Martedì 9 marzo 2004. - Presidenza del presidente Gustavo SELVA. - Interviene il sottosegretario di Stato per gli Affari esteri, Alfredo Luigi Mantica.
La seduta comincia alle 12.10.
Istituzione di una commissione parlamentare di inchiesta sulle cause del conflitto iracheno e sul coinvolgimento del Governo italiano.
La Commissione prosegue l'esame, rinviato, da ultimo, il 3 marzo scorso.
Giuseppe NARO (UDC) reputa necessario verificare i presupposti giuridici e quelli di fatto che sottostanno alle proposte di legge in esame, considerato che l'Italia non è un Paese belligerante rispetto al conflitto iracheno e che le linee di azione del Governo italiano in merito al sostegno da fornire alle forze angloamericane impegnate nel conflitto sono state definite dal Consiglio Supremo di difesa, come già illustrato dal rappresentante del Governo nelle seduta del 25 febbraio 2004.
Alberto MICHELINI (FI) ricorda che le vicende che hanno condotto negli Stati Uniti e in Gran Bretagna all'istituzione di commissioni di inchiesta sulla presenza di armi di distruzione di massa in Iraq sono di natura molto diversa rispetto alla situazione italiana. Ritiene che le proposte di legge in esame presentino un carattere «velleitario», posto che non sono a disposizione dell'istituenda commissione strumenti
concreti per accertare le motivazioni che hanno indotto gli esecutivi statunitense e britannico ad intervenire in Iraq. Ribadisce che l'Italia non è un Paese belligerante e che la presenza del nostro Paese in Iraq è attualmente quanto mai cruciale, data la situazione di emergenza vissuta dal Paese e il quadro attuale da cui emergono le connessioni esistenti fra Saddam Hussein e il terrorismo internazionale.
Gian Paolo LANDI di CHIAVENNA (AN) fa rimarcare la sensibile differenza esistente fra la posizione dell'Italia in quanto Paese non belligerante e quella di Gran Bretagna e Stati Uniti, Paesi nei quali sono state istituite Commissioni di inchiesta sui temi oggetto delle proposte di legge in esame.
Cesare RIZZI (LNFP) ritiene che la presentazione delle proposte di legge in esame risponda a esigenze squisitamente politiche, provenienti dal centro-sinistra e dirette a mettere in difficoltà il Governo.
Ramon MANTOVANI (RC) da quanto emerso finora, constata il fatto che la Commissione si avvia a bocciare le proposte di legge in esame, che non sono volte - precisa - a ingerirsi nelle vicende politiche interne a Gran Bretagna e Stati Uniti, ma sono dirette ad accertare il ruolo del Governo italiano nella vicenda relativa alle informazioni concernenti la presenza di armi di distruzione di massa in Iraq, nonché le cause che hanno condotto al conflitto.
di Saddam Hussein; in seguito tali argomentazioni si sono trasformate nel richiamo alla necessità di abbattere una feroce dittatura. Si domanda in tal caso per quale motivo non si proceda militarmente anche contro molti altri Paesi del mondo dominati da dittature antidemocratiche. Ricorda infine che le più recenti argomentazioni addotte a giustificazione della guerra in Iraq hanno fatto riferimento all'esigenza di costruire una nuova democrazia nel Paese: stigmatizza perciò questo atteggiamento della maggioranza tendente a mutare avviso continuamente in merito alle motivazioni addotte per il conflitto iracheno, anche secondo quanto successivamente dichiarato, in maniera spesso contraddittoria, dallo stesso Presidente del Consiglio e dal Ministro degli esteri.
Gian Paolo LANDI di CHIAVENNA (AN) precisa che le imprese fornitrici di armi di distruzione di massa cui fa riferimento il deputato Mantovani erano di nazionalità tedesca e francese, ma non statunitense.
Ramon MANTOVANI (RC) nel ribadire che invece tali imprese erano anche statunitensi, ritiene che nella questione relativa allo scoppio del conflitto iracheno abbia operato una vera e propria montatura internazionale, cui il nostro Paese ha partecipato: è pertanto legittimo che il Parlamento italiano indaghi su tali vicende, come peraltro sarebbe stato necessario in molte altre occasioni, per esempio in ordine ai fatti che ebbero luogo in occasione del vertice G-8, svoltosi a Genova nel 2001. Anche in questo caso vi fu, a suo avviso, una regia internazionale degli
eventi, sulla quale sarebbe opportuno che il Parlamento acquisisse maggiore chiarezza.
Edmondo CIRIELLI (AN) nell'esprimere il proprio rammarico riguardo al fatto che l'opposizione utilizzi alcune argomentazioni strumentali su un tema di particolare rilevanza e delicatezza a livello mondiale, quale quello del conflitto in Iraq, per conseguire risultati in termini di politica interna e per condurre una battaglia antiamericana e antioccidentale, ritiene che tutto ciò non giovi alla credibilità e alla serietà dell'immagine del nostro Paese sulla scena internazionale, non favorisca una sana alternanza politica sui temi della politica estera, né contribuisca alla formazione di una opinione pubblica più matura.
Gustavo SELVA, presidente relatore, a conclusione della discussione generale testé svolta, conferma il suo avviso contrario in merito alle proposte di legge in esame, ritenendo che gli elementi informativi che l'istituenda commissione di inchiesta dovrebbe acquisire siano già nella disponibilità del Parlamento.
Parlamento, smentisce decisamente questa ipotesi, ribadendo il fatto che una istituenda commissione di inchiesta non può assumere compiti che non è in grado di svolgere, quali quelli previsti dalle proposte di legge in oggetto.
La seduta termina alle 13.40.
C. 4054 Folena e C. 4687 Folena.
(Seguito dell'esame e rinvio).
A differenza di quanto avviene in Gran Bretagna e negli Stati Uniti, ritiene pertanto che manchino i presupposti di base per istituire una commissione di inchiesta sul tema in oggetto.
In ordine alla vicenda relativa al traffico di uranio arricchito proveniente dal Niger, è dell'opinione che gli accertamenti relativi ad un eventuale coinvolgimento dei servizi di intelligence italiani siano di competenza del Comitato parlamentare per i servizi di informazione e sicurezza.
In conclusione ritiene che l'istituzione di una commissione di inchiesta sulle cause del conflitto in Iraq, nei termini formulati dalle proposte di legge in esame, rischi di creare una situazione di disagio per l'Italia a livello internazionale, o di apparire un tentativo di delegittimare l'azione dei governi statunitensi e britannico.
Richiama la missione in Iraq dell'inviato speciale del Segretario generale delle Nazioni Unite, Brahimi, a testimonianza del fatto che anche le Nazioni Unite, in questo particolare frangente, incontrano delle difficoltà nello svolgimento dei propri compiti.
In merito all'utilizzo delle infrastrutture italiane da parte delle forze militari statunitensi, ricorda che tale uso è stato espressamente regolato dal Consiglio supremo di Difesa.
Nel salutare positivamente l'elaborazione di una nuova istituzione irachena, fa riferimento alle enormi difficoltà che sussistono per una rapida ricostruzione della democrazia in Iraq, considerato che, nel caso dell'Italia dell'immediato secondo dopoguerra, ad esempio, fu necessario un consistente lasso di tempo dal termine della guerra per elaborare una nuova costituzione.
Ricorda il ruolo attivo di ricostruzione e l'azione fortemente impegnata a livello umanitario, nonché il ruolo pacificatore che il nostro Paese sta attualmente svolgendo a favore dell'Iraq, pur non portando alcuna responsabilità diretta nell'intervento militare.
Non capisce perché l'opposizione, con le proposte di legge in esame, voglia ad ogni costo mutuare dalla Gran Bretagna e dagli Stati Uniti iniziative quali l'istituzione di una commissione d'inchiesta sulla vicenda delle armi di distruzione di massa, se non per fini politici strumentali, data la diversità della posizione italiana rispetto a quella britannica e americana.
In merito all'esistenza di armi di distruzione di massa in Iraq, si dichiara certo del fatto che Saddam Hussein le avesse nella propria disponibilità, poiché le ha utilizzate contro il popolo curdo: le notizie giunte ai servizi di intelligence angloamericani e provenienti da esuli iracheni erano evidentemente un motivo sufficientemente valido ed obiettivo per presupporre l'esistenza di tali armi.
A suo giudizio, le ispezioni condotte in Iraq dagli ispettori delle Nazioni Unite per accertare la presenza nel Paese di armi di distruzione di massa non hanno sortito risultati soddisfacenti poiché gli ispettori non sono stati posti in condizione di lavorare adeguatamente a questo fine. Si domanda perciò per quale motivo Saddam Hussein si sia opposto all'azione degli ispettori delle Nazioni Unite, intralciandone continuamente l'attività e indirizzando le loro ispezioni solo su certe aree del territorio iracheno.
Alla luce di queste considerazioni, ritiene che nella vicenda relativa alla presenza di armi di distruzione di massa in Iraq sussistano ad oggi ancora molti elementi di perplessità, che non risultano sufficientemente chiariti dalle proposte di legge in esame, con le quali evidentemente non si è inteso procedere ad una ricostruzione fattuale obiettiva degli eventi che hanno preparato il conflitto iracheno.
Pertanto la presentazione delle proposte di legge in esame è certamente da connettere, a suo giudizio, alle difficoltà che il centro-sinistra sta attraversando in merito alla posizione da assumere sul sostegno al contingente militare italiano in Iraq, oggetto del decreto-legge 20 gennaio 2004, n. 9, da poco esaminato dalle Commissioni III e IV: l'opposizione tenterebbe infatti in tal modo di distrarre l'attenzione dell'opinione pubblica dalla spaccatura esistente al suo interno su questa specifica questione politica.
In particolare, cita le dichiarazioni del deputato Folena, rese nel corso del dibattito sulle proposte di legge in esame e relative alla volontà degli esecutivi statunitense e britannico di determinare, con l'intervento militare in Iraq, un mutamento di regime: a suo avviso, non vi sarebbe in ciò nulla di censurabile, data la forte instabilità politica preesistente nell'area e considerata l'opera attiva svolta da Saddam a sostegno del terrorismo internazionale, anche sfruttando l'appoggio dei Paesi limitrofi.
In questo quadro, l'intervento militare angloamericano e l'appoggio fornito dal Governo italiano vanno interpretati come un'azione positiva finalizzata alla stabilizzazione dell'intera area mediorientale, contestualmente agevolando anche il processo di pace in Medioriente.
La necessità del conflitto iracheno è scaturita dalla gravità dell'attacco sferrato l'11 settembre 2001 alla più importante democrazia del mondo, anche a prescindere dall'eventuale esistenza di armi di distruzione di massa in Iraq, posto che, come ritiene di aver ampiamente dimostrato con il suo intervento, non poteva esserci la certezza della non esistenza di tali armi.
La guerra in Iraq era perciò, a suo giudizio, amaramente necessaria, ma i suoi effetti positivi in senso geopolitico si intravedono sin d'ora, ad esempio nel rinnovato dialogo internazionale con la Libia.
Nell'associarsi al giudizio del relatore sulle proposte di legge in oggetto e sull'assenza di una responsabilità del nostro Paese nell'intervento bellico in Iraq, ribadisce lo strumentalismo con cui il centro-sinistra intende utilizzare il dibattito sulle citate proposte di legge come un escamotage per uscire da una generale situazione di difficoltà politica. Nel censurare tale atteggiamento, che definisce subdolo e puerile, ribadisce come non sussistano, a suo avviso, né i presupposti di natura tecnico-procedurale, né quelli politici per proseguire l'esame delle proposte di legge in oggetto.
Rileva come i soggetti su cui la commissione di inchiesta dovrebbe indagare non sono sufficientemente definiti. Nel ricordare poi incidentalmente che il nostro contingente militare presente in Iraq ha finalità eminentemente umanitarie e pacificatorie, fa presente che in occasione dell'invio di un contingente militare italiano nei Balcani nel corso della scorsa legislatura, il Governo, allora guidato dal centro-sinistra, non ritenne di informare preventivamente il Parlamento.
Anche alla luce di tali fatti, il suo gruppo politico si dichiara fermamente contrario all'istituzione di una commissione di inchiesta sulle cause del conflitto in Iraq, poiché ritiene che tale commissione si troverebbe a svolgere un'indagine su questioni interne di Paesi stranieri, rispetto ai quali non ha alcun potere giudiziario.
Censura ancora una volta l'incoerenza politica manifestata dalle attuali forze di opposizione, che all'epoca del Governo D'Alema non solo sostennero l'invio di un contingente militare italiano nei Balcani, ma lo fecero anche nell'assenza di un preventivo mandato parlamentare.
A tale proposito, ricorda che le argomentazioni usate dalla maggioranza per sostenere l'intervento angloamericano in Iraq riguardavano specificamente, in un primo momento, il possesso di armi di distruzione di massa da parte del regime
A suo giudizio poi le dichiarazioni del Presidente Bush sulle informazioni provenienti dal nostro Paese in merito ad un presunto traffico di uranio arricchito sono di per sé un elemento sufficiente per istituire una commissione di inchiesta. Fa presente inoltre che in questa sede non è in discussione la missione militare italiana in Iraq, così come non sono pertinenti molte delle osservazioni addotte dalla maggioranza nel corso del dibattito odierno.
Nel rilevare la grande utilità dello strumento della commissione di inchiesta per esercitare un giusto controllo sull'operato del Governo e degli apparati che da esso dipendono, avanza il dubbio che la maggioranza possa essere eccessivamente preoccupata dai risultati conclusivi che l'attività della istituenda commissione dovesse conseguire.
Nel concordare con le osservazioni del deputato Rizzi in merito all'intervento militare italiano nei Balcani, si attenderebbe dallo stesso deputato una dichiarazione di maggiore coerenza politica, rispetto alla posizione decisamente contraria assunta dal deputato Rizzi e dal suo gruppo politico in occasione del citato intervento in Kossovo.
Per quanto riguarda la propria personale posizione di coerenza politica, ricorda di aver votato contro numerose missioni militari, fra cui quella in Albania: a proposito dell'Albania, in particolare, fa presente di avere in passato proposto l'istituzione di una commissione di inchiesta volta ad indagare sulla nota vicenda delle piramidi finanziarie, che precipitò l'Albania in una grave crisi politica ed economica. A suo giudizio, i proventi illeciti derivanti da tale vicenda confluirono nella disponibilità di alcune banche italiane: anche in tale occasione il Governo dell'epoca ebbe a negare l'istituzione di una commissione di inchiesta per indagare su tali fatti, nonostante sussistessero forti sospetti di complicità e di coinvolgimento dello stesso Governo nei tentativi volti a tacitare la vicenda e a nascondere i fatti, motivo per cui vi erano, a suo giudizio, sufficienti ragioni per procedere ad un'inchiesta parlamentare.
Osserva che la disponibilità e il possesso di armi di distruzione di massa da parte di Saddam Hussein erano ben noti a livello internazionale, poiché tali armi furono ad esempio usate contro il popolo curdo: tuttavia è anche risaputo che tali armi furono fornite da grandi imprese di fabbricazione straniere, originarie dei Paesi che poi hanno condotto l'intervento.
In conclusione ribadisce che, nel respingere le proposte di legge volte ad istituire una commissione di inchiesta sulla delicata vicenda irachena, la Commissione intende opporsi all'esercizio di una fondamentale funzione parlamentare, tentando così di ledere una essenziale prerogativa del Parlamento.
Rileva come, anche se la questione relativa alla presenza di armi di distruzione di massa in Iraq è da considerare un elemento centrale nel dibattito sull'opportunità dell'intervento militare angloamericano, tuttavia ancora oggi non è possibile avere un pieno controllo del territorio iracheno, tale da consentire la verifica della presenza di tali armi.
Nel ricordare come per molto tempo l'Italia e l'Europa abbiano delegato parte dei compiti concernenti la propria difesa militare agli Stati Uniti, fa presente che dall'11 settembre 2001 gli Stati Uniti si trovano in guerra e pertanto l'attacco militare all'Iraq risponde ad una strategia globale di lotta contro il terrorismo, il cui primo passo è stato compiuto contro l'Afghanistan.
Il Governo italiano peraltro ha sempre svolto in questo ambito un prezioso ruolo di mediazione fra il mondo arabo e il tradizionale alleato americano: il suo gruppo non ritiene che il Governo porti altri tipi di responsabilità, con riferimento allo scoppio del conflitto iracheno. Aggiunge poi che il Governo svolge, in particolare oggi, un ruolo moderatore e pacificatore fondamentale per garantire la futura ricostruzione democratica dell'Iraq.
L'intervento militare in Iraq aveva una sua legittimità politica, ancor prima che giuridica, e i risultati positivi dello stesso si colgono anche in considerazione della sensibile attenuazione degli attentati terroristici compiuti nel territorio di Paesi occidentali successivamente allo scoppio del conflitto.
In merito alle dichiarazioni del Presidente del Consiglio sulla presenza di armi di distruzione di massa in Iraq, citate dal deputato Mantovani, precisa che tali dichiarazioni, come specificato successivamente dallo stesso Presidente del Consiglio, erano rese a titolo esclusivamente personale, pur nella specificità del ruolo di chi le rendeva.
Sull'azione intrapresa dal Governo italiano a sostegno dell'intervento militare angloamericano, ricorda che le linee direttrici di tale sostegno furono preventivamente definite dal Consiglio supremo di difesa, in un documento a cui, come già emerso nel corso del dibattito, il Governo italiano si è scrupolosamente attenuto.
In merito al presunto traffico di uranio arricchito preveniente dal Niger, è dell'opinione che l'accertamento di un eventuale coinvolgimento dei servizi di informazione italiani sia di stretta competenza del Comitato parlamentare per i servizi di informazione sicurezza e per il segreto di Stato.
Quanto all'accusa mossa dal deputato Mantovani che la Commissione intenda, nel bocciare le proposte di legge in esame, ledere una fondamentale prerogativa del
In conclusione, si riserva di rimettere alla prossima riunione dell'Ufficio di Presidenza, integrato dai rappresentanti dei gruppi, della Commissione, prevista per domani mattina, la definizione delle modalità relative all'ulteriore iter del provvedimento.
Rinvia pertanto il seguito dell'esame ad altra seduta.