XII Commissione - Marted́ 9 novembre 2004


Pag. 128

ALLEGATO 1

Nuove norme in materia di separazione dei coniugi e affidamento condiviso dei figli (Testo unificato C. 66 ed abb.).

PROPOSTA ALTERNATIVA DI PARERE DEI DEPUTATI ZANOTTI, BOLOGNESI, LABATE, GALEAZZI, GIACCO, BATTAGLIA E VALPIANA

La XII Commissione Affari Sociali,
esaminato per le parti di competenza il testo unificato della proposta di legge C. 66 e abb. recante «Nuove norme in materia di separazione dei coniugi e affidamento condiviso dei coniugi»;
premesso che:
l'ordinamento attuale relativo ai giudizi di separazione e cessazione degli effetti civili del matrimonio contempla varie tipologie dell'affidamento dei figli (monogenitoriali, congiunto, alternato) e questo sembrerebbe garantire la necessaria flessibilità nell'individuare di volta in volta il modello più idoneo; tuttavia, i dati dimostrano che la soluzione dell'affidamento ad un solo genitore riguarda ancora la stragrande maggioranza dei si e, fra questi, oltre l'80 per cento dei giudizi si conclude con l'affidamento alla madre;
è opportuno che il legislatore si preoccupi di diffondere maggiormente nella cultura sociale e nella giurisprudenza l'affermazione del diritto del minore a mantenere un rapporto equilibrato e continuativo con ambedue i genitori, individuando nuove opportunità per favorire il coinvolgimento e la responsabilità di entrambi i genitori separati nella crescita del figlio;
il nostro ordinamento, peraltro, considera essenziale e prioritario che le norme che riguardano l'infanzia salvaguardino e promuovano sempre il superiore interesse del minore e che questo interesse debba essere ricercato concretamente in ogni decisione giudiziale;
il principio dell'interesse del minore deve costituire, pertanto, il criterio orientativo prevalente degli accordi che i genitori consensualmente o congiuntamente raggiungono in caso di separazione, legale o di fatto, o di divorzio, nonché del giudice chiamato a pronunciarsi per gli stessi casi;
l'interesse del minore può essere bene realizzato mantenendo un suo armonico rapporto con entrambe le figure parentali e, pur tuttavia, nella realtà esso può non coincidere con la parità di posizione dei genitori separati nella gestione del rapporto con i figli;
detta mancanza di coincidenza è stata finora attentamente considerata dal diritto positivo nazionale e internazionale. Specificatamente, infatti, la Convenzione ONU del 20 novembre 1989, ratificata dall'Italia, prevede, all'articolo 9, comma 3, che il diritto del fanciullo a mantenere relazioni personali e contatti diretti con entrambi i genitori vale se non è contrario al suo superiore interesse. Più di recente, la Carta Europea dei Diritti Fondamentali, adottata a Nizza, afferma che «Ogni bambino ha diritto di intrattenere regolarmente relazioni personali e contatti diretti con i due genitori, salvo quando ciò sia contrario al suo interesse»;
appare, pertanto, indispensabile, nella scrittura di nuove norme, mantenere


Pag. 129

saldamente ancorato il diritto del minore alla c.d. bigenitorialità alla valutazione della corrispondenza, nel caso concreto, di detto diritto con il suo interesse;
il testo in esame non assume l'interesse del minore come criterio prioritario per valutare la praticabilità, nel caso concreto, dell'affidamento condiviso. Non si può infatti ritenere che l'interesse del minore coincida con l'assenza di un pregiudizio;
lo stesso testo rende particolarmente rigido il regime di affidamento condiviso, senza affiancare la possibilità di disporre diversamente ove l'interesse del minore lo esiga e pur in assenza dei presupposti per la decadenza o sospensione della potestà;
da tale impostazione rigida derivano altre disposizioni del testo che, anziché offrire opportuni interventi correttivi delle disposizioni vigenti e supportare la decisione dei genitori e del giudice anche con strumenti stragiudiziali e volontari, intendono conseguire per forza le condizioni dell'affidamento condiviso;
in particolare ciò riguarda la previsione di un unico regime di mantenimento dei figli, il cd. mantenimento in forma diretta. Tale modalità è difficilmente praticabile e, per tutelare il genitore, finisce per rendere del tutto incerto - e quindi non esigibile - il diritto del minore ad essere mantenuto. Infatti, il mantenimento in forma diretta, previa perequazione dei redditi dei genitori, così come descritto, lascia nell'astrattezza il dovere di ciascun genitore di impegnare una quota del reddito per il figlio e rischia, in molti casi, di contabilizzare detto impegno in una negoziazione quotidiana che può favorire il conflitto o inasprirlo quando già esiste;
per quanto riguarda la mediazione familiare, l'articolo 709-bis c.p.c., introdotto dal testo in esame, non rispetta l'importante funzione che la mediazione familiare può svolgere perché rende obbligatorio per i coniugi il passaggio a un centro di mediazione-passaggio che è previsto come condizione dell'azione giudiziaria;
il carattere di riservatezza e di volontarietà della mediazione è così negato dal testo in esame, che la snatura riducendola a una pratica formale ma inevitabile;
il testo, inoltre, non affronta il problema del numero esiguo dei servizi pubblici di mediazione familiare attualmente esistenti e della mancanza di una indicazione generale degli standard a cui deve rispondere una nuova professione finora non regolata. Occorre ricordare che i giudizi di separazione e di divorzio sono esenti da oneri economici processuali e non è accettabile che il costo della mediazione familiare gravi sulla coppia, essendo per di più individuata come passaggio ordinamentale che precede l'azione giudiziaria;
le disposizioni di attuazione offrono la possibilità di applicare il nuovo regime anche alle situazioni già definite. Fermo restando il fatto che questa possibilità sarebbe già prevista dall'articolo 710 cpc., ribadirlo con una norma specifica può sollecitare la messa in discussione di moltissimi casi che verrebbero riaperti solo in nome dell'approvazione della nuova legge: un moltiplicatore di insicurezza per i minori che hanno trovato, negli anni, una stabilità emotiva anche attraverso abitudini consolidate;
esprime

PARERE FAVOREVOLE

con le seguenti condizioni:
1) Il testo, in tutti i passaggi, assuma l'interesse del minore come criterio prioritario, ovvero come la regola per individuare di volta in volta i modelli più idonei e non come l'eccezione per derogare a soluzioni precostituite;
2) si mantenga in capo al giudice la possibilità di decidere il mantenimento diretto in modo non vincolato, in tutti i


Pag. 130

casi in cui si possano garantire in maniera chiara e definita gli obblighi di ciascuno riguardo ai figli e quando ciò sia concretamente praticabile nell'organizzazione familiare senza inasprire un eventuale conflitto fra i genitori che può ripercuotersi sui minori;
3) siano chiariti i criteri per l'assegnazione della casa familiare, per non incorrere nel rischio di arrecare pregiudizio alla tranquillità del minore coinvolgendolo in un pendolarismo che lo privi di punti di riferimento;
4) il percorso di mediazione familiare venga offerto alla coppia come opportunità e non come obbligo;
5) al primo comma dell'articolo 155 c.c. sia espressamente previsto che il mantenimento dei rapporti del minore con le figure ivi indicate è tutelato «ove ciò corrisponda al suo interesse»;
6) al secondo comma dell'articolo 155 c.c. sia previsto che il giudice prende atto degli accordi dei genitori «qualora corrispondano agli interessi dei figli» e non invece «se non palesemente contrari agli interessi dei figli»;
7) al quarto comma dell'articolo 155 c.c., siano soppresse le parole «in forma diretta» per non prestabilire un'unica forma di mantenimento che può rivelarsi inopportuna e non praticabile;
8) al quarto comma dell'articolo 155 c.c. si sostituisca la lettera c) con la seguente: «c) i tempi e le modalità con cui ciascun genitore deve prendersi cura di loro»;
9) il primo comma dell'articolo 155-bis c.c., introdotto dal testo in esame, sia sostituito con il seguente: «Il giudice può affidare il figlio a un solo genitore qualora ritenga che l'affidamento condiviso non corrisponda all'interesse del minore»;
10) all'articolo 155-ter c.c., introdotto dal testo in esame, sia specificato l'interesse del minore alla stabilità della residenza come criterio per l'assegnazione della casa familiare;
11) non sia previsto l'obbligo per i coniugi di allegare alla domanda di separazione la certificazione del passaggio presso il centro o la concorde dichiarazione, così come previsto all'articolo 709-bis c.p.c., introdotto dall'articolo 2 del testo in esame;
12) sia soppresso l'articolo 3 concernente disposizioni penali, perché vincolando alla mancata corresponsione di tre mensilità l'azione penale ex articolo 570 c.p. nei fatti limita ulteriormente 1'esperibilità di detta azione;
13) al comma 1 dell'articolo 4, concernente disposizioni di attuazione, sia espressamente stabilito che il ricorso ex articolo 710 c.p.c. per l'applicazione della legge è ammesso «salvo che sia contrario all'interesse del minore».


Pag. 131

ALLEGATO 2

Nuove norme in materia di separazione dei coniugi e affidamento condiviso dei figli (Testo unificato C. 66 ed abb.).

PROPOSTA ALTERNATIVA DI PARERE DEL DEPUTATO MAURA COSSUTTA

La XII Commissione Affari Sociali,
esaminato per le parti di competenza il testo unificato della proposta di legge C. 66 e abb. recante «Nuove norme in materia di separazione dei coniugi e affidamento condiviso dei figli»;
rilevato che:
la possibilità di accedere all'affido congiunto è attualmente prevista dalla legge 1o dicembre 1970, n. 898, come modificata dalla legge 6 marzo 1987, n. 74, laddove all'articolo 2 si prevede che «Ove il tribunale lo ritenga utile all'interesse dei minori, anche in relazione all'età degli stessi, può essere disposto l'affidamento congiunto o alternato»;
l'articolo 155 del codice civile, nel testo vigente, prevede che «Le decisioni di maggiore interesse per i figli sono adottate da entrambi i coniugi. Il coniuge cui non sono affidati i figli ha il diritto dovere di vigilare sulla loro istruzione ed educazione»;
il supremo interesse del minore deve costituire il principio ispiratore della legislazione sul tema della separazione dei coniugi e che la certezza delle relazioni genitoriali, secondo recenti studi della moderna neuropsichiatria infantile, costituisce motivo di un corretto processo di crescita del bambino il cui sviluppo deve essere caratterizzato dalla continuità delle relazioni parentali nonché dalla determinazione di relazioni definite e determinate tra i genitori;
nel testo in esame vi è espressa la tendenza ad una maggiore tutela degli interessi degli adulti in luogo di quella dei figli minori imponendo, nei fatti, una soluzione unica, denominata affido condiviso, a contesti che variano a seconda delle relazioni tra le persone ed i rapporti con i figli e che necessitano di soluzioni diverse siano esse di affido monogenitoriale o di affido congiunto;
la giurisprudenza costante ha evidenziato la possibilità di pervenire ad un affido condiviso solo nei casi in cui vi sia accordo tra i coniugi, in assenza, dunque, di situazioni conflittuali, e che tale eventualità prevista dalla normativa vigente presupponga un'età evoluta dei figli minori, omogenei stili di vita tra i genitori, la sussistenza di abitazioni vicine tra i coniugi, una generale attitudine degli stessi nei confronti degli accordi sottoscritti e che in assenza di tali elementi la conflittualità tra i coniugi è destinata a rimanere elevata ed a richiedere continui ricorsi all'autorità giudiziaria, aumentando così il disagio dei figli minori;
l'articolo 1 del provvedimento in esame, che novella l'articolo 155 del codice civile, prevede al comma 2 che i genitori presentino al giudice obbligatoriamente un progetto di affido condiviso allegato alla domanda di separazione e che tale previsione è suscettibile di prolungare i tempi relativi alle procedure di separazione nel caso in cui non vi sia accordo tra i coniugi; la permanenza del disaccordo tra i coniugi, inoltre, e l'impossibilità di presentare, unitamente alla domanda di separazione,


Pag. 132

anche il progetto di affidamento condiviso potrebbero precludere alla coppia la possibilità di presentare la domanda di separazione non essendo in questo senso sufficientemente chiaro il testo proposto dalla Commissione di merito;
al secondo comma, secondo periodo, dello stesso articolo 155 c.c. si prevede l'intervento del giudice, solo nel caso in cui i coniugi non pervengano ad un accordo, per stabilire la misura e il modo con cui ciascuno di essi debba contribuire al mantenimento, alla cura, all'istruzione ed all'educazione dei figli, venendo a perdersi in tal modo la centralità dell'interesse primario del minore che deve essere tutelato dal legislatore anche nel caso di accordo tra i coniugi; di qui la necessità di prevedere comunque l'intervento del giudice quale garante dell'interesse superiore del minore anche nel caso di accordo tra i coniugi, laddove, il progetto educativo dei genitori dovrebbe comunque essere sempre vagliato dall'autorità giudiziaria, quale momento di maggiore garanzia per il corretto sviluppo delle relazioni genitoriali dei figli minori;
al quarto comma dello stesso articolo 155 c.c. si prevede la forma di mantenimento diretto, con una formulazione suscettibile di interpretazioni diverse tra le parti, prevedendo il passaggio al mantenimento indiretto solo dopo ripetuti inadempimenti e solo dopo un successivo giudizio di modifica delle condizioni, cosa che può arrecare grave pregiudizio al minore rischiando di aumentare la conflittualità dei coniugi nella gestione delle spese quotidiane laddove la forma di mantenimento indiretto, attualmente previsto, richiama comunque i coniugi al dovere di mantenimento della prole in maniera chiara e definita;
al comma 2 dell'articolo 1, volto ad inserire l'articolo 155-ter c.c. relativo alla assegnazione della casa familiare, non si fissa un criterio preciso, con il rischio che si finisca per attribuirla ad un coniuge solo tenendo conto della proprietà o di altri diritti sulla stessa, rischiando in tal modo di arrecare grave pregiudizio alla tranquillità dei minori, eliminando il principio ora esistente secondo cui per l'assegnazione della abitazione familiare si deve tenere preferibilmente conto della convivenza prevalente del minore con uno dei due genitori;
l'articolo 2 del testo unificato in esame, nell'introdurre nuove disposizioni nel codice di procedura civile, prevede l'obbligo, in tutti i casi di disaccordo tra i coniugi, di ricorrere, preliminarmente alla presentazione del ricorso per la separazione, ad un centro di mediazione familiare. In proposito, è noto che la mediazione familiare può essere efficace solo nei casi in cui sia liberamente scelta dalla coppia; inoltre, la mancata definizione della figura del mediatore familiare, al momento non disciplinata dal nostro ordinamento, rende problematico anche il ricorso a tale prestazione da parte dei coniugi, laddove risulta incerta la natura pubblica o privata (ed in questo secondo caso i coniugi sarebbero anche obbligati a sostenere le spese della consulenza) dei centri richiamati dal testo in esame. Tale obbligo di passaggio preliminare ad un centro di mediazione, l'insufficiente e non uniforme presenza di tali centri sul territorio, risultano essere elementi che rischiano di allungare ulteriormente i tempi per la presentazione della domanda di separazione, in contrasto con il principio costituzionale del diritto di ognuno a ricorrere in giudizio per la tutela dei propri diritti;
l'articolo 4, al comma 1, nel disporre l'applicazione di diritto delle norme recate dal provvedimento in esame anche alle sentenze già emesse e passate in giudicato - ipotesi già prevista all'articolo 710 c.p.c. - potrebbe destabilizzare situazioni consolidate nel corso del tempo, rischiando di riaprire situazioni di instabilità soprattutto per i figli minori oltre che di creare notevole disagio nel sistema giudiziario;
esprime

PARERE CONTRARIO