Interrogazione n. 5-01044 Battaglia: Proroga della normativa relativa al nomenclatore tariffario di protesi ed ausili per persone disabili.
Con nota del 5 marzo 2002, indirizzata agli Assessori alla sanità delle Regioni e delle Province Autonome, il Ministro della salute ha di già confermato la vigenza della disciplina normativa contenuta nel decreto ministeriale 27 agosto 1999, n. 332.
Se è vero, infatti, che tale decreto ha previsto, all'articolo 1, la vigenza dello norme in esso contenute fino al 31 dicembre 2001, è anche vero che sulla materia è successivamente intervenuto il D.P.C.M. 29 novembre 2001 di «Definizione dei livelli essenziali di assistenza».
Tale provvedimento, nel definire il livello dell'assistenza protesica, vale a dire la fornitura di protesi, ortesi ed ausili tecnici ai disabili, conferma implicitamente la citata vigenza.
Detta interpretazione viene avvalorata, altresì, dalla previsione di un nuovo «sistema di manutenzione degli elenchi di prestazioni e servizi inseriti nei Livelli essenziali di assistenza sanitaria» contenuta nell'Accordo tra Governo, Regioni e Province Autonome di Trento e di Bolzano del 22 novembre 2001, che ha trovato puntuale attuazione nell'articolo 4-bis, comma 10 della legge 15 giugno 2002, n. 112 (di conversione del decreto-legge 15 aprile 2002, n. 63).
Tale disposizione istituisce un'apposita commissione, nominata e presieduta dal Ministro della salute, per le attività di valutazione dei fattori scientifici, tecnologici ed economici relativi alla definizione e all'aggiornamento dei livelli essenziali di assistenza e delle prestazioni in essi contenute, fra cui le prestazioni di assistenza protesica.
La commissione nazionale, una volta avviati i propri lavori, si farà carico della eventuale modifica del decreto ministeriale n. 332 del 1999 e, in quella occasione, deciderà se, e come, avvalersi dei documenti prodotti dalla commissione per l'assistenza protesica.
Peraltro, numerosi aspetti della disciplina saranno, con ogni probabilità, demandati alla competenza regolamentate delle singole Regioni, in ossequio a quanto previsto dalla riforma del Titolo V della Costituzione, attuata dalla Legge Costituzionale 18 ottobre 2001, n. 3.
Infine, per quanto attiene all'auspicato confronto con le categorie interessate e con gli operatori del settore, si ricorda che la norma istitutiva della Commissione nazionale esplicitamente prevede tale possibilità disponendo che: «Su richiesta della maggioranza dei componenti, alle riunioni della Commissione possono essere invitati, per fornire le proprie valutazioni, esperti esterni competenti nelle singole materie di volta in volta trattate».
Interrogazione n. 5-01046 Bindi: Carenza di personale infermieristico nelle strutture sanitarie nazionali.
La Direzione Generale della Programmazione sanitaria del Ministero della salute, dietro disposizioni del Ministro Sirchia, ha intrapreso un'attività di monitoraggio concernente lo stato di attuazione del decreto-legge 12 novembre 2001, n. 402, convertito con modificazioni, nella legge 8 gennaio 2002, n. 1 «Disposizioni urgenti in materia di personale sanitario», chiedendo alle Regioni di fornire i dati in loro possesso.
Da una prima verifica sommaria, effettuata contattando direttamente gli operatori interessati, emerge una totale diversificazione della situazione tra il Nord e il Sud rispetto all'emergenza infermieristica.
Questa situazione si può spiegate sia per il fatto che nel Sud le numerose scuole regionali, prima dell'avvio dei corsi universitari, avevano prodotto infermieri in soprannumero rispetto alle reali esigenze sia perché tali scuole sono rimaste pienamente attive fino alla scadenza consentita dalla normativa, attivando i corsi dal primo anno fino al 1996.
Nel Nord, invece, dal 1994 al 1996 le scuole sono andate via via riducendosi, in concomitanza con l'attivazione dei corsi universitari caratterizzati da una notevole riduzione degli aspiranti infermieri.
La Regione Veneto, ad esempio, ha interrotto i corsi, nelle 33 scuole, ubicate nel territorio, tre anni prima di quanto consentiva la legge (ultimo corso 1993), dando avvio ai corsi di diploma universitario nelle sole due sedi universitarie di Verona e Padova, con inevitabile, drastico calo della popolazione studente infermieristica.
Gli infermieri del meridione si sono spostati al Nord per la maggiore offerta di lavoro a fronte della disoccupazione nelle proprie regioni (occorre tener conto, peraltro, che dagli anni 1995 al 1997/8 anche al Nord si registrava un significativo tasso di disoccupazione infermieristica).
Oggi, a fronte della catena di infermieri formati nei corsi universitari, anche il Sud ha esaurito la disponibilità di questa categoria professionale e ai concorsi ora banditi partecipano gli infermieri meridionali che in passato erano emigrati al Nord.
In un recente concorso bandito a Napoli, ad esempio, per 250 posti si sono ricevute 3000 domande, delle quali la maggioranza proveniva da infermieri occupati al Nord.
Pertanto, non essendovi alcuna emergenza nel Sud, non è stata applicata la legge n. 1/2002 (Campania, Calabria, Basilicata, Sicilia, Sardegna).
Anche in Puglia si riscontra un esubero di infermieri, però sussiste il blocco delle assunzioni da parte della Regione (articolo 8 della legge regionale 5 dicembre 2001, n. 32), in quanto è in corso la revisione della rete ospedaliera con riconversione degli ospedali, dalla quale si ritiene di recuperare personale.
L'emergenza infermieristica è avvertita in forma più o meno pesante nelle varie Regioni del Nord.
La Lombardia sembra la più colpita ed è, infatti, la regione che si è più attivata per farvi fronte anche con il ricorso agli infermieri proposti da organizzazioni cooperativistiche e alla libera professione programmata effettuata dagli infermieri dipendenti.
Pochissimi infermieri si presentano ai concorsi banditi, e spesso quei pochi provengono dal meridione, dove - come ho detto - ritornano alla prima occasione di lavoro.
Altre regioni, come l'Emilia-Romagna e il Veneto, stanno predisponendo le linee guida regionali per l'applicazione della legge n. 1/2002.
Peraltro, si può concludere che l'emergenza infermieristica è affrontata in modo diverso dalle Aziende sanitarie.
La legge n. 1/2002 sembra scarsamente, se non totalmente inapplicata.
Molte Aziende sanitarie preferiscono adottare strategie di razionalizzazione della spesa, come la riorganizzazione dei servizi con la riduzione dei giorni di degenza; l'incremento dell'assistenza domiciliare; l'accorpamento dei reparti omogenei; la chiusura di reparti o ospedali considerati in esubero; la revisione delle mansioni infermieristiche con l'inserimento delle figure ausiliarie ed il conseguente recupero di personale infermieristico (Veneto, Emilia, Lombardia, Marche).
In Veneto è in atto il blocco delle assunzioni e la riorganizzazione delle strutture sanitarie con la riduzione delle ASL e la chiusura di alcuni ospedali: si è in attesa delle linee guida regionali e della sospensione del blocco delle assunzioni che dovrebbe avvenire dopo l'approvazione dei bilanci e l'elaborazione dei piani di assunzione da parte della regione stessa. Questo oggi impedisce il recupero delle risorse finanziarie dalle vacanze di organico che potrebbero essere utilizzate per assunzioni, prestazioni aggiuntive, eccetera.
In precedenza, in alcune Aziende era già stava adottata la libera professione, anche se su scala molto ridotta, ovvero l'orario straordinario per la sostituzione in caso di malattie.
La Regione Veneto, inoltre, si sta attivando intensamente per la formulazione degli Operatori socio sanitari (OSS) e la riorganizzazione delle mansioni infermieristiche.
È recente la delibera regionale di riconoscimento degli Operatoti tecnici ausiliari (OTA) come OSS.
In genere, alla libera professione si preferisce, finché i fondi lo consentono, il ricorso allo «straordinario»: peraltro, chi ha tentato di adottare la libera professione ha ricevuto scarsa risposta per i turni già molto pesanti sostenuti dagli infermieri. Ma questa posizione non è omogeneamente sostenuta. Ad esempio, in alcune Aziende dell'Emilia-Romagna sembra che, dove la libera professione viene proposta, sia bene accetta.
In merito alle riassunzioni di infermieri in quiescenza, si riscontra scarsa disponibilità da parte degli interpellati. La mediocrità della risposta forse è da imputare alla gestione manageriale non ancora affinata per la quale essi si vedono assegnare le attività meno motivanti, un «turn over» frequente della sede operativa, l'assegnazione di turni e di reparti meno gratificanti ma, principalmente, a causa della scarsa chiarezza del rapporto di lavoro (si teme la riduzione dell'ammontare della pensione).
Si registra qualche caso di assunzione di pensionati o l'attivazione del rapporto con la collaborazione coordinata e continuativa: questo soprattutto negli istituti privati o in strutture tipo «Hospice».
Anche in Umbria la legge è tuttora inapplicata. Con delibera di Giunta regionale, sono state emanate direttive alle Aziende sanitarie per stabilire criteri e priorità in ordine alle assunzioni straordinarie, ai contratti a tempo parziale, alla libera professione.
Alcune Aziende di regioni autonome ad esempio il Friuli, avevano, già prima della legge, attivato strategie anti emergenza, quali riammissione in servizio di infermieri pensionati, prestazioni aggiuntive per gli infermieri dipendenti, assunzione di extracomunitari, assunzione a tempo determinato, ricorso a liberi professionisti.
In altre Aziende del Friuli si è invece preferito l'acquisto di prestazioni esclusivamente dal personale turnista.
In generale, si riscontra una situazione in cui, nonostante la normativa vigente consenta di far fronte all'emergenza, si preferisce trovare soluzioni più economiche almeno fino a che sarà possibile.
Una volta esperite le varie possibilità, e permanendo o peggiorando la situazione, probabilmente si ricorrerà alle strategie proposte dalla legge n. 1/2002.
In genere, le persone contrattate ritengono che essa sia una buona legge, che però necessita di tempo per la sua completa operatività.
Pare diffuso il tentativo di non ridurre le prestazioni nella «rincorsa» alla riorganizzazione dei servizi, anche se in alcune Aziende si sono programmate le ferie estive con la chiusura di reparti e con la riduzione dell'attività degli operatori.
Per quanto riguarda le domande di riconoscimento dei titoli inoltrate da cittadini extracomunitari, si segnala che la competente Direzione Generale delle risorse umane e professioni sanitarie di questo Ministero, nell'aprile 2002, ha provveduto ad una ricognizione le cui risultanze sono state comunicate alla Presidenza del Consiglio dei Ministri.
In sintesi, le richieste di riconoscimento di titoli extracomunitari presentate nell'anno in corso sono finora in totale 2232.
L'attento lavoro di verifica e riscontro della documentazione allegata a ciascuna istanza ha portato ad accoglierne 1100 e a respingerne 128.
Per le rimanenti 1004 è tuttora in corso la valutazione dei titoli da parte dei competenti uffici.
Interrogazione n. 5-01047 Valpiana e Alfonso Gianni: Status giuridico del personale medico ospedaliero e universitario.
L'Onorevole interrogante chiede di conoscere quali iniziative intenda assumere il Ministro della salute per rendere omogeneo lo stato giuridico del personale medico apicale, ospedaliero ed universitario, ed in particolare l'età pensionabile che dovrebbe essere omogenea almeno per quanto concerne la parte assistenziale.
Sulle esigenze di omogeneità rappresentate l'Amministrazione sanitaria concorda.
Infatti la disciplina sulla esclusività o meno del rapporto di lavoro, sulla reversibilità e sulle attività libero professionali, intra ed extramuraria, compatibili non può che essere necessariamente omogenea per tutto il personale sanitario che opera nelle strutture del Servizio sanitario nazionale e quindi anche il personale universitario, anche al fine di evitare gli effetti negativi rappresentati dall'interrogante.
Le modifiche alla vigente normativa che il Governo ha intenzione di proporre al Parlamento interessano, quindi, anche il personale universitario, che, per questi aspetti, è stato da decenni assimilato al personale ospedaliero.
Per quanto concerne l'età pensionabile ed in particolare l'età fino alla quale è possibile al personale universitario lo svolgimento delle ordinarie attività assistenziali e la direzione delle strutture assistenziali, (materia già oggetto di una specifica disposizione del decreto legislativo n. 229/99 dichiarata illegittima dalla Corte costituzionale) sono da adottare soluzioni che tengano conto sia delle condivise esigenze di omogeneità sia del diverso stato giuridico dei docenti universitari e dei principi affermati dalla stessa Corte costituzionale sulla inscindibilità dei compiti istituzionali di didattica, ricerca ed assistenza.
Interrogazione n. 5-01048 Maura Cossutta: Sistema di finanziamento del servizio sanitario nazionale.
Sulla delicata e difficile situazione della spesa sanitaria sono tuttora in corso valutazioni rigorose per individuare le soluzioni più equilibrate ed efficaci.
In proposito riaffermo la piena e concorde volontà del Governo a sostenere il Servizio Sanitario Nazionale nella pienezza dei suoi obiettivi sanciti nell'articolo 32 della Costituzione.
Una volontà che il Ministro della salute, per quanto di sua competenza, intende ribadire anche nel Documento di Programmazione Economica e Finanziaria e realizzare attraverso le forti scelte riformistiche di carattere ordinamentale che il Governo in questo primo anno di vita ha compiuto.
È in corso un avanzato processo di devoluzione delle funzioni di organizzazione e gestione della sanità alle Regioni e al ruolo di maggiore incidenza che, in questo scenario di profondo e vasto rinnovamento nei rapporti Stato-Regioni, il Ministero della salute va a svolgere.
Un'azione diretta prevalentemente al coordinamento, al monitoraggio e alla verifica nei confronti delle stesse Regioni, al fine di garantire il rispetto dei principi universalistici e solidaristici del Servizio Sanitario, nonché l'uniformità, l'appropriatezza e la qualità delle sue prestazioni, erogate su tutto il territorio nazionale.
Certo, questo Governo si è trovato da subito - e tuttora vi è impegnato - a dover correggere in sanità alcune gravi iniquità di sistema. Ne cito solo alcune, senza volontà polemica ma solo per memoria a chi si chiede - ora, giustamente! - quali scelte farà questo Governo, a fronte di tanti impegni onerosi, molti dei quali hanno origine nelle decisioni del precedente Esecutivo.
Cito innanzi tutto la doppia corsia di erogazione dei servizi negli Ospedali, rivolti rispettivamente ai soggetti che non pagano e ai soggetti paganti in regime libero-professionale: cioè per le stesse prestazioni c'è chi è chiamato a pagare due volte.
Il secondo macroscopico caso di disciplinata iniquità riguarda poi le liste di attesa: costituenti un vero e proprio occulto razionamento delle prestazioni, cui invece il cittadino ha diritto proprio in base all'articolo 32 della Costituzione.
Ed infine rammento il demagogico provvedimento di eliminazione del ticket sui farmaci, anch'esso introdotto dal precedente Governo pochi mesi prima delle elezioni, che ha comportato nel 2001 una spesa farmaceutica a carico del Servizio Nazionale pari a lire 22.456 miliardi, con un incremento del 32,5 per cento rispetto al 2000 (+ 5.462 miliardi di lire).
Si pensi che in nessun Paese di Europa e mai, neppure in Italia, si era registrato un aumento così grande, né in percentuale,
né in termini assoluti, in assenza di ragioni oggettive che coinvolgono la salute dei cittadini.
Il Governo, come dicevo, sta operosamente correggendo i guasti del precedente Esecutivo: guasti, numerosi, gravi, onerosi, a cui ora il Governo ed il Paese devono far fronte.
Grazie all'Accordo Stato-Regioni dell'agosto scorso e alla legge n. 405/2001, fortemente voluta dal nuovo Governo, che ne ha recepito i contenuti e lo spirito, si sta determinando fin da ora una chiara inversione di tendenza: nel primo quadrimestre 2002 rispetto al 2001, l'incremento della spesa farmaceutica è sceso al 7 per cento, mentre nello stesso periodo dell'anno precedente lo sfondamento era stato del 30 per cento. Inoltre i primi dati disponibili del maggio 2002 segnalano un andamento della spesa inferiore rispetto allo stesso mese del 2001 (- 4,46 per cento).
Gli effetti strutturali delle manovre finora avviate continueranno ad emergere nel corso di questo stesso anno.
Interrogazione n. 5-01043 Martini: Decesso di pazienti presso il presidio ospedaliero di Faenza.
Il Ministero della salute è stato in contatto con i competenti uffici dell'Assessorato alla Sanità della Regione Emilia Romagna fin dall'inizio del caso in questione.
Non esiste una normativa nazionale che, allo stato attuale, indichi quale debba essere la dotazione presente sul carrello di anestesia utilizzato nei locali della risonanza magnetica.
In base alle procedure previste dall'Azienda coinvolta nell'episodio, il farmaco in questione, il KC1, non doveva essere presente sul carrello di anestesia utilizzato nei locali della Risonanza Magnetica Nucleare. Secondo l'indagine attivata in sede, risulterebbe che alla prima riempita del carrello (circa tre anni fa) fosse stato inserito anche il KC1, che è rimasto per tre anni nei cassetti del carrello. A ridosso del 15 gennaio 2002 il farmaco è stato estratto perché in scadenza, ma è rimasto per negligenza sul carrello: nessuno si aspettava di trovare quel farmaco sul carrello, ed è stato quindi somministrato erroneamente alla paziente.
L'indagine aziendale ha messo in evidenza la necessità di rivedere le procedure, che sono state sottoposte a completa revisione, aumentando gli standard di sicurezza.
Il decreto legislativo n. 502/92 e successive modificazioni ed integrazioni, (con disposizioni oggi rafforzate dalla legge costituzionale 18 ottobre 2001, n. 3 «modifiche al titolo V della parte II della Costituzione»), sancisce la centralità del ruolo della Regione nella programmazione sanitaria compresi gli atti di organizzazione e di funzionamento, e nella vigilanza delle attività delle Aziende sanitarie.
In fase di revisione della normativa in questione, si potrà pensare ad un differente sistema coordinato di vigilanza dell'errore, articolato a tre livelli (nazionale, regionale ed ospedaliero), secondo esperienze convalidate dalla letteratura internazionale.