Indagine conoscitiva sulla situazione
e sulle prospettive del settore dell'energia.
1. L'indagine conoscitiva sulla situazione e le prospettive del settore energetico è stata deliberata dalla X Commissione Attività produttive della Camera il 9 ottobre 2001 ed ha preso l'avvio l'8 novembre dello stesso anno.
e piccola e media impresa) e della CASA (Confederazione autonoma sindacati artigiani): Ernesto TESTA, Vicepresidente della Confartigianato, Filippo D'ANDREA, Responsabile ufficio promozione della CNA e Paolo MELFA, Segretario generale della CASA;
Sono inoltre pervenuti contributi scritti da parte di due ulteriori soggetti, Assomineraria e Federchimica.
2. 2.1 La materia dell'energia è stata originariamente oggetto di una peculiare attenzione da parte delle istituzioni comunitarie. In proposito è sufficiente accennare al ruolo svolto dalla Comunità europea del carbone e dell'acciaio (Ceca) e dalla Comunità europea dell'energia atomica (Euratom) sorte per regolare lo sfruttamento delle fonti carbosiderurgiche e nucleari e per sviluppare un mercato comune delle materie prime e delle infrastrutture. Nel trattato istitutivo della Comunità economica europea non figura tuttavia alcuna disposizione in materia di energia. Solo a partire dagli anni sessanta, nell'ambito della Comunità economica europea si comincia a discutere dell'esigenza di sviluppare politiche volte a garantire la sicurezza dell'approvvigionamento e la regolarità delle forniture petrolifere in situazioni di crisi.
Per quanto specificamente riguarda il settore del gas, gli ulteriori principi fondamentali desumibili dalla direttiva 98/30/CE sono i seguenti:
Dall'analisi delle direttive emerge come la liberalizzazione del mercato europeo sia in gran parte affidata al progressivo incremento della quota di clienti liberi di rivolgersi al produttore di loro preferenza (c.d. clienti idonei). Le disposizioni della normativa comunitaria in materia risultano più puntuali e vincolati con riferimento al mercato del gas mentre per quello dell'energia elettrica attribuiscono una maggiore discrezionalità ai singoli Stati.
2.2 La due direttive 96/92/CE (settore elettrico) e 98/30/CE (settore gas) prevedevano una loro revisione da effettuarsi dopo nove e dieci anni dalla loro entrata in vigore (2006 e 2008). Tuttavia la Commissione ha già predisposto una proposta di revisione (COM/2001/125) che è stata discussa nel vertice europeo di Stoccolma (marzo 2001) e quindi nel vertice europeo di Barcellona (marzo 2002). Nel primo caso la trattazione è stata rinviata per l'opposizione della Francia, sostenuta dalla Germania, nel secondo è stato raggiunto un accordo che ridimensiona l'ipotesi di partenza della Commissione.
Al Consiglio europeo di Barcellona (15-16 marzo 2002) è intervenuta, in particolare, un'intesa sui seguenti punti:
Rispetto alla proposta di direttiva formulata dalla Commissione, è da rilevare, in particolare, l'assenza di una data per la liberalizzazione del mercato dei consumatori domestici.
3. La disciplina legislativa nazionale.
3.1 Il quadro delle competenze.
Sulla base dei principi costituzionali generali, al Governo nella sua collegialità ed al Parlamento deve essere riconosciuto il compito di definire le linee generali della politica energetica nazionale ed al Ministro delle attività produttive il compito di determinare gli indirizzi di carattere settoriale. Sul piano normativo va ricordato come, prima dell'adozione delle direttive in ambito comunitario, sia intervenuta la legge 14 novembre 1995, n. 481, «Norme per la concorrenza e la regolazione dei servizi di pubblica utilità. Istituzione delle Autorità di regolazione dei servizi di pubblica utilità», che ha in particolare istituito l'Autorità per l'energia elettrica ed il gas determinandone le attribuzioni. Il Governo, al quale sono espressamente riconosciute le funzioni di indirizzo del settore, ha il compito di formulare indirizzi di politica generale di cui l'Autorità deve tenere conto nell'esercizio delle proprie competenze nonché di indicare all'Autorità, nell'ambito del documento di programmazione economico-finanziaria, il quadro delle esigenze di sviluppo dei servizi di pubblica utilità che corrispondono agli interessi generali del paese.
risultano conferiti al Ministro e quelli che comportano l'esercizio di discrezionalità tecnica all'Autorità. Va in proposito sottolineato come l'Autorità sia preposta allo svolgimento di compiti di estrema rilevanza ai fini di un'effettiva liberalizzazione dei mercati quali, ad esempio, la determinazione delle condizioni tecnico-economiche di accesso e di interconnessione alla rete di trasmissione dell'energia elettrica nonché l'individuazione dei criteri in base ai quali le opere per l'allacciamento alla rete di trasporto e dispacciamento del gas richieste dagli utenti sono considerate economicamente e tecnicamente realizzabili.
3.2 La disciplina del settore elettrico.
Il decreto legislativo 16 marzo 1999, n. 79, nel recepire la direttiva 96/92/CE, ha liberalizzato le attività di produzione, importazione, esportazione, acquisto e vendita di energia elettrica. La normativa vigente può essere sinteticamente riassunta come segue:
ai clienti vincolati la disponibilità di energia necessaria attraverso la stipula di contratti con i produttori;
In tal modo si è realizzata l'apertura del mercato per quanto riguarda le fasi della produzione e della vendita, mentre le fasi di trasmissione e dispacciamento, trattandosi di monopoli naturali, non sono interessate dalla concorrenza. L'attività di distribuzione, pur essendo esercitata a livello locale da un unico operatore, è oggetto di un procedimento concessorio che consente di valutare comparativamente le condizioni alle quali i diversi operatori intendono svolgere il servizio.
3.3 La disciplina del settore del gas.
Nel settore del gas la liberalizzazione è stata avviata con il decreto-legislativo 25 novembre 1996, n. 625, che ha recepito la direttiva 94/22/CE, liberalizzando le attività
di prospezione, ricerca e coltivazione ed è stata portata a termine con il decreto-legislativo 23 maggio 2000, n. 164, che ha recepito la direttiva 98/3/CE, liberalizzando le attività di stoccaggio, trasporto, distribuzione e fornitura di gas naturale.
Analogamente a quanto osservato con riferimento al settore dell'energia elettrica, di un vero e proprio mercato può parlarsi solo con riferimento alla fase dell'approvvigionamento (coltivazione e importazione) e della vendita del gas.
4. 4.1 La politica energetica.
La politica energetica ha il compito di garantire la sicurezza degli approvvigionamenti e la disponibilità di energia ad un prezzo congruo. La Commissaria europea
Loyola de Palacio, con riferimento al «Libro verde sull'energia» pubblicato di recente dalla Commissione europea, ha ricordato come l'energia sia divenuto un tema all'attenzione della comunità internazionale e risulti evidente l'importanza strategica della disponibilità di energia accessibile, affidabile e pulita. È pertanto a suo avviso decisivo che la sicurezza dell'approvvigionamento energetico diventi un leit motiv per le azioni comunitarie nel campo dell'energia. La rilevanza della politica energetica deriva in particolare dalla circostanza, rilevata dal prof. Pistella, che mentre risulta assicurata la disponibilità fisica delle fonti per un periodo di almeno cinquant'anni, sussiste invece un problema di disponibilità geopolitica e strategica che non può essere ignorato.
4.2 Ogni politica energetica deve prendere le mosse dal quadro comunitario. Il processo di liberalizzazione in corso in Italia è infatti parte integrante del processo di creazione di un mercato europeo unico dell'energia. Non solo, infatti, le scelte compiute a livello nazionale sono state determinate dal livello comunitario, ma i loro effetti sono in larga parte condizionati dagli sviluppi della politica dell'Unione e dal grado e dalle modalità di
recepimento delle direttive da parte degli altri Stati membri.
l'apertura dei mercati. Anche secondo l'Autorità per la concorrenza ed il mercato occorre trovare una soluzione europea, nella consapevolezza che l'origine del problema, oltre che nella timidezza delle direttive, è da ricercarsi nella mancanza di una guida uniforme nel controllo della fase di realizzazione del processo di liberalizzazione del mercato dell'energia nei paesi membri. Per Confindustria va in ogni caso assicurata una certa omogeneità nei processi di privatizzazione e liberalizzazione, altrimenti si rischia di generare delle tensioni tra i paesi europei che nel tempo diverranno insostenibili.
4.3 Numerosi interventi hanno affrontato la questione dei riflessi della riforma del titolo V della Costituzione sul sistema energetico.
principio della potestà legislativa concorrente comporti che, fermi restando gli indirizzi statali, la parte attuativa sia di competenza delle regioni.
4.4 In numerose audizioni sono state espresse valutazioni sul ruolo dell'Autorità per l'energia elettrica ed il gas.
analoghe sono state espresse dal prof. Pistella, che ha rilevato la necessità di far svolgere ad altri compiti oggi vicariati dall'Autorità per colmare un vuoto: occorre ritornare ad un sistema Governo-Parlamento che identifichi una serie di scelte non tariffarie di carattere generale, che non possono essere competenza di una struttura sostanzialmente amministrativa quale l'Autorità.
4.5 La gestione della rete rappresenta un fondamentale elemento di liberalizzazione del sistema. Questo vale sia per l'industria elettrica che per quella del gas, i cui prodotti sono in entrambi i casi trasportati attraverso reti che costituiscono un monopolio naturale. L'accesso alle reti da parte di imprese concorrenti si configura quindi come un elemento essenziale per garantire una molteplicità d'offerta.
ne sia altresì il proprietario. Secondo l'Autorità per l'energia elettrica ed il gas, ciò determina difficoltà nell'attuazione degli indispensabili ed urgenti interventi di razionalizzazione di potenziamento della rete per accrescere la capacità di interscambio con l'estero e connettere nuovi impianti. L'Autorità ritiene inoltre che vada valutata la possibilità di riunificare proprietà e gestione della rete nazionale di trasmissione in un unico soggetto imprenditoriale neutrale, privo di interessi nella produzione e nella distribuzione e vendita di energia elettrica.
4.6 La riforma del settore elettrico ha previsto due figure peculiari: il Gestore del mercato e l'Acquirente unico.
L'offerta di prezzo dell'ultimo impianto per ciascuna frazione oraria della giornata contribuisce a fissare il livello del prezzo di tale ora. Fino all'attivazione della borsa, ha chiarito l'Autorità per la concorrenza ed il mercato, non esisterà invece alcun diaframma fra l'operatore dominante nella generazione e l'operatore dominante nella fornitura, che in entrambi i casi si identifica con l'ENEL.
sull'intero territorio nazionale; il Ministero delle attività produttive deve essere dotato di poteri di intervento in ultima istanza. Secondo il Ministro Marzano, peraltro, la riduzione dei prezzi può essere pienamente conseguita solo previa eliminazione, o quanto meno riduzione, di alcune strozzature ed anomalie quali la composizione del paniere delle fonti energetiche per la produzione di energia, gli oneri di sistema e la fiscalità.
4.7 Il fabbisogno energetico nazionale.
La Commissione ha voluto approfondire con particolare attenzione il tema della corrispondenza tra l'offerta disponibile e la domanda di energia. Sono risultate alquanto diffuse le preoccupazioni relative alla possibilità di soddisfare in un prossimo futuro la domanda in assenza di interventi sulle criticità del sistema.
rischio di un black out nei prossimi anni. La Società ha inoltre ricordato come l'Italia abbia un grado di dipendenza dalle fonti primarie di circa l'80% mentre la media europea e del 40%, un livello quest'ultimo che ha comunque indotto l'Unione ad indicare come obiettivo prioritario la sicurezza degli approvvigionamenti.
4.8 Il mercato dell'energia.
Il mercato dell'energia presenta tratti peculiari. La liberalizzazione è in primo luogo sostanzialmente limitata, sia nel settore dell'elettricità che in quello del gas, alle fasi della produzione/approvvigionamento e della vendita, mentre l'attività di trasmissione e quella di distribuzione dell'energia, trattandosi di monopoli naturali, vengono esercitate in regime di monopolio e di concessione. La liberalizzazione si realizza inoltre attraverso una cospicua attività di regolazione che ha il compito di accompagnare e favorire la transizione da monopolio al mercato. In particolare, la struttura della domanda e la struttura dell'offerta di energia sono oggetto di una puntuale disciplina che ne determina in maniera considerevole gli assetti limitando la libertà d'azione degli operatori del mercato.
servizio diverrà a quel punto personalizzato ed il cliente dovrà imparare come utilizzare al meglio l'energia concentrando i consumi nelle ore in cui il costo è minore.
occorre superare ostacoli ed impedimenti di natura politica proprietaria e contrattuale. L'Autorità ha in particolare sottolineato la necessità di creare nuove infrastrutture, in primo luogo terminali di rigassificazione del gas naturale liquefatto.
4.9 Il prezzo dell'energia.
L'indagine ha evidenziato come il costo dei sistemi energetici a rete sia in Italia sensibilmente elevato e ciò penalizzi i cittadini ed indebolisca la competitività delle imprese per le quali l'energia elettrica costituisce un fattore di costo significativo.
4.10 Le importazioni.
Nel settore dell'energia elettrica l'Italia, unico paese in Europa, è strutturalmente dipendente dalle importazioni, nel senso che queste ultime risultano indispensabili a coprire il fabbisogno nazionale. Tale circostanza concorre a rendere auspicabile una crescita della capacità di generazione nazionale. D'altro lato, nel quadro della creazione di un mercato europeo dell'energia, appare opportuno disporre delle linee di interconnessione necessarie a consentire all'energia di importazione di concorrere alla formazione dell'offerta. Limiti all'importazione derivano innanzitutto dalla capacità degli elettrodotti, attualmente satura, e dalla difficoltà di ottenere le autorizzazioni necessarie ad avviarne la costruzione di nuovi. A tale ultima difficoltà ha inteso ovviare la legge n. 443 del 2001, « Delega al Governo in materia di infrastrutture ed insediamenti industriali strategici ed altri interventi per il rilancio delle attività produttive», attraverso la quale ci si è proposti di definire procedure di autorizzazione semplificate e da svolgere in tempi più ristretti. L'incremento dell'interconnessione con gli altri paesi nel quadro del mercato europeo rappresenta una esigenza che il Gestore della rete di trasmissione nazionale valuta in sede di redazione del piano di sviluppo della rete.
di interconnessione, nonostante l'Italia, a causa del differenziale di costi con la Francia, sia un paese strutturalmente importatore, non vi è l'esigenza di incrementare l'interconnessione. L'ENEL ha inoltre osservato che il contributo delle importazioni è destinato a crescere proprio in virtù di nuove interconnessioni tra cui il cavo Italia-Grecia, di recente realizzato dalla stessa ENEL.
4.11 Le infrastrutture.
Dall'indagine è emerso come le infrastrutture del paese nel settore energetico siano insufficienti sia per quantità che per qualità. Ciò comporta difficoltà evidenti nel garantire un'offerta in grado di sostenere la futura domanda nonché lo sviluppo della competizione tra le imprese del settore. La realizzazione di infrastrutture richiede inoltre tempi tecnici piuttosto lunghi e la necessità di coordinare gli interventi sul territorio coinvolgendo una pluralità di soggetti istituzionali e sociali. Ai fini della quantificazione del parco di generazione dell'energia, deve essere inoltre tenuto presente come numerosi impianti ceduti o in corso di cessione da parte dell'ENEL necessitino di un radicale ammodernamento e siano pertanto destinati a rimanere inattivi per un periodo di circa due anni. L'ENEL ha tuttavia invitato a procedere con cautela alla realizzazione di nuovi impianti, osservando come, in assenza di una domanda adeguata, ciò comporta esclusivamente un aumento dei costi del sistema.
dove vengono esaminate le misure da assumere per promuovere lo sviluppo delle infrastrutture energetiche europee. Dallo studio emerge un utilizzo delle infrastrutture elettriche e del gas non ottimale e la loro inidoneità a soddisfare, anche qualora rese più efficienti, una domanda in crescita.
È peraltro emerso come occorra individuare un punto di equilibrio tra l'esigenza di alimentare la concorrenza nel mercato del gas rendendo gli impianti accessibili ad una pluralità di imprese e la necessità di attribuire al costruttore, per un periodo di tempo predeterminato, i diritti d'uso degli stessi al fine di garantirgli un'adeguata remunerazione dell'investimento effettuato.
4.12 Le fonti rinnovabili.
L'Italia dispone di una normativa sotto molti profili assai avanzata in materia di fonti rinnovabili e di risparmio energetico. È comunque necessario promuovere, come osservato dal Ministro Marzano, nuovi operatori che facciano dell'ambiente un'occasione di produzione e di sviluppo. L'Italia è infatti agli ultimi posti in termini di produzione di beni e servizi rivolti alle fonti rinnovabili ed al risparmio energetico.
dovrebbe passare al 22%. A giudizio di Federelettrica il meccanismo dei certificati verdi non raggiunge gli obiettivi prefissati, perché, da un lato, tali certificati hanno un peso di appena 1 a 50 nella componente termoelettrica e, dall'altro, innescano meccanismi di mercato che non aiutano a raggiungere l'obiettivo del miglioramento dell'ambiente e inducono comportamenti inadeguati. Endesa Italia, sempre con riferimento ai certificati verdi, ha osservato come occorra tempo per programmare e realizzare i relativi investimenti, proponendo che alle aziende venga consentito di calcolare l'obiettivo del 2% della produzione cumulando le percentuali su base triennale. Ha inoltre auspicato la rimozione delle limitazioni normative sull'attribuzione dei certificati verdi alle produzioni di biomasse e di combustibili derivati da rifiuti.
5. Osservazioni conclusive.
5.1 La materia energetica ha da sempre costituito oggetto di prioritario interesse degli Stati nazionali e dominio assoluto delle sovranità nazionali: perché considerata essenziale sotto il profilo economico e strategica sotto quello politico. L'energia ha assunto valenze e significati - sotto il profilo dell'interesse pubblico - raramente riscontrate per altre materie, anche (se non soprattutto) in riferimento alla costruzione europea.
della disciplina comunitaria con conseguenze negative per gli Stati membri che, alla stregua dell'Italia, hanno pienamente recepito i contenuti delle direttive. È in particolare necessario stabilire tempi certi per la completa apertura del mercato sul versante della domanda, ivi incluse le utenze domestiche. Un'effettiva e completa liberalizzazione potrà peraltro realizzarsi solo quando verrà garantita la concreta contendibilità dell'offerta di energia. L'attenzione delle istituzioni comunitarie dovrebbe pertanto concentrarsi in misura maggiore di quanto sino ad ora è avvenuto su tale decisivo aspetto della liberalizzazione. Sarebbe inoltre opportuno che in sede comunitaria si avviasse una sistematica azione di monitoraggio volta a verificare, a livello nazionale ed europeo, i reali effetti dei processi in atto, i progressi compiuti e gli ostacoli che è necessario superare. È in tal senso significativo l'invito rivolto dal Consiglio europeo di Barcellona alla Commissione ed al Consiglio ad analizzare, nel Consiglio europeo della primavera del 2006, i risultati globali nel mercato interno europeo dell'energia. Sino a quando non sarà realizzata l'effettiva parità, formale e sostanziale, del livello di apertura dei mercati in tutti i paesi dell'Unione non è da escludere che si presenti la necessità di iniziative a tutela delle condizioni di reciprocità tra operatori.
programmazione economica e finanziaria. In tal modo, infatti, il Parlamento, che vanta peculiari rapporti con l'Autorità, potrebbe concorrere alla determinazione degli indirizzi e verificarne la congruità. Il medesimo Documento potrebbe essere altresì utilizzato, oltre che per le finalità indicate al successivo paragrafo 5.3, per fare il punto sull'andamento dei fabbisogni energetici, i risultati conseguiti e le iniziative da assumere, in modo da fornire alle Camere le informazioni necessarie a svolgere una costante azione di monitoraggio della politica energetica.
5.2 L'adozione di una «nuova politica energetica» non può che muovere da un'attenta ed obiettiva valutazione economica ed ambientale delle condizioni strutturali del nostro sistema energetico, dei risultati che ne derivano in termini di efficienza e benessere sociale, delle tendenze che vanno manifestandosi nelle sue principali variabili reali e degli esiti che ne potrebbero derivare.
idrocarburi genera, a sua volta, una simmetrica dipendenza dagli approvvigionamenti esteri: in una misura di poco inferiore all'85% di tutti i fabbisogni energetici interni e quasi due volte superiore al grado di dipendenza registrato dagli altri 14 paesi dell'Unione Europea.
5.3 Il processo di definizione della politica energetica è destinato ad essere fortemente condizionato dalla riforma del Titolo V della Costituzione, che ha attribuito alle Regioni la competenza legislativa concorrente in materia di produzione, trasporto e distribuzione nazionale dell'energia. Alla Commissione sono state da più parti segnalate le incongruenze che potrebbe determinare una non corretta attuazione del disposto costituzionale. I sistemi energetici hanno infatti una configurazione naturalmente e obiettivamente nazionale e, in quanto sistemi interconnessi a rete, integrati a livello nazionale ed anche internazionale, richiedono una disciplina unitaria. In particolare, una regolamentazione tendenzialmente uniforme appare indispensabile per garantire la neutralità delle condizioni di accesso dei terzi alle reti, fondamento di qualsiasi mercato concorrenziale, nonché, considerata la distribuzione affatto omogenea delle risorse energetiche sul territorio nazionale, per garantire i livelli essenziali delle prestazioni in tutto il paese. Non vanno per altro verso trascurate le difficoltà di interpretazione del disposto costituzionale. Viene, ad esempio, da domandarsi se il legislatore non menzionando
l'importazione, l'esportazione e lo stoccaggio dell'energia abbia effettivamente inteso riservare integralmentetali materie alle regioni, in applicazione del criterio residuale fatto proprio dall'articolo 117 della Costituzione, in virtù del quale tutte le materie non menzionate dal testo costituzionale sono di competenza delle regioni, o se si tratti piuttosto di una semplice lacuna che andrebbe colmata tenendo conto della peculiare natura delle singole attività. Necessita inoltre di un chiarimento il riferimento alla «distribuzione nazionale dell'energia», posto che la distribuzione, nella filiera dell'energia, è attività tipicamente rimessa al livello locale. In questo caso l'applicazione del predetto criterio residuale potrebbe tra l'altro indurre a ritenere che la distribuzione locale sia di esclusiva competenza regionale, conclusione quest'ultima che si presterebbe peraltro a forti obiezioni logiche e sistematiche.
economica e finanziaria, nell'ambito del quale il Governo potrebbe esporre le proprie valutazioni circa l'andamento della domanda e le corrispondenti variazioni dell'offerta di energia, indicando le conseguenti esigenze in termini di nuove infrastrutture. Nel medesimo Documento potrebbero inoltre essere definite le procedure che si intendono seguire per determinare, d'intesa con le regioni, i criteri per pervenire alla realizzazione degli impianti e delle opere connesse nonché al potenziamento delle reti di trasmissione e distribuzione dell'energia.
5.4 Una direttrice ineludibile di intervento è quella mirata all'aumento della quantità complessiva dell'offerta, della sua efficienza e anche della competitività degli operatori nazionali.
costruzione di nuovi impianti, per i quali lo snellimento del percorso autorizzativo è essenziale: l'intervento normativo dovrà completare e rendere stabili gli effetti positivi generati dal decreto-legge 7 febbraio 2002, n. 7, tenendo altresì conto del nuovo quadro costituzionale . Lo sviluppo di nuova capacità, oltre che a incidere sulla dinamica dei costi, potrebbe determinare effetti positivi in termini di diversificazione strategica delle fonti energetiche.
garante della concorrenza e del mercato ha in proposito evidenziato la possibilità di dinamiche al rialzo dei prezzi generate da una borsa le cui contrattazioni risultino condizionabili nei fatti da soggetti privilegiati. Peraltro, anche in presenza di una offerta di energia elettrica fortemente concentrata, l'avvio della borsa nel breve periodo costituisce un elemento di separazione e di trasparenza nei rapporti tra generazione e vendita, le due fasi della filiera elettrica ancora dominate dallo stesso operatore ma nelle quali è possibile promuovere la concorrenza. Inoltre, l'avvio di una borsa organizzata e gestita sulla base di criteri non discriminatori promuove l'ingresso di nuovi operatori, sia sul lato della generazione sia sul lato della vendita.
5.5 Ogni analisi prospettica sul sistema energetico non può che muovere dall'andamento atteso dei consumi di energia. Quantunque i margini di incertezza su tale variabile siano sempre elevati - per il gran numero di fattori che vi influiscono - da tale dato non è possibile prescindere: per la necessità di creare con largo anticipo dal lato dell'offerta le condizioni di un pieno soddisfacimento dei consumi; per le implicazioni che ne derivano sotto il profilo dell'impatto ambientale della produzione ed uso dell'energia; per la necessità di assicurare un armonico coordinamento tra i diversi decisori. La scelta del mercato - come sistema di allocazione delle risorse - non cancella, infatti, nel caso delle
industrie energetiche, la superiore esigenza di un forte coordinamento, come hanno dimostrato le negative esperienze della deregulation elettrica in California e in paesi come l'Argentina e il Brasile.
Per corrispondere pienamente dal lato dell'offerta all'atteso aumento dei consumi energetici totali e di quelli elettrici in particolare, è necessario, che si realizzi un forte impegno di investimenti: (a) nello sviluppo e ammodernamento della capacità produttiva, nel campo soprattutto della generazione elettrica; (b) nell'ampliamento delle infrastrutture di trasporto: soprattutto nelle importazioni di gas metano per le quali si prevede un aumento dagli attuali 55 mld. mc a livelli di 90 mld. mc. tra il 2010 ed il 2015. Un orizzonte assolutamente ravvicinato dati i lunghi tempi degli investimenti.
5.6 Le linee di azione.
È da premettere come condizione di ogni strategia sia naturalmente la protezione dell'ambiente, anche con riferimento agli impegni internazionali. L'Italia ha tenuto una condotta esemplare in ambito internazionale con riferimento a parametri molto importanti quali l'adozione di sistemi di abbattimento degli inquinanti, i consumi energetici pro capite (o per unità di PIL) molto contenuti; lo stesso vale sia per i livelli di immissione di CO2 nell'atmosfera, sia per il «mix» di fonti. Ne deriva l'importanza del ricorso consistente da parte dell'Italia, nell'applicazione del protocollo di Kyoto, ai meccanismi, previsti dal trattato, che consentono di accreditare a un paese industrializzato i benefici ambientali realizzati in un paese in via di sviluppo (dove peraltro i consumi crescono più celermente e la redditività degli investimenti è più elevata data l'inefficienza delle tecnologie attualmente impiegate) con l'apporto determinante del paese industrializzato.
condizioni di asimmetria ed eterogeneità, un percorso che rischia di divenire a senso unico. I progressi della ricerca in materia di energia nucleare andranno quindi attentamente seguiti e valutati. Da approfondire è inoltre il divario dei costi di produzione, nettamente a favore dell'energia nucleare. Un'attenta analisi, da promuovere anche a livello comunitario, dovrà, in particolare, essere svolta con riferimento ai diversi fattori di costo (oneri per la sicurezza, smaltimento dei rifiuti radioattivi, accantonamenti per decommissioning ecc.), anche al fine di verificare se la formazione del prezzo dell'energia nucleare avvenga secondo logiche di mercato.
continentale, del sistema di approvvigionamento delle fonti e di trasporto e trasformazione dell'energia. I concreti interventi da svolgere in questa direzione riguardano da una parte la prosecuzione della meritoria azione svolta in tal senso dall'ENI, lo stimolo all'ENEL perché agisca più energicamente in questa direzione in particolare attraverso joint-venture, la creazione di iniziative imprenditoriali miste quanto più possibili equilibrate nei ruoli e nelle aree di attività, dall'altra il completamento di infrastrutture di interconnessione sia per l'elettricità sia per i combustibili fossili lungo le linee già esposte. Senza tutelare indebitamente la posizione dell'operatore dominante sul mercato nazionale, occorre comunque aiutarlo a costruire le condizioni perché sia in grado di competere con gli altri operatori principali tanto sul mercato nazionale, quanto su quello europeo.
La necessità per la Commissione di concentrarsi sui problemi e sulle prospettive del settore è stata posta in relazione ai rilevanti mutamenti economici e normativi verificatisi in questo comparto produttivo, il cui quadro di riferimento, affatto stabilizzato, sta conoscendo un'ulteriore rapida evoluzione.
Partendo dai dati acquisiti e dalle conclusioni raggiunte nelle precedenti indagini conoscitive, svolte dalla Commissione nella scorsa legislatura, e attraverso un approfondimento delle diverse questioni tanto sul piano comunitario quanto a livello nazionale, l'obiettivo che si è proposto l'indagine è stato quello di valutare l'adeguatezza e le eventuali necessità di aggiornamento del quadro normativo nazionale e delle prospettive di effettiva realizzazione del mercato unico europeo, nonché di individuare possibili linee di indirizzo dell'azione del Governo sul piano interno e comunitario e le condizioni nelle quali le imprese italiane del settore si avviano alla competizione sul mercato continentale.
Nel corso dell'indagine la Commissione ha proceduto alle seguenti audizioni:
13 novembre 2001, Audizione di rappresentanti dell'Autorità per l'energia elettrica e il gas: Pippo RANCI, Presidente;
20 novembre 2001, Audizione di rappresentanti dell'Autorità garante della concorrenza e del mercato: Giuseppe TESAURO e Michele GRILLO rispettivamente Presidente e Membro dell'Autorità;
22 novembre 2001, Audizione di rappresentanti di Confindustria: Giampaolo GALLI, Direttore del centro studi, Massimo BECCARELLO, Direttore del nucleo public utilities e concorrenza e Domenico Andrea INGLIERI, Consigliere di Assocostieri (Associazione nazionale depositi costieri olii minerali);
22 novembre 2001, Audizione di rappresentanti di CGIL, CISL, UIL e UGL: Giovanni GUERISOLI, Segretario confederale della CISL, Renato MATTEUCCI, Componente del dipartimento dei settori produttivi e delle reti CGIL, Alfredo BELLI, Funzionario del settore energia della UIL, Arsenio CAROSI, Segretario generale della FLAEI, Giacomo BERNI, Segretario generale della FNLE, Giuseppe BRIANO, Funzionario di categoria UIL-CEM;
23 novembre 2001, Audizione di rappresentanti della Confapi (Confederazione Italiana della Piccola e Media Industria): Roberto Maria RADICE, Presidente;
23 novembre 2001, Audizione di rappresentanti della Confesercenti: Pietro ROSA GASTALDO, Segretario nazionale della FAIB (Federazione autonoma italiana benzinai);
23 novembre 2001, Audizione di rappresentanti della Confartigianato, della CNA (Confederazione nazionale artigianato
29 novembre 2001, Audizione di rappresentanti delle imprese locali del settore: Renzo CAPRA, Presidente dell'ASM Spa di Brescia; Franco REVIGLIO, Presidente dell'AEM Spa di Torino; Fulvio VENTO, Presidente della Confservizi e presidente dell'ACEA di Roma; Giuliano ZUCCOLI, Presidente di Federelettrica (Federazione nazionale imprese locali dei servizi elettrici) e Presidente della AEM Spa di Milano;
5 dicembre 2001, Audizione di rappresentanti dell'UNAPACE (Unione nazionale aziende produttrici e consumatrici di energia elettrica): Giordano SERENA, Presidente, Carlo DI PRIMIO, Vicepresidente e Francesco DE LUCA, Direttore generale;
15 gennaio 2002, Audizione di rappresentanti dell'Unione petrolifera:Pasquale DE VITA, Presidente e Piero DE SIMONE, Direttore;
16 gennaio 2002, Audizione di rappresentanti di Italenergia SpA: Umberto QUADRINO, Vicepresidente di Italenergia SpA, Giulio DEL NINNO, Amministratore delegato di Edison;
16 gennaio 2002, Audizione di rappresentanti della Conferenza dei presidenti delle regioni e delle province autonome: Pietro ARDUINI, Assessore alle finanze della regione Friuli-Venezia Giulia e Ugo CAVALLERA, Assessore all'ambiente della regione Piemonte;
16 gennaio 2002, Audizione di esperti del mondo accademico e della ricerca scientifica e tecnologica: Alberto CLÒ, Professore in economia industriale presso l'Università di Bologna e Fabio PISTELLA, Professore in economia applicata all'ingegneria presso l'Università di Roma 3;
23 gennaio 2002, Audizione di rappresentanti dell'ENEL: Chicco TESTA, Presidente e Franco TATÒ, Amministratore delegato;
7 febbraio 2002, Audizione di rappresentanti di ENI: Gian Maria GROS-PIETRO, Presidente, Vittorio MINCATO, Amministratore delegato;
14 febbraio 2002, Audizione di rappresentanti dell'ENEA: Carlo RUBBIA, Commissario straordinario;
15 febbraio 2002, Audizione del Vicepresidente della Commissione europea e Commissario ai trasporti e all'energia, Loyola DE PALACIO;
20 febbraio 2002, Audizione di rappresentanti di imprese estere del settore operanti in Italia: Jesus OLMOS CLAVIJO, Amministratore delegato Endesa Italia, Enzo CAPRA, Presidente dell'ASM di Brescia e vicedirettore esecutivo Endesa Europa;
27 febbraio 2002, Audizione del ministro delle attività produttive, Antonio MARZANO;
28 febbraio 2002, Audizione di rappresentanti del Gestore della rete di trasmissione nazionale: Salvatore MACHÌ, Presidente e Pier Luigi PARCU, Amministratore;
7 marzo 2002, Audizione del Commissario europeo alla concorrenza, Mario MONTI;
8 marzo 2002, Seguito dell'audizione del Ministro delle attività produttive, Antonio MARZANO.
Negli anni novanta viene avviata la politica di costruzione del mercato interno dell'energia, con l'obiettivo di realizzare un progressivo ridimensionamento dei monopoli pubblici. Tra le attribuzioni della Comunità compaiono anche l'adozione di «misure in materia di energia» e la politica di «incentivazione della creazione e dello sviluppo di reti transeuropee». In questo quadro sono adottate la direttiva 90/377/CEE del 29 giugno 1990 sulla trasparenza dei prezzi al consumatore finale di gas e di energia elettrica, nonché la direttiva 90/547/CEE del 29 ottobre 1990 e la direttiva 91/296/CEE del 31 maggio 1991 relative al transito sulle grandi reti dell'elettricità e del gas naturale. A completamento di una prima fase della politica comunitaria, con la direttiva 94/22/CE del 30 maggio 1994 sono state liberalizzate le attività di prospezione, ricerca e coltivazione di petrolio e gas naturale.
Il processo di liberalizzazione riceve tuttavia un impulso determinante solo con la direttiva 96/92/CE del 19 dicembre 1996 e la direttiva 98/30/CE del 22 giugno 1998 che definiscono regole comuni per il funzionamento del mercato interno dell'elettricità e del gas. Le direttive sono orientate a realizzare un mercato dell'energia concorrenziale contraddistinto dalla eliminazione di ogni diritto esclusivo in materia di produzione, importazione, esportazione e vendita. Un importante strumento al quale si affidano le nuove direttive per aprire il mercato alla concorrenza è rappresentato dal riconoscimento in favore di una determinata categoria di consumatori (i c.d. clienti idonei), i cui componenti sono destinati ad un progressivo incremento, della libertà di scegliere il fornitore del servizio. La tendenza alla liberalizzazione è bilanciata dal riconoscimento dell'esigenza di garantire, attraverso l'imposizione di obblighi alle imprese da parte degli Stati, standards di servizio pubblico in tema di sicurezza, regolarità dell'approvvigionamento, qualità, prezzo, tutela dell'ambiente. Gli Stati membri che lo desiderano, inoltre, possono attuare una programmazione a lungo termine per garantire la sicurezza degli approvvigionamenti.
Le direttive, in applicazione del principio di sussidiarietà, non definiscono una disciplina rigida e riconoscono ampi margini di discrezionalità a ciascuno Stato membro che può scegliere il regime più rispondente alla sua particolare situazione.
Per quanto specificamente riguarda il settore elettrico, gli ulteriori principi fondamentali desumibili dalla direttiva 96/92/CE sono i seguenti:
ingresso di nuovi operatori nel settore della generazione da realizzarsi o attraverso un regime di autorizzazione a singoli produttori in possesso di determinati requisiti o attraverso un regime di programmazione e gare d'appalto;
separazione della gestione rete di trasmissione dalle attività di generazione e di distribuzione;
separazione contabile tra le attività di generazione, trasmissione e distribuzione per le imprese che operano in tutte e tre le fasi;
accesso alla rete negoziato (i consumatori acquistano energia direttamente dai produttori e devono inoltre avere libero accesso alle reti di trasmissione e distribuzione), anche attraverso il sistema dell'Acquirente unico, persona giuridica designata dallo Stato con il compito di acquistare energia dai produttori e di collocarla sul mercato (in questo caso ai clienti idonei deve tuttavia essere conservata la facoltà di rivolgersi direttamente ai produttori).
riconoscimento dei medesimi diritti alle imprese del settore, che devono essere gestite secondo principi commerciali;
obbligo per le imprese integrate di tenere contabilità separate per le attività di trasporto, distribuzione e stoccaggio di gas naturale;
garanzia dell'accesso dei terzi (clienti idonei) alla rete di trasporto attraverso una procedura di accesso negoziato (la stipula di contratti di vettoriamento sulla base di accordi commerciali volontari) o di una procedura di accesso regolamentato (l'accesso dei clienti idonei alla rete è automatico ed avviene sulla base di tariffe regolamentate);
limitazioni dell'accesso alla rete solo a motivo del difetto di capacità della rete stessa, quando l'accesso comprometterebbe l'adempimento degli obblighi di servizio pubblico ed in presenza di gravi difficoltà economiche connesse ai contratti take or pay (tali contratti impegnano l'importatore a garantire al fornitore i ricavi indipendentemente dalla quantità prelevata).
Per quanto riguarda il settore elettrico, la direttiva dispone che siano dichiarati subito clienti idonei quelli con un consumo annuo superiore a 100 GWh e le imprese di distribuzione. Per il resto viene affidato ai singoli Stati il compito di realizzare un'apertura significativa del mercato attraverso l'individuazione della quota del mercato nazionale da calcolarsi sulla base della quota consumata dai clienti finali il cui consumo sia superiore a 40GWh l'anno. Tale livello di consumo annuale doveva essere ridotto a 20GWh e poi a 9GWh rispettivamente dopo 3 e 6 anni dall'entrata in vigore della direttiva.
Riguardo al settore del gas, la direttiva prevede che siano considerati clienti idonei i produttori di energia elettrica, le aziende distributrici per la quota di consumo dei propri clienti idonei ed i clienti finali con un consumo di 25 milioni di metri cubi per sito (la soglia si abbassa a 15 e 5 milioni di metri cubi trascorsi rispettivamente 5 e 10 anni dall'entrata in vigore della direttiva). È compito degli Stati realizzare immediatamente un'apertura del mercato pari al 20% dei consumi annuali nazionali, percentuale questa che dovrà crescere sino al 28% dopo 5 anni ed al 33% dopo 10 anni.
In proposito va rilevato come la liberalizzazione di un mercato dipenda, nominalmente dalla quota di clienti liberi, ma sostanzialmente dalla quota di offerta libera effettivamente disponibile. In materia le direttive non contengono tuttavia prescrizioni vincolanti e ciò consente che si realizzi un diverso livello di apertura dell'offerta nei singoli Stati membri.
Entrambe le direttive prevedevano che la Commissione promuovesse uno studio approfondito sul processo di liberalizzazione. Tuttavia il documento prodotto (Completing the internal market - SEC/2001/438) non fornisce una rappresentazione analitica e puntuale degli effetti dell'apertura del mercato nei singoli paesi e si limita prevalentemente ad affermazioni di carattere generale circa la positività delle scelte effettuate. Ciò ha impedito l'emersione delle distorsioni e delle incongruenze della prima fase di liberalizzazione - evidenziate nel corso delle audizioni (v. par. 4.2) - che potrebbero tra l'altro riproporsi nella seconda fase a danno dei paesi che più hanno aperto i loro mercati.
La proposta di direttiva prevede di liberalizzare il mercato elettrico per tutti i consumatori non domestici a partire dal primo gennaio 2003 e quello del gas dal primo gennaio 2004 nonché di liberalizzare entrambi i mercati anche per i consumatori domestici a partire dal primo gennaio 2005.
Le altre fondamentali proposte della Commissione erano le seguenti:
consentire solo l'accesso regolato alle reti di trasporto e di distribuzione sulla base di tariffe stabilite o approvate dall'Autorità;
l'obbligo di costituire un gestore della rete di trasporto ed un gestore della rete di distribuzione che operino in regime di separazione contabile qualora le reti non risultino separate proprietariamente dalle altre attività;
l'obbligo, per le imprese integrate, di separare contabilmente l'attività di vendita;
l'obbligo per gli Stati membri di costituire Autorità di regolamentazione indipendenti dagli operatori, alle quali può essere assegnato il compito di monitorare la sicurezza di fornitura dell'energia elettrica (il monitoraggio dell'andamento della domanda e dell'offerta di energia è comunque un obbligo per gli Stati membri);
la ridefinizione degli obblighi di servizio pubblico, con l'introduzione di obblighi specificamente indicati per la tutela dei consumatori;
l'obbligo di garantire il servizio universale, inteso come diritto riconosciuto a tutti i clienti nei diversi Stati membri ad «essere forniti di elettricità di una qualità specificata a prezzi accessibili e ragionevoli».
libertà di scelta del fornitore elettrico e del gas per tutti i consumatori non domestici a partire dal 2004;
il rinvio ad una data anteriore al Consiglio europea di primavera del 2003 della decisione di ulteriori misure che dovranno in ogni caso tenere conto degli obblighi di servizio pubblico, della sicurezza dell'approvvigionamento e della tutela delle aree periferiche e dei gruppi di popolazione più vulnerabili;
separazione della trasmissione e distribuzione dalla produzione e fornitura;
accesso non discriminatorio dei consumatori e produttori alla rete sulla base di tariffe trasparenti e pubblicate;
istituzione in ciascuno Stato membro di una funzione di regolamentazione, nell'ambito del quadro normativo appropriato;
l'obiettivo di raggiungere entro il 2005 un livello di interconnessione delle reti elettriche pari ad almeno il 10% della capacità di generazione installata.
All'Autorità, alla quale viene attribuita piena autonomia ed indipendenza di giudizio e di valutazione, sono conferite sia funzioni di governo del comparto di natura prettamente amministrativa sia funzioni di garanzia di carattere paragiurisdizionale ed arbitrale. L'Autorità, oltre a dover adottare le misure necessarie al funzionamento del mercato e a regolare il settore di competenza, è tenuta a svolgere una funzione consultiva e di proposta nei confronti del Governo e del Parlamento. Tra le competenze maggiormente significative dell'Autorità si ricordano la formulazione di osservazioni e proposte a Governo e Parlamento sui servizi da assoggettare a regime di concessione e di autorizzazione; la proposta ai ministri competenti degli schemi di rinnovo o variazione delle concessioni; il controllo sulle modalità di accesso per i soggetti esercenti i servizi; il potere di determinare ed aggiornare, in relazione all'andamento del mercato, le tariffe, nonché le modalità per il recupero dei costi sostenuti nell'interesse generale; l'adozione delle direttive per la separazione contabile ed amministrativa e la verifica dei costi delle singole prestazioni; il controllo dello svolgimento dei servizi con poteri di ispezione e di accesso; la valutazione di reclami, istanze e segnalazione presentate dagli utenti e dai consumatori.
Le competenze del Ministro delle attività produttive in materia di elettricità e gas sono state invece disciplinate dalle normative di settore (decreto legislativo 16 marzo 1999, n. 79, per l'energia elettrica e decreto legislativo 23 maggio 2000, n. 164, per il gas). Le medesime normative hanno inoltre declinato, con riferimento ai singoli settori, le competenze dell'Autorità individuate in via generale dalla legge n. 481.
Riguardo ai comparti dell'elettricità e del gas viene quindi a delinearsi un quadro delle competenze assai complesso ove, ferma restando la potestà di indirizzo degli organi politici (Governo, Parlamento, Ministro), le funzioni di regolamentazione ed amministrative risultano ripartite tra il Ministro delle attività produttive e l'Autorità per l'energia elettrica ed il gas. In linea generale, i compiti che implicano l'esercizio di discrezionalità amministrativa
Anche le regioni e gli enti locali sono titolari di compiti amministrative nei settori in esame, con particolare riguardo all'organizzazione dei servizi sul territorio e alle fonti energetiche rinnovabili. Il conferimento delle funzioni è avvenuto con il decreto legislativo 31 marzo 1998, n. 112, come modificato dal decreto legislativo 29 novembre 1999, n. 443, che ha in particolare attribuito alle regioni la costruzione e l'esercizio di impianti di energia elettrica di potenza inferiore ai 300 MW termici e le reti di trasporto con tensione inferiore a 150 kW. Alle regioni spettano inoltre la concessione di contributi ad impianti che utilizzano fonti alternative, la concessione di contributi per la costruzione o riattivazione di impianti idroelettrici e l'emanazione di norme per la certificazione energetica degli edifici.
La tutela degli interessi generali e collettivi inerenti ai settori in esame risulta pertanto affidata ad una pluralità di soggetti, determinando una struttura di regolazione particolarmente complessa, caratterizzata da un intreccio di competenze politiche, amministrative e tecniche.
Il quadro delle competenze deve infine tenere conto del nuovo testo dell'articolo 117 della Costituzione, introdotto dalla legge costituzionale 18 ottobre 2001, n. 3, che ha inserito tra le materie di legislazione concorrente la produzione, il trasporto e la distribuzione nazionale dell'energia. Deve peraltro essere considerato come la materia dell'energia presenti profili non estranei a materie rimesse alla competenza esclusiva dello Stato quali la tutela dei mercati finanziari e della concorrenza, la determinazione dei livelli essenziali delle prestazioni concernenti i diritti civili e sociali e la tutela della sicurezza nazionale. Il sistema delle competenze legislative è in ogni caso destinato a subire rilevanti modifiche volte ad attribuire alle regioni un ruolo assai più significativo.
È infine da ricordare come la legge costituzionale n. 3 del 2001 incida anche sui criteri per il riparto delle funzioni amministrative tra Stato, regioni ed enti locali, modificando, con il nuovo testo dell'articolo 118, il previgente principio del parallelismo tra funzioni legislative e funzioni amministrative, derogabile peraltro dal legislatore ordinario. Tale genere di funzioni è ora attribuito in via generale ai Comuni «salvo che, per assicurarne l'esercizio unitario, siano conferite a Province, Città metropolitane, Regioni e Stato, sulla base dei principi di sussidiarietà, differenziazione ed adeguatezza».
riserva dell'attività di trasmissione e dispacciamento allo Stato e affidamento della relativa gestione ad un soggetto pubblico, il Gestore della rete, che ha il compito di garantire la sicurezza, l'affidabilità e l'efficienza della rete e l'obbligo di consentire la connessione alla rete a tutti i soggetti che ne facciano richiesta. La proprietà della rete resta invece all'ENEL;
costituzione da parte dell'ente gestore della rete di una società per azioni, l'Acquirente unico, con il compito di garantire
costituzione da parte dell'ente gestore della rete di una società per azioni, il Gestore del mercato, cui spetta l'organizzazione del mercato dell'energia elettrica- basato sul sistema dei contratti bilaterali e, a partire dal gennaio 2001, su di una borsa dell'energia elettrica (a tutt'oggi non operante) - secondo criteri di neutralità, trasparenza, obiettività e di concorrenza tra produttori;
piena liberalizzazione delle attività di produzione e di importazione dell'energia elettrica, con previsione del regime autorizzatorio per la costruzione e l'esercizio degli impianti;
fissazione di un limite alla quota di produzione di energia da parte di una singola azienda: dal 1o gennaio 2003 nessun soggetto potrà produrre o importare più del 50% dell'energia elettrica prodotta o importata in Italia. Al fine del rispetto di tale limite, è prevista la cessione da parte dell'ENEL di 15 mila MW della propria capacità produttiva;
è fatto obbligo alle imprese distributrici di connettere alle proprie reti tutti i soggetti che ne facciano richiesta e si prevede il rilascio di una sola concessione di distribuzione per ciascun ambito comunale;
sono liberalizzate le attività di importazione ed esportazione dell'energia elettrica. Il Gestore della rete ha il compito di individuare le linee interconnesse con quelli di altri Stati e di comunicare al Ministero delle attività produttive ed all'Autorità di settore la capacità della rete utilizzata per l'importazione e per l'esportazione nonché una previsione sulla capacità disponibile nel decennio;
viene incentivato l'uso delle energie rinnovabili, il risparmio energetico, la riduzione delle emissioni di anidride carbonica e l'utilizzo delle risorse energetiche nazionali, prevedendo, a carico degli importatori e dei produttori che concorrono all'offerta di energia per più di 100 GWh su base annua, l'obbligo di immettere nella rete una quota di energia prodotta da fonti rinnovabili, pari inizialmente ad almeno il 2%, o di acquistare una quota equivalente da altri produttori o dall'operatore di mercato;
l'ENEL viene obbligata a costituire più società per azioni aventi ciascuna rispettivamente ad oggetto la produzione, la distribuzione e la vendita ai clienti vincolati, la vendita ai clienti idonei e la proprietà della rete di trasmissione;
vengono definiti clienti idonei i distributori, i grossisti, i clienti idonei stranieri, i clienti finali e le imprese che abbiano consumato nell'anno precedente più di 30GWh, dal 1o gennaio 2001 tale soglia è scesa a 20GWh e dal 1o gennaio 2002 a 9GWh. La legge n. 57 del 2001, che per questa parte risulterà operativa solo novanta giorni dopo che l'ENEL avrà ceduto almeno 15 mila MW di capacità produttiva, ha quindi attribuito la qualifica di cliente idoneo a tutti i clienti finali, singoli o associati, il cui consumo sia risultato nell'anno precedente superiore a 0,1 GWh e sia destinato alle attività esercitate da imprese nonché alle pubbliche amministrazioni.
La normativa vigente può essere sinteticamente riassunta come segue:
la prospezione, ricerca e coltivazione di idrocarburi sono aperte ai privati: sono previste procedure concorsuali per il rilascio delle autorizzazioni all'esercizio del diritto esclusivo di ricerca e coltivazione in una determinata area geografica;
l'Autorità per l'energia elettrica ed il gas è competente in materia di determinazione di tariffe di stoccaggio, dispacciamento, distribuzione e vendita ai clienti non idonei; risoluzione di controversie relative all'accesso al sistema del gas; predisposizone del contratto tipo per la definizione dei rapporti tra gli enti affidanti ed il gestore del servizio di distribuzione; fissazione dei criteri di accesso alla rete ed obblighi delle imprese di trasporto; criteri per la realizzazione delle opere di allacciamento;
l'approvvigionamento (importazione e coltivazione) è soggetto a semplice comunicazione se il gas proviene da paesi UE e ad autorizzazione del Ministro delle attività produttive se proviene da paesi extracomunitari;
il trasporto ed il dispacciamento sono attività libere ma di interesse pubblico (ne deriva l'obbligo per le imprese di allacciare alla propria rete gli utenti che lo richiedono ed il compito del Ministro delle attività produttive di definire la rete dei gasdotti e le regole del dispacciamento in casi di emergenza);
l'attività di stoccaggio è esercitata in regime di concessione di durata non superiore a 20 anni ed i titolari sono soggetti a determinati obblighi;
l'attività di distribuzione è svolta in regime di servizio pubblico, affidata mediante gara e per non oltre 12 anni;
l'attività di vendita ai clienti finali è sottoposta ad autorizzazione del Ministro delle attività produttive rilasciata sulla base delle capacità tecniche e finanziarie;
è stabilita una quota massima di vendita ai clienti finali (50% dei consumi nazionali) e di immissione di gas nella rete nazionale (75% dei consumi nazionali);
dal 1o gennaio 2002 sono oggetto di separazione societaria: l'attività di trasporto e dispacciamento; l'attività di distribuzione; l'attività di vendita, che può inoltre essere svolta solo dalle imprese che non svolgano nel settore altre attività oltre quelle di importazione, esportazione e coltivazione;
per l'attività di stoccaggio è prevista la separazione contabile dalle attività di trasporto e dispacciamento e la separazione contabile da tutte le altre attività della filiera;
la qualifica di cliente idonei viene attribuita a determinate categorie di imprese che acquistano o utilizzano il gas ed a tutti gli utenti finali con consumi superiori a 200 mila Smc annui; dal 1o gennaio 2003 tutti i clienti sono idonei;
sono previsti, a condizioni di reciprocità, i medesimi diritti per tutte le imprese di paesi UE.
Il Presidente dell'ENI ha per parte sua osservato come il settore dell'energia non possa funzionare solo sulla base di condizioni di mercato, perché i tempi di predisposizione dell'offerta sono molto lunghi e la domanda di energia è rigida, e richieda sia una regolazione del mercato sia una politica industriale. Di analogo tenore sono apparse le considerazioni del Gestore della rete di trasmissione nazionale, secondo il quale una transizione dal monopolio al mercato non può esistere senza una politica energetica, senza un progetto che dia agli investitori le certezze di cui hanno bisogno. Anche ad avviso delle organizzazioni sindacali occorrerebbe una più intensa attività di indirizzo da parte del Governo e del Parlamento da esercitarsi, in particolare, in sede di predisposizione del Documento di programmazione economico-finanziaria.
La difficoltà delle moderne politiche energetiche - come ha sottolineato il prof. Clò - è tuttavia dovuta al fatto di non disporre più degli strumenti di un tempo quali i monopoli, le imprese pubbliche, gli aiuti di Stato e la programmazione. Da qui la necessità di reinventare tali politiche, facendo affidamento su strumenti compatibili con il mercato, come è stato fatto negli ultimi anni in Europa dove, con un approccio pragmatico e discreto, sono state rafforzate e concentrate le industrie nazionali, nella prospettiva di una competizione non più nazionale ma continentale.
Una politica in materia di programmazione, attuata secondo strumenti idonei, non è del resto incompatibile, come ha rilevato il Commissario europeo Monti, con le politiche di liberalizzazione perseguite dalle direttive comunitarie. Gli esponenti della Conferenza dei Presidenti delle regioni e delle province autonome hanno indicato come un possibile ed utile strumento di politica energetica proprio un'azione di programmazione e pianificazione svolta attraverso una cabina di regia costituita da rappresentanti statali e regionali. È stato in proposito ricordato come le regioni abbiano già da tempo adottato piani energetici, inizialmente orientati alle fonti rinnovabili e, dopo il recente ampliamento delle competenze amministrativa, con oggetto e finalità più ampi.
Il ministro Marzano ha annunciato di stare predisponendo un documento, che ha chiamato programma energetico, nel quale riassumere l'insieme degli obiettivi, degli indirizzi e degli strumenti. Il Ministro ha rilevato come, oltre al Parlamento ed al Governo, esista una molteplicità di soggetti con un ruolo nel settore dell'energia (Unione europea, regioni, enti locali, Autorità per l'energia elettrica ed il gas, Autorità antitrust). A suo giudizio occorre chiarire i ruoli e le competenze nella definizione della politica energetica, facendo coincidere responsabilità e poteri.
In proposito è stato da più parti rilevato come il processo di recepimento, da valutarsi in base alla libertà di scelta concessa ai consumatori, alla facoltà di accesso alle reti ed alla separatezza della gestione della rete, non appaia assolutamente uniforme, bensì avanzato in alcuni ed arretrato in altri Stati membri. Come si è visto, la Commissione europea, al fine di assicurare una maggiore uniformità nel recepimento delle direttive, ha proposto al Consiglio europeo l'adozione di una nuova direttiva che è stata oggetto di esame al Consiglio europeo di Barcellona.
Ad avviso dell'Autorità per l'energia elettrica ed il gas, nell'Unione europea i mercati energetici risultano attualmente poco comunicanti e la transizione verso un mercato unico è frenata dall'insufficienza delle interconnessioni fisiche, dalla eterogeneità delle strutture industriali e di mercato, dall'insufficiente incisività delle regole comuni indicate dalle direttive e dalla diversa velocità e incisività con cui i sistemi nazionali convergono verso di esse. Ad esempio l'Autorità ha ricordato come i gestori delle reti di trasmissione dell'elettricità europee non abbiano ancora raggiunto un accordo per introdurre un sistema trasparente di tariffe di transito sulla rete e come la direttiva sul gas naturale non sia stata ancora recepita da alcuni Stati membri, tra cui la Francia e la Germania. Senza investimenti nella capacità di interconnessione, come ha ribadito la società Endesa, non è facile parlare di mercato unico.
È importante sottolineare come le asimmetrie che si registrano nel contesto europeo non derivino soltanto da ritardi nell'attuazione delle direttive ma anche dal contenuto delle direttive stesse che lasciano ampi spazi di discrezionalità ai singoli paesi. Ciò consente, ad esempio, che in Francia la EDF (Electricité de France) operi in posizione di sostanziale monopolio ed utilizzi al contempo le opportunità competitive offerte dal processo di liberalizzazione dell'offerta in atto in altri paesi. L'ENEL ha sostenuto che anche in Germania è in corso una liberalizzazione solo apparente in quanto le imprese tedesche sarebbero tutelate, nelle rispettive zone d'influenza, da un sistema di accesso alle reti negoziato e non regolamentato, che rende estremamente difficile per i loro concorrenti penetrare nel mercato.
L'ENI, con riferimento al mercato del gas, ha ritenuto che la principale asimmetria sia stata determinata dall'ampiezza con la quale l'Italia ha applicato la direttiva comunitaria, che non prevedeva né l'apertura totale immediata del mercato, fissata a livello nazionale per il 2003, né la fissazione delle quote massime di immissione del gas nella rete nazionale (75% dei consumi nazionali) e di vendita ai clienti finali (50% dei consumi nazionali). Anche con riferimento al mercato dell'energia elettrica sono stati introdotti, a livello nazionale, i limiti all'offerta di energia evidenziati al paragrafo 3.2 che non trovano corrispondenza negli altri Stati membri.
Complessivamente emerge, come osservato dal prof. Pistella, l'insussistenza allo stato di una politica comunitaria realizzata in maniera equilibrata nei diversi paesi e la scelta di ciascun paese di procedere in maniera autonoma, con la conseguenza che paesi con sistemi diversi dal nostro possono trarre grossi vantaggi dall'accelerazione del processo di apertura del mercato italiano.
La Commissaria europea Loyola de Palacio ha affermato che la migliore risposta all'asimmetria dei mercati è quella di attuare una totale apertura dei mercati stessi e non ha ritenuto, invece, accettabile il blocco dell'apertura del mercato interno dell'energia. Per il Commissario Europeo Monti la soluzione al problema delle asimmetrie non può in ogni caso essere rappresentata dal contrastare, attraverso l'introduzione di limitazioni alla circolazione dei capitali, l'acquisizione di imprese nazionali da parte di imprese europee che beneficiano di particolari protezioni. Occorre invece a suo avviso sostenere la nuova proposta di direttiva avanzata dalla Commissione che mira a rendere effettiva
Dal complesso delle opinioni acquisite dalla Commissione, emerge come la presenza di asimmetrie non possa giustificare un arresto del processo di liberalizzazione. È stato tuttavia sottolineato, tra gli altri dal Ministro Marzano, la necessità di impegnarsi per stabilire condizioni di corretta competizione tra gli operatori in ambito europeo.
L'Unapace, pur non dichiarandosi in linea di principio contraria alla devoluzione di poteri a livello centrale e locale, ha rilevato come in Europa si lavori per costruire un mercato continentale e sarebbe pertanto grave se in Italia si operasse in controtendenza, frantumando regole e competenze ed introducendo ulteriori elementi di incertezza.
L'Unione petrolifera ha sottolineato l'opportunità di mantenere una capacità di aggregazione e di indirizzo all'autorità centrale, rilevando come il sistema energetico formi un mercato mondiale e sia difficile ipotizzare norme regionali differenti. Poiché tutti vendono il proprio prodotto sui mercati internazionali, tutti devono potere agire secondo le stesse regole, gli stessi vincoli e gli stessi oneri. Un certo grado di decentramento è ritenuto possibile ma senza perdere di vista l'unicità di indirizzo, soprattutto con riguardo all'aspetto industriale.
L'ENEL ha giudicato il nuovo articolo 117 Cost. un elemento di criticità del sistema, ricordando come il sistema elettrico si basi su sistemi a rete nazionali, non regionalizzabili, che richiedono una regolamentazione uniforme e centrale. Il proliferare dei centri di regolazione sarebbe tra l'altro in controtendenza con il processo di convergenza europea, volto a realizzare un mercato integrato. È stato inoltre evidenziato come si determinerebbe un allargamento del divario tra regioni più e meno sviluppate, mettendo a rischio il principio della tariffa unica nazionale per gli utenti domestici, e la spinta che ne deriverebbe per gli operatori a sviluppare gli investimenti nelle regioni più ricche e con maggiore domanda.
Italenergia ha sostenuto che la produzione di energia elettrica non può essere demandata alla competenza delle regioni, altrimenti si potrebbero creare situazioni paradossali, sia per la distribuzione sia per la produzione. Inoltre il problema del fabbisogno energetico è nazionale per definizione e solo a questo livello può trovare soluzione. Le regioni possono essere coinvolte in alcuni ambiti ma se potessero decidere sulla costruzione di nuove centrali o sul potenziamento di una rete che passa sul loro territorio si creerebbero situazioni insostenibili. Il Presidente di Federelettrica e della AEM spa di Milano ha tuttavia sottolineato che l'attività di produzione, di vendita e distribuzione dell'energia elettrica è molto più vicina ad una dimensione locale ed ha una chiara dimensione regionale.
I rappresentanti della Conferenza dei presidenti delle regioni e province autonome hanno auspicato una legislazione nazionale che tracci indirizzi chiari, precisi e vincolanti per tutti ed un'azione di programmazione e pianificazione. È stato inoltre ricordato come, al fine di evitare motivi di conflitto, le regioni abbiano chiesto l'istituzione di una cabina di regia. Le regioni hanno infine evidenziato come il
Secondo il ministro Marzano la nuova normativa costituzionale mette a repentaglio la funzionalità del sistema con il rischio di indurre nel breve-medio periodo gravi problemi anche nella fornitura di servizi per loro natura essenziali. Ciò in quanto le risorse e le infrastrutture energetiche hanno allocazione, configurazione e funzionalità di carattere nazionale. Il Ministro ha citato ad esempio la rete nazionale di trasmissione dell'energia elettrica, che collega le principali centrali di produzione e le linee di importazione, e necessita di una gestione unitaria per assicurare l'approvvigionamento di tutte le regioni, nonché la rete nazionale di trasporto del gas naturale che presenta caratteristiche analoghe.
Il Ministro Marzano, premesso di non avere dubbi sulla necessità di un'autorità indipendente dagli operatori, ha osservato come i decreti di recepimento delle due direttive comunitarie di liberalizzazione abbiano accresciuto i compiti dell'Autorità ma, soprattutto, abbiano creato una forte connessione tra i compiti affidati a quest'ultima e quelli dell'amministrazione centrale, senza far venire meno il carattere di indipendenza dell'Autorità dal Governo. Tale commistione di ruoli rende oggi difficile al Governo, privato degli strumenti necessari, portare avanti una coerente politica energetica, di cui è pur sempre responsabile. Per il Ministro le autorità di regolazione, nell'ottica europea, hanno il compito di definire, in modo trasparente e non discriminatorio, le condizioni tecniche ed economiche per l'accesso e l'uso della rete.
La Confindustria ha ricordato di aver sempre difeso l'autonomia e l'indipendenza dell'Autorità, e di ritenere utile un'autorità di settore, almeno fino a quando non si avrà un mercato completamente liberalizzato. Ha tuttavia osservato come l'Autorità tardi a definire alcune condizioni cruciali di accesso, quali i codici di rete per l'accesso alle infrastrutture di trasporto, stoccaggio e distribuzione, generando eccessiva incertezza negli operatori. L'Unapace si è dichiarata contraria a rimettere in discussione l'esistenza dell'Autorità che dovrebbe continuare ad operare con le competenze e nei limiti stabiliti dalla legge istitutiva.
A giudizio dell'ENEL, l'Autorità ha messo un certo ordine nel sistema tariffario ma, anche a causa di una troppo generica ed ampia attribuzione di poteri, sia nella legge istitutiva sia nel decreto di liberalizzazione, tende ad assumere compiti di indirizzo e di politica industriale del tutto in contrasto con lo spirito originario e le competenze tipiche di tali soggetti. Inoltre troppo spesso sarebbe assente un processo negoziale tra operatori ed Autorità e le procedure di consultazione si ridurrebbero ad un rito formale, con la conseguenza di un accresciuto ricorso alla giustizia amministrativa. L'ENI ha sottolineato come, a motivo dell'incertezza che caratterizza il mercato, l'Autorità è stata spesso costretta a svolgere compiti che non le erano propri tentando di risolvere problemi che investono la politica economica e, a volte, la politica estera, come nel caso dei contratti take or pay.
Il prof. Clò si è richiamato alla legge n. 481 del 1995, per osservare come l'Autorità abbia una responsabilità di carattere amministrativo che non può non rimandare a linee di indirizzo politico. Queste, in parte, non sono intervenute e ciò ha portato l'Autorità a svolgere un'azione suppletiva di ruoli di competenza del Governo. Occorre pertanto riprendere il filo della politica energetica, nella piena osservanza della separatezza tra funzione politica e funzione amministrativa che rappresenta l'aspetto più qualificante ed innovativo della legge istitutiva. Valutazioni
I Commissari europei Loyola de Palacio e Monti si sono limitati ad esprimere apprezzamento per la figura delle Autorità indipendenti senza entrare nel merito del ruolo svolto dall'Autorità nel contesto italiano.
L'Autorità per l'energia elettrica ed il gas ha osservato come, affinché il processo di liberalizzazione si svolga correttamente, sia essenziale l'attività di regolazione. L'Autorità assicura infatti agli operatori di settore un quadro di regole coerente e stabile nel tempo, disegnato e fatto applicare con imparzialità. Dopo aver rilevato come, la presenza dominante di imprese controllate dallo Stato accentui l'esigenza di prevedere un'ampia autonomia per l'organismo di regolazione, l'Autorità ha sottolineato come la sua attività sia orientata agli obiettivi definiti dal Parlamento e dal Governo nonché coordinata con l'azione del Governo stesso. L'Autorità ha altresì evidenziato di essere soggetta ad un'azione di controllo che si esplica attraverso la presentazione di una relazione annuale al Parlamento ed al Governo, la verifica contabile da parte della Corte dei conti, la partecipazione dei soggetti interessati alle decisioni e la soggezione al sindacato giurisdizionale.
Nel settore del gas, la rete di trasporto è attualmente posseduta quasi integralmente dalla SNAM del gruppo ENI. L'attività di trasporto e dispacciamento deve essere esercitata in forma di separazione societaria. Tale vincolo è stato stigmatizzato negativamente da ENI secondo la quale l'esistenza di un operatore unico integrato nell'intera filiera garantiva il coordinamento di tutte le parti del sistema. Per disciplinare l'utilizzo della rete è prevista l'adozione di un codice di rete da parte dell'Autorità per l'energia elettrica ed il gas che non è ancora intervenuto. A tale lacuna ha sopperito l'ENI attraverso un codice di rete provvisorio che si basa su due fondamentali criteri: l'assegnazione della capacità di trasporto ai clienti della rete in base alle priorità di accesso al sistema (secondo ENI tale scelta sarebbe peraltro di competenza del livello politico); la definizione degli aspetti tecnico-operativi (qualità del servizio, sistema tariffario, programmazione trasporto, sicurezza).
Nel settore elettrico, la gestione centralizzata della rete, affidata all'Ente gestore della rete di trasmissione nazionale, è finalizzata a garantirne la sicurezza, l'affidabilità e l'efficienza nonché la libertà di accesso alla rete stessa a parità di condizioni. Il Gestore è costituito sotto forma di società per azioni a totale partecipazione pubblica e controlla due altre società per azioni denominate Gestore del mercato ed Acquirente unico. Il Gestore non è proprietario della rete di trasmissione che appartiene quasi integralmente all'ENEL.
Il piano di sviluppo della rete elettrica per i prossimi tre anni si propone di soddisfare quattro tipi di esigenze: connessione di nuovi impianti di generazione; incremento della domanda di elettricità; potenziamento dell'interconnessione con l'estero; superamento di vincoli di separazione delle zone geografiche e dei poli limitati di produzione.
Numerosi rilievi hanno riguardato il fatto che il Gestore della rete elettrica non
L'Italia è l'unico paese europeo ad avere adottato un modello di separazione tra proprietà e gestione della rete e questo determina, a giudizio dell'Autorità per la concorrenza ed il mercato, l'insorgere di problemi organizzativi ed anche relativi alla struttura del mercato. Quanto ai primi, l'Autorità ha osservato come gli investimenti per la manutenzione e lo sviluppo risultino di fatto rimessi agli esiti dei rapporti negoziali tra proprietario - la società Terna controllata dall'ENEL - e gestore della rete. In merito ai secondi, si è rilevato come l'ENEL resti in posizione dominante sul versante della produzione e della vendita e sia quindi portatore di interessi di segno opposto a quelli dei suoi concorrenti interessati alla sviluppo della rete. Anche in questo caso si è conclusivamente ritenuto che l'unificazione tra proprietà e gestione rappresenterebbe una soluzione più efficiente e meno soggetta a condizionamenti di parte dell'attuale, favorendo il necessario processo di ampliamento della rete. Un'analoga opinione è stata inoltre espressa dall'Unapace, che ha altresì suggerito di dipanare l'intreccio che, attraverso il meccanismo del controllo societario, lega attualmente il Gestore della rete al Gestore del mercato ed all'Acquirente unico.
Il Gestore della rete ha evidenziato come la separazione di proprietà e gestione comporti tre tipi di criticità: difficoltà di gestione, a motivo della scissione tra controllo della rete e conduzione degli impianti; nel medio termine, gli obiettivi divergenti potrebbero costituire un problema; nel lungo termine, con lo sviluppo della rete, l'interposizione, tra il gestore della rete ed un nuovo entrante, di un altro operatore (l'ENEL) potrebbe portare a rallentamenti e a difficoltà di individuazione delle responsabilità.
Alcuni interventi di ammodernamento della rete appaiono sicuramente necessari ed urgenti al fine di assicurarne l'efficienza. Il caso più evidente, ricordato dal Ministro Marzano, è rappresentato dal collegamento, basato su di un solo cavo collocato 40 anni fa, tra la Sardegna e la penisola. L'azione del Gestore va infine coordinata con gli enti territoriali per tenere conto dell'attività di pianificazione svolta a livello locale. A questo proposito è emerso come talune regioni abbiano già stipulato accordi con il Gestore per effettuare la valutazione ambientale strategica dei piani triennali di assestamento della rete.
Il Gestore del mercato, società per azioni costituita dal Gestore della rete, ha il compito di organizzare il mercato elettrico, ricorrendo al dispacciamento dell'energia secondo il criterio del merito economico. Compito fondamentale di tale figura è quello di organizzare la borsa elettrica che, una volta entrata in funzione, consentirà di superare il sistema di fornitura ai clienti idonei basato su contratti bilaterali. Gli scambi di energia sono pertanto destinati ad essere concentrati in una sede, la borsa elettrica, che raccoglie per ciascuna ora del giorno l'offerta simultanea di energia elettrica di tutti i produttori interessati a vendere date quantità. Il prezzo dovrebbe in tal modo essere determinato dalle forze di mercato ed il gestore della rete dovrebbe disporre l'attivazione dei singoli impianti (dispacciamento) secondo un ordine crescente a partire dall'offerta di prezzo inferiore.
Come ha spiegato l'Autorità per la concorrenza ed il mercato, al fine di innalzare i prezzi ad un livello superiore a quello che si determinerebbe in un mercato concorrenziale, i produttori di energia possono sia formulare offerte di prezzo superiori al costo marginale degli impianti sia ridurre per un determinato periodo di tempo la capacità produttiva degli impianti, diminuendo in questo modo il volume di energia elettrica disponibile sul mercato. Tali meccanismi possono peraltro essere posti in essere soprattutto dalle imprese che dispongono di un ampio portafoglio di centrali, prevalentemente caratterizzato da impianti di modulazione e di picco, che consentono loro di determinare il livello del prezzo di equilibrio del mercato. Da qui, secondo l'Autorità, deriva l'esigenza di procedere ad ulteriori riduzioni della capacità di generazione dell'ENEL rispetto a quelle previste dalla normativa vigente. Sulla stessa linea è apparsa Confindustria, secondo la quale, senza un tetto antitrust almeno del 30 per cento, l'avvio della borsa rischia di determinare fortissime oscillazioni e soprattutto una crescita dei prezzi. Ciò avverrebbe a motivo del metodo del system marginal price utilizzato dalla borsa, nel quale l'impianto più inefficiente, il costo più elevato, il prezzo più alto, determina il costo dell'energia elettrica per l'intero sistema. Anche il prof. Pistella ha sottolineato come la borsa dovrebbe essere avviata solo dopo la completa realizzazione del sistema previsto dal decreto Bersani (d.lgs n. 79 del 1999).
All'opportunità di attendere che si verifichino le condizioni per un positivo avvio della borsa ha fatto altresì riferimento la Confartigianato, osservando come la borsa sarà utile e necessaria solo quando si raggiungerà un effettivo equilibrio tra domanda ed offerta e sarà possibile attuare un mercato realmente concorrenziale. Inoltre, in relazione all'istituzione della borsa, il Gestore della rete si è chiesto quale significato avrebbe un mercato caratterizzato da una disponibilità rigorosamente corrispondente al fabbisogno, in cui tutte le opzioni possibili sono quelle necessarie e nel quale, quindi, l'operatore non può scegliere tra eventuali alternative, evidenziando al contempo i pregi della borsa soprattutto sotto il profilo della trasparenza dei prezzi.
Tali rilievi non sembrano peraltro denotare un atteggiamento di sfavore verso la borsa come dimostra, tra l'altro, quanto dichiarato dall'Unapace secondo la quale la borsa, di cui si auspica il rapido avvio, rappresenta senza dubbio la soluzione organizzativa più efficiente rispetto a qualsiasi altra opzione, poiché aumenta la liquidità del mercato, riduce i costi di transazione, accresce la trasparenza dei meccanismi di formazione del prezzo e facilita la verifica e la sanzione di eventuali comportamenti collusivi. Analogamente, Italenergia ha sollecitato l'avvio, nel più breve tempo possibile e comunque entro il 2002, della borsa, sottolineando come in sua assenza non sia possibile parlare di mercato liberalizzato ma solo di mercato regolato e di prezzo amministrato.
Un valutazione sicuramente positiva del contributo della borsa al processo di liberalizzazione in ambito nazionale e comunitario, è venuta dalla Commissaria Loyola de Palacio che ha sostenuto l'esigenza di una borsa europea la cui esistenza andrebbe tuttavia facilitata facendo chiarezza negli interscambi transfrontalieri e nei transiti.
Da parte del Governo si è affermato che la borsa dovrebbe essere operativa entro il mese di ottobre 2002 e sono stati indicati i principi generali da rispettare affinché vengano soddisfatte le aspettative sussistenti in materia: nessuno deve pagare più di quanto paghi attualmente; i prezzi stabiliti dal mercato devono essere unici
L'Acquirente unico è la società, controllata al 100% dal Gestore della rete nazionale di trasmissione, che ha il compito di garantire la fornitura di energia elettrica ai clienti del mercato vincolato. I clienti vincolati sono gli utenti con consumi complessivi annui inferiori ad una determinata soglia ovvero quelli che, pur superando tale soglia, chiedono di permanere nel mercato vincolato o di rientrarvi. Si tratta prevalentemente di famiglie, artigiani, commercianti, piccole e medie imprese. L'Acquirente unico è stato istituito nel presupposto che tali categorie di utenti risultino commercialmente deboli e sottoposti al rischio di non beneficiare degli effetti positivi della liberalizzazione. Attualmente l'Acquirente unico non è operativo in quanto il Ministro delle attività produttive non ha ancora definito il passaggio da ENEL della titolarità della fornitura all'utenza vincolata.
L'Autorità garante per la concorrenza ed il mercato ha sottolineato come, il mancato funzionamento della borsa e dell'Acquirente unico, comporti il rischio che la cessione di capacità produttiva da parte dell'ENEL non abbia come effetto un'immediata e reale apertura del mercato. In particolare, ENEL ed Elettrogen, la prima delle tre GENCO, pur essendo formalmente concorrenti, continuano a coordinarsi nella programmazione degli impianti destinati a fornire il mercato vincolato, che assicura un flusso di cassa costante e prevedibile, e la seconda non utilizza i suoi impianti per fornire energia al mercato libero. È solo con l'entrata in funzione della borsa e dell'Acquirente unico che ENEL cesserà di svolgere l'ultimo suo compito di natura pubblicistica e la necessità di garantire la fornitura di energia ai clienti vincolati sarà trasferita all'Acquirente unico, che effettuerà i propri acquisti in borsa, eliminando le giustificazioni tecniche a favore di condotte cooperative tra imprese concorrenti.
Il Gestore della rete di trasmissione nazionale ha affrontato il tema della disponibilità di potenza, premettendo che non sarebbe corretto limitarsi ad un censimento degli impianti esistenti e della loro potenza di targa, senza tenere conto dello stato in cui gli impianti si trovano e della loro disponibilità a coprire il fabbisogno quando richiesti. Ciò spiega come, a fronte di 76 mila MW disponibili, la potenza offerta alla punta sia di soli 48 mila 700 MW. Tale potenza non è stata tra l'altro sufficiente a coprire il fabbisogno registrato nel 2001, pari a 52 mila MW, ed il gestore della rete ha potuto sopperire alle esigenze solo attraverso i 6 mila MW di importazione dall'estero. Il margine residuo del sistema elettrico è pertanto di 2 mila 700 MW, con il quale si dovrà fare fronte ad un incremento dei consumi annui pari al 3%. Il Gestore ha inoltre rilevato come alla dipendenza dall'estero in termini di capacità di generazione si sommi quella in termini di energia e di combustibili primari. Per il Gestore si è in presenza di una situazione di allerta, di rischio possibile.
Italenergia ha sostenuto, fornendo dati vicini a quelli illustrati dal Gestore della rete, che l'Italia ha la necessità di incrementare la propria capacità produttiva. Per Italenergia vi sono effettive ragioni di preoccupazione ed è da condividere l'opinione del Gestore della rete in merito al
Il rappresentante della Confartigianato ha rilevato l'opportunità di incrementare fortemente la produzione di energia elettrica, osservando come la crescita media dell'offerta risulti compresa tra l'1 e l'1 e mezzo per cento l'anno a fronte di una crescita media della domanda del 3 per cento.
Anche l'Autorità per l'energia elettrica ed il gas ha manifestato serie preoccupazioni per i prossimi anni, anche se non per quelli imminenti, sottolineando la necessità di realizzare nuovi impianti.
L'Amministratore delegato dell'ENI ha osservato come in Italia, a fronte del previsto aumento della domanda, vi sia il rischio di insufficienza di gas derivante dalla carenza di infrastrutture di trasporto.
Il Ministro Marzano, nel richiamare le valutazioni del Gestore, ha rilevato come nel settore della produzione dell'energia elettrica si profili uno scenario di deficit tra appena tre anni e ciò abbia indotto il Governo a ricorrere allo strumento della decretazione d'urgenza (il decreto-legge 7 febbraio 2002, n. 7) per consentire la realizzazione di nuovi impianti.
Di diverso avviso si è invece dichiarata l'ENEL, secondo la quale il livello di capacità installata è sufficiente a garantire la sicurezza del sistema e la continuità del servizio. Pur considerando l'aumento della richiesta previsto per i prossimi anni, a giudizio dell'ENEL per sostenere la domanda elettrica si rivelerà sufficiente un modesto incremento della capacità.
È stata, infine, da più parti sottolineata l'esigenza che per ridurre il rischio di interruzioni del servizio siano rapidamente realizzati alcuni tratti «critici» delle linee di trasmissione dell'energia elettrica.
Sul versante della domanda di energia sono stati creati un mercato libero ed uno vincolato e la possibilità di scelta del fornitore è stata assegnata esclusivamente a coloro che operano nel primo mercato. Numerosi soggetti sentiti dalla Commissione, soprattutto con riferimento al settore elettrico, hanno auspicato un rapido sviluppo del mercato libero e la generalizzazione della facoltà di scelta del fornitore.
Indicazioni a procedere in tale direzione sono innanzitutto venute dai rappresentanti delle imprese. In particolare, la Confartigianato ha sottolineato l'opportunità che, in attesa di completare la vendita delle tre GENCO, venga avviata da subito una progressiva riduzione della soglia di accesso al mercato libero verso il nuovo limite di 100 mila chilowattora, consentendo ad una pluralità di piccole imprese di acquisire la qualifica di clienti idonei realizzando risparmi significativi. È stato inoltre suggerito di prevedere una riduzione a 30 mila chilowattora della predetta soglia al fine di realizzare una più ampia liberalizzazione della domanda di elettricità. Italenergia si è dichiarata favorevole ad una piena e rapida liberalizzazione del mercato, osservando come il
Opinioni diverse sono state invece espresse dagli operatori che occupano una posizione preminente. L'ENEL ha dichiarato che, dopo la cessione della terza GENCO, il mercato garantito di ENEL sarà inferiore ad un terzo dei consumi del paese ed ha definito, già oggi, il mercato della fornitura aperto, competitivo, caratterizzato da limitate barriere all'ingresso e contraddistinto dalla presenza di oltre novanta imprese. L'effettiva contendibilità del mercato sarebbe inoltre dimostrata dal fatto che, nell'anno successivo alla liberalizzazione, il 60 per cento dei clienti idonei ha scelto fornitori diversi dall'ENEL.
L'ENI ha giudicato un errore l'accelerazione della liberalizzazione del mercato del gas. È stata, in particolare, stigmatizzata la scelta di fissare l'apertura totale del mercato a partire dal 2003, osservando come la rapidità con cui si è proceduto rischi di provocare problemi significativi.
L'Autorità garante della concorrenza e del mercato ha rilevato come ENEL Trade detenesse una posizione dominante nella fornitura ai clienti idonei. Nel 2001, con una crescita del 41% del mercato dei clienti idonei in seguito all'energia proveniente dagli impianti CIP 6 (si tratta degli impianti alimentati da fonti rinnovabili che usufruiscono di incentivi ai sensi del provvedimento CIP n. 6 del 29 aprile 1992), l'ENEL mantiene la posizione di primo operatore, ma la sua quota, pari nel 2000 al 47%, si è ridotta al 37% del volume delle vendite. Per l'Autorità per l'energia elettrica ed il gas è da valutare l'opportunità di prevedere un'accelerazione dell'apertura del mercato elettrico coerente nei tempi con quella già decisa per il mercato del gas, in cui tutti clienti saranno liberi dopo il 2003.
Il Commissario europeo Monti ha ricordato come molti Stati membri siano andati oltre le soglie minime di apertura del mercato stabilite dalle direttive ed oggi i clienti idonei rappresentino i due terzi della domanda totale di elettricità (a fronte di un livello minimo del 40 per cento) e l'ottanta per cento della domanda totale di gas (a fronte di un livello minimo del 30 per cento).
Sul versante dell'offerta, il legislatore è intervenuto per porre dei limiti dimensionali ai singoli operatori con l'effetto di vincolare gli ex monopolisti alla cessione di una quota di attività.
Numerosi soggetti sentiti dalla Commissione hanno tuttavia auspicato una maggiore apertura del mercato dal lato dell'offerta. Il Presidente dell'Autorità antitrust ha osservato come, anche dopo la cessione delle tre GENCO, l'ENEL disporrà di più del 50% della potenza installata in Italia mentre la sua principale concorrente, Italenergia, disporrà di poco meno del 10% della potenza installata netta. Nel caso Italenergia si aggiudichi la gara per l'acquisizione della seconda GENCO (com'è poi in effetti avvenuto) disporrà sempre di una potenza di generazione tre volte inferiore a quella dell'ENEL. Nel breve-medio periodo l'ENEL, secondo l'Antitrust, manterrà una posizione dominante nella fase di capacità di generazione e produzione netta, nonché nell'utilizzo della capacità di trasmissione dall'estero che assicura l'importazione di energia elettrica. Il potere di mercato dell'ENEL, a giudizio dell'Autorità, non è dato tanto dalle dimensioni degli impianti ma dal detenere la maggior parte degli impianti di picco e di modulazione che le consente di incidere ora dopo ora sul prezzo dell'energia. Anche dopo la cessione delle tre GENCO, il numero di tali impianti detenuto da ENEL le consentirà di disporre di una capacità di generazione pari a cinque volte e mezzo quella di cui dispone il suo primo concorrente. L'Autorità ha concluso osservando come per limitare il potere di mercato di ENEL occorra fissare il tetto antitrust in termini di capacità produttiva e non di produzione. Anche l'Autorità per l'energia elettrica ed il gas ha invitato a considerare l'opportunità della cessione di ulteriori impianti da parte dell'ENEL ed in particolare di quelli di picco e di modulazione.
L'ENEL, a differenza dell'Autorità garante per la concorrenza ed il mercato, ha fornito dati relativi all'energia immessa in rete e non alla potenza installata. Secondo l'ENEL, la quota del mercato della generazione da essa detenuta, pari al 59% nel 2000, è destinata a scendere sotto il 50% nel 2001 e, dopo la vendita della seconda e della terza GENCO, si attesterà intorno al 30-35% nel 2005, anche in assenza di un significativo sviluppo della produzione di terzi. Per quanto riguarda il mercato della fornitura, 90 giorni dopo la cessione della terza GENCO, la quota di mercato vincolato di ENEL risulterà inferiore ad un terzo dei consumi del paese. Inoltre, ad avviso dell'ENEL, la contendibilità della fornitura è dimostrata dal fatto che il 60% dei clienti idonei ha scelto fornitori diversi dal maggiore operatore.
I rappresentanti delle imprese hanno tuttavia espresso orientamenti analoghi a quelli delle Autorità. Confindustria ha affermato di ritenere necessario che la quota dell'operatore dominante si riduca al 30% affinché si possa realizzare un vero mercato libero. In caso contrario ravvisa il rischio che, con l'avvio della borsa elettrica, vi siano sensibilissime oscillazioni dei prezzi ed una loro crescita. I rappresentanti delle imprese locali del settore energetico hanno a loro volta stigmatizzato l'impossibilità, nel settore della distribuzione, di una possibilità di competizione con l'ENEL e la minore distanza che invece sussiste con l'Italgas, ipotizzando anche misure dirette a rafforzare gli operatori nazionali di ridotte dimensioni impegnati nel settore della generazione affinché siano in grado di competere a livello europeo.
Anche ad avviso di ENDESA Italia, per garantire una vera dinamica competitiva, non è sufficiente ridurre la quota della potenza installata di proprietà dell'operatore principale, ma occorre anche eliminare la marcata sproporzione tra l'operatore dominante e gli altri operatori. L'Unapace ha osservato come, in assenza di drastici interventi, la struttura dell'offerta continuerà ad essere caratterizzata dalla presenza dominante dell'ex monopolista, con riflessi negativi sull'effettivo livello di apertura del mercato. Da qui la richiesta di accelerare la dismissione delle altre due GENCO e di disporre la cessione da parte dell'ENEL di una quarta GENCO e di almeno altri 6 mila MW, prevedendo soprattutto la cessione di impianti di modulazione e di punta. La quota di ENEL, oltre a ridursi indicativamente al 30%, dovrebbe essere riferita alla potenza del parco impianti piuttosto che all'energia prodotta.
Il Commissario europeo Monti ha valutato positivamente la proposta del Ministro Marzano di ridefinire i «tetti antitrust» in chiave di capacità di produzione e di fissare un limite temporale alla loro applicazione perché ritiene rifletta bene la natura transitoria e non punitiva di questo tipo di strumenti e possa contribuire a limitare la possibilità di esercizio del potere di mercato dell'operatore dominante sulla futura borsa elettrica.
Il prof. Clò ha invece posto il problema di quale potrà essere il futuro dell'ENEL che ha una dimensione di uno a tre o di uno a quattro rispetto ai grandi competitori. In Italia, ha osservato, ci si è preoccupati di imporre dei limiti massimi alla dimensione delle imprese mentre all'estero ciò non si è verificato. Al contrario, l'apertura dei mercati ha fatto crescere le imprese grandi e scomparire le piccole. In Germania, dove vi erano sette grandi imprese ed una miriade di piccole imprese, vi sono oggi tre colossi che operano in tutti i settori energetici. Inoltre, in Spagna ed Olanda sono presenti due imprese ed in Belgio una. Sarà quindi a suo avviso interessante capire se, nella seconda fase di costruzione del mercato unico, il mercato rilevante sarà quello nazionale o quello europeo e quindi se la quota di mercato dovrà essere calcolata a livello nazionale od europeo.
Con riferimento al mercato del gas, l'Autorità per l'energia elettrica ed il gas ha osservato come il settore sia ben lontano dal presentare caratteristiche concorrenziali, facendo presente che per consentire l'ingresso di una pluralità di fornitori, in grado di creare un'effettiva concorrenza,
L'ENI ha invece giudicato negativamente la scelta del legislatore di stabilire quote massime di immissione di gas nella rete nazionale (75% dei consumi nazionali) e di vendita ai clienti finali (50% dei consumi nazionali). Secondo l'Eni tali quote rappresentano un'anomalia non prevista da nessun altro paese comunitario, rischiano di provocare una carenza di gas nei prossimi anni, impediscono al gruppo di effettuare ulteriori investimenti in Italia vincolandolo ad effettuarli all'estero e, una volta che il mercato sarà totalmente libero, impediranno a tutti i clienti che lo desiderano di acquistare il gas del gruppo ai prezzi da questo praticati, con il risultato di determinare un aumento dei prezzi ed un possibile scadimento del servizio.
Il costo dell'energia è tra l'altro notevolmente superiore rispetto a quello che si registra negli altri paesi europei. Secondo dati forniti da Confindustria, il costo nazionale di produzione ex fabrica si aggira intorno alle 110 lire per chilowattora, contro una media europea di 60 lire circa.
L'analisi dell'andamento tariffario, dal 1997 al 2001, di ciascuna delle tre parti di cui si compone la tariffa elettrica, evidenzia come la prima, corrispondente al costo del combustibile, sia raddoppiata. L'Autorità per l'energia elettrica ed il gas ha in proposito fatto presente di aver disposto un meccanismo di indicizzazione volto a garantire le imprese elettriche tramite il trasferimento dei maggiori costi entro lo stretto necessario, in modo graduale, del tutto automatico e trasparente. La seconda parte della tariffa, relativa agli oneri generali del sistema elettrico disciplinati da varie leggi, risulta in discesa fino all'inizio del 2001 ed ha quindi cominciato a risalire a causa dei maggiori costi determinati dall'entrata in funzione di impianti da fonti rinnovabili ed assimilate che usufruiscono di agevolazioni. La terza parte della tariffa corrisponde ai costi del sistema elettrico nazionale ed appare in calo dal 1997, con una discesa cumulata del 15 % ad oggi ed una previsione di ulteriore riduzione nel 2002. Il Governo ha in ogni caso sostenuto la necessità di ridurre tale genere di oneri non riconoscendo più i costi di produzione sostenuti dall'ENEL (c.d. stranded cost) e rivedendo altresì gli oneri contrattuali assunti con riferimento ai c.d. impianti CIP 6.
Per quanto riguarda il gas, l'Autorità per l'energia elettrica ed il gas ha sostenuto che i prezzi, al lordo ed al netto delle imposte, sono più elevati rispetto ai prezzi medi europei. L'ENI ha invece affermato che i prezzi del gas, al netto delle imposte, sono grosso modo allineati a quelli degli altri paesi europei. Dal 1997 al 2001 la tariffa media nazionale è cresciuta soprattutto per effetto dell'andamento del prezzo del gas sui mercati internazionali. La materia prima incide infatti di circa il 40 % sulla tariffa media. Tale incidenza viene peraltro bilanciata dall'Autorità che riduce la componente tariffaria che remunera il trasporto e lo stoccaggio e, in misura minore, la distribuzione.
L'analisi delle cause che determinano gli alti prezzi dell'energia è stata effettuata in maniera sostanzialmente univoca dai diversi interlocutori della Commissione. È stato innanzitutto evidenziato l'assetto ancora scarsamente concorrenziale del mercato sia dell'energia elettrica sia del gas. Per ovviare a tale circostanza è stata sottolineata, in particolare da Confindustria, l'opportunità di un aumento e di una maggiore differenziazione dell'offerta, con l'incremento della possibilità di accesso al mercato della generazione dell'energia.
È stato tuttavia da più parti evidenziato come una maggiore concorrenza non sarebbe comunque in grado di assorbire i differenziali dei prezzi medi all'ingrosso dell'energia che, secondo dati forniti dal prof. Clò, hanno raggiunto il rapporto di circa 2,5 a 1 rispetto a Germania, Austria e Belgio e di 1,7 a 1 rispetto a Spagna e Gran Bretagna. Nel costo del chilowattora la voce dominante è costituita dal prezzo della materia prima ed è a questo che occorre prioritariamente riferirsi per spiegare il prezzo dell'energia. A secondo della natura della materia prima, petrolio, gas e carbone, il costo del chilowattora varia rispettivamente da 110, a 120 e 40 lire. In Italia il 70 % dell'energia è tratta dal petrolio e dal metano, mentre nel resto d'Europa il 70% dell'energia prodotta deriva dal carbone e dal nucleare, e ciò da solo spiega in gran parte i maggiori costi che il sistema paese deve sostenere. Ad avviso del prof. Clò, nei prossimi sei anni, la concorrenza potrà ridurre di 20 lire il costo del chilowattora e ciò a fronte di prevedibili forti oscillazioni verso l'alto dei prezzi e forti tensioni sul mercato del petrolio.
Come ha sintetizzato Endesa Italia, il nostro paese sconta essenzialmente taluni problemi di carattere strutturale quali fonti primarie limitate, la rinuncia al nucleare (che comporta tra l'altro ancora oneri di smantellamento); l'uso limitato del carbone non soggetto a stress di mercato e facilmente reperibile; la dipendenza dalle importazioni di petrolio e gas naturale. Altri elementi da considerare sono la scarsa efficienza del parco di generazione, in parte obsoleto, nonché l'alto costo dell'energia prodotta da fonti rinnovabili.
Alla Commissione sono state sottoposte alcune possibili iniziative volte ad affrontare i nodi strutturali del sistema. È emersa innanzitutto la proposta di incrementare la produzione collegata al carbone che oggi in Italia è di solo il 10% a fronte di una media europea del 25%. Inoltre, l'utilizzo del gas naturale dovrebbe avvenire con nuovi impianti a ciclo combinato, caratterizzati da un rendimento del 60% rispetto al rendimento attuale del 40%. Appare altresì opportuno incidere sulla rigidità dell'offerta attraverso l'incremento delle importazioni e la costruzione di nuovi impianti. L'ENEL ha tuttavia negato che gli alti costi dell'energia siano dovuti ad un parco di generazione in parte obsoleto e con rendimenti di conversione modesti, rilevando come l'età media del suo parco impianti sia in linea con quella europea e migliore di quella americana.
Per quanto riguarda gli elettrodotti esistenti, questi risultano ancora gestiti dall'ENEL, alla quale taluni rimproverano, si veda ad esempio l'audizione della Confapi, di pretendere prezzi eccessivi per il passaggio. A giudizio dell'ENEL, che impiegherebbe circa la metà dell'attuale capacità
Il mercato del gas è prevalentemente alimentato dalle importazioni, anche in conseguenza del progressivo declino dei giacimenti esistenti e delle difficoltà e dei costi connessi allo sfruttamento di nuovi giacimenti sul territorio nazionale. Il gas importato può essere destinato direttamente al consumo ma anche essere utilizzato come materia prima per il funzionamento delle centrali elettriche. Riguardo al gas si pone il problema di diversificare le linee di importazione e di aumentarne la capacità a fini sia di apertura del mercato sia di garanzia della sicurezza degli approvvigionamenti. Italenergia ha rilevato in proposito come esistano delle strozzature, dei colli di bottiglia del sistema costituiti sia dai gasdotti di importazione sia dalla scarsa disponibilità di terminali di rigassificazione, che consentono di trasportare in Itali via mare il gas liquefatto per poi rigassificarlo. L'ENI ha peraltro negato di essere la causa di una strozzatura che limiterebbe l'arrivo del gas in Italia. Ha inoltre ricordato come il gas in Italia arrivi attualmente dalla Russia, dall'Olanda e dalla Norvegia, dall'Algeria e, fra due anni, dalla Libia, facendo osservare come il sistema di trasporto sia controllato da società di altri paesi ed essa abbia tuttavia acquistato i relativi diritti di trasporto che esercita pressoché integralmente e non intende cedere a terzi. L'ENI, in conclusione, non dispone di capacità aggiuntiva di trasporto e ritiene che la strada per incrementare le importazioni sia quella di effettuare ulteriori investimenti in nuovi gasdotti o in nuovi impianti di rigassificazione. Secondo l'ENI, la dipendenza dell'Italia dalle importazioni, a motivo del declino naturale dei giacimenti nazionali e dell'impossibilità di metterne in coltivazione di nuovi, è comunque destinata a crescere: dall'attuale 79% si passerà nel 2010 al 90% dei consumi nazionali coperti dalle importazioni.
Per il Ministro Marzano, in mancanza di nuovi investimenti le attuali strutture di importazione non sarebbero in grado, tra quattro o cinque anni, di assicurare il soddisfacimento della domanda. Già oggi, inoltre, gli stoccaggi non risultano sufficienti a garantire la modulazione invernale. Il prof. Clò ha in proposito ritenuto che, nell'arco di dieci anni, le importazioni di metano dovrebbero passare da 60 a circa 100 miliardi di metri cubi, con un incremento di circa 40 miliardi di metri cubi che oggi non hanno possibilità di transito e non è detto che l'abbiano in futuro.
Le questioni infrastrutturali sono oggetto di attenta valutazione anche in sede europea. La Commissione europea ha di recente presentato una comunicazione
Nelle audizioni è stato da più parti sottolineata l'eccessiva lunghezza delle procedure finalizzate al rilascio delle autorizzazioni per la costruzione di nuovi impianti. In merito è di recente intervenuto il decreto-legge 7 febbraio 2002, n. 7, che ha introdotto una procedura semplificata e più concentrata di natura tuttavia provvisoria e destinata ad essere superata con la definizione dei principi della legislazione statale in materia ai sensi del nuovo testo dell'articolo 117, terzo comma, della Costituzione. La Confindustria ha altresì auspicato la previsione di procedure accelerate per favorire la costruzione di «microcentrali» finalizzate a consentire l'approvvigionamento di energia elettrica da parte di piccoli consorzi e di piccole e medie imprese.
In assenza di investimenti, come sottolineato dal prof. Clò, si pone un problema di affidabilità delle strutture sia elettriche sia del gas e la necessità di continui interventi manutentivi. L'attenzione alle infrastrutture andrebbe posta soprattutto con riguardo al sud del paese, dove è più evidente la necessità di sviluppare una logica di mercato.
Sembra sussistere una certa disponibilità delle aziende del settore, manifestata in particolare dall'Unapace, ad assumere l'iniziativa per la costruzione di nuove centrali. Alla Commissione è stato, tra l'altro, fatto osservare come allo stato risultino avviate le procedure per la costruzione di un numero di impianti nettamente superiore alle effettive necessità. Si pone pertanto il problema di individuare validi ed obiettivi criteri per la selezione delle richieste, anche al fine di assicurare la validità dei nuovi impianti dal punto di vista economico, industriale ed ambientale.
Si è rilevata l'opportunità di favorire investimenti mirati a soluzioni ad alto rendimento che, come ha osservato il prof. Pistella, dovrebbero favorire la produzione di energia elettrica con sistemi tipo cicli combinati, alimentati a gas ed in qualche caso con cogenerazione di energia e calore.
In numerose audizioni è stata auspicata la realizzazione di centrali a carbone basate sulle nuove tecnologie che rendono l'impatto ambientale confrontabile con quello di altre fonti e consentono di non ritenere un ostacolo insormontabile la necessità di rispettare i parametri di Kyoto. Il carbone è la sorgente di energia più abbondante nel mondo, è facilmente reperibile ed il suo prezzo non è determinato da cartelli economici. Il costo dell'energia prodotta dal carbone è stato stimato da Italenergia pari a circa la metà di quello prodotto dal gas naturale, considerando che il costo di realizzazione di una moderna centrale a carbone è elevato ma l'energia prodotta è assai più a buon mercato. La produzione di energia legata al carbone è oggi in Italia di appena il 10% a fronte di una media europea del 25%. Ciononostante, con l'introduzione della carbon tax, oltre a determinare un maggior costo per gli utenti, sono stati penalizzati i produttori nazionali assegnando un vantaggio competitivo ai concorrenti europei. Le organizzazioni sindacali hanno viceversa prospettato la possibilità di svolgere un'azione di sostegno, anche fiscale, nei confronti delle centrali a carbone. Un processo di diversificazione delle fonti consentirebbe tra l'altro di ridurre la dipendenza dagli idrocarburi che copriranno nel 2010 il 90% dei fabbisogni interni. Il prof. Clò ha altresì chiarito che, nell'arco di dieci anni, il 70% degli idrocarburi proverrà da soli cinque paesi.
Da più parti, ed in particolare da Confindustria, è stata manifestato interesse per la realizzazione di nuovi punti di accesso mediante lo sviluppo di terminali di rigassificazione del gas naturale liquefatto. Sull'utilità di simili infrastrutture al fine di incrementare l'offerta di gas naturale le opinioni sono largamente convergenti.
Anche la Commissaria europea Loyola de Palacio ha rilevato che per accrescere la diversificazione e la flessibilità del nostro sistema di approvvigionamento energetico debbono essere fatti sforzi supplementari, destinati a sviluppare combustibili nuovi ed alternativi. Ella ha inoltre evidenziato l'importanza delle politiche per il risparmio energetico. Gli Stati membri sono attualmente impegnati a rispettare gli obiettivi fissati a livello nazionale circa la quantità di energia generata dalle fonti rinnovabili e la Commissione ha iniziato a definire le misure volte a soddisfare l'ulteriore obiettivo di sostituire nel settore dei trasporti, entro il 2020, il 20% del combustibile tradizionale con combustibile alternativo.
Dall'utilizzo delle fonti rinnovabili derivano benefici quali la riduzione delle emissioni inquinanti nell'atmosfera, il risparmio di combustibili fossili, la minore vulnerabilità del sistema energetico ed una migliore distribuzione dell'energia in quanti tali impianti sono generalmente caratterizzati da un'ampia diffusione territoriale. L'ENEA ha rilevato come le fonti rinnovabili, escludendo il geotermico, si riducano all'utilizzazione diretta o indiretta del sole e come lo sviluppo di tali forme di energia debba essere finalizzato al raggiungimento di un costo energetico confrontabile con il mercato presente e futuro del petrolio. L'Italia, nonostante abbia una potenzialità di sfruttamento dell'energia solare sicuramente elevata, produce, come sottolineato da Confindustria, una quantità di energia fotovoltaica sette volte inferiore rispetto a paesi come la Germania, l'Olanda e la Spagna. L'ENEA sta peraltro sviluppando un progetto solare termodinamico che ritiene ottimo e del quale sono attualmente in via di definizione i costi industriali.
L'ENEA ha inoltre giudicato molto interessante il progetto eolico riguardante il mare e Italenergia ravvisa nel settore eolico l'unica possibilità di crescita per l'energia rinnovabile. Per quanto riguarda lo smaltimento da rifiuti, l'ENEA ha richiamato l'importanza della loro utilizzazione energetica.
Con riferimento alle iniziative da assumere, l'Unapace ha segnalato l'opportunità di una ristrutturazione degli impianti idroelettrici esistenti, osservando inoltre come attraverso l'equiparazione della durata delle concessioni idroelettriche sino al 2029, il cui termine di scadenza è stato invece fissato a tale anno solo per gli impianti dell'ENEL, verrebbero incentivati gli interventi migliorativi anche da parte degli operatori privati e delle ex municipalizzate. Ha inoltre rilevato come vi siano, soprattutto per gli impianti di piccola taglia, problemi autorizzativi e di allacciamento alla rete, nonché la necessità, alla luce della recente direttiva comunitaria in materia, di sviluppare le energie alternative in misura superiore a quanto previsto dal libro bianco nazionale e nettamente superiore rispetto ai risultati conseguibili con il meccanismo dei certificati verdi. Per Italenergia l'obiettivo che l'Italia si è proposta in sede comunitaria, da conseguire entro il 2010, ha dimensioni colossali: le fonti rinnovabili rappresentano il 16% e devono arrivare al 25% mentre nell'Unione europea dal 14% si
Le fonti rinnovabili rappresentano un settore che richiede di essere sviluppato anche in considerazione degli impegni assunti in sede europea. Tuttavia, il costo di produzione di tali fonti risulta ancora non economico rispetto alle fonti tradizionali ed il loro impiego comporta il ricorso a forme di incentivazione. L'Autorità per l'energia elettrica ed il gas ha in proposito ricordato come l'onere eccessivo sostenuto per le fonti rinnovabili al quale spesso si fa riferimento non riguardi tanto il costo necessario per promuovere le fonti in questione, ma sia l'effetto di scelte legislative squilibrate compiute in passato che garantiscono una remunerazione particolarmente elevata anche a chi ha realizzato impianti non particolarmente innovativi. In molti casi si tratta, tra l'altro, non di vere e proprie fonti rinnovabili, ma di fonti a queste assimilate basate sugli idrocarburi.
Nonostante che i primi fondamentale atti della futura Unione Europea siano avvenuti in tale campo - coi trattati istitutivi della CECA (1951) e dell'Euratom (1957) - l'energia è rimasta per lungo tempo estranea alle politiche della costruzione europea. Di essa non si fa cenno alcuno né nell'Atto Unico europeo del 1986 né nel trattato di Maastricht del 1992.
È solo con l'approvazione della direttiva elettrica del 1996 e con quella del gas del 1998 che l'energia entra a pieno titolo e con forza nella costruzione europea. Con le due Direttive si è avviato nei paesi dell'Unione un profondo processo di riforma che avrà come traguardo finale una piena apertura dei mercati energetici e la costruzione di un unico mercato energico europeo con una dimensione economica che ha paragone con altri comparti industriali.
L'Italia ha svolto un ruolo primario nella approvazione delle predette direttive e le ha prontamente recepite, con gradi di apertura dei mercati che andavano ben oltre i minimi previsti dalle norme comunitarie.
Come testimoniato nel recente consiglio europeo di Barcellona - che ha avviato il processo decisionale per un'ulteriore fase di liberalizzazione dei mercati energetici - l'Italia intende proseguire sulla via della liberalizzazione dei propri mercati: nella legittima aspettativa che ciò abbia ad avvenire nel modo più armonico tra i diversi paesi e nella prospettiva di una effettiva parità di condizioni formali e sostanziali.
Il completamento del mercato europeo dell'energia rappresenta del resto un prioritario interesse del nostro paese. Il protrarsi dell'attuale fase di transizione consente infatti condotte sostanzialmente elusive
Il pieno e convinto «ancoraggio» alla costruzione europea rappresenta il primo presupposto giuridico per l'elaborazione di una rinnovata e organica politica energetica nazionale: capace di concorrere alla formulazione delle decisioni in sede comunitaria e di darvi coerente applicazione nell'ordinamento interno. Ulteriori presupposti giuridici per la definizione della politica energetica sono inoltre chiaramente individuabili in una serie di atti normativi interni. In particolare, l'articolo 117 della Costituzione demanda alla legge dello Stato la definizione dei «principi fondamentali» in tema di energia a cui dovrà attenersi la legislazione concorrente attribuita alle regioni.
Inoltre, la legge istitutiva dell'Autorità per l'energia elettrica ed il gas (L. n. 481 del 1985) ed i decreti legislativi di recepimento delle direttive comunitarie in materia di liberalizzazione dei mercati dell'elettricità e del gas (d. lgs. n. 79 del 1999 e d. lgs. n. 164 del 2000) prevedono l'adozione di indirizzi di politica generale da parte del Governo e di indirizzi settoriali da parte del Ministro delle attività produttive.
Al termine di una fase contraddistinta da un serio e convinto impegno in ambito comunitario, occorre portare avanti il processo di adeguamento e ridefinizione degli strumenti della politica energetica nazionale. In presenza dell'inevitabile tramonto di un approccio di tipo «pianificatorio» e dirigista, comprovato tra l'altro dal fatto che l'ultimo Piano energetico nazionale risale al 1988, è necessario sviluppare criteri e modalità di azione compatibili con l'intervenuta liberalizzazione dei mercati.
Una scelta di sicuro rilievo politico, oltre che giuridico ed istituzionale, compiuta da Governo e Parlamento è stata l'istituzione dell'Autorità per l'energia elettrica ed il gas con funzioni di governo tecnico-amministrativo dei settori interessati. L'Autorità ha svolto una fondamentale funzione di regolazione del comparto, consentendo tra l'altro l'avvio delle trasformazioni imposte dalla disciplina comunitaria. Tuttavia, in conseguenza di un esercizio non pienamente adeguato di quella funzione di indirizzo prevista e disciplinata dalla legislazione nazionale, l'azione dell'Autorità non è risultata talvolta sufficientemente orientata e sostenuta dal livello politico. La Commissione ritiene che l'indipendenza e l'autonomia riconosciute dalla normativa nazionale, e ora anche a livello comunitario, all'Autorità vadano necessariamente salvaguardate ma che, al contempo, gli organi politici debbano procedere nell'affinamento degli strumenti necessari a svolgere la funzione di indirizzo che compete loro, soprattutto con riferimento a quelle scelte dell'Autorità di più rilevante impatto sociale ed economico. Lo strumento al quale in primo luogo ricorrere per esercitare tale funzione va identificato nel Documento di
Dal lavoro svolto dalla Commissione è innanzitutto emerso come l'energia rimanga un fattore fondamentale nello sviluppo economico d'ogni Paese. Un fattore meno rilevante d'un tempo - per i larghi progressi della tecnica, per i miglioramenti nel suo impiego, per le trasformazioni che le economie hanno osservato - ma non di scarsa rilevanza, come ha chiaramente evidenziato la sfavorevole congiuntura dei mercati energetici internazionali nel corso del biennio 1999-2000.
L'energia costituisce inoltre, allo stato attuale delle cose, un fattore di forte e severa penalizzazione dell'economia italiana, in termini di: competitività delle nostre produzioni all'estero e all'interno, di differenziali inflazionistici, di crescita e, non meno importante, di squilibri territoriali. L'intensità di questo «fattore di penalizzazione» è andata ampliandosi negli ultimi anni parallelamente al consolidarsi - da noi ed altrove - dei processi di liberalizzazione dei mercati energetici. Mentre in altri paesi l'apertura dei mercati si è accompagnata ad una riduzione dei costi e dei prezzi, sia alle imprese che alle famiglie, da noi - nonostante l'adozione di misure per l'apertura dei mercati più avanzate di quelle introdotte da numerosi partner europei - ciò è avvenuto, per le ragioni che verranno successivamente esposte, in misura molto più contenuta: determinandosi, in tal modo, divari nei prezzi dell'elettricità e rapporti sino da 1 a 2 con nostri competitori.
Allo stato delle cose e a politiche invariate, è da prevedere che tale negativa tendenza abbia a consolidarsi ulteriormente, con non indifferenti rischi di delocalizzazione di attività industriali ad alta intensità d'uso dell'energia e di ulteriore restringimento della base produttiva del Paese. Il consumatore energy intensive è tra l'altro in grado di collaborare utilmente con il sistema elettrico al fine di ridurre il costo della fornitura. Esso è, infatti, potenzialmente in grado di offrire al produttore e al gestore della rete una serie di «servizi» - quali il prelievo in alta tensione, la modulazione dei ritiri e il prelievo prevalente in ore notturne o festive, l'accettazione di interruzioni anche istantanee - che, qualora resi effettivamente disponibili in seguito ad appositi investimenti, andrebbero anche riconosciuti sotto forma di tariffe e prezzi adeguatamente ridotti.
Le ragioni di debolezza e di criticità che l'energia proietta sul nostro sistema economico sono per lo più riconducibili alla forte dipendenza nella struttura degli usi interni da petrolio e metano (oltre l'80% del totale), aggravata da un'elevata incidenza fiscale rispetto alla media europea. È questo, e non altri, il fattore che più aggrava il livello dei nostri costi energetici e quindi dei prezzi finali nel confronto con gli altri pesi. Ciò è particolarmente vero nel caso della produzione elettrica: da noi legata per il 70% all'uso di petrolio (39%) e metano (31%), mentre negli altri paesi europei è per il 70% dipendente da nucleare e carbone. Il rigido e dominante ancoraggio all'uso degli
L'incidenza elevata degli idrocarburi nella generazione elettrica è la causa fondamentale degli alti prezzi dell'energia elettrica in Italia, ma vi concorre anche la scarsa efficienza di un parco di generazione, in parte obsoleto.
Anche per il gas naturale vanno perseguite azioni che consentano una riduzione dei costi sostenuti dagli utenti finali. In generale è indispensabile perseguire sia un aumento di efficienza sia la modifica di alcune voci di costo strutturale (natura e condizioni degli approvvigionamenti delle fonti) se si vuole simultaneamente perseguire un contenimento dei costi per i consumatori e la disponibilità per gli operatori delle risorse necessarie agli investimenti.
La quasi totalizzante ed asimmetrica dipendenza dall'estero determina effetti negativi, da un lato, sulla sicurezza del Paese, date le ragioni di instabilità e vulnerabilità che inevitabilmente accompagnano le relazioni commerciali con aree ad alto tasso di conflittualità politica come quelle medio-orientali, dall'altro, sull'efficienza dei mercati interni: essendo essi totalmente dipendenti, nella loro dinamica, da variabili esogene totalmente al di fuori del nostro controllo.
Il sistema energetico è inoltre afflitto da problemi di qualità del servizio elettrico, con riferimento sia a fenomeni saltuari di interruzione per disservizi sulla rete, sia al potenziale ben più grave fenomeno dell'insufficienza di capacità produttiva e conseguente mancanza di potenza sulla rete; quest'ultimo rischio non è da escludere alla luce del confronto tra struttura dell'offerta (che dipende pesantemente dalle importazioni di energia elettrica) e possibile dinamica della domanda: anche se le probabilità di accadimento fossero basse non ci si può certo ripromettere, dati gli inevitabili tempi tecnici di intervento, di agire solo nel momento in cui una crisi di disponibilità avesse a realizzarsi concretamente.
Le ragioni di strutturale debolezza del nostro sistema energetico costituiscono altrettanti presupposti economici di un'azione correttiva da parte delle politiche pubbliche: in assenza delle quali è verosimile attendersi un peggioramento delle cose alla luce delle tendenze in atto. Tale azione correttiva dovrà essere accompagnata da una adeguata politica e razionalizzazione dei prelievi fiscali che oggi gravano sulle imprese produttrici, con effetti distorsivi del mercato, come nel caso della carbon tax, e sui consumatori finali, in particolare nel settore del gas.
La Commissione ritiene che tali rischi e limiti di formulazione vadano attentamente considerati ma è altresì convinta dell'opportunità di procedere ad una sollecita attuazione del disposto costituzionale con il concorso delle istituzioni regionali, al fine di individuare gli interessi che richiedono una tutela uniforme ed una disciplina unitaria e di valorizzare al contempo al massimo grado le competenze rimesse al livello territoriale. A tal fine occorre considerare tutti gli aspetti di interesse della ripartizione costituzionale della materia legislativa tra Stato e Regioni. La materia dell'energia presenta infatti profili attinenti alla tutela della concorrenza, alla tutela dell'ambiente, alla determinazione dei livelli essenziali delle prestazioni concernenti i diritti civili e sociali che devono essere garantiti su tutto il territorio nazionale ed alla tutela della sicurezza, tutte materie che l'articolo 117 della Costituzione riserva alla legislazione statale.
È per altro verso da considerare come la disciplina comunitaria definisca una serie di obiettivi ed imponga agli Stati membri obblighi specifici che richiedono di sviluppare una linea d'azione unitaria.
Ad avviso della Commissione, tuttavia, ai fini di una corretta attuazione del dettato costituzionale assume una valenza determinante il metodo con il quale si intende procedere, che deve corrispondere all'impostazione federalista, condivisa da tutte le forze politiche, della riforma del titolo V. Tale impostazione è bene evidenziata dall'articolo 120 della Costituzione, dove è previsto che la facoltà del Governo di sostituirsi alle regioni e ed agli enti locali a tutela dell'unità giuridica ed economica debba svolgersi sulla base di procedure, stabilite dalla legge, atte a garantire che i poteri sostitutivi siano esercitati nel rispetto del principio di sussidiarietà e di leale collaborazione. Nel caso in esame è tra l'altro evidente come l'intreccio delle competenze e delle responsabilità che, come si evince da una complessiva lettura dell'articolo 117 della Costituzione, viene a determinarsi, necessità di essere dipanato attraverso un rapporto di piena cooperazione tra istituzioni centrali e regionali e con il coinvolgimento degli enti locali.
Da un lato, infatti, come evidenziato tra l'altro dall'ultima proposta di direttiva comunitaria che obbliga gli Stati membri a designare un organismo che monitori la situazione e le prospettive dell'equilibrio domanda-offerta, la responsabilità di garantire la sicurezza degli approvvigionamenti ricade necessariamente sullo Stato. Dall'altro, le regioni hanno un'indiscussa potestà di governo del territorio e ciò da solo conduce ad assegnare loro un ruolo fondamentale per quanto riguarda la realizzazione delle infrastrutture energetiche, con particolare riguardo alla relativa localizzazione.
Appare in conclusione fondamentale indicare procedure ed istituzioni di raccordo tra Stato ed autonomie regionali attraverso le quali individuare, con un'adeguata misura di flessibilità, il confine tra competenze statali e regionali, ai fini della definizione con atto legislativo statale dei principi generali della materia.
Uno strumento che potrebbe essere anche immediatamente utilizzato al fine di promuovere forme di collaborazione tra Stato e Regioni è il Documento di programmazione
L'opzione per la concertazione tra i soggetti interessati potrebbe infine consentire di affrontare, al riparo da paralizzanti conflitti istituzionali, i limiti di formulazione del disposto costituzionale, al fine di adeguarlo alle oggettive caratteristiche del sistema energetico nazionale, confermando al contempo i principi che hanno presieduto alla sua definizione.
Appare opportuno, in primo luogo, proseguire sulla strada della liberalizzazione, tanto sul versante dell'offerta, quanto su quello della domanda; a quest'ultimo riguardo, occorrerà in particolare favorire l'ingresso nel mercato libero anche delle imprese di minori dimensioni attraverso la messa a punto delle norme in materia contenute nei decreti legislativi di liberalizzazione dei mercati dell'elettricità e del gas. Va infatti valorizzata, sotto ogni aspetto, la scelta compiuta dall'Italia di attuare in campo energetico un processo di privatizzazione e di liberalizzazione che, tra l'altro, ha avuto positivi riscontri presso i grandi e i piccoli risparmiatori.
Con riferimento all'offerta, merita un'attenta considerazione la proposta di riferire il limite del 50% relativo all'offerta di energia elettrica da parte di un singolo operatore, oltre che all'energia prodotta o importata in Italia, anche alla potenza efficiente-lorda installata. Quest'ultimo criterio sembra infatti presentare una indiscussa obiettività e costituisce indirettamente un incentivo ad un migliore utilizzo degli impianti. L'accoglimento di tale proposta comporterebbe inoltre la necessità per l'operatore dominante di cedere ulteriori impianti, da collocare sul mercato con le modalità ritenute più opportune.
Andrebbe in ogni caso valutata, con riferimento sia al mercato elettrico che a quello del gas, la possibilità di prevedere che tutte le limitazioni dell'offerta abbiano una durata temporalmente circoscritta e valgano sino alla piena realizzazione di un mercato europeo dell'energia. A quel punto, infatti, la competizione tra gli operatori dovrebbe svolgersi a livello continentale, facendo conseguentemente venire meno le ragioni di vincoli stabiliti con riferimento alla dimensione nazionale.
Anche al fine di evitare aumenti tariffari in un prossimo futuro, va abolito il reintegro alle imprese della quota non recuperabile, in seguito all'attuazione della direttiva n.96/92/CE, degli investimenti effettuati per l'attività di generazione di energia elettrica (i c.d. costi incagliati o stranded cost). La misura era stata infatti prevista nella prospettiva di una rapida discesa dei ricavi per effetto della liberalizzazione: l'andamento effettivo del mercato consente di ritornare sulla decisione a suo tempo assunta. Allo scopo tuttavia di ammortizzare parzialmente l'impatto finanziario sulle imprese, deve al contempo procedersi all'eliminazione della compensazione della maggiore valorizzazione dell'energia idroelettrica corrisposta dai gestori dei relativi impianti. Inoltre, per la stessa ragione, va confermato il rimborso degli stranded cost relativi al contratto di importazione di gas nigeriano, dovuti al mancato rilascio ad ENEL dell'autorizzazione per la costruzione di un impianto di rigassificazione.
Lo sviluppo della concorrenza dell'offerta dipende in modo determinante dalla
La necessità di agire sul tema delle localizzazioni è suffragata anche dai risultati della cessione della seconda GENCO i cui impianti hanno spuntato (pur in presenza della necessità di ulteriori lavori di ammodernamento) un prezzo unitario più elevato dei costi sul mercato internazionale per la realizzazione di nuovi impianti. Un simile esito denota verosimilmente il convincimento degli operatori che l'autorizzazione alla costruzione e all'esercizio degli impianti rappresenti una risorsa scarsa, per cui un impianto autorizzato gode di rendita di posizione e anche il convincimento che il mercato sia così ricco (o così sottodimensionata l'offerta) da giustificare il pagamento di sovraccosti rispetto agli standard internazionali. Mentre l'eccesso di richieste di autorizzazione alla realizzazione di nuovi impianti attualmente pendenti può ritenersi scarsamente indicativo poiché non presuppone l'assunzione di oneri significativi, nel caso della seconda GENCO sono stati assunti dagli acquirenti precisi impegni di esborso e ciò evidenzia come la carenza di infrastrutture sia un fenomeno reale che concorre a determinare gli elevati costi dell'energia.
Un altro elemento di liberalizzazione è costituito dalla gestione della rete elettrica, che deve essere indipendente e per la quale va rivista la scelta di tenere la gestione separata dalla proprietà. L'attuale assetto comporta tra l'altro difficoltà nella definizione di rapporti economici, nonché nell'attuazione degli indispensabili e urgenti interventi di razionalizzazione e di potenziamento della rete per accrescere la capacità d'interscambio con l'estero e connettere nuovi impianti. Andrà quindi prevista l'unificazione della proprietà e della gestione della rete in capo ad un unico soggetto.
Per quanto specificamente riguarda lo sviluppo della rete, si ricorda come, in sede di esame del decreto-legge n. 7 del 2002, la Camera abbia impegnato il Governo ad individuare uno strumento normativo, improntato ai principi della semplificazione e dello snellimento delle procedure, al fine di risolvere il problema del potenziamento della rete di trasmissione nazionale. L'energia prodotta dai nuovi impianti necessiterà infatti di essere adeguatamente veicolata per assicurarne la fruibilità in tutte le aree del paese e scongiurare al contempo possibili congestioni dovute ad un'insufficiente capacità di trasformazione.
Riguardo al trasporto del gas, va rilevato come l'incremento e la differenziazione dell'offerta risultino ostacolati dall'assenza di regolamentazione delle infrastrutture di trasporto realizzate all'estero attraverso le quali avviene l'importazione di gas in Italia. Nelle more di una disciplina comunitaria di tale aspetto, un possibile rimedio consiste nella creazione di canali di importazione alternativi quali la costruzione di impianti di rigassificazione del gas che giunge in Italia allo stato liquido e l'utilizzazione di idrocarburi liquidi derivati dal metano.
Quanto alla società di gestione del mercato elettrico, la sua disciplina è stata definita anche al fine di raccordare in un quadro unitario la borsa dell'energia elettrica, il mercato delle contrattazioni bilaterali, il ruolo dell'Acquirente unico. È ancora in corso la messa a punto degli strumenti tecnici.
L'avvio della borsa dovrebbe avvenire sulla base delle norme vigenti e nei tempi da esse previsti, al fine di avviare il funzionamento di un vero mercato dell'energia che soddisfi le istanze di fasce di utenza quali le piccole imprese ed i consumatori domestici.
Il funzionamento della borsa potrebbe inizialmente incontrare difficoltà derivanti da una offerta estremamente concentrata e da asimmetrie informative. L'Autorità
È in ogni caso opportuno che l'avvio della borsa segua al trasferimento della terza GENCO e che, come in precedenza evidenziato, si proceda in tempi brevi alla cessione di ulteriore capacità da parte dell'ENEL. Occorrerà inoltre vigilare con estrema attenzione sul funzionamento della borsa affinché si affermi un'effettiva logica di mercato, nessuno si trovi a pagare di più e non si creino squilibri tra le diverse aree territoriali del paese, effettuando qualora necessario gli opportuni interventi normativi.
Non va d'altra parte trascurato come obbligare i distributori ad acquistare energia per i clienti vincolati unicamente in borsa significherebbe trasferire sui clienti finali il prezzo ivi formatosi, con il conseguente rischio di trasferire loro eventuali impennate dei prezzi determinate dalle quantità marginali negoziate. Le imprese distributrici non appaiono in ogni caso idonee ad assicurare la tutela dei clienti vincolati. Infatti, il distributore integrato nella produzione di energia elettrica non ha interesse ad acquistare da terzi, tramite contratti, energia per il mercato vincolato in modo efficiente ma ha piuttosto interesse a scoraggiare nuovi ingressi nel settore; più in generale lasciare alle imprese distributrici la funzione di fornitore del mercato vincolato richiederebbe un'azione di regolazione del comportamento dell'impresa distributrice, nonché una valutazione della congruità dei prezzi previsti dai contratti, fisici e finanziari, da questa stipulati. Occorre pertanto provvedere affinché, all'avvio della borsa, l'Acquirente unico risulti pienamente operativo e possa svolgere il ruolo che gli compete a tutela dei clienti vincolati. L'Acquirente unico potrebbe inoltre utilmente assicurare anche la funzione di fornitore di ultima istanza per i clienti finali che non vorranno o non saranno in grado di rivolgersi al mercato libero, ciò in quanto occorre assicurare che i clienti finali che non cambiano fornitore siano riforniti a un prezzo efficiente e non consentire al distributore locale di avvantaggiarsi oltremodo da tale situazione.
Andrebbero inoltre definiti interventi atti ad incentivare il pluralismo dell'offerta in materia di distribuzione, con l'obiettivo di valorizzare il ruolo delle imprese che fanno capo agli enti locali, coordinandone l'attività con quella svolta dai grandi operatori nazionali. In tale ambito, stante l'impossibilità di avere più operatori «nel mercato», andrebbe sviluppata la concorrenza «per il mercato», innescando un'effettiva competizione per l'aggiudicazione delle concessioni.
Relativamente alla previsione dei consumi energetici, merita rammentare come quelle di lungo periodo formulate nella «Conferenza Nazionale sull'Energia» del 1987 abbiano assolutamente colto nel segno: con un livello di consumi totali aumentato dai 147 mil. tep del 1980 ai 185 mil. tep. circa del 2000 (contro i 180 previsti) e di quelli elettrici aumentati, nello stesso periodo, da 180 a 296 mld. kWh (contro i 290 previsti).
L'aumento dei consumi totali di energia nel periodo considerato è risultato, peraltro, largamente inferiore al parallelo aumento della ricchezza del Paese: con un conseguente riduzione dell'intensità energetica del PIL del 15% circa tra 1980 e 2000 (e del 28% tra 1970 e 2000). Nei confronti con gli altri maggiori paesi europei, l'Italia registra livelli di efficienza energetica maggiori del 15% rispetto a Germania, Spagna, Olanda, e del 23% rispetto a Francia e Gran Bretagna. Va da sé che migliorare le cose - obiettivo pur auspicabile - è per l'Italia più difficile ed oneroso che per altri paesi europei: in considerazione anche del fatto che il basso livello dei nostri consumi di energia è anche l'esito indesiderato dell'arretratezza del Mezzogiorno.
Guardando al futuro le «previsioni di consenso» proiettano, secondo i dati ritenuti più attendibili tra gli esperti:
un aumento dei consumi totali di energia dai circa 185 mil. tep. del 2000 a poco meno di 200 nel 2010 (+8%);
un aumento degli usi elettrici dai 296 mld. kWh del 2000 a un range di valori nel 2010 compreso tra 370 e 410 mld. kWh. Nell'ipotesi intermedia di 390 mld. kWh si avrebbe una crescita di poco più del 30% (contro il +26% registrato tra 1990 e 2000).
La dinamica degli investimenti nell'industria energetica italiana non va, tuttavia, muovendo in linea con le esigenze della futura domanda potenziale, derivandone pesanti rischi: (a) sulla adeguatezza della futura offerta (specie di elettricità e di metano); (b) sulla possibilità di un effettiva apertura dei mercati, essendo la concorrenza legata all'entrata di nuovi operatori; (c) sulla modernizzazione e sviluppo delle infrastrutture specie nel Mezzogiorno.
In termini di scelte strategiche generali l'attenzione va concentrata su tre linee di azione, ciascuna articolata in una pluralità di interventi.
La prima linea di azione consiste nella diversificazione degli approvvigionamenti; sia per la sicurezza sia per i costi, diversificare le provenienze per una data fonte e ampliare l'elenco delle fonti è un imperativo. Il drammatico acuirsi della crisi mediorientale ed i suoi riflessi sul mercato del petrolio rischiano tra l'altro di avere gravissime conseguenze per un paese come il nostro e rappresentano un'ulteriore valida ragione per agire in questa direzione.
Una prima strada da percorrere consiste nella valorizzazione dei giacimenti nazionali di idrocarburi liquidi e gassosi. In materia, attraverso adeguati interventi normativi, occorre - nel pieno rispetto delle esigenze di tutela ambientale - incentivare gli investimenti per la ricerca e la coltivazione dei giacimenti mediante la semplificazione e lo snellimento delle procedure per il rilascio dei permessi e delle concessioni.
Il gas, disponibile su scala mondiale in grandi quantità, ha e manterrà un ruolo decisivo. Occorre diversificare le provenienze agendo su più fronti: favorire il completamento della rete dei metanodotti, ma anche la creazione di un quadro favorevole alla realizzazione di nuovi terminali di ricezione e rigassificazione del gas naturale liquefatto trasportato da metaniere in modo da ampliare le aree di provenienza. Deve essere inoltre incentivata l'utilizzazione di idrocarburi liquidi derivati da metano (combustibili sintetici con processi del tipo GTL ora disponibili a costi accessibili). Quantità incredibili di metano sono attualmente bruciate in fiamma nei campi di estrazione del petrolio solo per mancato impiego di tecnologie e logistica adeguate: anche dal punto di vista ambientale (non dimentichiamo che anche il metano è un gas serra), sarebbe nettamente preferibile impiegare risorse all'estero per eliminare questo spreco, fonte di grave inquinamento, piuttosto che perseguire in Italia ulteriori risparmi negli usi finali dove sono stati già raggiunti, in molti comparti dell'uso finale, standard di efficienza che costituiscono un primato a livello mondiale.
Accanto alla diversificazione di provenienze logistica e forma fisica di utilizzazione del metano va perseguita una politica di utilizzazione pulita del carbone, superando un'ingiustificata prevenzione che lo considera una fonte di polvere e di fumi nocivi e maleodoranti: oggi sono disponibili, a costi accessibili, diverse tecnologie che consentono tra l'altro la realizzazione di un gas confrontabile con il gas naturale e quindi in parte ne può utilizzare le infrastrutture a rete, mentre le infrastrutture petrolifere possono essere utilizzate per il «fuel» sintetico. Le nuove tecnologie rendono interessante una penetrazione del carbone nei paesi industrializzati, anche in considerazione del fatto che l'effettiva disponibilità della tecnologia basata sugli usi avanzati del carbone porrà un tetto alla dinamica dei costi del gas naturale del quale può divenire un concorrente. I sistemi esistenti per il sostegno alle esportazioni e allo sviluppo di nuove tecnologie possono, con limitate modifiche ed eventualmente integrati da interventi tariffari, concretamente favorire la rapida penetrazione di queste nuove tecnologie: il Sudafrica è un esempio di notevole interesse a questo riguardo. Il perseguimento di una simile politica richiede evidentemente di procedere, nei modi e nei tempi ritenuti opportuni e comunque in armonia con il quadro europeo, all'abolizione della carbon tax.
In questo quadro una riflessione specifica è da dedicare al nucleare, una fonte energetica che l'Europa sta utilizzando consistentemente e dalla quale nei fatti non si può prevedere scelga di uscire nel breve medio termine. L'Italia continua a sottrarsi alla regola pratica che vede tutti gli altri paesi dell'Unione avvalersi, per il 70 % della produzione di energia elettrica, del mix carbone più nucleare (il peso relativo cambia da paese a paese, ma la somma è sostanzialmente costante). Su questi aspetti la posizione del Commissario all'Energia è stata esplicita. Né si può tacere che l'apertura dei mercati è, in
Nel quadro della diversificazione occorrerà rafforzare il ruolo delle fonti rinnovabili, mirando ad accentuarne la valenza strategica, ovviamente anche in un'ottica di tutela ambientale e quantificando l'entità delle risorse che, attraverso la politica tariffaria (inclusa una revisione della formula dei certificati verdi), potranno essere destinate alla loro promozione anche in coerenza con le scelte dell'Unione Europea. A quest'ultimo proposito va considerato l'obiettivo indicativo contenuto nella recente direttiva sulla produzione di energia elettrica da fonti rinnovabili, che andrebbe rapidamente recepita prevedendo un progressivo incremento della quota obbligatoria di nuova generazione da fonti pulite. Meritano inoltre di essere valorizzate le forme di produzione di energia da rifiuti e va esaminata la possibilità di estendere la durata del periodo di ammissione ai benefici tariffari per gli impianti di energia eolica, in correlazione con le condizioni medie del vento che in Italia ha velocità mediamente inferiori a quelle comuni in altri paesi. Riguardo al settore solare fotovoltaico è da valutare l'opportunità di prevedere un contributo in conto kWh, analogamente a quanto avviene in Germania e in Spagna.
Un altro aspetto su cui concentrare l'attenzione è il ruolo importante che può essere svolto dall'aumento dell'efficienza energetica negli usi finali che costituisce, tra l'altro, una linea di intervento fortemente sollecitata dalle istituzioni comunitarie. L'aspetto interessante degli interventi di aumento dell'efficienza è dato dal fatto che generalmente il loro costo è inferiore al costo di generazione e quindi comportano un beneficio netto per il paese. Una politica bilanciata tra fonti rinnovabili ed efficienza potrebbe quindi minimizzare i costi d'intervento in questi ambiti.
È inoltre auspicabile che, entro la fine del 2003, si provveda a fare il punto sull'andamento dei programmi di risparmio per valutare l'estensione degli obiettivi al 2012, in coerenza con gli impegni previsti dal Protocollo di Kyoto. Per quanto riguarda i decreti sull'efficienza energetica, l'Autorità di settore dovrebbe adottare quanto prima le linee guida per i distributori elettrici e del gas.
Nel quadro di un rinnovato approccio alle fonti rinnovabili, dovrà essere altresì valutata la complessiva adeguatezza dell'attuale sistema di incentivi, che prevede una remunerazione assai elevata di impianti scarsamente innovativi, alimentati tra l'altro in molti casi non da vere e proprie fonti rinnovabili, ma da fonti a queste assimilate basate sugli idrocarburi. Se, infatti, l'obiettivo di incrementare l'energia prodotta da fonti rinnovabili alla luce del protocollo di Kyoto e degli impegni assunti in ambito europeo determina la necessità di mantenere forme di incentivazione tali da rendere economicamente conveniente investire nel settore, la prospettiva da perseguire non può tuttavia che essere quella di giungere ad un costo energetico confrontabile con il mercato, presente e futuro, del petrolio. A tale prospettiva dovrà pertanto gradualmente adeguarsi la politica di sostegno pubblico, anche al fine di assicurare che l'adempimento degli impegni internazionali si realizzi ad un costo sostenibile per il sistema paese.
Un paese come l'Italia, fortemente dipendente nei suoi approvvigionamenti energetici e attivo sul mercato mondiale con una funzione sostanzialmente trasformatrice non può che avvantaggiarsi dall'integrazione su scala mondiale, oltre che
Particolarmente efficaci nella direzione dell'integrazione sono gli interventi concertati con i paesi in via di sviluppo per l'applicazione del protocollo di Kyoto: un esempio può essere la realizzazione di centrali elettriche ad alto rendimento in paesi emergenti con tecnologie italiane e risorse finanziarie in parte italiane prevedendo una forma di project financing che restituisca nel tempo i capitali, attraverso i proventi della vendita dell'energia elettrica prodotta. Potrebbe rientrare in questo schema un impegno in compartecipazione di operatori italiani nella produzione di energia elettrica da nucleare in altri paesi europei, nel pieno rispetto delle regole che presiedono al funzionamento dei diversi mercati. Questo al fine di superare la situazione attuale che ci vede mercato di sbocco quasi garantito per i paesi come la Francia che si sono costruiti attraverso il nucleare una rendita di posizione con vantaggi economici diretti e indiretti (difesa della competitività del loro sistema industriale) e di sicurezza di approvvigionamenti che sarebbe bene poter condividere. Appare pertanto opportuno che venga consentito agli operatori nazionali di assumere il tipo di iniziative da ultimo indicato, ove necessario anche attraverso un apposito intervento normativo.