Giovedì 3 aprile 2003. - Presidenza del presidente Gaetano PECORELLA. - Interviene il ministro per le pari opportunità Stefania Prestigiacomo.
La seduta comincia alle 8.40.
Traffico di persone.
C. 1255-B approvato, in un testo unificato, dalla Camera e modificato dal Senato.
(Esame e rinvio - Richiesta di trasferimento in sede legislativa).
La Commissione inizia l'esame.
Anna FINOCCHIARO (DS-U), relatore, ricorda preliminarmente che il testo unificato in esame, approvato dalla Camera in prima lettura il 21 novembre 2001, è stato trasmesso dal Senato che vi ha apportato rilevanti modifiche sia sotto il profilo del codice penale che degli interventi di natura sociale. Sotto il profilo penale sono stati abbandonati i due assi portanti introdotti alla Camera: in primo luogo la distinzione, con la conseguente differenziazione delle sanzioni applicabili, tra le due fattispecie di schiavitù e di servitù; in secondo luogo la scelta di configurare il delitto di tratta come reato associativo.
In generale, ritiene che con le modifiche introdotte dall'altro ramo del Parlamento si sia confuso il fine della riduzione in schiavitù con la limitazione della capacità e della libertà di un soggetto, che è stata tradotta in un elemento della fattispecie. In proposito ricorda che la distinzione tra le categorie della schiavitù e della servitù era discesa dai rilievi della Cassazione relativi alla non agevole individuazione degli estremi dei reati inerenti alla limitazione dell'autodeterminazione della vittima del reato all'infuori dell'ipotesi in cui la parte offesa fosse un minore.
Quanto al contenuto dell'articolo 1, che modifica l'articolo 600 del codice penale prevedendo la sanzione della reclusione da 8 a 20 anni per chiunque eserciti su una persona, anche al fine di sottoporla al prelievo di organi, poteri corrispondenti a quelli del diritto di proprietà, ritiene che il riferimento al prelievo di organi, come anche quello all'accattonaggio, contenuto sempre nella stesura elaborata dal Senato, non siano pertinenti rispetto al contenuto della norma e semmai, specialmente la finalità del prelievo degli organi, dovrebbero essere più correttamente contemplati in relazione alle aggravanti.
Nell'ambito di un complessivo aumento della pena edittale per entrambe le ipotesi della servitù e della schiavitù, tuttavia dall'articolato in esame sembra emergere una maggiore severità verso chi commette il reato a fini di sfruttamento della prostituzione rispetto a chi commetta tale reato anche al fine di sottoporre un soggetto al prelievo di organi, che peraltro è ipotesi palesemente più grave.
Osserva quindi che l'articolo 2 del testo del Senato modifica l'articolo 601 del codice penale introducendo il reato di tratta delle persone senza tuttavia descrivere la fattispecie del reato medesimo, con gravi rischi sotto il profilo dell'efficacia delle norme. Dalla norma in questione sembra evincersi che la tratta di persone sia la condotta di chi induce altri mediante inganno, violenza o abuso di autorità o di una situazione di inferiorità fisica o psichica o di necessità a fare ingresso, a soggiornare o a uscire dal territorio dello Stato. Tuttavia, ai sensi dell'articolo 3, che modifica l'articolo 602 del codice penale, si prevede un'ipotesi particolare di reato nel caso di acquisto e alienazione di schiavi. Nel sottolineare una complessiva indeterminatezza della condotta riconducibile al reato di tratta, ribadisce come in ogni caso tale condotta dovrebbe considerarsi plurisoggettiva, essendo quasi sempre coinvolte una pluralità di persone o anche organizzazioni criminali.
Si sofferma quindi sull'articolo 4, che contiene una modifica all'articolo 416 del codice penale, nonché sull'articolo 5, che prevede sanzioni amministrative nei confronti di persone giuridiche, società e associazioni per delitti contro la personalità individuale. Pur ipotizzando che la norma possa riferirsi anche al traffico di minori finalizzato alle adozioni internazionali, ma in realtà finalizzato al trapianto di organi, ritiene che la ratio della norma non sia chiara. Ricorda infatti che la responsabilità amministrativa delle imprese è stata introdotta al fine di evitare che fossero compiuti atti di corruzione e concussione che potessero arrecare danno e svalutare il sistema economico italiano; non si comprende pertanto il senso delle sanzioni pecuniarie previste all'articolo 5, dovendosi ritenere applicabile la disciplina generale prevista in materia penale.
Dopo aver illustrato brevemente le modifiche apportate ai successivi articoli 6, 7, 8, 9, 10 ed 11, c che contengono, tra l'altro, disposizioni in materia di intercettazione di conversazioni o di comunicazioni e norme relative ai collaboratori di giustizia, sottolinea la rilevanza della previsione del Fondo per le misure anti-tratta, la quale non pare essere coordinata con le disposizioni del decreto legislativo 25 luglio 1998, n. 286, nella parte in cui prevede l'istituzione di un fondo per fini sociali.
Quanto all'articolo 13, che istituisce uno speciale programma di assistenza per le vittime dei reati in questione, ed all'articolo 14, che contiene misure per rafforzare la prevenzione nei paesi maggiormente interessati al traffico di persone, pur ritenendo apprezzabile l'impegno dell'Italia in questo senso, ritiene che sarebbe stato preferibile ricorrere ad appositi atti amministrativi piuttosto che a norme di legge dotate di minore flessibilità.
Si sofferma infine sull'articolo 15, che contiene norme di coordinamento tra le quali assume particolare rilevanza l'articolo 600-septies del codice penale in materia di confisca e pene accessorie, nonché sull'articolo 16, che stabilisce una disciplina transitoria in ordine alla gestione processuale dei procedimenti pendenti per i reati in esame.
Conclusivamente, pur ammettendo che il testo unificato risulta complessivamente arricchito di molti contenuti, ritiene che debba essere sottoposto a talune modifiche.
Gaetano PECORELLA, presidente, richiama l'attenzione della Commissione sulla lettera a) dell'articolo 6, che sottrae alla competenza della Corte d'assise i delitti di cui agli articoli 600, 601 e 602 del codice penale, affidandoli a quella dei tribunali in composizione collegiale. Sottolinea altresì l'assegnazione alla Procura nazionale antimafia della competenza per questi reati tramite l'attribuzione alle direzioni distrettuali antimafia delle funzioni
di pubblico ministero nei procedimenti relativi ai delitti in esame.
Anna FINOCCHIARO (DS-U), relatore, dichiara di non condividere tali modifiche introdotte dal Senato.
Stefania PRESTIGIACOMO, ministro per le pari opportunità, soffermandosi sulle modifiche introdotte al Senato, dichiara che il testo ne è uscito nel complesso arricchito. L'approfondita riflessione che si è avuta nella Commissione giustizia del Senato e alla quale hanno fornito contributi significativi senatori appartenenti a tutti gli schieramenti politici ha, infatti, comportato un notevole arricchimento del provvedimento che si compone ora di ben 16 articoli rispetto ai 6 originari.
Ma, al di là del dato numerico, la differenza più significativa tra i due testi è quella che riguarda l'articolo 1 del disegno di legge che ha riformulato interamente il corrispondente articolo del testo approvato dalla Camera. La Commissione giustizia del Senato, dopo un accurato esame di tutte le possibili implicazioni derivanti dall'adesione ad una delle due soluzioni prospettate, ha difatti scelto di non definire in modo rigido l'ipotesi di riduzione in schiavitù e di riduzione in servitù e di comminare per entrambe le condotte una pena detentiva della medesima entità, da 8 a 20 anni di reclusione. Tale scelta di politica, criminale si giustifica alla luce delle seguenti considerazioni.
In primo luogo si è tenuto conto di tutti gli Atti, le Convenzioni, i Trattati internazionali che vietano, senza distinzione alcuna, le fattispecie unitariamente considerate della schiavitù e della servitù. Non è, infatti, concepibile graduare l'entità della lesione giuridica quando è in gioco l'integrità di un bene primario assoluto quale quello della libertà personale. Né può assumere un qualche rilievo ai fini della distinzione delle due condotte, la circostanza che possa residuare un margine di autodeterminazione nella vittima, quando alla stessa non è, comunque, possibile sottrarsi al condizionamento esercitato dall'autore della condotta criminosa e quindi riacquistare la libertà di autonoma determinazione.
Da queste considerazioni, condivise concordemente da maggioranza e opposizione, è scaturita la decisione di modificare il testo della Camera, che presentava profili di indeterminatezza, e di considerare unitariamente la riduzione in schiavitù e la riduzione in servitù, ritenendo che la duplicazione delle fattispecie incriminatrici avrebbe comportato maggiori incomprensioni e ambiguità applicative. Si è voluto, infatti, evitare il rischio di interpretazioni giurisprudenziali notevolmente diversificate in relazioni a condotte solo formalmente distinte (riduzione in schiavitù e riduzione in servitù), ma sostanzialmente accomunate dalla circostanza che il soggetto passivo è in entrambe le ipotesi un mero strumento nelle mani dell'autore del reato, con l'ulteriore rischio di attrarre le fattispecie concrete dedotte davanti al giudice penale verso l'ipotesi punita in maniera meno grave, nonostante la riprovazione sociale e il disvalore giuridico suscitato dalle due ipotesi sia di identica gravità.
Si è scelto, quindi - pur mantenendo nella rubrica dell'articolo il riferimento ai termini di schiavitù e di servitù - di incriminare l'assoggettamento in sé considerato, sia che esso possa essere ricondotto alla nozione di schiavitù come tradizionalmente intesa, e cioè quale esercizio su una persona di un potere corrispondente a quello del diritto di proprietà, sia che possa ricondursi ad altre forme di asservimento della persona, solamente analoghe alla schiavitù.
Come è stato giustamente osservato nella discussione che si è avuta nell'aula del Senato, la fattispecie penale prevista dall'articolo in esame è stata costruita tenendo conto sia della definizione utilizzata nella Convenzione di Ginevra del 1956, recepita nel nostro ordinamento con la legge n. 1304 del 1957, sia della recente giurisprudenza delle sezioni unite penali della Corte di cassazione.
L'articolo 1, infatti, da un lato descrive un reato di evento a forma libera, prevedendo
la punibilità di chi, avvalendosi di una qualsiasi condotta, esercita su una persona poteri corrispondenti al diritto di proprietà, mentre, al secondo comma, elencando le attività che devono essere poste in essere per ridurre la vittima nella condizione, penalmente rilevante di assoggettamento continuativo, configura un reato di condotta.
Attraverso tale tecnica normativa, che contiene il duplice riferimento alle norme internazionali e alle modalità di realizzazione della condotta, si è realizzato il pieno rispetto del principio di tipicità e tassatività dell'illecito penale, così prevenendo sia dubbi di natura interpretativa che possibili sospetti di illegittimità costituzionale.
L'articolo 1 è stato modificato rispetto al testo originariamente licenziato dalla Camera, in quanto è stata aggiunta alle finalità della riduzione in schiavitù anche quella del prelievo di organi; tale finalità costituisce, infatti, la manifestazione più evidente dell'esercizio del diritto di proprietà nei confronti di un essere umano la cui dignità viene calpestata fino al punto di ritenerlo quale mero fornitore di «pezzi di ricambio».
Inoltre, è stata soppressa la circostanza attenuante del fatto di particolare tenuità - circostanza, in realtà mai verificabile trattandosi di fattispecie di reato oggettivamente grave in quanto colpisce il bene assoluto della libertà individuale - mentre è stata aggiunta un'aggravante ad effetto speciale, sottratta al meccanismo del bilanciamento con le circostanze attenuanti, nel caso in cui i fatti siano commessi in danno di minori degli anni diciotto o siano diretti allo sfruttamento della prostituzione.
L'articolo 2 del disegno di legge, modificando l'articolo 601 del codice penale, riscrive la fattispecie della tratta di persone, prevedendo che il fenomeno debba essere incriminato non solo quando le vittime sono soggetti che vengono trafficati allo scopo di essere ridotti in una delle condizioni di assoggettamento previste dall'articolo 600 ma anche, e qui l'elemento di novità rispetto al testo licenziato dalla Camera, quando già versano in una condizione di assoggettamento. Si tratta senza dubbio di una modifica che estende l'ambito applicativo della fattispecie ricomprendendo anche un'ipotesi che rimarrebbe, altrimenti, esente da pena.
Tuttavia le modifiche più significative di questo articolo riguardano la soppressione della specifica ipotesi associativa finalizzata al traffico di persone e alla riduzione in schiavitù e servitù, contemplata nei commi 4 e seguenti dell'articolo 3 del testo Camera.
Pur condividendo l'esigenza di inasprire le pene nel caso di associazione a delinquere finalizzata alla commissione dei reati previsti dalla presente legge, si è ritenuto non opportuno, per esigenze di sistematica giuridica, introdurre una nuova fattispecie associativa di carattere speciale. Si è preferito, infatti, ricondurre tale ipotesi nella più generale figura del reato associativo prevista all'articolo 416 del codice penale, al quale è stato aggiunto un sesto comma che aumenta la pena edittale nel caso in cui i reati fine dell'associazione a delinquere siano quelli del traffico di persone e di riduzione in servitù o schiavitù.
L'articolo 3 del disegno di legge, che modifica l'articolo 602 del codice penale nel testo approvato dall'aula del Senato, non ha apportato significative modifiche al corrispondente articolo del testo Camera, con la sola eccezione, determinata da un'esigenza di coerenza con la modifica portata all'articolo 1, della soppressione della circostanza attenuante se il fatto è di particolare tenuità, sostituito con l'aggravante ad effetto speciale (sottratta al bilanciamento delle circostanze attenuanti) se il fatto viene commesso in danno di minori o è finalizzato allo sfruttamento della prostituzione.
Particolarmente significativa, per rimanere alle modifiche di natura sostanziale, è stata la previsione, nell'articolo 5 del testo, della perseguibilità con sanzioni amministrative e interdittive delle condotte di persone giuridiche, società e associazioni, in tal modo estendendo anche ai delitti contro la personalità individuale
quanto recentemente introdotto con il decreto legislativo 8 giugno 2001, n. 231, sulla responsabilità amministrativa dei corpi sociali.
Con tale previsione, tra l'altro si è perfettamente in linea con quanto recentemente stabilito nella decisione-quadro del Consiglio dell'Unione del 19 luglio 2002 sulla lotta alla tratta degli esseri umani, che richiama gli Stati membri sulla necessità di prevedere, tra le altre misure, una responsabilità oltre che nei confronti delle persone fisiche anche nei confronti delle persone giuridiche, in considerazione della circostanza che le organizzazioni criminali trasnazionali che hanno il monopolio di questo terribile crimine, si avvalgono nella loro attività delinquenziale di società, associazioni e soggetti collettivi di ogni specie.
Il provvedimento è stato arricchito, inoltre, da una serie di disposizioni di natura processuale e da disposizioni previste in varie leggi speciali. Le modifiche apportate dimostrano che è si è condivisa l'esigenza di considerare i reati di tratta di persone e di riduzione in servitù e in schiavitù tra i crimini più gravi e odiosi che possano essere commessi e che, pertanto, massimo deve essere l'impegno dello Stato nel contrastarli, applicando, quindi, a tali reati le medesime disposizioni attualmente previste per i reati di mafia, di terrorismo e di eversione.
L'acquisita consapevolezza del carattere trasnazionale delle organizzazioni criminali e la evidente complessità delle indagini per l'individuazione dei responsabili dei reati di tratta delle persone e riduzione in servitù e in schiavitù, ha anche determinato modifiche al codice di procedura penale sotto il profilo della rivisitazione sia della competenza dell'organo giudicante, individuata nel tribunale in composizione collegiale, sia nell'attribuzione alla Procura distrettuale antimafia e, quindi con il coordinamento e la supervisione della Procura nazionale antimafia, delle funzioni di pubblico ministero nei procedimenti relativi ai delitti di cui agli articoli 600, 601 e 602 del codice penale, delitti inclusi con una modifica apportata all'articolo 407 del codice di procedura penale tra quei reati per cui la durata massima delle indagini patrimoniali è di due anni.
Importanti sono poi gli articoli relativi all'estensione anche agli autori dei delitti previsti dalla presente legge delle disposizioni attualmente vigenti per coloro che sono sottoposti ad una misura di prevenzione e la possibilità di applicare misure di prevenzione di natura patrimoniale nel caso di delinquente abituale e professionale che abbia commesso uno dei delitti di cui agli articoli 600, 601 e 602 del codice penale, nonché, sempre per i medesimi delitti, la possibilità di confiscare beni e valori di cui il condannato non sappia giustificare la legittima provenienza e siano sproporzionati al proprio reddito.
Con gli articoli 8, 9, 10 e 11 vengono estesi anche ai delitti contro la personalità individuale le disposizioni vigenti relative alla possibilità di ritardare l'esecuzione di atti di indagine, di effettuare operazioni sotto copertura da parte della polizia giudiziaria, di effettuare intercettazioni di conversazioni o di comunicazioni nonché di estendere la concessione di alcuni benefici penitenziari in favore dei collaboratori di giustizia e l'applicabilità agli stessi di misure di protezione idonee ad assicurarne l'incolumità.
Nella consapevolezza che lo strumento penale repressivo non può da solo ritenersi idoneo a contrastare un fenomeno di così vaste dimensioni, ma che occorre pianificare una più ampia politica di interventi sociali anche tramite il potenziamento di strumenti già vigenti nell'ordinamento, e delle relazioni internazionali, sono state inserite nel testo del provvedimento una serie di disposizioni particolarmente significative, sulla base di quanto già contenuto nel testo licenziato dalla Camera, per rafforzare l'attività di prevenzione del fenomeno e di tutela delle vittime.
L'intervento di modifica attuato dall'Aula del Senato si è limitato, infatti a razionalizzare la collocazione e la destinazione dei proventi delle confische ordinate a seguito della sentenza di condanna per uno dei delitti previsti dalla presente
legge, nonché delle confische effettuate ai sensi dell'articolo 12-sexies, della legge 8 giugno 1992 n. 306.
È stato infatti istituito presso la Presidenza del Consiglio dei ministri un apposito Fondo per le misure anti-tratta destinato al finanziamento dei programmi di assistenza e di protezione sociale di cui all'articolo 18 del testo unico sull'immigrazione. Si è voluto in tal modo sottolineare l'importanza e la peculiarità di tali programmi, che vengono così individuati anche dal punto di vista contabile e finanziario e dei quali viene in tal modo assicurata la continuità del finanziamento.
Inoltre, è stato istituito uno speciale programma di assistenza per assicurare in via transitoria alle vittime dei reati di tratta e di riduzione in servitù e schiavitù adeguate condizioni di alloggio, vitto e assistenza sanitaria con un finanziamento di 2,5 milioni di euro annui e sono state previste specifiche misure per il rafforzamento dell'azione di prevenzione in particolare prevedendo campagne di informazione nei paesi di prevalente provenienza delle vittime, nonché l'organizzazione di speciali corsi per l'addestramento degli appartenenti alle forze di polizia finalizzato alla formazione di personale particolarmente specializzato nel contrasto di tali fenomeni criminosi.
In conclusione, ritiene che sia stato fatto complessivamente un buon lavoro su un tema delicatissimo, che coinvolge e indigna le coscienze. Il testo licenziato dall'Aula del Senato ha recepito l'impostazione fondamentale del Governo e l'ha arricchita con qualificati contributi, che hanno disegnato un quadro normativo completo non trascurando nessun aspetto sia esso di carattere sostanziale o processuale, di prevenzione o di recupero delle vittime.
Manifesta quindi l'augurio che questo provvedimento possa diventare al più presto legge dello Stato e colmare in tal modo una lacuna dell'ordinamento penale per renderlo più efficace nel contrastare la diffusione di fenomeni che si ritenevano scomparsi e che invece, sia per l'elevato numero di vittime che per le atroci ed efferate modalità di realizzazione, costituiscono una delle più gravi violazioni che possano essere perpetrate in danno di diritti umani fondamentali quali quelli della libertà e della dignità.
Data l'importanza e l'urgenza del provvedimento, nonché la sostanziale condivisione delle sue finalità, ne chiede il trasferimento in sede legislativa, invitando a volerlo approvare tempestivamente, senza apportare ulteriori modifiche che ne rallenterebbero ingiustificatamente l'iter.
Gaetano PECORELLA, presidente, avverte che la richiesta di trasferimento in sede legislativa sarà trasmessa al Presidente della Camera una volta verificata la sussistenza della condizioni di cui all'articolo 92, comma 6, del regolamento. Rinvia quindi il seguito dell'esame ad altra seduta.
La seduta termina alle 9.30.
I seguenti punti all'ordine del giorno non sono stati trattati:
Misure contro la pedofilia.
C. 311 Mazzuca, C. 382 Buttiglione, C. 408 Mussolini, C. 593 Prestigiacomo, C. 726 Mussolini, C. 953 Butti, C. 1346 Foti, C. 2038 Deodato, C. 1029 Massidda, C. 2422 Francesca Martini, C. 2415 Burani Procaccini, C. 2521 Cirielli, C. 3122 Cima, C. 2669 Pecorella.
Modifiche al codice di procedura penale concernenti la Corte di Cassazione.
C. 2754-bis Pecorella e C. 2452 Siniscalchi.
Sanzioni in materia di titoli e marchi di identificazione dei metalli preziosi.
C. 24 Stefani.
Disposizioni penali in materia fallimentare.
C. 2342 Cola.