Comitato per la legislazione - Venerdì 25 luglio 2003


Pag. 6

ALLEGATO

RAPPORTO N. 2/2003

RAPPORTO SULL'ATTIVITÀ SVOLTA DAL COMITATO PER LA LEGISLAZIONE

SECONDO TURNO DI PRESIDENZA
(26 aprile 2002-24 febbraio 2003)

(Presidente onorevole SERGIO MATTARELLA)

Premessa.
Questo rapporto conclude il secondo turno di presidenza del Comitato per la legislazione nella XIV legislatura. Il periodo è stato contrassegnato da forti elementi di continuità rispetto all'inizio della legislatura per quanto riguarda la consolidata caratterizzazione del Comitato come organo consultivo «tecnico» per gli aspetti relativi alla qualità della legislazione. In linea con quanto sempre avvenuto, fin dalla sua istituzione, non si è assistito - nell'ambito del Comitato - al prevalere di logiche di schieramento, con conflitti maggioranza/opposizione circa la direzione da seguire nell'espressione dei pareri. Non si è registrato un solo caso di opinione dissenziente ed è prevalsa l'unanimità nell'adozione di ciascuna decisione. Ciò conferma che i componenti del Comitato hanno una notevole consapevolezza del ruolo istituzionale da essi svolto, al servizio del miglioramento della qualità della legislazione, che sarebbe censurabile strumentalizzare per fini di parte.
Prima di procedere all'esposizione degli indirizzi espressi e dei risultati conseguiti nel corso di questa fase dell'attività del Comitato, appare utile richiamare sinteticamente il contesto istituzionale nel quale si è inserito - nel periodo qui considerato - l'operato di questo organo così peculiare.
Il periodo di riferimento è stato contrassegnato dal consolidarsi di due linee di tendenza:
le nuove forme di legislazione sono sempre più caratterizzate da una dinamica di continua ridistribuzione di poteri normativi su diversi livelli territoriali e, all'interno di ciascun livello territoriale, su diversi piani normativi. Tale dinamica è accentuata dall'entrata in vigore del nuovo titolo V della parte II della Costituzione e dal processo di integrazione europea;
il ruolo dell'iniziativa legislativa del potere esecutivo - sia a livello statale, sia a livello regionale - appare ormai dominante nella produzione normativa, con evidenti ricadute anche sull'attività del Comitato, in relazione alla tipologia dei provvedimenti sottoposti al suo parere (leggi di conversione, leggi delega e decreti legislativi delegati).

1. Le iniziative esterne.
Proprio partendo dal dato istituzionale di un processo legislativo che vede la necessaria partecipazione di più livelli e su più piani normativi, il Comitato, a latere della ordinaria attività consultiva, si è reso promotore di un nuovo tipo di iniziative nella nostra esperienza istituzionale: le conferenze o seminari interistituzionali. Tali iniziative hanno finalità di riflessione


Pag. 7

di ordine generale sui problemi di metodo della legislazione e sulle principali tendenze che si manifestano nella accentuata dinamica dei fenomeni legislativi contemporanei. Esse si propongono di porre le basi per un dialogo su questi temi tra gli esponenti istituzionali appartenenti ai diversi livelli dell'ordinamento e più impegnati su problemi specifici di funzionamento del nostro sistema normativo (es. i rapporti tra legislazione statale e regionale, il recepimento nella legislazione degli orientamenti della giurisprudenza costituzionale).
In questa chiave la preparazione del rapporto annuale sullo stato della legislazione riveste un'importanza centrale nell'attività esterna del Comitato. Il rapporto riflette infatti lo spirito di cooperazione e collaborazione inter-istituzionale che anima il Comitato. Esso, promosso nell'ambito di un'iniziativa di collaborazione tra la Camera e le Assemblee legislative regionali, aperta al concorso di altre istituzioni (Senato della Repubblica, Governo, Giunte regionali) e dei centri scientifici esterni, è lo strumento attraverso il quale vengono individuate le tendenze più recenti della produzione normativa nel nostro paese.
La riunione interistituzionale del 24 febbraio - a compimento di una prima fase di lavoro preparatorio - ha consentito di definire gli indirizzi per l'elaborazione del Rapporto 2002, che, oltre alle ormai tradizionali sezioni dedicate alla descrizione delle linee evolutive della legislazione statale, regionale e di alcuni paesi dell'Unione europea, si fonda su una parte speciale. Quest'ultima analizza le prime conseguenze dell'entrata in vigore della riforma del Titolo V della Parte II della Costituzione, esaminando in particolare cinque materie di confine che si sono rivelate particolarmente critiche nel corso del 2002: agricoltura, energia, finanza pubblica, infrastrutture, sanità. In ciascuna di esse l'analisi è stata svolta congiuntamente da appositi gruppi di lavoro interistituzionali, mettendo a fuoco l'interazione tra legislazione statale, legislazione regionale e il contenzioso prodottosi. Le schede di analisi risultanti da questo lavoro sono state già discusse e verificate sul piano politico nella citata riunione interistituzionale del 24 febbraio 2002.

2. L'attività consultiva.
2.1. I parametri adottati nei pareri.
Nei paragrafi seguenti si analizza l'attività interna del Comitato nei dieci mesi che vanno dalla fine di aprile 2002 alla fine di febbraio 2003, prospettando alcune linee evolutive da seguire nei prossimi mesi.
Preliminarmente è, però, opportuno richiamare, in maniera riassuntiva, i parametri cui il Comitato si è riferito nei pareri adottati nel corso del periodo considerato. Innanzi tutto, il Comitato ha assunto come parametro, dopo aver contribuito alla loro elaborazione, le prescrizioni della circolare emanata il 20 aprile 2001 dal Presidente della Camera (contestualmente ad identiche circolari del Presidente del Senato e del Presidente del Consiglio dei Ministri) sulle regole e raccomandazioni per la formulazione tecnica dei testi legislativi: circa la metà dei pareri resi contiene richiami espressi al rispetto di essa. Vi sono poi diversi pareri che invocano l'applicazione dei parametri della circolare, pur senza citarla in modo esplicito. In ogni caso, i richiami più frequenti sono diretti a:
rispettare l'omogeneità dell'atto normativo, con particolare riguardo ai decreti legge (punto 2), lettera a) della circolare);
privilegiare la tecnica della novellazione (punto 3), lettera a) ), da utilizzare secondo le indicazioni contenute nel punto 9 della circolare;
disporre l'abrogazione espressa delle norme, evitando abrogazioni implicite o clausole di abrogazione innominata (punto 3), lettera g) e raccomandazioni);


Pag. 8


osservare le modalità per una corretta redazione delle norme di:
interpretazione autentica (punto 3), lettera l);
delegificazione (punto 2), lettera e) e 3), raccomandazione);
delega (punto 2), lettera d);
autorizzazione all'adozione di testi unici (punto 2), lettera f) e 12), lettera m);
verificare la presenza della rubrica negli articoli dei provvedimenti e la corrispondenza tra tali rubriche e i testi (punto 5), lettera b);
evitare l'indebita individuazione dell'organo parlamentare competente (punto 2), lettera g) ) qualora venga prevista una pronuncia parlamentare su atti o schemi di atti del Governo.

In merito alle leggi ordinarie, contenenti prescrizioni rilevanti ai fini di una corretta redazione normativa, il Comitato ha fatto riferimento alla legge n. 400 del 1988 e, in particolare, agli articoli relativi agli atti normativi del Governo.
Si è così consolidato un indirizzo costantemente tenuto dal Comitato, che nel dare attuazione alle previsioni del regolamento della Camera, ha definito parametri utili ad una giurisprudenza coerente nel suo sviluppo.

2.2. L'attivazione del Comitato per la legislazione.
Nel corso del periodo di riferimento, l'attività del Comitato si è concentrata essenzialmente sui provvedimenti rimessi al suo esame ex officio, ossia sui decreti legge (articolo 96-bis, comma 1, del regolamento) e sui progetti di legge contenenti deleghe o autorizzazioni alla delegificazione (articolo 16-bis, comma 6-bis, del regolamento).
Si conferma, pertanto, la tendenza ad un uso limitato del potere attribuito ad un quinto dei membri di ciascuna Commissione di richiedere la trasmissione al Comitato di progetti di legge (comma 4 dell'articolo 16-bis del regolamento) ovvero di schemi di atti normativi del Governo (comma 3, articolo 96-ter). Infatti, nel turno di Presidenza in esame tale strumento è stato utilizzato 3 volte (su un totale di 59 provvedimenti esaminati) (vd. par. 2.3.).
Del resto, la flessione dell'uso della remissione su richiesta, rispetto agli standard dei primi anni di funzionamento del Comitato, è in buona parte riconducibile all'entrata «a regime» delle riforme regolamentari del 1999, che hanno esteso l'attività consultiva di carattere obbligatorio.
Inoltre, come già segnalato, nel corso della legislatura l'iniziativa legislativa è in prevalenza governativa: su un totale di 196 leggi approvate alla data del 25 febbraio 2003, 159 derivano dall'iniziativa governativa, come risulta dalla seguente tabella, che indica in valori assoluti ed in valori percentuali il peso esercitato dai vari tipi di iniziativa.

Tipo di iniziativa
Leggi approvate
Media mensile
Iniziativa governativa159 (81,1%)7,60
Iniziativa parlamentare35 (17,9%)1,67
Iniziativa mista2 (1%)0,10
Totale196 (100%)9,37

Occorre per di più segnalare che nell'ambito delle leggi di iniziativa governativa, il 50,3% è rappresentato da leggi di


Pag. 9

conversione di decreti legge. Queste ultime costituiscono quasi il 41 per cento del complesso delle leggi approvate. Inoltre, 14 leggi - pari al 7,14% del totale - contengono deleghe o delegificazioni. La tabella che segue indica le varie tipologie delle leggi di iniziativa governativa in valori assoluti ed in termini percentuali.

Tipologia delle leggi di iniziativa governativa
Leggi approvate
Conversione di decreti-legge80 (50,3%)
Leggi di bilancio8 (5,1%)
Leggi collegate alla manovra finanziaria6 (3,8%)
Leggi di ratifica40 (25,1%)
Leggi comunitarie2 (1,2%)
Leggi di semplificazione0 (0%)
Altre leggi23 (14,5%)
Totale159 (100%)

Dalle tipologie delle leggi approvate, con specifico riguardo a quelle di iniziativa governativa, discende, di conseguenza, che i provvedimenti di maggior rilievo sono comunque sottoposti al Comitato, determinando pertanto un sostanziale affievolimento dell'interesse delle Commissioni a sollecitare pronunce su progetti di legge ordinari.

2.3. Il seguito dei pareri.
Nel corso del secondo turno di presidenza sono stati trasmessi al Comitato: 20 progetti di legge ai sensi dell'articolo 16-bis, co. 6.bis, 36 disegni di legge ai sensi dell'articolo 96-bis, co.1, 2 progetti di legge ai sensi dell'articolo 16-bis, co. 4, 1 schema di decreto legislativo ai sensi dell'articolo 96-ter, co. 3 (si tratta dell'unica attivazione, ai sensi di tale previsione, nel corso della legislatura).
La flessione nel numero degli atti trasmessi al Comitato rispetto al precedente turno di presidenza - 59 nel periodo in considerazione a fronte di 83 nel periodo precedente - è dovuta ad una riduzione del numero dei decreti-legge emanati nei rispettivi periodi (36, a fronte di 52).
Con riferimento al seguito dei pareri resi, nel periodo di riferimento, si è registrata una sostanziale tenuta del tasso di recepimento delle condizioni (33,3% nel primo turno, 32,5% nel secondo turno), mentre il tasso di recepimento delle osservazioni si è registrato un sensibile decremento (passando dal 24,3% al 14,3%). Tali tendenze, tuttavia, sembrano smentite nel corso del terzo turno di presidenza.
(I dati relativi al seguito sono aggiornati) alla data del 25 luglio 2003).

3. Gli atti sottoposti all'esame del Comitato.

3.1. Tendenze della decretazione d'urgenza.
In relazione ai provvedimenti sottoposti all'esame del Comitato sono emerse talune linee di tendenza, sulle quali è opportuno concentrare l'attenzione.
In primo luogo, per quanto riguarda i decreti legge, pur non risultando un aumento rilevante del numero degli stessi, la media mensile si assesta sui 4,06 (nella precedente legislatura fu di 3,36). Come già segnalato, anche a fronte della diminuzione complessiva del ricorso alle altre fonti legislative, le leggi di conversione rappresentano attualmente oltre il 40% della produzione legislativa (nella scorsa legislatura costituivano il 19,2% delle leggi complessivamente approvate).


Pag. 10

Inoltre, si è andato delineando un peculiare uso della decretazione d'urgenza, che non sembra del tutto riconducibile alla natura propria dello strumento in esame. In particolare:
si è ricorsi al decreto legge al fine di modificare ed integrare provvedimenti legislativi di recentissima approvazione, per di più senza utilizzare, a volte, la tecnica della novellazione. È il caso della legge n. 189 del luglio 2002 (c.d. «Bossi-Fini»), successivamente integrata dal decreto legge n. 195 del 9 settembre 2002 (A.C. 3197) e della legge finanziaria (n. 289 del 2002), il cui contenuto è stato sensibilmente modificato dal d.l. n. 282 del 24 dicembre 2002 (A.C. 3524). Rispetto a tale prassi, il Comitato per la legislazione ha richiamato l'attenzione sul ripetuto utilizzo dello strumento della decretazione d'urgenza per apportare integrazioni e correzioni a provvedimenti normativi assai recenti (parere sul 3197), raccomandando altresì la necessità di inserire clausole di coordinamento della nuova disciplina rispetto a quella su cui si intende incidere (parere sul 3524);
aumento del numero dei provvedimenti d'urgenza recanti disposizioni di carattere ordinamentale o, comunque, contenenti interventi di grande rilievo politico in alcuni settori chiave della legislazione (1). Sembra, quindi, ridursi il numero dei decreti recanti disposizioni di manutenzione legislativa, per lasciare il posto ad una decretazione sempre più orientata ad incidere in maniera sostanziale sul tessuto normativo vigente. Si pensi, ad esempio, al decreto legge n. 251 del 2002 (A.C. 3381), il cui titolo I era volto a sopprimere il Tribunale superiore nonché i Tribunali regionali delle acque pubbliche (2), oppure al d.l. n. 63 del 2002 (A.C. 2657), che ha istituito le società «Patrimonio dello Stato S.P.A.» (articolo 7) e «Infrastrutture S.P.A.» (articolo 8), o ancora al d.l. c.d «taglia spese» (n. 194 del 2002, A.C. 3138), che ha introdotto un meccanismo volto a limitare l'efficacia delle disposizioni comportanti nuove o maggiori spese entro la misura degli oneri finanziari previsti nei relativi provvedimenti legislativi. Anche in relazione a tali provvedimenti, il Comitato nei suoi pareri ha evidenziato la portata ordinamentale delle disposizioni citate;
strettamente legato alla questione precedente è l'inserimento sempre più frequente, all'interno dei decreti legge, di norme non auto-applicative. In proposito, si ricorda che l'articolo 15, comma 3, della legge n. 400 del 23 agosto 1988 richiede, invece, che i decreti legge contengano esclusivamente misure di immediata applicazione. Esempi di tale prassi sono dati dalla previsione di norme di delegificazione all'interno dei provvedimenti d'urgenza (decreto-legge n. 83/2002 - A.C. 2828, articolo 2, comma 9), dall'introduzione di nuove discipline che entreranno però in vigore solo alla scadenza di un termine stabilito (è il già citato d.l. n. 251 del 2002, il cui articolo 1 prevedeva la soppressione dei tribunali delle acque pubbliche decorsi sessanta giorni dalla data di entrata in vigore della legge di conversione del decreto stesso) ovvero a decorrere dal verificarsi di determinate condizioni future (d.l. n. 138/2002 - A.C. 2972: ad esempio, l'articolo 7 prevede la trasformazione dell'ANAS in società per azioni, ridefinendone i relativi compiti, ma il comma 12 stabilisce che «fino alla efficacia della concessione di cui al comma 2 l'ANAS Spa continua nell'adempimento di tutti i compiti e le funzioni attribuite all'Ente nazionale per le strade-ANAS utilizzando le risorse assegnate all'Ente stesso ed ad essa si applicano le norme ed i provvedimenti pertinenti il predetto Ente». Analogamente l'articolo 8 dispone un complessivo riassetto del CONI mentre il comma 13 sancisce che «sino alla prima assemblea restano in vigore, in via provvisoria, tutte le disposizioni legislative e statutarie che disciplinano il CONI»). In tali fattispecie, il Comitato ha formulato nei suoi pareri delle condizioni che invitavano a valutare la coerenza delle citate disposizioni con quanto disposto dall'articolo 15, comma 3, della legge n. 400,


Pag. 11

procedendo eventualmente alla soppressione delle stesse (parere 26 novembre 2002 sul 3381).
Nel grafico che segue si dà conto delle finalità perseguite dai provvedimenti d'urgenza:

Finalità dei decreti-legge emanati nella XIV Legislatura - grafico

al 25 febbraio 2003


Ai fini della classificazione si tiene conto delle finalità (anche più di una per ciascun provvedimento) dei decreti-legge al momento della emanazione: non si considerano, perciò, le modifiche introdotte in sede di conversione.

Accanto ai fenomeni illustrati, che si sono manifestati con particolare evidenza nel periodo di presidenza in esame, hanno continuato a trovare posto i più volte segnalati problemi relativi all'omogeneità ed ai limiti di contenuto (in particolare, sotto il profilo dell'inserimento di norme di delega) dei decreti legge.
Il Comitato si è ripetutamente pronunciato in ordine agli indicati profili, segnalando la presenza di contenuti diversificati e, nei casi più gravi, formulando condizioni soppressive delle norme eterogenee.
Per quanto riguarda, poi, la presenza di norme di delega all'interno dei decreti legge, come pure all'interno della legge di conversione, il Comitato ha posto condizioni volte alla soppressione delle disposizioni in questione, in quanto contrastanti con il divieto di conferire deleghe legislative nei decreti-legge espresso dall'articolo 15, comma 2, lettera a), della legge n. 400 del 1988, ritenuto riferibile sia ai decreti-legge, sia alle leggi di conversione.
Si ricorderà che sulla questione è intervenuto anche il Presidente della Repubblica, rinviando alle Camere la legge di


Pag. 12

conversione del decreto-legge n. 4 del 2002 (»Disposizioni urgenti finalizzate a superare lo stato di crisi per il settore zootecnico, per la pesca e per l'agricoltura») (3). In particolare, il messaggio auspicava una maggiore omogeneità di contenuto dei decreti legge da realizzare sia attraverso il rispetto di criteri rigorosi nella fase di predisposizione sia attraverso la vigilanza durante l'iter parlamentare, da parte del Governo, per evitare che «il testo originario venga trasformato fino a diventare non più rispondente ai presupposti costituzionali e ordinamentali».
Effettivamente, il contenuto dei provvedimenti d'urgenza risulta di frequente ampliato e diversificato proprio durante la fase di esame da parte delle Camere. Inoltre, la differente disciplina prevista dai regolamenti della Camera e del Senato in ordine alle procedure di conversione dei decreti è suscettibile di creare squilibri nei passaggi parlamentari dei provvedimenti, non sempre superabili a causa della ristrettezza dei tempi di esame. Le differenze che contraddistinguono il procedimento di conversione nei regolamenti dei due rami del Parlamento meriterebbero una attenta riflessione, nell'ottica di una loro attenuazione. In effetti, le procedure di conversione divergono tra i due rami in relazione alla disciplina dei tempi, all'esito degli emendamenti approvati durante l'esame in Commissione ed alla emendabilità. In relazione al primo aspetto (disciplina dei tempi), il regolamento del Senato prevede la fissazione di un termine per la conclusione dell'esame, che comunque deve avvenire «non oltre il trentesimo giorno dal deferimento» del relativo disegno di legge di conversione (articolo 78, comma 5); per assicurare il rispetto di tali tempi, si applica il contingentamento (articolo 55, comma 5); analoga possibilità, come è noto, non è attualmente prevista alla Camera. Al Senato, gli emendamenti approvati dalle Commissioni vengono presentati come tali all'Assemblea (articolo 78, comma 6), mentre alla Camera danno vita ad un nuovo testo, comprendente le modifiche apportate. Infine, con riguardo all'emendabilità, i due regolamenti divergono in maniera sostanziale. Innanzi tutto, alla Camera, la sottoposizione dei provvedimenti d'urgenza al Comitato per la legislazione, ai sensi dell'articolo 96-bis, comma 1, del regolamento - laddove al Senato non esiste un apposito organo analogo a quello della Camera - comporta un esame puntuale degli stessi in ordine ai profili di specificità ed omogeneità delle disposizioni nonché in riferimento ai limiti di contenuto, così come individuati dalla normativa vigente. Inoltre, in relazione alla riferibilità degli emendamenti, il regolamento della Camera detta una disciplina più restrittiva per i disegni di legge di conversione rispetto alla disciplina generalmente adottata, prevedendo che il Presidente dichiari inammissibili «gli emendamenti e gli articoli aggiuntivi che non siano strettamente attinenti alla materia del decreto-legge» (articolo 96-bis, comma 7), mentre al Senato si applica la norma di carattere generale che prevede un parametro meno stringente per la ammissibilità degli emendamenti, che non devono essere «estranei all'oggetto della discussione» (articolo 97, comma 1).
Come già segnalato, tali differenze nella disciplina regolamentare incidono profondamente nei procedimenti di conversione; il Presidente della Repubblica, nel messaggio già ricordato, poneva a tale riguardo «l'esigenza imprescindibile che identica e rigorosa vigilanza sia esercitata dagli organi delle Camere specificamente preposti alla produzione legislativa, segnatamente dalle Commissioni competenti, sia in sede primaria, sia in sede consultiva».

3.2 Le deleghe legislative ed il riordino normativo.
Anche durante il secondo turno di presidenza, si conferma un uso piuttosto elevato dello strumento della delegazione legislativa, finalizzato sia a disporre nuove disposizioni di delega, sia ad incidere su deleghe già approvate (ad esempio, prorogandone o differendone il termine di esercizio, integrandone i principi e criteri direttivi, ovvero rinnovandole complessivamente).


Pag. 13


Il Comitato per la legislazione in ordine a tali provvedimenti, tutti obbligatoriamente sottoposti al suo esame, ha rilevato caratteri peculiari in relazione sia al contenuto costituzionalmente necessario delle deleghe sia alle finalità da esse perseguite.
In relazione al primo aspetto, si è andata delineando la tendenza ad indicare in maniera non del tutto univoca i principi e criteri direttivi della delega, in particolare, sotto due profili:
a) sostanziale coincidenza di essi con l'oggetto della delega;
b) genericità degli stessi.
a) In taluni casi risultano inserite tra i principi e criteri direttivi disposizioni che appaiono più vicine all'oggetto della delega stessa: è il caso della legge 1o agosto 2002, n. 166 (collegato infrastrutture), il cui articolo 41 contiene una delega per il riassetto in materia di telecomunicazioni. In particolare, tra i principi e criteri direttivi cui dovranno attenersi i futuri decreti legislativi, il comma 2, lettera a), alinea, pone quello dell'adozione di un codice delle disposizioni legislative e regolamentari in materia di telecomunicazioni, secondo determinati criteri di seguito elencati. Un altro esempio significativo è rappresentato dall'A.C. 2145 (approvato e trasmesso al Senato; A. S. 2058), che delega il Governo all'adozione di uno o più decreti legislativi per la riforma della disciplina previdenziale (articolo 1). In particolare, il comma 1 dell'articolo individua l'oggetto della delega, mentre il comma 2, detta i principi e criteri direttivi, alcuni dei quali (lettere a), b), c), d), g) ed o) coincidono sostanzialmente con l'oggetto individuato al comma 1, mentre il principio contenuto alla lettera p) risulta di fatto ampliare l'oggetto della delega. Esso, infatti, mira ad «applicare progressivamente i principi e criteri direttivi di cui al presente articolo» al rapporto di lavoro con le amministrazioni pubbliche, di cui all'articolo 1, comma 2, del d.lgs. n. 165 del 2001. In tali circostanze il Comitato ha formulato delle condizioni ovvero delle osservazioni volte a chiarire l'effettiva portata delle richiamate disposizioni al fine di individuare in modo puntuale l'oggetto della delega (4).
b) Il secondo fenomeno rilevato dal Comitato è, invece, quello dell'indicazione imprecisa ovvero generica dei principi e criteri direttivi. È quanto accaduto sempre in riferimento all'A.C. 2145, il cui articolo 5, delegando il Governo ad adottare decreti legislativi di riordino degli enti pubblici previdenziali, stabilisce che «il Governo si attiene ai principi generali e ai criteri direttivi desumibili» dalle leggi n. 241 del 1990, n. 20 del 1994, dall'articolo 57 della legge n. 144 del 1999 e dal d.lgs. n. 165 del 2001. Al riguardo, si segnala che - fatta eccezione per l'articolo 57 della l. n. 144 - dagli altri provvedimenti citati sembra possibile desumere esclusivamente principi generali, categoria giuridica ben distinta dai principi e criteri direttivi di una delega. Inoltre, l'articolo 8, comma 1, del medesimo provvedimento delega il Governo ad adottare un testo unico in materia previdenziale «nel rispetto dei principi su cui si fonda la legislazione previdenziale». A fronte di una simile prassi, il Comitato, oltre a formulare puntuali condizioni ed osservazioni in relazione alle specifiche norme esaminate, ha raccomandato sotto il profilo dell'efficacia del testo per la semplificazione e il riordinamento della legislazione vigente che «nella definizione dei principi e dei criteri direttivi per l'esercizio di una delega legislativa, si osservi quanto più possibile criteri di specificità e di completezza in relazione all'oggetto della delega conferita» (5).
La maggior parte delle leggi di delega è, comunque, finalizzata a delineare percorsi di riassetto normativo, avviati sin dall'inizio della legislatura attraverso iniziative, sia di origine parlamentare, sia di origine governativa, volte a realizzare un riordino della legislazione vigente, nei vari settori di riferimento, in risposta ad un'esigenza di semplificazione e di consolidamento da tempo avvertita dalle parti politiche e più volte raccomandata dal Comitato per la legislazione.


Pag. 14


Lo strumento cardine del riordino è rappresentato dal disegno di legge 2579, recante «interventi in materia di qualità della regolazione, riassetto normativo e codificazione - legge di semplificazione 2001», approvato definitivamente dal Parlamento, ma rinviato dal Presidente della Repubblica, ai sensi dell'articolo 74, II comma Cost., per mancanza di copertura finanziaria di talune norme. Il provvedimento innova profondamente le metodologie di razionalizzazione normativa sinora perseguite, modificando il contenuto della legge annuale di semplificazione (così come attualmente disciplinato dall'articolo 20 della legge n. 59 del 1997).
La legge in esame si pone quindi come «norma madre», come reca la stessa relazione illustrativa, contenente le indicazioni metodologiche e procedimentali, cui le future leggi di semplificazione annuali dovranno attenersi.
Queste ultime da strumento di delegificazione e semplificazione dei procedimenti amministrativi diventano così il cardine del riassetto legislativo.
In tal modo, specifica la relazione di accompagnamento, si «sancisce il passaggio da un sistema di semplificazione procedimentale ad un modello di riassetto di intere materie». Per far questo, il disegno di legge in esame privilegia il ricorso alla delegazione legislativa ed alla delegificazione, mentre sancisce l'abbandono dei c.d. testi unici misti, abrogando l'articolo 7 della legge n. 50 del 1999, che li aveva introdotti.
Come si legge nella relazione illustrativa «il nuovo scopo che si vuole raggiungere con il riassetto, e con il suo prodotto finale, il codice, è quello di dar luogo in singole materie ad un complesso di norme stabili ed armonizzate, espressione di un assestamento della materia (...). Del resto, per pervenire a tali risultati non può essere considerato sufficiente lo strumento del testo unico, come mera raccolta e coordinamento di norme esistenti, ma è necessario uno strumento cui l'ordinamento attribuisca potere innovativo». E ancora: « la delega legislativa ordinaria è lo strumento con cui si può compiere l'attuazione di un indirizzo politico autenticamente innovativo e perseguire un obiettivo di effettiva liberalizzazione sostanziale».
Accanto al disegno di legge di semplificazione, nel corso della legislatura sono stati presentati alle Camere ulteriori provvedimenti (6) volti a realizzare il riordino normativo in vari settori d'interesse. Peraltro, tali provvedimenti utilizzano a tal fine differenti tipologie di strumenti (decreti legislativi, codici, testi unici). In particolare, si segnala:
la legge n. 137 del 2002, relativa all'organizzazione del Governo, che contempla deleghe per: l'emanazione di decreti legislativi per il riordino di vari settori; l'adozione di un testo unico delle disposizioni legislative vigenti concernenti la minoranza slovena della regione Friuli-Venezia Giulia (articolo 9); la codificazione della normativa relativa ai beni culturali e ambientali (articolo 10).
l'A.C. 1798-B (7) delega il Governo all'adozione di decreti legislativi volti al riordino delle disposizioni legislative in materia ambientale, anche mediante la redazione di testi unici.
la legge n. 80 del 2003 (8) articola la riforma del sistema fiscale secondo una procedura complessa, alla cui realizzazione concorrono un codice, una pluralità di decreti legislativi (anche di carattere correttivo), la legge finanziaria, decreti ministeriali;
la legge comunitaria per il 2002 (l.n. 14 del 2003) ed il disegno di legge comunitaria per il 2003 (A.S. 2254) delegano il Governo all'adozione di decreti legislativi, regolamenti delegificanti, testi unici.

È dunque evidente che gli strumenti di volta in volta prescelti per procedere al riordino della legislazione nei singoli settori considerati sono eterogenei, dal momento che i disegni di legge esaminati ricorrono a seconda dei casi a decreti legislativi, codici, testi unici.


Pag. 15


Risulta pertanto opportuno razionalizzare la strategia di intervento, al fine di individuare strumenti omogenei da utilizzare nei vari settori, in modo da realizzare un'operazione di sistematica normativa che renda realmente efficace ed incisiva la riforma dell'ordinamento in atto.
Al riguardo, il Comitato ha, infatti, più volte sollecitato nei suoi pareri l'individuazione di strategie unitarie di intervento, che risultano tanto più urgenti quanto più numerosi e rilevanti sono i settori materiali oggetto di riordino.
Il Comitato ha altresì invitato a vagliare le previsioni relative al riordinamento della normativa vigente alla luce del principio di coerenza e non contraddittorietà delle opzioni e degli strumenti volti a tale scopo. Ciò al fine di evitare la proliferazione di strumenti di riassetto non adeguatamente coordinati, cosa che potrebbe comportare l'aumento del grado di complessità normativa, rendendo l'accesso alle norme da parte dell'utente più faticoso e difficile (9).

3.3 La delegificazione

Per quanto riguarda la delegificazione, il Comitato ha rilevato il consolidarsi di alcune tendenze già note, peraltro affiancate da prassi parzialmente innovative, relativamente ad alcuni specifici profili:
a) tipologia della norma di autorizzazione;
b) finalità della delegificazione;
c) collocazione delle disposizioni di autorizzazione.
a) Nell'ambito delle norme che autorizzano la delegificazione, si conferma il mancato rispetto delle previsioni dell'articolo 17, comma 2, della legge n. 400 del 1988, sotto il profilo della carenza dell'individuazione delle norme generali regolatrici della materia nonché delle norme che si intendono abrogate con effetto dalla data di entrata in vigore dei regolamenti. Tali previsioni sono frequentemente sostituite dall'indicazione dei principi e criteri direttivi cui dovrà attenersi il Governo ai fini della predisposizione dei regolamenti. Si va, quindi, configurando una tipologia di norma di autorizzazione differente dal modello delineato dal legislatore del 1988 e molto più simile a quello delle disposizioni di delega legislativa. Il Comitato ha comunque segnalato l'inosservanza delle prescrizioni legislative vigenti, formulando nei suoi pareri condizioni che richiamano al rispetto dell'articolo 17, comma 2, della legge n. 400, richiedendo a tal fine l'integrazione delle norme che dispongono la delegificazione. Si segnalano in proposito i seguenti pareri: del 9/7/2002 sul disegno di legge C. 2032-B (poi legge n. 166 del 2002), del 22/10/2002 sul disegno di legge C. 3200-bis (poi legge n. 289 del 2002), del 5/12/2002 sul disegno di legge C. 2122-bis-B (poi legge n. 3 del 2003).
Altra ipotesi ricorrente è la previsione di disposizioni recanti una sostanziale delegificazione non formulate, però, come tali. In simili casi non vengono affatto richiamati i regolamenti previsti dell'articolo 17, comma 2, della legge n. 400, ma si fa ricorso ai diversi strumenti dei decreti ministeriali o dei decreti del Presidente del Consiglio dei Ministri. Un esempio è rappresentato dal già citato decreto-legge n. 83/2002 - A.C. 2828, il cui articolo 7 dettava disposizioni concernenti il personale prefettizio, stabilendo al primo comma che le relative dotazioni organiche - attualmente disciplinate dal decreto legislativo n. 139 del 2000 (articolo 2, comma 3, e tabella B) - potessero essere modificate con regolamento del Ministro dell'interno adottato ai sensi dell'articolo 17, comma 3, della legge n. 400 del 1988. Analogamente, l'articolo 21, comma 15, dell'A.C. 3200-bis (ddl finanziaria per il 2003, ora legge n. 289 del 2002) demandava ad un decreto del Presidente del Consiglio la competenza a determinare procedure semplificate per potenziare ed accelerare i processi di mobilità del personale delle pubbliche amministrazioni, «anche in deroga alla normativa vigente», mentre allo stato attuale le procedure di mobilità risultano disciplinate dall'articolo 33 del d. lgs. n. 165 del 2001. Nei casi di


Pag. 16

specie, il Comitato ha stigmatizzato il ricorso a strumenti diversi dalla delegificazione, invitando a valutare l'opportunità di ricondurre le richiamate disposizioni nell'alveo dei regolamenti di cui all'articolo 17, comma 2, della legge n. 400 (10).
b) dal punto di vista delle finalità della delegificazione, si può fare riferimento a due fattispecie. Nella prima, viene previsto il ricorso allo strumento del regolamento di delegificazione anche per disciplinare materie non attualmente regolate da norme di rango legislativo. A titolo esemplificativo si possono citare i decreti legislativi nn. 152 e 173 del 2003, i quali contengono autorizzazioni alla delegificazione relative a materia già delegificate, come l'organizzazione delle strutture ministeriali. La seconda fattispecie concerne l'utilizzo di regolamenti di delegificazione al fine di trasformare o sopprimere enti pubblici. È il caso dell'A.C. 3200-bis (ora legge finanziaria n. 289 del 31 dicembre 2002), il cui articolo 21, comma 17 (poi articolo 34, comma 23, nel testo definitivamente approvato), demanda ai regolamenti l'individuazione di enti ed organismi pubblici vigilati dallo Stato ritenuti indispensabili e la loro eventuale trasformazione (in s.p.a, fondazioni private,...) e dell'A.C. 2122-bis-B (ora legge n. 3 del 2003) il cui articolo 21, comma 10 (poi articolo 27 comma 10 nel testo definitivamente approvato), autorizza a sopprimere con regolamento di delegificazione l'Autorità per l'informatica nella pubblica amministrazione (AIPA) ed il relativo Centro tecnico nonché ad istituire l'Agenzia nazionale per l'innovazione tecnologica. Al riguardo, il Comitato ha invitato a valutare l'opportunità di procedere alla trasformazione di enti pubblici, alla soppressione di Autorità indipendenti ed alla istituzione di Agenzie attraverso lo strumento del regolamento di delegificazione. Infatti, l'istituzione e le trasformazioni degli enti pubblici sono state generalmente disposte con provvedimenti di rango legislativo (11). In proposito, il Comitato ha quindi invitato a verificare la congruità del ricorso al regolamento di delegificazione (si vedano i più volte citati pareri del 22/10/2002 sul disegno di legge C. 3200-bis, del 5/12/2002 sul disegno di legge C. 2122-bis-B).
c) si ricorda, infine, che in alcuni casi si è proceduto alla collocazione di norme di delegificazione nell'ambito di decreti-legge, come già evidenziato supra nel paragrafo 2, relativamente all'A.C. 2828. In un altro caso (legge n. 166 del 2002, articolo 41, comma 2, lettera b) ) si è prevista l'autorizzazione alla delegificazione in funzione correttiva, modificativa o integrativa del decreto legislativo adottato in base alla delega contenuta nello stesso articolo, disponendo altresì che il regolamento di delegificazione venga emanato sulla base degli stessi principi e criteri direttivi.

Conclusioni.

Dal quadro sinteticamente tracciato nel presente rapporto emerge la rilevanza del ruolo svolto dal Comitato, che potrà risultare ancora accresciuta se si riuscirà a fare convergere i due principali filoni di lavoro - interno ed esterno - con l'obiettivo di mettere in cantiere una serie di iniziative pratiche per migliorare concretamente, per il futuro, le modalità con le quali i vari soggetti competenti potranno utilizzare i diversi tipi di provvedimenti legislativi oggetto dei più frequenti rilievi del Comitato.
Si tratta di prevenire i problemi che con maggiore frequenza si manifestano attraverso iniziative che devono, naturalmente, essere sviluppate in cooperazione con il sistema delle Commissioni parlamentari e con le principali istituzioni responsabili della produzione legislativa, ed in particolare con il Governo e con le Regioni.
Per essere più incisivo il Comitato dovrà implementare la propria attività consultiva, in coordinamento con le iniziative esterne.
Per quanto riguarda il tasso di recepimento dei pareri, esso è negativamente condizionato - come già accennato - dall'incidenza percentuale delle leggi di


Pag. 17

conversione: soprattutto nel caso di disegni di legge di conversione che iniziano il loro iter al Senato i tempi sono spesso talmente ristretti che non consentono di apportarvi modifiche. I rilievi contenuti in tali pareri potrebbero però costituire oggetto - in aggiunta o in alternativa alle tradizionali osservazioni e condizioni - di raccomandazioni metodologiche per il futuro, da indirizzare sia alle Commissioni competenti sia agli uffici del Governo.
Nel raccordo col sistema delle Commissioni e con il Governo il Comitato dovrà investire molto nel futuro per far sì che i suoi indirizzi sulla qualità della legislazione siano condivisi e vengano per quanto possibile tenuti in conto. In questa direzione si rammenta l'avvio di un procedimento di interlocuzione con il Governo, in particolare, nell'ambito del turno di presidenza cui si riferisce il presente rapporto, attraverso l'intervento svolto presso il Comitato dal Ministro per i rapporti con il Parlamento (nella seduta del 19 giugno 2002), cui avrebbe dovuto far seguito l'audizione del Ministro per la funzione pubblica, successivamente non effettuata a seguito del passaggio ad altro incarico del titolare pro tempore.
Le ulteriori iniziative da intraprendere sono molte e potranno costituire oggetto di una specifica comunicazione del nuovo Presidente del Comitato. Un aspetto che potrà essere affrontato in futuro - e cui qui si accenna soltanto come spunto di riflessione - è quello dell'approfondimento del seguito dei pareri resi dal Comitato nell'ambito complessivo del procedimento legislativo, in Commissione e in Assemblea, ipotizzando eventualmente nuove modalità di raccordo.
In questa sede ci si può limitare a rilevare come una maggiore integrazione tra le attività interne e le iniziative esterne sia indispensabile per accrescere l'efficacia dell'azione consultiva del Comitato, il quale ha dimostrato, nei suoi primi anni di vita, di saper agire da connettore dei diversi livelli istituzionali. La recente presentazione del rapporto 2002 sullo stato della legislazione ne è la conferma più evidente: ha costituito infatti una ulteriore occasione per valutare il sempre più stretto intreccio delle competenze legislative tra i vari livelli e per valutare le iniziative da assumere per assicurare che a tale intreccio presieda un'orchestrazione nella quale il Comitato può e deve giocare un ruolo fondamentale.

(1) si vedano, ad esempio, i DD.LL.:
n. 194 del 2002, in materia di disciplina delle norme di spesa;
n. 201 del 2002, in materia di giustizia;
n. 209 del 2002, che anticipa alcuni degli interventi in materia di riforma fiscale;
n. 210 del 2002, in materia di mercato del lavoro;
n. 212 del 2002 in materia di organizzazione scolastica.
(2) L'intero titolo è stato poi soppresso durante l'esame del provvedimento da parte del Senato.
(3) (A.C. 2516, XIV legislatura, doc. I, n. 1, trasmesso alla Presidenza il 29 marzo 2002).
(4) Per quanto riguarda la legge n. 166 del 2002, pronunciandosi sul testo poi approvato definitivamente (A.C. 2032-B), il Comitato ha formulato la seguente condizione: «all'articolo 41, comma 2, lettera a), alinea, sia chiarito il rapporto tra la disposizione in esame e la delega di cui al comma 1 ed, in particolare, se l'adozione del prefigurato codice in materia di telecomunicazioni costituisca l'oggetto stesso dei decreti legislativi di cui al comma 1 ovvero si configuri come un ulteriore strumento normativo inteso a riordinare il contenuto degli stessi decreti» (parere del 9/7/02); in ordine all'A.C. 2145, invece, è stata espressa la seguente osservazione: «all'articolo 1, comma 2, lettera p), nella parte in cui si prevede l'estensione progressiva dei principi e criteri direttivi di cui all'articolo 1 anche al rapporto di lavoro con le amministrazioni pubbliche individuate nell'articolo 1, comma 2, del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165, si valuti l'opportunità di chiarire l'ambito operativo della predetta disposizione, ed in particolare se si intenda estendere integralmente l'applicazione della riforma di cui al provvedimento in esame anche alle predette amministrazioni» (parere del 29/1/03).
(5) Tale raccomandazione è stata formulata nel parere del 29/1/03, relativo all'A.C. 3387.
(6) Si vedano ad esempio: la legge n. 30 del 2003, contenente la delega al Governo in materia di occupazione e lavoro; la legge n. 38 del 2003 e l'A.S. 2058, che delegano il Governo ad adottare uno o più decreti legislativi rispettivamente per completare il processo di modernizzazione del settore agricolo, per il riordino della previdenza obbligatoria e complementare nonché degli enti pubblici di previdenza ed assistenza obbligatoria.
(7) «Delega al Governo per il riordino della legislazione in materia ambientale».
(8) «Delega al Governo per la riforma del sistema fiscale statale».


Pag. 18

(9) Si vedano in particolare: la premessa del parere relativo al ddl 2579 (legge di semplificazione) del 25/9/02; la raccomandazione formulata nel parere sul ddl 3193 (delega in materia di occupazione e mercato del lavoro) del 28/10/02; le premesse dei pareri relativi al ddl n. 3297 (riforma e riordino del settore energetico) del 15/1/03 e al ddl n. 1534-B (organizzazione del governo, ora legge n. 137 del 2002) del 7/5/02.
(10) Si vedano, in particolare, l'osservazione formulata nel parere del12/6/2002, relativo all'A.C. 2828, e la condizione contenuta nel parere del 22/10/2002, in riferimento al ddl finanziaria.
(11) Si vedano ad esempio l'articolo 15 del decreto legge n. 333 del 1992, Misure urgenti per il risanamento della finanza pubblica, che trasforma IRI, ENI, INA e ENEL sono in società per azioni; il decreto legislativo n. 419 del 1999, Riordinamento del sistema degli enti pubblici nazionali, a norma degli articoli 11 e 14 della L. 15 marzo 1997, n. 59; D.Lgs. 30 luglio 1999, n. 300, Riforma dell'organizzazione del Governo, a norma dell'articolo 11 della L. 15 marzo 1997, n. 59 (istituisce le agenzie fiscale e le altre agenzie vigilate dai ministeri); D.Lgs. 27 maggio 1999, n. 165, Soppressione dell'AIMA e istituzione dell'Agenzia per le erogazioni in agricoltura (AGEA), a norma dell'articolo 11 della L. 15 marzo 1997, n. 59; D.Lgs. 25 febbraio 1999, n. 66, Istituzione dell'Agenzia nazionale per la sicurezza del volo e modifiche al codice della navigazione, in attuazione della direttiva 94/56/CE del Consiglio del 21 novembre 1994; D.Lgs. 9 luglio 1998, n. 283, Istituzione dell'Ente tabacchi italiani; D.Lgs. 25 luglio 1997, n. 250, Istituzione dell'Ente nazionale per l'aviazione civile (E.N.A.C.); decreto-legge 26 maggio 1995, n. 192, Istituzione dell'Ente per gli interventi nel mercato agricolo - E.I.M.A. e disciplina transitoria della sua attività, ultimo di una serie di decreti, non è stato convertito; D.Lgs. 26 febbraio 1994, n. 143, Istituzione dell'Ente nazionale per le strade; decreto-legge 4 dicembre 1993, n. 496, Disposizioni urgenti sulla riorganizzazione dei controlli ambientali e istituzione della Agenzia nazionale per la protezione dell'ambiente, convertito in legge, con modificazioni, L. 21 gennaio 1994, n. 61; L. 30 maggio 1988, n. 186, Istituzione dell'Agenzia spaziale italiana; L. 17 maggio 1985, n. 210, Istituzione dell'ente «Ferrovie dello Stato». Peraltro, ai sensi dell'articolo 3, comma 190, della legge n. 662 del 1996, il D.P.C.M. 26 settembre 2000 ha proceduto all'istituzione dell'Agenzia per le organizzazioni non lucrative di utilità sociale (ONLUS). Si tratta comunque di un organismo di controllo delle Onlus, con compiti prevalentemente consultivi, informativi e di promozione di iniziative di formazione. Per la soppressione di enti pubblici, si vedano ad esempio le leggi n. 1404 del 1956 e n. 70 del 1975.