'articolo 6 la regola della comunione andrebbe applicata non solo ai titoli, ma anche ai diritti di proprietà industriale.
All'articolo 7 si parla ancora di segni «nuovi» e «atti a distinguere», sovrapponendo la disciplina dei segni idonei a costituire un valido marchio con quella della novità e della capacità distintiva, dettate in altre disposizioni.
All'articolo 8, comma 2, è mantenuta la disposizione che fa salvo il diritto di usare il proprio nome nella ditta prescelta, pur in presenza di un marchio corrispondente altrui. È una disposizione che era stata criticata come un «residuo» già in occasione della riforma del 1992 e si potrebbe quindi pensare di eliminare.
All'articolo 12 comma 1, lettera a) i segni di uso comune sono ancora considerati privi di novità, anziché di capacità distintiva (come nella Direttiva): sarebbe forse il caso di spostare questa disposizione nella norma sulla capacità distintiva; correlativamente andrebbe modificato poi l'articolo 13, comma 2.
All'articolo 12 comma 1, la lettera f) appare sintatticamente scorretta - come l'attuale articolo 17, nel testo introdotto dalla riforma del 1996: parrebbe meglio farne un comma a parte, nello stesso articolo.
All'articolo 13, poiché l'ipotesi in cui un segno è o diviene denominazione generica è evidentemente un caso particolare di mancanza, o di perdita della capacità distintiva, potrebbe essere il caso di aggiungere al comma 1 le parole «in particolare» prima delle parole «quelli costituiti esclusivamente...», nonché, al comma 4, di aggiungere dopo la disgiuntiva «o» la parola «comunque».
All'articolo 21 (limitazioni del diritto di marchio) viene mantenuta l'espressione «non in funzione di marchio»; la Corte di Giustizia europea, tuttavia, ha recentemente ritenuto che l'articolo 6 della Direttiva n. 89/104/CE (cioè la norma corrispondente all'attuale articolo 1-bis, comma 1, lettera m) vada interpretato nel senso che la liceità degli usi del marchio altrui ivi elencati non sia esclusa dal fatto che essi avvengano in funzione di marchio, ma soltanto dalla non conformità agli usi onesti del commercio. Tutta la parte dell'articolo successiva a «correttezza professionale» andrebbe quindi eliminata, o almeno andrebbe eliminato il riferimento alla «funzione di marchio».
All'articolo 22, e poi all'articolo 133 si parla di nomi a dominio «aziendali»; giusta è certamente l'esclusione dei nomi a dominio «civili» dal Codice, ma l'espressione «aziendali» appare troppo limitativa. Suggerirebbe l'uso dell'aggettivo «commerciale», oppure l'aggiunta, dopo «aziendale», delle parole «o usato nell'attività economica» (in coerenza con l'espressione adoperata all'articolo 20).
All'articolo 44 i diritti sulle opere del disegno industriale sono limitati a 25 anni solari dopo la morte dell'autore, in contrasto con la Direttiva n. 93/98/CE (che prevede la durata di settant'anni per tutte le opere protette dal diritto d'autore).
All'articolo 64, comma 3, se si vuole in qualche modo incorporare la «formula tedesca», si dovrebbe quanto meno eliminare l'espressione che fa riferimento alla «retribuzione percepita» (tra l'altro recuperabile indirettamente, attraverso le


Pag. 56

mansioni svolte). La formula «importanza della protezione conferita all'invenzione dal brevetto» è poi ambigua; si chiede pertanto se non si possa pensare di chiarirla scrivendo «importanza dell'invenzione e della protezione ad essa conferita dal brevetto».
All'articolo 64, comma 3, l'utilizzo del termine «impresa» appare preferibile all'attuale «azienda privata» - che però ritorna all'articolo 64 comma 6 - ma sarebbe forse ancor meglio utilizzare l'espressione «...nel campo di attività del datore di lavoro, quest'ultimo ha il diritto di opzione» così ricomprendendo anche l'ipotesi disciplinata dal vigente articolo 34 della legge n. 3/57 - che potrebbe pertanto essere abrogato, eliminando anche il riferimento ad esso contenuto nell'articolo 65. Rileva comunque che la formulazione attuale è in contraddizione con quella del comma 6, che, richiamando i commi 1, 2 e 3, fa espresso riferimento a «azienda privata o amministrazione pubblica».
All'articolo 64, comma 4, la previsione dell'obbligatorietà dell'intervento degli arbitratori - al di là della sua possibile illegittimità costituzionale - presenta un problema pratico, perché rischia di raddoppiare i tempi del processo. Non appare inoltre chiaro quando possano adire gli arbitratori, se dopo la sentenza definitiva o anche solo dopo quella di primo grado. Sembrerebbe opportuno prevedere la facoltatività del ricorso agli arbitratori (sostituendo le parole: «può provvedere anche» con le seguenti: «provvede»), o almeno prevedere espressamente una formulazione quale: «Il collegio può essere adito anche in pendenza del giudizio di accertamento della sussistenza del diritto all'equo premio, al canone o al prezzo; in tal caso, tuttavia, l'esecutività della sua decisione è subordinata a quella della sentenza che definisce tale giudizio».
Si è già detto circa l'articolo 65. Occorrerebbe perlomeno eliminare quanto disposto dall'articolo 24-bis, come la disciplina della comunione (diversa da quella generale civilistica richiamata dall'articolo 6, che prevede solo una presunzione di eguaglianza delle quote) e il «diritto gratuito, non esclusivo, di sfruttare l'invenzione e i diritti patrimoniali ad essa connessi, o di farli sfruttare da terzi, salvo il diritto spettante all'inventore di esserne riconosciuto autore», che potrebbe essere sostituito da: «i diritti patrimoniali connessi all'invenzione, salvo il diritto dell'inventore a ricevere la quota di proventi a lui spettante ai sensi del comma 3».
All'articolo 125, al fine di adeguarsi alla direttiva n. 2004/48/CE, occorre modificare il secondo periodo nei termini seguenti: «Il risarcimento è determinato dal giudice tenendo conto di tutti gli aspetti pertinenti, quali le conseguenze economiche negative, compreso il mancato guadagno del titolare del diritto leso, i benefici realizzati illegalmente dall'autore della violazione e, nei casi appropriati, elementi diversi da quelli economici, come il danno morale arrecato al titolare del diritto dalla violazione. In caso di liquidazione equitativa del danno, il lucro cessante è determinato in un importo non inferiore a quello dei canoni che l'autore della violazione avrebbe dovuto pagare qualora avesse ottenuto una licenza dal titolare del diritto leso».
Anche con riferimento all'articolo 134, commi 1 e 2, ha già avuto modo di esprimersi. Aggiunge solo che, oltre che in contrasto con l'articolo 50 del TRIPs Agreement, la mancata previsione di un onere per il ricorrente nell'instaurare il giudizio di merito è in contrasto anche con le prescrizioni degli articoli 7, comma 3, e 9, comma 5, della Direttiva n. 2004/48/CE.
Con riguardo poi agli articoli 144 e 146 sulla pirateria, questi sembrano di difficile applicazione: la definizione di tali atti come «contraffazioni e usurpazioni di altrui diritti di proprietà industriale realizzate dolosamente in modo sistematico» comporta infatti rilevanti problemi di accertamento. È condivisibile quanto proposto da INDICAM di applicare questo apparato sanzionatorio a tutte le violazioni di diritti di proprietà industriale - e, almeno in questo caso,


Pag. 57

anche intellettuale - senza distinzioni. In subordine, si potrebbe pensare di definire la pirateria come «violazioni di diritti di proprietà industriale e intellettuale realizzate mediante copie sostanzialmente identiche dei prodotti originali», come proposto dal professor Marco Ricolfi: il che ne renderebbe più agevole l'accertamento da parte delle Autorità amministrative, non più chiamate a valutare dolo e sistematicità.
Sempre con riferimento all'articolo 146, infine, appare ragionevole il suggerimento di INDICAM di prevedere al comma 2, in luogo del meccanismo attuale, che Prefetti e Sindaci possano disporre anche d'ufficio ai sensi dell'articolo 13, comma 2, della legge n. 689/81, il sequestro della merce contraffatta e sottoporla alla procedura di distruzione prevista dall'articolo 17, comma 4, del D.P.R 571/82, osservandone la relativa procedura e con obbligo di trarne e conservarne adeguata aliquota campione. Il comma 3 potrebbe essere conseguentemente soppresso.

Bruno TABACCI, presidente, nessun altro chiedendo di intervenire, rinvia il seguito dell'esame ad altra seduta.

La seduta termina alle 14.45.

AVVERTENZA

I seguenti punti all'ordine del giorno non sono stati trattati:

SEDE CONSULTIVA

Ratifica del Trattato che adotta una Costituzione per l'Europa
C. 5388 Governo

DELIBERAZIONE DI RILIEVI SU ATTI
DEL GOVERNO

Schema di decreto legislativo recante recepimento della direttiva 96/61/CE, relativa alla prevenzione e riduzione integrate dell'inquinamento
Atto n. 431.