Schema di decreto legislativo recante riforma dell'imposizione sul reddito delle società. Atto n. 281.
Simulazione microeconomia.
Premessa metodologica.
La Commissione, nel corso del suo approfondito esame delle stime formulate con riferimento alla Riforma fiscale, riconosce - nel complesso - la sostanziale correttezza della metodologia utilizzata nella relazione tecnica.
Peraltro, a fronte di tale importante riconoscimento, la stessa Commissione chiede chiarimenti sia in via generale che in merito a singole fattispecie.
La richiesta principale, di carattere generale, riguarda l'esplicitazione dei dati quantitativi e delle informazioni tratti dalle basi dati utilizzate, al fine dì consentire una verifica puntuale delle varie quantificazioni proposte. A tale riguardo si può osservare:
1. La simulazione - rectius, l'insieme delle (n) simulazioni effettuate, come indicato in sede di Relazione tecnica - costituisce un insieme coordinato e il risultato di un processo che, nel suo iter, ha utilizzato ed integrato diverse basi dati. In sede di Relazione tecnica la metodologia utilizzata è stata esplicitata per quanto possibile, sia nel suo insieme che con riferimento alle singole modifiche. Tuttavia si evidenzia che solo la disponibilità contemporanea - nell'ambito della simulazione microeconomica dell'imposta sul reddito delle società - delle 10 basi dati ha consentito il positivo riscontro, in capo ad ogni contribuente (società di capitali od ente commerciale), dei singoli interventi, all'interno di una prospettiva unitaria e coordinata;
2. Peraltro, in sede di richieste di chiarimenti su alcuni singoli provvedimenti, si è proceduto a fornire informazioni e dati aggiuntivi, fermo restando quanto osservato al punto 1;
3. Con riferimento, inoltre, alla richiesta di chiarimenti sui dati utilizzati, (pag. 7) ai fini della valutazione delle variazioni di reddito per gli esercizi successivi al 2002, si precisa che tali valutazioni sono state effettuate utilizzando le informazioni e lo scenario macroeconomico disponibili al momento della definitiva predisposizione delle stime, con specifico riferimento a quanto indicato in sede di DPEF presentato dal Governo nel luglio 2003. I nuovi dati programmatici contenuti nella Nota di variazione al DPEF 2004-2007 e nella RPP per il 2004 evidenziano una aspettativa di crescita del PIL nominale nel triennio 2003-2005 inferiore di circa 0,5 punti percentuali rispetto al quadro programmatico esposto nel DPEF di luglio. Peraltro, come anche indicato nella R.T., in sede di stima delle variazioni congiunturali del reddito dei contribuenti si è tenuto conto delle più importanti operazioni di ristrutturazione societaria che hanno avuto effetti fiscali a partire dal 2002. In quanto di competenza del periodo di imposta 2002, gli eventuali effetti negativi in termini di gettito da autotassazione, per il Bilancio dello Stato (entrate correnti), si sono esplicati nel corso del
2003, sotto forma di minore saldo IRPEG 2002 ed acconto IRPEG 2003. Si rammenta, infine, che le stime espresse sono sempre indicative di variazioni, di imposta dovuta/a credito, e non di importi assoluti e che la limitata riduzione, delle aspettative di crescita, se da un lato può ridurre il recupero di gettito atteso, ad esempio, dalla abolizione della DIT oppure del credito di imposta sui dividendi, dall'altro limita sia la perdita di gettito derivante dal consolidato nazionale e mondiale, a causa della potenziale minore capienza di un reddito positivo, che quella derivante dalla trasparenza, per il minore reddito imputata ai singoli soci ed ivi tassato con una aliquota IRPEF media inferiore rispetto al quella IRES. Pertanto, anche nel caso in cui fossero stati disponibili al tempo della definitiva predisposizione delle stime i dati della nota di aggiornamento del DPEF 2004-2007, non si ritiene che le variazioni rispetto alle stime effettuate sarebbero state significative.
4. Per quanto riguarda le disposizioni in materia fiscale introdotte con il decreto-legge n. 269/2003, si evidenzia che tale provvedimento è successivo al decreto legislativo di Riforma del Sistema Fiscale. In sede di predisposizione della relazione tecnica a tale provvedimento si è, peraltro, tenuto conto delle modifiche introdotte dalla Riforma fiscale, ancorché previste a partire dal periodo di imposta 2004, quali l'aliquota IRPEG (IRES) al 33 per cento o l'abolizione della DIT.
Soppressione del credito di imposta sui dividendi distribuiti da società ed enti commerciali (pag. 18).
La commissione mette in evidenza la rilevanza degli effetti ascritti alla norma; chiede al Governo chiarimenti in merito a possibili oneri per gli enti locali ed a possibili distribuzioni anomale di dividendi.
Possibili oneri per gli enti locali.
Con specifico riferimento alle conseguenze in capo agli enti locali, si può osservare quanto segue:
il credito di imposta (ordinario) sui dividendi relativo agli utili, percepiti dai comuni, distribuiti dalle società che gestiscono i servizi pubblici locali può essere utilizzato (solo) in compensazione nel modello di versamento unificato F24, a partire dal 1o gennaio 2002: fino al 31 dicembre 2001 i comuni potevano usufruire - in compensazione - del credito di imposta solo relativamente ai dividendi distribuiti dalle ex aziende municipalizzate (speciali) trasformatesi in società. In ogni caso non si da luogo a rimborso, per la parte eventualmente eccedente gli altri tributi e contributi a debito indicati nel modello F24 stesso;
l'abolizione, in via generale, del meccanismo del credito di imposta sui dividendi fa effettivamente venire meno, per i comuni, un meccanismo sostanzialmente agevolativo. Tale meccanismo, infatti, consente a tali soggetti, in quanto in via generale non soggetti passivi IRPEG ai sensi dell'articolo 88 co. I T.U.I.R e quindi impossibilitati ad utilizzare tale credito di imposta in sede di dichiarazione, il recupero della IRPEG pagata dalla società di gestione dei servizi pubblici locali per la quota da essi posseduta, e non si limita ad impedire solo una doppia tassazione, essendo i dividendi netti percepiti non assoggettati ad IRPEG. Si tratta, in sostanza, di una abolizione di una agevolazione piuttosto che di un effettivo aggravio fiscale;
tutto ciò premesso, in base ai dati del modello F24 l'ammontare di credito di imposta sui dividendi utilizzato in compensazione da parte dei comuni e destinato a venire meno in seguito alla riforma è stato pari a circa 4,6 milioni di euro nel 2001, 24,7 milioni di euro nel 2002 ed a quasi 27 milioni di euro a tutto ottobre 2003.
Distribuzioni anomale di dividendi.
L'attribuzione del credito d'imposta limitato consente al percettore del dividendo di utilizzare tale credito solo fino a concorrenza dell'Irpef o dell'ires dovute sul dividendo stesso (maggiorato del credito). Di conseguenza il credito, limitato non può essere portato in diminuzione delle imposte gravanti su altri redditi, né si può trasformare in un credito riportabile a nuovo o da chiedere a rimborso. In considerazione delle descritte caratteristiche non sembra che la distribuzione anomala di dividendi negli ultimi mesi del 2003 possa comportare alcun effetto sostanziale sulle entrate tributarie, anche in considerazione: a) di quanto previsto dal decreto-legge 269/2003 (così come ricordato dallo stesso Servizio Bilancio); b) delle previsioni relative al gettito Irpeg per l'anno 2004 che già tengono conto di questi fattori. Peraltro, come evidenziato dalla stampa specializzata e da autorevoli associazioni (quali l'Assonime), è anche Venuto meno l'interesse e il vantaggio economico dei contribuenti a procedere a tali distribuzioni anomale di utili.
Dividendi di fonte estera (pag. 20).
La modifica normativa del trattamento dei dividendo compresi quelli attualmente tassati al 40 per cento, è stata stimata nella sua interezza su ciascun contribuente e, quindi, tenendo conto sia degli incrementi che dei decrementi di gettito. In particolare per i dividendi esteri è stato utilizzato l'importo indicato nel rigo RF42 della dichiarazione dei redditi (che rappresenta il 60 per cento dei dividendi stessi), opportunamente ridotto di due terzi (per tenere conto dell'estensione, a partire dal 2002, del regime della «Madre-Figlia» anche agli Stati della «white list», pagg. 14 e 15 della R.T.). Sulla base di tale valore è stata quantificata la perdita di gettito conseguente alla modifica della tassazione dei dividendi da partecipazioni di collegamento (che è passata - come detto - dal 40 per cento del loro ammontare al 5 per cento). La descritta perdita di gettito è compresa nella quantificazione del paragrafo «Parziale tassazione dei dividendi» di pagg. 22 e 23 della Relazione Tecnica. Tale quantificazione, pertanto, rappresenta un «saldo» tra il recupero di gettito conseguente alla parziale imposizione (5 per cento) dei dividendi percepiti (un tempo forniti di credito di imposta), e la perdita per la esclusione dalla imposizione del 35 per cento sui dividendi esteri fuori della «white list».
Utili esteri distribuiti da società non collegate (pag. 22).
1) Fattori di possibile sottostima.
La quantificazione è stata effettuata sulla base della situazione antecedente alla Riforma del diritto societario (i dati sono quelli della dichiarazione Unico 2002). I dividendi esteri con le nuove disposizioni sono tutti (tranne quelli provenienti dai cosiddetti «paradisi fiscali») soggetti a tassazione nella misura del 5 per cento. Pertanto si è trattato di stimare gli effetti complessivi sul gettito, partendo dalle soglie di collegamento esistenti anteriormente alla Riforma del diritto societario. Per i dividendi che sono (attualmente) tassati nella misura del 40 per cento è stata utilizzata la metodologia micro-economica, in quanto il dato è disponibile per ciascun contribuente. Per i dividendi che sono (attualmente) tassati integralmente - non avendo dati puntuali - è stata effettuata una valutazione macro-economica, partendo dai dati fiscali e di bilancio disponibili (che sono quelli del periodo d'imposta 2001). In questo contesto non sembra, dunque, che possa assumere alcuna rilevanza la modifica della soglia di collegamento prevista dalla Riforma del diritto societario che entrerà in vigore contemporaneamente alla Riforma del sistema fiscale (ossia dal 2004).
2) Fattori di possibile sovrastima.
La quantificazione delle conseguenze in termini di gettito derivanti dalla riduzione della aliquota IRES (ora IRPEG) dal 34 per cento al 33 per cento sono stati stimati in capo ad ogni contribuente, su tutto il reddito imponibile dichiarato: tale reddito imponibile, pertanto, comprende altresì eventuali dividendi esteri percepiti distribuiti da società non collegate. Ne consegue che l'osservazione della Commissione, relativa ad una possibile, modesta, sovrastima della perdita di gettito (4 milioni di euro), per la parte attribuibile alla riduzione della aliquota stimata con dati macro, appare fondata.
Contrasto all'utilizzo fiscale della sotto capitalizzazione (pag. 25).
La quantificazione è stata effettuata su ciascun contribuente, ma in maniera forfettaria (ossia non rispetto alla posizione di ciascun singolo socio) e, dunque, contiene inevitabilmente - rispetto al singolo - elementi di sovrastima e di sottostima. Tuttavia la presenza di finanziamenti erogati o garantiti dai soci presuppone necessariamente che la compagine sociale sia ristretta e che i soci qualificati siano la totalità o la quasi totalità di tutti soci (con la conseguenza che la fattispecie prospettata appare piuttosto residuale).
Le ipotesi forfettarie impiegate sono, peraltro, dirette a tenere conto del fatto che i contribuenti adotteranno vari comportamenti per evitare l'applicazione della norma nei loro confronti. Le precedenti disposizioni emanate al fine di contrastare la sotto capitalizzazione hanno, del resto, sempre prodotto un gettito inferiore alle attese. La stima ha, dunque, tenuto conto della descritta situazione per una valutazione della norma che possa ritenersi complessivamente congrua, anche se inevitabilmente imprecisa sul singolo contribuente.
Indeducibilìtà delle minusvalenze realizzate (pag. 27).
L'ipotesi di partecipazioni che, pur costituendo immobilizzazioni finanziarie; non abbiano i requisiti per l'esenzione appare del tutto residuale ed è stata forfettariamente stimata nella riduzione di un quarto della voce di bilancio in esame. Per quanto attiene al campione di imprese del rapporto Mediobanca, appare opportuno rilevare che lo stesso è stato utilizzato in varie occasioni e che - in mancanza di altre basi dati - appare la fonte più attendibile. D'altra parte il numero di aziende considerate e la loro dimensione costituisce un campione sufficientemente ampio sotto l'aspetto statistico.
Deducibilità degli ammortamenti, delle rettifiche di valore e degli accantonamenti non imputati a conto economico (pag. 32).
Il disinquinamento fiscale del bilancio interessa determinate tipologie di costi che sono riconosciuti ai fini fiscali secondo criteri forfettari. La Riforma fiscale prevede che questi costi siano deducibili anche se non imputati a conto economico, purché si provveda a darne evidenza in apposito prospetto da allegare alla dichiarazione dei redditi e a condizione che il conseguente utile civilistico, non tassato, sia mantenuto nella società e non venga distribuito ai soci. Tra i costi determinati fiscalmente in modo forfettario la voce che ha la maggiore rilevanza quantitativa è quella degli ammortamenti anticipati. Nella stima operata sono state applicate apposite percentuali di riduzione per tenere conto dei seguenti fenomeni:
1) nella dichiarazione dei redditi il campo ammortamenti anticipati ha una valenza meramente informativa e non incide in alcun modo sul calcolo delle imposte. Dall'esperienza pluriennale maturata nell'elaborazione delle dichiarazioni dei redditi è sempre emerso che i campi che non hanno rilevanza sulla quantificazione
delle imposte presentano una percentuale di compilazione inferiore agli altri campi. Di conseguenza appare necessario tenere conto di questo aspetto per non avere una sovrastima dei valori;
2) la normativa attualmente in vigore già consente di dedurre gli ammortamenti anticipati senza il preventivo transito al conto economico, purché il relativo importo sia accantonato in apposita riserva del patrimonio netto. Pertanto, la Riforma non comporta sensibili differenze applicative rispetto alle disposizioni vigenti e, dunque, si potrebbe anche ritenere che la modifica non abbia alcuna incidenza sulle entrate tributarie (viene meno la necessità che l'assemblea dei soci deliberi un vincolo su una riserva del patrimonio netto, ma corrispondentemente si obbliga il contribuente a compilare un apposito prospetto di raccordo da allegare alla dichiarazione dei redditi). Appare, quindi, ragionevole ritenere che vi possa essere solo una qualche maggiore propensione all'utilizzo degli ammortamenti anticipati (i motivi che - già oggi - inducono molti contribuenti a non sfruttare l'agevolazione in esame, non sono certo superati dalla nuova normativa). Il discorso si pone, invece, in modo diverso all'interno dei gruppi, in quanto si ritiene che il consolidamento dei redditi imponibili delle società che vi partecipano, induca la capogruppo a massimizzare le opportunità fiscali fino a concorrenza del reddito complessivo del gruppo stesso. Ciò giustifica le diverse percentuali applicate nelle stime;
3) per quanto attiene agli altri costi forfettari si confermano le precisazioni già contenute nella Relazione Tecnica, anche in considerazione del loro modesto ammontare complessivo.
Valutazione dei crediti e dei debiti in valuta estera (pag. 35).
Non sono disponibili informazioni specifiche sulla composizione dei crediti e dei debiti in valuta delle imprese italiane con particolare riferimento alla quota iscritta tra le immobilizzazioni e la quota iscritta nell'attivo circolante. Tuttavia è opportuno rilevare che solo i dediti possono concretamente essere iscritti tra le immobilizzazioni del bilancio. Pertanto l'eventuale minusvalenza avrebbe ad oggetto crediti iscritti nelle immobilizzazioni (ipotesi che dovrebbe riguardare solo crediti commerciali e crediti infragruppo a lunga scadenza e altre casistiche minori) che hanno avuto una diminuzione durevole di valore. Ne segue che il rischio di perdita di gettito appare piuttosto circoscritte, mentre le maggiori entrate per il venire meno della possibilità di iscrivere il fondo rischi di cambio si ritiene che siano di entità decisamente maggiore. Comunque, in mancanza di dati attendibili, si è preferito non iscrivere alcuna variazione di gettito.
Tassazione per trasparenza nelle società di capitali (pag. 39).
1) La Relazione Tecnica ha stimato gli effetti sul gettito della norma relativa alla trasparenza societaria sulla base della interpretazione della stessa contenuta nella Relazione illustrativa, la quale precisa che le perdite della società partecipata relative ad esercizi precedenti a quello di opzione riducono il reddito formatosi in capo alla predetta società nel periodo di tassazione per trasparenza e, dunque, il reddito attribuito per trasparenza è quello al netto delle predette perdite (la Relazione illustrativa chiarisce che l'imputazione riguarda il reddito imponibile). La stima contenuta nella Relazione Tecnica, pertanto, in coerenza con la interpretazione della Relazione illustrativa, ha tenuto conto delle predite pregresse della società partecipata e non presenta, quindi, elementi di sovrastima del minore gettito.
2) Nella Relazione Tecnica si è tenuto conto della disposizione, contenuta nell'articolo 116, che vieta la trasparenza qualora la partecipata abbia optato per il consolidato. Pertanto, se è la partecipante che ha optato per il consolidato e non la partecipata (perché ad esempio la quota di
possesso - anche in conseguenza della demoltiplicazione - non raggiunge il limite previsto per legge), la quota - ai fini della stima - è stata comunque attribuita alla partecipante e, poi, inclusa nel consolidato di gruppo. Si è, pertanto, espressamente tenuto conto della fattispecie ipotizzata.
Opzione per trasparenza fiscale delle società a ristretta base azionaria (pag. 44).
In merito alle osservazioni relative alla opzione per trasparenza fiscale delle società a ristretta base azionaria, si precisa che negli archivi di base utilizzati per le elaborazioni di simulazione e descritti nella relazione tecnica, sono compresi anche i dividendi non qualificati distribuiti a persone fisiche che esercitano attività di impresa. Tuttavia, data la verificata non rilevanza quantitativa di tali casi, non è stata necessaria la loro considerazione nella valutazione complessiva della variazione di gettito. Non sussistono pertanto effetti di sottostima della perdita di gettito.
Consolidato nazionale (pag. 48).
La richiesta principale, anche in considerazione della considerevole importanza della stima di perdita di gettito ascritta al provvedimento, riguarda l'esplicitazione dei dati quantitativi. A tale riguardo si può osservare:
sulla base dei risultati delle elaborazioni effettuate e della metodologia utilizzata, emerge chiaramente il potenziale di perdita di gettito per l'Erario connesso alla possibilità, per i gruppi, di procedere al «consolidato nazionale», ricorrendone le condizioni. Infatti, a fronte di circa 65.000 società che si stima partecipino al consolidato di gruppo, quasi il 22 per cento (circa 14 mila) presentano, per il 2004, un imponibile negativo (prima del consolidamento) che rappresenta quasi il 65 per cento dell'imponibile negativo complessivamente dichiarato dai contribuenti società di capitali ed enti commerciali, mentre il reddito imponibile positivo delle circa 18.500 singole entità legali partecipanti al consolidato nazionale con imponibile positivo rappresenta circa il 60 per cento dell'imponibile positivo complessivo;
in conseguenza del consolidato nazionale, come anche indicato in sede di R.T., circa 10 miliardi di Euro di imponibile negativo nel 2004 potranno trovare compensazione, all'interno del gruppo, in un imponibile positivo;
con riferimento alla possibilità di duplicazioni di perdita di gettito rispetto alle quantificazioni effettuate in relazione all'articolo 100 del TUIR, si evidenzia che tale possibilità non sussiste. In sede di determinazione della perdita di gettito complessivamente derivante dal consolidato nazionale, infatti, si è tenuto conto anche dei maggiori ammortamenti anticipati ed accantonamenti operati dalle società del gruppo che non hanno trovato capienza nel reddito della singola unità legale e che quindi sono stati trasferiti in capo all'imponibile complessivo consolidato del gruppo(1), per una perdita di gettito ulteriore pari a quasi 100 milioni di Euro (compresa negli effetti complessivi del consolidato nazionale) rispetto a quella indicata nella R.T. con specifico riferimento alle singole entità legali, prima del consolidamento.
(1) Come peraltro indicato nella R.T., al paragrafo 1.2.4, «Determinazione dell'imponibile e della imposta», punto 1.b.
Con riferimento, inoltre, alle possibili sovrastime e sottostime della perdita di gettito, si può osservare:
Non sembra sussistere alcuna sottostima della perdita di gettito conseguente alla opzione per il consolidamento anche delle società con partecipazione inferiore al 50 per cento in quanto:
1. La norma espressamente consente l'opzione per il consolidato nazionale alle controllate al cui capitale ed al cui utile la controllante partecipa, direttamente
od indirettamente, per una percentuale superiore al 50 per cento: nel calcolo della percentuale di controllo si deve altresì tenere conto della eventuale demoltiplicazione introdotta dalla catena di controllo;
2. Una apposita disposizione, d'altro canto, - la trasparenza societaria di cui all'articolo 116 del nuovo T.U.I.R. - consente alle società facenti parte di un gruppo (rectius, con una percentuale di partecipazione agli utili non inferiore al 10 per cento), ma non rientranti nel consolidato nazionale, di compensare, sia pure pro-quota, redditi e perdite. Questa disposizione è stata stimata compiutamente ed in maniera separata da quella relativa al consolidato nazionale. Circa i rapporti tra trasparenza societaria e consolidato, si rinvia a quanto indicato nella R.T. e nella presente nota (cfr. supra).
Non sussiste, altresì, alcuna sovrastima della perdita di gettito conseguente alla rettifica operata per escludere la quota imponibile (5 per cento) dei dividendi intragruppo in quanto tale esclusione (rectius, la loro non imputazione) è stata operata precedentemente, solo al momento di calcolare le conseguenze in termini di gettito derivanti dalla parziale concorrenza alla determinazione del reddito imponibile dei dividendi percepiti, con esclusione di quelli intragruppo. Il riferimento ai dividendi distribuiti dalle società controllate(2) serve a chiarire che l'imponibile consolidato è al netto della quota imponibile dei dividendi distribuiti dalle società controllate, dividendi che in realtà, successivamente alla stima della abolizione del credito di imposta sui dividendi, non hanno mai concorso alla formazione del reddito.
(2) Come indicato nella R.T. al paragrafo 1.2.4, «Determinazione dell'imponibile e della imposta», punto 1.a.
Infine, con riguardo alla metodologia ed alla quantificazione, in termini di perdita di gettito, contenuta nella relazione tecnica della legge delega, si evidenzia la notevole differenza della base dati utilizzata. Infatti, anche prescindendo dalle differenze in termini di determinazione dell'imponibile delle singole entità legali e dalle specificazioni circa l'ammissibilità alla opzione, l'archivio utilizzata (al tempo disponibile), relativo ai gruppi che nel periodo di imposta 1999 avevano deciso - o erano nelle condizioni - di utilizzare l'IVA di gruppo, era formato da meno di 5.000 società, facenti parte di circa 900 gruppi, laddove il nuovo archivio, ricavato dall'elaborazione dell'universo dei gruppi civilistici ed integrato con dati esterni, è composto da quasi 65.000 società. Così come già evidenziato in sede di Relazione Tecnica, è stato effettuato un lavoro teso ad integrare gli archivi disponibili al fine di costruire una base dati che fosse la più affidabile possibile rispetto alla presunta composizione dei gruppi a decorrere dall'esercizio 2004.
Disciplina degli enti non commerciali (pag. 50 e seguenti).
A) Dividendi da partecipazioni qualificate:
In merito all'inclusione nel reddito dell'ente non commerciale dei dividendi da partecipazioni qualificate per il 40 per cento del loro ammontare, la Commissione osserva che le relazione tecnica non fornisce informazioni quantitative sufficienti a verificare la correttezza detta stima.
Per la risposta a tale osservazione si rimanda al paragrafo introduttivo del presente documento.
C) Plusvalenze da partecipazioni qualificate:
In merito all'inclusione nel reddito degli enti non commerciali delle plusvalenze da partecipazioni qualificate per il 40 per cento del loro ammontare, la Commissione osserva che la relazione tecnica non fornisce informazioni quantitative sufficienti a verificare la correttezza della stima.
Per la risposta a tale osservazione si rimanda al paragrafo introduttivo del presente documento.
D) Riduzione dell'aliquota IRES dal 34 per cento al 33 per cento:
In merito alle osservazioni relative alla riduzione dell'aliquota ordinaria IRES degli enti non commerciali dal 34 per cento al 33 per cento, si precisa che la valutazione della perdita di gettito per l'anno 2005 non presenta significative variazioni rispetto a quella dell'anno 2004. Infatti essa viene riproposta nella tabella riassuntiva finale con un importo identico a quello del 2004.
Per quanto riguarda il riferimento al mantenimento dell'aliquota agevolata, si precisa che tale aliquota, già prevista dalla normativa vigente per determinate categorie di enti non commerciali, è stata considerata, nella simulazione, per gli stessi soggetti che ne godono in base alla normativa vigente. L'aliquota è stata però ricalcolata, come riportato nella relazione tecnica, in base al suo rapporto percentuale con l'aliquota ordinaria.
Istituzione della Tonnage Tax (pag. 55).
La Commissione chiede al Governo chiarimenti in merito alle ipotesi formulate nella Relazione Tecnica circa l'applicazione della Tonnage Tax, le quali potrebbero determinare effetti di sottostima del minor gettito.
A tale riguardo si può osservare:
a) in riferimento alla possibilità che una distribuzione motto differenziata del reddito imponibile potrebbe determinare una diversa convenienza all'esercizio dell'opzione, si rileva che tale eventualità è naturalmente possibile; come d'altra parte dimostra la nota esemplificativa (n. 60 di pag. 56), e quindi si concorda sulla possibilità di un rischio per l'erario, ma la scelta di considerare la stima su tutte le società con reddito positivo risponde essenzialmente alla opportunità di considerare quale ulteriore componente positivo di gettito anche la possibile, nonché non quantificabile ma auspicabile, attrazione verso il Registro Internazionale italiano di naviglio che negli ultimi anni è migrato presso registri di altri paesi, effetto che del resto rappresenta la ratio sottostante l'introduzione del nuovo sistema di tassazione agevolativa del naviglio italiano; inoltre da informazioni apprese da associazioni di categoria (Confitarma) risulta che la stima effettuata improntata su criteri di prudenzialità per quanto concerne il numero delle possibili adesioni al nuovo sistema di tassazione;
b) una seconda osservazione riguarda la possibilità che anche società in perdita possano avere la convenienza ad applicarsi la Tonnage Tax qualora gestiscano più navi, dì cui alcune strutturalmente in attivo ed altre in passivo, in questo caso l'esercizio dell'opzione limitatamente alle prime avrebbe l'ulteriore effetto di aumentare le perdite riportabili a nuovo.
La Relazione Tecnica, nel procedere alla stima ha assunto, seppur non esplicitato chiaramente nella norma, che la scelta dell'opzione debba intendersi all in-all out, così come recepito nelle legislazioni dei principali paesi europei che adottano la Tonnage Tax, come ad esempio l'Inghilterra e l'Olanda, o, per l'adozione dello stesso principio nel cosiddetto «Consolidato Mondiale», previsto nel decreto, il quale prevede l'ingresso opzionale ma simultaneo delle imprese straniere nel consolidato, sia quelle in utile sia quelle in perdita.
D'altra parte, dai dati fiscali disponibili, non è possibile assegnare imponibili alle singole navi, e quindi, nella consapevolezza di un possibile errore di stima, si è considerato un rendimento mediamente omogeneo;
c) relativamente alla corretta osservazione che il dato utilizzato per la stima, e cioè le imprese con reddito imponibile positivo nel 2001, potrebbe essere sottostimato per effetto della operatività per metà esercizio della Tremonti-bis, si è verificato l'impatto effettivo del reddito
agevolato sulla condizione reddituale di ognuna delle imprese che ha dichiarato perdite nel 2001. Alla verifica dei dati su ogni singola impresa, il risultato è stato giudicato non significativo e comunque compreso nell'alea insita nella stima;
d) per quanto riguarda infine l'osservazione sulla possibile duplicazione della perdita di gettito stimata per la riduzione dell'aliquota dal 34 per cento al 33 per cento di 0,4 milioni di euro, si evidenzia che nella parte della Relazione Tecnica che stima la perdita di gettito per il complesso delle società soggette a Irpeg, le società ritenute interessate all'applicazione della Tonnage Tax non sono state considerate.
Credito di imposta per i redditi prodotti all'estero (pag. 58).
Le osservazioni formulate dalla Commissione appaiono fondate. In effetti la parziale esenzione dei dividendi esteri comporta anche una riduzione nella misura del credito per le imposta pagate all'estero recuperabile in diminuzione dall'imposta dovuta in Italia. Da tale osservazione e dall'altra, relativa ai soggetti in perdita, dovrebbe derivare un effetto positivo sul gettito atteso (rispetto agli effetti stimati in sede di Relazione Tecnica).
Abolizione della DIT (pag. 70).
La Commissione ipotizza la sussistenza di elementi di sottostima degli effetti di gettito. A tale riguardo si può osservare:
il reddito ai tini DIT indicato nella R.T. è quello che risulta dalla stima del reddito effettivamente utilizzabile nel 2004 e nel 2005 (nel quadro RN). Per la sua determinazione sono stati considerati in capo ad ogni contribuente, così come indicato anche in sede di RT, tutti gli elementi che possono concorrere alla formazione di tale reddito agevolato, comprese eventuali incapienze od eccedenze;
quanto alla concreta stima del recupero di gettito conseguente, si evidenzia che tale importo è costituito da un differenziale di imposta dovuta fa credito tra due scenari. Ne consegue che il recupero di gettito, in realtà, tiene altresì conto di altri elementi: ad esempio l'abolizione della DIT, qualora determini un aumento dell'aliquota di tassazione, comporta anche una modifica (incremento) nell'ammontare del credito di imposta limitato utilizzabile a scomputo dell'Irpeg dovuta (in quanto, con l'aumento dell'aliquota, si incrementa l'imposta che grava sui dividendi che tale credito hanno attribuito). Pertanto, in questa ipotesi, è stata considerata la limitata riduzione della imposta netta connessa al maggiore utilizzo del credito limitato, che incide - riducendolo - sul recupero astrattamente attribuibile alla sola tassazione con aliquota piena del reddito DIT;
nella quantificazione del recupero di gettito si è inoltre espressamente tenuto conto dei contribuenti che usufruiscono della aliquota DIT «superridotta» del 7 per cento;
circa il recupero di gettito stimato con riferimento alla DIT determinata in capo alle società di persone, si ritiene che il caso in cui la persona fisica, socio percettore di un reddito di impresa positivo a contabilità ordinaria - tale, dunque, da consentire l'imputazione di una quota di reddito ai fini DIT - abbia anche un altro reddito d'impresa ma di segno negativo, appare residuale e tale da non inficiare, nel complesso, la stima esposta. In ogni caso la ridotta percentuale di aliquota media utilizzata per stimare il recupero di gettito IRPEF cerca di tenere tonto della soglia di esenzione.
Abrogazione dell'imposta sostitutiva di cui al decreto legislativo n. 358 del 1997 (pag. 75).
La Commissione ipotizza la sussistenza di un tasso di conversione - da operazione di cessione di azienda ad operazione configurata
come cessione di partecipazioni - in misura superiore a quanto indicato nella RT (20 per cento) e tale da causare una riduzione del gettito superiore a quanto stimato.
A tale riguardo si può osservate che il tasso utilizzato può essere, nel complesso, ritenuto congruo, alla luce delle seguenti considerazioni:
è sicuramente da escludere che sia solo la variabile fiscale a governare la scelta tra cessione di partecipazioni e cessione di azienda. Il cessionario assume - senza dubbio - minori rischi nel porre in essere un acquisto di azienda rispetto ad uno di partecipazioni. Infatti in base all'articolo 2560 del codice civile «nel trasferimento di una azienda commerciale risponde dei debiti... anche l'acquirente dell'azienda, se essi risultano dai libri contabili obbligatori». Pertanto, in molti casi, non è affatto detto che il cessionario sia disposto ad accettare una operazione di trasferimento di attività produttive come cessione di partecipazioni piuttosto che come cessione di azienda. In particolare, come appena chiarito, l'acquisto di una azienda non espone il cessionario al rischio che, dopo l'operazione, emergano debiti non risultanti dalle scritture contabili, come invece si verifica in caso di acquisto della società. Appare, dunque, evidente che in tutte le ipotesi in cui il risparmio fiscale non sia particolarmente rilevante (e, dunque, significativo lo sconto che il venditore può riconoscere all'acquirente), il cessionario non avrà alcun interesse a trasformare l'acquisto di azienda in acquisto di partecipazioni. Inoltre, anche quando il risparmio sia rilevante, la trasformazione della natura dell'operazione presuppone che il venditore sia in condizione di offrire all'acquirente adeguate garanzie per i maggiori rischi che si assume;
porre in essere una cessione di partecipazioni in sostituzione di una cessione di azienda non sempre comporta un vantaggio fiscale e, anche quando vi è un risparmio, spesso questo è di modesta entità. Il trasferimento di azienda comporta la tassazione della plusvalenza realizzata, tuttavia (nella maggior parte dei casi) la stessa è rateizzabile in cinque esercizi ai fini Ires e (in ogni caso) non è soggetta ad Irap. L'acquirente, d'altra parte, ha il riconoscimento dei maggiori valori dell'azienda e può conseguentemente dedurre i relativi ammortamenti sia ai fini Ires che ai fini Irap. In caso di cessione di partecipazioni, invece, la plusvalenza non è imponibile in capo al cedente, ma corrispondentemente l'acquirente non ha il riconoscimento fiscale dei maggiori valori dell'azienda (e perde, dunque, la deduzione degli ammortamenti). Se il periodo di ammortamento dei beni che compongono l'azienda non è particolarmente lungo, il vantaggio nel trasferire partecipazioni al posto di aziende è nullo o molto basso (senza considerare il caso in cui il cedente abbia perdite fiscali da utilizzare in diminuzione della plusvalenza realizzata).
Disposizione transitoria - proroga del termine di cui all'articolo 6 del decreto legislativo n. 358 del 1997 (pag. 79).
Le operazioni di fusione che verranno realizzate antro il 30 aprile 2004 al fine di ottenere il riconoscimento fiscale gratuito del disavanzo riguardano in misura significativa anche acquisizioni di partecipazioni per le quali in passato non si era proceduto alla fusione stessi in capo all'acquirente. Ossia si tratta di tutte quelle operazioni pregresse per le quali il 30 aprile 2004 rappresenta il termine ultimo per usufruire del disposto di cui all'articolo 6 del decreto legislativo n. 358 del 1997.
La descritta situazione ha indotto a ritenere che, essendo trascorsi alcuni anni dall'originario acquisto della partecipazione, sia più probabile che il disavanzo di fusione venga civilisticamente iscritto quale avviamento anziché ad incremento del valore dei beni dell'incorporata. Ne segue che, essendo l'ammortamento dell'avviamento fiscalmente deducibile in dieci esercizi, il disavanzo derivante dalle
operazioni straordinarie in esame dovrebbe avere un periodo di ammortamento più lungo (e mediamente pari a cinque esercizi).
Disposizione transitoria relativa alle svalutazioni operate sulle partecipazioni aventi i requisiti per l'esenzione (pag. 81).
La Commissione in riferimento alla disposizione transitoria che prevede una deroga al regime di esenzione per le plusvalenze e le minusvalenze derivanti dalla cessione di partecipazioni aventi i requisiti di cui all'articolo 88, a seguito dei comportamenti dei contribuenti negli anni 2002 e 2003, mette in evidenza che:
la disposizione relativa alle minusvalenze genera effetti negativi per l'Erario;
la disposizione sulle plusvalenze non può generare effetti positivi, in quanto vista la natura antielusiva della disposizione in commento, non si verificherebbero quelle svalutazioni nell'esercizio 2003 da riprendere a tassazione negli esercizi successivi al momento della formazione della plusvalenza.
In realtà la disposizione nasce proprio in considerazione dei comportamenti dei soggetti interessati alla nuova disciplina della partecipation exemption, i quali a partire già dall'esercizio 2002 hanno provveduto ad effettuare svalutazioni tese ad ottenere vantaggi in termini fiscali al momento della cessione delle partecipazioni interessate.
Pertanto la stima effettuata in sede di relazione tecnica, laddove si è affermato una compensazione dei due effetti riguardanti rispettivamente le plusvalenze e le minusvalenze, appare ampiamente prudenziale, in quanto, dai dati relativi ai bilanci delle imprese risulta un considerevole incremento delle svalutazioni sulle partecipazioni, che si ritiene trovi, in larga parte, una motivazione proprio nel raggiungimento del suddetto vantaggio fiscale.